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CONSULENZA LEGALE RESA IN FAVORE DI F.I.M.M.G. CUNEO Consulenza a cura dell’Avv. Vanessa Rezza Quesito Quesito 1): Con la presente desideriamo conoscere la normativa in merito alla prescrizione, da parte del medico generale, dei mezzi di contenzione (sponde, tavolini bloccati, cinture addominali, bretelle ecc.) nelle strutture per anziani. 2 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Considerazioni e percorso motivazionale Per contenzione fisica si intende l'uso di mezzi fisici o ambientali che limitano la capacità di movimento volontario della persona assistita. I mezzi di contenzione fisici e meccanici sono i dispositivi applicati al corpo o nello spazio circostante la persona per limitare la libertà dei movimenti volontari. Essi includono: corpetti; bende per polsi e caviglie; fasce addominali e triangoli pelvici; divaricatore inguinale; sedia geriatrica con piano d’appoggio fisso; spondine per il letto. I mezzi di contenzione fisica più comunemente usati negli anziani sono le spondine da letto, le cinture o il tavolino avvolgente da sedia, i bracciali da polsi o da caviglie. La prescrizione della contenzione fisica è di competenza medica, ma le motivazioni alla sua applicazione possono derivare da osservazioni documentate dal personale infermieristico, fisioterapico e di assistenza. Le principali motivazioni che inducono a prescrivere mezzi di contenzione fisica negli anziani istituzionalizzati sono: •
prevenire i traumi da cadute accidentali •
fornire un supporto per una corretta postura, come un ausilio •
prevenire i traumi da comportamento agitato o violento in soggetti disorientati o con turbe dello stato di coscienza •
consentire l'esecuzione di un esame diagnostico o di una terapia •
garantire la sicurezza del trasporto in barella La prescrizione medica dei mezzi di contenzione fisica deve indicare: 1) la motivazione fondata per cui si prescrive la contenzione; 2) il mezzo di contenzione prescritto. Il monitoraggio orario della contenzione deve essere eseguito mediante controllo visivo ogni 2 ore da parte del personale di assistenza salvo diversa prescrizione nel piano assistenziale individuale, per escludere sia eventuali danni come abrasioni o decubiti provocati dai mezzi di contenzione e sia l'evidente necessità di interrompere il loro uso. L'applicazione deve essere limitata alle fasce orarie in cui è strettamente necessaria e comunque per una durata inferiore a 12 ore continuative. Il mutare delle condizioni giustificanti la contenzione autorizzata va comunicato ai sanitari senza ritardo. L'effettuato controllo va documentato con annotazione scritta sul registro delle consegne. La contenzione fisica, inoltre, deve essere soggetta a periodica rivalutazione sul perdurare o meno dell'attualità dello stato di necessità al suo impiego. E' bene ricordare che una prescrizione per essere valida, deve essere preceduta dal consenso informato. 3 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Solo in questo modo la contenzione assumerà dignità propria. Il consenso informato, quando rilevabile, va acquisito su apposito modulo. Va data esauriente informazione al familiare di riferimento della necessità di contenzione. L'acquisizione del consenso informato ha fondamento giuridico nell'art. 32 della Costituzione: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge". Il consenso deve essere richiesto direttamente all'assistito interessato capace di intendere e volere, per il quale non ha alcuna validità il consenso espresso dai suoi familiari, secondo la sentenza n. 16882 del Tribunale Civile di Milano sezione VII del 14 maggio 1998. Il consenso informato deve essere personale, esplicito, consapevole e documentato. I soggetti incapaci di intendere e volere possono essere interdetti, secondo l'art 414 del codice civile, e il loro trattamento richiede il preliminare consenso informato validamente espresso dal rappresentante legale nominato dal giudice tutelare (artt. 424, 354 CC). In alternativa, ai sensi della legge n. 6 del 9 gennaio 2004, si può richiedere al giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno per la persona incapace di autodeterminarsi. In caso d'opposizione del rappresentante legale a trattamenti ritenuti dal medico necessari e indifferibili a favore di persone incapaci, il medico è tenuto ad informare il Giudice Tutelare, presso il Tribunale locale, il quale può ordinare l'esecuzione dei provvedimenti che giudica necessari (artt. 424, 361 e 333 CC). L'intervento sanitario senza il consenso dell'interessato è giustificato solo dallo stato di necessità (art. 54 codice penale) in cui la prestazione sanitaria appare "necessaria e indifferibile per la tutela della vita o della salute dell'assistito e per prevenire a lui un danno grave", secondo la sentenza n. 12.529 del 12.11.1999 della Cassazione Civile sezione III e la sentenza della Cassazione Penale sezione IV del 12.07.2001. L'art. 54 del codice penale afferma: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo". Il principio di proporzionalità richiama la necessità che la motivazione alla contenzione fisica sia sempre adeguata alla situazione reale e attuale. Infatti il codice deontologico per gli infermieri professionali del 1999 afferma all'art. 4.10: "L'infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento." L'art. 41 della legge n. 354 del 26 luglio 1975 afferma: "Non può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia espressamente previsto dal regolamento e, comunque non vi si può far ricorso a fini disciplinari, ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire l'incolumità del soggetto. L'art. 60 del Regio Decreto n. 615 del 1909 che afferma: "Nei manicomi debbono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con "l'autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell'istituto". Tale autorizzazione deve indicare la natura del mezzo di coercizione." 4 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Il ricorso ingiustificato, per motivazione o per durata, a mezzi di contenzione fisica è illecito e può configurare principalmente le seguenti ipotesi di reato: art. 610 c.p. violenza privata; art. 590 c.p. lesioni personali colpose; art. 571 c.p. abuso dei mezzi di correzione o di disciplina; art. 572 c.p. maltrattamenti continuati o ripetuti. E' raccomandata l'adozione di linee guida condivise per garantire la correttezza dei trattamenti e del loro monitoraggio e per tutelare utenti e operatori da errori dannosi . L'art. 27 della Costituzione afferma che la responsabilità penale è personale. La responsabilità dell'applicazione e del monitoraggio dei mezzi di contenzione implica dunque la valutazione della condotta di "tutti" i soggetti coinvolti nell'assistenza (art. 110 c.p.) e quindi richiede la documentazione dei compiti attribuiti ad ogni ruolo in un protocollo e la documentazione del loro corretto svolgimento in apposite schede. I mezzi di contenzione possono essere, pertanto, applicati solo in circostanze eccezionali, quali: ∙ situazioni di emergenza, quando il comportamento del paziente rappresenti un immediato pericolo per sé o/e per altri, e l'uso della contenzione si dimostri la scelta migliore; ∙ caso di auto ed eterolesionismo; ∙ protezione di presidi medicali specialmente quando necessari per l'immediato benessere del paziente ∙ quando è in pericolo la sicurezza del paziente in quanto soggetto a caduta conseguente ad ogni tentativo di alzarsi o camminare ; ∙ stato di incoscienza od ebrezza ; ∙ periodo pre e post sedazione; ∙ trasporto con barella; ∙ per mantenere il corretto allineamento posturale in soggetti con deficit psicomotorio che necessitano di un ancoraggio e supporto ortesico. La contenzione è, quindi, solo una misura temporanea. Infatti prima debbono essere valutate le condizioni dell’ospite, con particolare attenzione ad eventuali possibilità alternative. E' chiaro, quindi, che la contenzione rimane una pratica illegale, laddove applicata senza il consenso del paziente. Con riferimento a soggetti cognitivamente integri il medico avrà quindi il dovere di informarli al fine dell'acquisizione del consenso, tenendo conto di alcune peculiarità non potendo prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo individuo ed avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile (cfr. art. 30 Codice Deontologico medico). Nel caso, invece, di soggetto dichiarato legalmente interdetto l'obbligo informativo andrà espletato nei confronti del tutore (cfr. art. 33 Codice Deontologico medico). 5 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Spesso, però, nelle case protette, nelle residenze sanitarie assistenziali e nei centri diurni sono ospitati soggetti interessati da disturbi psicologici ‐ comportamentali per i quali il trattamento d'urgenza degli stessi disturbi diventa quotidianità. E' evidente come per tali soggetti risulti arduo esprimere un consenso valido in quanto è difficile pensare ad un loro coinvolgimento nell'iter decisionale. È anche vero, però, che la diagnosi di demenza non indica di per sé una perdita della competenza intesa come la capacità di comprendere una situazione e di prendere decisioni al riguardo. Nelle prime fasi della malattia è infatti possibile che il paziente sia ancora in grado di valutare correttamente una situazione e prendere quindi decisioni al riguardo. Questo perché la competenza non è un concetto unitario: esistono molteplici abilità funzionali differenti, per cui il soggetto può non essere più in grado di guidare la macchina ma ancora in grado di esprimere il proprio consenso (ad esempio, per partecipare ad una sperimentazione medica). Si parla quindi di standard soggettivo che corrisponde a ciò che quel determinato paziente può comprendere e in merito al quale decidere. In questo caso, informazione e acquisizione del consenso dovranno confrontarsi con diverse capacità decisionali. Quando però la perdita di competenza è tale da rendere difficoltoso il coinvolgimento dell'anziano nell'iter decisionale sarà il medico a dover decidere assumendosi ogni responsabilità in merito. Corre onere evidenziare, infatti, che la posizione di garanzia rivestita dal sanitario pubblico costituisce espressione dell'obbligo di solidarietà garantito dalla Costituzione, funzione che gli conferisce addirittura l'obbligo giuridico di intervenire sancito dall'art. 40 c.p. secondo il quale " non impedire un evento che si ha l'obbligo di impedire equivale a cagionarlo ". A questo deve necessariamente aggiungersi che le professioni sanitarie in genere, le quali costituiscono " servizi di pubblica necessità " ai sensi dell'art. 359 c.p., implicano talora l'uso di violenza personale nell'interesse del paziente. È chiaro il riferimento allo stato di necessità disciplinato dall'art. 54 del Codice Penale secondo il quale il medico che abbia applicato la misura di contenzione, pur avendo compiuto un reato (in quanto ha limitato la libertà di movimento di una persona senza il consenso di quest'ultima) non sarà punibile qualora vi sia stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. In tali circostanze il medico ha non solo il diritto ma anche il dovere di agire anche in assenza di esplicito consenso in quanto, in caso contrario, potrebbe incorrere nell'accusa di abbandono d'incapace. 6 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Perché possa dirsi sussistente lo stato di necessità, e quindi perché il medico che ha applicato la misura di contenzione prescindendo dal consenso del paziente non sia punibile, è però necessario che sussista il cosiddetto principio di proporzionalità. Oltre all'imminenza e alla non evitabilità del pericolo si richiede quindi la proporzionalità del fatto al pericolo; più precisamente si richiede quell'adeguatezza d'intervento verso i rischi cui il soggetto andrebbe incontro non applicando, nel caso concreto, la misura di contenzione. È evidente quindi che la contenzione non potrà mai essere dettata da motivazioni di carattere punitivo o giustificata per sopperire a carenze organizzative. Da quanto detto discende come naturale corollario che, durante tutto il periodo in cui viene contenuto, il paziente dovrà essere assistito continuativamente e in maniera personalizzata. Non solo ma come un qualsiasi atto sanitario, la contenzione non è mai un processo statico, ma sicuramente di tipo dinamico: la rivalutazione del processo, sia nel perseguimento dei suoi obiettivi (mettere in sicurezza il soggetto e gli altri), sia nei suoi standard procedurali, va affrontato e rivisto periodicamente. I principi sopraesposti trovano integrale applicazione anche nel Codice deontologico dell'infermiere che, all'art. 4.10, prevede espressamente l'obbligo per l'infermiere di adoperarsi “ affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologia sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l'interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali ”. Tale documento, prevedendo esplicitamente la possibilità da parte dell'infermiere di contenere, viene a far rientrare di fatto tra le competenze dello stesso l'applicazione della predetta misura ovviamente nei limiti e nei modi posti dal Codice Deontologico stesso (art 4.10. Rapporti con la persona assistita ) e nel rispetto della libertà e dignità della persona (art. 2. Principi etici della professione ). Naturalmente possono verificarsi situazioni talmente urgenti da non consentire la possibilità di seguire la procedura sopra descritta o addirittura che il medico non sia presente fisicamente in reparto. In questo caso, perché l'infermiere possa contenere il paziente dovrà sussistere, come già illustrato il cosiddetto stato di necessità. Interessante in tale ambito si pone la questione del dissenso al trattamento sanitario e, più precisamente, all'applicazione della misura di contenzione. Quid iuris qualora il paziente, anziché essere incapace a consentire, rifiuti l'applicazione della misura di contenzione laddove il rifiuto sia attuale, lucido ed informato rispetto alle condizioni di salute e ai rischi eventuali Il medico potrà intervenire ugualmente e quindi contro la volontà del paziente? E se sì con quale strumento, giuridico? 7 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net É certo che il dissenso di una persona è cosa profondamente diversa dall'incapacità a consentire; nel dissenso infatti si ha una manifestazione di volontà che decide in ordine alla propria salute sia pure negativamente in quanto frutto del particolare diritto alla libera autodeterminazione. La Costituzione italiana, inoltre, al II comma dell'art. 32, non impone di curare certe malattie ma di subire determinati trattamenti; e perché ciò possa avvenire occorre che vi sia un interesse della collettività. L'interesse della collettività non è quello di un numero indefinito di persone ma la somma dei singoli che costituiscono un certo contesto sociale ed è interesse‐diritto alla propria salute. Non può cioè trattarsi né di sanità pubblica, né di sicurezza pubblica ma di salute pubblica. Insomma perché un trattamento sanitario possa, secondo legittimità costituzionale, essere imposto occorre che sia finalizzato sia alla cura della persona che lo subisce sia ad un interesse per la salute della collettività. Sono quindi fuori dal dettato costituzionale quei trattamenti imposti unicamente allo scopo di tutelare o solo la salute del singolo o solamente la salute della collettività. Quando questi requisiti materiali sussistono, per imporre il trattamento sanitario occorre che il legislatore si pronunci normando nella forma di legge. La dottrina giuscostituzionalistica è inoltre concorde nel ritenere tale riserva di legge rinforzata dal rispetto della dignità della persona umana (si ricorda infatti che ai sensi dell'art. 13 Cost. la libertà personale è inviolabile). In tale ambito si pongono come contrari al requisito del rispetto della dignità della persona umana quei trattamenti imposti unicamente al fine di garantire la salute del solo paziente. In tal modo, infatti, egli verrebbe ad essere privato del diritto alla libera autodeterminazione sulla base di principi di uno Stato paternalistico. Solo quindi in presenza dell'esecuzione di un trattamento sanitario obbligatorio per legge il medico potrà prescindere dal consenso del paziente. In Italia non esiste neanche una normativa speciale che regoli l’utilizzo dei mezzi di contenzione. Si ribadisce che i mezzi di contenzione possono essere utilizzati solo con l’autorizzazione del Direttore o di un medico dell’Istituto. E’ molto importante la Nota del Ministero della Sanità n. 800.7/277 del 1992 in cui sono suggerite alcune norme per un corretto uso dei mezzi fisici di contenzione. 1) La prescrizione deve essere di esclusiva competenza medica e deve risultare documentata nella cartella clinica; 2) I mezzi di contenzione devono essere applicati in modo corretto, evitando compressioni a livello degli arti; 3) Devono essere mantenuti il tempo strettamente necessario; 4) I pazienti devono essere regolarmente controllati durante l’uso dei mezzi di contenzione. Poiché è labile il confine che la giurisprudenza traccia tra un uso lecito e illecito dei mezzi di contenzione è auspicabile che ogni struttura sanitaria sviluppi un protocollo multidisciplinare, comprensivo di una scheda 8 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net di prescrizione che, firmata dal medico, riporti la diagnosi medica, i mezzi contenitivi adottati e le osservazione di altri professionisti come l'infermiere e il fisioterapista, che ne giustifichino l'utilizzo. La giurisprudenza in merito alla responsabilità per danni subiti da un paziente ha statuito che la Casa di Ricovero per anziani risponde a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale relativamente alle lesioni subite in vita da un paziente a seguito di una caduta a causa della quale abbia riportato delle lezioni. Laddove risulti accertato che il sinistro sia da addebitare all'esclusiva responsabilità del personale infermieristico, che non abbia osservato le prescrizioni imposte dal medico della struttura, ne consegue che in capo a quest'ultima si configura una responsabilità contrattuale, scaturente dalla violazione dell'obbligo di corrispondere oltre alle cure mediche la protezione delle persone non autosufficienti, ed una responsabilità extracontrattuale relativamente alla lesioni colpose causate alla paziente ed all'omissione di soccorso, laddove, solo a seguito dell'intervento dei familiari, ne sia stato disposto il trasporto in ospedale (Cfr.: Giudice di pace Milano Sez. VI, 11.04.2011). Inoltre il Tribunale di Trieste con la sentenza del 12.01.2011 ha stabilito che non è configurabile alcuna responsabilità in capo alla struttura medico‐
ospedaliera per l'evento dannoso subito da un proprio paziente e consistito nella caduta dello stesso dal letto, allorché risulti provato che il medesimo perfettamente in grado di intendere e volere, nonostante fosse stato informato della possibilità di apporre, per ragioni di sicurezza, le bandine, si era a ciò fermamente opposto. Deve, pertanto, escludersi la responsabilità in capo alla predetta struttura, dal momento che le bandine, in quanto mezzo di contenzione, non potevano essere imposte al paziente, contro la sua volontà, senza incorrere nel reato di sequestro di persona. 9 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Conclusioni in sintesi In conclusione alla luce di quanto esposto e sulla scorta di quanto osservato e del quesito così come formulato si ritiene che in Italia non esista una normativa speciale che regoli l’utilizzo dei mezzi di contenzione. Si ribadisce che la prescrizione della contenzione fisica è di competenza medica e che i mezzi di contenzione possono essere utilizzati solo con l’autorizzazione del Direttore o di un medico dell’Istituto. E’ importante sottolineare quindi che 1‐ la prescrizione deve essere di esclusiva competenza medica e deve risultare documentata nella cartella clinica; 2‐ I mezzi di contenzione devono essere applicati in modo corretto, evitando compressioni a livello degli arti; 3‐ Devono essere mantenuti il tempo strettamente necessario; .4‐ I pazienti devono essere regolarmente controllati durante l’uso dei mezzi di contenzione. Inoltre la prescrizione da parte del medico di mezzi di contenzione per essere valida deve essere preceduta dal consenso informato. Questo è quanto si ritiene sulla scorta del quesito come formulato. Si resta a disposizione per ogni chiarimento e supporto. Riferimenti normativi 10 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Art. 32 Cost. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana
Art. 54 c.p. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri
dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né
altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato
dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha
costretta a commetterlo
Art. 571 c.p.
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua
autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per
l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo
o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli
un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.
articoli 582 e 583, ridotte a
Art. 590 c.p.
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con
la multa fino a euro 309.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619,
se è gravissima della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è
della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni
gravissime è della reclusione da uno a tre anni. Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione
stradale, se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2,
lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto
sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei
mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro
anni.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle
violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni
cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso,
limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale
11 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Art. 610 c.p.
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con
la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.
Codice Deontologico dell’infermiere in Profilo Professionale dell’infermiere (D. M. Sanità N. 739/94) Art. 4.10 L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologia sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale assistenza. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l’interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alla necessità istituzionali. Codice di Deontologia Medica Art. 17 Rispetto dei diritti del cittadino Il medico nel rapporto con il cittadino deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona. Art. 30 Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico‐terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; il medico nell’informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico‐terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata. Art. 32 Acquisizione del consenso Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 30. 12 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo 34. Art. 33 Consenso del legale rappresentante Allorché si tratti di minore, interdetto o inabilitato il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale. In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l'autorità giudiziaria. R.D. 16.08.1909 n. 615 1 Art. 60 Nei manicomi debbono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione
degli infermi e non possono essere usati se non con l'autorizzazione scritta del direttore o di un medico
dell'istituto.
Tale autorizzazione deve indicare la natura e la durata del mezzo di coercizione.
L'autorizzazione indebita dell'uso di detti mezzi rende passibili coloro che ne sono responsabili di una
sanzione amministrativa da lire 60.000 a lire 200.000 (56), senza pregiudizio delle maggiori pene
comminate dal Codice penale.
L'uso dei mezzi di coercizione è vietato nella cura in case private. Chi contravviene a tale disposizione è
soggetto alla stessa pena stabilita dal comma precedente.
13 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net NOTE 1
R.D. 16.08.1909 n. 615 Regolamento sui manicomi e sugli alienati. Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 settembre 1909, n. 217. Per le attribuzioni già demandate al Ministero dell'interno e al Prefetto, vedi ora nota 1/a all'epigrafe del provvedimento riportato al n. A/I. 14 Centro Studi di Diritto Sanitario – www.dirittosanitario.net