traduzione. - Trieste libera da contenzione
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CONTENZIONE: la deriva securitaria Psichiatria: la deriva securitaria “Pratiche di altri tempi, di un’altra epoca, si svolgono quotidianamente nel nostro paese: quelle della contenzione fisica”, dichiara il Dr. Hervé Bokobza, uno dei fondatori del colettivo dei 39, a lungo direttore di un centro per giovani psicotici. Questo esponente dell’ambito psichiatrico continua: “In Francia, ogni giorno, si rinchiudono, si immobilizzano, si legano persone malate. Queste pratiche inumane erano quasi scomparse. Ora, e i controllori dei luoghi di privazione delle libertà l’hanno constatato, sono ormai in netto aumento e in più sono banalizzate, come atti ordinari. Nel progetto di legge sulla sanità, è pure scritto, non senza ciniscmo o ignoranza, che questi atti avrebbero delle proprietà terapeutiche.” INEFFICACIA Secondo lui e qualcun altro, questo non può durare. “Dire no alle contenzioni che fanno male, che fanno urlare, che spaventano soprattutto, è dire sì ad un minimo di fraternità, è riaffermare che è possibile fare in un altro modo. Dire no significa rimettere al lavoro un pensiero affievolito, diventato gelido, significa fare un atto di rigenerazione.” Agli occhi di questi psichiatri, c’è un’urgenza perché non siamo più di fronte solo a qualche caso isolato. “La contenzione è un indicatore della buona o della cattiva salute della psichiatria” sottolinea il Dr. Jean-Claude Pénochet, presidente del Sindacato degli psichiatri degli ospedali. “Più la salute della psichiatria va male, più la contenzione sarà utilizzata.” Ed è proprio così. Tutti i protagonisti notano una progressione delle misure di contenzione, con camere di isolamento, mezzi per legare i malati, alcune di queste misure denotano una cultura del personale di cura che è stata modificata. La D.ssa Christiane Santos, segretaria generale dell’intersindacale per la difesa della psichiatria pubblica, ha condotto un’inchiesta che ha fatto emergere che la pratica della contenzione è utilizzata quasi ovunque. E non è nemmeno dibattuta. Il Dr. Thierry Najman, che dirige un importante polo in un ospedale della regione parigina ha scritto un libro: luogo d’asilo (2) che punta il dito su queste pratiche e, soprattutto, aldilà delle questioni etiche, dimostra la loro inefficacia e la loro incoerenza. Nell’ospedale di Etampes (Essonne) per esmpio, su 9 unità di ospedalizzazione 8 sono strutture chiuse. Perché? “Perché è più pratico.” Ugualmente a Gonesse, Pontoise, Argenteuil, o Eaubonne (Val d’Oise) la maggior parte delle strutture sono chiuse. “Allora che queste decisioni di privazione della libertà sono prese per motivi medici, questa chiusura non è giusitificata che per ragioni cosidette di sicurezza”, scrive Thierry Najman. Altro esempio, più inquietante, quello dei detenuti che dalla prigione vengono trasferiti nell’ospedale psichiatrico, dove conosceranno un regime fuori da ogni legalità. “Ora non sono più detenuti, sono dei pazienti. Sono comunque messi in camera di isolamento durante tutta la durata della loro ospedalizzazione. E sono legati.” Cita uno di essi, contenuto da settimane. “Si paragonava ad un corpo in una bara” racconta il Dr. Najman. VIOLENZA Anche se la legge lo esige, non c’è spesso alcuna prescrizione medica, né per la contenzione, né per l’isolamento. Il Dr. Najman parla “di grande regressione” e denuncia delle “ ragioni invocate (…) tronche”. In effetti, si giustificano le strutture chiuse con la paura di fughe mentre non ce ne sono più nelle strutture aperte. “Le nozioni di precauzione e di sicurezza sono presenti sempre più nell’organizzazione del sistema sanitario, in violazione della dimensione clinica che insiste perché i pazienti siano e debbano restare liberi.” Un recente rapporto dell’ispezione generale degli affari sociali (lgas) stempera d’altra parte la pericolosità di queste fughe: “Nella stragrande maggioranza dei casi, i malati fuggono a piedi, in pieno giorno, passando dall’ingresso principale e, nella quasi totalità dei casi, il ritorno è rapido e le fughe senza conseguenze.” “Il rischio principale è quello di voler sempre proteggersi”, nota il Dr. Najman che dimostra nella sua opera come le strutture chiuse e la contenzione generano tensione e violenza. “La libertà di circolare è sbeffeggiata quando invece è un diritto, anche per i pazienti ospedalizzati senza il loro consenso”, dichiarava ancora il controllore generale dei luoghi di privazione della libertàEccoci dunque: pratiche illegali e la loro banalizzazione ancora più sconcertante. Il Dr. Bokobza lancia, come una sfida: “E’ la nostra responsabilità (del personale medico) ed è quella di tutti i cittadini illuminati di opporsi fermamente a questi atti di contenzione che disumanizzano i malati mentali … Chi tra noi sopporterebbe di vedere il suo bambino o un suo parente stretto, o un amico, con grande sofferenza psichica, attaccato, legato, contenuto, isolato? Chi accetterebbe di sentirsi dire che è per il bene di questa persona cara, quando è possibile agire altrimenti?” E lui dichiarerà, questo mercoledì, durante la conferenza al Senato: “Signore, Signori senatori, questa è la situazione. Non dobbiamo cedere a questa paura, non dovete, voi, gli eletti dal popolo. E’ nostro dovere affermare a voce alta e forte che una psichiatria securitaria va incontro agli interessi dei pazienti e della socità nel suo insieme. Noi siamo persuasi che dire no alla contenzione, che proscrivere questo atto ridarà fiducia e dignità a tutti gli attori del sistema di cura e permetterà alla cittadinanza di ritrovare la sua ragion d’essere.” Sarà egli ascoltato? Oggi, questa domanda paralizza tutto l’ambiente della psichiatria.