FAVERE DE DEO ET DE EIUS IN MUNDO PREAESENTIA IN
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FAVERE DE DEO ET DE EIUS IN MUNDO PREAESENTIA IN
FAVERE DE DEO ET DE EIUS IN MUNDO PREAESENTIA IN PUERIS INTUITIONI Ciò che il maestro non può fare né dire, ma, soprattutto, ciò che egli può e deve fare e dire ( Maurizio DOSSENA - abstract dell’intervento alla 9° Giornata Provinciale della Scuola per l’Infanzia PR 19.11.2011 ) Vi è una naturale disponibilità religiosa nei bambini, un’attitudine a configurare, beninteso secondo le linee tipiche della tenera età, una naturale e scontata presenza del divino nel mondo, nelle cose, nelle persone: è di un certo tipo prima dei sei anni, di un altro tipo dopo i sei anni, nella pre-adolescenza, ecc..Nell’ambito di età che afferisce all’infanzia tale disponibilità religiosa – potremmo anche usare, prudenzialmente, il termine “religiosa” fra virgolette, in prospettiva di scoprirne via via l’esatta natura – ha carattere essenzialmente imitativo e risulta pertanto assai importante coglierla nella modalità nella quale essa si riflette sulle altre persone, sulle cose, o meglio, dalle altre persone e dalle cose. Il bambino impara a cogliere la natura e le sue manifestazioni e la sua età rivela un interesse, spesso anche conscio ed esplicito, a dare significato e motivazione alle più evidenti manifestazioni della natura stessa: a questo riguardo il maestro dovrà essere attento ad assecondare, aiutare e sostenere un certo senso di causalità che ha possibilità di manifestarsi – beninteso in forme congrue con l’età – nel bambino, soprattutto nella misura in cui, nel rapporto fra maestro e alunno, si dà spazio prioritario – come giusto e doveroso – agli aspetti benevoli della natura stessa, per cui il bimbo, trovandosi circondato da fenomeni positivi che gli consentono di vivere e relazionarsi, viene aiutato ad attribuirne gradualmente la fonte nel principio buono della natura, il quale racchiude un’idea embrionale del divino che il maestro avrà cura di sviluppare nell’equilibrio fra una sobria esplicita menzione e il rispetto del carattere laico dell’insegnamento. E’ evidente che analogo intervento dovrà essere posto anche nel non facile approccio agli aspetti non positivi della natura, così come possono apparire al bambino. Nel bimbo vi è una voce interiore che suggerisce il rapporto verticale da un lato e la disponibilità a corrispondere con grata docilità a chi/Chi ci fa sentire l’afflato della gratuità con la quale siamo immessi in un mondo visibilmente buono: il maestro, il quale aiuta il bimbo a dare graduale senso alle realtà, dovrà aiutare il bimbo a porsi alcuni semplicissimi perchè, lasciando poi intravvedere altrettanto semplici sprazzi di generosa attitudine all’ascolto di tale voce. I bambini risultano depositari di una privilegiata teofanìa ( “[…]ai piccoli hai rivelato queste cose[…]” ), per cui è evidente che essi risultano di conseguenza interlocutori altrettanto privilegiati del dialogo – esplicito o implicito – fra Dio e l’Uomo: a questa realtà il maestro – sempre nel rispetto della suddetta laicità dell’insegnamento – dovrà opporre una non casuale attenzione.