Maestro di Hoogstraeten

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Maestro di Hoogstraeten
Maestro di Hoogstraeten - Trittico con l'adorazione dei Magi
Autore: Maestro di Hoogstraeten
Materia e tecnica: Olio su tavola di quercia
Dimensioni: centrale 99 X 82,5; destra 98 X 36,5; sinistra 81 X 36
Collocazione: Savona, Museo della Cattedrale di santa Maria Assunta
Scheda a cura di Carla Cavelli Traverso
L'opera si trova in buono stato di conservazione. Le fonti ricordano, oltre ad un restauro in epoca napoleonica con la
realizzazione della cornice andata perduta (Torteroli 1847, p.94), uno nel 1903 di Vinceslao Bigoni (Morassi 1951, p.24) ed un
altro tra il 1945 ed il 1946 di Giannino Marching per conto dell'allora Soprintendenza delle Gallerie in occasione della mostra
La pittura in Liguria dal Trecento al Cinquecento (Morassi 1946, p.45; Castelnovi 1952, p.14). Quest'intervento si limitò alla
pala centrale ed al laterale destro, poiché il sinistro era stato rubato il 2 marzo 1921. Solo di recente l'anta, che in occasione
del furto era stata ridotta in altezza, è stata recuperata e il trittico ha trovato sistemazione espositiva su una struttura metallica,
che permette il movimento delle ante. L'intervento, realizzato dalla Soprintendenza per i beni artistici e storici della Liguria, ha
predisposto per il laterale un'aggiunta per eguagliarlo alle altre due tavole.
Commissionato dal nobile savonese Giovanni Sacco per la sua cappella privata nella Commenda di
san Giovanni Battista, il trittico vi si trovava già nel 1519, se la stessa era ricordata come cappella dei
Re Magi (Il complesso...1974, p. 56). Dopo la sua distruzione, l'opera stette alcuni anni dietro al coro
della chiesa (Torteroli 1847, p. 95), poi fu collocata sull'altare maggiore, dove la vide Ratti nel 1780 (p.
37). Fu confiscata da Napoleone per il museo del Louvre, dove fu restaurata e adorna di cornice.
Al suo rientro a Savona fu sistemata nella chiesa di san Domenico, da dove nel 1813 erano stati
allontanati i padri predicatori e che aveva acquistato la funzione parrocchiale dell'adiacente chiesa di
san Giovanni Battista, della quale prese il titolo (Poggi 1897, p.4). Inizialmente il trittico fu collocato in
una nicchia, predisposta nella parete sinistra del presbiterio, ma l'umidità del muro lo rovinò,
procurando una fessura nello scomparto di mezzo e screpolature nei laterali (Torteroli 1847, p. 94). Fu
quindi spostato, dopo i radicali restauri dell'abside, nella parete sinistra, vicino all'altare maggiore, in
fondo al catino absidale (Formento 1989, p.5).
Nel 1921 fu perpetrato il furto dell'anta sinistra, che in tale vicenda subì una riduzione in altezza.
Presente inizialmente presso un privato milanese, questa ricomparve una quarantina d'anni dopo
presso l'antiquario Julius Bohlen di Monaco di Baviera, che l'aveva acquistata nel 1961 da un
importatore di seta com'asco, residente a Monaco ("Burlington Magazine" 1961, tav. VI; Formento
1989, pp.4-5). Bohlen la rivendette l'anno successivo al collezionista Paul Ackermann di Stoccarda.
Messa all'asta, il 15 febbraio 1989, da Sotheby's a Londra fu acquistata con l'intervento economico
della Cassa di Risparmio di Savona, in collaborazione con la Curia e l'Associazione Amici dei Musei,
che realizzarono un encomiabile intervento di recupero. L'anta fu data in comodato, dagli enti
proprietari, al Museo del Tesoro nell'antica masseria della Cattedrale dove, già dall'inaugurazione
(1982), avevano trovato sede la pala centrale e il laterale sinistro. Il trittico, ricomposto con la
particolare struttura moderna, è stato recuperato al pubblico godimento.
Inizialmente considerato d'Albert Durer (Ratti 1780, p. 37), con tale attribuzione fu trasportato al
Louvre (Bertolotti i 1834, p. 379; Descrizione... 1846, p. 345; Torteroli 1847, p. 93), ma già Alizeri
(1846, p. 303) ne individua l'ambito fiammingo, citando Luca d'Olanda. Con l'inizio del secolo abbiamo
riferimenti più precisi a Quentin Metsys (Poggi 1897, p. 4) e al Maestro del Duomo di Meissen
(Suida 1906, p. 88) e da Friedländer (1929, p. 133, n. 106) al Maestro di Hoograeten, autore del
polittico della chiesa di santa Margherita nella cittadina omonima: un maestro che risente dell'influenza
di Metsys e nel novero dei pittori che lasciarono Bruges per Anversa intorno al 1495. Hoogewerff
(1936, p. 515; 1937, p. 582) nell'attribuzione, poi rettificata al Maestro dell'Adorazione di Torino,
ipotizza per questo pittore un'origine tedesca ed una provenienza dall'ambiente artistico di Gouda. Con
l'attribuzione al Maestro di Hoogstraeten, l'opera fu esposta nella mostra genovese del 1846, con una
"datazione avanzata ai primi del Cinquecento per un che di manierato nelle figure, il paesaggio risente
del gusto del van Cleve" (Morassi 1946, pp. 44-45, 1951, p. 74).
Hoogewerff (1961, p.187), concordando successivamente con Friedländer, inserisce l'opera in ambito
davidiano. Algeri (Algeri, Varaldo 1982, p. 36) individua profonde analogie tra il trittico savonese e altre
opere attribuite da Friedländer ( VV 1971, nn.110-183) al Maestro di Hoogstraeten, quali l'Adorazione
(pannello centrale, mercato antiquario; sportelli laterali, Richmond, Museum Fine Arts) e il trittico del
Rijksmuseum Twende d'Euschede che "ne costituisce quasi una replica di dimensioni leggermente
inferiori". La studiosa ipotizza una datazione tra il 1505, periodo nel quale Friedländer colloca la
realizzazione del polittico di Hoograeten ed il 1519 quando la cappella Sacco era già nota come
cappella dei Re Magi. Con questa datazione concorda la critica successiva (Collobi Ragghianti (1990,
p. 100, n. 178; Cavelli Traverso 1997, pp.93-99). Sciolla (c.s.), che apprezza "la finezza espressiva
dell'opera", ricorda come sia stata avanzata l'ipotesi che questo anonimo Maestro possa essere
identificato con Passcier van der Mersch, documentato nel 1483 tra gli allievi di Memling (Volkaja cit.
in Friedlander 1971, p. 90) , supposizione che però contrasta con quanto già espresso da Hoogewerff
(1936, pp. 517-518), secondo il quale il Maestro potrebbe essere di origine olandese e proveniente
dall'ambiente artistico di Gouda.
La particolare iconografia del trittico, a mezze figure (cfr. P. Pieter, Die deutschen, niederlandischen
und italienischen Tafelbilder bis um 1530, Munster, 1986), con un re per sportello ed uno al centro con
Maria che ho ritrovato nelle opere del Maestro del 1518 e a Pieter Coeck van Alst (Cavelli Traverso
1997, pp.96-98), nell'opera savonese è interpretata in una composizione del tutto tradizionale.
La Madonna offre il bambino all'adorazione di Gaspare genuflesso nella pala centrale, di Baldassarre e
di Melchiorre, dipinti in piedi nelle ante laterali. La particolare iconografia a mezze figure sembrerebbe
avere origine nella pala di Luca di Leyda, databile intorno al 1510, della collezione Ryerson dell'Art
Istitute di Chicago. Fu ripresa dal Maestro del 1518, ad es. nel Dittico di Bufalo, e trova riscontro per
quanto riguarda la raffigurazione dei tre magi, uno per anta, in altre opere del citato Maestro, quali la
pala del Museo di Lille o la più tarda del Prado.
Pieter Coeck van Alst, collaboratore stretto del Maestro del 1518, contaminò il soggetto a mezze
figure e la raffigurazione a trittico con un personaggio per anta. Le tavole del Musées Royaux des
Beaux Arts di Bruxelles e dell'Archiepiscopal Museum d'Utrecht raffigurano il re moro in un'anta e san
Giuseppe nell'altra.
La capanna è interpretata come un tempio sacro, abbellito da colonne e da paraste scolpite con motivi
"a candelabra", secondo moduli classicheggianti all'italiana. Nel paesaggio di fondo tra montagne e
declivi si intravedono scene storiche, quali l'arrivo di una carovana con cammelli e gruppi di lancieri.
Splendidi momenti di vita quotidiana, che si ritroveranno nella pittura olandese del Seicento, sono
ripresi in san Giuseppe, che asciuga i panni presso il fuoco del camino, e nelle due donne, portatrici
d'acqua che, dal ponte, gettano briciole ai cigni dello stagno sottostante. Nel verso dell'anta destra con
il Re Moro è visibile a monocromo la Vergine Annunziata che fa da pendant all'Arcangelo Gabriele
dipinto nel verso dell'anta con Melchiorre.
Particolare attenzione si ritrova nella raffigurazione dei particolari, dei tessuti con interessanti esempi di
velluti operati, di notevole successo dalla seconda metà del Quattrocento fino al Cinquecento, dei
gioielli e dei calici, veri capolavori d'oreficeria.
La tavolozza è vivace e i colori brillanti come smalto, ma soprattutto la raffigurazione dei visi e delle
mani dimostra i limiti dell'autore. Un pò goffo e di maniera, era sicuramente debitore all'arte di Quentin
Metsys o di Joos van Cleve ma di caratura inferiore. In opposizione alla moda quasi accademizzante
dell'ambito bruggese, questo maestro, assai ritardato nel gusto, percorre le vie dei "primitivi" con
sensibilità talora grossolana, ma non priva di valori di vernacola freschezza. Nell'ambito della
produzione del Maestro di Hoogstraeten il trittico savonese si colloca come uno dei momenti più felici.
Rispetto al trittico del Rijksmuseum Twente d'Euschede è di qualità e di vigore maggiori, con più precisi
ed aggiornati rimandi a certo decorativismo e formalismo dei cosiddetti stilisti anversesi ed in
particolare di Joos van Cleve.