Fuci e Concilio Vaticano II - Esperienze anticipatrici
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Fuci e Concilio Vaticano II - Esperienze anticipatrici
Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 In Fuci, alcune esperienze anticipatrici del Concilio A cura di Giacomo Ghedini L’ermeneutica del post ed intra-Concilio è di fondamentale importanza per comprendere, come Chiesa, chi siamo e chi vogliamo diventare. Eppure, il Concilio Vaticano II, prima ancora che un insieme di documenti o uno “spirito”, fu anzitutto un evento: non nacque dal nulla e per comprenderlo appieno andrebbe maggiormente situato nel suo contesto storico. Si è spesso insistito, anche giustamente, sulla sorprendente iniziativa che ebbe san Giovanni XXIII nel convocarlo. Tuttavia, il Concilio fu lungamente preparato. Quando il Papa l’annunciò al mondo, esso già da anni viveva, in nuce, nelle iniziative di un certo numero di “realtà ecclesiali” e nel pensiero di alcuni teologi. Non che si trattasse di un pensiero unitario e compiuto, ma erano in molti che già sotto i precedenti pontificati avevano cominciato ad avviare alcune pratiche, o a sviluppare alcune teorie, in qualche modo innovative per l’epoca e che poi il Concilio avrebbe fatto proprie. La mozione Purpura “Le radici del Concilio nel primo Novecento”, proposta dal gruppo di Padova al Congresso fucino di Catania 2015, nasce proprio da questa curiosità intellettuale: approfondire le origini del Concilio per poterlo così meglio comprendere e vivere nel presente. Una sfida che, come Commissione Teologica, abbiamo deciso di “fare nostra”… In senso letterale, perché la storia conciliare (pre, intra, post) ha molto a che spartire con la storia fucina, ed è una storia che oggi più che mai merita di essere raccontata. Quando si parla di anticipatori del Concilio, si fa per lo più riferimento a quei grandi pensatori che hanno scritto la teologia e l’ecclesiologia del Novecento: Congar, De Lubac, Daniélou, Von Balthasar, Ratzinger, Guardini, Maritain, Rahner, Mazzolari, Dossetti… Eppure, si sa, molto spesso i grandi mutamenti non possono diventare tali se rimangono proprietà esclusiva degli intellettuali. Necessitano di una fruizione, più o meno diffusa e cosciente, popolare. Non stupisce, dunque, che molte delle grandi novità conciliari (le quali restano tali anche se inserite nella continuità della Tradizione), dal rinnovamento liturgico all’apostolato dei laici passando per l’apertura ecumenica e lo sviluppo degli studi biblici, furono anticipate dal vissuto di alcune realtà ecclesiali. Tra queste, in Italia, spicca la Fuci. La Fuci del dopoguerra usciva dalle persecuzioni fasciste più forte che mai grazie a figure del calibro del Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 beato Montini, che ne fu assistente centrale dal 1925 al 1933, ed era un movimento in piena espansione. Vi si formavano generazioni di uomini (e donne!) che avrebbero fatto la storia ecclesiale, accademica e politica dell’Italia; circolavano nuove idee ed esperienze. I giovani universitari della Fuci di quegli anni, rischiando più volte di scontrarsi con il conservatorismo di alcuni dirigenti dell’Azione Cattolica dell’epoca, con l’ausilio di alcuni assistenti ecclesiastici d’indubbio valore, si affacciarono agli anni Cinquanta non privi di ottimismo e desiderio di rinnovamento. Già negli anni che videro Montini come assistente centrale, la Fuci cominciò a frequentare il monastero di Camaldoli, rinomato per la sua attenzione alla centralità liturgica, tipicamente benedettina. Nella concezione del futuro Paolo VI, la partecipazione cosciente alla preghiera liturgica era “l’arteria centrale” che avrebbe “dato alla Chiesa più profonda e genuina coscienza di sé”. Una posizione che sempre più i fucini avrebbero fatto propria e che superava la passività delle devozioni tradizionali (Rosario, Via Crucis, Sacro Cuore) aprendosi ad una nuova forma di partecipazione liturgica (si veda la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium). Sempre negli anni della guerra, tra i fucini era maturato un forte senso della laicità, dell’impegno nella politica (già a partire dall’antifascismo militante), nel lavoro e nell’apostolato laicale. Un senso del religioso che smette di contrapporsi al secolare ed invece lo anima. Questo non deve stupire: la Fuci, come altri movimenti ecclesiali d’ambiente nati per dare una risposta ortodossa alle sfide della modernità, matura ben presto la consapevolezza di non potersi approcciare al mondo profano se non mettendo in discussione anche il modo di essere della Chiesa. Una tensione edificante si crea in questo genere di movimenti dall’identità bidirezionale. Alla Fuci, sorta per rivivificare il rapporto tra Chiesa e cultura e per legare fede e vita universitaria, l’essere cattolico interrogava l’essere universitario e viceversa, ed ecco perché essa ebbe, nel suo piccolo, una funzione pilota ed anticipatrice nei confronti della sostanziale identificazione tra Chiesa e mondo teorizzata dalla Costituzione conciliare Gaudium et Spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. Pur essendo un movimento italiano, la Fuci dell’epoca già viveva entro logiche universali. Aderiva ad esempio al movimento internazionale Pax Romana (dalle cui fila vennero alcuni degli uditori laici presenti al Concilio), e dovette molto, nello sviluppo di un proprio senso della laicità più maturo, all’influenza che ebbe in ambienti fucini il pensiero di Jacques Maritain (autore di Humanisme intégral e fautore di un deciso avvicinamento tra cattolicesimo e democrazia) e di Emmanuel Mounier, con lui padre del personalismo cristiano. Della valorizzazione della missione del laico nel mondo e nella Chiesa il Concilio si sarebbe Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 occupato specificatamente nella Dichiarazione Apostolicam Actuositatem. Nel campo del dialogo ecumenico pre-conciliare, nonostante la mancanza di precedenti e la composizione religiosa italiana pressoché interamente composta di cattolici, vi furono alcuni passi avanti ai quali singoli gruppi o personalità fucine non furono estranee. Si pensi, ad esempio, alle vicende personali di attenzione all’ecumenismo vissute già a partire dagli anni pre/intra-conciliari da un ex-fucino come il fondatore della Comunità monastica ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, o a quelle del compianto vescovo di Livorno e grande personalità del dialogo ecumenico, monsignor Alberto Ablondi, formatosi in Fuci del cui gruppo di Sanremo fu anche assistente. Piccoli segni di un’attenzione che sarebbe sfociata al Concilio in particolare nella redazione del Decreto Unitatis Redintegratio. Infine, fu soprattutto nel movimento per lo sviluppo della lettura della Bibbia anche tra i laici che il contributo fucino ebbe una valenza storica. Nei vari gruppi pre-conciliari si leggeva la Bibbia. In italiano, fuori da Messa. Non solo, la si studiava e approfondiva grazie all’aiuto di emergenti biblisti. Di più ancora, la si commentava a gruppetti rapportandola al vissuto della propria quotidianità, interrogandola anche criticamente. Insomma, una vera e propria “rivoluzione” popolare dal basso, partita da alcuni gruppi e che poi divenne pratica nazionale grazie alla prima Settimana Biblica (poi “Teologica”) estiva per laici di Camaldoli, in data 1957. Un nuovo approccio alla Parola, che poi il Concilio avrebbe esaltato e fatto proprio nella Costituzione Dei Verbum. Molti furono, durante il Concilio, i vescovi ed i periti italiani che si erano formati in Fuci e che vi operarono in prima persona. Ancor di più furono le persone, conosciute e non, formatesi in Fuci e che del Concilio seppero accogliere e vivificare lo spirito e il messaggio, portando avanti un testimone che, di generazione in generazione, è giunto fino a noi, fucini, universitari e cristiani del nuovo millennio. Ecco perché, come Commissione Teologica, abbiamo voluto dedicare, in conformità ai desideri espressi dall’assemblea federale di Catania 2015, un approfondimento a questo pezzo della nostra storia ecclesiale e fucina, nella speranza che possa risultare gradito ed utile. Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 Potrà forse aiutare, per rivivere almeno un po’ il fermento degli anni immediatamente precedenti il Concilio, il seguente resoconto liberamente tratto da due interviste che ho fatto a tre ex-fucini d’eccezione: monsignor Luigi Bettazzi e i coniugi Luisa e Paolo Benciolini. 11/02/2016 Incontro monsignor Bettazzi insieme al gruppo Fuci di Padova, in occasione della presentazione del suo ultimo libro Oscar Romero beato: martire della speranza, presso il Centro Universitario padovano. Lì, dopo una bella conferenza molto partecipata, il monsignore si ferma a cena con noi. Nell’attesa dell’arrivo delle pizze, ci appartiamo nella stanza accanto ed accendo il registratore del telefono. L’emozione di intervistare monsignor Bettazzi è grande: è un uomo anziano di ben 93 anni, spiritoso e buono, ma dietro i suoi occhi luminosi si cela il temperamento di una persona conosciuta per le sue vicende in Italia “e in tutto il mondo!”, come ebbe a dire una volta Papa Giovanni Paolo II, nel rimproverarlo bonariamente in seguito al noto carteggio avvenuto tra il monsignore e il leader del PCI Enrico Berlinguer. Classe 1923, è l’ultimo vescovo italiano ancora in vita che partecipò attivamente al Concilio Vaticano II, come ausiliare del cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, uno dei moderatori del Concilio. Luigi Bettazzi è stato vescovo di Ivrea; presidente di Pax Christi nazionale ed internazionale; vincitore di un Premio Unesco per l’Educazione alla Pace; tra gli amici più intimi di don Tonino Bello, con cui condivise l’esperienza della Marcia per la Pace di Sarajevo e che gli morì tra le braccia; esponente di quella minoranza interna alla Cei spesso critica nei confronti della linea del cardinal Ruini sui “valori non negoziabili”; e molto altro ancora. Ma prima di tutto ciò, è stato assistente del gruppo Fuci di Bologna e in seguito vice-assistente centrale per il ramo femminile. Un’esperienza che gli chiedo di rivivere con noi, alla luce del Concilio: Mons. Luigi Bettazzi: La Fuci mi ha dato molto. All’interno di una Chiesa ancora chiusa, essa cominciava a portare i primi semi di un’apertura. Chi mi ha insegnato il valore della laicità, in senso positivo, è stato prima lo studio della filosofia e poi la Fuci! Questo perché dovendo essere portatori di valori cristiani all’interno di un’Università laica si cercava di viverli in modo tale da esserne testimoni credibili. Leggevamo la Parola di Dio, con i gruppi di Vangelo, ed altre innovazioni importanti le praticavamo nella liturgia. All’interno dell’Azione Cattolica, che era ancora un po’ in stile antico, eravamo un elemento di fermento nell’educazione alla responsabilità personale. I rami della dirigenza dell’Azione Cattolica avevano una loro linea, tanto è vero che fecero fuori Carlo Carretto, e la Fuci che la pensava come quest’ultimo era guardata con sospetto nell’AC. Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 La nostra era una formazione personalista e comunitaria, non è un caso che tanti grandi uomini politici del dopoguerra siano stati formati nella Fuci. Il nostro grande assistente centrale era monsignor Costa. Prima del Concilio era stato abbastanza marginalizzato per le sue posizioni. Poi, fu preso come consigliere da Montini appena questi divenne Papa: sentiva che poteva essergli utile proprio per il senso della laicità che questi aveva sviluppato anche alla Fuci. E ciò che ti racconto vale anche nel piccolo, ad esempio nella mia realtà di Bologna, quando ero assistente del gruppo Fuci, facemmo un accordo per le elezioni universitarie con un gruppo di sinistra, per poter rinnovare il parlamento universitario che allora era in mano ai goliardi, e ricevemmo però grossi rimproveri dal vescovo Lercaro [lo stesso vescovo che poi scelse Bettazzi come suo ausiliare e fu tra i più riformatori nel Concilio]. Al Concilio ce n’erano di vescovi formatisi nella Fuci. Esteriormente non si vedeva, magari, ma poi... 12/02/2016 Luisa Malesani e Paolo Benciolini sono sposati da oltre cinquant’anni. Lui è l’attuale presidente del Meic di Padova e già professore di medicina legale dell’Ateneo patavino, lei è psicologa e psicoterapeuta (ancora in attività, come ci tiene a rimarcare) in un Consultorio famigliare. Insieme, sono attivi pubblicisti in svariate riviste e occasionalmente nel settimanale diocesano. Da giovani, tra le altre cose, sono stati i due Incaricati regionali del Veneto della Fuci, dove si sono conosciuti ed innamorati, nel triennio 1957-1960. In quegli anni, Luisa partecipò anche ad una storica udienza concessa da Papa Giovanni XXIII alla Fuci. Mi accolgono nel salottino del loro Consultorio famigliare: un’esperienza di lavoro ed impegno della quale vanno molto fieri e che mi dicono essere stata loro ispirata proprio dalla laicità ed intraprendenza che respirarono in Fuci… Luisa Malesani in Benciolini: Sono nata a Venezia nel 1936, con una formazione principalmente in Azione Cattolica ma non solo, e cresciuta in una famiglia molto dinamica ed aperta. Arrivai in una città come Vicenza, in un contesto da “balena bianca” dove si era praticamente tutti cattolici, e però vi era un grande fermento dialettico interno. Cominciai la Fuci nel 1955, già conoscevo alcuni fucini amici dei miei fratelli più grandi, eravamo in tanti ed allegri. Una cinquantina per ogni gruppo, ed io e Paolo, che sarebbe divenuto mio marito, divenimmo incaricati regionali nel 1957. Studiai legge, all’Università, anche se poi sono divenuta psicologa. La Fuci femminile, a Vicenza, aveva due assistenti, molto bravi ed aperti. Facevamo le riunioni attorno a Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 temi di attualità o universitari e poi come formazione religiosa leggevamo la Bibbia, ad esempio una lettera di san Paolo, con il nostro assistente. Una vera novità, per molti secoli non era stato permesso. Ciò ci ha formati con una mentalità molto critica, anche verso le rigidità storiche della Chiesa: condannare, proibire, fare della moralità delle persone solo una moralità sessuale imposta… Alla Fuci invece siamo cresciuti aperti (anche grazie alle lezioni dei grandi intellettuali che venivano a parlarci come La Pira o Dossetti), per essere nel mondo e provare a santificarlo anche attraverso il nostro lavoro ed intelletto e non più solo come se ci fossero dei principi cui aderire acriticamente, pena la scomunica. All’epoca, infatti, la Chiesa era tutta una condanna, e voi che siete cresciuti nel contesto conciliare, anche se il Concilio non è stato ancora del tutto ben compreso, neanche ve lo sognate cosa voleva dire! Paolo Benciolini: Sono nato nel 1935 a Venezia, cresciuto a Cremona con una formazione in Azione Cattolica. Ho iniziato la Fuci a Verona nel 1953, divenni presidente di gruppo e poi nel 1957 incaricato regionale. Mi ci impegnai, una scelta coerente con la vocazione universitaria. Studiai medicina. All’epoca, associavamo l’impegno in Fuci all’impegno politico universitario ed io divenni il terzo tribuno eletto democraticamente dell’Ateneo di Padova: prima i tribuni erano “eletti a botte” tra i goliardi e non democraticamente. Quando fui eletto, nel 1958, votò oltre il 40% dei 10.000 studenti di allora! Mi collego al discorso di mia moglie per parlare del senso della laicità. All’epoca, i giovani cattolici universitari si presentavano sotto la formula dell’ “Intesa”, composta dall’unione di Fuci, Azione Cattolica, associazioni mariane e giovani democristiani. Noi la cancellammo in favore di “Intesa Democratica”, dove noi rappresentanti eravamo eletti dalla base universitaria, e non raccomandati, e garantivamo la laicità del gruppo. Questo senso della laicità era importante, ricordo che, quando formammo l’“Intesa democratica” e decidemmo di togliere la Messa dall’inizio delle assemblee, ci chiesero perché lo facevamo, visto che eravamo cattolici. Rispondemmo che il nostro partito universitario era una cosa politica, e quindi voleva essere laico, aperto a tutti: non poteva certo cominciare con la Messa! La lezione della laicità ce la portiamo dietro ancora oggi. Luisa: La vera svolta, ciò che più ci parlò di Concilio, fu quando (grazie ai bravissimi assistenti nazionali dell’epoca tra cui anche monsignor Bettazzi, che era vice-assistente centrale femminile) si propose una settimana di studi biblici a livello nazionale. Fu così che la Fuci, prima in Italia, nel 1957 aprì una settimana estiva di studi biblici per giovani laici, a Camaldoli, che fu guidata dal teologo francese padre Lyonnet [biblista di fama mondiale, tra i più innovativi dell’epoca]. Si andava già a Camaldoli, all’epoca, e si sentiva Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 già commentare la Bibbia dai camaldolesi, ma mai prima c’era stata un’intera settimana biblica per laici! L’aver fatto otto giorni insieme a Camaldoli, durante l’estate, tutti noi fucini che finalmente leggevamo la Bibbia, ne parlavamo a gruppetti, la potevamo ascoltare e criticare… è stato un momento incredibile di autoconsapevolezza di essere Chiesa, una Chiesa che pensa! Una grande esperienza della Fuci. Ed eravamo tantissimi… L’anno dopo si ripeté l’esperienza, ma con ben due settimane, e le iscrizioni erano ancora più numerose, giovani da tutta Italia! Io ero entusiasta… Paolo: …tanto che in seguito, come regalo di laurea, chiedesti di poter partecipare ad entrambe le settimane, ricordi? [risata dei due] Quell’anno [nel 1957] eravamo una ventina che venivamo solo dal “piccolo” gruppo di Verona. Il cenobio di Camaldoli era pieno di noi fucini, in sei per stanza! Si dormiva anche nelle tende, e qualcuno che non rientrava in tempo per la chiusura porte, anche fuori…come mi capitò una sera! [risate della moglie] …Ma insomma… Fu un tale successo che, come ha detto Luisa, poi venne ripetuto anche gli anni seguenti. Si crearono amicizie che durano tuttora. Chiedo loro quale fosse stata l’eredità che credono la Fuci di quegli anni abbia trasmesso a loro personalmente e alla Chiesa del Concilio e del post-Concilio. Luisa: Imparammo a vivere la fede nel quotidiano della famiglia. Dall’esperienza in Fuci nacque l'ispirazione per impegnaci entrambi, subito dopo il nostro matrimonio (1963), nel Consultorio Familiare (che era stato fondato nel 1957), accentuandone le caratteristiche di laicità… e vi siamo ancora impegnati, io come psicoterapeuta e Paolo come medico e direttore! Ancora oggi, poi, se io penso qualcosa che magari è in parte contrario a quello che ora come ora afferma la Chiesa… beh, io parlo lo stesso! Ad esempio, sugli eccessi di una morale cattolica, che sui temi della sessualità ha ampiamente fatto il suo tempo, nel suo esser ancora contro l’uso dei contraccettivi, contro le unioni omosessuali… Nella nostra vicenda famigliare, di lavoro e d’impegno associativo, noi abbiamo scelto la laicità. Un principio al quale ci preparò la Fuci e che poi ritrovammo al Concilio. La capacità critica di incontrare le nuove realtà e di discernere le scelte fondamentali della vita: è stato un rendersi Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 conto progressivo del dono fattoci da Dio della libertà. Una grande possibilità per noi e per la Chiesa di vivere nel mondo. Il Concilio fu un momento di grande entusiasmo. Io credo che molti vescovi e teologi partecipanti al Concilio, Papa Paolo VI compreso, beneficiarono molto della formazione personalistica, comunitaria, critica che coltivarono con noi alla Fuci. Un esempio su tutti: mons. Agostino Ferrari Toniolo, assistente Fuci di Venezia e poi vice-nazionale, che contribuì alla preparazione di alcuni documenti ecclesiali fondamentali (in particolare l'enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII) e poi aprì le Settimane Sociali dei cattolici. E come lui tanti altri sacerdoti e laici che passammo per la Fuci prima del Concilio e ci adoperammo per attuarlo. La Fuci di quegli anni ci ha dato moltissimo, moltissimo! Paolo: Finimmo la Fuci appena prima del Concilio (nel ’60 io e nel ’61 lei), ed iniziammo insieme i Laureati Cattolici [oggi Meic] a Padova già prima di sposarci (nel ’63). Ci seguiva padre Pelagio Visentin, dei benedettini di Praglia, che nel frattempo assisteva per la liturgia il cardinal Lercaro. E poi c’era il teologo monsignor Sartori, addetto dell’ufficio stampa vaticano durante il Concilio. Loro e altri ci raccontavano passo passo il Concilio, di prima mano, e ad ascoltarli ed interagendo con loro anche noi ci sentivamo una Chiesa viva ed in fermento. Al riguardo, penso che non si debba sottovalutare come i fucini e gli ex fucini abbiano contribuito alla formazione e alla sensibilità pastorale di tanti sacerdoti con i quali hanno condiviso quegli anni e quelle esperienze di chiesa. Ad esempio noi, dopo la Fuci, creammo un gruppo di spiritualità per coppie. Il nostro assistente, monsignor Battisti, che poi sarebbe divenuto il grande vescovo di Udine che affrontò il terribile terremoto, ci aveva prospettato un progetto dottrinale molto teorico ed astratto sul sacramento del matrimonio… Ma subito noi gli dicemmo: “non è mica questo ciò di cui vogliamo parlare! Noi vogliamo leggere la Bibbia e confrontare la Parola di Dio con la nostra vita e i problemi quotidiani dell'essere sposi e genitori!”. Volevamo provare a comprendere il significato della spiritualità che caratterizza la concretezza del nostro vivere nel mondo da credenti… Insomma, lo sconvolgemmo un po’, ma poi crescemmo molto, assieme! Luisa ed io abbiamo trovato nel Concilio la conferma di tutti quei valori e scelte che avevamo maturato alla Fuci e che ancora ci accompagnano fino ad oggi. Sono valori e scelte che si sono rinnovati e attualizzati nel corso degli anni, che sentiamo oggi particolarmente condivisi dalla comunità ecclesiale in questa stagione che si è aperta con l'arrivo di Papa Francesco. Commissioni Nazionale di Studio Commissione Teologica 2015/2016 Bibliografia Testi ALBERIGO Giuseppe, Breve storia del concilio Vaticano II (1959-1965), Bologna, Edizioni Il Mulino, 2005. BETTAZZI Luigi, Viva il Papa, viva il popolo di Dio. Cicaleccio sul Concilio Vaticano II, Bologna, EDB, 2013. CHENAUX Philippe, Il Concilio Vaticano II, Roma, Carocci Editore, 2012. DE MATTEI Roberto, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Torino, Lindau, 2010. MORO Renato, La formazione della classe dirigente cattolica (1929-1937), Bologna, Il Mulino, 1979. Tutti i Documenti del Concilio, Milano, Editrice Massimo, sedicesima edizione 1990. TONINI Giorgio, La mediazione culturale: l’idea, le fonti, il dibattito, Roma, Ave, 1985. Siti *Tutti i siti citati sono stati consultati in ultima data il giorno 25/02/2016. GALLONI Marco, Comunità di Bose: Enzo Bianchi e il Libro blu della preghiera ecumenica, “http://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.fr/2016/02/comunita-di-bose-enzo-bianchi-e-il.html”, 02/02/2016. FUCI, Paolo VI e la Fuci: La testimonianza di Giovanni Battista Montini nell’università e nella cultura contemporanea, “http://fuci.net/paolovi/”. L’OSSERVATORE ROMANO, Un vescovo pioniere del dialogo fra i cristiani: Monsignor Alberto Ablondi e l'ecumenismo, “http://www.osservatoreromano.va/it/news/un-vescovo-pioniere-del-dialogo-fra-i- cristiani”, 24/08/2010. Interviste BENCIOLINI Paolo e BENCIOLINI MALESANI Luisa: intervista realizzata da Giacomo Ghedini, Intervista ai coniugi Benciolini, Padova, 12/02/2016. BETTAZZI Luigi: intervista realizzata da Giacomo Ghedini, Intervista a Mons. Bettazzi, Padova, 11/02/2016. BETTAZZI Luigi: intervista realizzata dalla Fuci, La Fuci intervista Mons. Bettazzi, “https://www.youtube.com/watch?v=V5ZxzUH1QTo”, 09/09/2012. Documentari MELLONI Alberto, BIZZARRI Luigi (a cura di), Il Concilio. Storia del Vaticano II, Roma, Edizioni RAI ERI, 2009.