Ciliegio (cv Lapins) allevato a spindel su 10

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Ciliegio (cv Lapins) allevato a spindel su 10
Speciale Ciliegio
ESPERIENZE DI COLTIVAZIONE NEL VERONESE
Ciliegio (cv Lapins)
allevato a spindel su 10 portinnesti
Il rinnovo della cerasicoltura veronese può essere realizzato non solo con un’adeguata scelta varietale, ma anche
con l’impiego di portinnesti che riducono la taglia delle
piante o con l’adozione di nuove forme di allevamento.
L’esperienza, tuttora in corso, appare interessante, soprattutto per impianti in piano
Gino Bassi
Il ciliegio non presenta ancora surplus strutturale di produzione, anche
se a livello europeo ci si sta avvicinando all’autosufficienza, e dà origine a
un mercato abbastanza ricco, soprattutto per il prodotto di qualità e fuori
stagione (Sansavini e Lugli, 1997a).
Potrebbe quindi avere ancora buone
possibilità di sviluppo in zone storicamente vocate, tipiche, ma purtroppo
vetuste, come quella veronese.
Da diversi anni la cerasicoltura veronese sta vivendo un lento declino, causato da un costante invecchiamento degli impianti e da una conseguente perdita di mercati, anche esteri, dove in passato era rinomata (Cossio et al., 1997).
Le cause di questa situazione sono
diverse e traggono origine dalla dislocazione della coltura stessa in zone
marginali, caratterizzate da una notevole polverizzazione dell’offerta, dalla
cospicua presenza del part time, dall’invecchiamento degli operatori, che
hanno scarso interesse al rinnovo degli
impianti; anzi negli ultimi anni questi
sono stati ulteriormente ridimensionati in favore di nuovi impianti vitati.
A ciò si devono aggiungere le avverse condizioni climatiche, puntualmente verificatesi in questi ultimi anni:
piogge e gelate tardive durante la fioritura, piogge ed elevate temperature in
prossimità della raccolta con spaccatura dei frutti e concentrazione della
maturazione delle diverse cultivar e
accavallamento delle produzioni con
quelle di altre zone.
Il ciliegio rimane insediato nelle zone collinari e pedemontane della provincia di Verona, dove sono ancora
presenti in gran numero grandi alberi,
talvolta sparsi e impianti poco specializzati, in genere privi di irrigazione,
dove non sempre sono praticati i limitati ma essenziali interventi colturali
di cui il ciliegio necessita.
Con questa tipologia d’impianti il
problema legato all’elevato costo della
manodopera per la raccolta è ancor più
gravoso e talvolta viene a mancare la
convenienza a raccogliere il prodotto.
La coltivazione in pianura è pressoché inesistente, forse anche per i fallimentari tentativi effettuati in passato
con impianti fitti allevati a candelabro,
impiegando come portinnesto il Colt
che non ha mostrato alcun effetto nanizzante (Lugli e Sansavini, 1997), abbinato spesso alla rinomata Mora di
Cazzano, cultivar di pregio ma di lenta
messa a frutto e media produttività.
Il rinnovamento quindi deve ancora
essere completato nella sua interezza e
margini di miglioramento della redditività della coltura sono possibili sia con
un’adeguata e rinnovata scelta varietale (la produzione veronese si basa in
massima parte sulla Mora di Cazzano),
sia con l’impiego di portinnesti che riducano la taglia oggi disponibili sul
mercato, e in alcune situazioni adottando forme di allevamento diverse dal
tradizionale vaso. La sinergia che è
possibile trarre da queste innovazioni
può rilanciare questa coltura, riproponendola magari anche in pianura, dove
può beneficiare dell’irrigazione e sostituire o integrare colture frutticole
strutturalmente più in crisi.
Nella presente nota si riporta l’esperienza di una prova di confronto tra 10
portinnesti innestati con la cultivar Lapins, adottando la forma di allevamento a fusetto.
La sperimentazione, realizzata nell’ambito delle attività del Gruppo frutticoltura dell’Alpe Adria, coinvolge 9
Centri sperimentali ed è coordinata
dal Bayerische Landesanstalt für
Weinbau und Gartenbau di Würzburg
in Baviera che ha fornito anche il materiale vegetale (Siegler et al., 2000).
L’impianto è stato realizzato nel febbraio del 1996 nell’Azienda di Ponton
(S. Ambrogio di Valpolicella - Verona)
dell’Istituto sperimentale di frutticoltura della Provincia di Verona, sita a
100 m slm, in un appezzamento in piano caratterizzato da un terreno di origi-
Foto 1 - Panoramica dell’impianto di ciliegio allevato a spindel alla 3a foglia
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ne fluvio-glaciale, di modesto spessore,
ricco di scheletro, di media fertilità. Il
campo è irrigato con microjet, inerbito
tra le file e diserbato sulla fila e presenta un sesto d’impianto di 5×4 m (foto 1). Sono stati impiegati astoni di un
anno della cultivar autofertile Lapins
sui seguenti portinnesti: Prunus
avium F12/1, Ma×Ma 14, Piku 4,2, Tabel Edabriz, cloni Gisela 4, 5 e 195/20,
cloni Weiroot 13, 158, 72.
La prova è soltanto al quarto anno e
per tale motivo verranno appena accennate le performance dei singoli
portinnesti, dato che è ancora troppo
presto per trarre delle conclusioni circa l’eventuale disaffinità con la cultivar
innestata; questa nei primi anni può indurre effetti in apparenza positivi, quali minor vigoria, migliore efficienza
produttiva, e solo in seguito può manifestarsi con sintomi negativi, quali ridotta pezzatura dei frutti, minor produttività e precario stato sanitario dell’albero (Sansavini e Lugli, 1997b). Si è
ritenuto opportuno invece descrivere
in dettaglio le modalità impiegate per
realizzare la forma di allevamento a fusetto, ritenendola innovativa per la
cerasicoltura veronese.
Pratiche colturali eseguite
nell’anno d’impianto
All’impianto e prima del risveglio vegetativo
All’impianto sugli astoni sono stati
eliminati i rami anticipati con angoli di
inserzione troppo stretti e quelli inseriti al di sotto dei 50 cm; quelli anticipati al di sopra dei 50 cm sono stati tenuti e se necessario piegati, disponendoli con un angolo di circa 90° rispetto
all’asse centrale.
Prima del risveglio vegetativo gli
astoni sono stati poi cimati a un’altezza di 130 cm e degemmati con un coltello da innesti (gemme e sottogemme) per 25 cm circa, fino a un’altezza
di poco più di 1 m, lasciando però una
gemma apicale che darà origine alla
futura freccia.
Queste pratiche colturali favoriscono la formazione di un palco di rami
appena al di sotto del metro e lo sviluppo di una sola freccia che non ha
alcun concorrente e che non viene mai
toccata per tutta la stagione vegetativa
(foto 2 e 3).
Durante la prima stagione vegetativa
I germogli laterali che si sono sviluppati al di sotto del metro, quando hanno raggiunto la lunghezza di 20-25 cm,
sono stati divaricati con una molletta
(o con estensori specifici), in modo da
formare degli angoli di 90° rispetto all’asse centrale (foto 4); se tale opera-
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Foto 2 e 3 - All’impianto la cimatura a 130 cm e la degemmazione per 25 cm circa
favoriscono la formazione di un palco di rami e lo sviluppo di una sola freccia
zione non viene eseguita a tempo debito i germogli mantengono il loro angolo di inserzione stretto e, una volta lignificati, è impossibile divaricarli.
La crescita dei germogli laterali che
segue è orizzontale e più lenta, ma dopo qualche settimana gli apici tendono a curvarsi nuovamente verso l’alto.
Per contrastare questa tendenza, tanto più evidente quanto più forte è il vigore vegetativo indotto dal portinnesto, e mantenere la crescita orizzontale si deve spostare la molletta sull’apice del germoglio mano a mano che
questo cresce (foto 5) o usufruire di
appositi pesetti (foto 6). Con i portinnesti più vigorosi tale pratica non
sempre è sufficiente ed è necessario
aiutarsi con l’ausilio di canne o spaghi; tale operazione risulta semplice
poiché l’angolo di inserzione dei rami
sull’astone è ampio.
Al termine del primo anno si ottiene
una pianta con un palco composto da
4-5 branchette laterali fornite di un angolo di inserzione ben aperto e una
freccia che può essere lunga dai 70 cm
ai 2 m a seconda della spinta vegetativa indotta dal portinnesto (foto 7).
Operazioni colturali
eseguite nel 2° anno
Prima del risveglio vegetativo
Sono state eseguite la spuntatura
della freccia 60-70 cm sopra la branca
laterale più alta formatasi nel primo
anno e la degemmazione per 20 cm
sotto il taglio, con le medesime modalità descritte in precedenza.
Se in qualche pianta durante il primo
anno si è formato un numero insuffi-
Foto 4 - Quando hanno raggiunto la
lunghezza di 20-25 cm, i germogli laterali
devono essere divaricati con una molletta (o
con estensori specifici), in modo da formare
angoli di 90° rispetto all’asse centrale
ciente di branche laterali o se queste
sono mal distribuite, in febbraio possono essere praticati dei tagli a caporale sopra gemme ben posizionate all’altezza del primo palco, per favorire
l’emissione di nuovi germogli (foto 8).
Durante la stagione vegetativa
Sono state divaricate con le mollette
le nuove branche al di sotto della seconda degemmazione e sono state seguite nella crescita, spostando le mollette o i pesetti per mantenerle sufficientemente orizzontali. Inoltre i germogli dorsali che si sviluppano dalle
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Foto 9 - I germogli dorsali che si sviluppano
dalle branche devono essere cimati,
così da favorire le formazioni fruttifere
prattutto nei portinnesti più vigorosi.
Dopo la raccolta del quarto anno si è
proceduto a effettuare la prima potatura verde per eliminare completamente
branche laterali in eccesso, biforcazioni ed effettuare qualche deviazione su
rami con più ampio angolo d’inserzione. In tal modo si è giunti alla fine del
quarto anno, senza praticare alcun tipo
di taglio importante indipendentemente dal portinnesto, a eccezione del raccorciamento della freccia e della prima
potatura verde al quarto anno. Le piante, alte tra i 3 e 4 m, sono quindi costituite da quattro palchi di rami con
branche più deboli mano a mano che ci
si sposta verso la cima così da non impedire il passaggio della luce.
6
Foto 5 e 6 - Gli apici dei germogli laterali
tendono a curvarsi verso l’alto; così è utile
spostare la molletta sull’apice del germoglio
mano a mano che questo cresce (foto 5) o
impiegare appositi pesetti (foto 6)
branche del primo palco devono essere cimati manualmente, lasciando
qualche gemma così da favorire le formazioni fruttifere (foto 9).
A fine stagione vegetativa le branche
con portamento surgente devono essere riprese e disposte orizzontalmente.
Pratiche colturali
effettuate nel 3° e 4° anno
Prima della ripresa vegetativa del
terzo e del quarto anno sono state eseguite le medesime operazioni descritte per gli anni precedenti:
■ taglio della freccia (solo se è cresciuta più di 60-70 cm sopra l’ultimo
ramo laterale);
8
Foto 7 - Pianta alla fine del 1° anno
con il palco di branchette laterali
e la freccia, che può essere lunga dai 70 cm
ai 2 m a seconda del portinnesto
Foto 8 - Emissioni di nuovi germogli
favoriti da tagli a caporale eseguiti
in febbraio
degemmazione sotto il taglio, o sotto
la gemma apicale, al fine di ottenere il
terzo e il quarto palco di rami.
Durante la stagione vegetativa sono
stati divaricati con le mollette i rami
laterali che formeranno rispettivamente il terzo e il quarto palco. Sono
stati inoltre cimati i più vigorosi germogli dorsali che si originano dalle
branche dei palchi sottostanti.
Alla fine della stagione vegetativa dovranno essere ancora una volta piegati
i rami laterali assurgenti, presenti so■
Brevi considerazioni
sul comportamento
dei portinnesti
Già alla seconda foglia in tutti i
portinnesti impiegati si sono potute
vedere le prime ciliegie (foto 10) con
produzioni di qualche etto nel caso dei
portinnesti più deboli (Gisela 5, Edabriz, Weiroot 72). Questo fatto è certamente dovuto alla naturale predisposizione alla messa a frutto della cultivar
Lapins, ma anche all’influenza esercitata dal portinnesto e dalla forma di
allevamento adottata che, riducendo
al minimo i tagli di potatura, favorisce
una più rapida entrata in produzione.
Alla fine del secondo anno si comincia ad apprezzare la differente spinta vegetativa indotta dai portinnesti: i più vigorosi (F12/1, Ma×MA 14 e Weiroot 13)
presentano una freccia che può raggiungere i 2 m e rami laterali con scarsa preL ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 29/2001
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Foto 10 - Pianta alla fine della 2a foglia. Foto 11 - Pianta di Lapins su F12/1 alla 3a foglia
Foto 12 - Pianta di Lapins su Gisela 5 alla 3a foglia. Foto 13 - Fioritura alla 4a foglia;
in primo piano una pianta di Lapins su Gisela 195/20. Foto 14 e 15 - Al 4° anno la produzione
di Lapins su Weiroot 72 ha superato i 10 kg (foto 14); analoghe rese sono state ottenute
con Lapins su Edabriz, ma con frutti di pezzatura insufficiente
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senza di gemme a fiore; viceversa in
quelli più deboli (Gisela 5, Edabriz e
Weiroot 72) la freccia non supera il metro e i rami laterali sono già ricchi di formazioni fruttifere. Inoltre si può notare
come tra i portinnesti più vigorosi
Ma×Ma 14 sia naturalmente il più assurgente, mentre Piku 4,2, Gisela 195/20 e
Weiroot 13, pur presentando una vigoria
intermedia, hanno la tendenza a formare ramificazioni ben espanse e maggiormente predisposte alla messa a frutto.
Nel terzo anno si è apprezzata una
produzione media di ciliege intorno al
chilo per pianta, con variazioni tra 200 g
per i vigorosi F12/1 (foto 11) e Ma×Ma
14 fino al chilo e mezzo per i deboli Gi-
sela 5 (foto 12) e Weiroot 72. Nel quarto
anno, a seguito di una bellissima fioritura (foto 13), si è ottenuta la prima produzione rilevante con una media di 9
kg/pianta (tabella 1): cinque portinnesti
hanno avuto produzioni cumulate al
quarto anno superiori ai 10 kg (Edabriz,
Gisela 5 e 195/20, Weiroot 72, Piku 4,2)
(foto 14 e 15), 2 portinnesti produzioni
inferiori ai 3 kg (Ma×Ma 14 e F12/1) e tre
produzioni intermedie (Gisela 4, Weiroot 13 e 158). Da segnalare che vi è stata una riduzione della pezzatura in Gisela 5 ed Edabritz per l’eccessiva carica
(foto 16) (De Salvador e Albertini,
1997), mentre per gli altri il peso medio
è variato tra i 7 e i 7,8 g.
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Foto 16 - La
pezzatura dei frutti
con i portinnesti
Edabriz (nella foto)
e Gisela 5 è risultata
insufficiente
per eccessiva carica
Foto 17 - Impianto
fitto di ciliegio alla
5a foglia realizzato
nella pianura
veronese in
successione a un
impianto di melo
16
Tabella 1 - Produzione cumulata al 4° anno e peso medio dei
frutti della cultivar Lapins sui
10 portinnesti
Portinnesto
Produzione
cumulata 4° anno
dev.
stand.
14,60±3,74
14,17±5,65
13,32±6,39
13,00±3,47
11,26±3,11
8,85±5,64
8,57±5,55
5,83±0,84
2,83±2,08
2,07±0,90
kg
Gisela 195/20
Weiroot 72
Piku 4,20
Gisela 5
Tabel Edabriz
Weiroot 158
Gisela 4
Weiroot 13
F 12/1
Ma×Ma 14
Peso medio
del frutto
g
dev.
stand.
7,5±0,65
7,7±1,03
7,8±0,77
6,7±1,42
6,7±0,69
7,7±1,22
7,6±0,90
7,1±2,68
7,8±1,18
7,0±2,64
Per la realizzazione della forma di allevamento a fusetto è stato possibile effettuare la totalità delle operazioni da
terra per i portinnesti deboli (Gisela 5,
Gisela 4, Edabriz, Weiroot 72) o con
l’ausilio di piccole scale nel caso dei
portinnesti più vigorosi (F12/1, Ma×Ma
14, Weiroot 13) o di vigore intermedio
(Piku 4,2, Weiroot 158, Gisela 195/20).
La potatura di produzione dal quinto
anno in poi dovrà tener conto della necessità di interventi più energici, da
realizzarsi al bruno per i portinnesti più
deboli (Edabriz, Gisela 5, Weiroot 72,
Gisela 4 e Gisela 195/20) al fine di favorire la pezzatura dei frutti e il rinnovo
vegetativo, mentre nei portinnesti più
vigorosi (F12/1, Ma×Ma 14, Weiroot
13), che non hanno ancora raggiunto
una maturità produttiva, si dovrà intervenire al verde con interventi più leggeri, continuando le operazioni di piegatura secondo le necessità.
Conclusioni
L’esperienza tuttora in corso dell’allevamento a fusetto della cultivar
Lapins su dieci differenti portinnesti
17
è apparsa fin dall’inizio di interesse,
da poter essere proposta come possibile innovazione per la cerasicoltura veronese, nonostante la maggior
vulnerabilità delle piante alle gelate
primaverili (Sansavini e Lugli,
1997c).
Questa forma infatti è risultata più
vicina al naturale habitus vegetativo di
Prunus avium (Weber M.S., 1999),
nonostante la cultivar Lapins, oggetto
della prova, si sia dimostrata poco
adatta a causa della sua notevole assungenza e per la scarsa propensione
a ramificare; migliori risposte si sono
infatti ottenute, in esperienze successive, con altre cultivar e selezioni.
È stato possibile realizzare questa
architettura dell’albero con tutti i
portinnesti saggiati, anche se le risposte in termini di produzione, pezzatura
dei frutti, vigore delle piante e tempo
per le operazioni colturali sono risultate molto diverse. I portinnesti più vigorosi (F 12/1, Ma×Ma 14 e Weiroot
13) infatti presentano ancora una forte
spinta vegetativa che nel proseguio
della prova potrebbe risultare eccessiva rendendo quindi difficile e onerosa
la gestione dell’albero.
Per realizzare tale forma di allevamento deve però essere cambiata
completamente la tecnica di conduzione del ceraseto (De Salvador et al.,
1997), in particolare la potatura, con
interventi di piegatura nei primi 3-4
anni e di potatura negli anni a seguire
da realizzare preferibilmente al verde;
l’impossibilità di eseguire tali pratiche
a tempo debito, rimandando le operazioni solo al bruno, rende tale forma di
difficile attuazione e porta a prevedibili insuccessi.
Gli innegabili vantaggi che si hanno
con l’utilizzo del fusetto sono numerosi:
■ è possibile svolgere la maggior parte
delle operazioni colturali, in particolare la raccolta, da terra o con l’ uso di
piccole scale, con una riduzione note-
vole dei costi e una maggior sicurezza
per gli operatori;
■ possono essere realizzati impianti a
media e alta densità, con una riduzione dei sesti d’impianto dal tradizionale
6-7×6-7 m del vaso a 4-5×2-4 m (a seconda del portinnesto adottato), raddoppiando e anche triplicando il numero di piante a ettaro;
■ si favorisce una più rapida messa a
frutto (anche per il ridotto numero di
tagli di potatura) e una maggior produttività, dovuta all’incremento del numero di piante per unità di superficie;
■ migliora la qualità dei frutti, grazie
alla forma conica della pianta e alle
sottili ramificazioni che permettono
una buona penetrazione della luce
(Hrotkò et al., 1999);
■ viene favorita la sanità delle piante, in
quanto il ridotto numero di tagli di potatura, prevalentemente estiva, diminuisce la tendenza del ciliegio a produrre gomma; inoltre la taglia ridotta
permette una migliore uniformità di distribuzione durante le irrorazioni;
■ risultano semplificate le eventuali
operazioni di copertura con teli di plastica per evitare le spaccature da pioggia in prossimità della raccolta;
■ è possibile riproporre la coltivazione
del ciliegio nella pianura veronese e
realizzare impianti a media e alta densità che potrebbero sostituire obsoleti
impianti di melo e sfruttare adeguatamente le dotazioni d’impianti (irrigazione, fertirrigazione, antibrina, antigrandine) esistenti (foto 17).
Gino Bassi
Istituto sperimentale di frutticoltura
Provincia di Verona
E-mail: [email protected]
Si ringrazia il sig. Renzo Padovani per la preziosa collaborazione fornita per l’allevamento e la potatura dell’impianto.
La bibliografia verrà pubblicata negli estratti.
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