Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno
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Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno
FEDERAZIONE ORDINI DEI FARMACISTI Rassegna Stampa del 21/08/2016 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE IN PRIMO PIANO Il capitolo non contiene articoli SANITÀ NAZIONALE 21/08/2016 La Repubblica - Nazionale A che punto è Zika 4 21/08/2016 L'Espresso Libero ovulo in libero Stato 6 21/08/2016 La Stampa - Nazionale A Torino una donna ogni dieci partorisce tra le mura di casa 8 VITA IN FARMACIA 21/08/2016 La Stampa - Vercelli Intesa su farmaci e vaccini 10 21/08/2016 Il Messaggero - Roma Oltre 40 farmacie da gestire ma per anni bilanci in rosso 11 21/08/2016 Il Messaggero - Umbria Dai proventi delle farmacie medicinali per gli indigenti 12 21/08/2016 Il Gazzettino - Venezia Acceca i ladri con la pila, fallisce il furto in farmacia 13 PROFESSIONI 21/08/2016 La Gazzetta dello Sport - Nazionale il free climbing mi piace ma l'alpinismo è un'altra cosa 15 21/08/2016 La Gazzetta dello Sport - Nazionale «Così ho smascherato il doping della Russia» 16 PERSONAGGI Il capitolo non contiene articoli SANITÀ NAZIONALE 3 articoli 21/08/2016 Pag. 14 diffusione:226066 tiratura:334292 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'emergenza A che punto è Zika La corsa al vaccino va a rilento e il focolaio in Florida ha rilanciato l'allarme La diffusione frenata dall'inverno brasiliano, ma si teme l'arrivo del caldo Casi di contagio in settanta paesi "L'epidemia durerà ancora tre anni" E nelle zone più colpite l'Oms consiglia di non fare più figli fino al cessato pericolo MICHELE BOCCI ELENA DUSI IL VIRUS Zika corre e fa paura a mezzo mondo. Al momento non ci sono armi per fermarlo ed esiste solo un modo per evitare i danni più gravi di cui è capace: non fare figli. «Considerate l'idea di rimandare la gravidanza» ha consigliato a giugno l'Organizzazione mondiale della sanità. «Evitate di fare figli fino al 2018» si è spinto a indicare il governo di El Salvador, uno dei paesi colpiti dall'epidemia. È infatti ai bambini in grembo che il virus crea i problemi maggiori, danneggiando il sistema nervoso. Zika nel frattempo avanza. Ha raggiunto 69 Paesi, soprattutto nell'America Latina, dove è arrivato nel 2015. Ha colpito per primo il Brasile del nord-est, a febbraio dell'anno scorso, proveniente da quelle isole del Pacifico che aveva conquistato una dopo l'altra dai primi anni 2000. A portare nel popoloso paese sudamericano quella che una ricerca su Emerging Microbes and Infections definisce «la tempesta perfetta» sono stati - secondo la rivista - i mondiali del 2014 o un cargo arrivato via mare. Un altro studio uscito su Nature Microbiology a fine luglio prevede che l'epidemia si esaurirà da sola quando il virus avrà contagiato tutti, o quasi. Ma serviranno almeno 2-3 anni. Fino ad allora potrebbe arrivare a toccare 93,4 milioni di persone, tra cui 1,6 milioni di donne incinte. Poi non avrà più persone da colpire in quella parte del mondo, visto che quasi nessuno si ammala due volte, e la curva dell'incidenza scenderà. Nel Brasile delle Olimpiadi l'epidemia ha un po' frenato perché è inverno e circolano meno zanzare. Ma l'arrivo del caldo e della stagione delle piogge fa temere una nuova accelerazione nei prossimi mesi. Lo sottolineano i Cdc, i Centers for disease control degli Usa, da subito molto attenti alla diffusione di Zika, anche perché prevedevano il suo arrivo negli Stati Uniti che poi c'è puntualmente stato come dimostra quanto sta accadendo in questi giorni a Miami. Nel loro report i Cdc hanno suggerito alle donne incinte di non andare a vedere i Giochi e di usare il preservativo ogni volta che fanno sesso con una persona che è stata nelle aree dove è presente il virus. Intanto perché si sa ormai da mesi che i danni maggiori Zika li fa al feto, soprattutto nei primi tre mesi di gestazione, provocando una grave malformazione come la microcefalia. In Brasile gli ultimi dati raccontano di oltre 1.700 casi di neonati con quella patologia e di tantissime donne che hanno deciso di abortire. In più, ancora non si conoscono gli effetti a lungo termine della malattia sui bambini partoriti da una madre infetta e sani alla nascita. È stato provato che Zika si trasmette anche per via sessuale, proprio questo meccanismo è alla base di molti dei casi avvenuti in alcuni Paesi, come gli Usa. E siccome il virus rimane nel liquido seminale anche per sei mesi, è esposto al rischio di prendere la malattia chi fa sesso con un infetto anche dopo molto tempo dal rientro da uno dei Paesi a rischio. Se tra queste persone c'è una donna che vuole avere un figlio, c'è il rischio che si ammali e trasmetta la malattia al feto, con effetti potenzialmente gravissimi. Agli adulti, ma anche ai bambini, il virus non provoca problemi importanti, solo febbre non alta e un po' di dolori per alcuni giorni. Addirittura l'80% delle persone nemmeno si rende conto di aver preso la malattia. I problemi arrivano quando a contagiarsi è chi aspetta un figlio. E se per ora in Italia a rischiare di ammalarsi sono le persone che viaggiano in un'area coinvolta dall'epidemia o che hanno rapporti sessuali con una persona infetta (una quarantina i casi registrati dal SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016 4 21/08/2016 Pag. 14 diffusione:226066 tiratura:334292 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ministero della Salute finora), resta il pericolo che anche gli insetti nostrani imparino a inoculare il virus. Finora infatti a trasportare Zika sono state le zanzare delle specie Aedes diffuse in Sudamerica. Ma il nostro Istituto Superiore di Sanità include anche l'Aedes albopictus - o zanzara tigre - fra i potenziali vettori del virus. Fare lo slalom tra le zanzare cercando di non farsi pungere o evitare di fare figli non possono ovviamente essere soluzioni di lungo periodo. Ecco perché, da quando il Brasile ha annunciato ufficialmente l'esistenza dell'epidemia (maggio 2015) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato Zika «un'emergenza di sanità pubblica internazionale» (il primo febbraio di quest'anno), sono subito iniziati i lavori per produrre un vaccino. Il bilancio dei primi mesi di sforzi contiene una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che i medicinali allo studio sembrano funzionare molto bene nei test sugli animali: alcuni raggiungono un'efficacia addirittura del 100% senza effetti collaterali di rilievo. La notizia cattiva è che, per quanto procedano spedite, le ricerche per un nuovo vaccino richiedono sempre diversi anni. Per i test sulla sicurezza le autorità sanitarie non prevedono infatti scorciatoie. I primi due prodotti sono entrati adesso nella prima fase delle sperimentazioni umane. Un'altra manciata di farmaci (prodotti quasi tutti negli Usa, in parte da aziende private, in parte da agenzie federali) partirà con i test in inverno. Il vaccino, probabilmente, servirà solo per la prossima epidemia. La zanzara vettore L'Aedes aegypti è il principale vettore di: Zika Dengue Chikungunya Febbre gialla Aedes aegypti Striature bianche sulle zampe e sul dorso, dove compopngono un disegno a forma di lira È presente in aree urbane con o senza vegetazione Dimensioni: 0,4 cm circa L'epidemia in America Come si trasmette la Zika SINTOMI febbre non molto alta dolori a muscoli e ar ticolazioni mal di testa congiuntivite eruzioni cutanee 1 Una zanzara Aedes Aegypti punge una persona infetta 2 Quando ne punge un'altra sana, le inietta il virus 3 La seconda persona si sposta dall'America latina in Europa 4 In Europa la zanzara tigre punge la persona infetta appena sbarcata dall'aereo, divenendo vettore di Zika Poi punge altre persone, infettandole passaggi del virus Brasile Paraguay Argentina Bolivia Ecuador Colombia Costa Rica Venezuela Guiana Suriname Guiana francese Messico Guatemala Belize El Salvador Honduras Haiti Cuba Repubblica Dominicana Por to Rico S. Mar tin Guadalupe Mar tinica Barbados Panama 2013-2014 primi casi in Polinesia e nelle isole Cook feb. 2015 il virus arriva in Brasile nov. 2015 Colombia, Messico, Paraguay e altri gen. 2016 Bolivia, Rep. Dominicana, Costa Rica feb. 2016 Ecuador, Giamaica, Haiti mag./lug. 2016 Argentina, Usa Microcefalia infantile Misura normale della testa Le donne in gravidanza, se infettate con Zika, possono trasmettere il virus al feto, che alla nascita può essere microcefalico Il rischio di malformazione è associato con l'aver preso l'infezione nel primo trimestre I PUNTI IL PRIMO QUARTIERE Fino a pochi giorni fa i casi di Zika si erano registrati solo in una zona di Miami di meno di un miglio quadrato, il quartiere di Wynwood LA ZONA TURISTICA Adesso un focolaio del virus è esploso in una delle zone più turistiche della città, Miami Beach, visitata in un anno da oltre 15 milioni di persone I MALATI NEGLI USA Negli Usa ci sono stati 2.260 casi di Zika, quasi sempre di persone colpite dal virus all'estero. Gli unici casi di contagi avvenuti nel Paese sono stati in Florida epicentro.iss.it/argomenti/zika www.cdc.gov/zika PER SAPERNE DI PIÙ SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016 5 21/08/2016 Pag. 17 N.34 - 21 agosto 2016 diffusione:164819 tiratura:228905 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'antitaliano Libero ovulo in libero Stato La fecondazione eterologa in Italia è un diritto solo sulla carta. Bisogna renderlo reale con campagne di sensibilizzazione e rimborsi Roberto Saviano MINIMIZZARE UN PROBLEMA non è la maniera migliore per trovare soluzioni. Ignorarlo nemmeno. Ma leggere di accoltellamenti sui treni che non si ritiene siano attentati, mi fa pensare alla stagione dei pedoni investiti in strada e degli abusi sui minori: episodi che sembrano salire di incidenza solo perché nell'arco di un paio di mesi diventano le uniche notizie su cui si concentrano articoli, commenti, editoriali illustri, trasmissio ni televisive. La conseguenza naturale di un'informazione orchestrata in questo modo è che ormai ci portiamo appiccicata addosso, anche mentre dormiamo, la paura che ciò che leggiamo si possa materializzare nelle nostre vite, come un fantasma che prenda, infine, sostanza. QUESTA VITA sospesa tra quotidiana routine e paura impedisce in maniera quasi automatica di contemplare una sfera pubblica nel privato siamo tutti migliori, con i nostri difetti e i nostri slanci di generosità - che si apra con costanza al dibattito costruttivo su ciò che nella vita sociale sia perfettibile o radicalmente riformabile. E quindi anche se nel privato siamo migliori, scontiamo una frustrante mancanza di informazioni. Così, in questa cupa estate di paura, colpisce leggere l'appello di Ilaria D'Amico che dalle colonne del "Corriere della Sera" invita a donare maternità. Si parla di fecondazione eterologa, ovvero quella pratica necessaria per una coppia che volesse avere un figlio nonostante sia affetta da sterilità. La storia della fecondazione eterologa in Italia si ricollega a quanto scrivevo in questa stessa rubrica la scorsa settimana sulla ricerca scientifica che è anche e so prattutto ricerca della felicità. Fino al 2004 era possibile accedere all'eterologa purché vi fosse anonimato sui donatori e ovuli e spermatozoi non fossero ceduti dietro compenso. Poi fa la sua comparsa la legge 40, un abominio che l'Associa zione Luca Coscioni (nella persona di Filomena Gallo) sta contribuendo a smantellare punto per punto, per restituire al nostro Paese quella dignità in materia di procreazione medicalmente assistita che una politica bigotta, reazionaria e soprattutto ipocrita prova costantemente a sottrargli. SONO DUE anni ormai che la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, eppure le donazioni di ovuli sono pochissime (una ventina), così come l'egg sharing, ovvero la donazione di ovociti da parte di donne che hanno praticato la fecondazione assistita (un centinaio). E anche gli uo mini sono restii a donare spermatozoi. Dunque, da un lato l'eterologa in Italia è praticata a macchia di leopardo (spesso si ricorre al settore privato e diventa un investimento che in pochi possono permettersi), dall'altro, dove viene effettuata, ovociti e spermatozoi sono prevalentemente d'importazione. Ed ecco la consueta ipocrisia italiana:non si effettuano - se non per iniziativa di associazioni che con il ministero della Sanità hanno rapporti di alterità e di forte contrasto - campagne di sensibiliz zazione per invitare uomini e donne a donare spermatozoi e ovuli, ma si importano dall'estero. E se per gli uomini è tutto relativamente più semplice, per le donne che devono sottoporsi a stimolazione ormonale e poi al pick up, si potrebbe certo prevedere un rimborso spese che non sia un compenso, ma un modo per risarcirle per essersi sottoposte per un mese, ogni giorno, a una somministrazione ormonale e poi, in conclusione, a un intervento. LE DONNE CHE abbiano praticato la procreazione assistita sanno di cosa parlo e sanno anche quanto sia assurdo non consentire di massimizzare gli effet ti della stimolazione ormonale e del pick up informandole sulla possibilità di donare gli ovuli. Chi sa, magari si potrebbe pensare di impiegare gli assistenti sociali che invitano le donne in procinto di abortire a ripensarci, anche per informare, con la medesima solerzia, chi ha praticato la fivet a donare ovuli e spermatozoi, per non doverli importare dall'estero. Dalla Spagna ad esempio, dove per la stimolazione ovarica è previsto un indennizzo di mille euro, nulla rispetto all'iter che si affronta per la donazione e nulla in confronto alla felicità che le donatrici mettono in circolo. Ecco dunque cosa ha significato la legge 40 in Italia, niente altro che questo: SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016 6 21/08/2016 Pag. 17 N.34 - 21 agosto 2016 diffusione:164819 tiratura:228905 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato porre limiti alla ricerca scientifica che nei paesi arretrati, ostaggio di politiche oscurantiste, coincide con la più grande delle minacce, quella che si possa essere felici e magari smettere di avere paura. www.lespresso.it SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016 7 21/08/2016 Pag. 38 diffusione:159940 tiratura:227480 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La scelta alternativa Lo studio del Comune A Torino una donna ogni dieci partorisce tra le mura di casa Il Sant'Anna: "È sicuro se prima si valutano i rischi" CRISTINA INSALACO Negli Anni 40 partorire in casa era una necessità. Era l'unico modo per dare alla luce un bebè e, spesso, con non poche complicazioni sia per la mamma che per il bambino. E se nei decenni successivi il parto in ospedale è diventato una sorta di conquista, un simbolo dell'evoluzione della società, oggi le donne torinesi hanno voglia di recuperare quelle stesse emozioni antiche del parto in salotto, mentre il marito è in cucina a preparare il the. I numeri in città sono altissimi: nel 2015 una torinese su 10 ha scelto di partorire in casa, anziché in ospedale o in altre cliniche. Da uno studio che si basa sull'archivio anagrafico di Torino, elaborato dall'ufficio pubblicazioni e analisi statistiche della città, l'anno scorso ci sono stati 623 parti a domicilio di donne residenti in città. In questo numero sono inclusi anche i parti «strani», cioè i casi in cui una donna non riesce a raggiungere in tempo l'ospedale e mette al mondo un bambino in taxi oppure per strada. Una percentuale irrilevante. I nati in ospedale o in case di cura, sempre nello stesso periodo di tempo, sono 6.386. Ci sono infine 66 nascite sconosciute, quelle dove nel certificato di nascita non è specificato il luogo. L'analisi è stata fatta sulle 10 circoscrizioni, prima dell'accorpamento attuale. Quella in cui l'anno scorso si sono registrate più nascite a casa è la Sette, in zona Vanchiglia, dove ce ne sono state 94. Il numero più basso è a Mirafiori Sud: 28, seguito dalla Circoscrizione 1(Centro) con 54 bimbi nati tra le mura di casa, 57 nella Due (Santa Rita), 61 nella Sei (da Barriera di Milano a Falchera), e 72 nella Otto, a San Salvario. E ancora 77 nella Tre, 55 nella Quattro, 64 nella Cinque, 61 nella Nove. Il fenomeno può sembrare poco conosciuto, in realtà i numeri così alti di quest'anno sono in linea con quelli del 2014 e del 2011. Nel 2014 ci sono state a Torino 669 nascite in casa su 6630 in ospedale. Nel 2011 saliamo a 762 su 7276. La stessa proporzione di oggi. E se molte donne si sono lanciate in quest'esperienza che è senza dubbio una scelta che va controcorrente, in molte sgraneranno gli occhi all ' i d e a d i av v i c i n a r s i a d un'esperienza di questo tipo. Ma è sicuro un parto a domicilio? «Sì, se viene fatta una rigorosa selezione del rischio spiega Tullia Todros, professoressa di ginecologia ed ostetricia all'Università di Torino e direttrice della struttura complessa di ginecologia ed ostetricia universitaria 2 del Sant'Anna - e all'interno di una efficiente organizzazione dei servizi». Per partorire nella propria camera da letto, infatti, vanno rispettati alcuni parametri, e il parto deve essere rigorosamente fisiologico e spontaneo. È necessario che la mamma e il feto siano sani, che lei non superi i 40 anni di età, non abbia avuto complicazioni per la nascita di altri figli e non aspetti due gemelli. Per fare qualche esempio. Se nel corso della gravidanza qualcosa va storto, il percorso a domicilio non prosegue. Al Sant'Anna, ad esempio, escono da questo percorso il 50% delle madri prese in carico dall'ospedale. L'archivio anagraf ico di Torino racconta che, lo scorso anno, più di seicento donne hanno deciso di vivere la gioia della nascita senza lasciare le mura domestiche. Una scelta consapevole, che deve in ogni caso sottostare alle regole che mettono al primo posto la sicurezza del neonato e della stessa madre I limiti n La scelta di partorire lontano da un'ospedale è preclusa alle donne che hanno già compiuto quant'anni In questi casi il rischio che insorgano complicazioni è troppo alto n Il percorso è inibito anche alle neomamme che aspettano dei gemelli o che in passato hanno già avuto problemi durante le precedenti gravidanze Foto: REPORTERS Foto: L'identikit Foto: Chi sceglie questa strada vuole recuperare quella familiarità che caratterizzava le nascite negli Anni 40 SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016 8 VITA IN FARMACIA 4 articoli 21/08/2016 Pag. 41 Ed. Vercelli diffusione:159940 tiratura:227480 Regione, Federfarma e Assofarm hanno sottoscritto un accordo triennale per il rinnovo dell'erogazione di farmaci in regime di distribuzione per conto, il potenziamento della vaccinazione antinfluenzale e l'avvio di una sperimentazione per fornire servizi a particolari categorie di pazienti. La distribuzione per conto è una modalità di dispensazione di farmaci da parte delle farmacie territoriali: le Asl acquistano direttamente i farmaci e anziché farli dispensare dalle farmacie ospedaliere possono farlo attraverso quelle territoriali. I pazienti che devono seguire specifiche cure, quindi, possono ritirare subito la prima confezione nella farmacia ospedaliera e le altre nelle normali farmacie. Per il 2016 l'attività di collaborazione fra le farmacie convenzionate e il servizio sanitario regionale sarà indirizzata principalmente alla vaccinazione antinfluenza. VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intesa su farmaci e vaccini 21/08/2016 Pag. 39 Ed. Roma diffusione:112565 tiratura:151086 Oltre 40 farmacie da gestire ma per anni bilanci in rosso Fa.Ro. Uno dei punti più dibattuti del piano di dismissione delle partecipate è sempre Farmacap, l'azienda che gestisce le 44 farmacie comunali di Roma e che per alcuni anni ha presentato bilanci in perdita. Ignazio Marino era per metterla in vendita - «il Comune non vende medicine», ripeteva il chirurgo - mentre con il commissario straordinario è stato avviato un piano economico-finanziario per raggiungere l'equilibrio gestionale, con l'obiettivo di trasformare l'azienda in società per azioni a maggioranza pubblica. Il Movimento 5 stelle, dal canto suo, si era espresso per la revoca della delibera della passata amministrazione, che ne prevedeva la messa in vendita. Toccherà ora a Virginia Raggi e all'assessore Marcello Minenna dire l'ultima parola sulla vicenda. Foto: Una farmacia di Farmacap VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Farmacap 21/08/2016 Pag. 41 Ed. Umbria diffusione:112565 tiratura:151086 L'IDEA A CASTELLO CITTÀ DI CASTELLO Utilizzare gli introiti del canone delle Farmacie tifernati per l'acquisto di medicinali a soggetti indigenti e per abbattere le barriere architettoniche negli edifici privati: la proposta viene dal consigliere comunale di Castello Cambia Vincenzo Bucci che in un'interrogazione scrive: «Farmacie Tifernati è una risorsa per la cittadinanza, che attraverso il comune, ne è anche proprietaria. Riteniamo positivo che non sia rientrata nel piano di dismissioni delle partecipate e i positivi i risultati economici, annunciati di recente dall'assessore, sono una conferma alla bontà di questa scelta». «Considerando lo statuto della società Farmacie Tifernati s.r.l., che autorizza iniziative sociali attinenti - aggiunge Bucci sarebbe doveroso che gli utili di questa partecipata vengano utilizzati a favore dei soggetti in difficoltà economiche, per il pagamento di specialità farmaceutiche non comprese nell'elenco del Servizio Sanitario Nazionale; in alternativa proponiamo che tali fondi vengano utilizzati per la concessione di contributi per eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati. Attualmente i privati in graduatoria sono 73 a fronte del finanziamento di appena tre interventi l'anno da parte della Regione dell'Umbria, che ha un fondo specifico ma limitato, con il rischio che si accumulino ritardi decennali e che il disagio di portatori di handicap e famiglie si prolunghi sine die». Un argomento che non mancherà di alimentare il dibattito in consiglio comunale. © RIPRODUZIONE RISERVATA VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dai proventi delle farmacie medicinali per gli indigenti 21/08/2016 Pag. 36 Ed. Venezia diffusione:55260 tiratura:72705 Acceca i ladri con la pila, fallisce il furto in farmacia Si è svegliato a causa del rumore e ha visto tre sconosciuti che stavano armeggiando su una delle inferriate posteriori della farmacia, situata a piano terra del palazzo nel quale risiede: senza perdere tempo ha preso una torcia e l'ha puntata contro i ladri che, vistisi scoperti, si sono dati alla fuga, temendo che di lì a poco potessero arrivare le forze dell'ordine. È grazie all'intervento di un residente "attento" che, l'altra notte, è fallito il "colpo" progettato ai danni della farmacia San Francesco, gestita dal dottor Giuseppe Zamboni al 181 di Fondamenta dei Tolentini, nei pressi di piazzale Roma. I malviventi sono entrati in azione verso le tre e mezza della notte scorsa, con ogni probabilità dopo aver pianificato il furto, che speravano fosse piuttosto facile visti l'ora tarda e il luogo alquanto defilato. Sarà anche per questa circostanza che non si sono cautelati a sufficienza sul fronte del chiasso. A ridestare l'inquilino infatti sono stati i colpi assestati con un piede di porco sulle sbarre di ferro installate a protezione dell'accesso che comunque ha retto all'assalto. La banda aveva appresso anche un cric e altri attrezzi che servivano per abbattere la griglia. Tutti gli arnesi da scasso sono stati abbandonati sul posto e sono stati sequestrati dagli agenti della Volante arrivati nel giro di poco. Non è escluso che l'analisi delle impronte digitali lasciate possa fornire qualche indizio utile a risalire all'identità dei componenti del terzetto che si sono dileguati col favore dell'oscurità. © riproduzione riservata VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AI TOLENTINI PROFESSIONI 2 articoli 21/08/2016 Pag. 23 diffusione:178409 tiratura:255376 il free climbing mi piace ma l'alpinismo è un'altra cosa N el 2020 ci sarà anche l'arrampicata sportiva ai Giochi olimpici di Tokyo. Mi fa piacere questa inclusione: forse aiuterà a fare chiarezza. Questo genere di arrampicata è appunto uno sport, con regole precise e competizioni: una bellissima attività, che piace ai giovani. Ma che quasi nulla ha a che fare con l'alpinismo, dove la competizione non può esistere. Proprio 30 anni fa si disse che avevo vinto la gara per la collezione di tutti i 14 Ottomila, ma né io né il polacco Jerzy Kukuczka - che la completò nel 1987, cioè meno di un anno dopo - avevamo salito le montagne più alte della Terra per arrivare primi. Ai dirigenti del Cio, che volevano darmi una medaglia d'oro, dissi subito che non l'avrei accettata. Nemmeno i «record di velocità» sulle montagne sono alpinismo vero. Si tratta di imprese fisiche ammirabili, ma realizzate, per forza di cose, sulla «pista», cioè lungo una traccia già fatta e preparata. L'avventura, che è componente fondamentale dell'alpinismo, è così ridotta ai minimi termini. E l'avventura non sopporta regole. Al punto che è assurdo parlare di doping sulle montagne. Sugli 8000, a esempio, la «pista» aiuta molto più di una qualunque medicina e perfino delle bombole con l'ossigeno. Tornando all'Olimpiade, non ho seguito le gare di Rio perché disamorato a causa della vicenda di Alex Schwazer. Troppe cose strane hanno caratterizzato la sua seconda positività a scoppio ritardato. Non posso avere certezza che il marciatore fosse effettivamente «pulito», ma mi sembra che la federazione internazionale di atletica non abbia usato regole uguali per tutti e con alcune scelte abbia colpito non solo l'atleta ma anche la persona. © RIPRODUZIONE RISERVATA PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato All'Olimpiade di Tokyo 2020 ci sarà l'arrampicata libera l'avventurosodi reinhold messner 21/08/2016 Pag. 33 diffusione:178409 tiratura:255376 «Così ho smascherato il doping della Russia» Il giornalista Seppelt della Ard ora vive sotto scorta: «Tutto cominciò nel 2011 da un farmaco che dava energia» «Aiutato dalle rivelazioni di Stepanova, ma il sistema di Mosca non è cambiato» GIANNI MERLO rio de janeiro hajo Seppelt, 53 anni, giornalista investigativo della rete Ard di Berlino ha scoperchiato l'inganno del doping in Russia e qui viaggia sotto scorta. «Ricevo ogni giorno minacce, insulti - dice - non è facile, solo perché ho fatto venire a galla la verità. Quella russa è l'ultima, ma ho seguito anche tante altre piste viziose e smascherato gli inganni». Hajo ha cominciato la professione da giovanissimo, a 16 anni, in una radio americana, quando Berlino era ancora divisa. Poi ha lavorato due anni con l'agenzia di stampa Dpa, per passare ad una piccola stazione radio-televisiva legata all'Ard a Berlino. Come è arrivato all'inchiesta sul doping? «Sono stato telecronista di nuoto. Ho cominciato a interessarmi del doping con i processi alla Germania Est. Così sono diventato l'esperto in materia. Sono stato in Spagna sulle orme del dottor Fuentes, perché cercavo informazioni su Jan Ulrich e ne è uscito un documentario importante. Dopo molte discussioni interne sono stato spostato a un apposito dipartimento indipendente per le inchieste sul doping e la corruzione». Ha sofferto per essere stato costretto a lasciare il posto di commentatore? «No, perché ho cominciato nel 2008 con una grande documentario sul doping in Cina. L'anno seguente ho continuato le inchieste dopo i Mondiali di atletica a Berlino. Ho parlato del doping in Nord Corea. Fino ad arrivare alla prima grande inchiesta in Kenya del 2012, che ha cominciato a svegliare anche l'opinione pubblica». Come è approdato all'affare Russia? «Nel 2011 era successo un fatto che, all'inizio, non mi era sembrato importante. Uno scienziato austriaco mi aveva detto che, durante un convegno internazionale non sportivo, un accademico russo aveva parlato di una sua scoperta che lo aveva portato a creare un farmaco che donava energia. Quando erano emersi i primi gravi dubbi sulla Russia, sono andato a Mosca a incontrarlo e lui mi disse che era pronto a procurarmi il prodotto per 100.000 dollari. Era interessato solo ai soldi. Era un principio simile a quello dell'ormone della crescita. Dopo quell'incontro sono venuto a contatto con altre persone che conoscevano la verità, fino a che sono arrivato a Yulia Stepanova e suo marito, che hanno reso note tutte le procedure del doping di Stato. A fine settembre verrà pubblicato il rapporto McLaren per intero, poi il Cio dovrà decidere come comportarsi per i Giochi Invernali di Pyeong Chang, dopo lo scandalo di Sochi. Per ora i segnali che arrivano da Mosca non sono ancora buoni. Non c'è vera voglia di cambiare». Qual è la sua opinione sul caso Schwazer? «Io non conosco il ragazzo, ma posso mettere la mano sul fuoco per quanto riguarda la pulizia di Donati. Il caso in sé era molto complicato. Il collegio giudicante del Tas, che conosco ed è molto serio, ha preso in grande considerazione le tesi della difesa di Schwazer. I punti come la mancanza di segretezza e le terrificanti registrazioni telefoniche erano importanti, ma è mancata la prova finale della possibile manipolazione. Per questo sono stati costretti ad applicare il regolamento. Forse l'avvocato altoatesino avrebbe fatto bene a non parlare di bistecche inquinate e altro, la prima volta. C'è un'analogia con il caso Baumann, campione olimpico dei 5000 nel 1992, che disse di essere risultato positivo perché qualcuno aveva inquinato il suo dentifricio. Dagli archivi della Stasi erano emersi dei protocolli in cui gli atleti assumevano anabolizzanti con il dentifricio, ma questo non bastò a scagionarlo. La Iaaf non gli ha mai creduto». PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato iL personaggio 21/08/2016 Pag. 33 diffusione:178409 tiratura:255376 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Hajo Seppelt, 53 anni, giornalista investigativo AFP Foto: Yulia Stepanova, 30, con il marito ha svelato il sistema AP PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016 17