Beatrice Marchi Che cattiva Katie Fox! 17 gennaio – 15 febbraio

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Beatrice Marchi Che cattiva Katie Fox! 17 gennaio – 15 febbraio
Beatrice Marchi
Che cattiva Katie Fox!
17 gennaio – 15 febbraio 2014
Opening: 16 gennaio 2014, 18:30
“Che cattiva Katie Fox!” è la prima mostra personale di Beatrice Marchi (1986,
Gallarate, Varese; vive a Milano); ed è la prima mostra ospitata tra queste mura a
meritare la sequenza di hashtag: #dance #sex #art #pop #tech.
Beatrice, del resto, è woman of choice; e ne é testimone la determinazione
e l’inventiva con le quali porta avanti il suo processo creativo, destreggiandosi
attraverso numerosi mezzi (dalla fotografia, all’installazione, alla produzione
musicale), ma senza mai abbracciarne alcuno aprioristicamente. Le sue opere
ostentano infatti una spiccata attitudine camp: che essa derivi da una mera
celebrazione dell’ambiguità come valore, o da un più programmatico tentativo
di aggirare la specificità dei mezzi artistici, è l’interrogativo che tali opere
sottopongono allo spettatore… Tuttavia, al fine di scongiurare che la loro natura
rimanga un tabù e quindi facilitarne la comunicazione, inviteremmo lo spettatore
a concordare che le opere in mostra, per esempio, sono: una canzone RnB (Never
Be My Friend, 2014), delle federe per cuscini (Occhi tristi, 2014), dei costumi da
cucciolo di animale (Squirry, Foxy, 2014), e delle cornici per immagini di fantasia
(B.B. Blue, Mandy & Sandy at the Beach, 2014).
La protagonista della mostra è Katie Fox: un avatar, un cane Basset Hound,
una sorella minore, un personaggio fantasy, una samaritan girl, una pop star, una
liceale, una mistress, ecc. Le sue varie incarnazioni forniscono un campionario
di categorie simboliche, atte a testare logiche e dinamiche attraverso le quali
l’esercizio del giudizio morale condiziona la percezione del contesto sociale a cui
apparteniamo. Perché per esempio comportamento ed emotività di alcune figure,
come bambini e animali, sono esenti da giudizi morali? E perché altre, come gli
adolescenti, assumono atteggiamenti sproporzionatamente moralistici? Come per
bambini e animali la natura ignora la cultura, per gli adolescenti all’amore può solo
avvicendarsi l’odio – e nel mezzo sta solo l’opportunismo, il gioco di ruoli che
porta a fingere di amare od odiare…
Le opere in mostra lambiscono linguaggi estetici che la cultura di massa
pare aver assimilato, ma che tuttavia conservano un carattere intrinsecamente
radicale, che porta ogni loro formalizzazione lontana da autentiche urgenze
comunicative ad assumere i toni del grottesco. Cinema, fumetti e videogiochi
hanno, per esempio, sdoganato il fantasy nel mondo degli adulti; giovani donne
travestite da sirene abitano quindi l’interregno tra una maschera carnevalesca,
propria di un immaginario bambinesco, e una mise provocante, che tradisce una
presa di consapevolezza del potere di seduzione di un corpo maturo. O ancora,
oggi le sonorità tipiche della musica RnB sono universalmente riconosciute nel
lessico della musica popolare; una canzone RnB, in cui voci maschili imitano voci
femminili, replicando un’affettata conversazione via chat tra adolescenti inviperite,
evoca quella compresenza di smania di riscatto sociale e melliflua emotività che
l’RnB incarna – that’s how we ball out. E non ci dilungheremo a discutere anche le
derive della sessualità nelle pratiche BDSM e il blend di piacere e dolore.
Le opere di Beatrice Marchi sembrano sottendere una visione nella quale
l’arte è intrappolata nelle sue stesse strategie di commento e ‘cinica’ interpretazione
dei fenomeni sociali, sciorinando essa stessa una profusione di giudizi, che non si
limitano alle categorie estetiche, di sua più ‘competenza’ diremmo, ma sconfinano
appunto nel regno della morale. A tradire una tendenza all’affettazione è, del resto,
soprattutto il linguaggio artistico: spesso dispettosamente criptico, autoreferenziale,
vanaglorioso, e ancora, moralistico; tendente a soffocare ogni visione dell’arte
come scenario di condivisione empatica e collaborazione e come celebrazione
dell’animo umano nella vastità del suo spettro emozionale… Questo stesso testo
non è immune a questa critica: persegue un tono assertivo, a ‘giustificare’ sé stesso
e ciò che descrive; e ahimè non avrà mai l’efficacia di presentare queste opere come
le creazioni invece di una donna nel fiore dei suoi anni, una lap dancer mancata, e
forse la nostra migliore amica.