Libano: muore di tumore ufficiale "San Marco" Uranio. Accame

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Libano: muore di tumore ufficiale "San Marco" Uranio. Accame
MERCOLEDÌ 25 LUGLIO 2007
Libano: muore di tumore ufficiale "San Marco"
Il capitano di fregata Stefano Cappellaro, 46 anni, comandante del Battaglione Grado del
reggimento San Marco e veterano di tante missioni all' estero, l'ultima della quale in Libano,
e' morto la notte scorsa per un tumore.
Cappellaro, originario di Venezia, e' deceduto a Brindisi - sede del 'San Marco' - in seguito a
una malattia che si e' manifestata dopo il suo ritorno dal Libano, dove l'ufficiale ha
partecipato alla fase iniziale dell'operazione Leonte, da settembre a novembre 2006.
Il battaglione comandato da Cappellaro aveva come base Marakah, la localita' libanese
oggetto anche di una interpellanza parlamentare per i presunti rischi alla salute dei militari
per la vicinanza di una ex discarica.
Rischi, pero', che i sopralluoghi compiuti dal personale specializzato avrebbero escluso.Un
altro militare italiano reduce dal Libano, un paracadutista, e' stato di recente rimpatriato
dopo che gli era stato diagnosticato un tumore: in questo caso si e' parlato di presunta
contaminazione da uranio impoverito, anche se la causa della malattia non e' stata
accertata.
Tuttavia, quello del para' (attualmente ricoverato in Italia), non sarebbe un caso isolato:
anche altri militari che hanno partecipato alla missione in Libano, proprio del reggimento
San Marco, sarebbero attualmente in cura per forme tumorali e problemi alla tiroide.
Il capitano di fregata Cappellaro, che lascia la moglie e due figlie, era un ufficiale di grande
esperienza (decorato anche con croce di bronzo al merito) e con all'attivo le missioni piu'
delicate, dalla Somalia all'Albania, dal Kosovo all'Iraq.
I funerali sono in programma per domani; la camera ardente e' stata allestita nella caserma
'Carlotto' di Brindisi.(
SABATO 21 LUGLIO 2007
Uranio. Accame: indennizzi da zero euro a 2 soldati deceduti
TRATTAMENTO INDECOROSO E INACCETTABILE. INTERVENGA
NAPOLITANO.
Roma, 21 lug. - "La notizia è che sono stati stabiliti indennizzi di zero euro per due
militari, Gianni F. e Maurizio S., deceduti per possibile contaminazione da uranio
impoverito. Questa decisione è ancora più drastica di quella dell'indennizzo di 250
euro al mese stabilito per i familiari dei militari deceduti: Valery M. e Fabio Porru e
l'indennizzo di 17.000 euro per i genitori di Valerio C. Un trattamento veramente
indecoroso e inaccettabile". Lo dice Falco Accame, presidente dell'associazione
delle vittime in divisa e dei loro familiari (Anavafaf)
Per i militari deceduti effettuando il proprio dovere, "si chiede l'intervento del
Presidente della Repubblica come Capo delle Forze Armate", dice Accame, visto
che "a nulla sono valsi i numerosi appelli avanzati dall'Ana-Vafaf al ministro della
Difesa e al Presidente del Consiglio. E' così che ci prendiamo cura dei 'nostri
ragazzi' e dei loro familiari?" In tutto ciò, prosegue Accame, "altri casi di militari
che si sono ammalati nei poligoni: Alessandro G. (Mantova), Ugo P. (Siena), Fabio
C. (Lamezia Terme), Giuseppe P. (Cagliari)". Tra l'altro, prosegue, "personale non
addetto alla sgombero dei poligoni (che è un compito pertinente a personale
specializzato) è stato impiegato, e per di più a mani nude, a maneggiare proiettili
inesplosi e residuati bellici che possono rappresentare gravi rischi". E, ad oggi,
"non è stata nemmeno promossa una inchiesta per stabilire chi ha impartito a
personale non specializzato un compito così rischioso e non spettante- prosegue
Accame- è auspicabile che anche la commissione di inchiesta del Senato faccia
luce su quanto accaduto e intervenga nei modi opportuni".
Tra l'altro, "esistono trattamenti diversissimi per le vittime del dovere che vanno
da indennizzi di circa 1 miliardo di vecchie lire a indennizzi zero- conclude il
presidente dell'Ana-vafaf- anche il trattamento di pensione oscilla tra i 258 euro
sopra menzionati e i 1.600. Non debbono esservi differenze tra vittime del dovere
e certo non esistono tra i militari vittime 'del piacere'".
GIOVEDÌ 19 LUGLIO 2007
Sindrome dei Balcani: Duranti interroga Parisi
Al Ministro del Difesa, per sapere – premesso che:
la legge 206 del 2004 e il D.P.R. 243 del 07/07/2006 prevedono l’estensione dei benefici previsti
per le vittime del dovere e della criminalità organizzata anche per i militari colpiti presumibilmente
dalla cosiddetta “Sindrome dei Balcani”;
all’atto della presentazione della domanda da parte degli aventi diritto ai benefici delle normative
succitate, la Divisione di Previmil del Ministero della Difesa, avvia una pratica istruttoria tesa a
stabilire il grado di invalidità provocato dalla patologia per la quale si richiedono i benefici ai sensi
del art. 5 comma 1 del DPR 243/07;
contestualmente viene anche stabilita la percentualizzazione del danno biologico ai sensi dell’art. 5
comma 2 del DPR 243/07;
le tabelle in base alle quali vengono stabiliti i predetti valori sono rispettivamente quella approvata
dal Ministero della Sanità in data 05 febbraio 1992 e pubblicata nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26/02/1992 e quella approvata dal Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale in data 12 luglio 2000 e pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 172 del 25/07/2000;
il giorno 18/01/2007 l’ex Caporal Maggiore Scelto Paolo DI BENEDETTO nato a Castellaneta il
20/05/1974, ha presentato domanda per la concessione dei benefici di cui sopra, in seguito ad un
carcinoma papillifero contratto presumibilmente durante le missioni effettuate negli anni 1996,
1997 e 2000 rispettivamente nei territori della Bosnia Herzegovina e del Kosovo e per cui ha già
ottenuto il riconoscimento di causa di servizio nel maggio 2005;
all’atto della valutazione da parte della C.M.O. di Taranto del suo grado di invalidità, nonostante
avesse subito una tiroidectomia totale, è stato stabilito che questa fosse pari al 30%;
dagli atti risulta che la Divisione di Previmil abbia omesso la richiesta alla C.M.O. di Taranto, atta a
stabilire anche la percentuale del danno biologico;
la sua pratica ad oggi non risulta ancora evasa in quanto, per quanto espresso al punto precedente, il
Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, che ha il compito di valutare se la patologia per la
quale si richiedono i benefici sia stata presa in particolari contesti e condizioni, ha ritenuto che la
pratica risultasse incompleta.
se il Ministro ritenga opportuno (oltre a prevedere standard operativi più efficaci e veloci
nell’assegnazione dei benefici) operare una verifica dell’efficacia delle predette tabelle in quanto
presumibilmente insufficienti a stabilire differenze come i danni di carattere biologico (non
sottovalutando i disturbi di carattere esistenziale), e le eventuali invalidità provocati da una
tiroidectomia causata da una neoplasia e quelli provocati da una disfunzione tiroidea nonostante
trovi risoluzione nello stesso tipo di intervento, e verificare le ragioni, per il caso specifico riportato
in premessa, che hanno indotto la Divisione di Previmil ad omettere la richiesta presso la
competente C.M.O. di Taranto, della percentualizzazione del danno biologico, che ha provocato la
fase di stallo della pratica dell’ex graduato in questione;
Roma 17/07/2007 On. Donatella Duranti
Calcagni al Cocer: tutelare le vittime del dovere
LECCE – Nella “Scuola di Cavalleria” di Lecce una delegazione del Consiglio centrale di
rappresentanza (Cocer) dell’Esercito ha ascoltato stamani un militare che sarebbe rimasto
contaminato dal contatto con uranio impoverito in missioni all’estero. È la prima audizione
del genere ed è stata disposta dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Filiberto
Cecchi.
Per oltre quattro ore il Cocer ha ascoltato il racconto del capitano dell’Esercito Carlo
Calcagni, di 39 anni, di Guagnano (Lecce). Calcagni è stato capitano elicotterista e
istruttore di volo a Viterbo, e dal marzo 2006 è effettivo alla “Scuola Cavalleria” di Lecce.
Per il militare salentino sarebbe risultata fatale la missione in Bosnia del 1996. I primi
sintomi dell’insorgere della neoplasia sono stati avvertiti nel 2002 e da allora è iniziata una
battaglia per il riconoscimento dei diritti previsti dalla legge.
«Sono soddisfatto – ha dichiarato Calcagni al termine dell’audizione – come rappresentante
delle vittime e degli ammalati da uranio impoverito posso dire che abbiamo raggiunto un
traguardo importante. Questa audizione del Cocer rappresenta una pietra miliare che servirà
da apripista per non cadere più nelle mani di chi è pronto a speculare sulle disgrazie altrui».
«L'attenzione del Cocer – ha concluso – dimostra la volontà di fare luce e di venire incontro a
noi vittime del dovere».
SABATO 14 LUGLIO 2007
Il Cocer Esercito ascolta il capitano Carlo Calcagni
Mercoledì 18 luglio alle ore 10.00, presso la Scuola Cavalleria di Lecce, una delegazione del
Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dell'Esercito ascolterà, in una formale
audizione, il Capitano Carlo Calcagni, militare vittima da possibile contaminazione da
uranio impoverito.
Lo rende noto lo stesso militare attraverso il sito Vittimeuranio.com. Calcagni, 38 anni di
Guagnano (Lecce), capitano elicotterista dell'Esercito, è affetto da neoplasia in seguito ad
una missione in Bosnia nel 1995 dove entra in contatto con la sostanza incriminata.
"Finalmente qualcuno mi ascolterà" dice Calcagni. "Sono soddisfatto - aggiunge dell'interesse che la Forza Armata sta dimostrando nei miei riguardi e di tutti coloro, che
come me, si trovano in situazioni difficoltose, e che, in balia delle onde, vengono pescati da
personaggi che speculano sui nostri problemi".
"Ci sono le leggi - continua il Capitano - che tutelano noi "Vittime del dovere", ed oggi più
che mai i dubbi sulla legge 206 del 2004 sono stati chiariti, inequivocabilmente, ma è altresì
necessario che le nostre pratiche abbiano priorità assoluta in modo che
contemporaneamente si garantisca una vita dignitosa a noi servitori dello Stato e si tolga la
possibilità a personaggi senza scrupoli di speculare sulle disgrazie altrui".
"Il COCER Esercito del X mandato - afferma il delegato Luca Tartaglione - in armonia con lo
Stato Maggiore dell’Esercito, “scende in campo” a tutela dei propri soldati e rispettive
famiglie colpite da oncopatologie, conscio, come non mai, della necessità di porre in essere
azioni e progetti finalizzati a garantire la massima assistenza sanitaria, sociale e
previdenziale al personale militare".
GIOVEDÌ 12 LUGLIO 2007
Falco Accame denuncia il silenzio sul militare italiano rimpatriato dal
Libano
Perche' sul caso del giovane paracadutista italiano tornato dal Libano il 2 giugno scorso,
gravemente malato di tumore, 'e' caduta una cosi' fitta cortina di silenzio?'. Lo chiede Falco
Accame, presidente dell'Anavaf, un'associazione che tutela i familiari delle vittime arruolate
nelle Forze armate.
Secondo Accame questo silenzio e' 'inaccettabile' perche' 'i cittadini in ansia per lui hanno
diritto almeno di sapere come sta e, in particolare, hanno diritto di sapere come stanno gli
altri paracadutisti che sono in Libano'.
'L'Anavafaf, che ha sollevato il caso - prosegue Accame - chiede al ministro della Difesa di
fornire notizie. Vuole sapere se il militare, nel corso della missione in Libano e nel corso
delle precedenti missioni effettuate, ha ottemperato alle norme di sicurezza per la
protezione dall'uranio impoverito, oppure se ha operato senza misure di protezione'.
SABATO 7 LUGLIO 2007
Domenica 8 luglio ore 22.15 - Speciale Uranio su 8 Video Calabria
Caro Francesco,
finalmente lo speciale a cui stavo lavorando è pronto! Domani sera alle ore 22.15 andrà in
onda sulla rete per cui lavoro, 8 Video Calabria. Mi sono permessa di inserirti nei titoli di
coda per i ringraziamenti.
Se vuoi potrai vederlo in diretta su internet collegandoti all'indirizzo www.videocalabria.tv
e cliccando in basso a sinistra su web tv live.
Grazie ancora per l'aiuto che anche attraverso il tuo sito ho ricevuto da te.
A presto
Francesca Caiazzo
VENERDÌ 6 LUGLIO 2007
La morte di Emanuele Pecoraro simile a molte altre. Le condoglianze alla
famiglia
Il caso della morte del Paracadutista Emanuele Pecoraro richiama quello della recente morte del
Paracadutista Aniello D’Alessandro di stanza a Livorno, che è deceduto in un brevissimo lasso di
tempo.
Il D’Alessandro, che aveva eseguito un lancio il giorno prima di recarsi in Campania per assistere il
padre, in pochi giorni si ammalò gravemente ed è deceduto. Anch’egli aveva eseguito missioni
all’estero e quindi è possibile che sia stato esposto a uranio impoverito.
E’ importante che i Comandi forniscano, sollecitamente, tutti i dati necessari per appurare le
destinazioni di impiego del personale. Per intanto l’ANAVAFAF porge le sue più sentite
condoglianze ai familiari e si mette a disposizione per quanto è nelle sue possibilità di fare.
GIOVEDÌ 5 LUGLIO 2007
I funerali del giovane parà
Udine - Si sono svolti nel cimitero di San Vito i funerali del giovane caporal maggiore dei
paracadutisti Emanuele Pecoraro, morto al Cro di Aviano in pochissimo tempo per un
tumore che non gli ha lasciato scampo.
Accanto ai parenti, molti commilitoni giunti in corriera da Legnano e Pisa per rendere
omaggio al loro compagno. Sotto la pioggia sono scattati sull'attenti al passaggio della bara,
a testimoniare la loro vicinanza ai genitori, alla sorella e llla fidanzata con cui aveva dovuto
rinviare il matrimonio. Non calano però le polemiche su questa morte di un soldato che
aveva svolto diverse missioni all'estero. In serata l'onorevole Ballaman ha sottolineato come
siano ormai 50 i casi sospetti di cui l'uranio impoverito è il principale accusato. (dal
Gazzettino)
I dati dai distretti militari vanno acquisiti in modo selettivo
L’iniziativa di utilizzare la Polizia Giudiziaria può essere sicuramente valida, ma deve essere
applicata in modo mirato, cioè selettivo. La richiesta di dati su documenti matricolari e
documentazione medica custodita nei distretti (ma anche nei dipartimenti marittimi) per un
arco di tempo di 10 anni implicherebbe per il solo distretto di Roma la consultazione di oltre
500.000 documenti. Si può immaginare la cifra astronomica che si raggiungerebbe
estendendo la ricerca a tutti i distretti e dipartimenti d’Italia.
Probabilmente, solo per Roma, con 10 addetti ai lavori ipotizzando un quarto d’ora per ogni
documento occorrerebbe un tempo dell’ordine di 15 anni.
Ciò che probabilmente bisognerebbe fare è di selezionare i casi sospetti, ad esempio
individuando presso la direzione del personale della Difesa le domande avanzate per
l’ottenimento della causa di servizio in relazione a patologie che possono essere ricondotte
a quelle derivanti dalla contaminazione da uranio impoverito, una cifra che probabilmente
non supera in tutta Italia i 2.000 casi. E si potrebbe partire dai circa 500 casi nominativi
conosciuti dalla Commissione di Inchiesta del Senato che ne ha dichiarati all’incirca 515 tra i
malati, 50 casi di morte nominativi per possibile contaminazione che sono stati dichiarati
dall’Ana-Vafaf nel Libro Nero.
Procedendo in questo modo si paga naturalmente il prezzo di una riduzione artificiale del
numero dei dati, ma almeno si può procedere sollecitamente dato che si conoscono i singoli
nominativi e ciò facilita enormemente la ricerca dei documenti negli archivi dei distretti e
dipartimenti e riduce drasticamente i tempi occorrenti per l’analisi dei dati.
Peraltro la ricerca non deve illudersi di poter pervenire a dati completi, anche se contribuirà
ad aumentare le conoscenze.
Infatti nei documenti caratteristici purtroppo, nella gran maggioranza, non vengono
registrate tutte le destinazioni ricoperte e le missioni effettuate dal personale. E’ stata
riscontrata ad esempio in passato la non-annotazione in alcuni fogli matricolari di personale
ammalato delle missioni che avevano compiuto nei poligoni, dato che, ovviamente, è assai
rilevante. Anche per quanto concerne i dati sanitari potremmo non trovarvi annotati i tipi di
patologia riscontrati, ma solo piuttosto dati amministrativi come date di ricovero in
strutture sanitarie e decisioni circa le condizioni di salute (idoneità al servizio, non idoneità,
riforma, convalescenza).
E’ bene tener presente che per quanto riguarda le possibili contaminazioni da uranio
impoverito attribuibili a per amenza all’estero i primi dati si riferiscono al 91, guerra del
Golfo, poi al 93, operazione Restore Hope in Somalia, teatro in cui tra l’altro l’Italia
disponeva di una dotazione di armi all’uranio, e successivamente ai Balcani. Per quanto
riguarda i poligoni i primi dati possono farsi risalire alla seconda metà degli anni 70, data
dalla quale è possibile che siano state eseguite sperimentazioni di queste armi specie da
ditte straniere produttrici (purtroppo già si è evidenziata l’estrema difficoltà a ricevere dati
su queste sperimentazioni).
Una serie di altri possibili utilizzi della Polizia Giudiziaria per prelievo di dati importanti è
stato segnalato dall’Ana-Vafaf alla Commissione di Inchiesta del Senato.
Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf
Accame al Pm di Bari: violata la legge sulla sicurezza sul lavaro. Presentato
l'esposto
BARI - Le misure di protezione per i militari italiani esposti alle radiazioni dell'uranio
impoverito 'avrebbero potuto e dovuto essere adottate ben prima della loro emanazione da
parte del comando italiano della Folgore l'8 maggio 2000, ed anche prima della emanazione,
il 22 novembre 1999, di norme per i reparti operanti nei Balcani'.
Lo sostiene in un esposto inviato alla procura di Bari Falco Accame, presidente dell'AnaVafaf, l'associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate dalle Forze armate.
Riferendosi all'inchiesta della procura di Bari su casi di leucemie e tumori (anche mortali)
contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la
guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999), Accame spiega che, anche in campo militare,
come ha gia' sancito la Corte Costituzionale, andava e va applicata la normativa italiana
antinfortunistica prevista dalle legge 626 del 1994, oltre alla legge 230 del 1995 sulla
radioprotezione.
'Il regolamento di disciplina - dice riferendosi alla 626 - impone ai comandanti di adottare
tutte le misure di protezione possibili per i propri dipendenti'.
Nell'esposto, che si compone di numerosi allegati, Accame invita anche il pm inquirente,
Ciro Angelillis, ad esaminare attentamente le disposizioni Nato del 1984, quelle Usa messe in
atto in Somalia nel '93, le disposizioni di Saceur del '96, le norme Nato del primo luglio 1999.
MERCOLEDÌ 4 LUGLIO 2007
Uranio Impoverito: speciale dell'Asg Media sul nostro blog
Uno speciale sull'uranio impoverito, partendo dagli ultimi casi
denunciati nel "Libro Nero", è stato realizzato dalla nuova agenzia di stampa e service
editoriali Asg Media, diretta da Tommaso Della Longa.
VAI ALLO SPECIALE
MARTEDÌ 3 LUGLIO 2007
"Uranio o no, lo Stato riconosca noi vittime"
Ho sempre seguito con attenzione tutti gli sviluppi delle Commissioni parlamentari che si
sono avvicendate in questi anni e con trepidante attesa mi sono sempre aspettato una presa
di coscienza del problema da parte delle istituzioni.
Concordo(in parte)con chi sostiene che non si può scientificamente provare un nesso tra
uranio impoverito e i problemi dei quali stiamo discutendo. Ma facciamo finta, per un
attimo, che l’uranio impoverito non abbia nessuna colpa, che gli Stati Maggiori che ci hanno
mandato laggiù davvero non hanno tralasciato nulla e che abbiano agito nel migliore dei
modi, che tutti insomma abbiano fatto il loro dovere.
Cosa resta? Resta un numero di ragazzi morti o ammalati (con una percentuale
sproporzionatamente più elevata dei loro coetanei), ragazzi che in comune tra loro non
hanno nulla se non le stesse malattie e il fatto di aver prestato il loro servizio allo Stato,
oltre i confini dello Stato stesso.
A mio modesto parere, le Commissioni parlamentari dovrebbero si ricercare la causa di
questa “epidemia” ed eventualmente perseguire i responsabili, ma prima di tutto
dovrebbero riconoscere incontrovertibilmente che qualcosa a questi ragazzi qualcosa è
successo, riconoscere che, al di la dell’uranio impoverito, queste persone continuano ad
ammalarsi e a morire. E’ questo che bisogna fare subito, ridare dignità a queste persone,
perché ogni giorno che passa potrebbe essere troppo tardi per qualcuno.
Indipendentemente dall’assassino, bisogna riconoscere che la vittima c’è. Quando un
soldato muore sul campo non ci si chiede chi l’ha ucciso, è morto. Questo dovrebbe
bastare ad uno Stato serio, ad uno Stato degno di questo nome a rendere a quel soldato il
giusto merito, gli onori e la dignità che gli competono, altrimenti quel soldato è stato ucciso
due volte, una volta dal nemico e un’altra dai colori di quella bandiera che porta cucita sul
braccio e che tanto fieramente difendeva.
Chi scrive fa parte di questi ragazzi che ogni giorno si ammalano. Ho servito lo Stato e la
Forza Armata per 20 anni, facendo il mio dovere, credendo in ciò che facevo e sacrificando
la mia famiglia. Mi sono ammalato un mese fa e quello Stato che tanto orgogliosamente ho
rappresentato, oggi è in grado di dire solo: mi dispiace, non c’è nessun nesso con l’uranio
impoverito!
Arrivederci e grazie.
Mi sento davvero come un limone spremuto, buttato via e calpestato.
Alessandro De Caroli
DOMENICA 1 LUGLIO 2007
Malato di leucemia carabiniere reduce dall'Iraq
(ANSA) - ROMA, 1 LUG - Un altro militare malato per presunta contaminazione
da uranio impoverito. Questa volta si tratterebbe di un sottufficiale dei carabinieri, al quale
e' stata diagnosticata nei mesi scorsi una forma di leucemia. Lo afferma lo stesso carabiniere
al sito www.vittimeuranio.com.
La malattia e' emersa nel corso delle analisi del sangue periodiche cui il sottufficiale e' stato
sottoposto insieme ad altri reduci dall'Iraq. Proprio in Iraq il militare ha compiuto una
missione di quattro mesi e mezzo, terminata due anni fa.
'Al momento - ha spiegato il carabiniere - sono in convalescenza. Ho avviato le pratiche per
il riconoscimento della causa di servizio e sono in attesa di risposta'.
Secondo i dati del 'Libro Nero' sull'uranio, curato dall'associazione Anavafaf, in
collaborazione con lo stesso portale, sarebbero 50 i militari morti in seguito alla possibile
contaminazione. (ANSA).
>>> La situazione in Iraq. Nel Sud in un anno aumentati del 20% tumori e leucemie
"Io vittima, preso in giro dalle Istituzioni"
Innanzi tutto desidero congratularmi per la pubblicazione di questo sito che per me
rappresenta un modo serio per parlare di un argomento serio come l'uranio.
Io sono un contaminato e 5 anni fa ho perso la tiroide a causa di un carcinoma papillifero.
Ho prestato servizio in Bosnia e in Kosovo e fino ad ora sono solo stato preso in giro dalle
istituzioni, ultimo caso quello del D.P.R. 243/06 che rappresenta una vergogna e una
mancanza di rispetto per gli ammalati e i morti. (La legge in questione -n.d.r.- è quella che
vincola lo status di "vittima del dovere" al riconoscimento della causa di servizio, che spesso
non viene data).
Ciò che non riesco a capire (o che non voglio capire) e come mai quando si parla di uranio lo
si fa solo in maniera marginale senza arrivare mai alla radice. Adesso cosa centra il
censimento su chi ha prestato servizio all'estero?
Ci sono già dei morti e degli ammalati. Monitoriamo e valutiamo questi casi con i mezzi che
la scienza ci offre e poi si vedrà. Penso che anche in questo caso ci si trovi di fronte ad
un'azione di depistaggio da parte di chi vuole che non si faccia chiarezza. Sono Stufo.
Paolo Di Benedetto
ciao Paolo, sono nella tua stessa situazione (ma la tiroide me l'hanno tolta solo un mese fa...
naturalmente sempre carcinoma papillare in seguito a missioni in Bosnia e Kosovo). A te
hanno riconosciuto la causa di servizio?
Alessandro De Caroli