A norma di Legge - Studio Legale Notaro E Associati

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A norma di Legge
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La parola all’avvocato Intervento su tema di stringente attualità
La «guida in stato di ebbrezza»
(ces) L’art. 186 del Codice della
Strada punisce la guida in stato di ebbrezza, cioè sotto l’influenza dell’alcool.
Per comprende appieno la fattispecie, occorre, innanzi tutto, distinguere il concetto di
‘ebbrezza’ da quello di ‘ubriachezza’, nonostante spesso,
nel linguaggio comune, i due
termini siano utilizzati in modo indifferenziato.
Per il legislatore e per la giurisprudenza, infatti, i due concetti sono del tutto differenti,
dato che «l’ebbrezza è il
semplice annebbiamento
delle facoltà mentali provocato da una eccessiva quantità di alcolici, che si manifesta in forma di esaltazione o di stordimento»,
mentre «l’ubriachezza consiste invece nella temporanea alterazione mentale
conseguente ad intossicazione per abuso di alcool e
si manifesta con il difetto
della capacità di coscienza
e spesso in forma molesta”».
Invero, nel nostro ordinamen-
to penale, esiste una norma
ad hoc, l’art. 688 del codice
penale, che appunto punisce
con una sanzione pecuniaria
«chiunque sia colto in stato di
manifesta ubriachezza in luogo pubblico o aperto a pubblico».
Le due disposizioni citate –
l’art. 688 del codice penale e
l’art. 186 del Codice della Strada – mirano d’altronde a tutelare interessi giuridici diversi: la prima disposizione, mira
alla prevenzione dell’alcolismo ed alla tutela dell’ordine
pubblico; la seconda, vuole
assicurare la sicurezza della
circolazione nelle strade e la
incolumità di chi vi si trova.
Può, quindi, affermarsi che la
differenza tra ‘ubriachezza’ ed
‘ebbrezza’ consiste nel fatto
che la prima comporta una più
grave alterazione psico-fisica
per la presenza di un maggiore tasso alcolico ed è punibile solo nei casi in cui sia,
appunto, manifesta, mentre
la seconda può non essere
manifesta ed essere, pertanto, rilevata anche solo attraverso indagine strumentale
(etilometro o analisi del sangue).
Pertanto, l’ebbrezza – ai fini
penalistici – può anche essere
asintomatica, nel senso che
può sussistere pure nei casi in
cui il soggetto manifesta
un’apparenza di normalità
comportamentale.
Le ragioni scientifiche
a sostegno
della ratio legis
Come testé visto, anche nei
casi in cui un soggetto non
manifesti un comportamento
anormale, può ben darsi che
egli sia ‘ebbro’ ai fini penalistici, e ciò ricorrerà in tutti i
casi in cui l’indagine strumentale (mediante etilometro o
analisi del sangue) rileverà,
comunque, un tasso alcolemico superiore a quanto prescritto dalla legge.
Le ragioni di tale scelta legislativa riposano, in ultima
analisi, su motivazioni scientifiche.
Infatti - nonostante la variabilità individuale dovuta a molteplici fattori quali la tolleranza, l’età, le condizioni fisiche
del soggetto, l’uso cronico di
bevande alcoliche, etc. incida
sulla capacità soggettiva di
una persona di ‘reggere’ l’alcool - la letteratura scientifica
è tuttavia concorde nel ritenere che a diversi gradi di
concentrazione alcolica nel
sangue di un individuo corrispondano altrettanti specifici effetti:
- a 0,2 g/l si ha socievolezza ed
espansività;
- a 0,5 g/l si constata diminuzione dei freni inibitori per
azione sulla corteccia cerebrale, disinibizione, euforia,
apparenza normale;
- a 0,8 g/l - 1,2 g/l si verifica
un’azione depressiva sui centri motori, la perdita di autocontrollo e disturbi dell’equilibrio;
- oltre 1,5 g/l si ha vera e
propria ubriachezza, con incoordinazione motoria, ritardo nelle reazioni, atassia e
agrafia;
- da 2,5 a 4,00 g/l, si verifica
irascibilità, nausea, vomito,
perdita del tono muscolare,
stato stuporoso e comatoso;
- oltre 4,0 g/l, si verifica il
collasso periferico e perfino la
morte per paralisi dei centri
respiratori.
Per tali ragioni ‘cliniche’, il Legislatore ha ritenuto di dettare
una normativa volta appunto a
sanzionare chi si ponga alla
guida sotto l’influenza dell’alcool, cioè in una condizione di
ebbrezza, graduando le conseguenze sanzionatorie in ra-
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gione del diverso tasso alcolemico riscontrato.
Le tre ‘fasce’ alcolemiche
Lo stato di ebbrezza è stato
distinto dal Legislatore in tre
fasce, con sanzioni di gravità
progressiva crescente.
Il livello più basso, che prevede un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l e non superiore a 0,8 g/l, è stato depenalizzato: trovarsi alla guida
con un tasso alcolemico compreso in tale fascia non costituisce più un reato, ma integra una violazione amministrativa, punita con una sanzione pecuniaria da € 500 a €
2000, con la sanzione accessoria della sospensione della
patente di guida da tre a sei
mesi.
Nella fascia intermedia, che
prevede un tasso alcolemico
superiore a 0,8 g/l e non superiore a 1,5 g/l, è irrogata la
sanzione penale dell’ammenda da € 800 a € 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, con la
sanzione amministrativa accessoria della sospensione
della patente di guida da sei
mesi ad un anno.
Nella fascia più alta, che prevede un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, le sanzioni
sono state inasprite a seguito
della novella del C.d.S. di cui
alla L. n.120 del 29.07.2010,
con la previsione della sanzione penale dell’ammenda
da € 1.500 ad € 6.000 e l’arresto da sei mesi a un anno,
con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da
uno a due anni, nonché della
confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato,
salvo che il veicolo appartenga a persona estranea.
Va peraltro ricordato che – ai
sensi del comma 2-sexies
dell’art. 186 C.d.S. – l’ammenda è aumentata da un terzo
alla metà, quando il fatto è
commesso dopo le ore 22 e
prima delle ore 7.
I conducenti di età
inferiore a 21 anni,
i neo-patentati
ed i conducenti professionali
E’ da segnalare che il Legislatore ha introdotto, con la
citata Legge n.120/2010, l’art.
186 bis Codice della Strada,
che prevede regole molto più
stringenti per alcune categorie di soggetti: si tratta dei
conducenti di età inferiore a
21 anni, dei neo-patentati e
dei soggetti che esercitano
professionalmente l’attività di
trasporto di persone o di cose.
Per costoro, il tasso alcolico
consentito è zero.
Anche per queste categorie di
conducenti, l’eventuale violazione della norma prevede
sanzioni graduate a seconda
del livello di superamento delle varie fasce alcolemiche pre-
scritte dalla legge.
Se i predetti conducenti vengano sorpresi alla guida con
un tasso di alcool compreso
tra 0 g/l e 0,5 g/l saranno
soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da €
155 ad € 624.
Oltre la soglia di 0,5 g/l si
applicano le medesime sanzioni previste per gli altri conducenti, ma aumentate, secondo la fascia di ebbrezza, di
un terzo o da un terzo alla
metà.
E’ molto importante sottolineare che - nei casi in cui tali
soggetti vengano trovati alla
guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o siano
recidivi – si procederà nei loro
confronti alla revoca della patente.
Un reato di condotta e di
pericolo
Appare evidente come il reato
di cui all’art. 186 C.d.S. - sanzionando il comportamento di
chi “guida in stato di ebbrezza
in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche” - sia un reato di mera condotta, dal momento che non è richiesta la
realizzazione di un evento tipico; inoltre, è chiaro che si
tratta di un reato di pericolo, in
quanto si prescinde dalla lesione effettiva del bene giuridico tutelato, dato che la fattispecie è integrata dalla semplice commissione di un comportamento potenzialmente
dannoso per la collettività.
Infatti, come sopra visto, il
bene giuridico tutelato è rappresentato dalla sicurezza
delle persone nella circolazione stradale, mentre l’elemento soggettivo (psicologico) del
reato è rappresentato indifferentemente sia dalla colpa
che dal dolo.
Si tratta, poi, di un reato comune, avente natura di pericolo presunto ed a forma
vincolata, nel senso che il
‘tentativo’ non è configurabile.
Può essere utile ricordare che
la Suprema Corte di Cassazione ha già chiarito che la
norma di cui trattasi “si riferisce indistintamente a tutti
i veicoli in circolazione, compresi i velocipedi…” e quindi
“anche il ciclista che guida in
stato di ebbrezza incorre, pertanto, nel reato” (cfr. Cass.
14.11.2007 n. 3454).
Il lavoro di pubblica utilità
Con la già citata L. 120/2010 è
stato introdotto, all’art. 186
C.d.S., il comma 9 bis, che
prevede ora la possibilità discrezionale, per il magistrato,
di applicare - in assenza di
opposizione da parte dell’imputato - il ‘lavoro di pubblica
utilità’, quale causa di estinzione del reato.
La disposizione prevede, tuttavia, espliciti casi di esclusione della propria applicabilità, ed in particolare essa non
può trovare applicazione:
- nell'ipotesi in cui il conducente, postosi alla guida sotto
l'influenza dell'alcool, provochi un incidente stradale;
- nelle ipotesi di reato sanzionate dall'art. 186 bis C.d.S.,
disciplinante il reato di guida
in stato di ebbrezza per conducenti con età inferiore a
ventuno anni, per i neo patentati e per chi esercita professionalmente l'attività di
trasporto di persone o cose;
- nel caso in cui la stessa sia
stata già una volta concessa
al reo.
In caso di applicazione di una
prestazione lavorativa non retribuita in favore della collettività, al condannato è sempre concesso il diritto di opporsi, in quanto sulla base dell'art. 5 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea “nessuno può essere
costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”:
occorrerà, quindi, sempre il
benestare del reo.
Il comma 9 bis citato chiarisce
che il lavoro di pubblica utilità
deve consistere nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività,
da svolgere, in via prioritaria,
nel campo della sicurezza e
dell’educazione
stradale
presso lo Stato, le regioni, le
province, i comuni o presso
enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.
Quanto alla durata del lavoro
di pubblica utilità concretamente inflitto, essa dovrà avere una durata corrispondente
a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione delle pena pecuniaria, ragguagliando 250 euro ad
un giorno di lavoro di pubblica
utilità.
Può ritenersi, pertanto, che “il
lavoro di pubblica utilità” previsto dal comma 9 bis dell'art.
186 C.d.S., rappresenti una
causa di estinzione del reato
al pari della sospensione condizionale della pena prevista e
disciplinata dall'art. 163 e ss.
c.p., che «può» essere applicata dal giudice solo su richiesta dell'imputato.
La valutazione del magistrato
di concessione o meno del
lavoro di pubblica utilità, sarà
formulata ai sensi dell'art. 133
c.p., ove cioè il Giudice possa
compiere una prognosi favorevole sull'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica
utilità.
In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica
utilità, l'art. 186 C.d.S. prevede che il Giudice fissi una
nuova udienza e dichiari estinto il reato, disponendo la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della
patente e revocando la confisca del veicolo sequestrato.
Nell'ipotesi in cui il condannato non adempia alle prescrizioni imposte con il provvedimento disponente il lavoro di pubblica utilità ai sensi
dell'art. 186 c.d.s., il giudice,
tenuto conto dei motivi, delle
entità e delle circostanze,
“può” disporre la revoca della
pena sostitutiva con ripristino
di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della confisca.
Avv. Massimo Tebaldi
Studio Legale Notaro
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