La classe rovesciata di Piacenza
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La classe rovesciata di Piacenza
coRrieRe della SeRa Stampa Stampa senza immagine Chiudi IO DONNA/ SCUOLA&INNOVAZIONE La classe rovesciata di Piacenza Le esperienze di «flipped classroom», a scuola solo esercitazioni a casa le lezioni Cristina Lacava, blog Oggi si lavora sugli eroi dell’antica Grecia e la questione omerica. Roba che, o la prof è da medaglia d’oro, o la catalessi collettiva è assicurata. Così, alla prima domanda sui valori di Iliade e Odissea, mi aspetto un imbarazzato silenzio. Invece, sorpresa: i trenta studenti parlano con tranquillità mentre la prof, seduta in cerchio tra loro, corregge il tiro, incoraggia, sottolinea. Sono in una prima liceo scientifico del Gioia di Piacenza: è una «flipped classroom», una classe al contrario. Dove, cioè, la lezione si ascolta a casa, sui podcast preparati dagli insegnanti. Poi, in aula, c’è tutto il tempo per il lavoro pratico, gli approfondimenti. I ragazzi non hanno libri di carta e portano a scuola solo il computer. In aula c’è la Lim, e Niente interrogazioni individuali l’insegnante controlla in tempo reale i risultati ma la verifica è continua degli esercizi e l’accesso a internet. Non ci sono interrogazioni individuali tipo: Rossi alla lavagna, con il malcapitato alla gogna e gli altri che chattano sotto il banco. Qua la verifica non è formalizzata se non a fine trimestre ma quotidiana. Sul gruppo Facebook di classe, al quale sono iscritti studenti e insegnanti, i ragazzi trovano le indicazioni sul lavoro da svolgere a casa. I podcast durano un quarto d’ora: «I colleghi ci rimproverano che con gli ebook togliamo agli studenti il fascino della carta. Ma loro questo fascino non lo sentono», dice la prof Maria Augusta Schippisi. L’idea è nata da due insegnanti, Elena Gabbiani di matematica ed Elisabetta Peruzzi, italiano, stufe dei vecchi metodi: «La lezione frontale è passiva, i ragazzi non la seguono. Se non vengono coinvolti, rischiamo di perderli». Per caso hanno «scoperto» la flipped classroom , messa in atto per la prima volta da due americani, Jon Bergmann e Aaron Sams, alla Woodland Park High School, in Due professori, la connessione a internet e i portatili dei ragazzi Colorado. Hanno deciso di provarci: senza finanziamenti, impegnando tempo e passione. Sono riuscite a coinvolgere le colleghe, e il vicepreside ha approvato il progetto. L’anno scorso, all’atto dell’iscrizione, per 30 posti ci sono state 60 richieste. La scuola paga la connessione internet, la banca locale ha offerto i banchi «a onda», i computer sono dei ragazzi. Dopo cinque mesi, le prime pagelle erano buone. Entusiasti i genitori, da Carlo Montagna ad Antonella Del Prete, rappresentante di classe: «Ci crediamo molto. Quello che è per noi più sorprendente è l’entusiasmo di questi professori, che di giorno in giorno adattano il progetto alla realtà della classe. E i nostri figli rispondono». A fine gennaio, la scuola è stata invitata a Londra al Bett (British Educational Training and Technology) a raccontare l’esperienza, ed è stato un successo. I prof di Piacenza non sono i soli. Esperimenti «Online si trovano lezione di altissima qualità, la rielaborazione si fa in classe» di flipped classroom sono in corso in diverse città. Il modello americano è la cornice. I contenuti dipendono dai professori, che si mettono in gioco. Perché? Graziano Cecchinato, ricercatore di Pedagogia all’università di Padova e responsabile della flipped classroom al liceo Pacioli D’Annunzio di Fidenza, spiega: «Una volta l’insegnante aveva il compito di trasmettere le conoscenze, attraverso la lezione frontale. Oggi l’accesso ai contenuti è facile, online trovi lezioni di altissima qualità». Come quelle di matematica della Khan Academy (il fondatore Salman Khan ne ha parlato in La scuola in rete , Corbaccio). Il momento chiave è dunque quello della rielaborazione, che i ragazzi da soli non possono fare. Serve un mentore: «In classe si riflette insieme sulle lezioni. Si parte da un problema: se Napoleone avesse vinto a Waterloo, come sarebbe cambiata la storia europea? I ragazzi intervengono, la verifica sull’apprendimento è immediata », continua Cecchinato. Altrimenti qualunque lezione rischia di scivolare via. All’Ipsia Corni di Modena c’è una prof entusiasta, Romina Papa: «Con la flipped classroom i ragazzi non dormono, non fanno confusione. Lavorano, si sentono responsabilizzati». All’istituto tecnico Fermi Ai più bravi si assegnano compiti difficilissimi per stimolarli di Roma, la lavagna elettronica non c’è. Maurizio Maglioni, prof di Chimica e autore, con il collega Fabio Biscaro, di «La classe capovolta» (Erickson), ha chiesto agli alunni di portare lo smartphone. A differenza delle prof di Piacenza, Maglioni utilizza risorse trovate su youtube: «Nel sito gli studenti vedono ogni giorno i materiali con le mie indicazioni. In classe si fa il lavoro applicativo, la verifica è continua, il registro è pieno di voti. C’è più tempo per un insegnamento personalizzato». Il dubbio è: non si penalizzano i migliori? «No» replica il docente. «Metto i primi della classe in gruppo e assegno compiti difficilissimi». Maglioni e Biscaro hanno realizzato un corso online (capovolgereibes.net ) per docenti: al primo turno erano 120; al secondo, 130. E pagano. Mentre chiacchiero con le prof del Gioia, i ragazzi dovrebbero lavorare al giornale di classe online. Ma appena gli adulti girano la testa, succede di tutto. Flipped o no, sono adolescenti. Guarda il blog 15 marzo 2014 | 09:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA