207 In Italia, l`autotrasporto di merci
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207 In Italia, l`autotrasporto di merci
3$57(7(5=$ &$3,72/2 /$',77$',$87275$6325720(5&, ³)$*,2/,6S$´ 1(/&217(672,7$/,$12('(8523(2 6LWXD]LRQHJHQHUDOHGHOVHWWRUHGHOO¶DXWRWUDVSRUWRLQ,WDOLD In Italia, l’autotrasporto di merci - ma anche quello di persone rappresenta una delle principali voci dell’economia e costituisce l’asse portante per lo svolgersi stesso della quasi totalità delle attività industriali, commerciali e di servizio, nonché del loro sviluppo. Il volume d’affari dell’autotrasporto di persone e di merci è pari oggi a oltre 400.000 miliardi di lire all’anno, ossia a circa il 25% del PIL; di questi, oltre 160.000 sono a carico del trasporto merci su strada, la cui fattura rappresenta una quota del 95% dell’intero costo del trasporto merci. In Italia le imprese di autotrasporto sono oltre 150 mila, anche se quelle che svolgono trasporti merci su lunghe distanze sono circa 62 mila. Questo è il numero da prendere a raffronto con altre realtà europee: le imprese francesi sono circa 18 mila, 900 le tedesche, 2.000 quelle olandesi. Da notare che queste tre nazioni si spartiscono il 60-70% del mercato europeo. 207 7DEHOOD'DWLULIHULWLDOFRQWRWHU]L 7RWDOH,PSUHVH 'LFXLVXOOHOXQJKH GLVWDQ]H Italia Germania Francia Olanda 151.550 51.541 26.230 7.411 61.922 9.090 17.538 2.114 Fonte: &RQIHWUD. La struttura di chi effettua il trasporto è molto varia: la tendenza generale è quella di una prevalenza sempre più accentuata del trasporto per conto terzi rispetto all’attività in proprio; ma il fenomeno oscilla dal 50% del Portogallo, all’80% e oltre di Italia, Paesi Bassi e Lussemburgo. Differenze importanti tra i vari Paesi membri affiorano inoltre per quanto riguarda la taglia delle imprese di trasporto per conto terzi. Gran parte dei trasportatori italiani sono artigiani, non in grado di ammortizzare neanche il costo del proprio veicolo. In Italia infatti l’83% delle imprese ha un solo veicolo in disponibilità, mentre solo il 7% ne ha più di tre. In Francia il 46% delle imprese ha un veicolo, il 33% ne ha più di tre. In Germania il 33% ha un solo veicolo, il 45% oltre tre. In Spagna sono molto diffuse le imprese che lavorano con un flotta non superiore a cinque veicoli, mentre in Belgio e nei Paesi Bassi cresce l’attività basata su un parco di almeno undici camion. Alla base della bassa concentrazione del settore in Italia concorrono varie cause2 tra cui: 1 Con l’espressione FRQWRWHU]L si fa riferimento all’autorizzazione che consente, nel rispetto degli obblighi di legge, l’attività imprenditoriale di servizi di autotrasporto verso un determinato corrispettivo. L’automezzo, in questo caso, nella sua parte posteriore è contrassegnato da una striscia diagonale bianca. 208 − la diffusa convinzione che il settore costituisca una valida alternativa alla disoccupazione; − il livello contenuto delle barriere all’entrata derivante dall’assenza di economie di scala, dalla semplicità della tecnologia e dalla disponibilità degli istituti di credito a finanziare l’acquisto di veicoli; − le elevate barriere all’uscita connesse con la circostanza che, nella maggior parte dei casi, il reddito d’impresa rappresenta l’unica fonte di entrata per gli autotrasportatori, il che li induce ad operare anche in perdita; − la polverizzazione della domanda espressa da imprese di piccola dimensione, poco integrate spazialmente ed orientate verso un servizio di basso costo. Sicuramente un’altra causa che ha determinato il sorgere di un gran numero di piccolissime aziende è il fatto che l’autotrasporto, in quanto trasporto libero, non ha spese fisse. Gli oneri relativi alla sede che i veicoli percorrono, vengono addebitati attraverso le tasse sui carburanti e quindi risultano ancora variabili con la percorrenza. L’autotrasporto privato quindi si adatta bene a qualunque entità di traffico, anche la più modesta. Nella realtà, tuttavia, la concentrazione del settore è più elevata di quanto emerga dalle statistiche ufficiali; la maggior parte dei piccoli imprenditori/artigiani, infatti, non disponendo di una propria rete commerciale, opera il trasporto puro prevalentemente in sub-vezione per conto di altri operatori del trasporto stradale quali gli spedizionieri, i corrieri e le case di spedizione. 2 Camera dei Deputati (1992), /¶LPSDWWR Autotrasporto, n. 28/IV, legisl., novembre. GHO 0HUFDWR 209 8QLFR HXURSHR VXOO¶HFRQRPLD LWDOLDQD , In risposta ai fenomeni evolutivi che si riscontrano in questi anni, primo fra tutti l’attuazione del Mercato Unico, il settore sta comunque mostrando una tendenza ad assumere una struttura più concentrata, anche con riferimento all’assetto societario, sebbene con un ritmo notevolmente più contenuto rispetto a quello che sarebbe auspicabile. Tra il 1987 ed il 1994 gli operatori a vario titolo coinvolti nel processo di erogazione del servizio di trasporto stradale si sono resi protagonisti attivi di 69 operazioni di Merger & Acquisition (M&A), di cui l’87% si è concretizzato nell’acquisizione di quote di altri operatori stradali. Relativamente elevate risultano le acquisizioni di imprese di autotrasporto e di magazzini generali, sebbene con motivazioni differenti. Per l’autotrasporto essendo prevalente la connotazione trasportistica dell’impresa acquirente l’obiettivo strategico è rappresentato dal conseguimento di una maggiore integrazione o concentrazione. Nel caso dei magazzini l’operazione può rispondere o ad una logica di integrazione verticale in un’ottica di internalizzazione del servizio di magazzinaggio o, alternativamente, ad una logica di diversificazione, quando nella filiera produttiva dell’impresa acquirente non è presente il magazzinaggio. Un secondo aspetto rilevante nel processo di riassetto proprietario si riferisce alla massiccia presenza di operatori stranieri che, in molti casi, hanno sfruttato la debolezza degli operatori italiani nel sostenere i processi di crescita necessari per contrastare l’incremento della concorrenza. Il problema della estrema frammentazione dell’autotrasporto italiano è strettamente collegato alla politica protezionistica, durata decenni, che si è concretata in un perdurante blocco delle licenze e che si concreta ancora oggi in un anacronistico controllo tariffario. 210 L’accesso al mercato è stato bloccato per un lungo lasso di tempo: dal 1982 infatti non sono state concesse autorizzazioni al trasporto di merci su strada per conto di terzi (impossibilità di espansione delle aziende); questo fino al 1993 quando, con un decreto legge, si è dato l’avvio alla liberalizzazione, del settore, seppure per certi versi solo parziale. Siamo inoltre l’unico Paese europeo che attua un sistema di tariffe obbligatorie. Anzi, proprio dal 1993, una nuova legge lo ha irrigidito, ampliando da uno a cinque anni la prescrizione dei diritti tariffari stradali. La posizione dell’Italia appare quindi particolarmente critica in rapporto a quella degli altri Paesi dell’Unione in ragione di una programmazione e di una politica dei trasporti inadeguate, sia per l’approccio incrementale adottato nel finanziamento delle infrastrutture, sia per l’assenza di un valido supporto allo sviluppo imprenditoriale3. In Italia poi, vi è la grande fascia del lavoro autonomo dell’autotrasporto: i cosiddetti “padroncini”. Più che trasporti per i proprietari delle merci, come detto, essi eseguono sub-vezioni per le imprese di autotrasporto maggiormente dimensionate. La loro politica evolutiva è di tipo sindacale, preoccupata della soluzione del rapporto economico con la loro committenza. Rappresentano un problema sociale demandato alle loro rappresentanze di categoria ed al governo. La soluzione del problema - se malamente perseguita come sino ad oggi è accaduto - seguiterà a condizionare ogni ammodernamento della regolamentazione dei trasporti italiani, monopolizzando l’attenzione della classe politica e della pubblica amministrazione, incapaci di distinguere tra i problemi del trasporto e quelli dei “padroncini”. 3 L’aver ignorato per lungo tempo il fenomeno dell’intermodalità ha determinato infatti, uno squilibrio strutturale a favore della strada di dimensioni patologiche di gran lunga più gravi rispetto ad altri Paesi europei. 211 La società inglese Coopers e Lybrand pubblica ogni due anni una ricerca sulle aziende europee di trasporto. Alcune considerazioni sui risultati che emergono dalla stessa sono inevitabili. C’è una prevalenza di presenze di gruppi del centro e del nord Europa. Se si prendono in considerazione soltanto le prime 20 società di autotrasporto europee, il Regno Unito occupa il primo posto con cinque presenze, davanti a Germania, Svezia e Olanda. L’Italia non ha neppure una società tra le prime venti europee! Ma se si tiene conto dei primi 50 gruppi, la situazione cambia con un pari merito fra Regno Unito e Francia (dieci presenze ciascuna), seguite dalla Germania con sei, dall’Olanda con cinque e da Italia e Svezia con quattro. Rilevante l’incidenza dei primi dieci gruppi rispetto al totale dei cinquanta, in termini di fatturato: detengono infatti ben il 54,8%. Ma se si analizza poi l’importanza dei primi tre, si nota come essa sia tale da rappresentare circa un quarto (24,1%) della cifra globale. In un comparto trasporti squilibrato e sbilanciato, come quello italiano afflitto da pesanti problemi strutturali, la ristrutturazione e la riorganizzazione sono quindi prioritari a qualunque iniziativa di liberismo esasperato. 6WUXWWXUD JLXULGLFD GHOOH LPSUHVH LPSUHVH LQGLYLGXDOL H LPSUHVH VRFLHWDULH 212 Guardando all’intero universo delle imprese italiane, apprendiamo da Cannari, Marchese e Pagnini4 che “l’esame dell’evoluzione storica per forma giuridica mostra una tendenza alla crescita delle forme societarie a scapito delle imprese individuali: la quota di queste ultime cade, nel trentennio 1951-1981, di 9 punti percentuali, a fronte di un aumento di 5 e 2 punti per le società di persone e per quelle di capitali (tali tendenze risultano confermate dall’analisi in termini di addetti). Questo però non dipende, come sarebbe auspicabile, dal peso delle medie e grandi imprese, che si è anzi ridotto. Piuttosto, la maggiore propensione a usare la forma di società di capitali potrebbe essere spiegata, oltre che con il richiamo a fattori di tipo sociologico e culturale, con la crescente importanza assunta dai vincoli finanziari per lo sviluppo delle imprese e l’accresciuta rilevanza di una gestione efficiente del controllo”. Gli stessi autori evidenziano poi come sia continuata la progressiva perdita di peso delle imprese individuali. Essi, appunto, scrivono: “Secondo i dati del Sevizio Studi della Banca d’Italia il loro numero è andato diminuendo nel corso del periodo 1985-1990; conseguentemente la quota totale si è ridotta di quasi 6 punti percentuali. Sempre secondo i dati Cerved, sono le società di capitali e quelle di persone a mostrare tassi di crescita positivi e abbastanza elevati. I due fenomeni possono avere cause diverse. Per le società di persone potrebbero riflettere la crescita dal basso delle imprese individuali. In un mercato della riallocazione proprietaria divenuto più vivace, l’incremento delle società di capitali potrebbe spiegarsi, invece, alla luce dei vantaggi offerti in termini di gestione e di trasferibilità dei diritti residuali di controllo. In altri termini, la maggiore intensità delle operazioni di ristrutturazione proprietaria nel periodo avrebbe spinto le imprese ad 4 Cannari L., Marchese G., Pagnini M., Tesi di discussione a cura del Servizio Studi della Banca d’Italia. 213 attribuire un aumentato valore economico a una efficiente gestione e trasferibilità dei diritti di controllo tipica delle società di capitali”. Si è verificato altrettanto per le imprese operanti nel settore dell’autotrasporto di merci? Non risulta che l’Albo degli autotrasportatori - che pure dovrebbe essere provvisto dei dati di base - abbia mai pubblicato qualcosa di simile allo studio svolto dal Servizio Studi della Banca d’Italia. Non abbiamo quindi elementi che consentano di pronunciarsi consapevolmente sul punto. Ritengo, tuttavia, che non si dovrebbe essere lontani dal vero dando risposta affermativa al quesito. Ciò nella considerazione che non può non essere avvertita dagli operatori del trasporto di merci su strada più avveduti - così come è avvenuto in altri campi produttivi - l’esigenza di sganciarsi, nei limiti del possibile, dalle strutture tipiche delle imprese individuali, assolutamente inette a misurarsi sul terreno economico con le unità di maggiori dimensioni, aventi, di solito, la veste di società di capitali e meglio atte a produrre servizi integrati, per assecondare l’evoluzione dei processi industriali e commerciali del nostro tempo. /DTXDOLWjQHLVHUYL]LGLDXWRWUDVSRUWRLQ,WDOLD Recentemente anche in Italia si sta assistendo ad un crescente interesse verso il problema della qualità e della sua certificazione nelle imprese di trasporto. Tale interesse si manifesta sia attraverso la proliferazione di corsi di formazione specifici sull’argomento, Quaderno n. 202, luglio 1993. 214 peraltro ancora largamente insufficienti dal punto di vista quantitativo, sia attraverso l’implementazione di studi a livello locale. Negli ambienti operativi, tuttavia, soprattutto nelle aziende di piccole dimensioni, sebbene la qualità sia percepita almeno formalmente come rilevante ai fini del successo, non si intravedono comportamenti coerenti con l’obiettivo di un suo miglioramento. Una recente indagine5 sul Service Quality Level mette in evidenza l’attuale situazione di transizione, oltre un certo grado di incoerenza tra le valutazioni espresse in merito all’importanza della qualità del servizio erogato ed il reale comportamento tenuto nella gestione del business nell’ottica di un suo miglioramento. Gli autotrasportatori infatti, nell’enucleare le criticità per la propria impresa, indicano prioritariamente una serie di fattori esogeni o ritenuti tali (concorrenza delle altre imprese, tariffe, costi) e solo in subordine indicano quelli che direttamente o indirettamente attengono alla qualità del servizio (predisposizione di servizi collaterali di magazzinaggio, gestione merci, professionalità degli autisti, eccetera). L’evoluzione più spinta e sofisticata riguarda le aziende che si ristrutturano per offrire servizi di logistica integrata. I caricatori italiani però, in un mercato che da sempre è dominato dai compratori, rispondono limitatamente alle necessità del trasporto evoluto e si rendono limitatamente conto di quanto sta cambiando. Lo spaccato offerto dall’indagine, sebbene non pienamente rappresentativo sotto il profilo statistico, denota la presenza di un ritardo culturale che si riflette sul livello di competitività delle imprese. Il superamento di tale ritardo è collegato alla rapidità con cui evolveranno i bisogni qualitativi 5 L’indagine, realizzata nell’ambito del Progetto Finalizzato Trasporti 2 del CNR, è stata condotta su un campione di 150 imprese di autotrasporto scelto in funzione della localizzazione e del fatturato in modo da rappresentare tutte le realtà nazionali e dimensionali. 215 della domanda rispetto ai quali, come già osservato, l’Unione Europea rappresenta un importante fattore di accelerazione. $OFXQLFHQQLVXOSURILORHFRQRPLFRGHOOHLPSUHVH Purtroppo, tuttora, si hanno conoscenze grezze e limitate sugli aspetti economici delle imprese di autotrasporto merci per conto terzi. Sulla base dei pochi dati disponibili si può comunque dire che le unità produttive dei servizi di trasporto merci su strada operano, nella stragrande maggioranza dei casi, in condizioni strutturali inefficienti e pertanto registrano redditi del tutto deludenti. Questa è una considerazione di massima che si ritrova in numerosi autori che trattano questo settore; cerchiamo allora di analizzare se le cose stanno proprio così. Certo, è sotto gli occhi di tutti il fatto che si stia scontando un peccato originale, quale è quello che abbiamo vissuto nel dopoguerra sotto forma di disordinata irruzione (e diffusione) delle microimprese nel comparto del trasporto su gomma; microimprese che, come ha scritto recentemente Paolo Volta6 ... “ del sacrificio personale dei lavoratori (e cioè dei padroncini) e delle loro famiglie hanno fatto il loro punto di forza, a scapito della professionalità e dell’evoluzione ottimale (la capacità di adeguamento al mercato e alle nuove tecnologie del settore) delle stesse imprese”. Rimane, nondimeno che, quando ci si vuole documentare sulla identità qualitativa e quantitativa delle componenti della indicata situazione, ci si imbatte in una sconvolgente scarsità di materiale informativo. 6 Paolo Volta, 7UDVSRUWRPHUFL'DFRVWRDRSSRUWXQLWj, Edizioni Sole 24 Ore, Milano, 1993. 216 In base ai dati disponibili andrebbe però anzitutto riveduta la credenza secondo la quale l’esercizio dell’autotrasporto di merci si svolge generalmente e costantemente - con risultati economici disastrosi o pressoché tali. Per le imprese monoveicolari non ci saranno stati, e non ci saranno, risultati molto soddisfacenti, almeno sulla base di sensazioni destituite di verifica documentale. Ma non altrettanto dovrebbe potersi dire per le imprese di medie e grandi dimensioni (identificabili, quasi sempre, nelle imprese di capitali o, quanto meno, nelle società di persone), come si desume da una ricerca del Centro Studi della Confetra. Dall’indagine in parola si rileva che nell’anno 1990 i conti economici delle società di capitali esercenti l’attività dell’autotrasporto di merci, da una parte, e quelli delle imprese assunte a oggetto di esame da un’indagine di Mediobanca, dall’altra, hanno espresso i valori presentati nella tabella sottostante. 7DEHOOD 9DORUL GHL FRQWL HFRQRPLFL GHOOH VRFLHWj GL FDSLWDOL HVHUFHQWLDWWLYLWjGLDXWRWUDVSRUWRPHUFLDQQR Capitale investito per impresa (miliardi di lire) Addetti per impresa Valore aggiunto per impresa (miliardi di lire) Valore aggiunto Fatturato ROE Utile netto fatturato ,PSUHVHGL ,PSUHVH DXWRWUDVSRUWR 0HGLREDQFD 3,3 22 36,3 159 1,6 9,6 32% 9,5% 1,5% 217 28,9% 7,9% 2,5% Fermiamo, per un momento, l’attenzione sul ROE, relativamente al quale il finanzista G. Metallo7 ha scritto che il ROE (ritorno del capitale proprio) o saggio di reddito, indica il rendimento del capitale netto dell’impresa ed è generalmente utilizzato come parametro sintetico per valutare l’economicità della gestione aziendale. Esso infatti esprime l’efficienza globale del complesso delle scelte gestionali compiute e in questo senso risente naturalmente delle politiche di reddito attuate. Non a caso, ai fini di una più chiara espressione della redditività dell’impresa, l’indice in oggetto viene rappresentato dal rapporto percentuale fra i mezzi prodotti dalla gestione e il capitale netto. In tal modo si tiene conto di un più ampio concetto di redditività, depurato dalle politiche di accantonamento seguite dall’impresa. Si valuta, infatti, la redditività del capitale netto in funzione della capacità dell’impresa di autofinanziare il suo sviluppo dato che i mezzi prodotti dalla gestione sono rappresentati dal risultato netto - utili o perdite - dagli ammortamenti e dagli accantonamenti a diverso titolo effettuati”. Ebbene, dal confronto fra il ROE delle imprese di autotrasporto e il ROE del campione Mediobanca viene evidenziato chiaramente come il primo si posizioni meglio rispetto al secondo. Ma anche il valore aggiunto si colloca a un livello superiore rispetto a quello fatturato dalle imprese Mediobanca. Per cui ecco che, a questo punto, appare fuori dubbio che le imprese di autotrasporto di merci non minuscole (in media 2 addetti per impresa) presentano un profilo economico abbastanza buono, tanto da 7 Metallo G., 7LSLFLVWUXPHQWLGLDQDOLVLILQDQ]LDULD, Cedam, Padova, 1992. 218 reggere bene il confronto con le imprese di grandi dimensioni a cui si è riferita l’indagine di Mediobanca. Particolarmente interessanti sembrano poi i seguenti risultati evidenziati dalla Confetra: − la redditività, più che dall’attività specialistica, appare condizionata dall’assetto d’impresa. Scarsa dimensione produce insoddisfacenti risultati. Al di sotto di un miliardo di lire in valore aggiunto (15/20 addetti) la redditività cala vistosamente. Le migliori performances sono realizzate da aziende con valore aggiunto superiore ai 10 miliardi; − la produttività, misurata con il valore aggiunto prodotto per addetto, cresce con l’ammontare della dimensione delle aziende, con tendenza a flettere nelle fasce a più elevato valore aggiunto. La rilevanza dell’autotrasporto nell’ambito dell’offerta complessiva di servizi di trasporto e la marginalità della maggior parte delle imprese operanti nel settore è stata messa in evidenza anche in un’altra recente ricerca della Confetra8 tesa, tra l’altro, a valutare il fatturato del trasporto merci in Italia. Con riferimento al solo conto terzi, l’autotrasporto e la logistica detengono circa il 90% del fatturato complessivo (rispettivamente 68 e 19 per cento), stimato in circa 59 mila miliardi. Dalla ricerca è emerso, inoltre, che solo 512 imprese di autotrasporto e 270 corrieri hanno mostrato un livello di fatturato superiore a due miliardi di lire. ,OFRVWRGHOODYRURLQ,WDOLD 219 Analizzando i vari elementi del costo del lavoro, non ho mai riportato i valori relativi all’Italia proprio perché, la più volte ribadita mancanza di dati, non ha permesso la conoscenza di tali valori. L’unico confronto possibile tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione è quello relativo al costo orario in quanto, non avendo per l’Italia il numero medio di ore effettuate nell’anno, non è possibile trasformarlo in un costo mensile. E’ interessante inoltre prendere a confronto il costo orario anche perché abbiamo così anche i valori dei tre Stati che sono entrati per ultimi nell’Unione Europea e cioè Austria, Finlandia e Svezia. E’ inoltre possibile scomporre tale costo nelle sue due principali componenti e cioè i costi diretti - e al loro interno evidenzierò il valore della remunerazione diretta - e i costi indiretti indicando la parte degli stessi costituita dagli oneri per la sicurezza sociale. Il costo orario, sempre espresso in ECU, per i diversi Paesi per i quali era disponibile anche il dato relativo al costo mensile è ottenibile dalla divisione tra il costo totale mensile del lavoro e le ore medie effettuate appunto mensilmente. 7DEHOOD&RVWRRUDULRGHOODYRURQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL Stati membri Germania (1) Belgio Austria Danimarca Paesi Bassi 8 Costo orario del lavoro 23,14 21,27 19,85 19,28 19,27 Confetra, (1994), 3URILORGHOO¶DXWRWUDVSRUWRGLFRVHLQ,WDOLD, Quaderno n. 87, Milano, Maggio. 220 Svezia Francia Italia Finlandia Lussemburgo Spagna Regno Unito Irlanda Germania (2) Grecia Portogallo 19,20 19,12 18,74 17,56 17,16 15,11 13,11 12,80 11,97 6,97 5,55 (1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990. (2) Nuovi Laender e Berlino-Est. 7DEHOOD&RVWRRUDULRGLUHWWRQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL Stati membri Danimarca Germania (1) Austria Paesi Bassi Belgio Lussemburgo Finlandia Italia Francia Svezia Spagna Regno Unito Irlanda Germania (2) Grecia Portogallo Costo orario diretto 17,9690 17,7021 14,9867 14,7553 14,4423 14,4316 13,3456 13,1930 13,1163 13,0667 11,1210 11,0911 10,5856 9,3127 5,5063 4,1125 (1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990. (2) Nuovi Laender e Berlino-Est. 7DEHOOD5HPXQHUD]LRQHRUDULDGLUHWWDQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL Stati membri Danimarca Remunerazione oraria diretta 15,3662 221 Germania (1) Lussemburgo Paesi Bassi Belgio Italia Francia Regno Unito Irlanda Spagna Grecia Portogallo Germania (2) 12,9121 11,8232 10,7334 10,6137 9,4075 9,3114 9,2950 9,1648 9,0811 4,1402 3,1024 1,2037 (1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990. (2) Nuovi Laender e Berlino-Est. 7DEHOOD&RVWRRUDULRLQGLUHWWRQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL Stati membri Belgio Francia Svezia Italia Germania (1) Austria Paesi Bassi Spagna Finlandia Lussemburgo Germania (2) Irlanda Regno Unito Grecia Portogallo Danimarca Costo indiretto 6,8277 6,0037 5,9533 5,5470 5,4379 4,8633 4,8368 3,9890 3,5120 2,7284 2,6573 2,2144 2,0189 1,4637 1,4375 1,3110 (1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990. (2) Nuovi Laender e Berlino-Est. 222 7DEHOOD2QHULGLVLFXUH]]DVRFLDOHRUDULQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL Stati membri Belgio Francia Irlanda Italia Germania (1) Paesi Bassi Svezia Finlandia Austria Spagna Lussemburgo Germania (2) Regno Unito Grecia Portogallo Danimarca Oneri di sicurezza sociale orari 6,7000 5,4492 5,4492 5,1160 4,9520 4,3550 4,0132 3,7052 3,6127 3,3997 2,6255 2,3222 1,6256 1,3940 1,1544 0,6555 (1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990. (2) Nuovi Laender e Berlino-Est. 223 Sono già stati evidenziati gli aspetti teorici delle relazioni esistenti tra oneri sociali e costo del lavoro. Dopo aver effettuato il confronto tra i vari Paesi membri dei dati relativi al costo del lavoro riferito al totale dell’industria, è ora interessante esaminare il costo del lavoro in Italia, in particolare nelle aziende di autotrasporto, riferito al periodo attuale, cioè al primo semestre 1998. Per i costi diretti il valore orario è pari a 1/170 della retribuzione mensile. Per i costi indiretti: Ore lavorative nell’anno: 40 settimanali x 52 settimane =............... 2.080 − ferie (giorni 22 x 8 ore).............................................................. 176 − riposi aggiuntivi (ex festività)..................................................... 32 − riduzione orario di lavoro........................................................... 68 − festività infrasettimanali (12 giorni x 8 ore)................................ 96 − assemblee, permessi sindacali, studenti, eccetera....................... 17 − malattia e infortunio (media 9%)................................................ 152 Ore annue di effettivo lavoro 1.539 Per quanto riguarda in particolare i FRQIOLWWLGLODYRUR la situazione in Italia nel 1995 per quanto riguarda il settore “Trasporti e comunicazioni”, 224 secondo i dati del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese abbiamo i dati seguenti: 7DEHOOD &RQIOLWWL RULJLQDWL GDO UDSSRUWR GL ODYRUR SHU QXPHUR IUHTXHQ]D ODYRUDWRUL FRLQYROWL SDUWHFLSD]LRQH H QXPHUR GL RUH SHUGXWH Frequenza Partecipazione (migliaia) Ore di lavoro perdute (migliaia) Valore assoluto 80 67 899 % 15,8 15,6 14,9 Incidenza costi indiretti: − ferie = ore 176/1.539................................................................. 11,44% − riposi aggiuntivi ed ex festività = ore 47,5/1.539........................ 3,09% − riduzione orario di lavoro = ore 68/1.539................................... 4,42% − festività infrasettimanali = ore 96/1.539..................................... 6,24% − assemblee, permessi sindacali, studenti, ecc. = ore 17/1.539...... 1,10% − integrazione malattia e infortunio = (ore 152 x 54%) = ore 82,08/1.539......................................................................... 5,33% Gli aumenti periodici sono stati calcolati considerando un’anzianità di 10 anni. Per la rivalutazione del fondo accantonato al 31.12.95 è stato precalcolato il presumibile costo annuo ipotizzando un tasso di inflazione del 3,50% 225 7DEHOOD Retribuzione diretta Paga base mensile Contingenza Premio operosità Aumenti periodici di anzianità Maggiorazioni per prestazioni di sabato o riposi compensativi (stima media) E.D.R. 3° livello bis 3° livello 4° livello 5 ° livello 6° livello 1.031.475 1.005.923 14.400 981.945 1.003.914 13.780 890.645 999.592 12.500 813.875 996.214 11.500 701.975 993.724 10.200 240.000 235.000 225.000 215.000 200.000 52.500 20.000 50.500 20.000 47.300 20.000 40.200 20.000 34.000 20.000 7RWDOHSDJDPHQVLOH &RVWRRUDULRGLUHWWR 1.590,48 429,25 1.550,68 418,51 1.476,61 398,52 1.410,52 380,68 1.318,44 355,83 614,50 599,13 570,51 544,97 509,40 867,53 845,83 805,43 769,32 719,15 153,63 149,78 142,63 136,24 127,35 741,74 723,18 688,64 657,82 614,87 3.072,61 2.995,63 2.852,55 2.724,87 2.546,95 Retribuzione indiretta Ferie Ex festività Riduzione orario di lavoro Festività infrasettimanali Assemblee, permessi sindacali, studenti, ecc. Integrazione malattia e infortuni 13^ e 14^ mensilità (due mensilità/1.539) Una tantum 7RWDOHFRVWLRUDUL LQGLUHWWL 7RWDOHFRVWLRUDUL GLUHWWLHGLQGLUHWWL 226 Contributi assicurativi e previdenziali INPS (az. con oltre 50 dip.) 46,36% INAIL (valore presunto) 12,00% 58,36% A dedurre: fiscalizzazione costi diretti e indiretti 4,86% Trattamento fine rapporto Quota di competenza dell’anno corrente (T.F.R. annuale/1.539) Rivalutazione fondo accantonato 7RWDOHFRVWRRUDULR Indennità di trasferta Costo annuo presunto/1.539 &RVWRFRPSOHVVLYR Benefici per il Mezzogiorno Fiscalizzazione del 6,86% Sgravio generale (quota fissa) 12.475,78 12.163,61 11.582,63 11.064,20 10.341,87 -1.038,94 -1.012,94 -964,56 -921,38 -861,23 1.593,15 1.553,29 1.479,10 1.412,90 1.320,65 1.082,21 1.057,38 1.009,91 970,95 913,50 5.530,00 5.530,00 3.318,00 3.005,00 2.378,00 (1.466,48) (1.429,79) (1.039,63) (1.361,50) (1.039,63) (1.300,56) (1.039,63) (1.215,65) (1.039,63) (1.039,63) 7RWDOHFRVWRRUDULR SHULO0H]]RJLRUQR 7RWDOHFRVWRRUDULR FRQLQGHQQWUDVIHUWD 227 *OLRQHULGLVLFXUH]]DVRFLDOH Il processo evolutivo del sistema italiano di sicurezza sociale ha raggiunto una fase critica come dimostra l’accentuarsi del dibattito politico su temi previdenziali e sanitari. Progetti di riforma dell’ordinamento esistente e, in particolare, il riassetto del sistema previdenziale sono in fase di avanzata discussione. (Alcune scadenze sono molto prossime.) L’attuale congiuntura sociale e politica coincide con la prossima realizzazione del Mercato Unico nell’Unione Europea. Si aprono per l’Italia prospettive vantaggiose di inserimento in un sistema economico più equilibrato e più efficiente a condizione di disporre al momento opportuno di una capacità di concorrenza e di un dinamismo produttivo e commerciale sostenuto - o almeno non ostacolato - da un ordinamento di copertura sociale efficiente, efficace e coerente. La Commissione della CEE non manca di segnalare, ad ogni occasione, la necessità per gli Stati membri di agganciare l’evoluzione dei sistemi sociali al progressivo riavvicinamento delle politiche economiche comunitarie. Alla necessità, ampiamente riconosciuta in Italia, di ridurre le inefficienze strutturali e distributive nel settore della spesa, cioè sul versante delle prestazioni, si affianca l’altrettanto spinoso problema della opportuna revisione delle fonti di finanziamento. 228 /HVWUXWWXUHGLILQDQ]LDPHQWRGHOODVLFXUH]]DVRFLDOH Nel 1989 l’Italia era il Paese della CEE dove la proporzione dei contributi a carico dei datori di lavoro rispetto al complesso delle entrate era la più alta. Tale proporzione era superiore del 20% alla media CEE. Essa era molto superiore alla proporzione osservata in Germania, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, per citare Paesi economicamente importanti. Solo Francia e Portogallo registravano quote relativamente vicine a quelle italiane. Nel 1989 l’Italia era però anche il Paese della CEE - salvo la Danimarca dove la proporzione dei contributi a carico dei lavoratori rispetto al complesso delle entrate era la più bassa. La media CEE era del 63% più elevata. Nei grandi Paesi della Comunità la parte a carico dei lavoratori era molto più alta: in Francia e in Germania circa il doppio; nel Belgio un po’ meno del doppio della proporzione osservata in Italia. Solamente la Spagna e il Regno Unito facevano appello alla contribuzione degli assicurati in proporzione non troppo dissimile a quella corrispondente all’Italia. Sempre nel 1989 l’Italia era con il Belgio e il Portogallo tra i Paesi della CEE in cui parte delle risorse fornite dallo Stato nel complesso delle entrate si situava ad un livello prossimo alla media CEE. Gli scarti tra Paesi erano meno marcati che per le altre fonti contributive. I Paesi con “fiscalizzazione” molto accentuata erano come è noto la Danimarca accompagnata a distanza dall’Irlanda e dal Lussemburgo. 229 7DEHOOD ,PSRUWDQ]D UHODWLYD GHOOH WUH SULQFLSDOL IRQWL GL ILQDQ]LDPHQWR GHOOD VLFXUH]]D VRFLDOH 5DIIURQWR ,WDOLD &(( ,WDOLD Paese ITALIA Francia Portogallo Belgio Grecia Spagna Germania Lussemburgo Paesi Bassi Regno Unito Irlanda Danimarca Media CEE Contributi dei Contributi dei Contribuzione datori di lavoro lavoratori dello Stato 100 100 100 98 195 57 93 127 91 78 180 95 78 229 56 78 126 88 77 208 88 62 156 126 59 237 56 55 118 139 45 103 201 17 34 267 80 163 95 )RQWH Elaborazione su dati EUROSTAT. Si può supporre che le graduatorie per Paese osservate nel 1989 nella sovresposta Tabella 10 non siano molto differenti nel momento attuale, salvo una leggera flessione della parte dei contributi dei datori di lavoro in Francia a motivo dell’introduzione del CSG (Contribution Sociale Gèneèralisèe). Nel 1980 - cioè dieci anni prima - i dati fornivano un’immagine assai simile, il che conferma la rigidità delle strutture di finanziamento. Nell’interpretare questi dati non bisogna dimenticare che la fonte EUROSTAT nella pubblicazione in questione non include, salvo rare 230 eccezioni, le contribuzioni delle differenti parti della previdenza integrativa volontaria o privata. Se si scontasse l’effetto dei contributi volontari dei datori di lavoro (previdenza integrativa) il divario tra l’Italia e Paesi come la Germania, i Paesi Bassi o il Regno Unito ne risulterebbe leggermente attenuato. E’ da rilevare che in Paesi come la Francia e il Belgio la cui situazione circa l’onere globale a carico delle aziende è più vicina a quella italiana, la tendenza attuale è di considerare che ulteriori prelievi obbligatori per la sicurezza sociale dovranno farsi sui bilanci familiari e non più sui bilanci delle aziende9. In Italia il carattere ampio e generoso delle coperture pubbliche, specie quelle previdenziali, giustificherebbe un allineamento della tendenza osservata all’estero. Forse ci si sta muovendo in questa direzione anche in Italia. La Legge Finanziaria 1992 ha introdotto per il 1992, 1993, 1994 un aumento di un punto percentuale delle aliquote di prelievo sull’imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Anche il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha suggerito di modificare la distribuzione dell’onere per la previdenza tra i contribuenti ipotizzando di aumentare la contribuzione a carico dei lavoratori a valere sui contributi a carico dei datori di lavoro, che verrebbero proporzionalmente ridotti. /DSUHYLGHQ]DLQWHJUDWLYD 9 La riforma francese del 1991 che ha introdotto il CSG è una prova di tale volontà di riequilibrare progressivamente il peso dei mezzi finanziari consentiti dai due fattori della produzione. 231 Per quanto riguarda l’Italia ci limiteremo alle osservazioni seguenti, non essendo negli obiettivi della presente ricerca approfondire i vari aspetti tecnici, economici e politici del dibattito sulla copertura integrativa. L’Italia è, come si è visto, uno dei Paesi che impone agli imprenditori i più alti livelli di contributi alla sicurezza sociale, pubblica e obbligatoria, anche se non è possibile verificare obiettivamente in che misura questa situazione si rifletta sui profitti o sui prezzi pagati dal consumatore o sulla concorrenzialità delle imprese. Aumentare il concorso finanziario delle imprese per sviluppare una più ampia fascia “integrativa” sembrerebbe andare contro le esposte razionalità di prelievo, a meno che: − le imprese non siano esonerate da oneri esistenti; − gli esoneri fiscali sui contributi e i prodotti finanziari degli investimenti dei fondi accantonati non rappresentino per l’impresa un incentivo sufficiente o un compenso attraente; − esista un inquadramento legislativo idoneo e specifico per proteggere l’interesse pubblico in questo settore (l’Italia è l’unico Paese dell’UE senza una normativa moderna in merito) lasciando però al settore privato sufficiente libertà di manovra. L’Italia si trova in una posizione singolare in Europa anche perché viene dato poco spazio per la previdenza integrativa in generale e molto spazio invece per la copertura integrativa di malattia. $OFXQHFRQVLGHUD]LRQLULDVVXQWLYH 232 Alla luce delle considerazioni sviluppate nel corso del lavoro, la situazione dell’autotrasporto merci in Italia nella prospettiva europea appare critica, soprattutto per le imprese di piccola e piccolissima dimensione le quali fino ad ora hanno potuto operare grazie ad una legislazione protezionistica che le ha poste al riparo dalla concorrenza estera e ad una domanda di trasporto che si è tradizionalmente indirizzata verso un servizio poco specialistico e, soprattutto, a basso prezzo. Con la liberalizzazione del mercato operata in seno all’Unione Europea e la crescente richiesta di servizi logistici avanzati in grado di supportare l’impresa nella riduzione dei costi complessivi e nel miglioramento del livello qualitativo dell’offerta, entrambe le condizioni sono destinate a perdere gran parte della loro efficacia. Gli effetti non saranno, tuttavia, immediati; la liberalizzazione del cabotaggio, che rappresenta il vero livellatore del mercato unico dei trasporti, è entrata in vigore con il 1° luglio 1998; d’altra parte se risultano evidenti i segnali di cambiamento della domanda, esistono al suo interno vaste sacche di arretratezza che continueranno ad alimentare l’offerta marginale e meno qualificata. Ciò nondimeno si pongono improcrastinabili esigenze di intervento al fine di supportare i piccoli operatori in un’azione di aggregazione per far loro conseguire quella soglia dimensionale sufficiente per operare in condizioni di efficienza. A tal fine andrebbero riproposte le misure già indicate in passato nella Legge 68/92 e rivelatesi inefficaci per l’inadeguatezza delle risorse finanziarie rese disponibili. Il problema di fondo sembra tuttavia quello di riuscire a diffondere nel settore una cultura manageriale che attualmente appare modesta. L’insuccesso più o meno ampio che hanno registrato le forme associative di tipo cooperativo o consortile sono sostanzialmente da imputare alla 233 concezione fuorviante che i singoli aderenti hanno maturato rispetto al significato dell’associazionismo. La sua efficacia, infatti, è legata alla capacità di rinunciare ad una parte crescente dell’autonomia del singolo e di trasferirla al nuovo soggetto giuridico. Fino a quando questo concetto non sarà diffusamente condiviso il consorzio sarà interpretato come un espediente per ottenere vantaggi di basso profilo strategico. Solo in subordine si renderà necessario prevedere quegli ammortizzatori sociali, invocati dalle associazioni di categoria, per gli operatori che saranno espulsi per effetto della concorrenza estera. I problemi strutturali, connessi con l’eccessiva polverizzazione dell’offerta, non esauriscono i punti di debolezza del trasporto merci su strada in Italia. Vi sono infatti alcune questioni che condizionano anche la competitività delle imprese di autotrasporto di maggiori dimensioni e che solo a livello istituzionale è possibile risolvere (esempio: il sistema delle infrastrutture di trasporto nell’ambito delle quali i nodi rivestono un ruolo centrale nell’organizzazione di una efficiente catena logistica). In sintesi si può dire che in Italia, per realizzare un terzo del trasporto nazionale, occorre sommare l’attività di 500 aziende. Sono cifre che evidenziano l’estremo frazionamento del settore e offrono la diagnosi di un malessere serpeggiante. Il bacillo sta sicuramente nel costo del lavoro, nei fortissimi oneri sociali e nella giungla delle tasse, per cui si tende a lavorare in proprio e ad avere sempre meno dipendenti; ma esso è strettamente collegato anche alla già citata politica protezionistica. L’analisi delle caratteristiche dell’autotrasporto merci in Italia evidenzia quindi come le imprese del settore, tranne poche eccezioni, non siano in 234 possesso di quei fattori critici di successo necessari per competere validamente nel Mercato Unico. Se l’Unione Europea è portatrice di minacce ed opportunità, queste ultime difficilmente potranno essere colte solo per effetto di una riqualificazione del management e della struttura imprenditoriale, in assenza di una coerente politica dei trasporti. Non è meno vero che, per disegnare e applicare corrette linee d’intervento in questo campo, bisogna pure apprestare, come condizione primaria, un adeguato supporto conoscitivo di quelli che sono i diversi aspetti economici della vita delle imprese di qualsiasi dimensione. )DJLROL6S$ La Fagioli S.p.A. fu fondata in Italia nel 1965, inizialmente come una compagnia di trasporti generali. A seguito di successivi investimenti in personale e attrezzature, i servizi principali della compagnia si espansero e inclusero i trasporti eccezionali, i servizi fiduciari di magazzinaggio, i servizi di assemblaggio industriale, i servizi di spedizione e rappresentanza per il trasporto della merce. Servizi supplementari furono aggiunti al curriculum della compagnia a seguito di varie assemblee speciali degli azionisti durante gli anni ‘80 e ‘90 come il magazzinaggio e la custodia della merce e di prodotti in generale, l’affitto di materiale mobile e di beni immobili, i servizi di officina, e l’uso, l’acquisto, l’equipaggiamento, l’affitto e la vendita di navi e di altri mezzi di trasporto. 235 Il capitale sociale è di US$ 10.000.000, interamente versato. La proprietà è costituita per il 100% da capitale privato. L’azienda, posseduta dalla famiglia Fagioli, ha un giro d’affari annuo medio di circa US$ 100 milioni e attualmente impiega 229 persone in Italia e un totale di circa 500 persone incluse quelle che lavorano nelle compagnie controllate. Supportata da uno staff di ingegneri esperti e di personale valido, l’alta direzione della compagnia controlla strettamente le attività della compagnia stessa in tutte le loro sfaccettature. Investimenti nella tecnologia più avanzata e investimenti azionari in altre attività collegate hanno dato alla Fagioli un’enorme flessibilità nel suo approccio di risposta ai bisogni dei clienti, sia mettendo a disposizione un’ampia gamma di servizi disponibili, sia focalizzandosi su approcci innovativi ai tradizionali e moderni problemi di trasporto e sollevamento. La missione della Fagioli è di fornire ai propri clienti, al miglior prezzo possibile e in ogni parte del mondo, un servizio continuo, professionale, di alta qualità e sicurezza di esecuzione dei servizi, relativamente al volume e alla natura del materiale o del programma di esecuzione. Un’attrezzatura di avanguardia, mantenuta a un alto stato di efficienza, unita a personale molto specializzato, permette alla compagnia di trattare ogni contratto con un’ampia gamma di opzioni per poi fornire la soluzione ottimale. Sostenuti da un ampio know-how e da attrezzature e accessori adeguati, i lavoratori si accostano ai compiti che si trovano di fronte, non con un atteggiamento cosiddetto “can do”, ma motivati e con una abnegazione del tipo “will do”. 236 La direzione della Fagioli, in accordo con la missione della compagnia, ha stabilito un impegno stretto e personale per assicurare i controlli appropriati ed il monitoraggio di ogni fase per ciascun progetto. Tali fasi sono costituite dall’esame iniziale, dalle stime di budget per la quotazione, dalle negoziazioni contrattuali per la programmazione e l’esecuzione in accordo con la sicurezza e gli standard regolatori fino al completamento dei contratti con tutta la documentazione di supporto e la cura della clientela. La Fagioli S.p.A. ha la propria sede generale a S.Ilario d’Enza (RE), mentre la sede commerciale è a Milano. Ha poi filiali in tutta Italia e rappresentanze in tutto il mondo. Le associate, le affiliate e le compagnie consociate che operano come parti del Gruppo Fagioli sono: Algifa S.p.A., Eurotec Mare Srl, Fagioli Deutschland GmbH (Germany), Fagioli Makzume LTD (Turkey), Fagioli Moscow, FINA VAL Group, FM Construction S.p.A., ITEF Milano S.p.A., PSC Heavy Lift Group, Someport Walon SA. La Fagioli opera, dal punto di vista finanziario, con numerose banche: Banca Commerciale Italiana, Banca Popolare di Verona - Banco di S.Geminiano e San Prospero, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, Credito Emiliano, Banca Nazionale dell’Agricoltura, Istituto Bancario San Paolo di Torino. 237 238 2UJDQLJUDPPDJHQHUDOH PRESIDENTE Amministratore Delegato Consiglio di Amministrazione DSI Direzione Amm.va & Finanziaria Divisione Spedizioni Internazionali DSI TORINO DSI ROMA DSI MILANO DSI S.ILARIO CED Sistemi Informativi Controllo di Gestione Ufficio del Personale Contabilità Amm.ne Ufficio Autorizzaz. Ufficio Movimento DTE Divisione Trasporti Eccezionali DTO Dir. Tecnica Operativa DTC Dir. Comm. Milano Ufficio Tecnico Sollevamen & Montaggi DSI GORIZIA DSI TRAFFICO Ufficio TRAFFICO GENOVA OFFICINA Ufficio Acquisti Ufficio Legale Ufficio QUALITÀ & SICUREZZA STM ASSICURAZIONI Logistica e Magazzino Allesti mento Mezzi Disegno CAD Magazzino Ricambi Centro Servizi Autisti 239 Gruisti Operai &DPSLGLDWWLYLWjHVHUYL]LIRUQLWL I campi di attività in cui opera la Fagioli sono costituiti da: − Spedizione e trasporto carichi a livello internazionale. − Trasporti pesanti e ultrapesanti nazionali e internazionali (in tutto il mondo). − Montaggio di carichi pesanti e assemblaggio di attività di componenti pesanti, a livello mondiale (sia nazionale che internazionale). − Trasporti che includono la strada, la ferrovia, la via fluviale, marittima e aerea. − Magazzinaggio, sdoganamento, imballaggio, trasporti off-shore, uso di magazzini e terminali nei grandi porti commerciali. I servizi logistici, nazionali e internazionali, forniti comprendono: Consulenza: preventivi, valutazioni di tragitti e luoghi, studi di fattibilità, ottimizzazione della pianificazione. Spedizione e Trasporto: spedizioni di carichi internazionali, noleggio navi, coordinazione e monitoraggio, trasporto di carichi normali ed eccezionali. Ingegneria: ingegneria di trasporti pesanti, ingegneria marittima e fluviale, analisi efficaci computerizzate, calcoli della forza di accelerazione per componenti/moduli ultrapesanti per industrie off-shore che includono piani per il fissaggio dei carichi che viaggiano per via marittima certificati da “LLOYD’S, ND, R.I.N.A., ecc.”, in accordo con le norme internazionali, ingegneria per sollevamento e trattamento merci. Manutenzione del materiale: viene effettuata attraverso squadre selezionate di manutentori, che effettuano il controllo su ogni parte e che danno alla clientela un’unica, centralizzata fonte di informazione. 240 Documentazione: fornitura di ogni tipo di documenti specifici di spedizione e trasporto e piani programmati di spedizione computerizzata. Fornitura di materiale: design, costruzione, fornitura ed eventuale installazione di supporto, rinforzo e materiale per il fissaggio dei carichi che viaggiano per via marittima. Assemblaggio industriale: montaggio, assemblaggio, posizionamento dei componenti di sollevamento per l’industria pesante e petrolchimica e per gli impianti di energia elettrica. Servizi di emergenza e soccorso: trasporti di emergenza e servizi di sollevamento. ,QIUDVWUXWWXUHDWWUH]]DWXUHHWHFQRORJLDXWLOL]]DWD La Fagioli possiede comeinfrastrutture proprie: − Circa 200.000 metri quadrati di capacità di magazzinaggio nella sua sede generale e nelle altre filiali in Italia; vari uffici tecnici e dipartimenti in cui sono utilizzati sistemi avanzati CAD (computer aided system). − Aree di magazzinaggio intermedie nei principali porti italiani (cioè Genova, Venezia, Porto Marghera, La Spezia, Trieste, Monfalcone, Livorno). − Parco macchine esteso che include rimorchi modulari autopropulsori (SPMT). − Dispositivi di sollevamento idraulici e automatici di alta tecnologia che includono piattaforme per gru e attrezzature con alta capacità di sollevamento. − Gru idrauliche. 241 La Fagioli possiede ed opera con una grande gamma di attrezzature di trasporto e sollevamento sia convenzionali che specializzate. 1.500 rimorchi per il trasporto convenzionale (normali, coperti con tendone, piattaforme) e 200 containers (40’, 20’ - aperti, normali, piani) formano insieme una base per schemi generali per il trasporto dei carichi dai quali la compagnia estende i suoi servizi nei trasporti eccezionali. Più di 50 motrici per il trasporto pesante sono usate in unione con oltre 250 mezzi di trasporto specializzati come piattaforme idrauliche modulari e convenzionali, rimorchi e semirimorchi idraulici. Inoltre, la Fagioli possiede e impiega oltre 200 SPMT dell’ultima generazione supportati da 11 unità di imballaggio ad alto potere energetico. Per la navigazione fluviale e marittima, la Fagioli possiede una gamma di navi che vanno da quelle di sostegno a quelle piatte con una capacità fino a 9.000 tonnellate e navi elevatrici specializzate che permettono trasporti “low-profile” e operazioni di roll-on/roll-off simultaneamente. La ditta possiede inoltre speciali vagoni per il trasporto ferroviario. Alla fine, in base a quanto evidenziato, si capisce come la Fagioli è nella posizione di adattare tutti i veicoli e le attrezzature per il trasporto pesante a ogni tipo di apparecchio e macchinario, attraverso la costruzione di attrezzature fatte su misura per essere connesse con i propri rimorchi. Il reparto ingegneria della Fagioli è situato nella sede generale a S.Ilario d’Enza con uno staff di ingegneri specializzati. L’ingegneria supplementare è fornita dalle sue affiliate con altri esperti per vari compiti. Ogni ufficio di ingegneri è assistito dal sistema CAD e da una rete di computer. 242 Approssimativamente 60.000 metri quadrati della superficie dello stabilimento di S.Ilario d’Enza sono dedicati alla manutenzione, allo stoccaggio e alla fabbricazione di nuovo materiale mobile. Il principale magazzino di stoccaggio contiene la maggior parte del materiale di trasporto compresi gli accessori. Lo staff di manutenzione controlla continuamente lo stato di efficienza di tutto il materiale mobile, dalle prime motrici alla più piccola parte di un accessorio, e inoltre mantiene un inventario di tutte le parti di ricambio necessarie, sia dei principali pezzi di ricambio, sia del materiale mobile che accompagna l’attrezzatura nel luogo dove il trasporto e il sollevamento saranno effettuati. Le compagnie affiliate possiedono capacità simili. Per quanto riguarda il sistema di qualità, la Fagioli si è uniformata agli standard ISO 9002 per il trasporto, il magazzinaggio e i servizi di emergenza; è stata certificata in piena conformità nel 1994 dal DNV (Det Norske Veritas). Opera, inoltre, attraverso le sue filiali, con gli standard ISO 9001 per la costruzione e il sollevamento. In relazione al sistema di sicurezza anch’esso è interamente certificato e si effettuano inoltre operazioni autorizzate. L’operare è in accordo con lo standard di sicurezza BS 8800. 243 $QDOLVLGHOFRVWRGHOODYRURGHOOD)DJLROL6S$ In questo paragrafo verrà effettuata l’analisi dei componenti del costo del lavoro, sin qui svolta per l’insieme delle aziende dei diversi Paesi dell’Unione Europea, per la ditta “Fagioli S.p.A.”, al fine di valutare il suo posizionamento all’interno del contesto italiano ed europeo. Prima di iniziare l’analisi del costo del lavoro è importante mettere in evidenza l’organico in forza alla Fagioli S.p.A. come evidenziato qui di seguito. Dirigenti Quadri Impiegati Apprendisti 14 9 116 + 5 part-time = 121 2 (di cui 1 impiegato e 1 operaio) Autisti 35 Operai 44 + 4 part-time = 48 Con l’eccezione degli autisti e degli operai, gli altri dipendenti rientrano, ai fini del costo del lavoro, nella categoria “impiegati”. Un altro dato rilevante per quanto riguarda i dipendenti è il numero di lavoratori con contratto di formazione e lavoro. Questo dato è rilevante per il risparmio economico che tali lavoratori comportano, come già sottolineato nel capitolo 4. Alla Fagioli sono presenti 19 dipendenti con contratto di formazione e lavoro di cui: 12 impiegati, 6 operai e 1 apprendista. 244 La divisione dei dipendenti per reparto risulta essere la seguente: Divisione Trasporti Eccezionali 76 Divisione Spedizioni Internazionali 72 Amministrazione, Personale, Sicurezza, Qualità, Legale, Assicurazione 38 Centro Servizi 9 Manutenzione e Acquisti 25 Costruzione 9 Per quanto riguarda gli autisti, occorre sottolineare che i trasporti eccezionali sono effettuati esclusivamente da autisti dipendenti mentre per i trasporti normali e nazionali l’ipotesi più probabile è che l’impresa, seguendo il trend generale italiano messo in evidenza nei paragrafi precedenti, faccia ricorso ai cosiddetti “padroncini”. Questo proprio perché gli alti oneri sociali determinano un elevato costo per i dipendenti mentre lavorare in proprio costa meno. In Italia inoltre il numero dei padroncini è molto elevato; gli stessi si fanno quindi una concorrenza rovinosa per cui sono disposti anche ad accettare condizioni che li fanno lavorare in perdita pur di accaparrarsi dei carichi. Si deduce perciò come un’impresa di dimensioni medio-grandi abbia interesse a far ricorso agli stessi soprattutto per trasporti da effettuare occasionalmente. Prima di illustrare il calcolo numerico del costo del lavoro per l’impresa relativo alle tre categorie di dipendenti, occorre effettuare un’analisi dei singoli componenti di tale costo. 245 Innanzitutto il contratto a cui l’impresa fa riferimento per determinare le retribuzioni è quello dell’industria. Un aspetto da sottolineare in via preliminare è che sicuramente un elemento che distingue in modo rilevante il costo per un autista, dipendente “tipico” delle imprese di autotrasporto, rispetto a quello per un altro dipendente è l’LQGHQQLWj GL WUDVIHUWD . E’ questo un elemento peculiare di questa categoria di lavoratori, e lo è tanto più in un’impresa, come la Fagioli, che effettua trasporti internazionali e, in buona parte, anche eccezionali. Il perché l’effettuare un trasporto internazionale faccia aumentare l’indennità di trasferta è evidente, nel senso che generalmente questi trasporti devono essere effettuati su tratte più lunghe (la Fagioli lavora molto con la Tunisia, il Marocco, la Turchia, la Russia) che quindi impegnano l’autista per periodi più prolungati. I trasporti eccezionali, invece, richiedono operazioni di carico e scarico decisamente più complicate di quelle richieste da un carico normale e quindi tendenzialmente anche più lunghe; ciò fa aumentare le ore in cui l’autista è in trasferta. Questo elemento della retribuzione sarà inoltre sempre più rilevante nell’ottica della liberalizzazione del cabotaggio quando gli autisti effettueranno tratte esclusivamente all’interno di Stati esteri che quindi li porteranno a dover stare a lungo in trasferta. Un altro elemento che caratterizza gli autisti sono gli VWUDRUGLQDUL , anche se questo componente della retribuzione interessa anche gli operai (in particolare quelli che effettuano il viaggio con l’autista per poi compiere a destinazione operazioni di scarico). 246 Gli operai in generale devono effettuare la timbratura del cartellino in quanto svolgono il proprio lavoro all’interno dell’impresa e perciò non sorge alcun problema di misurazione dell’orario di lavoro (salvo come si è detto per quelli che seguono l’autista). La particolarità degli straordinari per gli autisti è invece data dal fatto che scarseggiano i metodi per il controllo delle ore effettuate. Un aiuto nel conteggio delle ore svolte potrebbe darlo il disco orario. E’ però poi ad esempio difficile verificare le ore in cui l’autista ha assistito o ha effettuato lo scarico. La Fagioli applica allora una forfetizzazione per gli straordinari degli autisti e cioè paga loro ogni giorno 10 ore e quindi 2 ore di straordinario, indipendentemente dalle ore effettive di lavoro svolto, che possono quindi essere inferiori o superiori. Nel calcolo del costo del lavoro per la Fagioli è stato considerato un operaio che svolge un numero medio di ore di straordinario, mentre per gli autisti è stata calcolata una media di L. 10.000.000 all’anno che corrispondono a un importo mensile di L. 833.333. L’anzianità di servizio è rilevante ai fini del calcolo del costo del lavoro, sia per la maturazione degli scatti di anzianità (ogni due anni), sia per il calcolo della quota di trattamento di fine rapporto maturata negli anni precedenti che al 31 dicembre di ogni anno deve essere rivalutata con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. L’impresa ha quindi un costo per l’adeguamento del fondo TRF accantonato fino a quel momento. Quello che verrà effettuato è però 247 un calcolo generale del costo del lavoro per cui si prescinde da questi due elementi che invece avrebbe senso considerare riferiti a un dipendente in particolare. Relativamente al 7)5 verrà quindi considerata solo la quota che deve essere accantonata ogni anno (e che va poi a formare il fondo del trattamento di fine rapporto) che è pari alla somma della retribuzione diretta e indiretta divisa per 13,5. Per quanto riguarda poi l’importo dell’onere per le IHULH che dove sostenere l’azienda, esso è determinato dallo stipendio lordo mensile diviso per il numero dei giorni lavorativi mensili che è pari a 22, moltiplicato per il numero di giorni di ferie all’anno che è ancora pari a 22. E’ per questo che l’importo dell’onere per le ferie risulta uguale allo stipendio lordo mensile. L’importo dell’onere per le H[IHVWLYLWj è invece dato dallo stipendio lordo diviso 22, moltiplicato per il numero di giorni all’anno delle ex festività che è pari a 4. L’importo dell’onere per la ULGX]LRQHGHOO¶RUDULRGLODYRUR è sempre dato dallo stipendio lordo diviso 22, moltiplicato per il numero di giorni all’anno dei riposi compensativi, che è 8. Per calcolare l’importo dell’onere per le DVVHPEOHH VLQGDFDOL a cui hanno partecipato i dipendenti si prende sempre lo stipendio lordo diviso 22 e moltiplicato per il numero di giorni all’anno pagati per le assemblee a cui il lavoratore ha partecipato. I lavoratori hanno diritto a un massimo di 20 ore 248 all’anno di assemblea retribuita pari appunto a 2 giorni e mezzo. Si è calcolato però che alla Fagioli un dipendente usufruisca in media di 10 di queste ore pertanto il numero di giorni retribuiti all’anno per le assemblee è pari a 1,25. La A PHQVLOLWj è pari a uno stipendio lordo mensile, mentre per determinare la APHQVLOLWj occorre togliere dallo stesso l’E.D.R.. Per quanto riguarda il dettaglio dei dipendente per le funzioni a carico dell’azienda e del FRQWULEXWL YHFFKLDLD , PDODWWLD , PDWHUQLWj e LQYDOLGLWj da versare all’INPS e al Servizio Sanitario Nazionale i valori sono quelli riportati nella tabella sottostante. 7DEHOOD&RQWULEXWLGDYHUVDUHDOO¶,136HDO661 INPS 1 IVS 2 DS Disocc. Speciale ,03,(*$7, 23(5$,($87,67, $]LHQGD 'LSHQGHQWH $]LHQGD 'LSHQGHQWH 23,81 8,89 23,81 8,89 1,61 - 1,61 - 1,87 0,16 0,10 - 1,87 0,16 0,10 - 0,20 2,20 - 0,20 2,20 - 2,48 - 2,48 - 0,20 - 0,20 - 0,66 0,35 - 0,66 0,35 - 3 TBC Tubercolosi 4 E.N.A.O.L.I. 5 Add. Asili Nido 6 Add. IVS Pensionati 7 CIG Ordinaria 8 CUAF Cassa Ass. Fam. 9 F.do Garanzia TFR 10 Ind. Econom. Maternità 11 GESCAL 12 Indenn. Malattia 249 ,03,(*$7, 13 CIGS 14 Mobilità L. 223 art. 16 23(5$,($87,67, $]LHQGD 'LSHQGHQWH $]LHQGD 'LSHQGHQWH 0,60 0,30 2,22 0,60 0,30 0,30 - 0,30 - 34,54 9,19 36,76 9,19 Totale per competenza TOTALE 43,73 45,95 SSN Impiegati Operai Azienda Dipendente Azienda Dipendente 9,60 1,00 9,60 1,00 TOTALE 10,60 10,60 I contributi che l’azienda deve versare nel caso abbia assunto dipendenti con contratto di apprendistato o persone iscritte nelle liste di mobilità sono invece pari a quelli riportati nelle tabelle sottostanti. 7DEHOOD&RQWULEXWLGDYHUVDUHSHUO¶DSSUHQGLVWDWRHODPRELOLWj Apprendistato Impiegati INPS SSN Operai Azienda Dip.te Azienda Dip.te 4.960* 5,84% 4960* 5,84% 240* 0,50% 240* 0,50%** Mobilità Impiegati Azienda Operai Dip.te 250 Azienda Dip.te INPS 4.780* 9,19% 4780* 9,19% SSN 240* 1,00% 240* 1,00% * Marca da versare per ogni settimana lavorata nel mese ** Il valore normale 1% ridotto di 0,50% (se > 63.054.000 0,8%-0,5% = 0,3%) Risulta quindi molto chiaro quale può essere il risparmio in termini di contributi per l’impresa che assume queste categorie di lavoratori. Per quanto riguarda la retribuzione che deve essere pagata al lavoratore durante la PDODWWLD, i primi tre giorni sono sempre pagati dall’azienda. C’è però poi una differenza per quanto riguarda le percentuali a carico dell’azienda e dell’istituto previdenziale a seconda della durata della malattia. In particolare: se la malattia dura fino a 20 giorni, dopo i primi tre l’onere è per il 50% a carico dell’impresa e per il 50% a carico dell’istituto. Se, al contrario, la malattia dura più di 20 giorni, la percentuale a carico dell’impresa è pari al 33% e quella a carico dell’istituto è invece pari al 66%. Per esemplificare, nel determinare l’onere annuo della Fagioli per il pagamento della retribuzione ai lavoratori in malattia si è proceduto nel modo seguente. La rilevazione dell’assenteismo nell’azienda calcolata su 102 dipendenti ha rilevato 7.597,52 ore di assenza per malattia. In base a questo dato sono state quindi calcolate le ore annue medie di assenza per ciascun dipendente. Dato che la giornata lavorativa è considerata pari a 8 ore al giorno, arriviamo ad avere i giorni di assenza per malattia per ogni lavoratore. Dividendo quindi lo stipendio lordo mensile per 22 e moltiplicando il risultato per 9 (giorni), si ottiene quanto dovrebbe pagare 251 l’azienda se fosse tutto a suo carico. Tale onere è invece pari al 50% se la malattia dura meno di 20 giorni e al 33% se dura di più. Ricordando però che i primi tre giorni in entrambi i casi sono a suo carico, si può approssimare dicendo che l’azienda sostiene circa la metà dell’onere per la retribuzione dei lavoratori assenti per malattia. Per rendere possibile il confronto con i dati a livello nazionale dove è stata considerata una percentuale del 54%, verrà utilizzata tale percentuale anche per il calcolo del costo del lavoro della Fagioli. La retribuzione che spetta al lavoratore in caso di LQIRUWXQLR è invece sempre totalmente a carico dell’istituto previdenziale anche se come già sottolineato l’impresa deve sopportare l’onere derivante dall’assenza del lavoratore. Analizziamo allora la situazione degli infortuni alla Fagioli per l’anno 1997. Numero di infortuni: 25 Giorni di infortunio: 529 Ore lavorate (in generale): 397178,84 Ore lavorate (operai + autisti): 135580,56 Da questi dati possono essere tratti degli indicatori statistici e in particolare: Indice di incidenza: (Ii) = n° infortuni / n° lavoratori x 1000. E’ la percentuale dei lavoratori che, in rapporto a quelli esposti al rischio, hanno subito infortuni; è quindi una stima della probabilità di infortunio. 252 Indice di frequenza (If) = n° infortuni / n° ore lavorate x 10 alla 6^. E’ il rapporto tra il numero degli infortuni e le ore lavorate in un certo periodo. Indice di gravità (Ig) = n° gg. Infortunio / n° ore lavorate x 10 alla 3^. Questi indicatori statistici hanno riportato per la Fagioli nel 1997, i seguenti valori: Ii (indice di incidenza): 111,11 Dm (Durata media): 21,16 giorni If (indice di frequenza): 62,94 If (indice di frequenza autisti + operai): 177,02 Ig (indice di gravità): 1,33 Incidenti mortali: 0 Somma gradi % inabilità: 0 Le cause di infortunio sono state: lavorazioni e attività a rischio attività non consentita o corretta mancato utilizzo DPI movimentazione manuale dei carichi carenza di formazione totale 8 7 12 2 26% 23% 39% 6% 2 6% 31 100% 253 La distribuzione degli infortuni per tipo di lesione risulta invece la seguente: 1 2 3 4 5 traumi ustioni fratture infiammazioni escoriazioni numero giorni 14 274 1 9 3 154 2 12 5 77 Non bisogna però pensare che l’impresa, dato che non sostiene direttamente il costo del pagamento della retribuzione quando si verifica l’infortunio, non partecipi in alcun modo alla copertura di tale costo. Essa infatti lo fa, almeno in una certa misura, pagando i contributi INAIL che sono pari al 12,423% (= 12% + 1% del 12%) per operai ed autisti e al 1,414% (= 1,4% + 1% dell’1,4%) per gli impiegati, percentuali calcolate sulla somma della retribuzione diretta ed indiretta. Dopo aver analizzato distintamente i vari elementi del costo del lavoro, possiamo quindi riassumerli nella tabella sottostante che riporta appunto il calcolo del costo del lavoro per la Fagioli S.p.A. relativamente a un impiegato di 2° livello e a un operaio e un autista di 3° livello super. 254 7DEHOOD &RVWR GHO ODYRUR DQQXDOH SHU XQ LPSLHJDWR XQ RSHUDLR H XQDXWLVWDDOOD)DJLROL6S$ ,PSLHJDWR 2SHUDLR $XWLVWD /LY /LY6 /LY6 5HWULEX]LRQHGLUHWWD Paga base mensile Contingenza Premio risultato Contratto aziendale Straordinari Lordo mensile (no straord.) Lordo Annuo (con straord.) 1.227.855 1.014.851 30.000 140.000 1.031.475 1.005.925 60.000 140.000 240.743 2.432.706 2.257.400 34.057.884 34.492.516 1.031.475 1.005.925 60.000 140.000 833.333 2.257.400 41.603.600 5HWULEX]LRQHLQGLUHWWD Ferie Ex festività Riduzione orario lavoro Assemblee Integrazione Malattia 13^ e 14^ mensilità Retr. diretta + indiretta 2.432.706 442.310 884.620 138.222 555.958 4.845.412 2.257.400 410.436 820.873 128.261 515.894 4.494.800 2.257.400 410.436 820.873 128.261 515.894 4.494.800 43.357.112 43.120.180 &RQWULEXWLDVVLFXUDWLYLH 255 50.231.264 SUHYLGHQ]LDOL INPS INAIL 19.137.829 19.990.515 1.794.984 5.356.820 23.287.214 6.240.230 7UDWWDPHQWRGLILQH UDSSRUWR Quota di competenza dell’anno corrente 3.211.638 3.194.087 3.720.834 ,QGHQQLWjGLWUDVIHUWD Costo annuo presunto 20.000.000 TOTALE COSTO LAVORO 67.501.563 71.661.602 103.479.542 Per i costi diretti il valore orario è pari a 1/170 della retribuzione mensile. Per i costi indiretti: Ore lavorative nell’anno: 40 settimanali x 52 settimane =................ 2.080 − ferie (giorni 22 x 8 ore)................................................................ 176 − riposi aggiuntivi (ex festività)...................................................... 32 − riduzione orario di lavoro............................................................ 68 − festività infrasettimanali (12 giorni x 8 ore)................................. 96 − assemblee ................................................................................. 10 − malattia e infortunio .................. ............................................... 109 Ore annue di effettivo lavoro 1.589 Per calcolare le ore di assenza per malattia e infortunio alla Fagioli S.p.A. si è fatto riferimento alla rilevazione dell’assenteismo del 1997 in cui risultano 7.597,52 ore di assenza per malattia e 3.572,40 ore di assenza per 256 infortunio calcolate su un numero di dipendenti pari a 102. Ne è risultato così un’assenza media di un dipendente pari a circa 109 ore all’anno. Incidenza costi indiretti: − ferie = ore 176/1.589................................................................. 11,08% − riposi aggiuntivi ed ex festività = ore 32/1.589....................... 2,01% − riduzione orario di lavoro = ore 68/1.589................................... 4,28% − festività infrasettimanali = ore 96/1.589..................................... 6,04% − assemblee, permessi sindacali, studenti, ecc. = ore 10/1.589..... 0,63% − integrazione malattia e infortunio = (ore 152 x 54%) = ore 58,86/1.589......................................................................... 3,70% 7DEHOOD&RVWRGHOODYRURRUDULRSHUXQLPSLHJDWRXQRSHUDLRHXQ DXWLVWDDOOD)DJLROL6S$ ,PSLHJDWR 2SHUDLR $XWLVWD /LY /LY6 /LY6 &RVWRRUDULRGLUHWWR VHQ]DVWUDRUGLQDUL 13.780,62 13.278,82 13.278,82 14.694.96 18.180,78 1.471,29 266,90 568,33 802,04 83,66 491,32 5.657,39 1.471,29 266,90 568,33 802,04 83,66 491,32 5.657,39 &RVWRRUDULRGLUHWWR FRQVWUDRUGLQDUL 5HWULEX]LRQHLQGLUHWWD Ferie Ex festività Riduzione orario lavoro Festività infrasettimanali Assemblee Integrazione Malattia 13^ e 14^ mensilità 1.526,89 276,99 589,81 832,35 86,82 509,88 3.049,35 257 7RWDOHFRVWLRUDULLQGLUHWWL Costi orari diretti e indiretti 20.652,71 22.619,75 22.619,75 9.116,11 292,03 10.486,52 2.810,05 10.486,52 2.810,05 2.021,17 1.675,54 1.675,54 &RQWULEXWLDVVLFXUDWLYLH SUHYLGHQ]LDOL INPS INAIL 7UDWWDPHQWRGLILQH UDSSRUWR Quota di competenza dell’anno corrente ,QGHQQLWjGLWUDVIHUWD Costo annuo presunto 15.515,90 727$/(&2672 25$5,2'(//$9252 32.082,02 37.591,86 53.107,76 Nell’effettuare il confronto tra il costo del lavoro della Fagioli su base oraria, che ho espresso in quest’ultima tabella, e il costo del lavoro a livello nazionale e comunitario per le imprese di autotrasporto occorre tenere presente che non sono presenti nella retribuzione diretta, né a livello nazionale10 né a livello aziendale, gli straordinari, cosicché i valori sono comparabili. La differenza più rilevante da sottolineare è l’importo maggiore dell’indennità di trasferta che presenta la Fagioli rispetto alla situazione nazionale. Questo può essere certamente dovuto al fatto che mentre la situazione nazionale esprime un valore medio, la Fagioli è un’impresa che 10 Figura infatti nella stessa solo un importo “Maggiorazione per prestazioni di sabato o riposi compensativi” che non rappresenta di certo l’onere complessivo per il pagamento di tutti le ore straordinarie effettuate in un mese. 258 effettua un numero rilevante di trasporti internazionali ed eccezionali che, come ho già messo in evidenza, comportano sicuramente trasferte più lunghe. 259