l`uso adolescente del mondo virtuale

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l`uso adolescente del mondo virtuale
ADOLESCENTI
CREATIVI O IPNOTICI?
L’USO ADOLESCENTE
DEL MONDO VIRTUALE
di Elisa Mendola
[email protected]
Una recente ricerca condotta su più di mille
adolescenti, volta ad analizzare le rappresentazioni che i ragazzi hanno dell’utilizzo degli
odierni mezzi di comunicazione fornisce dati
che sembrano stravolgere le convinzioni esistenti sulla realtà del virtuale e aprono un conflitto tra mondo giovanile ed adulto.
La ricerca psicologica ha rivolto una specifica attenzione a ciò che accade in età evolutiva, poiché
l’avvento dei nuovi mezzi tecnologici, gioca un
ruolo rilevante nel delineare caratteristiche e sembianze di meccanismi, percorsi e situazioni riguardanti l’odierna adolescenza. Le menti dei genitori
e degli insegnanti sono affollate da paure connesse
alle sempre maggiori conoscenze dei figli verso quel
mondo così astratto, virtuale e spesso contrapposto
(nella mente dei grandi) a quello reale, come se i
giovani abdicassero a un sano e fisiologico processo
di crescita.
Ma pochi colgono la necessità crescente dei giovani
di essere sempre in contatto, di richiamare i pari
come oggetto a sostegno delle separazioni in atto.
Per non sentirsi esclusi, i ragazzi sono strettamente collegati al bisogno di amicalità con funzione
consolatoria e di condivisione di emozioni e pensieri (M. Lancini, L.Turuani, Sempre in contatto.
Relazioni virtuali in adolescenza, Franco Angeli,
Milano 2009).
Il gruppo dei coetanei assume sempre più i connotati di un “circolo” all’interno del quale si apprendono nuove abilità sociali relative alla conversazione,
all’assertività, al rapporto con il proprio e l’altro
sesso, alla capacità di incanalare impulsi aggressivi
e altre emozioni forti; nel gruppo si impara a sperimentare diversi ruoli sociali, ci si orienta sul piano
normativo e valoriale.
La tecnologia può quindi offrire un supporto
nella crescita?
Sì se il soggetto non lo ritiene l’unico luogo nel quale potersi esprimere, se non diventa l’unica modalità per conoscere e farsi conoscere.
Ma nel caso di una crescita normale, in un processo
di maturazione non eccessivamente problematico,
le chat diventano una palestra sociale il cui scopo
è incontrare il gruppo per contrastare i sentimenti
crescenti di solitudine e isolamento. Il ragazzo si allena così alla relazione, al possibile scontro o scambio di opinioni, si prepara all’incontro con l’altro.
L’uso (non abuso) della tecnologia può offrire un
sostegno alla fragilità narcisistica tipica dell’età
di transizione. Al giorno d’oggi non si può più mettere in discussione se utilizzare questi mezzi, ma
ci possiamo interrogare sul come: i bambini nascono con un mondo virtuale accessibile e diffuso, non avendo quindi memoria di quando queste
realtà non esistevano, presupponendo sia quasi
impossibile viverne senza.
A causa di una profonda fragilità narcisistica il comportamento dei ragazzi presenta da un lato condotte estreme e pericolose nelle quali il punto cardine
è fare mostra di sé e di grandi imprese (ne sono
un esempio le condotte estreme come il cyber bullismo e il sexting e nuovi fenomeni come l’happy
slapping) e dall’altro l’ancoraggio a internet come
unico mezzo di contatto con il mondo esterno per i
ragazzi ritirati socialmente.
Per esempio, nei momenti di solitudine, quando la
noia può facilmente prendere il sopravvento, scrivere messaggi con il cellulare sembra costituire per
i ragazzi intervistati una valida ancora di salvezza
contro la possibilità di sperimentare sentimenti di
isolamento dal resto del mondo1 .
La noia è, infatti, un’emozione molto nota agli adolescenti. L’adolescente concentra l’interesse all’interno per poter scoprire il proprio vero sé, compromettendo per qualche tempo la sua capacità di
amare il mondo esterno.
Lo sviluppo della creatività e delle capacità espressive richiedono questo temporaneo esilio, la disdetta della propria dipendenza dalle relazioni esterne.
Questo stato affettivo, ancor di più che in passato,
appare come un appuntamento obbligato per i nuovi adolescenti narcisisticamente fragili, tanto che
trovare una soluzione intelligente al dolore mentale prodotto dalla noia sembra rappresentare una
delle sfide più importanti e complicate del processo di crescita adolescenziale (G.Pietropolli Charmet, I nuovi adolescenti Raffaello Cortina, Milano
2000; G.Pietropolli Charmet, Manuale di psicologia
dell’adolescenza: compiti e conflitti, Franco Angeli, Milano 2008).
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E
L’adolescente prezioso e fragile si annoia molto,
pur avendo a disposizione una miriade di iniziative,
oggetti, possibilità e libertà, spesso si aggira alla
ricerca di stimoli e mete più convincenti di quelle
a portata di mano.
Se la possibilità di condividere a distanza un pensiero può far sentire meno soli, ciò sembra confermare l’idea che fare ricorso a un messaggio sia una
risorsa, un’opportunità e non una necessità spasmodica e irrefrenabile 2.
Le critiche e le accuse relative al disinvestimento
nella relazione e nella socializzazione che spesso
accompagnano il punto di vista adulto sulle nuove
tecnologie tra le mani dei giovani, sembrano pertanto trovare importanti disconferme.
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione tentano di superare i limiti imposti
dalla relazione vis à vis e, in qualità di dispositivi
di mediazione, sostituiscono l’esperienza diretta
dell’altro con una percezione mediata. La comunicazione attraverso tali strumenti prevede una
riduzione dei vincoli spazio-temporali e una separazione contestuale degli interlocutori.
Inoltre, a seconda delle caratteristiche del medium
considerato, comporta una diversa disponibilità di
canali comunicativi (multimedialità), che risultano, però, utilizzati in numero inferiore rispetto a
quanto avviene nella relazione naturale.
I recenti prodotti della tecnologia e dell’elettronica hanno delineato nuovi confini tra mente e
realtà, hanno modificato la percezione delle proprie appartenenze, mettendo in discussione la corporeità e la soggettività degli agenti l’interazione
comunicativa.
L’utilizzo di strumenti di comunicazione tecnologica da parte di adolescenti nati e cresciuti simultaneamente al diffondersi di internet coinvolge gli
adulti con responsabilità educative e cliniche.
La virtualità è un luogo di contraddizioni dato dalla
condanna ideologica da una parte e dall’adesione
entusiasta e acritica dall’altra. D’altronde il gioco
virtuale favorisce il processo di simbolizzazione,
come pensiero astratto sperimentabile in un ambiente protetto, nel quale tutto è ammissibile (la
rete). Un ponte tra la concretezza dell’agito (realismo di immagini e situazioni) e l’astrattezza del
simbolizzato (virtualità).
I possibili danni dati da un abuso mediatico esistono: sul piano fisico sono legati a uno stile più sedentario dato dal minore movimento, sul piano psi-
cologico, la “tecnologia dell’assenza” (A. Oliverio
Ferraris, La ricerca dell’identità, Giunti, Firenze
2002) facilita lo sviluppo di norme auto rappresentative idealizzanti, l’identità psichica diventa
molteplice, si costruisce diverse vie di fuga non
essendo vincolata al mondo concreto.
Queste modalità comunicative non vanno quindi
demonizzate per motivi ideologici o di ignoranza,
ma vanno studiate, comprese e inserite in un processo evolutivo che fa parte della nostra vita (seppur ricordando ai bambini odierni che non esistono
solo giochi virtuali e riscoprendo insieme a loro la
naturalezza dei “giochi di cortile”), riuscendo comunque ad essere regolativi, applicare norme di
utilizzo e porre dei limiti.
1
L’età media in cui si entra in possesso del primo cellulare è di circa 12 anni e la maggior parte dei ragazzi ritiene che la principale
funzione del telefonino risieda nella possibilità che offre di essere sempre in contatto con gli amici (45%), seguita dall’opportunità di
scambiarsi informazioni utili (34%). Una percentuale minoritaria dl campione indica, invece, l’essere rintracciabile dai genitori (16%)
e il giocare e fare fotografie o ascoltare musica (4%).
2
Secondo i punteggi ottenuti alla Ysr (Youth Self Report) sono i ragazzi che non utilizzano mai Msn né gli Sms ad avere più problematiche di ritiro e difficoltà nelle relazioni, e non quelli che ne fanno ricorso quotidianamente.
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