Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno

Transcript

Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno
FEDERAZIONE ORDINI DEI
FARMACISTI
Rassegna Stampa del 21/08/2016
La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o
parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la
esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a
quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE
IN PRIMO PIANO
Il capitolo non contiene articoli
SANITÀ NAZIONALE
21/08/2016 La Repubblica - Nazionale
A che punto è Zika
4
21/08/2016 L'Espresso
Libero ovulo in libero Stato
6
21/08/2016 La Stampa - Nazionale
A Torino una donna ogni dieci partorisce tra le mura di casa
8
VITA IN FARMACIA
21/08/2016 La Stampa - Vercelli
Intesa su farmaci e vaccini
10
21/08/2016 Il Messaggero - Roma
Oltre 40 farmacie da gestire ma per anni bilanci in rosso
11
21/08/2016 Il Messaggero - Umbria
Dai proventi delle farmacie medicinali per gli indigenti
12
21/08/2016 Il Gazzettino - Venezia
Acceca i ladri con la pila, fallisce il furto in farmacia
13
PROFESSIONI
21/08/2016 La Gazzetta dello Sport - Nazionale
il free climbing mi piace ma l'alpinismo è un'altra cosa
15
21/08/2016 La Gazzetta dello Sport - Nazionale
«Così ho smascherato il doping della Russia»
16
PERSONAGGI
Il capitolo non contiene articoli
SANITÀ NAZIONALE
3 articoli
21/08/2016
Pag. 14
diffusione:226066
tiratura:334292
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'emergenza
A che punto è Zika
La corsa al vaccino va a rilento e il focolaio in Florida ha rilanciato l'allarme La diffusione frenata
dall'inverno brasiliano, ma si teme l'arrivo del caldo Casi di contagio in settanta paesi "L'epidemia durerà
ancora tre anni" E nelle zone più colpite l'Oms consiglia di non fare più figli fino al cessato pericolo
MICHELE BOCCI ELENA DUSI
IL VIRUS Zika corre e fa paura a mezzo mondo. Al momento non ci sono armi per fermarlo ed esiste solo
un modo per evitare i danni più gravi di cui è capace: non fare figli. «Considerate l'idea di rimandare la
gravidanza» ha consigliato a giugno l'Organizzazione mondiale della sanità. «Evitate di fare figli fino al
2018» si è spinto a indicare il governo di El Salvador, uno dei paesi colpiti dall'epidemia. È infatti ai bambini
in grembo che il virus crea i problemi maggiori, danneggiando il sistema nervoso.
Zika nel frattempo avanza.
Ha raggiunto 69 Paesi, soprattutto nell'America Latina, dove è arrivato nel 2015. Ha colpito per primo il
Brasile del nord-est, a febbraio dell'anno scorso, proveniente da quelle isole del Pacifico che aveva
conquistato una dopo l'altra dai primi anni 2000.
A portare nel popoloso paese sudamericano quella che una ricerca su Emerging Microbes and Infections
definisce «la tempesta perfetta» sono stati - secondo la rivista - i mondiali del 2014 o un cargo arrivato via
mare.
Un altro studio uscito su Nature Microbiology a fine luglio prevede che l'epidemia si esaurirà da sola
quando il virus avrà contagiato tutti, o quasi. Ma serviranno almeno 2-3 anni. Fino ad allora potrebbe
arrivare a toccare 93,4 milioni di persone, tra cui 1,6 milioni di donne incinte.
Poi non avrà più persone da colpire in quella parte del mondo, visto che quasi nessuno si ammala due
volte, e la curva dell'incidenza scenderà.
Nel Brasile delle Olimpiadi l'epidemia ha un po' frenato perché è inverno e circolano meno zanzare. Ma
l'arrivo del caldo e della stagione delle piogge fa temere una nuova accelerazione nei prossimi mesi. Lo
sottolineano i Cdc, i Centers for disease control degli Usa, da subito molto attenti alla diffusione di Zika,
anche perché prevedevano il suo arrivo negli Stati Uniti che poi c'è puntualmente stato come dimostra
quanto sta accadendo in questi giorni a Miami.
Nel loro report i Cdc hanno suggerito alle donne incinte di non andare a vedere i Giochi e di usare il
preservativo ogni volta che fanno sesso con una persona che è stata nelle aree dove è presente il virus.
Intanto perché si sa ormai da mesi che i danni maggiori Zika li fa al feto, soprattutto nei primi tre mesi di
gestazione, provocando una grave malformazione come la microcefalia.
In Brasile gli ultimi dati raccontano di oltre 1.700 casi di neonati con quella patologia e di tantissime donne
che hanno deciso di abortire. In più, ancora non si conoscono gli effetti a lungo termine della malattia sui
bambini partoriti da una madre infetta e sani alla nascita.
È stato provato che Zika si trasmette anche per via sessuale, proprio questo meccanismo è alla base di
molti dei casi avvenuti in alcuni Paesi, come gli Usa. E siccome il virus rimane nel liquido seminale anche
per sei mesi, è esposto al rischio di prendere la malattia chi fa sesso con un infetto anche dopo molto
tempo dal rientro da uno dei Paesi a rischio. Se tra queste persone c'è una donna che vuole avere un figlio,
c'è il rischio che si ammali e trasmetta la malattia al feto, con effetti potenzialmente gravissimi. Agli adulti,
ma anche ai bambini, il virus non provoca problemi importanti, solo febbre non alta e un po' di dolori per
alcuni giorni. Addirittura l'80% delle persone nemmeno si rende conto di aver preso la malattia. I problemi
arrivano quando a contagiarsi è chi aspetta un figlio.
E se per ora in Italia a rischiare di ammalarsi sono le persone che viaggiano in un'area coinvolta
dall'epidemia o che hanno rapporti sessuali con una persona infetta (una quarantina i casi registrati dal
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016
4
21/08/2016
Pag. 14
diffusione:226066
tiratura:334292
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Ministero della Salute finora), resta il pericolo che anche gli insetti nostrani imparino a inoculare il virus.
Finora infatti a trasportare Zika sono state le zanzare delle specie Aedes diffuse in Sudamerica. Ma il
nostro Istituto Superiore di Sanità include anche l'Aedes albopictus - o zanzara tigre - fra i potenziali vettori
del virus.
Fare lo slalom tra le zanzare cercando di non farsi pungere o evitare di fare figli non possono ovviamente
essere soluzioni di lungo periodo. Ecco perché, da quando il Brasile ha annunciato ufficialmente l'esistenza
dell'epidemia (maggio 2015) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato Zika «un'emergenza di
sanità pubblica internazionale» (il primo febbraio di quest'anno), sono subito iniziati i lavori per produrre un
vaccino.
Il bilancio dei primi mesi di sforzi contiene una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che i medicinali
allo studio sembrano funzionare molto bene nei test sugli animali: alcuni raggiungono un'efficacia
addirittura del 100% senza effetti collaterali di rilievo. La notizia cattiva è che, per quanto procedano
spedite, le ricerche per un nuovo vaccino richiedono sempre diversi anni.
Per i test sulla sicurezza le autorità sanitarie non prevedono infatti scorciatoie. I primi due prodotti sono
entrati adesso nella prima fase delle sperimentazioni umane. Un'altra manciata di farmaci (prodotti quasi
tutti negli Usa, in parte da aziende private, in parte da agenzie federali) partirà con i test in inverno. Il
vaccino, probabilmente, servirà solo per la prossima epidemia.
La zanzara vettore L'Aedes aegypti è il principale vettore di: Zika Dengue Chikungunya Febbre gialla
Aedes aegypti Striature bianche sulle zampe e sul dorso, dove compopngono un disegno a forma di lira È
presente in aree urbane con o senza vegetazione Dimensioni: 0,4 cm circa
L'epidemia in America
Come si trasmette la Zika SINTOMI febbre non molto alta dolori a muscoli e ar ticolazioni mal di testa
congiuntivite eruzioni cutanee 1 Una zanzara Aedes Aegypti punge una persona infetta 2 Quando ne
punge un'altra sana, le inietta il virus 3 La seconda persona si sposta dall'America latina in Europa 4 In
Europa la zanzara tigre punge la persona infetta appena sbarcata dall'aereo, divenendo vettore di Zika Poi
punge altre persone, infettandole passaggi del virus Brasile Paraguay Argentina Bolivia Ecuador Colombia
Costa Rica Venezuela Guiana Suriname Guiana francese Messico Guatemala Belize El Salvador
Honduras Haiti Cuba Repubblica Dominicana Por to Rico S. Mar tin Guadalupe Mar tinica Barbados
Panama 2013-2014 primi casi in Polinesia e nelle isole Cook feb. 2015 il virus arriva in Brasile nov. 2015
Colombia, Messico, Paraguay e altri gen. 2016 Bolivia, Rep.
Dominicana, Costa Rica feb. 2016 Ecuador, Giamaica, Haiti mag./lug. 2016 Argentina, Usa Microcefalia
infantile Misura normale della testa Le donne in gravidanza, se infettate con Zika, possono trasmettere il
virus al feto, che alla nascita può essere microcefalico Il rischio di malformazione è associato con l'aver
preso l'infezione nel primo trimestre
I PUNTI
IL PRIMO QUARTIERE Fino a pochi giorni fa i casi di Zika si erano registrati solo in una zona di Miami di
meno di un miglio quadrato, il quartiere di Wynwood
LA ZONA TURISTICA Adesso un focolaio del virus è esploso in una delle zone più turistiche della città,
Miami Beach, visitata in un anno da oltre 15 milioni di persone I MALATI NEGLI USA Negli Usa ci sono
stati 2.260 casi di Zika, quasi sempre di persone colpite dal virus all'estero. Gli unici casi di contagi avvenuti
nel Paese sono stati in Florida
epicentro.iss.it/argomenti/zika www.cdc.gov/zika PER SAPERNE DI PIÙ
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016
5
21/08/2016
Pag. 17 N.34 - 21 agosto 2016
diffusione:164819
tiratura:228905
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'antitaliano
Libero ovulo in libero Stato
La fecondazione eterologa in Italia è un diritto solo sulla carta. Bisogna renderlo reale con campagne di
sensibilizzazione e rimborsi
Roberto Saviano
MINIMIZZARE UN PROBLEMA non è la maniera migliore per trovare soluzioni. Ignorarlo nemmeno. Ma
leggere di accoltellamenti sui treni che non si ritiene siano attentati, mi fa pensare alla stagione dei pedoni
investiti in strada e degli abusi sui minori: episodi che sembrano salire di incidenza solo perché nell'arco di
un paio di mesi diventano le uniche notizie su cui si concentrano articoli, commenti, editoriali illustri,
trasmissio ni televisive. La conseguenza naturale di un'informazione orchestrata in questo modo è che
ormai ci portiamo appiccicata addosso, anche mentre dormiamo, la paura che ciò che leggiamo si possa
materializzare nelle nostre vite, come un fantasma che prenda, infine, sostanza. QUESTA VITA sospesa
tra quotidiana routine e paura impedisce in maniera quasi automatica di contemplare una sfera pubblica nel privato siamo tutti migliori, con i nostri difetti e i nostri slanci di generosità - che si apra con costanza al
dibattito costruttivo su ciò che nella vita sociale sia perfettibile o radicalmente riformabile. E quindi anche se
nel privato siamo migliori, scontiamo una frustrante mancanza di informazioni. Così, in questa cupa estate
di paura, colpisce leggere l'appello di Ilaria D'Amico che dalle colonne del "Corriere della Sera" invita a
donare maternità. Si parla di fecondazione eterologa, ovvero quella pratica necessaria per una coppia che
volesse avere un figlio nonostante sia affetta da sterilità. La storia della fecondazione eterologa in Italia si
ricollega a quanto scrivevo in questa stessa rubrica la scorsa settimana sulla ricerca scientifica che è anche
e so prattutto ricerca della felicità. Fino al 2004 era possibile accedere all'eterologa purché vi fosse
anonimato sui donatori e ovuli e spermatozoi non fossero ceduti dietro compenso. Poi fa la sua comparsa
la legge 40, un abominio che l'Associa zione Luca Coscioni (nella persona di Filomena Gallo) sta
contribuendo a smantellare punto per punto, per restituire al nostro Paese quella dignità in materia di
procreazione medicalmente assistita che una politica bigotta, reazionaria e soprattutto ipocrita prova
costantemente a sottrargli. SONO DUE anni ormai che la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di
fecondazione eterologa, eppure le donazioni di ovuli sono pochissime (una ventina), così come l'egg
sharing, ovvero la donazione di ovociti da parte di donne che hanno praticato la fecondazione assistita (un
centinaio). E anche gli uo mini sono restii a donare spermatozoi. Dunque, da un lato l'eterologa in Italia è
praticata a macchia di leopardo (spesso si ricorre al settore privato e diventa un investimento che in pochi
possono permettersi), dall'altro, dove viene effettuata, ovociti e spermatozoi sono prevalentemente
d'importazione. Ed ecco la consueta ipocrisia italiana:non si effettuano - se non per iniziativa di associazioni
che con il ministero della Sanità hanno rapporti di alterità e di forte contrasto - campagne di sensibiliz
zazione per invitare uomini e donne a donare spermatozoi e ovuli, ma si importano dall'estero. E se per gli
uomini è tutto relativamente più semplice, per le donne che devono sottoporsi a stimolazione ormonale e
poi al pick up, si potrebbe certo prevedere un rimborso spese che non sia un compenso, ma un modo per
risarcirle per essersi sottoposte per un mese, ogni giorno, a una somministrazione ormonale e poi, in
conclusione, a un intervento. LE DONNE CHE abbiano praticato la procreazione assistita sanno di cosa
parlo e sanno anche quanto sia assurdo non consentire di massimizzare gli effet ti della stimolazione
ormonale e del pick up informandole sulla possibilità di donare gli ovuli. Chi sa, magari si potrebbe pensare
di impiegare gli assistenti sociali che invitano le donne in procinto di abortire a ripensarci, anche per
informare, con la medesima solerzia, chi ha praticato la fivet a donare ovuli e spermatozoi, per non doverli
importare dall'estero. Dalla Spagna ad esempio, dove per la stimolazione ovarica è previsto un indennizzo
di mille euro, nulla rispetto all'iter che si affronta per la donazione e nulla in confronto alla felicità che le
donatrici mettono in circolo. Ecco dunque cosa ha significato la legge 40 in Italia, niente altro che questo:
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016
6
21/08/2016
Pag. 17 N.34 - 21 agosto 2016
diffusione:164819
tiratura:228905
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
porre limiti alla ricerca scientifica che nei paesi arretrati, ostaggio di politiche oscurantiste, coincide con la
più grande delle minacce, quella che si possa essere felici e magari smettere di avere paura.
www.lespresso.it
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016
7
21/08/2016
Pag. 38
diffusione:159940
tiratura:227480
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La scelta alternativa Lo studio del Comune
A Torino una donna ogni dieci partorisce tra le mura di casa
Il Sant'Anna: "È sicuro se prima si valutano i rischi"
CRISTINA INSALACO
Negli Anni 40 partorire in casa era una necessità. Era l'unico modo per dare alla luce un bebè e, spesso,
con non poche complicazioni sia per la mamma che per il bambino. E se nei decenni successivi il parto in
ospedale è diventato una sorta di conquista, un simbolo dell'evoluzione della società, oggi le donne torinesi
hanno voglia di recuperare quelle stesse emozioni antiche del parto in salotto, mentre il marito è in cucina a
preparare il the. I numeri in città sono altissimi: nel 2015 una torinese su 10 ha scelto di partorire in casa,
anziché in ospedale o in altre cliniche. Da uno studio che si basa sull'archivio anagrafico di Torino,
elaborato dall'ufficio pubblicazioni e analisi statistiche della città, l'anno scorso ci sono stati 623 parti a
domicilio di donne residenti in città. In questo numero sono inclusi anche i parti «strani», cioè i casi in cui
una donna non riesce a raggiungere in tempo l'ospedale e mette al mondo un bambino in taxi oppure per
strada. Una percentuale irrilevante. I nati in ospedale o in case di cura, sempre nello stesso periodo di
tempo, sono 6.386. Ci sono infine 66 nascite sconosciute, quelle dove nel certificato di nascita non è
specificato il luogo. L'analisi è stata fatta sulle 10 circoscrizioni, prima dell'accorpamento attuale. Quella in
cui l'anno scorso si sono registrate più nascite a casa è la Sette, in zona Vanchiglia, dove ce ne sono state
94. Il numero più basso è a Mirafiori Sud: 28, seguito dalla Circoscrizione 1(Centro) con 54 bimbi nati tra le
mura di casa, 57 nella Due (Santa Rita), 61 nella Sei (da Barriera di Milano a Falchera), e 72 nella Otto, a
San Salvario. E ancora 77 nella Tre, 55 nella Quattro, 64 nella Cinque, 61 nella Nove. Il fenomeno può
sembrare poco conosciuto, in realtà i numeri così alti di quest'anno sono in linea con quelli del 2014 e del
2011. Nel 2014 ci sono state a Torino 669 nascite in casa su 6630 in ospedale. Nel 2011 saliamo a 762 su
7276. La stessa proporzione di oggi. E se molte donne si sono lanciate in quest'esperienza che è senza
dubbio una scelta che va controcorrente, in molte sgraneranno gli occhi all ' i d e a d i av v i c i n a r s i a d
un'esperienza di questo tipo. Ma è sicuro un parto a domicilio? «Sì, se viene fatta una rigorosa selezione
del rischio spiega Tullia Todros, professoressa di ginecologia ed ostetricia all'Università di Torino e
direttrice della struttura complessa di ginecologia ed ostetricia universitaria 2 del Sant'Anna - e all'interno di
una efficiente organizzazione dei servizi». Per partorire nella propria camera da letto, infatti, vanno rispettati
alcuni parametri, e il parto deve essere rigorosamente fisiologico e spontaneo. È necessario che la mamma
e il feto siano sani, che lei non superi i 40 anni di età, non abbia avuto complicazioni per la nascita di altri
figli e non aspetti due gemelli. Per fare qualche esempio. Se nel corso della gravidanza qualcosa va storto,
il percorso a domicilio non prosegue. Al Sant'Anna, ad esempio, escono da questo percorso il 50% delle
madri prese in carico dall'ospedale.
L'archivio anagraf ico di Torino racconta che, lo scorso anno, più di seicento donne hanno deciso
di vivere la gioia della nascita senza lasciare le mura domestiche. Una scelta consapevole, che deve
in ogni caso sottostare alle regole che mettono al primo posto la sicurezza del neonato e della
stessa madre
I limiti n La scelta di partorire lontano da un'ospedale è preclusa alle donne che hanno già compiuto
quant'anni In questi casi il rischio che insorgano complicazioni è troppo alto n Il percorso è inibito anche alle
neomamme che aspettano dei gemelli o che in passato hanno già avuto problemi durante le precedenti
gravidanze
Foto: REPORTERS
Foto: L'identikit
Foto: Chi sceglie questa strada vuole recuperare quella familiarità che caratterizzava le nascite negli Anni
40
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/08/2016
8
VITA IN FARMACIA
4 articoli
21/08/2016
Pag. 41 Ed. Vercelli
diffusione:159940
tiratura:227480
Regione, Federfarma e Assofarm hanno sottoscritto un accordo triennale per il rinnovo dell'erogazione di
farmaci in regime di distribuzione per conto, il potenziamento della vaccinazione antinfluenzale e l'avvio di
una sperimentazione per fornire servizi a particolari categorie di pazienti. La distribuzione per conto è una
modalità di dispensazione di farmaci da parte delle farmacie territoriali: le Asl acquistano direttamente i
farmaci e anziché farli dispensare dalle farmacie ospedaliere possono farlo attraverso quelle territoriali. I
pazienti che devono seguire specifiche cure, quindi, possono ritirare subito la prima confezione nella
farmacia ospedaliera e le altre nelle normali farmacie. Per il 2016 l'attività di collaborazione fra le farmacie
convenzionate e il servizio sanitario regionale sarà indirizzata principalmente alla vaccinazione
antinfluenza.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016
10
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Intesa su farmaci e vaccini
21/08/2016
Pag. 39 Ed. Roma
diffusione:112565
tiratura:151086
Oltre 40 farmacie da gestire ma per anni bilanci in rosso
Fa.Ro.
Uno dei punti più dibattuti del piano di dismissione delle partecipate è sempre Farmacap, l'azienda che
gestisce le 44 farmacie comunali di Roma e che per alcuni anni ha presentato bilanci in perdita. Ignazio
Marino era per metterla in vendita - «il Comune non vende medicine», ripeteva il chirurgo - mentre con il
commissario straordinario è stato avviato un piano economico-finanziario per raggiungere l'equilibrio
gestionale, con l'obiettivo di trasformare l'azienda in società per azioni a maggioranza pubblica. Il
Movimento 5 stelle, dal canto suo, si era espresso per la revoca della delibera della passata
amministrazione, che ne prevedeva la messa in vendita. Toccherà ora a Virginia Raggi e all'assessore
Marcello Minenna dire l'ultima parola sulla vicenda.
Foto: Una farmacia di Farmacap
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016
11
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Farmacap
21/08/2016
Pag. 41 Ed. Umbria
diffusione:112565
tiratura:151086
L'IDEA A CASTELLO
CITTÀ DI CASTELLO Utilizzare gli introiti del canone delle Farmacie tifernati per l'acquisto di medicinali a
soggetti indigenti e per abbattere le barriere architettoniche negli edifici privati: la proposta viene dal
consigliere comunale di Castello Cambia Vincenzo Bucci che in un'interrogazione scrive: «Farmacie
Tifernati è una risorsa per la cittadinanza, che attraverso il comune, ne è anche proprietaria. Riteniamo
positivo che non sia rientrata nel piano di dismissioni delle partecipate e i positivi i risultati economici,
annunciati di recente dall'assessore, sono una conferma alla bontà di questa scelta». «Considerando lo
statuto della società Farmacie Tifernati s.r.l., che autorizza iniziative sociali attinenti - aggiunge Bucci sarebbe doveroso che gli utili di questa partecipata vengano utilizzati a favore dei soggetti in difficoltà
economiche, per il pagamento di specialità farmaceutiche non comprese nell'elenco del Servizio Sanitario
Nazionale; in alternativa proponiamo che tali fondi vengano utilizzati per la concessione di contributi per
eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati. Attualmente i privati in graduatoria sono 73 a fronte
del finanziamento di appena tre interventi l'anno da parte della Regione dell'Umbria, che ha un fondo
specifico ma limitato, con il rischio che si accumulino ritardi decennali e che il disagio di portatori di
handicap e famiglie si prolunghi sine die». Un argomento che non mancherà di alimentare il dibattito in
consiglio comunale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016
12
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Dai proventi delle farmacie medicinali per gli indigenti
21/08/2016
Pag. 36 Ed. Venezia
diffusione:55260
tiratura:72705
Acceca i ladri con la pila, fallisce il furto in farmacia
Si è svegliato a causa del rumore e ha visto tre sconosciuti che stavano armeggiando su una delle inferriate
posteriori della farmacia, situata a piano terra del palazzo nel quale risiede: senza perdere tempo ha preso
una torcia e l'ha puntata contro i ladri che, vistisi scoperti, si sono dati alla fuga, temendo che di lì a poco
potessero arrivare le forze dell'ordine.
È grazie all'intervento di un residente "attento" che, l'altra notte, è fallito il "colpo" progettato ai danni della
farmacia San Francesco, gestita dal dottor Giuseppe Zamboni al 181 di Fondamenta dei Tolentini, nei
pressi di piazzale Roma.
I malviventi sono entrati in azione verso le tre e mezza della notte scorsa, con ogni probabilità dopo aver
pianificato il furto, che speravano fosse piuttosto facile visti l'ora tarda e il luogo alquanto defilato. Sarà
anche per questa circostanza che non si sono cautelati a sufficienza sul fronte del chiasso. A ridestare
l'inquilino infatti sono stati i colpi assestati con un piede di porco sulle sbarre di ferro installate a protezione
dell'accesso che comunque ha retto all'assalto.
La banda aveva appresso anche un cric e altri attrezzi che servivano per abbattere la griglia. Tutti gli
arnesi da scasso sono stati abbandonati sul posto e sono stati sequestrati dagli agenti della Volante arrivati
nel giro di poco. Non è escluso che l'analisi delle impronte digitali lasciate possa fornire qualche indizio utile
a risalire all'identità dei componenti del terzetto che si sono dileguati col favore dell'oscurità.
© riproduzione riservata
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/08/2016
13
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
AI TOLENTINI
PROFESSIONI
2 articoli
21/08/2016
Pag. 23
diffusione:178409
tiratura:255376
il free climbing mi piace ma l'alpinismo è un'altra cosa
N
el 2020 ci sarà anche l'arrampicata sportiva ai Giochi olimpici di Tokyo. Mi fa piacere questa inclusione:
forse aiuterà a fare chiarezza. Questo genere di arrampicata è appunto uno sport, con regole precise e
competizioni: una bellissima attività, che piace ai giovani. Ma che quasi nulla ha a che fare con l'alpinismo,
dove la competizione non può esistere. Proprio 30 anni fa si disse che avevo vinto la gara per la collezione
di tutti i 14 Ottomila, ma né io né il polacco Jerzy Kukuczka - che la completò nel 1987, cioè meno di un
anno dopo - avevamo salito le montagne più alte della Terra per arrivare primi. Ai dirigenti del Cio, che
volevano darmi una medaglia d'oro, dissi subito che non l'avrei accettata. Nemmeno i «record di velocità»
sulle montagne sono alpinismo vero. Si tratta di imprese fisiche ammirabili, ma realizzate, per forza di cose,
sulla «pista», cioè lungo una traccia già fatta e preparata. L'avventura, che è componente fondamentale
dell'alpinismo, è così ridotta ai minimi termini. E l'avventura non sopporta regole. Al punto che è assurdo
parlare di doping sulle montagne. Sugli 8000, a esempio, la «pista» aiuta molto più di una qualunque
medicina e perfino delle bombole con l'ossigeno.
Tornando all'Olimpiade, non ho seguito le gare di Rio perché disamorato a causa della vicenda di Alex
Schwazer. Troppe cose strane hanno caratterizzato la sua seconda positività a scoppio ritardato. Non
posso avere certezza che il marciatore fosse effettivamente «pulito», ma mi sembra che la federazione
internazionale di atletica non abbia usato regole uguali per tutti e con alcune scelte abbia colpito non solo
l'atleta ma anche la persona.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016
15
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
All'Olimpiade di Tokyo 2020 ci sarà l'arrampicata libera l'avventurosodi reinhold messner
21/08/2016
Pag. 33
diffusione:178409
tiratura:255376
«Così ho smascherato il doping della Russia»
Il giornalista Seppelt della Ard ora vive sotto scorta: «Tutto cominciò nel 2011 da un farmaco che dava
energia» «Aiutato dalle rivelazioni di Stepanova, ma il sistema di Mosca non è cambiato»
GIANNI MERLO
rio de janeiro
hajo Seppelt, 53 anni, giornalista investigativo della rete Ard di Berlino ha scoperchiato l'inganno del doping
in Russia e qui viaggia sotto scorta. «Ricevo ogni giorno minacce, insulti - dice - non è facile, solo perché
ho fatto venire a galla la verità. Quella russa è l'ultima, ma ho seguito anche tante altre piste viziose e
smascherato gli inganni». Hajo ha cominciato la professione da giovanissimo, a 16 anni, in una radio
americana, quando Berlino era ancora divisa. Poi ha lavorato due anni con l'agenzia di stampa Dpa, per
passare ad una piccola stazione radio-televisiva legata all'Ard a Berlino.
Come è arrivato all'inchiesta sul doping?
«Sono stato telecronista di nuoto. Ho cominciato a interessarmi del doping con i processi alla Germania
Est. Così sono diventato l'esperto in materia. Sono stato in Spagna sulle orme del dottor Fuentes, perché
cercavo informazioni su Jan Ulrich e ne è uscito un documentario importante. Dopo molte discussioni
interne sono stato spostato a un apposito dipartimento indipendente per le inchieste sul doping e la
corruzione».
Ha sofferto per essere stato costretto a lasciare il posto di commentatore?
«No, perché ho cominciato nel 2008 con una grande documentario sul doping in Cina. L'anno seguente ho
continuato le inchieste dopo i Mondiali di atletica a Berlino. Ho parlato del doping in Nord Corea. Fino ad
arrivare alla prima grande inchiesta in Kenya del 2012, che ha cominciato a svegliare anche l'opinione
pubblica».
Come è approdato all'affare Russia?
«Nel 2011 era successo un fatto che, all'inizio, non mi era sembrato importante. Uno scienziato austriaco
mi aveva detto che, durante un convegno internazionale non sportivo, un accademico russo aveva parlato
di una sua scoperta che lo aveva portato a creare un farmaco che donava energia. Quando erano emersi i
primi gravi dubbi sulla Russia, sono andato a Mosca a incontrarlo e lui mi disse che era pronto a procurarmi
il prodotto per 100.000 dollari. Era interessato solo ai soldi. Era un principio simile a quello dell'ormone
della crescita. Dopo quell'incontro sono venuto a contatto con altre persone che conoscevano la verità, fino
a che sono arrivato a Yulia Stepanova e suo marito, che hanno reso note tutte le procedure del doping di
Stato. A fine settembre verrà pubblicato il rapporto McLaren per intero, poi il Cio dovrà decidere come
comportarsi per i Giochi Invernali di Pyeong Chang, dopo lo scandalo di Sochi. Per ora i segnali che
arrivano da Mosca non sono ancora buoni. Non c'è vera voglia di cambiare».
Qual è la sua opinione sul caso Schwazer?
«Io non conosco il ragazzo, ma posso mettere la mano sul fuoco per quanto riguarda la pulizia di Donati. Il
caso in sé era molto complicato. Il collegio giudicante del Tas, che conosco ed è molto serio, ha preso in
grande considerazione le tesi della difesa di Schwazer. I punti come la mancanza di segretezza e le
terrificanti registrazioni telefoniche erano importanti, ma è mancata la prova finale della possibile
manipolazione. Per questo sono stati costretti ad applicare il regolamento. Forse l'avvocato altoatesino
avrebbe fatto bene a non parlare di bistecche inquinate e altro, la prima volta. C'è un'analogia con il caso
Baumann, campione olimpico dei 5000 nel 1992, che disse di essere risultato positivo perché qualcuno
aveva inquinato il suo dentifricio. Dagli archivi della Stasi erano emersi dei protocolli in cui gli atleti
assumevano anabolizzanti con il dentifricio, ma questo non bastò a scagionarlo. La Iaaf non gli ha mai
creduto».
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016
16
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
iL personaggio
21/08/2016
Pag. 33
diffusione:178409
tiratura:255376
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto:
Hajo Seppelt, 53 anni, giornalista investigativo AFP
Foto:
Yulia Stepanova, 30, con il marito ha svelato il sistema AP
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/08/2016
17