207 In Italia, l`autotrasporto di merci

Transcript

207 In Italia, l`autotrasporto di merci
3$57(7(5=$
&$3,72/2
/$',77$',$87275$6325720(5&,
³)$*,2/,6S$´
1(/&217(672,7$/,$12('(8523(2
6LWXD]LRQHJHQHUDOHGHOVHWWRUHGHOO¶DXWRWUDVSRUWRLQ,WDOLD
In Italia, l’autotrasporto di merci - ma anche quello di persone rappresenta una delle principali voci dell’economia e costituisce l’asse
portante per lo svolgersi stesso della quasi totalità delle attività industriali,
commerciali e di servizio, nonché del loro sviluppo. Il volume d’affari
dell’autotrasporto di persone e di merci è pari oggi a oltre 400.000 miliardi
di lire all’anno, ossia a circa il 25% del PIL; di questi, oltre 160.000 sono a
carico del trasporto merci su strada, la cui fattura rappresenta una quota del
95% dell’intero costo del trasporto merci.
In Italia le imprese di autotrasporto sono oltre 150 mila, anche se quelle
che svolgono trasporti merci su lunghe distanze sono circa 62 mila. Questo
è il numero da prendere a raffronto con altre realtà europee: le imprese
francesi sono circa 18 mila, 900 le tedesche, 2.000 quelle olandesi. Da
notare che queste tre nazioni si spartiscono il 60-70% del mercato europeo.
207
7DEHOOD'DWLULIHULWLDOFRQWRWHU]L 7RWDOH,PSUHVH
'LFXLVXOOHOXQJKH
GLVWDQ]H
Italia
Germania
Francia
Olanda
151.550
51.541
26.230
7.411
61.922
9.090
17.538
2.114
Fonte: &RQIHWUD.
La struttura di chi effettua il trasporto è molto varia: la tendenza generale è
quella di una prevalenza sempre più accentuata del trasporto per conto
terzi rispetto all’attività in proprio; ma il fenomeno oscilla dal 50% del
Portogallo, all’80% e oltre di Italia, Paesi Bassi e Lussemburgo.
Differenze importanti tra i vari Paesi membri affiorano inoltre per quanto
riguarda la taglia delle imprese di trasporto per conto terzi.
Gran parte dei trasportatori italiani sono artigiani, non in grado di
ammortizzare neanche il costo del proprio veicolo. In Italia infatti l’83%
delle imprese ha un solo veicolo in disponibilità, mentre solo il 7% ne ha
più di tre. In Francia il 46% delle imprese ha un veicolo, il 33% ne ha più
di tre. In Germania il 33% ha un solo veicolo, il 45% oltre tre. In Spagna
sono molto diffuse le imprese che lavorano con un flotta non superiore a
cinque veicoli, mentre in Belgio e nei Paesi Bassi cresce l’attività basata su
un parco di almeno undici camion.
Alla base della bassa concentrazione del settore in Italia concorrono varie
cause2 tra cui:
1
Con l’espressione FRQWRWHU]L si fa riferimento all’autorizzazione che consente, nel rispetto degli obblighi
di legge, l’attività imprenditoriale di servizi di autotrasporto verso un determinato corrispettivo.
L’automezzo, in questo caso, nella sua parte posteriore è contrassegnato da una striscia diagonale bianca.
208
− la diffusa convinzione che il settore costituisca una valida alternativa
alla disoccupazione;
− il livello contenuto delle barriere all’entrata derivante dall’assenza di
economie di scala, dalla semplicità della tecnologia e dalla disponibilità
degli istituti di credito a finanziare l’acquisto di veicoli;
− le elevate barriere all’uscita connesse con la circostanza che, nella
maggior parte dei casi, il reddito d’impresa rappresenta l’unica fonte di
entrata per gli autotrasportatori, il che li induce ad operare anche in
perdita;
− la polverizzazione della domanda espressa da imprese di piccola
dimensione, poco integrate spazialmente ed orientate verso un servizio di
basso costo.
Sicuramente un’altra causa che ha determinato il sorgere di un gran
numero di piccolissime aziende è il fatto che l’autotrasporto, in quanto
trasporto libero, non ha spese fisse. Gli oneri relativi alla sede che i veicoli
percorrono, vengono addebitati attraverso le tasse sui carburanti e quindi
risultano ancora variabili con la percorrenza. L’autotrasporto privato
quindi si adatta bene a qualunque entità di traffico, anche la più modesta.
Nella realtà, tuttavia, la concentrazione del settore è più elevata di quanto
emerga dalle statistiche ufficiali; la maggior parte dei piccoli
imprenditori/artigiani, infatti, non disponendo di una propria rete
commerciale, opera il trasporto puro prevalentemente in sub-vezione per
conto di altri operatori del trasporto stradale quali gli spedizionieri, i
corrieri e le case di spedizione.
2
Camera dei Deputati (1992), /¶LPSDWWR
Autotrasporto, n. 28/IV, legisl., novembre.
GHO
0HUFDWR
209
8QLFR
HXURSHR
VXOO¶HFRQRPLD
LWDOLDQD
,
In risposta ai fenomeni evolutivi che si riscontrano in questi anni, primo
fra tutti l’attuazione del Mercato Unico, il settore sta comunque mostrando
una tendenza ad assumere una struttura più concentrata, anche con
riferimento all’assetto societario, sebbene con un ritmo notevolmente più
contenuto rispetto a quello che sarebbe auspicabile.
Tra il 1987 ed il 1994 gli operatori a vario titolo coinvolti nel processo di
erogazione del servizio di trasporto stradale si sono resi protagonisti attivi
di 69 operazioni di Merger & Acquisition (M&A), di cui l’87% si è
concretizzato nell’acquisizione di quote di altri operatori stradali.
Relativamente elevate risultano le acquisizioni di imprese di autotrasporto
e di magazzini generali, sebbene con motivazioni differenti. Per
l’autotrasporto
essendo
prevalente
la
connotazione
trasportistica
dell’impresa acquirente l’obiettivo strategico è rappresentato dal
conseguimento di una maggiore integrazione o concentrazione. Nel caso
dei magazzini l’operazione può rispondere o ad una logica di integrazione
verticale in un’ottica di internalizzazione del servizio di magazzinaggio o,
alternativamente, ad una logica di diversificazione, quando nella filiera
produttiva dell’impresa acquirente non è presente il magazzinaggio.
Un secondo aspetto rilevante nel processo di riassetto proprietario si
riferisce alla massiccia presenza di operatori stranieri che, in molti casi,
hanno sfruttato la debolezza degli operatori italiani nel sostenere i processi
di crescita necessari per contrastare l’incremento della concorrenza.
Il problema della estrema frammentazione dell’autotrasporto italiano è
strettamente collegato alla politica protezionistica, durata decenni, che si è
concretata in un perdurante blocco delle licenze e che si concreta ancora
oggi in un anacronistico controllo tariffario.
210
L’accesso al mercato è stato bloccato per un lungo lasso di tempo: dal
1982 infatti non sono state concesse autorizzazioni al trasporto di merci su
strada per conto di terzi (impossibilità di espansione delle aziende); questo
fino al 1993 quando, con un decreto legge, si è dato l’avvio alla
liberalizzazione, del settore, seppure per certi versi solo parziale.
Siamo inoltre l’unico Paese europeo che attua un sistema di tariffe
obbligatorie. Anzi, proprio dal 1993, una nuova legge lo ha irrigidito,
ampliando da uno a cinque anni la prescrizione dei diritti tariffari stradali.
La posizione dell’Italia appare quindi particolarmente critica in rapporto a
quella degli altri Paesi dell’Unione in ragione di una programmazione e di
una politica dei trasporti inadeguate, sia per l’approccio incrementale
adottato nel finanziamento delle infrastrutture, sia per l’assenza di un
valido supporto allo sviluppo imprenditoriale3.
In Italia poi, vi è la grande fascia del lavoro autonomo dell’autotrasporto: i
cosiddetti “padroncini”. Più che trasporti per i proprietari delle merci,
come detto, essi eseguono sub-vezioni per le imprese di autotrasporto
maggiormente dimensionate. La loro politica evolutiva è di tipo sindacale,
preoccupata della soluzione del rapporto economico con la loro
committenza. Rappresentano un problema sociale demandato alle loro
rappresentanze di categoria ed al governo. La soluzione del problema - se
malamente perseguita come sino ad oggi è accaduto - seguiterà a
condizionare ogni ammodernamento della regolamentazione dei trasporti
italiani, monopolizzando l’attenzione della classe politica e della pubblica
amministrazione, incapaci di distinguere tra i problemi del trasporto e
quelli dei “padroncini”.
3
L’aver ignorato per lungo tempo il fenomeno dell’intermodalità ha determinato infatti, uno squilibrio
strutturale a favore della strada di dimensioni patologiche di gran lunga più gravi rispetto ad altri Paesi
europei.
211
La società inglese Coopers e Lybrand pubblica ogni due anni una ricerca
sulle aziende europee di trasporto.
Alcune considerazioni sui risultati che emergono dalla stessa sono
inevitabili. C’è una prevalenza di presenze di gruppi del centro e del nord
Europa. Se si prendono in considerazione soltanto le prime 20 società di
autotrasporto europee, il Regno Unito occupa il primo posto con cinque
presenze, davanti a Germania, Svezia e Olanda. L’Italia non ha neppure
una società tra le prime venti europee!
Ma se si tiene conto dei primi 50 gruppi, la situazione cambia con un pari
merito fra Regno Unito e Francia (dieci presenze ciascuna), seguite dalla
Germania con sei, dall’Olanda con cinque e da Italia e Svezia con quattro.
Rilevante l’incidenza dei primi dieci gruppi rispetto al totale dei cinquanta,
in termini di fatturato: detengono infatti ben il 54,8%.
Ma se si analizza poi l’importanza dei primi tre, si nota come essa sia tale
da rappresentare circa un quarto (24,1%) della cifra globale.
In un comparto trasporti squilibrato e sbilanciato, come quello italiano
afflitto
da pesanti problemi strutturali, la ristrutturazione e la
riorganizzazione sono quindi prioritari a qualunque iniziativa di liberismo
esasperato.
6WUXWWXUD JLXULGLFD GHOOH LPSUHVH LPSUHVH LQGLYLGXDOL H LPSUHVH
VRFLHWDULH
212
Guardando all’intero universo delle imprese italiane, apprendiamo da
Cannari, Marchese e Pagnini4 che “l’esame dell’evoluzione storica per
forma giuridica mostra una tendenza alla crescita delle forme societarie a
scapito delle imprese individuali: la quota di queste ultime cade, nel
trentennio 1951-1981, di 9 punti percentuali, a fronte di un aumento di 5 e
2 punti per le società di persone e per quelle di capitali (tali tendenze
risultano confermate dall’analisi in termini di addetti). Questo però non
dipende, come sarebbe auspicabile, dal peso delle medie e grandi imprese,
che si è anzi ridotto. Piuttosto, la maggiore propensione a usare la forma di
società di capitali potrebbe essere spiegata, oltre che con il richiamo a
fattori di tipo sociologico e culturale, con la crescente importanza assunta
dai vincoli finanziari per lo sviluppo delle imprese e l’accresciuta rilevanza
di una gestione efficiente del controllo”. Gli stessi autori evidenziano poi
come sia continuata la progressiva perdita di peso delle imprese
individuali. Essi, appunto, scrivono: “Secondo i dati del Sevizio Studi
della Banca d’Italia il loro numero è andato diminuendo nel corso del
periodo 1985-1990; conseguentemente la quota totale si è ridotta di quasi 6
punti percentuali. Sempre secondo i dati Cerved, sono le società di capitali
e quelle di persone a mostrare tassi di crescita positivi e abbastanza elevati.
I due fenomeni possono avere cause diverse. Per le società di persone
potrebbero riflettere la crescita dal basso delle imprese individuali. In un
mercato della riallocazione proprietaria divenuto più vivace, l’incremento
delle società di capitali potrebbe spiegarsi, invece, alla luce dei vantaggi
offerti in termini di gestione e di trasferibilità dei diritti residuali di
controllo. In altri termini, la maggiore intensità delle operazioni di
ristrutturazione proprietaria nel periodo avrebbe spinto le imprese ad
4
Cannari L., Marchese G., Pagnini M., Tesi di discussione a cura del Servizio Studi della Banca d’Italia.
213
attribuire un aumentato valore economico a una efficiente gestione e
trasferibilità dei diritti di controllo tipica delle società di capitali”. Si è
verificato altrettanto per le imprese operanti nel settore dell’autotrasporto
di merci?
Non risulta che l’Albo degli autotrasportatori - che pure dovrebbe essere
provvisto dei dati di base - abbia mai pubblicato qualcosa di simile allo
studio svolto dal Servizio Studi della Banca d’Italia. Non abbiamo quindi
elementi che consentano di pronunciarsi consapevolmente sul punto.
Ritengo, tuttavia, che non si dovrebbe essere lontani dal vero dando
risposta affermativa al quesito. Ciò nella considerazione che non può non
essere avvertita dagli operatori del trasporto di merci su strada più avveduti
- così come è avvenuto in altri campi produttivi - l’esigenza di sganciarsi,
nei limiti del possibile, dalle strutture tipiche delle imprese individuali,
assolutamente inette a misurarsi sul terreno economico con le unità di
maggiori dimensioni, aventi, di solito, la veste di società di capitali e
meglio atte a produrre servizi integrati, per assecondare l’evoluzione dei
processi industriali e commerciali del nostro tempo.
/DTXDOLWjQHLVHUYL]LGLDXWRWUDVSRUWRLQ,WDOLD
Recentemente anche in Italia si sta assistendo ad un crescente interesse
verso il problema della qualità e della sua certificazione nelle imprese di
trasporto.
Tale interesse si manifesta sia attraverso la proliferazione di corsi di
formazione
specifici
sull’argomento,
Quaderno n. 202, luglio 1993.
214
peraltro
ancora
largamente
insufficienti
dal
punto
di
vista
quantitativo,
sia
attraverso
l’implementazione di studi a livello locale.
Negli ambienti operativi, tuttavia, soprattutto nelle aziende di piccole
dimensioni, sebbene la qualità sia percepita almeno formalmente come
rilevante ai fini del successo, non si intravedono comportamenti coerenti
con l’obiettivo di un suo miglioramento. Una recente indagine5 sul Service
Quality Level mette in evidenza l’attuale situazione di transizione, oltre un
certo grado di incoerenza tra le valutazioni espresse in merito
all’importanza della qualità del servizio erogato ed il reale comportamento
tenuto nella gestione del business nell’ottica di un suo miglioramento.
Gli autotrasportatori infatti, nell’enucleare le criticità per la propria
impresa, indicano prioritariamente una serie di fattori esogeni o ritenuti tali
(concorrenza delle altre imprese, tariffe, costi) e solo in subordine indicano
quelli che direttamente o indirettamente attengono alla qualità del servizio
(predisposizione di servizi collaterali di magazzinaggio, gestione merci,
professionalità degli autisti, eccetera).
L’evoluzione più spinta e sofisticata riguarda le aziende che si ristrutturano
per offrire servizi di logistica integrata. I caricatori italiani però, in un
mercato che da sempre è dominato dai compratori, rispondono
limitatamente alle necessità del trasporto evoluto e si rendono
limitatamente conto di quanto sta cambiando.
Lo spaccato offerto dall’indagine, sebbene non pienamente rappresentativo
sotto il profilo statistico, denota la presenza di un ritardo culturale che si
riflette sul livello di competitività delle imprese. Il superamento di tale
ritardo è collegato alla rapidità con cui evolveranno i bisogni qualitativi
5
L’indagine, realizzata nell’ambito del Progetto Finalizzato Trasporti 2 del CNR, è stata condotta su un
campione di 150 imprese di autotrasporto scelto in funzione della localizzazione e del fatturato in modo da
rappresentare tutte le realtà nazionali e dimensionali.
215
della domanda rispetto ai quali, come già osservato, l’Unione Europea
rappresenta un importante fattore di accelerazione.
$OFXQLFHQQLVXOSURILORHFRQRPLFRGHOOHLPSUHVH
Purtroppo, tuttora, si hanno conoscenze grezze e limitate sugli aspetti
economici delle imprese di autotrasporto merci per conto terzi. Sulla base
dei pochi dati disponibili si può comunque dire che le unità produttive dei
servizi di trasporto merci su strada operano, nella stragrande maggioranza
dei casi, in condizioni strutturali inefficienti e pertanto registrano redditi
del tutto deludenti. Questa è una considerazione di massima che si ritrova
in numerosi autori che trattano questo settore; cerchiamo allora di
analizzare se le cose stanno proprio così. Certo, è sotto gli occhi di tutti il
fatto che si stia scontando un peccato originale, quale è quello che abbiamo
vissuto nel dopoguerra sotto forma di disordinata irruzione (e diffusione)
delle microimprese nel comparto del trasporto su gomma; microimprese
che, come ha scritto recentemente Paolo Volta6 ... “ del sacrificio personale
dei lavoratori (e cioè dei padroncini) e delle loro famiglie hanno fatto il
loro punto di forza, a scapito della professionalità e dell’evoluzione
ottimale (la capacità di adeguamento al mercato e alle nuove tecnologie del
settore) delle stesse imprese”. Rimane, nondimeno che, quando ci si vuole
documentare sulla identità qualitativa e quantitativa delle componenti della
indicata situazione, ci si imbatte in una sconvolgente scarsità di materiale
informativo.
6
Paolo Volta, 7UDVSRUWRPHUFL'DFRVWRDRSSRUWXQLWj, Edizioni Sole 24 Ore, Milano, 1993.
216
In base ai dati disponibili andrebbe però anzitutto riveduta la credenza
secondo la quale l’esercizio dell’autotrasporto di merci si svolge generalmente e costantemente - con risultati economici disastrosi o
pressoché tali.
Per le imprese monoveicolari non ci saranno stati, e non ci saranno,
risultati molto soddisfacenti, almeno sulla base di sensazioni destituite di
verifica documentale. Ma non altrettanto dovrebbe potersi dire per le
imprese di medie e grandi dimensioni (identificabili, quasi sempre, nelle
imprese di capitali o, quanto meno, nelle società di persone), come si
desume da una ricerca del Centro Studi della Confetra. Dall’indagine in
parola si rileva che nell’anno 1990 i conti economici delle società di
capitali esercenti l’attività dell’autotrasporto di merci, da una parte, e quelli
delle imprese assunte a oggetto di esame da un’indagine di Mediobanca,
dall’altra, hanno espresso i valori presentati nella tabella sottostante.
7DEHOOD 9DORUL GHL FRQWL HFRQRPLFL GHOOH VRFLHWj GL FDSLWDOL
HVHUFHQWLDWWLYLWjGLDXWRWUDVSRUWRPHUFLDQQR
Capitale investito per
impresa (miliardi di lire)
Addetti per impresa
Valore aggiunto per
impresa (miliardi di lire)
Valore aggiunto
Fatturato
ROE
Utile netto fatturato
,PSUHVHGL
,PSUHVH
DXWRWUDVSRUWR
0HGLREDQFD
3,3
22
36,3
159
1,6
9,6
32%
9,5%
1,5%
217
28,9%
7,9%
2,5%
Fermiamo, per un momento, l’attenzione sul ROE, relativamente al quale il
finanzista G. Metallo7 ha scritto che il ROE (ritorno del capitale proprio) o
saggio di reddito, indica il rendimento del capitale netto dell’impresa ed è
generalmente
utilizzato
come
parametro
sintetico
per
valutare
l’economicità della gestione aziendale. Esso infatti esprime l’efficienza
globale del complesso delle scelte gestionali compiute e in questo senso
risente naturalmente delle politiche di reddito attuate.
Non a caso, ai fini di una più chiara espressione della redditività
dell’impresa, l’indice in oggetto viene rappresentato dal rapporto
percentuale fra i mezzi prodotti dalla gestione e il capitale netto. In tal
modo si tiene conto di un più ampio concetto di redditività, depurato dalle
politiche di accantonamento seguite dall’impresa. Si valuta, infatti, la
redditività del capitale netto in funzione della capacità dell’impresa di
autofinanziare il suo sviluppo dato che i mezzi prodotti dalla gestione sono
rappresentati dal risultato netto - utili o perdite - dagli ammortamenti e
dagli accantonamenti a diverso titolo effettuati”.
Ebbene, dal confronto fra il ROE delle imprese di autotrasporto e il ROE
del campione Mediobanca viene evidenziato chiaramente come il primo si
posizioni meglio rispetto al secondo. Ma anche il valore aggiunto si
colloca a un livello superiore rispetto a quello fatturato dalle imprese
Mediobanca. Per cui ecco che, a questo punto, appare fuori dubbio che le
imprese di autotrasporto di merci non minuscole (in media 2 addetti per
impresa) presentano un profilo economico abbastanza buono, tanto da
7
Metallo G., 7LSLFLVWUXPHQWLGLDQDOLVLILQDQ]LDULD, Cedam, Padova, 1992.
218
reggere bene il confronto con le imprese di grandi dimensioni a cui si è
riferita l’indagine di Mediobanca.
Particolarmente interessanti sembrano poi i seguenti risultati evidenziati
dalla Confetra:
− la redditività, più che dall’attività specialistica, appare condizionata
dall’assetto d’impresa. Scarsa dimensione produce insoddisfacenti risultati.
Al di sotto di un miliardo di lire in valore aggiunto (15/20 addetti) la
redditività cala vistosamente. Le migliori performances sono realizzate da
aziende con valore aggiunto superiore ai 10 miliardi;
− la produttività, misurata con il valore aggiunto prodotto per addetto,
cresce con l’ammontare della dimensione delle aziende, con tendenza a
flettere nelle fasce a più elevato valore aggiunto.
La rilevanza dell’autotrasporto nell’ambito dell’offerta complessiva di
servizi di trasporto e la marginalità della maggior parte delle imprese
operanti nel settore è stata messa in evidenza anche in un’altra recente
ricerca della Confetra8 tesa, tra l’altro, a valutare il fatturato del trasporto
merci in Italia. Con riferimento al solo conto terzi, l’autotrasporto e la
logistica detengono circa il 90% del fatturato complessivo (rispettivamente
68 e 19 per cento), stimato in circa 59 mila miliardi. Dalla ricerca è
emerso, inoltre, che solo 512 imprese di autotrasporto e 270 corrieri hanno
mostrato un livello di fatturato superiore a due miliardi di lire.
,OFRVWRGHOODYRURLQ,WDOLD
219
Analizzando i vari elementi del costo del lavoro, non ho mai riportato i
valori relativi all’Italia proprio perché, la più volte ribadita mancanza di
dati, non ha permesso la conoscenza di tali valori.
L’unico confronto possibile tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione è quello
relativo al costo orario in quanto, non avendo per l’Italia il numero medio
di ore effettuate nell’anno, non è possibile trasformarlo in un costo
mensile.
E’ interessante inoltre prendere a confronto il costo orario anche perché
abbiamo così anche i valori dei tre Stati che sono entrati per ultimi
nell’Unione Europea e cioè Austria, Finlandia e Svezia.
E’ inoltre possibile scomporre tale costo nelle sue due principali
componenti e cioè i costi diretti - e al loro interno evidenzierò il valore
della remunerazione diretta - e i costi indiretti indicando la parte degli
stessi costituita dagli oneri per la sicurezza sociale.
Il costo orario, sempre espresso in ECU, per i diversi Paesi per i quali era
disponibile anche il dato relativo al costo mensile è ottenibile dalla
divisione tra il costo totale mensile del lavoro e le ore medie effettuate
appunto mensilmente.
7DEHOOD&RVWRRUDULRGHOODYRURQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL
Stati membri
Germania (1)
Belgio
Austria
Danimarca
Paesi Bassi
8
Costo orario del
lavoro
23,14
21,27
19,85
19,28
19,27
Confetra, (1994), 3URILORGHOO¶DXWRWUDVSRUWRGLFRVHLQ,WDOLD, Quaderno n. 87, Milano, Maggio.
220
Svezia
Francia
Italia
Finlandia
Lussemburgo
Spagna
Regno Unito
Irlanda
Germania (2)
Grecia
Portogallo
19,20
19,12
18,74
17,56
17,16
15,11
13,11
12,80
11,97
6,97
5,55
(1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990.
(2) Nuovi Laender e Berlino-Est.
7DEHOOD&RVWRRUDULRGLUHWWRQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL
Stati membri
Danimarca
Germania (1)
Austria
Paesi Bassi
Belgio
Lussemburgo
Finlandia
Italia
Francia
Svezia
Spagna
Regno Unito
Irlanda
Germania (2)
Grecia
Portogallo
Costo orario
diretto
17,9690
17,7021
14,9867
14,7553
14,4423
14,4316
13,3456
13,1930
13,1163
13,0667
11,1210
11,0911
10,5856
9,3127
5,5063
4,1125
(1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990.
(2) Nuovi Laender e Berlino-Est.
7DEHOOD5HPXQHUD]LRQHRUDULDGLUHWWDQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL
Stati membri
Danimarca
Remunerazione
oraria diretta
15,3662
221
Germania (1)
Lussemburgo
Paesi Bassi
Belgio
Italia
Francia
Regno Unito
Irlanda
Spagna
Grecia
Portogallo
Germania (2)
12,9121
11,8232
10,7334
10,6137
9,4075
9,3114
9,2950
9,1648
9,0811
4,1402
3,1024
1,2037
(1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990.
(2) Nuovi Laender e Berlino-Est.
7DEHOOD&RVWRRUDULRLQGLUHWWRQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL
Stati membri
Belgio
Francia
Svezia
Italia
Germania (1)
Austria
Paesi Bassi
Spagna
Finlandia
Lussemburgo
Germania (2)
Irlanda
Regno Unito
Grecia
Portogallo
Danimarca
Costo indiretto
6,8277
6,0037
5,9533
5,5470
5,4379
4,8633
4,8368
3,9890
3,5120
2,7284
2,6573
2,2144
2,0189
1,4637
1,4375
1,3110
(1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990.
(2) Nuovi Laender e Berlino-Est.
222
7DEHOOD2QHULGLVLFXUH]]DVRFLDOHRUDULQHLGLYHUVL6WDWLPHPEUL
Stati membri
Belgio
Francia
Irlanda
Italia
Germania (1)
Paesi Bassi
Svezia
Finlandia
Austria
Spagna
Lussemburgo
Germania (2)
Regno Unito
Grecia
Portogallo
Danimarca
Oneri di sicurezza
sociale orari
6,7000
5,4492
5,4492
5,1160
4,9520
4,3550
4,0132
3,7052
3,6127
3,3997
2,6255
2,3222
1,6256
1,3940
1,1544
0,6555
(1) Repubblica Federale Tedesca prima del 3.10.1990.
(2) Nuovi Laender e Berlino-Est.
223
Sono già stati evidenziati gli aspetti teorici delle relazioni esistenti tra
oneri sociali e costo del lavoro.
Dopo aver effettuato il confronto tra i vari Paesi membri dei dati relativi al
costo del lavoro riferito al totale dell’industria, è ora interessante
esaminare il costo del lavoro in Italia, in particolare nelle aziende di
autotrasporto, riferito al periodo attuale, cioè al primo semestre 1998.
Per i costi diretti il valore orario è pari a 1/170 della retribuzione mensile.
Per i costi indiretti:
Ore lavorative nell’anno: 40 settimanali x 52 settimane =...............
2.080
− ferie (giorni 22 x 8 ore)..............................................................
176
− riposi aggiuntivi (ex festività).....................................................
32
− riduzione orario di lavoro...........................................................
68
− festività infrasettimanali (12 giorni x 8 ore)................................
96
− assemblee, permessi sindacali, studenti, eccetera.......................
17
− malattia e infortunio (media 9%)................................................
152
Ore annue di effettivo lavoro
1.539
Per quanto riguarda in particolare i FRQIOLWWLGLODYRUR la situazione in Italia
nel 1995 per quanto riguarda il settore “Trasporti e comunicazioni”,
224
secondo i dati del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese
abbiamo i dati seguenti:
7DEHOOD &RQIOLWWL RULJLQDWL GDO UDSSRUWR GL ODYRUR SHU QXPHUR
IUHTXHQ]D ODYRUDWRUL FRLQYROWL SDUWHFLSD]LRQH H QXPHUR GL RUH
SHUGXWH
Frequenza
Partecipazione (migliaia)
Ore di lavoro perdute (migliaia)
Valore assoluto
80
67
899
%
15,8
15,6
14,9
Incidenza costi indiretti:
− ferie = ore 176/1.539................................................................. 11,44%
− riposi aggiuntivi ed ex festività = ore 47,5/1.539........................
3,09%
− riduzione orario di lavoro = ore 68/1.539...................................
4,42%
− festività infrasettimanali = ore 96/1.539.....................................
6,24%
− assemblee, permessi sindacali, studenti, ecc. = ore 17/1.539......
1,10%
− integrazione malattia e infortunio = (ore 152 x 54%) =
ore 82,08/1.539.........................................................................
5,33%
Gli aumenti periodici sono stati calcolati considerando un’anzianità di 10
anni. Per la rivalutazione del fondo accantonato al 31.12.95 è stato
precalcolato il presumibile costo annuo ipotizzando un tasso di inflazione
del 3,50%
225
7DEHOOD
ƒ
Retribuzione diretta
Paga base mensile
Contingenza
Premio operosità
Aumenti periodici di
anzianità
Maggiorazioni per
prestazioni di sabato o
riposi compensativi
(stima media)
E.D.R.
3° livello bis
3° livello
4° livello
5 ° livello
6° livello
1.031.475
1.005.923
14.400
981.945
1.003.914
13.780
890.645
999.592
12.500
813.875
996.214
11.500
701.975
993.724
10.200
240.000
235.000
225.000
215.000
200.000
52.500
20.000
50.500
20.000
47.300
20.000
40.200
20.000
34.000
20.000
7RWDOHSDJDPHQVLOH
&RVWRRUDULRGLUHWWR
1.590,48
429,25
1.550,68
418,51
1.476,61
398,52
1.410,52
380,68
1.318,44
355,83
614,50
599,13
570,51
544,97
509,40
867,53
845,83
805,43
769,32
719,15
153,63
149,78
142,63
136,24
127,35
741,74
723,18
688,64
657,82
614,87
3.072,61
2.995,63
2.852,55
2.724,87
2.546,95
ƒ
Retribuzione indiretta
Ferie
Ex festività
Riduzione orario di
lavoro
Festività
infrasettimanali
Assemblee, permessi
sindacali, studenti, ecc.
Integrazione malattia e
infortuni
13^ e 14^ mensilità
(due mensilità/1.539)
Una tantum
7RWDOHFRVWLRUDUL
LQGLUHWWL
7RWDOHFRVWLRUDUL
GLUHWWLHGLQGLUHWWL
226
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Contributi assicurativi e
previdenziali
INPS (az. con oltre 50
dip.)
46,36%
INAIL (valore
presunto)
12,00%
58,36%
A dedurre:
fiscalizzazione costi
diretti e indiretti 4,86%
Trattamento fine
rapporto
Quota di competenza
dell’anno corrente
(T.F.R. annuale/1.539)
Rivalutazione fondo
accantonato
7RWDOHFRVWRRUDULR
Indennità di trasferta
Costo annuo
presunto/1.539
&RVWRFRPSOHVVLYR
Benefici per il
Mezzogiorno
Fiscalizzazione del
6,86%
Sgravio generale (quota
fissa)
12.475,78
12.163,61
11.582,63
11.064,20
10.341,87
-1.038,94
-1.012,94
-964,56
-921,38
-861,23
1.593,15
1.553,29
1.479,10
1.412,90
1.320,65
1.082,21
1.057,38
1.009,91
970,95
913,50
5.530,00
5.530,00
3.318,00
3.005,00
2.378,00
(1.466,48)
(1.429,79)
(1.039,63)
(1.361,50)
(1.039,63)
(1.300,56)
(1.039,63)
(1.215,65)
(1.039,63)
(1.039,63)
7RWDOHFRVWRRUDULR
SHULO0H]]RJLRUQR
7RWDOHFRVWRRUDULR
FRQLQGHQQWUDVIHUWD
227
*OLRQHULGLVLFXUH]]DVRFLDOH
Il processo evolutivo del sistema italiano di sicurezza sociale ha raggiunto
una fase critica come dimostra l’accentuarsi del dibattito politico su temi
previdenziali e sanitari.
Progetti di riforma dell’ordinamento esistente e, in particolare, il riassetto
del sistema previdenziale sono in fase di avanzata discussione. (Alcune
scadenze sono molto prossime.)
L’attuale congiuntura sociale e politica coincide con la prossima
realizzazione del Mercato Unico nell’Unione Europea. Si aprono per
l’Italia prospettive vantaggiose di inserimento in un sistema economico più
equilibrato e più efficiente a condizione di disporre al momento opportuno
di una capacità di concorrenza e di un dinamismo produttivo e
commerciale sostenuto - o almeno non ostacolato - da un ordinamento di
copertura sociale efficiente, efficace e coerente.
La Commissione della CEE non manca di segnalare, ad ogni occasione, la
necessità per gli Stati membri di agganciare l’evoluzione dei sistemi sociali
al progressivo riavvicinamento delle politiche economiche comunitarie.
Alla necessità, ampiamente riconosciuta in Italia, di ridurre le inefficienze
strutturali e distributive nel settore della spesa, cioè sul versante delle
prestazioni, si affianca l’altrettanto spinoso problema della opportuna
revisione delle fonti di finanziamento.
228
/HVWUXWWXUHGLILQDQ]LDPHQWRGHOODVLFXUH]]DVRFLDOH
Nel 1989 l’Italia era il Paese della CEE dove la proporzione dei contributi
a carico dei datori di lavoro rispetto al complesso delle entrate era la più
alta. Tale proporzione era superiore del 20% alla media CEE. Essa era
molto superiore alla proporzione osservata in Germania, nei Paesi Bassi e
nel Regno Unito, per citare Paesi economicamente importanti. Solo
Francia e Portogallo registravano quote relativamente vicine a quelle
italiane.
Nel 1989 l’Italia era però anche il Paese della CEE - salvo la Danimarca dove la proporzione dei contributi a carico dei lavoratori rispetto al
complesso delle entrate era la più bassa. La media CEE era del 63% più
elevata. Nei grandi Paesi della Comunità la parte a carico dei lavoratori era
molto più alta: in Francia e in Germania circa il doppio; nel Belgio un po’
meno del doppio della proporzione osservata in Italia. Solamente la
Spagna e il Regno Unito facevano appello alla contribuzione degli
assicurati in proporzione non troppo dissimile a quella corrispondente
all’Italia.
Sempre nel 1989 l’Italia era con il Belgio e il Portogallo tra i Paesi della
CEE in cui parte delle risorse fornite dallo Stato nel complesso delle
entrate si situava ad un livello prossimo alla media CEE. Gli scarti tra
Paesi erano meno marcati che per le altre fonti contributive. I Paesi con
“fiscalizzazione” molto accentuata erano come è noto la Danimarca
accompagnata a distanza dall’Irlanda e dal Lussemburgo.
229
7DEHOOD
,PSRUWDQ]D
UHODWLYD
GHOOH
WUH
SULQFLSDOL
IRQWL
GL
ILQDQ]LDPHQWR GHOOD VLFXUH]]D VRFLDOH 5DIIURQWR ,WDOLD &(( ,WDOLD
Paese
ITALIA
Francia
Portogallo
Belgio
Grecia
Spagna
Germania
Lussemburgo
Paesi Bassi
Regno Unito
Irlanda
Danimarca
Media CEE
Contributi dei Contributi dei Contribuzione
datori di lavoro
lavoratori
dello Stato
100
100
100
98
195
57
93
127
91
78
180
95
78
229
56
78
126
88
77
208
88
62
156
126
59
237
56
55
118
139
45
103
201
17
34
267
80
163
95
)RQWH
Elaborazione su dati EUROSTAT.
Si può supporre che le graduatorie per Paese osservate nel 1989 nella
sovresposta Tabella 10 non siano molto differenti nel momento attuale,
salvo una leggera flessione della parte dei contributi dei datori di lavoro in
Francia a motivo dell’introduzione del CSG (Contribution Sociale
Gèneèralisèe). Nel 1980 - cioè dieci anni prima - i dati fornivano
un’immagine assai simile, il che conferma la rigidità delle strutture di
finanziamento.
Nell’interpretare questi dati non bisogna dimenticare che la fonte
EUROSTAT nella pubblicazione in questione non include, salvo rare
230
eccezioni, le contribuzioni delle differenti parti della previdenza
integrativa volontaria o privata. Se si scontasse l’effetto dei contributi
volontari dei datori di lavoro (previdenza integrativa) il divario tra l’Italia
e Paesi come la Germania, i Paesi Bassi o il Regno Unito ne risulterebbe
leggermente attenuato.
E’ da rilevare che in Paesi come la Francia e il Belgio la cui situazione
circa l’onere globale a carico delle aziende è più vicina a quella italiana, la
tendenza attuale è di considerare che ulteriori prelievi obbligatori per la
sicurezza sociale dovranno farsi sui bilanci familiari e non più sui bilanci
delle aziende9.
In Italia il carattere ampio e generoso delle coperture pubbliche, specie
quelle previdenziali, giustificherebbe un allineamento della tendenza
osservata all’estero. Forse ci si sta muovendo in questa direzione anche in
Italia. La Legge Finanziaria 1992 ha introdotto per il 1992, 1993, 1994 un
aumento di un punto percentuale delle aliquote di prelievo sull’imponibile
ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Anche il Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale ha suggerito di modificare la
distribuzione dell’onere per la previdenza tra i contribuenti ipotizzando di
aumentare la contribuzione a carico dei lavoratori a valere sui contributi a
carico dei datori di lavoro, che verrebbero proporzionalmente ridotti.
/DSUHYLGHQ]DLQWHJUDWLYD
9
La riforma francese del 1991 che ha introdotto il CSG è una prova di tale volontà di riequilibrare
progressivamente il peso dei mezzi finanziari consentiti dai due fattori della produzione.
231
Per quanto riguarda l’Italia ci limiteremo alle osservazioni seguenti, non
essendo negli obiettivi della presente ricerca approfondire i vari aspetti
tecnici, economici e politici del dibattito sulla copertura integrativa.
L’Italia è, come si è visto, uno dei Paesi che impone agli imprenditori i più
alti livelli di contributi alla sicurezza sociale, pubblica e obbligatoria,
anche se non è possibile verificare obiettivamente in che misura questa
situazione si rifletta sui profitti o sui prezzi pagati dal consumatore o sulla
concorrenzialità delle imprese.
Aumentare il concorso finanziario delle imprese per sviluppare una più
ampia fascia “integrativa” sembrerebbe andare contro le esposte razionalità
di prelievo, a meno che:
− le imprese non siano esonerate da oneri esistenti;
− gli esoneri fiscali sui contributi e i prodotti finanziari degli investimenti
dei fondi accantonati non rappresentino per l’impresa un incentivo
sufficiente o un compenso attraente;
− esista un inquadramento legislativo idoneo e specifico per proteggere
l’interesse pubblico in questo settore (l’Italia è l’unico Paese dell’UE senza
una normativa moderna in merito) lasciando però al settore privato
sufficiente libertà di manovra.
L’Italia si trova in una posizione singolare in Europa anche perché viene
dato poco spazio per la previdenza integrativa in generale e molto spazio
invece per la copertura integrativa di malattia.
$OFXQHFRQVLGHUD]LRQLULDVVXQWLYH
232
Alla luce delle considerazioni sviluppate nel corso del lavoro, la situazione
dell’autotrasporto merci in Italia nella prospettiva europea appare critica,
soprattutto per le imprese di piccola e piccolissima dimensione le quali
fino ad ora hanno potuto operare grazie ad una legislazione protezionistica
che le ha poste al riparo dalla concorrenza estera e ad una domanda di
trasporto che si è tradizionalmente indirizzata verso un servizio poco
specialistico e, soprattutto, a basso prezzo.
Con la liberalizzazione del mercato operata in seno all’Unione Europea e
la crescente richiesta di servizi logistici avanzati in grado di supportare
l’impresa nella riduzione dei costi complessivi e nel miglioramento del
livello qualitativo dell’offerta, entrambe le condizioni sono destinate a
perdere gran parte della loro efficacia. Gli effetti non saranno, tuttavia,
immediati; la liberalizzazione del cabotaggio, che rappresenta il vero
livellatore del mercato unico dei trasporti, è entrata in vigore con il 1°
luglio 1998; d’altra parte se risultano evidenti i segnali di cambiamento
della domanda, esistono al suo interno vaste sacche di arretratezza che
continueranno ad alimentare l’offerta marginale e meno qualificata.
Ciò nondimeno si pongono improcrastinabili esigenze di intervento al fine
di supportare i piccoli operatori in un’azione di aggregazione per far loro
conseguire quella soglia dimensionale sufficiente per operare in condizioni
di efficienza. A tal fine andrebbero riproposte le misure già indicate in
passato nella Legge 68/92 e rivelatesi inefficaci per l’inadeguatezza delle
risorse finanziarie rese disponibili.
Il problema di fondo sembra tuttavia quello di riuscire a diffondere nel
settore una cultura manageriale che attualmente appare modesta.
L’insuccesso più o meno ampio che hanno registrato le forme associative
di tipo cooperativo o consortile sono sostanzialmente da imputare alla
233
concezione fuorviante che i singoli aderenti hanno maturato rispetto al
significato dell’associazionismo. La sua efficacia, infatti, è legata alla
capacità di rinunciare ad una parte crescente dell’autonomia del singolo e
di trasferirla al nuovo soggetto giuridico. Fino a quando questo concetto
non sarà diffusamente condiviso il consorzio sarà interpretato come un
espediente per ottenere vantaggi di basso profilo strategico.
Solo in subordine si renderà necessario prevedere quegli ammortizzatori
sociali, invocati dalle associazioni di categoria, per gli operatori che
saranno espulsi per effetto della concorrenza estera.
I
problemi
strutturali,
connessi
con
l’eccessiva
polverizzazione
dell’offerta, non esauriscono i punti di debolezza del trasporto merci su
strada in Italia. Vi sono infatti alcune questioni che condizionano anche la
competitività delle imprese di autotrasporto di maggiori dimensioni e che
solo a livello istituzionale è possibile risolvere (esempio: il sistema delle
infrastrutture di trasporto nell’ambito delle quali i nodi rivestono un ruolo
centrale nell’organizzazione di una efficiente catena logistica).
In sintesi si può dire che in Italia, per realizzare un terzo del trasporto
nazionale, occorre sommare l’attività di 500 aziende. Sono cifre che
evidenziano l’estremo frazionamento del settore e offrono la diagnosi di un
malessere serpeggiante. Il bacillo sta sicuramente nel costo del lavoro, nei
fortissimi oneri sociali e nella giungla delle tasse, per cui si tende a
lavorare in proprio e ad avere sempre meno dipendenti; ma esso è
strettamente collegato anche alla già citata politica protezionistica.
L’analisi delle caratteristiche dell’autotrasporto merci in Italia evidenzia
quindi come le imprese del settore, tranne poche eccezioni, non siano in
234
possesso di quei fattori critici di successo necessari per competere
validamente nel Mercato Unico.
Se l’Unione Europea è portatrice di minacce ed opportunità, queste ultime
difficilmente potranno essere colte solo per effetto di una riqualificazione
del management e della struttura imprenditoriale, in assenza di una
coerente politica dei trasporti.
Non è meno vero che, per disegnare e applicare corrette linee d’intervento
in questo campo, bisogna pure apprestare, come condizione primaria, un
adeguato supporto conoscitivo di quelli che sono i diversi aspetti
economici della vita delle imprese di qualsiasi dimensione.
)DJLROL6S$
La Fagioli S.p.A. fu fondata in Italia nel 1965, inizialmente come una
compagnia di trasporti generali. A seguito di successivi investimenti in
personale e attrezzature, i servizi principali della compagnia si espansero e
inclusero i trasporti eccezionali, i servizi fiduciari di magazzinaggio, i
servizi di assemblaggio industriale, i servizi di spedizione e rappresentanza
per il trasporto della merce.
Servizi supplementari furono aggiunti al curriculum della compagnia a
seguito di varie assemblee speciali degli azionisti durante gli anni ‘80 e ‘90
come il magazzinaggio e la custodia della merce e di prodotti in generale,
l’affitto di materiale mobile e di beni immobili, i servizi di officina, e l’uso,
l’acquisto, l’equipaggiamento, l’affitto e la vendita di navi e di altri mezzi
di trasporto.
235
Il capitale sociale è di US$ 10.000.000, interamente versato. La proprietà è
costituita per il 100% da capitale privato.
L’azienda, posseduta dalla famiglia Fagioli, ha un giro d’affari annuo
medio di circa US$ 100 milioni e attualmente impiega 229 persone in Italia
e un totale di circa 500 persone incluse quelle che lavorano nelle
compagnie controllate. Supportata da uno staff di ingegneri esperti e di
personale valido, l’alta direzione della compagnia controlla strettamente le
attività della compagnia stessa in tutte le loro sfaccettature.
Investimenti nella tecnologia più avanzata e investimenti azionari in altre
attività collegate hanno dato alla Fagioli un’enorme flessibilità nel suo
approccio di risposta ai bisogni dei clienti, sia mettendo a disposizione
un’ampia gamma di servizi disponibili, sia focalizzandosi su approcci
innovativi ai tradizionali e moderni problemi di trasporto e sollevamento.
La missione della Fagioli è di fornire ai propri clienti, al miglior prezzo
possibile e in ogni parte del mondo, un servizio continuo, professionale, di
alta qualità e sicurezza di esecuzione dei servizi, relativamente al volume e
alla natura del materiale o del programma di esecuzione. Un’attrezzatura di
avanguardia, mantenuta a un alto stato di efficienza, unita a personale
molto specializzato, permette alla compagnia di trattare ogni contratto con
un’ampia gamma di opzioni per poi fornire la soluzione ottimale.
Sostenuti da un ampio know-how e da attrezzature e accessori adeguati, i
lavoratori si accostano ai compiti che si trovano di fronte, non con un
atteggiamento cosiddetto “can do”, ma motivati e con una abnegazione del
tipo “will do”.
236
La direzione della Fagioli, in accordo con la missione della compagnia, ha
stabilito un impegno stretto e personale per assicurare i controlli
appropriati ed il monitoraggio di ogni fase per ciascun progetto. Tali fasi
sono costituite dall’esame iniziale, dalle stime di budget per la quotazione,
dalle negoziazioni contrattuali per la programmazione e l’esecuzione in
accordo con la sicurezza e gli standard regolatori fino al completamento
dei contratti con tutta la documentazione di supporto e la cura della
clientela.
La Fagioli S.p.A. ha la propria sede generale a S.Ilario d’Enza (RE),
mentre la sede commerciale è a Milano. Ha poi filiali in tutta Italia e
rappresentanze in tutto il mondo. Le associate, le affiliate e le compagnie
consociate che operano come parti del Gruppo Fagioli sono:
Algifa S.p.A., Eurotec Mare Srl, Fagioli Deutschland GmbH (Germany),
Fagioli Makzume LTD (Turkey), Fagioli Moscow, FINA VAL Group, FM
Construction S.p.A., ITEF Milano S.p.A., PSC Heavy Lift Group,
Someport Walon SA.
La Fagioli opera, dal punto di vista finanziario, con numerose banche:
Banca Commerciale Italiana, Banca Popolare di Verona - Banco di
S.Geminiano e San Prospero, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Cassa
di Risparmio di Reggio Emilia, Credito Emiliano, Banca Nazionale
dell’Agricoltura, Istituto Bancario San Paolo di Torino.
237
238
2UJDQLJUDPPDJHQHUDOH
PRESIDENTE
Amministratore Delegato
Consiglio di
Amministrazione
DSI
Direzione Amm.va & Finanziaria
Divisione Spedizioni
Internazionali
DSI
TORINO
DSI
ROMA
DSI
MILANO
DSI
S.ILARIO
CED Sistemi
Informativi
Controllo di
Gestione
Ufficio del
Personale
Contabilità
Amm.ne
Ufficio
Autorizzaz.
Ufficio
Movimento
DTE Divisione Trasporti
Eccezionali
DTO
Dir. Tecnica
Operativa
DTC
Dir. Comm.
Milano
Ufficio Tecnico
Sollevamen
& Montaggi
DSI
GORIZIA
DSI TRAFFICO
Ufficio
TRAFFICO GENOVA
OFFICINA
Ufficio
Acquisti
Ufficio
Legale
Ufficio
QUALITÀ &
SICUREZZA
STM
ASSICURAZIONI
Logistica e
Magazzino
Allesti
mento
Mezzi
Disegno CAD
Magazzino Ricambi
Centro Servizi
Autisti
239
Gruisti
Operai
&DPSLGLDWWLYLWjHVHUYL]LIRUQLWL
I campi di attività in cui opera la Fagioli sono costituiti da:
− Spedizione e trasporto carichi a livello internazionale.
− Trasporti pesanti e ultrapesanti nazionali e internazionali (in tutto il
mondo).
− Montaggio di carichi pesanti e assemblaggio di attività di componenti
pesanti, a livello mondiale (sia nazionale che internazionale).
− Trasporti che includono la strada, la ferrovia, la via fluviale, marittima e
aerea.
− Magazzinaggio, sdoganamento, imballaggio, trasporti off-shore, uso di
magazzini e terminali nei grandi porti commerciali.
I servizi logistici, nazionali e internazionali, forniti comprendono:
Consulenza: preventivi, valutazioni di tragitti e luoghi, studi di fattibilità,
ottimizzazione della pianificazione.
Spedizione e Trasporto: spedizioni di carichi internazionali, noleggio navi,
coordinazione e monitoraggio, trasporto di carichi normali ed eccezionali.
Ingegneria: ingegneria di trasporti pesanti, ingegneria marittima e fluviale,
analisi efficaci computerizzate, calcoli della forza di accelerazione per
componenti/moduli ultrapesanti per industrie off-shore che includono piani
per il fissaggio dei carichi che viaggiano per via marittima certificati da
“LLOYD’S, ND, R.I.N.A., ecc.”, in accordo con le norme internazionali,
ingegneria per sollevamento e trattamento merci.
Manutenzione del materiale: viene effettuata attraverso squadre selezionate
di manutentori, che effettuano il controllo su ogni parte e che danno alla
clientela un’unica, centralizzata fonte di informazione.
240
Documentazione: fornitura di ogni tipo di documenti specifici di
spedizione e trasporto e piani programmati di spedizione computerizzata.
Fornitura di materiale: design, costruzione, fornitura ed eventuale
installazione di supporto, rinforzo e materiale per il fissaggio dei carichi
che viaggiano per via marittima.
Assemblaggio industriale: montaggio, assemblaggio, posizionamento dei
componenti di sollevamento per l’industria pesante e petrolchimica e per
gli impianti di energia elettrica.
Servizi di emergenza e soccorso: trasporti di emergenza e servizi di
sollevamento.
,QIUDVWUXWWXUHDWWUH]]DWXUHHWHFQRORJLDXWLOL]]DWD
La Fagioli possiede comeinfrastrutture proprie:
− Circa 200.000 metri quadrati di capacità di magazzinaggio nella sua
sede generale e nelle altre filiali in Italia; vari uffici tecnici e dipartimenti
in cui sono utilizzati sistemi avanzati CAD (computer aided system).
− Aree di magazzinaggio intermedie nei principali porti italiani (cioè
Genova, Venezia, Porto Marghera, La Spezia, Trieste, Monfalcone,
Livorno).
− Parco macchine esteso che include rimorchi modulari autopropulsori
(SPMT).
− Dispositivi di sollevamento idraulici e automatici di alta tecnologia che
includono piattaforme per gru e attrezzature con alta capacità di
sollevamento.
− Gru idrauliche.
241
La Fagioli possiede ed opera con una grande gamma di attrezzature di
trasporto e sollevamento sia convenzionali che specializzate.
1.500 rimorchi per il trasporto convenzionale (normali, coperti con
tendone, piattaforme) e 200 containers (40’, 20’ - aperti, normali, piani)
formano insieme una base per schemi generali per il trasporto dei carichi
dai quali la compagnia estende i suoi servizi nei trasporti eccezionali. Più
di 50 motrici per il trasporto pesante sono usate in unione con oltre 250
mezzi di trasporto
specializzati come piattaforme idrauliche
modulari e convenzionali,
rimorchi e semirimorchi idraulici. Inoltre, la
Fagioli possiede e impiega oltre
200 SPMT dell’ultima generazione
supportati da 11 unità di imballaggio ad alto potere energetico.
Per la navigazione fluviale e marittima, la Fagioli possiede una gamma di
navi che vanno da quelle di sostegno a quelle piatte con una capacità fino a
9.000 tonnellate e navi elevatrici specializzate che permettono trasporti
“low-profile” e operazioni di roll-on/roll-off simultaneamente.
La ditta possiede inoltre speciali vagoni per il trasporto ferroviario.
Alla fine, in base a quanto evidenziato, si capisce come la Fagioli è nella
posizione di adattare tutti i veicoli e le attrezzature per il trasporto pesante
a ogni tipo di apparecchio e macchinario, attraverso la costruzione di
attrezzature fatte su misura per essere connesse con i propri rimorchi.
Il reparto ingegneria della Fagioli è situato nella sede generale a S.Ilario
d’Enza
con
uno
staff
di
ingegneri
specializzati.
L’ingegneria
supplementare è fornita dalle sue affiliate con altri esperti per vari compiti.
Ogni ufficio di ingegneri è assistito dal sistema CAD e da una rete di
computer.
242
Approssimativamente 60.000 metri quadrati della superficie dello
stabilimento di S.Ilario d’Enza sono dedicati alla manutenzione, allo
stoccaggio e alla fabbricazione di nuovo materiale mobile. Il principale
magazzino di stoccaggio contiene la maggior parte del materiale di
trasporto compresi gli accessori. Lo staff di manutenzione controlla
continuamente lo stato di efficienza di tutto il materiale mobile, dalle
prime motrici alla più piccola parte di un accessorio, e inoltre mantiene un
inventario di tutte le parti di ricambio necessarie, sia dei principali pezzi di
ricambio, sia del materiale mobile che accompagna l’attrezzatura nel luogo
dove il trasporto e il sollevamento saranno effettuati.
Le compagnie affiliate possiedono capacità simili.
Per quanto riguarda il sistema di qualità, la Fagioli si è uniformata agli
standard ISO 9002 per il trasporto, il magazzinaggio e i servizi di
emergenza; è stata certificata in piena conformità nel 1994 dal DNV (Det
Norske Veritas). Opera, inoltre, attraverso le sue filiali, con gli standard
ISO 9001 per la costruzione e il sollevamento.
In relazione al sistema di sicurezza anch’esso è interamente certificato e si
effettuano inoltre operazioni autorizzate. L’operare è in accordo con lo
standard di sicurezza BS 8800.
243
$QDOLVLGHOFRVWRGHOODYRURGHOOD)DJLROL6S$
In questo paragrafo verrà effettuata l’analisi dei componenti del costo del
lavoro, sin qui svolta per l’insieme delle aziende dei diversi Paesi
dell’Unione Europea, per la ditta “Fagioli S.p.A.”, al fine di valutare il suo
posizionamento all’interno del contesto italiano ed europeo.
Prima di iniziare l’analisi del costo del lavoro è importante mettere in
evidenza l’organico in forza alla Fagioli S.p.A. come evidenziato qui di
seguito.
Dirigenti
Quadri
Impiegati
Apprendisti
14
9
116 + 5 part-time = 121
2 (di cui 1 impiegato e 1 operaio)
Autisti
35
Operai
44 + 4 part-time = 48
Con l’eccezione degli autisti e degli operai, gli altri dipendenti rientrano, ai
fini del costo del lavoro, nella categoria “impiegati”.
Un altro dato rilevante per quanto riguarda i dipendenti è il numero di
lavoratori con contratto di formazione e lavoro. Questo dato è rilevante per
il risparmio economico che tali lavoratori comportano, come già
sottolineato nel capitolo 4.
Alla Fagioli sono presenti 19 dipendenti con contratto di formazione e
lavoro di cui: 12 impiegati, 6 operai e 1 apprendista.
244
La divisione dei dipendenti per reparto risulta essere la seguente:
Divisione Trasporti Eccezionali
76
Divisione Spedizioni Internazionali
72
Amministrazione, Personale, Sicurezza, Qualità,
Legale, Assicurazione
38
Centro Servizi
9
Manutenzione e Acquisti
25
Costruzione
9
Per quanto riguarda gli autisti, occorre sottolineare che i trasporti
eccezionali sono effettuati esclusivamente da autisti dipendenti mentre per
i trasporti normali e nazionali l’ipotesi più probabile è che l’impresa,
seguendo il trend generale italiano messo in evidenza nei paragrafi
precedenti, faccia ricorso ai cosiddetti “padroncini”. Questo proprio perché
gli alti oneri sociali determinano un elevato costo per i dipendenti mentre
lavorare in proprio costa meno. In Italia inoltre il numero dei padroncini è
molto elevato; gli stessi si fanno quindi una concorrenza rovinosa per cui
sono disposti anche ad accettare condizioni che li fanno lavorare in perdita
pur di accaparrarsi dei carichi. Si deduce perciò come un’impresa di
dimensioni medio-grandi abbia interesse a far ricorso agli stessi soprattutto
per trasporti da effettuare occasionalmente.
Prima di illustrare il calcolo numerico del costo del lavoro per l’impresa
relativo alle tre categorie di dipendenti, occorre effettuare un’analisi dei
singoli componenti di tale costo.
245
Innanzitutto il contratto a cui l’impresa fa riferimento per determinare le
retribuzioni è quello dell’industria.
Un aspetto da sottolineare in via preliminare è che sicuramente un
elemento che distingue in modo rilevante il costo per un autista,
dipendente “tipico” delle imprese di autotrasporto, rispetto a quello per un
altro dipendente è l’LQGHQQLWj
GL WUDVIHUWD
. E’ questo un elemento
peculiare di questa categoria di lavoratori, e lo è tanto più in un’impresa,
come la Fagioli, che effettua trasporti internazionali e, in buona parte,
anche eccezionali. Il perché l’effettuare un trasporto internazionale faccia
aumentare l’indennità di trasferta è evidente, nel senso che generalmente
questi trasporti devono essere effettuati su tratte più lunghe (la Fagioli
lavora molto con la Tunisia, il Marocco, la Turchia, la Russia) che quindi
impegnano l’autista per periodi più prolungati. I trasporti eccezionali,
invece, richiedono operazioni di carico e scarico decisamente più
complicate di quelle richieste da un carico normale e quindi
tendenzialmente anche più lunghe; ciò fa aumentare le ore in cui l’autista è
in trasferta.
Questo elemento della retribuzione sarà inoltre sempre più rilevante
nell’ottica della liberalizzazione del cabotaggio quando gli autisti
effettueranno tratte esclusivamente all’interno di Stati esteri che quindi li
porteranno a dover stare a lungo in trasferta.
Un altro elemento che caratterizza gli autisti sono gli
VWUDRUGLQDUL
, anche
se questo componente della retribuzione interessa anche gli operai (in
particolare quelli che effettuano il viaggio con l’autista per poi compiere a
destinazione operazioni di scarico).
246
Gli operai in generale devono effettuare la timbratura del cartellino in
quanto svolgono il proprio lavoro all’interno dell’impresa e perciò non
sorge alcun problema di misurazione dell’orario di lavoro (salvo come si è
detto per quelli che seguono l’autista).
La particolarità degli straordinari per gli autisti è invece data dal fatto che
scarseggiano i metodi per il controllo delle ore effettuate.
Un aiuto nel conteggio delle ore svolte potrebbe darlo il disco orario. E’
però poi ad esempio difficile verificare le ore in cui l’autista ha assistito o
ha effettuato lo scarico.
La Fagioli applica allora una forfetizzazione per gli straordinari degli
autisti e cioè paga loro ogni giorno 10 ore e quindi 2 ore di straordinario,
indipendentemente dalle ore effettive di lavoro svolto, che possono quindi
essere inferiori o superiori.
Nel calcolo del costo del lavoro per la Fagioli è stato considerato un
operaio che svolge un numero medio di ore di straordinario, mentre per gli
autisti è stata calcolata una media di L. 10.000.000 all’anno che
corrispondono a un importo mensile di L. 833.333.
L’anzianità di servizio è rilevante ai fini del calcolo del costo del lavoro,
sia per la maturazione degli scatti di anzianità (ogni due anni), sia per il
calcolo della quota di trattamento di fine rapporto maturata negli anni
precedenti che al 31 dicembre di ogni anno deve essere rivalutata con
l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75%
dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno
precedente. L’impresa ha quindi un costo per l’adeguamento del fondo
TRF accantonato fino a quel momento. Quello che verrà effettuato è però
247
un calcolo generale del costo del lavoro per cui si prescinde da questi due
elementi che invece avrebbe senso considerare riferiti a un dipendente in
particolare.
Relativamente al
7)5
verrà quindi considerata solo la quota che deve
essere accantonata ogni anno (e che va poi a formare il fondo del
trattamento di fine rapporto) che è pari alla somma della retribuzione
diretta e indiretta divisa per 13,5.
Per quanto riguarda poi l’importo dell’onere per le
IHULH
che dove
sostenere l’azienda, esso è determinato dallo stipendio lordo mensile
diviso per il numero dei giorni lavorativi mensili che è pari a 22,
moltiplicato per il numero di giorni di ferie all’anno che è ancora pari a 22.
E’ per questo che l’importo dell’onere per le ferie risulta uguale allo
stipendio lordo mensile.
L’importo dell’onere per le H[IHVWLYLWj è invece dato dallo stipendio lordo
diviso 22, moltiplicato per il numero di giorni all’anno delle ex festività
che è pari a 4.
L’importo dell’onere per la ULGX]LRQHGHOO¶RUDULRGLODYRUR è sempre dato
dallo stipendio lordo diviso 22, moltiplicato per il numero di giorni
all’anno dei riposi compensativi, che è 8.
Per calcolare l’importo dell’onere per le
DVVHPEOHH VLQGDFDOL
a cui hanno
partecipato i dipendenti si prende sempre lo stipendio lordo diviso 22 e
moltiplicato per il numero di giorni all’anno pagati per le assemblee a cui il
lavoratore ha partecipato. I lavoratori hanno diritto a un massimo di 20 ore
248
all’anno di assemblea retribuita pari appunto a 2 giorni e mezzo. Si è
calcolato però che alla Fagioli un dipendente usufruisca in media di 10 di
queste ore pertanto il numero di giorni retribuiti all’anno per le assemblee
è pari a 1,25.
La
A PHQVLOLWj
è pari a uno stipendio lordo mensile, mentre per
determinare la APHQVLOLWj occorre togliere dallo stesso l’E.D.R..
Per quanto riguarda il dettaglio dei
dipendente per le funzioni
a carico dell’azienda e del
FRQWULEXWL
YHFFKLDLD
,
PDODWWLD
,
PDWHUQLWj
e
LQYDOLGLWj
da
versare all’INPS e al Servizio Sanitario Nazionale i valori sono quelli
riportati nella tabella sottostante.
7DEHOOD&RQWULEXWLGDYHUVDUHDOO¶,136HDO661
INPS
1 IVS
2 DS Disocc. Speciale
,03,(*$7,
23(5$,($87,67,
$]LHQGD
'LSHQGHQWH
$]LHQGD
'LSHQGHQWH
23,81
8,89
23,81
8,89
1,61
-
1,61
-
1,87
0,16
0,10
-
1,87
0,16
0,10
-
0,20
2,20
-
0,20
2,20
-
2,48
-
2,48
-
0,20
-
0,20
-
0,66
0,35
-
0,66
0,35
-
3 TBC Tubercolosi
4 E.N.A.O.L.I.
5 Add. Asili Nido
6 Add. IVS Pensionati
7 CIG Ordinaria
8 CUAF Cassa Ass. Fam.
9 F.do Garanzia TFR
10 Ind. Econom. Maternità
11 GESCAL
12 Indenn. Malattia
249
,03,(*$7,
13 CIGS
14 Mobilità L. 223 art. 16
23(5$,($87,67,
$]LHQGD
'LSHQGHQWH
$]LHQGD
'LSHQGHQWH
0,60
0,30
2,22
0,60
0,30
0,30
-
0,30
-
34,54
9,19
36,76
9,19
Totale per competenza
TOTALE
43,73
45,95
SSN
Impiegati
Operai
Azienda
Dipendente
Azienda
Dipendente
9,60
1,00
9,60
1,00
TOTALE
10,60
10,60
I contributi che l’azienda deve versare nel caso abbia assunto dipendenti
con contratto di apprendistato o persone iscritte nelle liste di mobilità sono
invece pari a quelli riportati nelle tabelle sottostanti.
7DEHOOD&RQWULEXWLGDYHUVDUHSHUO¶DSSUHQGLVWDWRHODPRELOLWj
Apprendistato
Impiegati
INPS
SSN
Operai
Azienda
Dip.te
Azienda
Dip.te
4.960*
5,84%
4960*
5,84%
240*
0,50%
240*
0,50%**
Mobilità
Impiegati
Azienda
Operai
Dip.te
250
Azienda
Dip.te
INPS
4.780*
9,19%
4780*
9,19%
SSN
240*
1,00%
240*
1,00%
* Marca da versare per ogni settimana lavorata nel mese
** Il valore normale 1% ridotto di 0,50% (se > 63.054.000 0,8%-0,5% =
0,3%)
Risulta quindi molto chiaro quale può essere il risparmio in termini di
contributi per l’impresa che assume queste categorie di lavoratori.
Per quanto riguarda la retribuzione che deve essere pagata al lavoratore
durante la PDODWWLD, i primi tre giorni sono sempre pagati dall’azienda. C’è
però poi una differenza per quanto riguarda le percentuali a carico
dell’azienda e dell’istituto previdenziale a seconda della durata della
malattia. In particolare: se la malattia dura fino a 20 giorni, dopo i primi tre
l’onere è per il 50% a carico dell’impresa e per il 50% a carico dell’istituto.
Se, al contrario, la malattia dura più di 20 giorni, la percentuale a carico
dell’impresa è pari al 33% e quella a carico dell’istituto è invece pari al
66%.
Per esemplificare, nel determinare l’onere annuo della Fagioli per il
pagamento della retribuzione ai lavoratori in malattia si è proceduto nel
modo seguente. La rilevazione dell’assenteismo nell’azienda calcolata su
102 dipendenti ha rilevato 7.597,52 ore di assenza per malattia. In base a
questo dato sono state quindi calcolate le ore annue medie di assenza per
ciascun dipendente. Dato che la giornata lavorativa è considerata pari a 8
ore al giorno, arriviamo ad avere i giorni di assenza per malattia per ogni
lavoratore. Dividendo quindi lo stipendio lordo mensile per 22 e
moltiplicando il risultato per 9 (giorni), si ottiene quanto dovrebbe pagare
251
l’azienda se fosse tutto a suo carico. Tale onere è invece pari al 50% se la
malattia dura meno di 20 giorni e al 33% se dura di più. Ricordando però
che i primi tre giorni in entrambi i casi sono a suo carico, si può
approssimare dicendo che l’azienda sostiene circa la metà dell’onere per la
retribuzione dei lavoratori assenti per malattia. Per rendere possibile il
confronto con i dati a livello nazionale dove è stata considerata una
percentuale del 54%, verrà utilizzata tale percentuale anche per il calcolo
del costo del lavoro della Fagioli.
La retribuzione che spetta al lavoratore in caso di
LQIRUWXQLR
è invece
sempre totalmente a carico dell’istituto previdenziale anche se come già
sottolineato l’impresa deve sopportare l’onere derivante dall’assenza del
lavoratore.
Analizziamo allora la situazione degli infortuni alla Fagioli per l’anno
1997.
Numero di infortuni:
25
Giorni di infortunio:
529
Ore lavorate (in generale):
397178,84
Ore lavorate (operai + autisti): 135580,56
Da questi dati possono essere tratti degli indicatori statistici e in
particolare:
Indice di incidenza: (Ii) = n° infortuni / n° lavoratori x 1000.
E’ la percentuale dei lavoratori che, in rapporto a quelli esposti al rischio,
hanno subito infortuni; è quindi una stima della probabilità di infortunio.
252
Indice di frequenza (If) = n° infortuni / n° ore lavorate x 10 alla 6^.
E’ il rapporto tra il numero degli infortuni e le ore lavorate in un certo
periodo.
Indice di gravità (Ig) = n° gg. Infortunio / n° ore lavorate x 10 alla 3^.
Questi indicatori statistici hanno riportato per la Fagioli nel 1997, i
seguenti valori:
Ii (indice di incidenza):
111,11
Dm (Durata media):
21,16 giorni
If (indice di frequenza):
62,94
If (indice di frequenza autisti + operai): 177,02
Ig (indice di gravità):
1,33
Incidenti mortali:
0
Somma gradi % inabilità:
0
Le cause di infortunio sono state:
lavorazioni e attività a rischio
attività non consentita o corretta
mancato utilizzo DPI
movimentazione manuale dei
carichi
carenza di formazione
totale
8
7
12
2
26%
23%
39%
6%
2
6%
31 100%
253
La distribuzione degli infortuni per tipo di lesione risulta invece la
seguente:
1
2
3
4
5
traumi
ustioni
fratture
infiammazioni
escoriazioni
numero giorni
14
274
1
9
3
154
2
12
5
77
Non bisogna però pensare che l’impresa, dato che non sostiene
direttamente il costo del pagamento della retribuzione quando si verifica
l’infortunio, non partecipi in alcun modo alla copertura di tale costo. Essa
infatti lo fa, almeno in una certa misura, pagando i contributi INAIL che
sono pari al 12,423% (= 12% + 1% del 12%) per operai ed autisti e al
1,414% (= 1,4% + 1% dell’1,4%) per gli impiegati, percentuali calcolate
sulla somma della retribuzione diretta ed indiretta.
Dopo aver analizzato distintamente i vari elementi del costo del lavoro,
possiamo quindi riassumerli nella tabella sottostante che riporta appunto il
calcolo del costo del lavoro per la Fagioli S.p.A. relativamente a un
impiegato di 2° livello e a un operaio e un autista di 3° livello super.
254
7DEHOOD &RVWR GHO ODYRUR DQQXDOH SHU XQ LPSLHJDWR XQ RSHUDLR H
XQDXWLVWDDOOD)DJLROL6S$
,PSLHJDWR
2SHUDLR
$XWLVWD
ƒ/LY
ƒ/LY6
ƒ/LY6
ƒ 5HWULEX]LRQHGLUHWWD
Paga base mensile
Contingenza
Premio risultato
Contratto aziendale
Straordinari
Lordo mensile (no straord.)
Lordo Annuo (con straord.)
1.227.855
1.014.851
30.000
140.000
1.031.475
1.005.925
60.000
140.000
240.743
2.432.706 2.257.400
34.057.884 34.492.516
1.031.475
1.005.925
60.000
140.000
833.333
2.257.400
41.603.600
ƒ 5HWULEX]LRQHLQGLUHWWD
Ferie
Ex festività
Riduzione orario lavoro
Assemblee
Integrazione Malattia
13^ e 14^ mensilità
Retr. diretta + indiretta
2.432.706
442.310
884.620
138.222
555.958
4.845.412
2.257.400
410.436
820.873
128.261
515.894
4.494.800
2.257.400
410.436
820.873
128.261
515.894
4.494.800
43.357.112 43.120.180
ƒ &RQWULEXWLDVVLFXUDWLYLH
255
50.231.264
SUHYLGHQ]LDOL
INPS
INAIL
19.137.829 19.990.515
1.794.984 5.356.820
23.287.214
6.240.230
ƒ 7UDWWDPHQWRGLILQH
UDSSRUWR
Quota di competenza
dell’anno corrente
3.211.638
3.194.087
3.720.834
ƒ ,QGHQQLWjGLWUDVIHUWD
Costo annuo presunto
20.000.000
TOTALE COSTO LAVORO 67.501.563 71.661.602 103.479.542
Per i costi diretti il valore orario è pari a 1/170 della retribuzione mensile.
Per i costi indiretti:
Ore lavorative nell’anno: 40 settimanali x 52 settimane =................
2.080
− ferie (giorni 22 x 8 ore)................................................................
176
− riposi aggiuntivi (ex festività)......................................................
32
− riduzione orario di lavoro............................................................
68
− festività infrasettimanali (12 giorni x 8 ore).................................
96
− assemblee .................................................................................
10
− malattia e infortunio .................. ...............................................
109
Ore annue di effettivo lavoro
1.589
Per calcolare le ore di assenza per malattia e infortunio alla Fagioli S.p.A.
si è fatto riferimento alla rilevazione dell’assenteismo del 1997 in cui
risultano 7.597,52 ore di assenza per malattia e 3.572,40 ore di assenza per
256
infortunio calcolate su un numero di dipendenti pari a 102. Ne è risultato
così un’assenza media di un dipendente pari a circa 109 ore all’anno.
Incidenza costi indiretti:
− ferie = ore 176/1.589................................................................. 11,08%
− riposi aggiuntivi ed ex festività = ore 32/1.589.......................
2,01%
− riduzione orario di lavoro = ore 68/1.589...................................
4,28%
− festività infrasettimanali = ore 96/1.589.....................................
6,04%
− assemblee, permessi sindacali, studenti, ecc. = ore 10/1.589.....
0,63%
− integrazione malattia e infortunio = (ore 152 x 54%) =
ore 58,86/1.589.........................................................................
3,70%
7DEHOOD&RVWRGHOODYRURRUDULRSHUXQLPSLHJDWRXQRSHUDLRHXQ
DXWLVWDDOOD)DJLROL6S$
,PSLHJDWR
2SHUDLR
$XWLVWD
ƒ/LY
ƒ/LY6
ƒ/LY6
ƒ &RVWRRUDULRGLUHWWR
VHQ]DVWUDRUGLQDUL
13.780,62
13.278,82
13.278,82
14.694.96
18.180,78
1.471,29
266,90
568,33
802,04
83,66
491,32
5.657,39
1.471,29
266,90
568,33
802,04
83,66
491,32
5.657,39
&RVWRRUDULRGLUHWWR
FRQVWUDRUGLQDUL
ƒ 5HWULEX]LRQHLQGLUHWWD
Ferie
Ex festività
Riduzione orario lavoro
Festività infrasettimanali
Assemblee
Integrazione Malattia
13^ e 14^ mensilità
1.526,89
276,99
589,81
832,35
86,82
509,88
3.049,35
257
7RWDOHFRVWLRUDULLQGLUHWWL
Costi orari diretti e indiretti
20.652,71
22.619,75
22.619,75
9.116,11
292,03
10.486,52
2.810,05
10.486,52
2.810,05
2.021,17
1.675,54
1.675,54
ƒ &RQWULEXWLDVVLFXUDWLYLH
SUHYLGHQ]LDOL
INPS
INAIL
ƒ 7UDWWDPHQWRGLILQH
UDSSRUWR
Quota di competenza
dell’anno corrente
ƒ ,QGHQQLWjGLWUDVIHUWD
Costo annuo presunto
15.515,90
727$/(&2672
25$5,2'(//$9252
32.082,02
37.591,86
53.107,76
Nell’effettuare il confronto tra il costo del lavoro della Fagioli su base
oraria, che ho espresso in quest’ultima tabella, e il costo del lavoro a
livello nazionale e comunitario per le imprese di autotrasporto occorre
tenere presente che non sono presenti nella retribuzione diretta, né a livello
nazionale10 né a livello aziendale, gli straordinari, cosicché i valori sono
comparabili.
La differenza più rilevante da sottolineare è l’importo maggiore
dell’indennità di trasferta che presenta la Fagioli rispetto alla situazione
nazionale. Questo può essere certamente dovuto al fatto che mentre la
situazione nazionale esprime un valore medio, la Fagioli è un’impresa che
10
Figura infatti nella stessa solo un importo “Maggiorazione per prestazioni di sabato o riposi
compensativi” che non rappresenta di certo l’onere complessivo per il pagamento di tutti le ore
straordinarie effettuate in un mese.
258
effettua un numero rilevante di trasporti internazionali ed eccezionali che,
come ho già messo in evidenza, comportano sicuramente trasferte più
lunghe.
259