giuseppe gentile - Neoassunti toscana

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giuseppe gentile - Neoassunti toscana
Gentile Giuseppe
Neoimmessi Lab 3
MEDIAZIONE DIDATTICA
Ruolo dell’insegnante – educatore
Possiamo affermare, con Brezinka, che uno degli scopi comuni sul piano delle finalità
educative che condividono scuola e famiglia, è quello di dare ai ragazzi la fiducia nella vita
e nel mondo.
Il tipo di relazione che un ragazzo instaura con i propri insegnanti può davvero aprirgli gli
orizzonti, non solo del sapere ma esistenziali. Non tutti gli insegnanti sono consapevoli
dell’importanza di riuscire a costruire un rapporto significativo con i propri alunni.
Quella che si instaura tra l’insegnante e l’allievo può essere definita una relazione d’aiuto,
in quanto ci troviamo di fronte a uno che offre e ad un altro che accetta tale aiuto.
Possiamo evidenziare la reciprocità dei rapporti formativi, genitori ed educatori
contribuiscono allo sviluppo della personalità dei figli-educandi ma anch’essi hanno
influenza sulla loro personalità.
La Pavone chiarisce come i docenti dovrebbero essere in grado – prima di tutto - di
riconoscere negli alunni gli stati di difficoltà famigliare, sociale o culturale, manifesta o
nascosta, per poter dedicare ad essi una più specifica cura e attenzione educativa.
È indubbio che in una buona relazione di insegnamento/apprendimento non debbano
trasmettersi solamente capacità e contenuti, ma anche modalità di relazione e approccio
verso il prossimo. La funzione docente evoca la funzione genitoriale di contenimento e
interiorizzazione degli aspetti contestuali dell’esperienza di apprendimento. Tale funzione
si sviluppa all’interno di uno spazio relazionale in cui è necessario cogliere ogni emozione,
ogni sentimento che possa supportare le modalità di apprendimento del discente.
Ognuno di noi, bambino, adolescente, adulto, in quanto persona distinta da ogni altra per
cultura, trascorsi, qualità di vita, può avere una intelligenza decisamente brillante, creativa,
senza per questo riuscire ad esprimersi pienamente, in tutte le sue potenzialità perché gli
manca quella fiducia interiore che spinge a realizzare i propri obiettivi. Queste possibilità
latenti sono influenzate dalle persone da cui è circondato, dall’ambiente in cui vive, dalle
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relazioni personali e sociali. Nel caso si evidenzino carenze o mancanze di stimoli emotivi
in questo ambito, le possibilità non riusciranno ad emergere.
Ciascun insegnante sviluppa una metodologia lavorativa personale conforme al proprio
punto di vista sulla funzione docente. È importante che l’adulto-educatore si renda conto
dell’importanza di favorire e stimolare la diversità, la creatività, la divergenza, per non
soffocare i “talenti” di ogni ragazzino, diversi da quelli di ogni altro.
Chi considererà prioritario lo svolgimento del programma scolastico con i suoi rigidi
obiettivi, non permetterà facilmente che il carattere di divergenza con cui si sanno
esprimere alcuni allievi possa emergere. La gratificazione per un docente dovrebbe essere
la consapevolezza di essere co-autore di un cammino importante da parte dell’alunno, di
formazione e di esplicitazione del proprio sé sempre più maturo.
L’insegnante deve essere mezzo significativo di stimolazione ed incoraggiamento per ogni
allievo, che deve sentirsi libero di essere se stesso senza imbarazzi e confronti.
È quindi necessario aiutare ognuno a trovare la propria strada, che non è la stessa per
tutti, ma che si conforma al carattere esclusivo di ogni fanciullo, all’ambiente in cui vive,
agli affetti che lo circondano, alle difficoltà che incontra.
Per insegnare, afferma Platone, c’è bisogno ell’Eros, cioè dell’amore. È la passione
dell’insegnante per il suo messaggio, per la sua missione, per i suoi allievi che garantisce
un’influenza possibilmente salvifica, che fa sbocciare una vocazione da matematico, da
letterato o da scienziato.
Come il maestro di bottega, l’insegnante sollecita le capacità facendo leva sulle
disposizioni interne dei suoi alunni e li aiuta nella ricerca di un apprezzabile grado di abilità
(saper fare). L’insegnante fornisce conoscenze; crea
contesti favorevoli all’esercizio,
all’autonomia, all’agire responsabile; suggerisce, struttura, guida, corregge e incoraggia.
Attraverso l’esperienza che organizza e i messaggi che invia, l’insegnante-maestro di
bottega promuove nei suoi allievi lo sviluppo della motivazione interna e di una buona
immagine di sé.
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Cosa vuol dire educare – insegnare
Educare ed insegnare presuppongono la capacità di operare una relazione d’aiuto alla
persona considerata nella sua globalità, nella sua interezza. L’insegnante deve essere
lontano dal prendere in considerazione il modello semplicistico del "travaso", secondo il
quale l’allievo è un contenitore in cui vanno travasate le conoscenze. L’educatore non può
pensare di avere a che fare con una patologia o una situazione di disagio ma deve
credere di avere a che fare con un essere umano che ha le sue caratteristiche, positive o
no, ma che comunque merita rispetto e attenzione. Ambedue devono riuscire a
comprendere il linguaggio del ragazzo, regredendo al suo livello, confrontandosi con
quella una parte di sé molto profonda, a quel bambino che è ognuno. Si tratta di una vera
e propria regressione, ma una regressione non patologica, che è quindi in grado di gestire
nel medesimo tempo sia il ruolo del bambino sia quello dell’adulto e che permette una
maggiore e più piena comprensione dell’animo infantile o adolescenziale.
La
funzione
che
deve
prevalere
in
questo
tipo
di
professioni
è
quella
di
accompagnamento, di guida non direttiva.
La mediazione e la facilitazione
In genere gli stili orientati al controllo, interpretano la relazione educativa in termini di
dominanza/sottomissione e si esprimono attraverso comportamenti esigenti, antagonistici
e competitivi, critici e disconfermanti.
I metodi orientati alla mediazione e della facilitazione, che si contrappongono ai primi e
che si propongono di rendere accessibili i saperi dell’alunno attraverso un efficace
dosaggio dei contenuti, strategie e rinforzi che permettono di ottenere delle buone
performance e di alimentare la motivazione e la convinzione di essere capaci. È in questa
situazione che l’insegnante attinge alla sua creatività, alle sue conoscenze, alle risorse
proprie e a quelle che può procurarsi nel suo ambiente, anche mediante la ricerca e la
formazione. In questa fase del processo, l’insegnante si preoccupa di far acquisire ai suoi
alunni la consapevolezza delle strategie utilizzate (inadeguate) e di guidarli nella ricerca
di strategie vincenti.
La facilitazione si esprime con stili liberi, sinceri, autorevoli, caratterizzati da basso
controllo e alto livello di accettazione. La relazione educativa che si instaura tende a
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promuovere l’autoregolazione affettiva, liberando l’alunno dall’ansia di dover avere a ogni
costo l’approvazione dell’insegnante o di doversi conformare alle sue attese. Si tratta di
stili che promuovono l’integrazione sociale e il lavoro cooperativo.
Il patto o contratto formativo è la formalizzazione degli impegni a collaborare che i due
soggetti (insegnante e alunno) assumono. Esso esplicita le responsabilità coinvolte, gli
obiettivi condivisi e ciò che ciascuno dei due soggetti può aspettarsi dall’altro. Il patto
permette di chiarire la natura della relazione insegnante-alunno e di fondarla sui criteri di
mediazione e della facilitazione. La facilitazione non è intesa come attività sostitutiva
svolta dall’insegnante ma tramite l’osservazione delle azioni verbali e non che ne
caratterizzano il comportamento.
Le funzioni di facilitazioni che maggiormente ci interessano sono:

Chiarisce il modo, l’ordine del lavoro;

Dimostra un procedimento, una regola, un risultato;

Controlla in modo neutro le informazioni, chiedendo impersonalmente un contributo
agli alunni;

Controlla in modo neutro questioni di routine dando disposizioni e notizie
sull’andamento scolastico, regolando le abitudini di vita della classe;

Controlla in modo neutro l’interazione con gli alunni utilizzando domande che non
esigono risposta precisa;
L’insegnante-facilitatore
Il Facilitatore si propone di sviluppare negli allievi il senso della competenza, il desiderio di
partecipare alla lezione e di eseguire il compito, di lavorare in gruppo (cooperare), di fare
generalizzazioni, di rischiare, di avere fiducia nelle loro capacità e nella vita.
Per realizzare i suddetti scopi il facilitatore deve possedere alcune capacità abbastanza
intuibili:
1. Capacità di prestare attenzione (ascoltare alunni e l’intero contesto educativo) ;
2. Capacità di rispondere (fornire feedback corretti);
3. Capacità di personalizzare (saper stare nel qui e ora);
4. Capacità di iniziare (avviare precisi piani di azione);
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Un insegnante sufficientemente “buono”
Iniziare facendo domande per conoscere i suoi studenti, quali sono le loro precedenti
esperienze e quali conoscenze hanno sull’argomento di studio che si vuole proporre.
Questa apertura incoraggia la partecipazione e predispone all’intesa fra noi e i nostri
alunni.
Introdurre le informazioni gradualmente, a partire dalla presentazione di una mappa
concettuale o una mappa mentale. La mappa può essere arricchita con il contributo degli
alunni, anche sollecitando libere associazioni. Con gradualità, introdurre i contenuti di
studio selezionati in relazione all’argomento del corso.
Dare modo di utilizzare i contenuti appresi. Chiedere agli studenti in che modo possono
essere applicati e in quali contesti di vita (il bridging del metodo Feuerstein).
Sollecitare gli alunni a condividere le loro esperienze e promuovere il mutuo
insegnamento.
Riferimenti bibliografici
Sitografia: eduerte.org
Libro: E. Morin – Insegnare a vivere – Raffaello Cortina Editore
Libro: G. Cerini/M. Spinosi – Voci della Scuola – Notizie della Scuola