Il bambino ansioso
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Il bambino ansioso
Indice Capitolo primo Cos’è l’ansia e come ridurla 7 Capitolo secondo I disturbi d’ansia nell’infanzia e nell’adolescenza 29 Capitolo terzo Programma COPE – prima fase: calmare il sistema nervoso 45 Capitolo quarto Programma COPE – seconda fase: originare un piano fantasioso 83 Capitolo quinto Programma COPE – terza fase: persistere nonostante gli ostacoli e gli insuccessi 125 Capitolo sesto Programma COPE – quarta fase: esaminare, valutare e perfezionare il piano 153 Capitolo settimo Favorire la riduzione dell’ansia nel bambino attraverso lo stile educativo 181 Appendice A Riassunto delle attività e dei loro obiettivi 201 Appendice B Soluzioni ai problemi delle attività 209 Bibliografia 211 Capitolo primo Cos’è l’ansia e come ridurla Alcune preoccupazioni dei genitori «La mia Katia chiacchiera continuamente. È una macchinetta… ma quando le si chiede di recitare o cantare qualcosa, anche solo per noi familiari, s’irrigidisce fino al punto di bloccarsi completamente. Vorrei poterla aiutare a rilassarsi di più.» «Sin dalla nascita, Sam è sempre stato un mammone. Ha avuto grosse difficoltà ad andare all’asilo e, anche ora che è in terza elementare, mi pensa continuamente e non vede l’ora di tornare a casa. Non posso andare da nessuna parte senza di lui. Abbiamo cercato di aiutarlo ad avere meno paura, ma non ha funzionato.» «Damian ha il terrore degli animali. Odia camminare per strada da solo. Ha paura che uno scoiattolo gli possa saltare addosso! L’abbiamo portato da uno psicologo, che lo ha aiutato a pensare alle sue paure in modo diverso e per un po’ le cose sono andate meglio. Poi un cane gli ha abbaiato contro e lui si è spaventato di nuovo.» «No, non credo che Anna sia una bambina timorosa. Fa la maggior parte delle cose che fanno gli altri bambini, solo che ogni cosa che deve fare la preoccupa. È molto capace, ma ha costantemente paura di non farcela. Ce la mette tutta per superare questi suoi timori e noi cerchiamo di farle notare che sta migliorando. Lei però non se ne accorge. Non si rende conto dei progressi che ha compiuto.» Le testimonianze di questi genitori rispecchiano i quattro problemi centrali che tutti i bambini ansiosi si trovano ad affrontare. 7 Questi bambini, infatti: 1. trovano più difficile, rispetto ad altri bambini, calmarsi quando si trovano in una situazione stressante; 2. benché molti risultino al di sopra della media per quanto riguarda la creatività, raramente mettono a frutto questa loro abilità nell’ideare un piano adeguato per fronteggiare la loro ansia; 3. anche quando hanno un buon piano, tendono a scoraggiarsi facilmente e spesso rinunciano a seguirlo; 4. pur compiendo progressi nel limitare la propria ansia, non riescono a riconoscere i miglioramenti compiuti. Non è semplice essere il genitore di un bambino ansioso. Spesso non si sa quale sia la causa della sua ansia e, a volte, non si è nemmeno consapevoli del fatto che lui abbia qualche timore particolare. L’ansia è stata chiamata la sofferenza silenziosa proprio perché la maggior parte delle persone che ne soffrono è capace di nascondere agli altri il proprio malessere. Cosa possono fare quindi i genitori per aiutare i loro bambini? La buona notizia è che alcuni studi dimostrano che circa il 90% di tutti i bambini afflitti dall’ansia possono trarre considerevole giovamento dall’apprendimento di abilità di «fronteggiamento». Lo scopo di questo libro è molto chiaro: trasmettere a voi e al vostro bambino la conoscenza di quelle abilità che possono alleviare i vissuti d’ansia. Nei capitoli seguenti proporremo strategie e attività da mettere in pratica per aiutare il bambino a capire e a contrastare, usando metodi nuovi, gli stati ansiosi. Queste strategie rappresentano le basi del programma COPE, sottoposto a sperimentazione con successo da quindici anni nelle scuole e con singoli ragazzi in svariate località degli Stati Uniti. Ognuna delle strategie che formano questo programma è corredata da una serie di attività. Questi esercizi vi aiuteranno a gestire efficacemente i quattro problemi (precedentemente elencati) in cui tutti i bambini apprensivi s’imbattono. Il programma COPE, che verrà descritto più in dettaglio nel corso del libro, è stato realizzato in modo da garantire a tutti i ragazzi l’opportunità di acquisire controllo sulla propria ansia, con l’aiuto di coloro che più di ogni altro li conoscono e amano: i loro genitori. 8 Negli Stati Uniti i problemi legati all’ansia colpiscono bambini e ragazzi in percentuali che oscillano tra l’8% e il 10%. Oltre tre milioni di bambini soffrono di uno (o più) degli otto diversi disturbi legati all’ansia; attualmente è proprio il disturbo d’ansia la diagnosi psichiatrica più ricorrente nella popolazione compresa entro i 16 anni di età. I soggetti ansiosi hanno una probabilità da due a quattro volte maggiore di ammalarsi di depressione e, nell’adolescenza, sono sensibilmente più inclini a incorrere nell’abuso di sostanze. Perché? Sono forse vittime di un qualche evento traumatico che li ha predisposti a essere perennemente in guardia? Sono nati così? Vi sono coinvolti altri fattori? Dalla nostra prospettiva di adulti, quasi tutti noi, ripensando alle preoccupazioni che ci tormentavano nell’infanzia possiamo sorridere della loro infondatezza. Ciò che un tempo ci appariva come un iceberg ora ci sembra poco più grande di un cubetto di ghiaccio. Raggiunta la maturità, abbiamo tutti vissuto delle esperienze di vita che ci hanno dato gli strumenti per valutare i problemi quotidiani e dare loro il giusto peso. I bambini, però, non possiedono né le nostre capacità mentali né la nostra esperienza. Spesso capita che i nostri figli ci pongano domande molto dirette, come ad esempio: «E se non mi prendessero nella squadra di calcio?», «E se non riuscissi a fare quel nodo da marinaio quando tocca a me?» o «E se nessuno si ricordasse del mio compleanno?» È difficile capire se queste preoccupazioni siano manifestazioni normali dei bambini di quell’età o se siano da attribuire a un serio problema di ansia. In questo secondo caso, il bambino vive i compiti e gli avvenimenti quotidiani come sfide estreme, costellate di ostacoli insormontabili. Gli è impossibile pensare a dei risultati positivi in queste situazioni, poiché per prima cosa pensa al fallimento o al pericolo di subire un danno. Non ce la faremo mai! Era una giornata fredda ma soleggiata e io e mio padre ci mettemmo in viaggio, in macchina, verso le montagne San Bernardino per il campeggio delle Principesse Indiane. Si trattava di un gruppo di padri e figlie, molto simile ai gruppi di scout, basato però sulla 9 cultura degli Indiani d’America. Stavamo raggiungendo gli altri componenti della nostra compagnia. Avremmo alloggiato in vere capanne fatte di legno, dormito in caldi sacchi a pelo e cucinato su fuochi accesi da noi stessi. Erano settimane che aspettavo quel viaggio, sognando storie di fantasmi raccontate attorno ai falò, sotto un cielo notturno ricoperto di milioni di stelle. Il viaggio fu lungo, durò oltre due ore, e io e mio padre chiacchierammo di scuola, famiglia e vita in generale, ascoltando la radio. Quando cominciammo a salire la montagna, la mia attenzione venne distolta dalla conversazione e si posò sul panorama che si presentava fuori dal mio finestrino. La strada curvava in stretti tornanti e cominciai a pensare che le due corsie, con senso di marcia opposto, erano decisamente troppo strette per far passare due macchine contemporaneamente. Lungo alcuni tratti della strada non c’erano che fragili protezioni di metallo a separarci dal bordo dei burroni e in altre parti del percorso non c’era addirittura niente che potesse proteggerci da una caduta di centinaia di metri. Cominciai a trattenere il respiro in corrispondenza delle strette curve che costeggiavano i precipizi, provando un enorme sollievo quando arrivavamo a un pezzo di strada in cui il lato del passeggero — il mio — costeggiava la montagna. Alla fine lasciammo la strada principale per prendere quella locale, che ci avrebbe portati diritti verso l’accampamento. Non era asfaltata. Era uno sterrato segnato dai solchi e coperto di ghiaia, che faceva sobbalzare e slittare la macchina mentre guidavamo piano piano alla ricerca del nostro campo. «Abbiamo abbastanza benzina?» chiesi a mio padre. Egli mi rassicurò e continuò a guidare. Cercai di sbirciare l’indicatore della benzina per vedere dove si trovasse la lancetta, ma non ci riuscii. Sollevai il mio corpicino di bambina di sette anni ancora più su, reggendo l’intero peso su polsi e gomiti, ma scorgevo a malapena l’indicatore. Ciò che vedevo, comunque, non mi piaceva affatto. «Sei proprio sicuro che abbiamo abbastanza benzina?» — insistetti. Mio padre cominciava a spazientirsi. «Ti ho già detto di sì. Ne abbiamo ancora tanta. Cosa stai facendo, Lisa? Siediti bene… e allacciati la cintura», ammonì mio padre. «È già allacciata» dissi, continuando a guardare verso l’indicatore. Proprio non ce la facevo a smettere di cercare di capire cosa indicasse la lancetta, così cominciai a trattenere il respiro nuovamente. Immaginai me e mio padre bloccati in mezzo al nulla. Non avrei mai più rivisto mia madre o mio fratello. Saremmo morti lì, tra le montagne, e tutti avrebbero sentito la mia mancanza. 10 «Finalmente…», sospirò mio padre. «Eccoci arrivati!» Svoltammo nel parcheggio del campo e io riconobbi alcune delle mie amichette delle Principesse Indiane. Sentii il sangue circolare di nuovo con vigore dentro di me mentre un enorme senso di sollievo mi pervadeva. «Ce l’abbiamo fatta!» pensai. «Evviva!» La natura dell’ansia La piccola Lisa ha sicuramente vissuto alcuni momenti di ansia opprimente durante il viaggio in macchina con suo padre. Dal punto di vista del padre, invece, Lisa non è mai stata in pericolo, mentre lei ha creduto di sì. Questo indica forse che la bambina aveva qualche serio problema? Prima di cercare una risposta a questa domanda, è necessario approfondire le nostre conoscenze sulla natura dell’ansia. È normale che i bambini provino paura quando percepiscono un pericolo, reale o immaginario che sia. Una moderata quantità di paura può, addirittura, motivarli ad apprendere cose nuove. Sia che la minaccia percepita assuma l’aspetto di un dentista, di una strega o di un serpente, tutti i bambini si imbattono in situazioni stressanti, che cambiano a mano a mano che si matura, avvicinandosi all’adolescenza. Bambini in età prescolare possono, ad esempio, essere spaventati dal buio, dal pensiero di trovarsi soli o dai mostri; bambini più grandi possono temere il rifiuto da parte dei compagni o un eventuale insuccesso nelle attività scolastiche. Il modo in cui ognuno risponde all’ansia dipende dalle diverse personalità di ciascuno. I termini paura, preoccupazione e ansia vengono spesso usati senza particolare distinzione. Vi sono invece sottili differenze che vale la pena di evidenziare. Gli psicologi usano il termine paura per descrivere emozioni di spavento generate da pericoli o minacce ben definiti. La paura è una reazione a un rischio ambientale che si concentra su uno specifico oggetto, individuo o situazione. La preoccupazione è simile alla paura, in quanto si riferisce a reazioni circoscritte a pericoli specifici o presentimenti relativi ad avvenimenti futuri ben definiti. Al contrario, l’ansia è una risposta di timore generica, che risponde a qualcosa di non immediatamente identificabile. Potrebbe essere la sensazione di minaccia del ripresentarsi di qualcosa già ac11 caduto in passato o che potrebbe accadere in futuro. Un bambino o un adolescente ansioso può sentirsi agitato o turbato per avvenimenti sui quali sente di non avere alcun controllo. Quando un ragazzino non riesce a trovare la soluzione a un problema, capita spesso che provi un vissuto di impotenza, che può portare a una crisi personale. In sintesi, l’ansia è una risposta generalizzata nei confronti di persone o avvenimenti che non rappresentano alcun pericolo immediato, ma che all’individuo appaiono come minacciosi. Quando l’ansia diventa un problema Nella più semplice delle accezioni, l’ansia è la sensazione che la propria sicurezza o benessere siano in pericolo. In alcune situazioni, tale potenziale minaccia è presto risolta, come nel caso della prima volta in cui un bambino deve farsi coraggio e immergere la propria testa nell’acqua della piscina per fare le bollicine. In seguito all’applauso per essere riuscito a fare il «pesciolino», la sensazione di minaccia svanisce, lasciando il posto a quella di riuscita. Per alcuni bambini, tuttavia, non è così semplice provare questa sensazione nelle situazioni quotidiane. Essi si trovano, infatti, piegati da un’ansia ben più pervasiva della semplice paura. Quasi sempre, questa emozione è il prodotto di due tipi di distorsioni del pensiero (può presentarsene una sola o entrambe contemporaneamente): 1. una percezione inesatta degli eventi 2. il fraintendimento del significato degli eventi. Vediamo alcuni esempi di distorsioni del pensiero: Evento: «Il cuore mi sta battendo più forte del solito». Percezione inesatta dell’evento: «Ho il cuore che batte all’impazzata; sembra quasi che stia per scoppiare!». Fraintendimento del significato dell’evento: «Se la frequenza del mio battito non diminuisce al più presto, avrò sicuramente un attacco cardiaco e morirò!». Altre tipiche percezioni inesatte degli eventi: «Questa situazione sarà sempre così stressante come lo è adesso». «Nessuno mi capisce». «Sono un debole». 12 Altri tipici fraintendimenti del significato degli eventi: «Poiché sento questa tensione e batticuore, sono sfortunato. Forse me lo merito. Gli altri non stanno così male. Probabilmente questa è una punizione per qualcosa che ho fatto». «Sono quasi sempre così timoroso che ci dev’essere qualcosa che non va in me. Devo avere una qualche malattia (diavolo, sindrome, demone, disturbo mentale) che non mi lascia in pace». «Non vedo alcun pericolo reale, ma ho comunque paura; è chiaro che mi deve essere sfuggita qualche minaccia che presto mi colpirà». Per ridurre o eliminare l’ansia di vostro figlio, questi errori di pensiero devono essere corretti. L’obiettivo di tutte le strategie e attività presentate in questo libro è proprio quello di aiutare il vostro bambino a effettuare questo cambiamento. Questo volume, tuttavia, non vuole in alcun modo sostituire la psicoterapia o il trattamento farmacologico per i casi più gravi. L’unico metodo sicuro per stabilire la gravità del problema del vostro bimbo è l’uso di strumenti validi da parte di psicoterapeuti e psichiatri qualificati. In ogni caso, noi siamo dell’opinione che siano proprio i genitori a trovarsi nella posizione privilegiata per aiutare i loro bambini, soprattutto se provvisti delle nozioni qui esposte. Le principali cause dell’ansia Gli studiosi di psicologia erano soliti spiegare i tratti umani, tra cui l’ansia, basandosi su due cause principali: natura e educazione — ovvero geni e ambiente. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi sulle cause dell’ansia, gettando nuova luce sull’argomento. La principale conclusione a cui si è giunti è che l’ansia deriva sempre dalla sintesi di tre fattori: quello biologico, quello psicologico e quello sociale. I ricercatori si avvalgono del cosiddetto modello biopsicosociale per spiegare l’influenza reciproca tra questi tre fattori. La comprensione di questo modello vi permetterà di avere un approccio ben più approfondito nel fronteggiare i problemi di vostro figlio. Ma vediamo ora più da vicino questi fattori. Benché descritti separatamente, in realtà sono sempre in continua interazione, influenzandosi reciprocamente. 13 Fattori biologici Dall’istante in cui il vostro bambino è stato concepito sono intervenuti dei fattori biologici che ne hanno influenzato la tendenza all’ansia. Alcuni degli indicatori di una predisposizione genetica a questa emozione sono evidenti: un temperamento teso o irritabile o dei ritmi di sonno irregolari. Altri fattori biologici sono altrettanto importanti, anche se meno visibili: i disequilibri ormonali e un’attività cerebrale anormale. La presenza di queste anomalie biologiche fa aumentare il tasso di adrenalina nel sangue. Come risultato, il bambino mostrerà probabilmente alcuni sintomi fisiologici: ad esempio, respiro accelerato, aumento della frequenza del battito cardiaco, sudorazione delle mani, tensione muscolare. Questi sono sintomi comuni anche quando il bambino o l’adolescente, trovandosi in situazioni di stress, prova la cosiddetta reazione d’allarme. Questa reazione coinvolge ventidue risposte fisiologiche (tabella 1.1) solitamente provocate dall’innalzamento del livello di adrenalina. Non è necessario che siano presenti contemporaneamente tutte le risposte fisiologiche indicate per poter dire di provare questa reazione. Paradossalmente, capita spesso che molte persone temano i fastidiosi e invalidanti sintomi della reazione d’allarme più delle cause dell’ansia stessa. Altri fattori fisiologici, come il sonno, la stimolazione ambientale e il cibo possono, in qualche modo e con variazioni da individuo a individuo, influire sulla risposta d’ansia. Ad esempio, vostro figlio potrebbe essere oggetto di un’eccessiva o non sufficiente sollecitazione da parte dell’ambiente. Qualunque bambino, poi, si sente più agitato se non ha dormito abbastanza, se ha mangiato troppi dolci o bevuto bibite contenenti caffeina. Esercitare un controllo sulle abitudini alimentari e del sonno con un bambino è sicuramente più semplice che con un adolescente, più indipendente nelle sue scelte. Facendo loro rispettare una dieta adeguata e facendoli dormire a casa in maniera regolare, aiuterete i vostri ragazzi direttamente e indirettamente. Fattori psicologici Le cause psicologiche dell’ansia sono il risultato dell’interazione tra forze biologiche ed esperienze negative. Un buon esempio 14 Tabella 1.1 Risposte fisiologiche della reazione di allarme 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. Aumento della frequenza del battito cardiaco Sudorazione Iperventilazione (respirazione più veloce e più corta) Costrizione di alcuni vasi sanguigni e dilatazione di altri Sensazione di svenimento, intorpidimento (dovuto al ritiro del sangue dalle estremità, in particolare dal capo, verso il centro del corpo) Secchezza delle fauci, dovuta a diminuita salivazione Voce stridula, dovuta a una costrizione della gola Visione più nitida, dovuta alla dilatazione della pupilla Nausea, dovuta a irritazione intestinale Ridotta capacità digestiva Perdita di appetito Ridotta capacità verbale, a volte con balbettio e farfugliamento Aumento della capacità coagulante del sangue Attivazione del meccanismo «combatti o fuggi» nell’area sottocorticale del cervello Aumento delle abilità motorie Diminuzione delle capacità cognitive, indicate a volte da momenti di indecisione Erezione della peluria della nuca (fa sembrare più grandi gli animali dotati di pelliccia) Eccitazione delle fibre muscolari, a volte fino al tremore (ad esempio, delle ginocchia) Pallore della pelle, in particolare del viso Calo dell’interesse sessuale Ipervigilanza Sensazione generale di tensione può essere ciò che accade quando un bimbo cade dal triciclo. Per la maggior parte dei bambini si tratta di una cosa fastidiosa, ma a cui presto non pensano più. Per un bambino con un sistema nervoso «ad alta tensione» invece, un simile incidente può trasformare i tricicli in oggetti da temere. I fattori psicologici influenzano il modo in cui vostro figlio percepisce e pensa il mondo. I bambini ansiosi assumono uno stato di ipervigilanza — ovvero uno stato amplificato di sensibilità alla possibilità di un pericolo o di 15 una minaccia. Se la mente di vostro figlio è in costante stato di all’erta, è possibile che egli trovi difficile rilassarsi. Se guarda il mondo con occhi sempre vigili, passerà la maggior parte del tempo in uno stato di sconforto, che agirà distorcendo la sua visione della realtà. Fattori sociali I fattori sociali solitamente comprendono l’interazione del bambino con la famiglia, con gli amici e con le altre persone della sua vita. Ognuna di queste persone può contribuire alla sua ansia in svariati modi, ma la loro influenza cambia a mano a mano che il bambino matura. Genitori, fratelli o sorelle, e compagni di gioco possono essere fonti costanti di ansia se sono percepiti come una minaccia. Ad esempio, un fratello maggiore può avere intenzioni giocose, mentre il vostro bambino può essere convinto che voglia fargli del male. Le intenzioni altrui possono essere positive, ma se vostro figlio è predisposto a sentimenti di ansia, anche i piccoli conflitti quotidiani possono apparirgli come particolarmente spaventosi. L’insieme delle modalità comportamentali messe in atto dai genitori nell’allevare i propri figli è detto stile educativo. Molti di questi stili sono stati identificati e ognuno di essi contribuisce in maniera positiva o negativa allo sviluppo infantile. Alcuni genitori richiedono la perfezione dai propri figli. Ne consegue che a questi bambini ogni sforzo compiuto può sembrare inadeguato, insufficiente. Una situazione del genere può creare gravi problemi, come ad esempio generare dei disturbi dell’alimentazione. Avere un genitore o un fratello ansioso contribuisce a innalzare il livello di timore del bambino, in particolare qualora questa figura lo renda partecipe dei suoi problemi. Quando un bimbo vede il proprio modello di comportamento in uno stato d’ansia, può lui stesso interiorizzare tali sentimenti. Non vogliamo certo dire che l’ansia di un bambino sia colpa dei suoi genitori. Gli adulti possono, senz’altro, contribuire al problema, ma i dati delle ricerche indicano che ci sono molteplici elementi ambientali che influenzano i giovani, e i genitori sono soltanto uno di questi. Analizzeremo più avanti, nel settimo capitolo, come gli stili educativi possono promuovere l’indipendenza dall’ansia. 16 Come vedrete nel paragrafo seguente, culture diverse possono offrire un ventaglio di influenze specifiche. Un buon esempio dell’importanza del contesto sociale può essere dato dai bambini delle isole caraibiche. Leggete le considerazioni di due terapeuti che lavorano in una delle isole dell’arcipelago — St. Maarten — che si trova a circa 160 chilometri da Portorico. La dottoressa Karen Philips è nata in Olanda e ha lavorato a St. Maarten negli scorsi sedici anni come psicologa clinica. La dottoressa Judith Arndell è nata a St. Maarten, passandovi la maggior parte della vita. L’ansia nei bambini caraibici La dott.ssa Philips ha osservato che in seguito al passaggio dell’uragano Luis, che ha determinato notevoli devastazioni a St. Maarten nel settembre del 1995, il numero di casi di stress post-traumatico sono aumentati. Ella situa la fonte dell’ansia dei suoi pazienti nelle loro previsioni circa gli avvenimenti ambientali e nel modo in cui parlano con se stessi delle proprie convinzioni. La sua strategia per trattare la loro ansia si basa sulla sostituzione di questi «dialoghi interni» con convinzioni e aspettative più positive. Se i pazienti si rendono conto di poter modificare attivamente le proprie percezioni e i propri pensieri, possono sviluppare un senso di controllo che può determinare una riduzione dell’ansia. La differenza sta nel passare dal concentrarsi ed enfatizzare ciò che potrebbe andare storto a concentrarsi invece su ciò che potrebbe andare per il verso giusto. La Philips è convinta che se i suoi pazienti riuscissero a impegnarsi in maniera più positiva e costruttiva nel compiere dialoghi interni adeguati anziché nel tentativo di contrastare l’ansia, potrebbero ottenere ottimi risultati. La dott.ssa Arndell afferma che più di metà dei suoi pazienti soffre d’ansia. Ritiene che, per i bambini e gli adolescenti dell’area caraibica, i pericoli climatici rappresentino sicuramente un problema. Crede, tuttavia, che il loro problema principale sia l’insicurezza generata dai racconti dei loro genitori, in cui si parla di entità sovrannaturali (uomo nero, demoni, parenti defunti) che puniscono i bambini per il loro cattivo comportamento. I più piccoli sono convinti che questi esseri si nascondano più o meno ovunque, aspettando solo il momento opportuno per punirli. «Il risultato», dice la dott.ssa Arndell, «è che i bambini sviluppano la paura di recarsi in certe stanze, in particolare nei bagni e 17 nelle camere da letto. Molti nutrono vere e proprie ossessioni su queste storie, che spesso generano ansia di separazione, ansia da prestazione e tutta una serie di fobie sociali, e possono essere molto difficili da sradicare. Mettendo a confronto la mia decennale esperienza negli Stati Uniti e il resto della mia carriera qui ai Caraibi, direi che, pur essendo le cause dell’ansia nei bambini americani e isolani spesso diverse, il loro modo di manifestarla è alquanto simile». «Credo che il mio lavoro consista nell’aiutare i ragazzini a smettere di pensare a tutte le cose negative delle loro vite, reali o immaginarie che siano. Insegno loro a non alimentare questo genere di pensieri. Faccio loro vedere come possono sostituirli con idee positive. Quasi tutti i miei pazienti più piccoli hanno proprio bisogno di sforzarsi di sviluppare pensieri relativi alla sicurezza e alla protezione. È ciò che dico anche ai loro genitori: «Se riuscite a convincerli che la loro casa è sicura, avrete contribuito molto a placare la loro ansia». «L’altra cosa su cui punto è quella di vivere nel presente. La maggior parte di questi bambini vive con il pensiero stabilmente rivolto verso ciò che accadrà. Cerco di aiutarli a calmare le paure rispetto a ciò che porterà loro il futuro e a concentrarsi sul presente. Se ci riesco, li avrò già portati sulla via del miglioramento». Ai Caraibi in genere tutti i bambini hanno già vissuto il passaggio di uragani e sono stati educati a credere all’uomo nero. La maggior parte di essi, tuttavia, non soffre di problemi collegati all’ansia. Quelli che sviluppano il disturbo si caratterizzano per un temperamento decisamente sensibile, hanno provato situazioni precoci di stress psicologico e non dispongono di sostegni sociali efficaci come l’appartenenza a una cerchia forte di amici. Quale che sia il comportamento, il risultato è sempre prodotto da complesse interazioni tra i tre fattori. La continua relazione tra elementi biologici, psicologici e sociali è un buon esempio di ciò che chiamiamo modello biopsicosociale. L’ansia nelle diverse età e fasi Come avrete probabilmente notato, l’età influisce sulle modalità di espressione dell’ansia di vostro figlio. Ad esempio, le paure dei bambini più piccoli riguardano in genere le esperienze sensoriali: 18 forti rumori, le cadute, l’assenza dei genitori. I lattanti possono avere paura degli estranei e provare angoscia per l’allontanamento della madre (ansia da separazione). Con la crescita si sviluppa invece la paura degli animali, del buio e di creature e mostri immaginari. Con il moltiplicarsi delle esperienze e delle esplorazioni del bambino, la probabilità di andare incontro a situazioni di stress ansiogene aumenta. I bambini tra gli 8-11 anni sono spesso preoccupati riguardo a fattori di riuscita personale e gli adolescenti si trovano alle prese con ansie sociali e interpersonali nello stabilire le prime relazioni intime. La tabella 1.2 indica le paure tipiche riscontrate dagli esperti nelle diverse fasce d’età. Il noto studioso dell’infanzia Jean Piaget affermò che il pensiero dei bambini passa da una vaga consapevolezza del proprio ambiente per arrivare a una consapevolezza specifica. Nella prima adolescenza il pensiero infantile si evolve passando dalle idee concrete a quelle astratte. Con lo svilupparsi delle abilità mentali del bambino, migliorano anche le sue capacità di anticipare gli eventi futuri. Ciò gli permette di essere all’altezza dei compiti sempre più difficili che incontrerà. Purtroppo, un risvolto negativo di questa crescita è la capacità potenziata di visualizzare chiaramente la possibilità del verificarsi di eventi spiacevoli. Le paure vengono associate ad aspettative eccessive. Per questo alcuni ragazzi diventano progressivamente più ansiosi con l’avvicinarsi dell’adolescenza. Prospettive terapeutiche attuali sull’ansia La scienza psicologica ci ha insegnato parecchio sulla natura dell’ansia. Purtroppo, benché prevedibilmente, c’è ancora parecchio disaccordo sul modo migliore di diminuirne l’intensità. Vi sono diverse scuole di pensiero che influenzano la diagnosi e il trattamento dell’ansia infantile e adolescenziale: la scuola psicoanalitica, quella comportamentista, quella sistemico-familiare e quella cognitivista. Crediamo che sia importante descrivere brevemente questi punti di vista psicoterapeutici in modo che possiate voi stessi capire chiaramente l’orientamento di questo libro. Molte delle attività che svolgeremo più avanti nel libro si basano proprio su queste visioni, in particolare 19 Tabella 1.2 Tipiche cause di ansia infantile nelle diverse fasce d’età Fascia d’età Cause dell’ansia Dai 6 ai 7 anni • Rumori strani, forti o improvvisi (ad esempio, versi di animali, squilli del telefono o della sveglia, rumore del vento o dei tuoni) • Fantasmi, streghe e altri esseri soprannaturali • Allontanamento dai genitori o paura di perdersi • Essere da soli di notte (e avere incubi o visioni di creature cattive) • Andare a scuola (fobia scolastica) • Violenze o rifiuti da parte di determinati individui a scuola Dai 7 agli 8 anni • Il buio e i luoghi bui (armadi, mansarde e cantine) • Eventi catastrofici rimasti impressi dalla televisione, dai film o dai libri (rapimenti, inondazioni, incendi, attacchi nucleari) • Non piacere agli altri • Essere in ritardo a scuola o lasciato fuori dalla scuola o escluso da riunioni familiari • Violenze o rifiuti da parte di determinati individui a scuola Dagli 8 ai 9 anni • Umiliazione • Insuccesso a scuola o nel gioco • Essere sorpreso a mentire o a compiere qualcosa di proibito • Essere vittima di violenza fisica (perpetrata sia da persone conosciute sia da estranei; sia deliberatamente sia casualmente) • Genitori che litigano, si separano o si fanno male Dai 9 agli 11 anni • Insuccesso a scuola o negli sport • Ammalarsi • Alcuni animali (soprattutto quelli più grandi dell’uomo e quelli che lo attaccano) • Vertigini dovute all’altezza (ad esempio, giramenti di testa) • Persone minacciose (ad esempio, assassini e pedofili) Dagli 11 ai 13 anni • Insuccesso a scuola, negli sport o nelle situazioni sociali • Apparire e comportarsi in modo «strano» • Morte o malattie o patologie potenzialmente mortali • Sesso (attrarre gli altri, ripugnare gli altri o essere aggrediti sessualmente) • Essere raggirati o plagiati • Perdere le proprie cose, essere derubati 20