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gino bassi
ISTITUTO SPERIMENTALE DI FRUTTICOLTURA, PROVINCIA DI VERONA
Evoluzione varietale e innovazioni in
cerasicoltura
La presenza del ciliegio nella provincia Veronese risale a tempi CENNI STORICI
antichi, favorita dal buon adattamento della specie e dal favorevole
ambiente di coltivazione soprattutto nell’areale delle colline. Cenni
sulla coltura sono riportati dal D’Aumiller (1882) ma le prime informazioni dettagliate risalgono solo al 1904 nella “Monografia su la
Provincia di Verona” di Luigi Sormani Moretti che riferisce sulle:
“..... varietà più conosciute distinguonsi giusta l’ordine di loro maturazione qui, in: primiere, che maturano alla prima metà di maggio; ballottone,
che seguono le primiere una settimana più tardi e sono, come il nome l’indica, assai grosse; more piccole o pegolotte; more o pertegaizzi; marostegane, di color pallido e saporite, .....” e su alcune tecniche di coltivazione
“Si moltiplica il ciliegio per semi e per pianticelle educate in vivai o nate
casualmente e l’innesto, che è sempre necessario, qui si fa preferibilmente a
gemma o a corona...”.
Le prime piantagioni di ciliegio sono state realizzate in Valpolicella nel primo dopoguerra favorite dalla ricostituzione viticola realizzata dopo i danni causati dalla fillossera. Il ciliegio si diffonde
“maritato” alla vite, come sostegno in sostituzione di frassini o aceri
campestri o gelsi. Le prime descrizioni sulle varietà impiegate sono
del Candioli (1940), che cita tra le precoci Antieste, Este, Caccianese,
Moretta, Durona Precoce di Verona, e tra le medie Mora di Cazzano,
Durona di Modena e Vicentina.
Nel secondo dopoguerra l’espansione della cerasicoltura è stata
continua soprattutto nei comuni di collina dove “il ciliegio costituisce
l’unico reddito per i piccoli agricoltori …. e l’unica possibilità produttiva
per terreni in pendio e scarsamente fertili” (Lupetti 1953).
Nei comuni si attivavano fiorenti mercati stagionali e mostre di
ciliegie supportati dall’intensa attività di assistenza dei tecnici degli
enti locali in particolare dell’Istituto Sperimentale di Frutticoltura
della Provincia di Verona sorto nel 1955, che si è distinto anche per
la notevole attività di miglioramento genetico. Agli inizi degli anni
sessanta si ottengono picchi produttivi superiori alle 20.000 tonnellate, il doppio del decennio precedente, che fanno della nostra provincia uno dei principali poli cerasicoli italiani.
Ma è ancora la vite “a fare la storia” del ciliegio: l’assoluta specializzazione dei vigneti decretata negli anni ‘70 dalla legislazione
dei vini D.O.C, decreta “l’espulsione” dei ciliegi come sostegni e dà
inizio alla cerasicoltura specializzata. È l’occasione per rinnovare
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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l’assortimento varietale, con un maggior impiego della migliore cultivar locale la Mora di Verona (Mora di Cazzano) e la sostituzione
delle vecchie “tenerine” e dei “duroncini” molto soggetti alle spaccature da pioggia, con altre varietà più adatte al mercato.
Negli anni a seguire la diffusione della cerasicoltura in Valpolicella è sempre determinata dalle buone o cattive sorti della viticoltura: negli anni ‘80 e ‘90 i ciliegi “scendono” nelle zone pre-collinari
e in piano per integrare il reddito viticolo; al contrario in questi ultimi anni hanno perso molte posizioni conquistate in passato e la
favorevole congiuntura del vino Valpolicella trainato dall’Amarone
sta confinando il ciliegio nella fascia collinare più alta (figura 1). Si
sta quindi assistendo ad una costante contrazione delle superfici e
delle produzioni e ad un invecchiamento degli impianti; si acuiscono i problemi di sempre legati alla coltura: coltivazione frammentata, poco specializzata, talvolta promiscua, alti costi di produzione
per la raccolta e la selezione del prodotto, età avanzata degli operatori, lentezza nell’acquisizione delle innovazioni tecniche e varietali, mancanza spesso di adeguata impollinazione.
Fig. 1: panoramica di ciliegi in fiore: la coltivazione della vite sta confinando il ciliegio nelle
fasce collinari più elevate.
LA SCELTA
VARIETALE IN
VALPOLICELLA
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
L’odierna cerasicoltura in Valpolicella ruota ancora attorno alla
regina delle varietà veronesi la Mora di Verona nota anche col nome
di Mora di Cazzano che rimane l’indiscusso punto di riferimento e
di confronto per tutte le altre ciliegie (figura 2).
Il mercato si apre nella seconda quindicina di maggio con le francesi Moreau e Burlat, dai frutti grossi e delicati, rosso scuri, sensibili alle spaccature da pioggia, che maturano assieme e anticipano di
qualche giorno le
ormai scomparse
“Seconde” della
Valpolicella. Segue la
cultivar Adriana, di
recente introduzione, molto apprezzata
soprattutto nelle
zone collinari per la
costante produttività, l’ottima tenuta in
Fig. 2: particolare del frutto di Mora di Verona (Mora di Cazzano)
pianta e la resistenza
alle spaccature da pioggia. Ha in parte sostituito i produttivi duroni e duroncini, che costituiscono un ampio gruppo di tipi caratteristici di ogni vallata veronese, molto sensibili allo spacco da pioggia. Questi aprono la stagione delle ciliegie a polpa soda e precedono la Mora di Verona che costituisce il 50% della produzione
cerasicola. La affianca una piccola quota di Mora dalla Punta, meno
consistente e più produttiva, maggiormente diffusa nelle colline
orientali. Verso la fine del periodo della Mora arrivano la canadese Van, e soprattutto la pugliese Ferrovia, entrambe precoci nella
messa a frutto, produttive e dal frutto grosso e consistente. Si conclude il mercato con le Vesentine, di media pezzatura, dal colore
scuro e buona consistenza, affiancate da un po’ di Morette e da
numerose altre varietà di vecchia introduzione quali le grosse
Meraviglia dell’Alpone, Anellone e la più piccola Hedelfinger ed
altre di recentissima introduzione come le canadesi autofertili
Lapins e Sweet Hearth. Un cenno a parte meritano le cosiddette
“morbiane” un altro gruppo di tipi a polpa chiara a maturazione
medio-tardiva, fra cui spicca Napoleon, ampiamente diffusa in
Francia, caratterizzate da una polpa di consistenza medio-scarsa,
ma dal buon sapore, particolarmente dolce, impiegate in prevalenza dall’industria di trasformazione e consumate anche fresche da
una nicchia di amatori.
DESCRIZIONE
MOREAU e BURLAT
ORIGINE: cultivar francesi di genealogia sconosciuta ottenute
agli inizi del ‘900. Sono descritte assieme poichè presentano
caratteristiche pomologiche simili.
ALBERO: di medio vigore a portamento intermedio, dapprima
assurgente ed in seguito espanso. La messa a frutto è intermedia e di
media produttività in prevalenza su dardi.
FIORITURA: epoca medio-precoce di entità media. Sono autoin-
DELLE PRINCIPALI
VARIETÀ PRESENTI IN
VALPOLICELLA
(in ordine di
maturazione)
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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compatibili ed interincompatibili tra loro: buoni impollinatori sono
Adriana, Ferrovia, Giorgia, Mora di Verona e Van.
FRUTTO: i frutti sono di buona pezzatura per l’epoca (8 g) di forma
cordiforme-depressa, colore rosso scuro e consistenza medio-scarsa.
Sono succosi di sapore discreto, piuttosto sensibili alle spaccature da
pioggia in particolare la Burlat.
MATURAZIONE: maturazione molto precoce tra il 20 e il 25 di
maggio.
CONSIDERAZIONI: sono particolarmente presenti nelle regioni
meridionali in ragione della loro spiccata precocità di maturazione e
trovano per lo
stesso motivo un
certo
spazio
anche nei nostri
areali che anticipano maggiormente la maturazione.
Sono
preferiti i cloni
migliorativi
Moreau clone B
e Burlat C1.
Fig. 3: Moreau
ADRIANA
ORIGINE: ottenuta dall’ incrocio “ISF 123” x “Mora di Cazzano”
eseguito nel 1964 da G. Bargioni presso l’Istituto Sperimentale di
Frutticoltura della Provincia di Verona.
ALBERO: è di vigoria medio-elevata, inizialmente con portamento
eretto che diviene espanso con l’età adulta. È di messa a frutto lenta,
di elevata produttività su dardi
e su rami di un
anno; necessita di
energiche potature per evitare che
la produzioni si
sposti progressivamente in fuori
lasciando tratti di
legno nudo.
FIORITURA: di
epoca precoce ed
entità medio-ele- Fig. 4: Adriana
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
vata. È una varietà autoincompatibile: buoni impollinatori sono Caccianese, Giorgia, Mora di Cazzano, Mora dalla Punta, Van, Ferrovia.
È risultata a sua volta un buon impollinatore.
MATURAZIONE: 11 giorni dopo Burlat.
FRUTTO: Il frutto è di buona pezzatuta (9 g), di forma sferoidale e
di colore rosso scuro brillante, la polpa di colore rosa scuro di media
consistenza, di sapore molto dolce e poco acido.
CONSIDERAZIONI: presenta una spiccata resistenza alle spaccature da pioggia ed un’ottima tenuta sull’albero che ne migliora la pezzatura. Sta sostituendo nelle zone in quota i duroni e i duroncini.
MORA DI VERONA (Mora di Cazzano)
Fig. 5: abbondante fruttificazione di Mora di Verona favorita da un’adeguata presenza
di impollinatori e pronubi
ORIGINE: originaria dalla zona di Cazzano nella Val Tramigna di
genealogia sconosciuta.
ALBERO: molto vigoroso con portamento mediamente espanso
caratterizzato da una lenta messa a frutto e da una produttività
media, talvolta scarsa, su dardi.
FIORITURA: epoca ed entità intermedie. È una cultivar autoincompatibile: buoni impollinatori sono Adriana, Burlat, Caccianese,
Diana (che matura contemporaneamente), Giorgia, Ferrovia, Van. È
interincompatibile con Mora dalla Punta.
FRUTTO: è sferoidale di pezzatura medio-grossa e colore rosso brillante, mediamente resistente alle spaccature da pioggia e dotato di
buona tenuta in pianta. Ha un ottimo sapore; la polpa è rosa-rossa
caratterizzata da consistenza, croccantezza e resistenza alle manipolazioni e trasporti davvero elevate.
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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MATURAZIONE: due settimane dopo Burlat.
CONSIDERAZIONI: è la varietà locale maggiormente diffusa e di
maggior pregio. È la regina delle ciliegie veronesi e le sue eccellenti
qualità organolettiche la rendono particolarmente apprezzata anche
nei mercati esteri più esigenti. La sua produttività è però fortemente
condizionata dalle condizioni climatiche durante la fioritura e da un’adeguata presenza di piante impollinatrici e insetti impollinatori. Non
si è diffusa in altre aree cerasicole al di fuori della provincia di Verona.
MORA DALLA PUNTA
ORIGINE: vecchia varietà veronese di origine e genealogia sconosciute.
ALBERO: vigoroso anche se inferiore rispetto a Mora di Verona
con portamento mediamente espanso, più rapido nella messa a
frutto e più produttivo (su dardi) della Mora di Verona.
FIORITURA: intermedia contemporaneo a Mora di
Verona con la quale
è interincompatibile. Buoni impollinatori sono Adriana,
Giorgia, Modenese
e Durone nostrano.
FRUTTO: di media
pezzatura, sferoiFig. 6: Mora dalla Punta
dale, di colore rosso
brillante con un tipico umbone in corrispondenza della cicatrice stilare. Pregevole per l’ottimo sapore e per la polpa di buona consistenza abbastanza resistente alle spaccature.
MATURAZIONE: contemporanea a Mora di Verona.
CONSIDERAZIONI: molto simile alla Mora di Verona anche se
meno diffusa, ne differisce per la minor consistenza e qualità dei
frutti e per avere l’albero un po’ meno vigoroso, più rapido nella
messa a frutto e più produttivo.
VAN
ORIGINE: vecchia cultivar canadese derivata da libera impollinazione di “Empresse Eugene”.
ALBERO: è di media vigoria, a portamento espanso, di rapida messa
a frutto ed elevata produttività su dardi e rami misti ancorché non
sempre costante.
FIORITURA: epoca ed entità intermedie. È cultivar autoincompatibi-
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
le: buoni impollinatori sono
Burlat, Summit, Hedelfinger,
Lapins, Mora di Verona.
FRUTTO: di tipica forma reniforme, depressa, presenta un peduncolo corto e piuttosto grosso; il
colore è rosso brillante, la consistenza e la croccantezza sono
buone e cosi’ pure le caratteristiche gustative. È piuttosto sensibile alle spaccature da pioggia.
MATURAZIONE: intermedia
qualche giorno dopo la Mora di
Verona (+15 da Burlat).
CONSIDERAZIONI: Presenta
una buona diffusione nel veronese, frenata dalla spiccata sensibilità alle spaccature da pioggia nonostante i buoni requisiti
Fig. 7: Van
organolettici del frutto.
FERROVIA
ORIGINE: varietà di genealogia
sconosciuta molto diffusa in
provincia di Bari.
ALBERO: di media vigoria con
portamento dapprima assurgente ed in seguito espanso, di
media messa a frutto e buona e
costante produttività su dardi.
FIORITURA: epoca ed entità intermedie. È cultivar autoincompatibile: buoni impollinatori sono Mora
di Cazzano, Sunburst, Lapins.
FRUTTO: di pezzatura grossa
Fig. 8: Ferrovia
(9 g) presenta una forma cuoriforme, lungo peduncolo che facilita la raccolta, colore rosso vivo e
buona consistenza della polpa che risulta aderente al nocciolo.
MATURAZIONE: medio-tardiva, +23 giorni da Burlat.
CONSIDERAZIONI: presenta una spiccata adattabilità a diversi
ambienti di coltivazione che ne hanno favorito la diffusione nelle
principali aree cerasicole italiane anche in ragione delle pregevole
qualità dei frutti e dell’elevata produttività.
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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DESCRIZIONE
SINTETICA DI
ALCUNE VARIETÀ
PROMETTENTI PER
LA VALPOLICELLA
GIORGIA: varietà ottenuta dall’incrocio “Caccianese” x “ISF 123”
eseguito nel 1964 da G. Bargioni presso l’Istituto Sperimentale di
Frutticoltura della Provincia di Verona. Presenta un albero di vigore
medio-elevato con
portamento semiespanso; è di rapida messa a frutto
ed elevata produttività prevalentemente su dardi ma
anche su rami di
anno; necessita di
energiche potature per mantenere
elevata la pezzatura dei frutti. La
fioritura è inter- Fig. 9: Giorgia
media e l’entità
medio-elevata. È cultivar autoincompatibile. Buoni impollinatori
sono Adriana, Moreau, Mora di Cazzano, Mora della Punta, Ferrovia, Van. Matura 8 giorni dopo Burlat. Il frutto raggiunge e talvolta
supera i 10 g, è di forma sferoidale-cordiforme, di colore rosso brillante, con polpa rossa, soda, di buone caratteristiche gustative,
mediamente resistente alle spaccature da pioggia. In Valpolicella
non si è ancora diffusa nonostante sia molto apprezzata in tutte le
aree cerasicole italiane (tra cui l’est veronese) per l’ottima produttivita’ e pezzatura dei frutti in relazione alla precoce epoca di raccolta tra Burlat e Adriana.
GERMERSDORFER: antica cultivar tedesca di genealogia sconosciuta. Presenta un albero di vigore intermedio e portamento tendenzialmente espanso, di produttività medio-elevata. La fioritura è
di epoca medio-tardiva di media entità. È cultivar autoinconpatibile: buoni impollinatori sono Hedelfinger e Van. Il frutto è di grossa
pezzatura (9-10 g) di forma cuoriforme, di colore rosso brillante con
polpa rossa, consistente, croccante e di buon sapore. La maturazione è medio-tardiva. (+ 25 giorni rispetto Burlat). È ancora poco diffusa sul territorio veronese nonostante la buona produttività, la
maturazione medio-tardiva e l’ottima qualità dei suoi frutti.
SUMMIT: cultivar canadese ottenuta dall’incrocio “Van” x “Stella”.
Presenta un albero di vigoria medio-elevata, lento nella messa a frutto, ma poi produttivo su dardi e rami misti. Fiorisce in epoca intermedia con entità medio-elevata. È autoincompatibile; buoni impol-
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
Fig. 10: Summit
linatori sono: Van, Lapins,
Hedelfinger. Il frutto, di bell’aspetto, raggiunge i 12-13 g, presenta una tipica forma cuoriforme, di color rosso vinoso brillante e consistenza media. La
resistenza alle spaccature da
pioggia scarsa ne limita una
maggiore diffusione. Matura
qualche giorno dopo la “Mora
di Verona”. Si è recentemente
introdotta nel panorama varietale veronese per la notevole
pezzatura dei frutti.
LAPINS: cultivar canadese derivata dall’incrocio “Van” x “Stella”.
Presenta un albero di vigore medio-scarso, assurgente caratterizzato da rapida messa a frutto ed elevata e costante produttività su
dardi e rami misti. La tipicità delle “autofertili” di produrre “a grappoli” implica la necessità di costanti ed energiche potature per evitare lo scadimento qualitativo dei frutti. La fioritura è precoce di
elevata entità. È cultivar autocompatibile quindi non necessità di
impollinatori specifici. I frutti
sono di grossa pezzatura (8-9 g)
cordiformi, di colore rosso
scuro, di media consistenza e
succosità e buon sapore. La resistenza alla spaccature è media e
così pure la tenuta sulla pianta
ma è molto suscettibile ad attacchi fungini di monilia. La maturazione è tardiva, 25 giorni
dopo Burlat.
Fig. 11: Lapins
SWEET HEART: cultivar canadese derivata da incrocio “Van” x
(“Van” x “Stella”). L’albero ha una vigoria medio-scarsa con
portamento semi assurgente. Presenta una rapida messa a frutto ed un’elevata produttività su dardi e su rami misti. Necessita di energiche potature per mantenere elevata la pezzatura dei
frutti. La fioritura è intermedia, di media entità. È autofertile
quindi non necessita di specifici impollinatori. I frutti sono di
pezzatura media (8 g), tipica forma cuoriforme, colore rosso
scuro brillante, consistenza media e discrete caratteristiche
gustative. Presentano buona tenuta in pianta, scarsa sensibilità
IL CILIEGIO
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Fig. 12: Sweet Heart
DESCRIZIONE
SINTETICA DI
ALTRE CULTIVAR
DI PARTICOLARE
INTERESSE
alle spaccature da pioggia e
buona resistenza alle manipolazioni. La maturazione molto
tardiva (35 giorni dopo Burlat) abbinata all’autofertilità
ne giustifica la buona diffusione nonostante la qualità e
la pezzatura dei frutti non
siano eccellenti.
VERA: cultivar ungherese derivata dall’incrocio “Ljana (Trusenszkaia 6)” x “Van”. Presenta un albero di vigore medio elevato di elevata produttività. La fioritura è medio precoce. Il frutto è sferoidale,
di grossa pezzatura, di colore rosso scuro brillante, di consistenza
medio elevata e sapore dolce-acidulo. Matura 8-10 giorni dopo Burlat, qualche giorno prima di Adriana. Interessante per la buona produttività per le ottime caratteristiche estetiche e per la consistenza
dei frutti in relazione alla precoce epoca di raccolta.
FERNIER: cultivar francese caratterizzata da una pianta di buon
vigore con portamento assurgente. La messa a frutto è media e la
produttività buona. Matura qualche giorno dopo la Mora di Verona, poco prima di Lapins Il frutto
è di colore rosso scuro, di pezzatura grossa, molto consistente, di
buon sapore e caratterizzato da
una spiccata resistenza alle spac- Fig. 13: Fernier
cature da pioggia. Interessante per le produzioni medio-tardive che
seguono la Mora e necessitano di un frutto di notevole consistenza.
Fig. 14: Kordia
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
KORDIA: cultivar della Repubblica Ceca di genealogia sconosciuta. Presenta un albero vigoroso che ramifica facilmente,
con portamento semi-espanso.
La messa a frutto è rapida e
buona è la produttività in prevalenza su dardi. L’epoca e l’entità della fioritura sono medie. È
autoincompatibile;
buoni
impollinatori sono Hedelfinger,
Van, Regina. Il frutto è di grossa pezzatura, cordiforme, di colore
rosso scuro brillante, ben punteggiato, caratterizzato da un lungo
picciolo che ne facilita la raccolta. La polpa è rossa, di buona consistenza e buon sapore. La resistenza alla spaccature da pioggia è
media. La maturazione è medio-tardiva (27 giorni dopo Burlat). Cultivar molto diffusa in Germania interessante per la costante produttività e l’ottima qualità estetica ed organolettica dei frutti che risultano particolarmente attraenti.
REGINA: cultivar di origine
tedesca originaria dall’incrocio
“Schneiders Spate Knorpel” x
“Rube” caratterizzata da un
albero vigoroso piuttosto lento
nella messa a frutto e di buona
produttività. Buoni impollinatori sono Germersdorfer, Summit. Il frutto a maturazione tardiva, (32 giorni dopo Burlat)
presenta una forma rotonda e
un picciolo molto lungo che Fig. 15: Regina
facilita le operazioni di raccolta. È di un colore rosso brillante, di
buona pezzatura, molto consistente, di buon sapore con elevato
tenore zuccherino. Presenta una buona resistenza alle spaccature
da pioggia e alla monilia.
Un’oculata scelta varietale è determinante per l’affermazione di
un qualsiasi “frutto” sul mercato ma da sola non è sufficiente per
INNOVAZIONI IN
CERASICOLTURA
Fig. 16: impianto fitto di ciliegio nella pianura veronese alla V foglia in successione ad un
impianto di melo. Sono evidenti le reti per proteggere il raccolto dagli uccelli
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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Fig. 17: impianto fitto di ciliegio a Pergine (TN) al
quarto anno, allevato a fasetto con portinnesto
Gisela 5, irrigato a pioggia
creare un sicuro reddito all’azienda agricola. In questi ultimi anni,
con l’introduzione di portinnesti nanizzanti e l’utilizzo di moderne
tecniche di gestione della pianta e del suolo, si è concretizzata la possibilità di considerare il ciliegio alla stregua delle altre colture frutticole specializzate ed è iniziato “un percorso” che ha come principale
obiettivo la possibilità
di condurre buona
parte delle operazioni
colturali del ceraseto
da terra e ridurre così
in modo determinante i costi di produzione. Se ben condotto,
questo percorso potrà
portare ad una vera e
propria rivoluzione
per la cerasicoltura
nazionale, con un rin- Fig. 18: impianto superfitto di ciliegio in Olanda dotato di rete antigrandine, di impianto per l’irrigazione e la fertirrigazione a microjet
novato interesse sia
per gli areali tipici di coltivazione ma anche per nuovi territori dove
il ciliegio può rappresentare una reale alternativa per colture frutticole tradizionali come ad esempio il melo (figura 16) o il pesco, che
presentano problemi di eccedenza o di altre specie gravate da seri
problemi fitosanitari, quali l’albicocco, il susino e lo stesso pesco.
Già l’introduzione di portinnesti semi-nanizzanti e la presenza di
varietà spur o di ridotta vigoria, rapide nella messa a frutto e di ele-
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
vata produttività o autofertili
aveva permesso
fin dagli anni ‘80
di costituire con
successo impianti con densità di
piantagione
medie o medioalte (500-600 piante ad ettaro); in
seguito, la successiva introduzione
Fig. 19: impianto di ciliegio nel vignolese (MO) dotato di
dei portinnesti coperture contro le spaccature da pioggia
nanizzanti abbinata a nuove forme di allevamento (es. candelabro, fuso, fusetto bandiera, Y) ha portato positivamente a compimento la sperimentazione
di impianti con alte densità (fino a 1000 piante ad ettaro e oltre) (figura 17). Ma già c’è qualche azienda nel nord Europa che sta sperimentando impianti superfitti con oltre 5.000 piante ad ettaro (figura 18).
Come si può
ben comprendere con impianti più specializzati deve essere
riconsiderata
tutta la gestione
del ceraseto e
alcune pratiche
o tecniche colturali ritenute
“facoltative”
diventano
determinanti
per le sorti dell’impianto. Tra
queste la potaFig. 20: particolare delle coperture contro le spaccature da pioggia
tura o meglio la
“non potatura” (intesa come potatura molto limitata) nella fase di allevamento per accompagnare la pianta nel suo sviluppo con cimature,
piegature ed eliminazione dei germogli competitori e la potatura di
produzione, in genere al verde, eseguita ogni anno con modalità
differenti secondo il modo di fruttificare delle varietà. Ma anche
l’ausilio dell’irrigazione, talora della fertirrigazi one (figura 18),
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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dell’antibrina, di
coperture con teli
o film anti-pioggia contro le
spaccature dei
frutti (figura 1920) o con reti antigrandine (figura
21) o contro gli
uccelli
(figura
16), sono tutte
dotazioni
del
“moderno ceraFig. 21: ceraseto semifitto in Carinzia (Austria) dotato di impianto seto” che devono
antigrandine
essere prese in
considerazione e predisposte al fine di garantirsi con sicurezza il raccolto tutti gli anni. Con tali impianti, che peraltro comportano un notevole
investimento di capitali iniziali alla stregua delle altre colture frutticole,
è possibile raggiungere già al quarto anno produzioni che raggiungono
i 100 quintali per ettaro con notevole riduzione dei costi di manodopera
per la potatura ma soprattutto per la raccolta, maggior efficacia nella difesa dai parassiti, minor incidenza di danni da uccelli e da spaccature da
pioggia e non da ultima maggior sicurezza per gli operatori.
Tutto ciò non per affermare che il ciliegeto debba necessariamente raggiungere alte densità di impianto, di investimento e di tecnologia, ma per dare una visione d’insieme che permetta al frutticoltore di considerare le svariate tipologie di impianto che anche con questa specie è possibile realizzare e che devono essere scelte in funzione delle caratteristiche ambientali e dei fattori produttivi disponibili.
Descrizione sintetica della prova sperimentale
La sperimentazione, realizzata nell’ambito delle attività del
Gruppo Frutticoltura dell’Alpe Adria, è stata avviata nel febbraio del
VERONESE DEL
1996 nell’Azienda di Ponton (S. Ambrogio di Valpolicella - VR) delCILIEGIO ALLEVATO
l’Istituto Sperimentale di Frutticoltura della Provincia di Verona, sita
A FUSETTO CON LA
CULTIVAR “LAPINS” a 100 m s.l.m. in un appezzamento in piano caratterizzato da un terSU DIECI PORTINNESTI reno di origine fluvio-glaciale, di modesto spessore, ricco di scheletro, di media fertilità. L’impianto è irrigato con microjet, inerbito tra
le fila e diserbato sulla fila con un sesto d’impianto di 4,5x3,5 m.
Sono stati impiegati astoni di un anno della cultivar autofertile
“Lapins” sui seguenti portinnesti : Mazzard F12/1 (selezione clonale
di Prunus avium), Maxma 14 (P. mahaleb x P. avium), Piku 4,20 (P. avium
x (P. canescens x P. incisa)), Tabel Edabriz (selezione di P. cerasus) , GiseESPERIENZE DI
COLTIVAZIONE NEL
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
la (P. cerasus x P. canescens) cloni 4, 5 e 195/20, Weiroot (P. cerasus x P.
avium) cloni 13, 158, 72. La forma di allevamento adottata è il fusetto.
Operazioni colturali nel primo anno
MODALITÀ PER
REALIZZARE LA
• All’impianto gli astoni sono spuntati ad un’altezza di 1,30 cm e
degemmati con un coltello da innesti (gemme e sottogemme) per 25
cm circa, fino ad una altezza di poco più di un metro (figure 22-23). Si
lascia una gemma apicale che darà origine alla freccia. Si tengono gli
eventuali rami anticipati presenti al di sopra di 50 cm e si piegano se
necessario con un angolo di 90° circa rispetto all’asse centrale.
FORMA DI
ALLEVAMENTO A
FUSETTO
Fig. 22-23: per realizzare la forma a fusetto all’impianto gli astoni sono spuntati ad un’altezza di 1,30 cm e degemmati per circa 25 cm, ad eccezione di una gemma apicale, per favorire la formazione del primo palco di rami e della freccia
• Durante la stagione vegetativa si
divaricano con una molletta (o con
estensori specifici) i germogli laterali
che si sviluppano al di sotto del metro,
quando sono lunghi circa 20-25 cm, in
modo da formare degli angoli di 90°
rispetto all’asse centrale (figura 24); se
tale operazione non viene eseguita a
tempo debito i germogli mantengono il
loro angolo di inserzione stretto e una
volta lignificati è quasi impossibile
divaricarli.
Fig. 24: i germogli
laterali quando hanno
raggiunto la lunghezza
di 20-25 cm devono
essere divaricati con
una molletta (o con
estensori specifici) in
modo da formare degli
angoli di 90° rispetto
all’asse centrale.
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
73
• la crescita successiva dei germogli laterali è orizzontale e più
lenta, ma dopo qualche settimana gli apici dei germogli tendono
a curvarsi di nuovo verso l’alto.
Per contrastare questo fenomeno,
si sposta la molletta sull’apice del
germoglio a mano a mano che questo cresce (figura 25) o si usa un
pesetto in cemento (figura 16). Con
i portinnesti più vigorosi tale pratica non sempre è sufficiente ed è
necessario aiutarsi con canne o
spaghi.
Fig. 25: dopo qualche settimana dall’applicazione delle mollette la crescita dei germogli laterali tende a curvarsi di nuovo
verso l’alto. Per contrastare questo fenomeno si sposta la molletta sull’apice del germoglio a mano a mano che questo cresce.
Operazioni colturali dal secondo anno
• Prima del risveglio vegetativo (nel secondo e terzo
anno) si ripete il taglio della freccia (solo se è cresciuta più
di 60-70 cm sopra l’ultimo laterale) e si degemma, come
descritto in precedenza, al fine di ottenere il nuovo palco
di rami.
• Durante la stagione vegetativa si applicano le mollette ai
rami laterali del nuovo palco.
• Si cimano i germogli dorsali che si originano dalle branche
dei palchi sottostanti.
• Alla fine della stagione vegetativa si piegano i rami
laterali assurgenti presenti soprattutto nei portinnesti più
vigorosi.
• Dopo la raccolta dal secondo anno si procede ad effettuare la prima potatura verde per eliminare completamente branche laterali in eccesso, biforcazioni ed effettuare qualche deviazione su rami con angolo di inserzione più ampio.
• La potatura di produzione dal terzo anno in poi dovrà
tener conto della necessità di interventi più energici da realizzarsi a bruno per i portinnesti più deboli, (Edabriz e Gisela 5, Weiroot 72) al fine di favorire la pezzatura dei frutti ed
il rinnovo vegetativo, mentre nei portinnesti più vigorosi
(Mazzard F12/1, Maxma 14, Weiroot 13) che non hanno ancora raggiunto una maturità produttiva si dovrà intervenire al
verde con interventi più leggeri, continuando le operazioni di
piegature a seconda delle necessità.
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
Risultati
Al termine del primo anno si ottiene
una pianta con un palco composto da
quattro-cinque branchette con angolo
di inserzione ben aperto e da una freccia che può essere lunga dai 70 cm ai 2
metri a seconda della spinta vegetativa
indotta dal portinnesto (figura 26).
Nel secondo e terzo anno si formano il secondo e il terzo palco di rami e
si apprezza meglio la differente vigoria dei portinnesti (figura 27-28). I più
vigorosi (Mazzard F12/1, Maxma 14,
e Weiroot 13) presentano una freccia
che può raggiungere i 2 metri e rami
laterali forti con scarsa presenza di
gemme a fiore; viceversa in quelli più
deboli (Gisela 5, Edabriz e Weiroot
72) la freccia è lunga meno di un
metro e i laterali sono già ricchi di formazioni fruttifere.
Alla fine del quarto anno, praticando pochissimi tagli si raggiunge
l’architettura finale degli alberi, di
altezza tra i 2,5 e i 4 metri, costituiti
da quattro palchi ben ramificati e
sempre più deboli mano a mano che
Fig. 26: pianta di
Lapins alla fine del
primo anno costituita da un palco di
rami e da una freccia di dimensione
variabile tra i 70 cm
e i 2 m a seconda
del portinnesto
impiegato.
Fig. 27: pianta di Lapins alla fine del secondo anno
costituita da due palchi di rami
Fig. 28: panoramica dell’impianto di Lapins su diversi portinnesti alla fine del
terzo anno.
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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ci si sposta verso la cima più o meno ricchi di formazioni fruttifere a
seconda del portinnesto
adottato (figura 29).
È stato possibile effettuare la totalità delle operazioni colturali da terra
con i portinnesti nanizzanti (Gisela 5, Gisela 4,
Edabriz, Weiroot 72) e con
l’ausilio di piccole scale
con quelli seminanizzanti
a vigore intermedio (Piku
4,2, Weiroot 158, Gisela
195/20) mentre ciò non è
stato possibile con i più
vigorosi (Mazzard F12/1,
Maxma 14 e Weiroot 13).
Fig. 29: pianta di Lapins su Gisela
195/20 al IV anno prima della raccolta
Comportamento produttivo dei portinnesti
Già nel secondo anno si sono viste le prime ciliegie in tutti i portinnesti con punte di qualche etto nel caso di quelli più deboli (Gisela 5, Edabriz, Weiroot 72).
Nel terzo anno si è rilevata una produzione per pianta variabile
tra 200 g per i vigorosi Mazzard F12/1 e Maxma 14, fino al chilo e
mezzo per i deboli Gisela 5 e Weiroot 72.
Nel quarto
anno, a seguito di una bellissima fioritura (figura 30),
si è ottenuta la
prima produzione rilevante: 5 portinnesti con quantitativi superiori
ai 10 kg pianta
Fig. 30: fioritura di Lapins alla quarta foglia: in primo piano una pianta (Edabriz, Gisesu Gisela 195/20
la 5 e 195/20,
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IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
Weiroot 72, Piku 4,2), 2 portinnesti con produzioni inferiori ai 2,5 kg
(Maxma 14 e Mazzard F12/1) e 3 intermedi (Gisela 4, Weiroot 13 e
158). Il peso medio dei frutti in Gisela 5 ed Edabritz è stato scarso per
l’eccessiva carica produttiva, mentre per gli altri portinnesti il peso
è stato superiore agli 8 g.
Nel quinto anno 4 portinnesti hanno prodotto più di 20 kg pianta
(Weiroot 158 e 72, Gisela 195/20 e Piku 4,2) altri quattro tra i 13 e i 18
kg (Gisela 5, Weiroot 13 e 4 ed Edabriz), il Maxma 14 9,9 kg e il Mazzard F12/1 solo 5,8 Kg. Nonostante le notevoli produzioni il peso
medio dei frutti è stato in genere buono superiore agli otto grammi.
La produzione cumulata (grafico 1) mostra che tutti i portinnesti
nanizzanti e seminanizzanti hanno prodotto almeno il doppio (con
punte fino al quadruplo) rispetto al testimone Mazzard F12/1 e al
Maxma 14 senza influire negativamente sul peso medio dei frutti (ad
eccezione di casi di estrema allegazione), mostrando una migliore
efficienza anche in considerazione del minor sviluppo degli alberi
(grafico 2).
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
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78
IL CILIEGIO
IN VALPOLICELLA
volume della chioma (m3/pianta)
0
2
4
6
8
10
12
Gisela 5
Edabriz
Weiroot 72
Piku 4,20
Gisela 4
Gisela
195/20
Weiroot
158
Maxma 14 Weiroot 13
Volume della chioma di Lapins al quinto anno
al variare del portinnesto
Mazzard
F12/1
IL CILIEGIO
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Produzione cumulata (kg/pianta)
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Mazzard Maxma 14 Weiroot 13
F12/1
1998
1999
2000
2001
Edabriz
Gisela 5
Gisela 4
Weiroot
158
Weiroot 72
Gisela
195/20
Produzione cumulata di Lapins al quinto anno
al variare del portinnesto
Piku 4,20
Conclusioni
La sperimentazione ancora in corso è apparsa fin dall’inizio innovativa sia per la forma di allevamento adottata, molto vicina al naturale habitus vegetativo del ciliegio, sia per il positivo impiego di portinnesti nanizzanti o semi-nanizzanti che sono risultati più produttivi ed efficienti dei portinnesti tradizionali senza deprimere la qualità della frutta.
Il fusetto è una
forma di allevamento risultata più idonea se abbinata con
portinnesti nanizzanti o seminanizzanti. La vigoria che
si riscontra nei portinnesti tradizionali
(F12/1, Maxma 14) è
meglio controllata
con la classica forma
Fig. 33: pianta di ciliegio allevata a vaso alla fine del 1° anno
a vaso che distribuisce la notevole spinta vegetativa su tre branche. Peraltro anche per
costituire la forma a vaso ci si può avvalere sia dell’ausilio delle mollette (o dei pesetti) per una buona apertura delle branche principali sia
della potatura verde, con cimature, inclinazione dei germogli, spuntature e inclinazione dei rami, per favorire una rapida formazione della
struttura scheletrica dell’albero (figure 33-34-35).
Sono numerosi i vantaggi con l’utilizzo del fusetto abbinato a portinnesti nanizzanti
e seminanizzanti:
• riduzione dei
costi di produzione e maggior sicurezza per gli operatori per la possibilità di svolgere la
maggior
parte
delle operazioni
colturali da terra;
• realizzazione
di
impianti
a
media ed alta densità di piantagione: riduzione dei Fig. 34: pianta di ciliegio allevata a vaso alla fine del 2° anno
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sesti di impianto dal tradizionale 6-7x6-7 m del vaso a 4-5x1,5-3 m (a
seconda del portinnesto adottato);
• più rapida
messa frutto (anche
per il ridotto numero di tagli di potatura) e una maggior produttività
ad ettaro;
• migliore qualità dei frutti grazie alla forma che
favorisce la penetrazione della luce
• migliore sanità delle piante per i
ridotti tagli di potaFig. 35: pianta di ciliegio allevata a vaso alla fine del 3° anno
tura e una più facile
distribuzione dei fitofarmaci durante le irrorazioni;
• semplificate le operazioni di copertura con teli di plastica per
evitare le spaccature da pioggia.
Per contro devono essere ancora valutate nella loro completezza:
• l’adattamento dei nuovi portinnesti agli svariati ambienti pedoclimatici veronesi;
• i migliori portinnesti semi-nanizzanti negli ambienti non irrigui;
• le migliori combinazioni tra portinnesti e cultivar;
• l’affinità tra le numerose cultivar e i portinnesti semi-nanizzanti e nanizzanti.
• la durata economica degli impianti.
Appare evidente che per realizzare un moderno ceraseto a media
o alta densità occorrono maggiori investimenti, maggior tecnologia e
una più attenta ed assidua tecnica di conduzione soprattutto nella
fase di allevamento. L’assenza di queste prerogative prelude a prevedibili insuccessi.
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