Flipped Classroom, la scuola si capovolge: internet

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Flipped Classroom, la scuola si capovolge:
internet, pensiero aperto e smartphone in aula
L'autore de "La classe capovolta" e professore di chimica, Maurizio Maglione: "Tutti i nostri studenti hanno
un telefono in tasca, allora facciamoglielo usare. Dobbiamo focalizzare la differenza tra conoscenze e
competenze e cominciare a cambiare noi stessi, come insegnanti, diventando capaci di lavorare in rete"
di CINZIA GUBBINI
14 febbraio 2015
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interattiva multimediale né le fotocopie. Servono però insegnanti formati, capaci
di fare anche i blogger, di lavorare in modo cooperativo. E - cosa non banale –
serve che ogni studente abbia a disposizione uno smartphone e una connesione
internet quando si trova a casa. Tutto sommato, forse, un obiettivo più
raggiungibile che fornire una connessione a circa l'80% delle scuole – tra
primarie e secondarie – che ancora oggi ne sono prive.
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Sono questi gli ingredienti della "flipped classroom", ovvero la "classe
capovolta", una rivoluzione della scuola che non passa per le riforme di sistema
ma per la sperimentazione quotidiana degli insegnanti. In Italia la "flipped
classroom" fa breccia, visto che dal 2014 (anno di fondazione dell'associazione
Flipnet Onlus) a oggi ci sono già 600 insegnanti formati e 120 sezioni di scuola
in cui 'ufficialmente' si pratica la didattica capovolta. L'interesse pare destinato a
crescere: a Roma la Palestra dell'Innovazione è stata presa d'assalto da docenti
arrivati da tutta Italia per assistere al primo convegno nazionale sul tema.
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Una didattica inclusiva. "La scuola italiana è una scuola di qualità, soprattutto
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le scuole dell'infanzia e elementari. Quindi non riformatele: semmai date più soldi
per comprare la carta igienica – ha detto il linguista e ex ministro dell'Istruzione
Tullio De Mauro – Quando comincia il diasastro? Negli ultimi anni delle scuole
superiori. E allora cosa differenzia il primo pezzo dal secondo? Che la scuola
primaria è inclusiva, non ci sono bocciati, che utilizza lo spazio per favorire
l'interattività dei gruppi e valorizza la dimensione laboratoriale". "La flipped
classroom – ha proseguito De Mauro - apre la strada a una didattica inclusiva, in
cui gli studenti stanno in classe non per assistere passivi alla lezione, ma per
studiare insieme ed essere seguiti individualmente".
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Usare lo smartphone a scuola. Maurizio Maglione è un insegnante di chimica
dell'Istituto Professionale Alberghiero Domizia Lucilla di Roma, ha scritto con
Fabio Biscaro il libro La classe capovolta che ha aperto la strada anche in Italia
a questa sperimentazione: "Insegniamo in classi spesso sporche, in cui regna
l'incuria. Gli strumenti sono pochi, ma non dobbiamo cadere nel gioco del cane
che si morde la coda, non ci sono computer o tablet a disposizione per tutti, ma
tutti i nostri studenti hanno uno smartphone in tasca. Allora facciamoglielo usare,
con l'idea che noi docenti prima di tutto dobbiamo rispondere alla loro domanda:
'ma a cosa servono le cose che ci state insegnando?'". In una "classe capovolta"
l'insegnante mette a disposizione degli alunni dei materiali in rete, delle vere e
proprie lezioni registrate, che possono essere anche risorse già presenti in
internet ("un ragazzo impara certamente moltissimo dalla lettura della Divina
Commedia di Benigni", suggerisce ad esempio Maglione) e che vengono
studiate a casa di pomeriggio. La mattina, in classe, i ragazzi sono coinvolti in
laboratori, lavori di gruppo, che mettono al centro la loro creatività e le loro
intelligenze. "Dobbiamo focalizzare molto bene la differenza tra conoscenze e
competenze – ha detto ancora Maglione – e cominciare a cambiare noi stessi,
come insegnanti, diventando capaci di lavorare in rete, scambiandoci
esperienze, proposte. Il circolo del cane che si morde la coda deve diventare
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La rivoluzione del world wide web. Ma il ribaltamento della classe prima che
tecnologico deve essere culturale, ha sottolineato Paolo Ferri dell'Università di
Milano Bicocca, ricordando che quando il tecnico informatico britannico Tim
Berners-Lee inventò il world wide web lo fece per le esigenze della comunità
scientifica "che sin dal '500 si basa su tre presupposti: i risultati devono essere
pubblici, revisionabili e controllabili". Internet, insomma, nasce proprio come
strumento della conoscenza, prima di diventare il mezzo di condivisione di
qualsiasi cosa. Allora, è il discorso di Ferri, se si assume questo concetto ecco
che l'utilizzo della tecnologia non diventa un orpello, ma il presupposto di una
"svolta di paradigma" che porta con sé a cascata una rivoluzione: del setting
d'aula, della relazione con gli studenti e la famiglia, e anche del processo di
valutazione. Che, ha detto Mario Castoldi dell'Università di Torino, "deve
smetterla di essere un momento isolato, separato, falsamente oggettivo", ma
deve essere incentrato sui processi: la valutazione deve essere giocata nella
quotidianità e non nel voto asettico di fine anno.
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Sviluppare la creatività. Certo, i passi in avanti da fare sono tanti. Prima di tutto
la formazione dei docenti. Ma anche uno svecchiamento culturale: basti pensare
che non è mai stata abrogata la circolare che vieta l'uso del telefonino in aula. E
poi, la ricerca di connessioni con il territorio. Come la Palestra dell'Innovazione di
Roma che – ha ricordato il direttore Alfonso Molina – ha già messo in rete 90
scuole in Italia per supprotarle nella diffusione di una didattica che insegni il
pensiero aperto. Perché creativi non si nasce, si diventa.
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5 commenti
carmelomac
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18 ore fa
Io di cani ne ho avuti più di 20 e non ne ho mai visto uno mangiarsi la coda. Frasi
fatte e slogan, è questo che ci propinano da oltre un ventennio. Tutti parlano di
scuola, la scuola di qui e quella di là, ma ben pochi sono quelli che hanno poi
un'esperienza diretta con la scuola stessa. Classi decrepite, facciate cadenti e
un rimpallo di responsabilità infinito. Ma cosa volete che un ragazzo che si
confronta ogni giorno con le vostre città e i vostri palinsesti e il vostro modo di
fare e che poi vede la sua scuola spesso in strutture fatiscenti sia stimolato al
bello, ad apprezzare il gusto della conoscenza tra le macerie che state lasciando
alle vostre spalle, con intere generazioni rapinate del loro futuro? Io credo che
tra poco ci chiederete di starcene a casa visto che le scuole non possono essere
aggiustate, perchè in casa, c'è un minimo di confort. Roba da matti
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mcon
19 ore fa
La scuola deve preparare persone che SANNO e, soprattutto SANNO
IMPARARE.
Se, per questo, risulta necessario lo spauraccuio della bocciatura ben venga!
Quello che è folle è "mandare avanti" ragazzi che sono rimasti a scaldare le
seggiole senza imparar nulla. I primi ad essere danneggiati sono proprio loro, ma
non lo possono sapere (ancora). Poi restano male quando vengono da me a
fare un colloquio di assunzione e io, dopo un paio di minuti, li liquido con il
classico "ci faremo sentire". Andassero a prendere a (metaforici) calci nel sedere
tutti quei professori che hanno permesso loro di usare il cellulare, invece di
sviluppare quel che hanno fra le orecchie.
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Mario Rossi
20 ore fa
Stupidaggini. La scuola deve bocciare di più, non di meno.
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mcon
21 ore fa
AAAAARRRGGGGGHHHH!!!​!
Siamo alla frutta (per evitare turpiloquio).
"La scuola italiana è una scuola di qualità, soprattutto le scuole dell'infanzia e elementari".
Cosa si va farneticando?
Leggere Scrivere e far di conto.
Questo era lo scopo dichiarato della "scuola dell'Obbligo".
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I ragazzi che escono dalle Medie:
NON leggono.
NON sanno scrivere un pensiero intelleggibile (lasciamo perdere il "buon italiano").
Sono incapaci di rendersi conto che (a volte) il 3x2 al supermercato in realtà costa PIU' di tre
pezzi singoli dello stesso articolo.
Poi si lamenteno quando, conseguita una Laurea senza aver imparato nemmeno
un quarto di quel che sapevano i liceali di vent'anni fa, non trovano lavoro
"qualificato".
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corifeno
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18 ore fa
Intelleggibile non si può proprio leggere!
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