(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d`Italia

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(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d`Italia
Decisione N. 5075 del 25 giugno 2015
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTARELLI
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) GIRINO
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore LUCCHINI GUASTALLA EMANUELE
Nella seduta del 30/04/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente formula una contestazione legata al recesso da parte dell’intermediario da tutti
i rapporti con questo intercorrenti e chiede l’intervento dell’ABF al fine di individuare una
modalità adeguata di rientro dall’esposizione debitoria.
Più precisamente, la società ricorrente, in passato intestataria nei confronti
dell’intermediario convenuto di diversi rapporti, chiedeva, già in sede di reclamo, il
ripristino del conto corrente al fine di pagare la rata di febbraio 2014 del finanziamento
finalizzato all’acquisto di diritti reali su un terreno agricolo. Lamentava, infatti, la ricorrente
che il pagamento della rata veniva stornato.
La ricorrente, nel ricostruire i fatti, dichiarava di aver ricevuto in data 19/11/2013 una
comunicazione di recesso immediato da parte dell’intermediario da ogni affidamento e, in
particolare, dal “finanziamento meglio conosciuto come credito agrario di conduzione di €
10.000”, del quale la ricorrente aveva chiesto una ritrattazione, perché le produzioni
agricole erano state inferiori del 50% della media triennale precedente.
La ricorrente dichiarava, inoltre, di aver precedentemente ricevuto una lettera di
contestazione del mancato pagamento di 6 rate, ma di aver riscontrato che tali rate erano
in realtà state pagate a luglio 2013.
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La ricorrente dichiarava di aver sempre pagato le rate previste dal piano di rientro e di aver
cercato, anche con altri istituti, di trovare una modalità di rientro, ma che, a causa della
segnalazione, nessuno era più disposto a farle credito.
La ricorrente ha chiesto ”di intervenire per definire e concordare con la stessa un rientro
mensile adeguato e congruo”; “l’intervento del [Collegio] per definire una conciliazione
stragiudiziale della controversia con [l’intermediario] e il risarcimento dei danni che
abbiamo patito e patiremo, con riserva di quantificarli per quanto ci saranno riconosciuti
nell’eventualità di uno stralcio a saldo del debito corrente”.
Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario ha eccepito anzitutto la genericità della
domanda e la mancanza di elementi di prova. Ha contestato, inoltre, che venga in
definitiva richiesto al Collegio lo svolgimento di un’attività consulenziale.
Nel merito l’intermediario ha ricostruito i rapporti intercorrenti con la ricorrente come
segue:
- conto corrente n. xxxxx688, aperto il 20/03/2007 e dal gennaio 2014 classificato ad
incaglio revocato, sul quale era stata concessa, in data 6/06/2012, una linea di
affidamento di € 8.000,00, a scadenza e valida sino al 30/04/2013. Tale conto
risultava estinto il 25/02/2014.
- conto corrente n. xxxxxx659, aperto il 28/06/2012, e, dal gennaio 2014, classificato
ad incaglio, revocato, sul quale era stata concessa, in data 06/06/2012, una linea di
affidamento per finanziamento anticipo contributi AGEA di € 3.516,00, a scadenza e
valida sino al 30/06/2013. Tale rapporto risulta estinto al 25/02/2014.
- mutuo agrario a breve termine n. xxxx343, concesso il 21/08/2012 della durata di
12 mesi, per un importo di € 10.000,00. Tale mutuo dal gennaio 2014 è classificato
ad incaglio e revocato.
- Mutuo chirografario impresa a tasso fisso n. xxxx343, concesso il 21/08/2012 della
durata di 60 mesi per un importo di € 13.585,00 e dal gennaio 2014 classificato ad
incaglio e revocato.
L’intermediario ha affermato che la posizione per il recupero del credito veniva conferita ad
una mandataria appartenente al medesimo gruppo bancario, come già anticipato al cliente
nella risposta del 18/04/2014.
In base a quanto riportato dalla mandataria, dal conferimento sono stati versati € 1.250,00
e i contatti proseguono al fine di definire la posizione debitoria della società.
Con riguardo all’istanza avanzata dalla ricorrente, l’intermediario afferma, in primo luogo,
che le argomentazioni risultano assolutamente generiche e sfornite di supporto probatorio.
Ha richiamato, quindi, l’art. 2697 c.c. in forza del quale incomberebbe sull’attore la prova
dei fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa e a questo proposito rimanda
anche a pronunce dei Collegi ABF.
Data l’indeterminatezza della domanda, la carenza di prova (anche del danno), il ricorso
risulta essere impostato come strumento volto a sollecitare lo svolgimento di un’attività
consulenziale.
Nel merito l’intermediario ha esposto anche che, con riguardo allo storno dei bonifici, alla
data di effettuazione di questi, il conto corrente destinatario dei bonifici e di appoggio per il
pagamento delle rate di finanziamento risultava già estinto per passaggio ad incaglio,
come risulta dall’estratto conto al 28/02/2014 inviato alla ricorrente. La ricorrente, inoltre,
era già stata informata con la raccomandata del 19/11/2013 del recesso dal suddetto
rapporto.
Con riguardo all’asserita richiesta di rientro immediato del debito senza una motivazione e
senza un sollecito, l’intermediario ha rilevato che, come si evince dagli estratti conto
scalari e dalla situazione dei finanziamenti inviati alla ricorrente, la società alla scadenza
non era rientrata dalle linee di fido e non aveva rispettato il piano di ammortamento dei
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finanziamenti concessi. Come conseguenza di ciò, la banca, nell’ambito della propria
autonomia e nel rispetto della normativa, aveva deciso di non concedere ulteriori
facilitazioni. Tale determinazione veniva comunicata come di rito alla cliente.
Con riguardo alla contestazione circa la mancata informativa sull’andamento dei rapporti,
l’intermediario rivendicava di aver sistematicamente inviato gli estratti conto con la
periodicità prevista dalla normativa.
In conclusione l’intermediario ha affermato di aver eseguito le segnalazioni riguardanti la
società in adempimento a precisi obblighi normativi.
L’intermediario ha chiesto di “respingere il ricorso perché infondato”.
DIRITTO
Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti
essenziali ai fini della decisione.
La ricorrente, società agricola, aveva intrattenuto nel corso del tempo diversi rapporti con
l’intermediario attuale resistente. In particolare aveva aperto due conti corrente, su
entrambi i quali venivano concesse delle linee di affidamento. Tali linee, in base alle
ricostruzione dell’intermediario, avevano scadenza il 30/04/2013 e il 30/06/2013. Aveva,
inoltre, un mutuo agrario a breve termine e un mutuo chirografario impresa a tasso fisso.
In base alla ricostruzione delle parti i pagamenti subivano nel corso del tempo dei ritardi e
la ricorrente aveva domandato all’intermediario di individuare delle modalità di rientro del
debito.
Quanto ai fatti, con raccomandata del 19/11/2013, che la ricorrente conferma di aver
ricevuto, l’intermediario comunicava il recesso dai due contratti di conto corrente e la
risoluzione dei due finanziamenti, intimando il pagamento immediato del complessivo
debito di € 29.652,39.
Con riguardo al recesso, la ricorrente lamenta la mancanza di una motivata ragione e di
sollecito, nonostante asseriti innumerevoli tentativi da parte sua di trovare una soluzione
alla vertenza.
Sul punto si ha presente che le condizioni normative relative al contratto di conto corrente,
allegate dall’intermediario, prevedono la possibilità di recedere in qualsiasi momento
dandone comunicazione scritta e con preavviso di 1 giorno.
Con riguardo ai finanziamenti, entrambi i contratti, tra le altre ipotesi, prevedevano la
possibilità per la banca di risolvere il contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c. qualora la parte
finanziata non avesse provveduto all’integrale pagamento anche di una sola rata.
In base a quanto affermato dall’intermediario, nel caso di specie, il recesso e la risoluzione
erano giustificati dal mancato rientro delle linee di fido e dal mancato rispetto del piano di
ammortamento dei finanziamenti.
La ricorrente lamenta lo storno di due rate che questa aveva regolarmente pagato e
l’intermediario si difende affermando che ciò avveniva successivamente all’estinzione del
conto per passaggio ad incaglio, oltre al fatto che la ricorrente era già stata informata del
recesso dal suddetto rapporto.
Con riguardo alla contestazione di mancata adeguata informativa sull’andamento dei
rapporti, l’intermediario allega gli estratti conto periodicamente inviati alla ricorrente.
La ricorrente domanda, inoltre, il risarcimento dei danni subiti che si riserva di quantificare
anche in base a quanto risulterà a seguito di una composizione a saldo e stralcio del
debito. Nulla viene, però, allegato con riguardo alla richiesta di risarcimento dei danni.
Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della presente vertenza, giova premettere che
la domanda della ricorrente, pur non chiaramente formulata, sembrerebbe volta a
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sollecitare un intervento del Collegio finalizzato ad individuare una composizione della
controversia con l’individuazione di un piano di rientro “adeguato e congruo”, oltre ad una
richiesta di risarcimento danni, peraltro formulata in modo piuttosto generico.
Ebbene, questo Collegio ha già avuto occasione di sottolineare che, in generale, non
sussiste un generale obbligo di concessione del credito né, al di fuori delle specifiche
previsioni di legge (che, tuttavia, nella fattispecie in questione non appaiono ricorrere), di
rinegoziazione del contratto di finanziamento in funzione perequativa, né, infine, un
obbligo di rinegoziazione alle condizioni proposte dal soggetto finanziato. Infatti, la
possibilità di rivedere le condizioni contrattuali, salvi i limiti posti dall’ordinamento, rientra
nella più ampia autonomia delle parti, le quali possono ridefinire i propri interessi in una
fase successiva alla genesi del contratto, ma ogni modifica delle condizioni del contratto di
finanziamento in essere, non può prescindere dal consenso di entrambe le parti, che deve
formarsi in piena libertà.
Parimenti, come già si è avuto modo di rilevare (cfr., ad esempio, decisione n. 969 del
23.9.2010 e decisione n. 886 del 6.9.2010) nel nostro ordinamento non si può in alcun
modo rinvenire un obbligo di erogazione del credito in capo agli intermediari. L’attività delle
imprese bancarie deve, infatti, ispirarsi ai principi di una “sana e prudente gestione” e deve
essere esercitata, con tutta la discrezionalità e l’insindacabilità che caratterizzano le
politiche gestionali di ciascun intermediario, avendo riguardo “alla stabilità complessiva,
all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario” (arg. ex art. 5, d.lgs. 1° settembre
1993, n. 385).
Nell’attività di concessione e/o rinegoziazione del credito la banca esplica, dunque, la
propria autonomia imprenditoriale e, fermo restando l’obbligo di correttezza e buona fede
in ogni fase del rapporto, nel caso che ne occupa, pur auspicando che le parti possano
comunque in futuro trovare una soluzione concordata di soddisfazione per entrambe, non
possono ravvisarsi profili di illegittimità del comportamento dell’intermediario, il quale,
nell’ambito della propria autonomia, ha effettuato alcune scelte che non sono in alcun
modo sindacabili da parte ricorrente, le cui doglianze risultano, quindi, non degne di
accoglimento.
Va, peraltro, segnalato all’intermediario che, come in altra occasione si è avuto modo di
sottolineare (cfr. decisione n. 3632/12 del 06/11/2012) le condizioni contrattuali relative al
contratto di conto corrente che prevedevano la possibilità di recedere in qualsiasi
momento dandone comunicazione scritta e con preavviso di 1 giorno generano forti
perplessità circa la loro legittimità, tanto da poter affermare che “nel nostro […] si tratta di
previsione in palese contrasto con il criterio di buona fede”.
Quanto, infine, alla richiesta risarcitoria avanzata da parte ricorrente, la genericità della
medesima e l’assoluta assenza di qualsiasi riscontro probatorio, non ne rendono in alcun
modo possibile un serio vaglio da parte di questo Collegio.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
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