venerdì 22 aprile 2011
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Federazione Italiana Bancari e Assicurativi via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136 e-mail: [email protected] sito web: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA VENERDÌ 22 APRILE 2011 Un aforisma al giorno _________________________ 2 F Fiiaatt ssaallee aannccoorraa nneellllaa CChhrryysslleerr M Maarrcchhiioonnnnee:: pprroonnttii aall ccoonnttrroolllloo...................................................................................................................... 33 iinndduussttrriiaallee:: pprreem E E SSaarrkkoozzyy ffaa ll’ ’ mii ddii pprroodduuzziioonnee aauuttoom maattiiccii ...................................... 44 R Riisscchhiioo G Grreecciiaa:: iinn IIttaalliiaa 66 m miilliiaarrddii ddii bboonndd .......................................................................................... 55 ««C Coonn qquueessttoo ggrreeggggiioo aannccoorraa aauum meennttii ppeerr eelleettttrriicciittàà ee ggaass»» ...................................................... 66 D Drraagghhii:: ffuuoorrii ddaallllaa rreecceessssiioonnee ppiiùù lleennttaam meennttee ddeeggllii aallttrrii PPaaeessii.............................. 77 M Meerrkkeell,, lloo ssccaam mbbiioo BBccee ccoonn iill ffoonnddoo ssaallvvaa--SSttaattii............................................................................ 88 C CaarrttaaSSìì iinn uuttiillee,, ii cclliieennttii aa qquuoottaa 66,,55 m miilliioonnii ........................................................................................ 99 U Unniiccrreeddiitt,, iill tteesstt ddeeggllii aazziioonniissttii.............................................................................................................................. 1100 F Fiiaatt aacccceelleerraa ee ssaallee aall 4466% % ddii CChhrryysslleerr 11,,22 m miilliiaarrddii ppeerr iill 1166% %,, iill ttiittoolloo vvoollaa............................................................................................................ 1111 AAssssuurrddoo nnoonn aannddaarree aallll’ iinntteeggrraazziioonnee” “ “ ’ ” M Maarrcchhiioonnnnee aannnnuunncciiaa iill nnuuoovvoo ssaallttoo........................................................................................................ 1122 LLaa m E Ellkkaannnn:: “ “ miiaa ssooddddiissffaazziioonnee ppiiùù ggrraannddee” ” M iinnccooggnniittaa ssuullll’ aasssseettttoo aazziioonnaarriioo........................................................................................ 1133 Maa rreessttaa ll’ ’ ’ F Feeddeerraalliissm moo,, aarrrriivvaa uunnaa nnuuoovvaa ssttaannggaattaa .................................................................................................... 1144 V Veerrttiiccee aall TTeessoorroo ssuu PPaarrm maallaatt,, m maa llaa ccoorrddaattaa sstteennttaa aa ddeeccoollllaarree............................ 1155 P Piioonneeeerr aauum meennttaa uuttiillii ee rriiccaavvii ee U Unniiccrreeddiitt nnoonn llaa vveennddee ppiiùù .................................... 1166 IIttaalliiaa lleennttaa nneellllaa rriipprreessaa” D Drraagghhii:: “ “ ”...................................................................................................................... 1177 LL’ AAm aallllaarrm “ “ ’ meerriiccaa hhaa llee ssppaallllee llaarrgghhee ssaapprràà rreeaaggiirree aallll’ ’ mee ddeebbiittoo” ”.................................. 1188 IIp pppooddrroom mii,, iissoollee,, aazziieennddee ddii SSttaattoo,, ccoossìì llaa G Grreecciiaa ssvveennddee ii ssuuooii ggiiooiieellllii .. 1199 Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina1 UN AFORISMA AL GIORNO a cura di “eater communications” “ un rapido oblio è il secondo sudario dei morti! ” (La Marteine) Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina2 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 Fiat sale ancora nella Chrysler Marchionne: pronti al controllo Il Lingotto anticipa il rimborso del prestito Usa. Elkann: tappa storica MILANO — «Abbiamo scelto di stringere i tempi il più possibile per accelerare la nascita di un gruppo unico» . E anche perché d’ora in avanti il prezzo sarebbe potuto solo salire. Dettaglio non secondario, ma non la vera sostanza della mossa che Fiat ha annunciato ieri: entro giugno, Chrysler restituirà fino all’ultimo cent i 7,4 miliardi di prestiti ottenuti da Stati Uniti e Canada e il Lingotto, «contestualmente» , eserciterà «per intero» e con un anticipo di due anni la call option sul 16%. Salirà al 46%. Pagherà, per farlo, 1,268 miliardi di dollari. Equivalgono a 860 milioni di euro, o poco più, e saranno tutto quanto Torino dovrà tirar fuori per raggiungere la maggioranza. Cosa che avverrà «entro fine anno» : anche l’ultimo 5%«gratis» (o meglio, in cambio di tecnologie e lavoro) arriverà prima delle scadenze ipotizzate all’inizio del salvataggio. Sono i contorni finanziari dell’operazione, i termini dell’intesa sull’esercizio dell’opzione raggiunta l’altra sera tra Chrysler, Fiat e gli altri azionisti del gruppo Usa, ossia governi e sindacati americani e canadesi. Il timing non è casuale: ci ha lavorato a tappe forzate, Sergio Marchionne, perché la valutazione è legata a parametri di bilancio che, assorbito il picco della crisi europea, per Fiat difficilmente potranno essere più bassi e dunque favorevoli. È perciò che ha puntato a chiudere subito dopo la prima trimestrale 2011. E ha trovato Detroit d’accordo. Come commenta lui: «Sarebbe stato improprio chiederci di pagare un sovrapprezzo per qualcosa che abbiamo contribuito a ristrutturare e riposizionare sul mercato» . Come ribadisce il Tesoro Usa: «Oggi ci avviciniamo di un passo all’uscita dei contribuenti dall’investimento in Chrysler» . La portata dell’operazione, che avverrà attraverso un aumento di capitale riservato e consentirà al Lingotto di consolidare Auburn Hills «forse anche prima del 51%» , va però molto al di là degli aspetti finanziari. Sì, Fitch mette sotto osservazione il rating Fiat. Ma la Borsa che festeggia con un botto del 4,5%fotografa ben altro. Le aspettative. E la svolta tutta industriale che ora si profila. Quando John Elkann, il presidente, parla di «tappa storica, una bellissima giornata per noi e per l’Italia» , parla da azionista che, con la probabile fusione, scenderà dal 30%al 20-22%: ma sarà sempre di gran lunga il primo socio di «un gruppo più forte, con una gamma completa, presente su tutti i mercati del mondo, capace di competere con chiunque» e che continuerà ad avere «il pieno sostegno mio e della mia famiglia» . E Marchionne, che da due anni si divide tra Torino e Detroit, può finalmente presentare «il passo fondamentale verso il completamento di quel grande disegno di integrazione che porterà a una casa automobilistica globale» . Non si cura — ieri meno del solito— di Cgil, Fiom, sinistra antagonista che parlano di «americanizzazione Fiat» anche nel giorno in cui è Fiat, a comprare all’estero. Per polemiche e nuovi scontri ci sarà tempo, fin troppo presto. Ora, alla svolta-chiave di quello che per Maurizio Sacconi è «un percorso virtuoso» , può dare la prima prova tangibile del «sogno da cui è nata questa alleanza: dar vita a un costruttore mondiale, con tecnologie all’avanguardia, efficiente e competitivo, determinato a posizionarsi tra i leader e ad assicurare a tutte le nostre persone un futuro più sicuro» . C’è un po’d’enfasi, ma ci sta. Poi, dura lo spazio di un comunicato: da ieri è di nuovo negli Usa. Lavoro as usual. R. Po. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina3 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 D A L N O S T R O C O R DAL NOSTRO CORR RIISSP PO ON ND DEEN NT TEE SStteeffa an noo M Moon ntteeffiioorrii E Sarkozy fa l’industriale: premi di produzione automatici «Un bonus obbligatorio di mille euro in busta paga» PARIGI— Tra il 2004 e il 2010, i dipendenti delle società quotate alla Borsa di Parigi hanno conosciuto un aumento dello stipendio dell’8%. Nello stesso periodo, i dividendi agli azionisti sono aumentati del 110%. Nasce da questa disparità, oltre che dalle mega retribuzioni e le liquidazioni d’oro dei manager, la misura decisa dal presidente Nicolas Sarkozy: le aziende con più di 50 lavoratori, che sono in attivo e pagano dividendi, saranno obbligate per legge a versare premi salariali ai dipendenti. «Tengo molto alla condivisione della ricchezza — ha detto il presidente in visita agli operai di una fabbrica nelle Ardenne — , è una questione di giustizia. Ritengo normale che i salariati e gli operai, ai quali tanti sacrifici sono stati chiesti durante la crisi, possano anche loro beneficiare della ripresa» . Una misura che riguarda circa otto milioni di lavoratori e che è stata criticata da più parti appena il ministro del bilancio François Baroin ha cominciato a parlare, nei giorni scorsi, di un «bonus obbligatorio di mille euro» per i dipendenti delle aziende in attivo. Sempre più spesso in disaccordo con la politica del governo, la presidente del Medef (la Confindustria francese) Laurence Parisot si è detta «stupefatta» da una proposta «incomprensibile» . Gli imprenditori sostengono che spetta al management scegliere se distribuire gli attivi con dividendi e premi salariali, o dedicarli a nuovi investimenti. La sinistra, per esempio con l’economista Thomas Piketty, parla di «fumo negli occhi» , di una misura demagogica in vista delle elezioni della primavera 2012. L’accusa di strumentalità non potrà che accompagnare Sarkozy a ogni sua mossa, di qui al voto: dall’intervento in Libia all’economia, alle decisioni sugli immigrati, ogni sua parola è giudicata sempre un disperato tentativo di riconquistare il consenso — stando ai sondaggi— ormai perduto. In particolare, Sarkozy aveva fatto del «potere d’acquisto» della classe media uno dei cavalli di battaglia della sua precedente campagna elettorale nel 2007, alla quale sono seguiti pochi risultati concreti. Questa proposta viene giudicata un tentativo in extremis di mantenere le promesse. Ma il presidente risponde alle critiche: «Vedo issarsi davanti a me i muri della conservazione e dell’immobilismo, a sinistra perché avrebbero voluto farlo loro e non l’hanno mai fatto, a destra perché è troppo, al centro perché non è ancora abbastanza» . Il governo vuole che il bonus ai dipendenti — la cifra di mille euro per adesso non è confermata— venga versato già nel corso di quest’anno, e premerà perché il Parlamento approvi la legge prima dell’estate. Tra i tanti scontenti, anche 5,2 milioni di funzionari pubblici: i loro stipendi sono congelati, e i premi salariali non li riguardano. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina4 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 d i Federico Fubini di Rischio Grecia: in Italia 6 miliardi di bond Ai risparmiatori 700 milioni. L’uscita delle banche dai titoli di Atene MILANO— Negli ultimi nove mesi del 2010, mentre le banche italiane si liberavano dei titoli di Stato greci, i piccoli risparmiatori hanno fatto il pieno. Gli istituti hanno venduto molti dei loro «Sirtakibond» , ma nel frattempo gli investitori fai-da-te hanno aumentato l’esposizione in modo significativo. Una tendenza contraria anche a quella dei fondi comuni venduti in Italia, che da mesi stanno scaricando sul mercato molto del rischio Grecia che avevano. Le elaborazioni del «Corriere della Sera» sulla base di dati istituzionali fotografano la situazione con chiarezza. Al 31 marzo 2010 risultavano nei bilanci delle banche e delle assicurazioni italiane titoli di Stato greci per un valore nominale di 7,068 miliardi di euro. Il mondo del risparmio, fatto di piccoli investitori fai-da-te, ne aveva invece in portafoglio 532 milioni. Avanti veloce e a fine 2010 la situazione è già molto diversa: banche e assicurazioni italiane hanno tagliato la loro esposizione su Atene a quota 4,5 miliardi, mentre invece i piccoli risparmiatori l’hanno aumentata. In nove mesi, i titoli di Stato ellenici direttamente in mano al pubblico in Italia sono saliti di 168 milioni a un totale di 700 milioni. Peraltro fra giugno e dicembre 2010 anche i fondi comuni hanno ridotto il peso di Atene di circa 400 milioni. L’Italia è dunque entrata nel 2011 con poco meno di sei miliardi di titoli greci distribuiti fra banche, aziende e privati. Ma mentre gli investitori professionali prendevano le distanze, le famiglie italiane per qualche motivo si sono fatte carico di quel rischio. Difficile capire cosa sia successo, in questa vicenda che riaccende i riflettori sulla difficoltà della tutela del risparmio. Molti piccoli risparmiatori saranno stati attratti dagli alti rendimenti (presunti) e dalle garanzie offerte al massimo livello in Europa -Angela Merkel a Berlino, Nicolas Sarkozy a Parigi -che l’euro sarebbe stato difeso. Molti hanno preso per certo un salvataggio di Atene. Resta però da capire se le banche italiane abbiano trasferito parte dei loro titoli greci ai clienti, incoraggiandoli a comprare o almeno evitando di metterli in guardia. Di certo oggi la dinamica del debito greco, i prezzi dei bond e i problemi politici in Europa rendono l’insolvenza plausibile. Potrebbe avvenire con un rinvio delle scadenze di rimborso, o con un taglio al valore dei titoli. Ma è comunque un’ipotesi così realistica, che Goldman Sachs ha già fatto i conti. Ai dati degli ultimi giorni, le banche elleniche sono esposte al rischio sovrano del proprio Paese per 60 miliardi e il loro capitale rischia di finire spazzato via. Le banche tedesche invece sono esposte per 18,7 miliardi sulla Grecia e per 43 sui tre Paesi più a rischio (Irlanda e Portogallo inclusi). La posizione degli istituti italiani si è invece ridotta ancora, con 1,7 miliardi di titoli greci e 2,3 miliardi totali se si aggiungono Dublino e Lisbona. Secondo le stime di Goldman, anche alcuni istituti del “nucleo duro”europeo rischiano qualcosa in caso di ristrutturazioni del debito in Grecia, Irlanda e Portogallo. La tedesca Hypo RE ha un’esposizione complessiva sui tre Paesi da 21,9 miliardi, Bnp Paribas di 7,3 miliardi (buona parte con Sirtaki-bond per la banca che controlla Bnl) e Société Générale rischia su 3,2 miliardi. Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno entrambe una posizione ridotta a 1,1 miliardo ciascuna. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina5 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 d i Giovanni Stringa di «Con questo greggio ancora aumenti per elettricità e gas» MILANO — Nuovi aumenti in vista per le bollette di luce e gas? Possibile, forse anche probabile. «Se continuano le tensioni internazionali sui prezzi del petrolio, che anche oggi era sopra i 120 dollari al barile, certamente dobbiamo aspettarci nuovi rialzi» . Lo ha detto ieri il presidente dell’Autorità per l’energia, Guido Bortoni, a «Sky Tg24» . Molto dipenderà «dalla permanenza e dall’intensità delle tensioni internazionali» , ha puntualizzato, ma certamente l’Italia «è uno dei Paesi più esposti alle tensioni sui mercati petroliferi, tensioni che si riverberano immediatamente sui prezzi dell’energia» . Il prossimo aggiornamento delle tariffe scatterà a partire dal primo luglio, tre mesi dopo un round che è stato al rialzo tanto per l’elettricità quanto per il gas: all’inizio del mese l’Authority ha stabilito un rincaro dei prezzi di riferimento del 3,9%per la luce e del 2%per il gas con un aumento di oltre 37 euro a famiglia. Bortoni ha poi consigliato di approfittare del libero mercato: scegliendo il fornitore di elettricità con la migliore offerta, si possono risparmiare «decine di euro l’anno» , su una spesa complessiva di 450 euro. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina6 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 d i R o b e r t o B a g n o di Roberto Bagnollii Draghi: fuori dalla recessione più lentamente degli altri Paesi Tremonti: i conti non sono messi male, tendenza ad autopenalizzarci ROMA -Mentre aumentano le quotazioni per la candidatura di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea, il governatore torna a insistere sulla crescita, «che non è un esercizio retorico» , come elemento chiave per il futuro del nostro Paese. In un convegno a Palazzo Koch su "Europa 2020, quali riforme strutturali per l’Italia", Draghi si mostra molto preoccupato sulla «lentezza dell’uscita dalla recessione» , sul volume del debito pubblico «salito in tre anni di 15 punti di Pil» , sulle scarse prospettive per i giovani. I motivi di questo allarme, annota, sono «gli stessi di cinque anni fa nelle mie prime Considerazioni finali» . A distanza di pochi giorni dall’approvazione del Piano nazionale per le riforme e dai decreti a favore di Parmalat, le parole di Draghi non sembrano in armonia con l’azione di governo. Alcune ore prima il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, parlando all’assemblea dei geometri, aveva espresso una posizione più ottimistica notando che «sui conti pubblici non siamo messi così male anche se gli italiani hanno la tendenza ad autopenalizzarsi» . Pur riconoscendo al governo la tenuta dei conti pubblici con un «deficit nettamente inferiore al valore medio dell’area, anche grazie alla solidità finanziaria delle famiglie e al sistema bancario» , Draghi continua la sua amara analisi notando che «i governi e i parlamenti nazionali sono i legittimi depositari delle scelte politiche rilevanti» , mentre l’intervento comunitario può spronarli ma non sostituirli. «Dobbiamo essere consapevoli che sui punti deboli dell’economia non ci sono scorciatoie» avverte riferendosi alle spese in ricerca e sviluppo -che devono essere fatte dalle imprese e non con sussidi pubblici -, all’aumento della povertà, alla scarsa competitività del sistema produttivo. In quest’ultimo passaggio, pur senza citare il caso Lactalis, il governator e o s s e r v a c h e «l a competitività delle imprese non si accresce con sostegni a difesa della concorrenza» ma adottando «una attenta regolamentazione pro-competitiva» . Di queste cose è importante discutere, continua il governatore nella parte finale del suo intervento, perché si aiuta a coagulare il consenso sulle riforme i «cui costi sono immediati e concentrati su poche categorie organizzate mentre i benefici sono distribuiti e di lenta percezione» . Da dove partire? Il governatore suggerisce di guardare alle tante imprese dinamiche, alle amministrazioni che innovano, ai giovani con un capitale umano di eccellenza mondiale. «Spetta a coloro che a vario titolo gestiscono la politica economica compiere il primo passo poggiando su analisi documentate e trasparenti» . Sulle parole dell’inquilino di Palazzo Koch si trova d’accordo anche il numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia che da tempo batte sul tasto della crescita. «È troppo tardi» , afferma, «tornare ai livelli di crescita del Pil del 2007 solo nel 2014» come si legge nel programma economico di governo. «Quest'anno cresceremo probabilmente intorno all'1%, la Germania al 3%, la media europea sarà intorno all'1,8%» , conclude la Marcegaglia. I dati sulla crescita li aveva mostrati anche Draghi proprio per aprire il suo discorso sulle riforme. «Negli anni Ottanta l’economia italiana è cresciuta del 25%, negli anni Novanta del 16%e tra il 2000 e il 2007, prima della crisi è cresciuta del 7%contro il 14%di eurolandia» . Nel biennio 2008-09 la crisi «ci ha tolto 6,5 punti di Pil mentre gli altri Paesi dell’area euro perdevano il 3,5%» . Un divario che perdura anche nella fase di ripresa. Mentre in Italia si discute sulle riforme i bookmakers inglesi, dopo l’assist pubblico del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, danno Draghi come favorito al vertice della Bce. Ieri la sua quotazione è scesa a 1,35 da 1,60 del giorno prima. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina7 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 D A L N O S T R O C O R DAL NOSTRO CORR RIISSP PO ON ND DEEN NT TEE D Da an niilloo T Ta aiin noo Merkel, lo scambio Bce con il fondo salva-Stati Le tensioni nella maggioranza tedesca BERLINO— Non sarà una vita facile, quella di Angela Merkel, nemmeno nei prossimi mesi. Deve fare accettare alla coalizione di governo che guida la creazione del Meccanismo di stabilizzazione europea (Esm) che ha concordato con i Paesi dell'Eurozona (più alcuni altri). Il problema è che una parte non insignificante della sua Unione Cdu-Csu e dei liberali, partner di governo, minacciano di votare contro quando la questione sarà portata in parlamento, probabilmente in estate. Le manovre per placare i dissidenti sono già iniziate e la cancelliera si muove su più tavoli: è anche per questo— dice una fonte del ministero degli Esteri — , per non irritare i deputati anti-Esm, che non si sbilancia a favore della candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea (Bce). L'opposizione al meccanismo permanente europeo di aiuto ai Paesi in crisi, che entrerà in funzione a metà 2013, è politica e istituzionale. Nei giorni scorsi, la Corte dei Conti tedesca ha detto al parlamento che se l'Esm passasse come è stato progettato la Germania potrebbe dovere fare fronte a esborsi superiori a quelli previsti (190 miliardi, dei quali 21,7 in contanti e il resto in garanzie). Ciò perché, in caso di necessità, l'Esm potrebbe chiedere ai Paesi che lo compongono altro denaro: Berlino sarebbe obbligata a pagare senza possibilità per il Bundestag (il parlamento) di intervenire. Alcuni deputati ritengono questo procedimento incostituzionale e pretendono che sia cambiato. Ieri, un deputato della Cdu esperto di finanze pubbliche, Klaus-Peter Willsch, ha detto a un quotidiano che i dissidenti pronti a bocciare l'Esm sono 30-40 nella Cdu più una dozzina tra i liberali. Essendo la maggioranza del governo al Bundestag di 20 seggi, potrebbero mettere in crisi l'unità della coalizione. Il provvedimento, infatti, con ogni probabilità passerebbe ugualmente, perché le opposizioni socialdemocratica e verde dovrebbero votarlo. Per Frau Merkel sarebbe però una sfiducia difficile da sopportare sul piano politico, su una materia così importante. Le manovre per fare rientrare la ribellione, dunque, sono già in corso. L'arma più forte in mano alla cancelliera, cioè lo spettro di una crisi se perdesse per strada la maggioranza, può essere usata ma è anche la più rischiosa. Per ora, la signora Merkel cerca di convincere gli scettici e quindi evita di provocare ulteriori tensioni e proteste in qualche modo nazionaliste. Per esempio non prende posizione a favore del governatore Draghi per la presidenza della Bce, a fine ottobre, quando Jean-Claude Trichet lascerà l'incarico. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha lasciato trapelare il suo appoggio al candidato italiano e questo è stato letto come un modo per vedere quali reazioni ci sarebbero state tra i deputati della maggioranza di governo. Per ora, nessuno ha alzato le barricate. In una situazione in movimento, però, è presto per avere certezze. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina8 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 CartaSì in utile, i clienti a quota 6,5 milioni MILANO— Via libera degli azionisti al bilancio di CartaSi. L’assemblea dei soci, sotto la presidenza di Michele Stacca, ha approvato i conti 2010: un anno che si è chiuso con un utile netto pari a 45,5 milioni di euro (contro 71,7 milioni del 2009, valore che aveva beneficiato di componenti straordinarie per 26,4 milioni), un margine operativo lordo aumentato dell’8,6%a 67,8 milioni e un risultato operativo in crescita del 3,1%a 63,1 milioni. Sostanzialmente stabile il fatturato a quota 313 milioni. L’assemblea ha inoltre deliberato di distribuire ai soci un dividendo unitario di 38 centesimi per azione ordinaria, per un valore complessivo 22,5 milioni di euro. CartaSi (che fa parte del Gruppo Icbpi) ha confermato la leadership nazionale con 6,5 milioni di titolari di carte e 600.000 nuove emissioni nel corso dell’esercizio. A fine 2010 si registrano volumi di speso con carta di credito pari a un valore di 25 miliardi di euro. Valori in crescita per quanto riguarda lo speso medio per carta: un importo salito dell’1,8%passando da 3.780 a 3.850 euro Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina9 C CO OR RR RIIEER REE D DEELLLLA A SSEER RA A sseezz.. EEccoon o m i a – nomia – V VEEN NEER RD DÌÌ,, 2222 A AP PR RIILLEE 22001111 d i F e d e r i c o D e R o di Federico De Rossa a Unicredit, il test degli azionisti Alt alla vendita di Pioneer. Il rebus del socio libico per l’assemblea MILANO — Unicredit fa dietrofront su Pioneer. La società di asset management, per la quale erano state raccolte nei mesi scorsi manifestazioni di interesse, resterà sotto il cappello di Piazza Cordusio. La decisione è stata ufficializzata ieri al termine di una giornata ricca di appuntamenti per la banca milanese, che in vista del consiglio convocato per il 28 aprile e dell’assemblea che si terrà il giorno successivo, ha riunito i comitati interni. Mercoledì al board verrà illustrata la relazione della Vigilanza di Banca d’Italia sull’ispezione effettuata in Unicredit. Sull’esito non è filtrato nulla. Si è saputo, tuttavia, che la Banca d’Italia avrebbe chiesto un supplemento di informazioni sulla cessione a Poste Italiane di Mcc, da cui dovrebbe nascere la Banca del Mezzogiorno. La richiesta allunga i tempi per l’autorizzazione, che era attesa per fine marzo. Quella che si aprirà lunedì sarà una settimana importante per l’amministratore delegato Federico Ghizzoni. L’appuntamento con il consiglio, ma ancora di più con l’assemblea, la prima per Ghizzoni nella veste di amministratore delegato, potrebbero fare chiarezza sulle intenzioni della banca circa un eventuale di un rafforzamento patrimoniale. Sia il presidente Dieter Rampl sia Ghizzoni finora hanno smentito le ipotesi circolate sul mercato di un aumento di capitale allo studio. E’anche vero che negli ultimi due anni e mezzo la banca milanese ha chiesto quasi 7 miliardi ai soci, e quindi potrebbe non essere così semplice far digerire alle Fondazioni un altro aumento di capitale. La scorsa settimana c’è stato un vertice tra Rampl e i presidenti delle Fondazioni Crt, Cariverona, Cassamarca, Banco di Sicilia. Vista la soluzione scelta da Intesa, Mps e Bpm, che hanno accompagnato l’annuncio di aumento di capitale con un nuovo piano strategico e la promessa di dividendi stabili, se non in crescita, anche Piazza Cordusio, nel caso, farebbe lo stesso. Ma c’è un altro tema che per Unicredit è cruciale, guardando alle strategie future: il ruolo dei soci libici. Bisognerà intanto vedere se qualcuno da Tripoli si presenterà giovedì in assemblea. Il problema, però, riguarda soprattutto la partecipazione all’eventuale ricapitalizzazione. La Libyan Investment Authority e la Central Bank of Libya, che hanno il 7,1%della banca, non possono sottoscriverlo avendo i beni congelati. Su questo tema, ha scritto il Financial Times, ci sarebbe stato un confronto in Banca d’Italia che avrebbe portato alla decisione di rinviare la riflessione sul nuovo piano e sull’eventuale aumento a dopo l’estate, sperando che per allora la situazione in Libia si sia chiarita. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina10 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 Fiat accelera e sale al 46% di Chrysler 1,2 miliardi per il 16%, il titolo vola Fitch minaccia di tagliare il rating. Industrial torna all´utile TORINO - Fiat salirà al 46 per cento di Chrysler entro la fine del secondo trimestre 2011. A un anno esatto dal lancio di Fabbrica Italia, Sergio Marchionne accelera e annuncia «l´accordo con i soci di Chrysler». Eserciterà l´opzione per l´acquisto di nuove azioni (la "Incremental equity call option") contestualmente al rimborso integrale «nel secondo trimestre 2011 del debito di Chrysler verso i governi statunitense e canadese». Il comunicato del Lingotto precisa che «il prezzo complessivo per l´esercizio della call option (l´opzione, appunto) sarà di 1.268 milioni di dollari Usa». A questi prezzi Chrysler varrebbe oggi poco meno di 7 miliardi di dollari. Ma è plausibile che una volta quotata in Borsa il suo valore sia destinato a salire di molto. L´annuncio di Torino fa impennare il titolo a Piazza Affari dove a fine giornata si registrerà un balzo del 4,49 per cento a 6,87 euro, il secondo significativo avanzamento dopo quello dell´altro ieri in concomitanza con la diffusione della trimestrale. L´unica nota negativa nella giornata di Fiat spa è l´annuncio che Fitch metterà sotto osservazione il titolo di Torino per un possibile downgrade (un declassamento). Non è la prima volta che le agenzie di rating storcono la bocca di fronte alla scalata di Detroit ritenendo che l´esborso di Fiat possa incidere negativamente sui conti del gruppo: «Non ci saranno effetti sui target per il 2011», ha risposto ieri Marchionne agli analisti. Oggi per Fitch il rating a breve di Fiat è "B" mentre quello a medio lungo termine è "BB+". La mossa di Marchionne ha riaperto le polemiche sul futuro della Fiat in Italia. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha giudicato «una via virtuosa» quella imboccata dall´ad di Torino e ha aggiunto che Fiat «è un player italiano che comunque rimane radicato in Italia». Il responsabile lavoro del Pd Stefano Fassina appare meno ottimista: «Ci auguriamo che Marchionne metta nella realizzazione del piano industriale lo stesso interesse e ottenga lo stesso successo che ha nelle iniziative finanziarie». Le reazioni sindacali riflettono le tensioni riesplose in questi giorni sul contratto della ex Bertone, che il Lingotto vuole simile a quelli di Mirafiori e Pomigliano. «La salita in Chrysler - dice Susanna Camusso, leader della Cgil - è la conferma dello spostamento del baricentro della Fiat verso gli Stati Uniti» mentre per Raffaele Bonanni (Cisl) «alla ex Bertone la Cgil crea problemi perché continua a guardare indietro». Ieri al Lingotto si è riunito il cda della Fiat Industrial per la prima trimestrale dopo la separazione dalla Fiat Spa. La società che produce macchine agricole (Cnh) e camion (Iveco) ha migliorato i conti rispetto allo stesso periodo del 2009 con un utile netto di 114 milioni (che si confronta con una perdita di 34 nel 2010) e ricavi per 5,3 miliardi, in crescita del 19 per cento. Industrial ha confermato i target del 2011 creando così qualche malumore in Borsa che ha pesantemente punito il titolo (-3,45 per cento a 9,8 euro). «Non è mai accaduto che nel primo trimestre aumentassimo i target», ha commentato Marchionne in conference call. L´ad ha anche precisato che non è allo studio alcuna alleanza tra Iveco e la divisione camion della Daimler: «Sia chiaro: tutto il chiasso che c´è intorno a Daimler e Iveco è creato da Daimler». (p. g.) Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina11 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ , 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i P A O L O G R I S E R I di PAOLO GRISERI La quotazione “Assurdo non andare all’integrazione” Marchionne annuncia il nuovo salto Così Torino primo azionista a Detroit. Sede, New York in pole La scelta tra Italia e Usa dipende dalla capacità dei diversi mercati di attrarre capitali Decideremo insieme al fondo Veba quando sarà il momento giusto per la quotazione in Borsa TORINO - Un´operazione da 8,6 miliardi di dollari (6 miliardi di euro) per diventare entro il 30 giugno il primo azionista di Chrysler. Questo è il senso dell´annuncio fatto ieri da Sergio Marchionne. Il Lingotto infatti sborserà 1,26 miliardi di dollari (circa 900 milioni di euro) per acquistare con un aumento di capitale riservato una quota di Chrysler che, calcolata la diluizione, farà salire la Fiat dall´attuale 30 al 46% del capitale di Detroit. Contestualmente gli altri soci diluiranno la loro attuale quota. Il Veba, il fondo pensionistico dei sindacati, scenderà dall´attuale 59,2% al 45,6, il Tesoro Usa dall´8,6 al 6,5 e il governo canadese dal 2,6 al 2%. Al termine dell´operazione annunciata ieri dunque Fiat sarà il primo azionista della casa americana. Questo spiega perché, rispondendo alle domande degli analisti, Marchionne ha dichiarato che «dovremo consolidare Chrysler in Fiat avendo acquisito il controllo della società». Ma l´onta di essere una controllata di Fiat, durerà poco per gli americani: «Sarebbe assurdo non andare all´integrazione», ha detto ieri Marchionne annunciando, di fatto, la futura fusione delle due società. Per arrivare al 46% «entro il secondo trimestre», Fiat dovrà restituire il debito contratto con i governi americano e canadese ai tempi del fallimento della casa di Detroit. Una restituzione che verrà dalle casse di Chrysler e non da Torino. Usciranno in questo modo 7,4 miliardi di dollari prestati da un pool di banche con cui Marchionne ha ricontrattato i debiti abbassando i tassi di interesse «da usura» (come aveva detto l´ad) accettati a suo tempo. Di questi circa sei miliardi di dollari andranno al Tesoro americano e il resto al governo canadese. Al termine dell´operazione rimarrà ancora in mano al Tesoro Usa il 6,5%. Già nei giorni scorsi Marchionne aveva anticipato che la Fiat potrebbe anche rilevare la quota rimanente di Obama, salendo oltre il 57% e liberando il presidente dall´imbarazzo di avere quote di denaro pubblico parcheggiate in società private all´inizio della campagna per la rielezione a fine 2012. In autunno, quando la Fiat sarà riuscita a far approvare in Usa la produzione di un´auto ecologica, in grado di percorrere 16 Km con un litro di benzina (si parla di un modello a marchio Dodge), arriverà l´ultimo 5% che manca a raggiungere la maggioranza della casa di Detroit. Tra pochi mesi dunque l´ad del Lingotto dovrà affrontare due nodi: quando quotare in Borsa la nuova Chrysler e dove stabilire la sede legale del nuovo gruppo. Al primo quesito Marchionne finora non ha risposto: «Decideremo insieme al fondo Veba quando è il momento giusto», ha detto ieri agli analisti. Non bisogna dimenticare che il fondo pensioni del sindacato Usa vende le sue quote con l´obiettivo di fare cassa e pagare così i trattamenti pensionistici degli ex dipendenti. Sul secondo punto, quello della sede legale, Marchionne ha lasciato intendere da tempo che «la scelta dipende dalla capacità dei diversi mercati di attrarre capitali». Un modo per dire che quasi certamente la sede legale sarà a New York essendo evidente la sproporzione tra la capacità di attrazione di Wall Street e quella di Piazza Affari. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina12 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i S A L V A T O R E T R di SALVATORE TRO OP PEEA A Il presidente del Lingotto rivendica il sostegno all´azione di Marchionne . L’ad non ha ancora esercitato le stock option Elkann: “La mia soddisfazione più grande” Ma resta l’incognita sull’assetto azionario Gli Agnelli hanno ormai messo in conto la diluizione della loro quota nel nuovo gruppo TORINO - «Una tappa storica per Fiat e Chrysler, per noi motivo di orgoglio e soddisfazione». Il presidente del Lingotto, John Elkann, prova ancora una volta a sfuggire al tormentone sul trasferimento della sede Fiat da Torino a Detroit che, col passare dei giorni, va assumendo sempre di più i contorni di una mossa scontata, scritta a chiare lettere negli accordi come quello di ieri. Al punto da non essere neppure smentita dal Lingotto che, al massimo, la ricolloca nel tempo, senza escluderla ma provando solo a spiegarla diversamente rispetto alla versione corrente a Torino e in Italia. Come dire che, in un´economia globalizzata, non c´è niente di strano se un colosso industriale strutturato in blocchi continentali - Europa, America, Asia - è governato da una plancia di comando diversa da quella del passato. «Nel corso degli ultimi anni Fiat e Chrysler hanno saputo lavorare fianco a fianco, con rispetto reciproco» commenta il presidente Elkann, spiegando che questo spirito di collaborazione, che diventerà ancora più forte con l´accordo di ieri, è stato possibile grazie al contributo di quanti lavorano in Fiat e al sostegno che lui e la sua famiglia hanno dato a Marchionne dal 2004 a oggi, anche in termini finanziari. Un messaggio che va interpretato come un disco verde dell´azionista di controllo Fiat alle scelte che Marchionne si appresta a fare andando verso l´ormai più che annunciata fusione Torino-Detroit. Sarà infatti questa l´ultima e la più importante tappa che di un processo che ieri ha aggiunto un nuovo capitolo definito da John Elkann «la più grande soddisfazione professionale da quando lavoro». A questo punto sembra del tutto acquisito il fatto che gli Agnelli abbiano messo in conto la diluizione della loro quota nella nuova società. Il presidente di Fiat lo ha anche più volte ammesso, spiegando che non è un problema dal momento che in quel caso si finirà per avere una quota ridotta rispetto al 30 per cento di oggi ma in una società il cui valore sarà più del doppio rispetto a quello dell´attuale Fiat. Un´operazione che per gli eredi dell´Avvocato sembra compensare ampiamente il «sacrificio» della perdita della storica centralità torinese che, in sintonia con Marchionne, loro preferiscono leggere come un bilanciamento tra Italia e Stati Uniti da parte di un gruppo egualmente attivo nei due Paesi. Non c´è ancora una data per questo passaggio finale, ma se si deve misurare il percorso col metro delle accelerazioni impresse da Marchionne forse non si dovrà aspettare molto. E a quel punto si capirà meglio anche il ruolo che avrà lo stratega sinora in condominio tra Torino e Auburn Hills. Time lo ha collocato tra le cento persone più influenti del mondo e anche questo, ma non solo, potrebbe far pensare a una sua posizione nuova, per così dire meno manageriale e più da azionista. Se ne parla da tempo ma sinora senza riscontro anche perché lui non ha mai incoraggiato l´ipotesi di un´aspirazione del genere. Che, a giudicare da quanto si è visto negli ultimi vent´anni, è stata la tentazione di più di un suo predecessore. Marchionne ora ha come obiettivo il 51 per cento di Chrysler e lo vuole raggiungere, come ha ripetuto ieri, entro quest´anno. E´ convinto che avrebbe «poco senso» non integrare le attività di Fiat e Chrysler e che «l´integrazione a livello operativo è più importante di quella legale». La mette giù in termini tecnici con un´insistenza che enfatizza il suo ruolo di manager e fa passare in secondo piano l´ipotesi ventilata da qualche parte di un utilizzo delle stock option in suo possesso nella conquista del controllo di Chrysler. Forse perché più e meglio di altri egli sa che le stok option, peraltro mai esercitate, possono valere meno di un risultato che lui può conseguire per altre strade. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina13 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i R O B E R T O P E T R di ROBERTO PETRIIN NII Federalismo, arriva una nuova stangata Previsti rincari fino al 600 % per i passaggi di proprietà Nel decreto del governo forti aumenti per l’ Ipt: è l’ Imposta per la trascrizione al Pra ROMA - Stangata federalista per gli automobilisti italiani. Dopo lo sblocco delle addizionali comunali Irpef e l´introduzione della tassa di soggiorno, il decreto legge sul federalismo fiscale regionale e provinciale, approvato in via definitiva il 31 marzo dal Consiglio dei ministri, riserva una amara sorpresa per chi comprerà una autovettura: prima dell´estate scatteranno salati rincari dell´Imposta provinciale di trascrizione, quella che si paga sui passaggi di proprietà delle autovetture nuove e usate. Rincari che arriveranno, in alcuni casi, fino 600% delle attuali tariffe. La sorpresa è contenuta all´articolo 13 (Tributi connessi al trasporto su gomma), comma 5-bis del decreto che sta per uscire sulla Gazzetta Ufficiale. Il decreto dovrà essere oggetto solo di un ulteriore provvedimento attuativo da parte del ministero dell´Economia che entro fine maggio farà scattare gli aumenti. Il testo abolisce il vantaggio fiscale che gli automobilisti hanno oggi quando acquistano un veicolo nuovo o usato da un concessionario: attualmente chi compra un´auto da un soggetto Iva, un concessionario o un salonista, paga semplicemente l´Imposta provinciale di trascrizione (in sigla l´Ipt) in cifra fissa. Varia, a seconda delle province, da 151 a 196 euro ed è indipendente dai kilowatt dell´auto acquistata. Diverso, e più oneroso, è attualmente il trattamento per chi compra un´auto da un privato che non è soggetto all´Iva. Chi segue questa strada (si tratta soltanto del 10 per cento delle transazioni) è tenuto a pagare l´Ipt in modo proporzionale. Se l´auto è sotto i 54 kw (è il caso, ad esempio, di una Fiat Panda) paga 196 euro. Ma se la potenza massima cresce, allora la tassa provinciale sale proporzionalmente fino ad arrivare a prevedere - per un passaggio di proprietà di una Bmw X6, ad esempio ben 1.026 euro di imposta. Tra circa un mese le cose cambieranno e l´aggravio previsto per chi compra da un privato si allargherà anche a coloro che compreranno auto nuove o usate da un concessionario o da un salonista. Con la nuova norma, i compratori dovranno prepararsi a sborsare molto di più di quanto contano di spendere oggi. Solo le piccole utilitarie sotto i 54 kw si salveranno; per le altre auto gli aumenti saranno stratosferici: si andrà, ad esempio, da oltre il 100 per cento per cento in più di Ipt per una Golf Volkswagen, al 423 per cento di una Mercedes Classe Cls, fino al 683 per cento per i fortunati che possono permettersi una Ferrari California. Al di là delle macchine più costose, la gran massa degli aumenti colpirà le medie cilindrate con aumenti che raggiungeranno il 100 per cento. Nel mirino anche le piccole imprese di trasporto: rincari del 300 per cento per gli autocarri oltre gli 80 quintali. Per le Province, di cui molti auspicano l´abolizione, arrivano così nuove risorse: gli aumenti della Ipt dovrebbero consentire di incamerare circa 300-400 milioni che si sommeranno ai circa 3 miliardi che le Province, tra l´imposta sulla Rc auto e Ipt, spremono dall´automobilista. Mentre Tremonti ieri ha annunciato all´Associazione dei Geometri l´arrivo di una semplificazione della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività). Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina14 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i G I O V A N N I P O N di GIOVANNI PONSS Vertice al Tesoro su Parmalat ma la cordata stenta a decollare Banche e aziende defilate. Bankitalia: no a freni al mercato Potrebbe essere decisivo il vertice italo-francese in programma subito dopo Pasqua MILANO - Una stoccata dal governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, una dall´ambasciatore francese Jean Marc de la Sabliere, e una riunione con le banche per la vicenda Parmalat. Come se non bastasse la fronda interna al governo, ieri sono arrivati segnali poco incoraggianti per il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, intento da settimane a trovare una soluzione che impedisca ai francesi di Lactalis di impossessarsi dell´azienda parmense guidata da Enrico Bondi. Probabilmente sarà decisivo il vertice italo francese in programma il 26 aprile, appena dopo Pasqua, in cui verranno discussi un po´ tutti i temi caldi di queste settimane, dall´intervento in Libia agli immigrati nordafricani fino ai dossier economici come appunto Parmalat, Edison, Mediobanca, Fondiaria-Sai. Intanto però c´è da registrare la posizione di Draghi: «In Italia una maggiore competitività del sistema produttivo non può essere ottenuta con sostegni e difese dalla concorrenza: richiede un´attenta regolamentazione pro-competitiva dei mercati, ben disegnata e sorvegliata da regolatori indipendenti». Insomma il decreto promosso da Tremonti che allunga i tempi per le assemblee non sembra la soluzione preferita da Bankitalia così come dagli stessi francesi. De la Sabliere ha invocato il rispetto delle norme europee per le materie economiche che riguardano Italia e Francia. «Abbiamo regole europee e queste regole devono essere rispettate», ha detto l´ambasciatore a proposito del caso Parmalat. «Il mercato è unico: per la crescita dell´Europa e delle nostre imprese vanno rispettate le norme Ue. Il principio fondamentale è la libertà di investimento». Peccato che ogni volta qualche azienda italiana abbia tentato di conquistare un pezzo pregiato d´Oltralpe, il governo sia sceso in campo con le corazzate. Basti ricordare quando l´Enel, qualche anno fa, voleva lanciare l´Opa sulla Suez: il governo ha imposto a Gaz de France di respingere l´attacco degli italiani e così è stato. Dunque a poco vale ricordare, come ha fatto de la Sabliere ieri, che la legge anti-scalate francese «si applica ai settori da cui può esserci un danno per la difesa, la sicurezza o l´ordine della Francia, in nessun caso si applica a settori come l´agro-alimentare». L´assalto della Pepsi su Danone, azienda alimentare francese, è stato respinto proprio grazie a questa legge, appellandosi al fatto che Danone controllava una società di casinò che rientrava nei settori strategici. Regole a parte il problema più stringente per Tremonti è l´inconsistenza della cordata italiana che dovrebbe scendere in campo per acquistare la Parmalat. Ieri sul tema si è svolto un faccia a faccia al ministero tra Tremonti e i rappresentanti delle banche, Corrado Passera e Piergiorgio Peluso, presente anche Giuseppe Guzzetti in rappresentanza delle Fondazioni azioniste del 30% della Cassa Depositi e Prestiti. Purtroppo per il momento gli unici soldi sicuri messi sul piatto sono proprio i 500 milioni della Cdp, che dovrebbero rappresentare un terzo di una torta da 1,5 miliardi a cui dovevano contribuire le banche e un socio industriale forte. Ma quest´ultimo non sembra palesarsi - la Granarolo potrebbe entrare nella partita solo in un secondo momento - e le banche in questo periodo hanno il braccino corto. Si vedrà nei prossimi giorni se Tremonti, Passera e Guzzetti riusciranno a venire a capo della complessa matassa o se alla fine prevarrà un accordo politico ad ampio raggio. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina15 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 Profitti Morgan Stanley giù del 45%. General Electric a gonfie vele Pioneer aumenta utili e ricavi e Unicredit non la vende più MILANO - Dopo le ripetute indiscrezioni, ieri è arrivato anche il suggello dell´ufficialità: Pioneer non si vende più. Con una nota infatti Unicredit ha reso noto che a seguito di un´analisi approfondita dei benefici legati alle varie opzioni strategiche per la propria società di asset management, la banca ha deciso che «la migliore soluzione strategica per Pioneer investments è la crescita organica, anche alla luce dell´evoluzione del mercato negli ultimi dodici mesi». In particolare gli utili e i ricavi di Pioneer sono aumentati del 13% rispetto a quelli del 2009 e le masse in gestione sono cresciute da 176 miliardi di euro di fine 2009 a 187 miliardi di euro a fine 2010. Conti in flessione invece per Morgan Stanley, che archivia il primo trimestre con un utile netto in calo del 45%, a 736 milioni di dollari e ricavi in diminuzione del 12%, a 7,6 miliardi. I risultati tuttavia sono stati meno brutti delle stime medie degli analisti, soprattutto grazie alle entrate legate al segmento del reddito fisso, tanto che in Borsa il titolo ha segnato un rialzo nell´ordine dell´1,5%. Ieri la società, che fa parte del nutrito plotoncino di gruppi che a Wall Street renderà noti i risultati del trimestre entro il fine settimana, ha annunciato anche un accordo con Mitsubishi UFJ Financial per la conversione di 7,8 miliardi di dollari di azioni privilegiate in mano alla banca giapponese, in titoli ordinari. Con questa operazione Mitsubishi UFJ Financial sale al 22,4% del capitale ordinario di Morgan Stanley che, dal canto suo, elimina il pagamento di un forte dividendo. La conversioni in azioni ordinarie «è la mossa giusta sia per Morgan Stanley sia per Mitsubishi ed è la prova della forza della nostra relazione unica», ha commentato l´amministratore delegato James Gorman. A gonfie vele i risultati di General Electric che nel primo trimestre ha registrato un balzo dell´utile netto dell´80 per cento, a 3,36 miliardi di dollari, decisamente sopra le attese. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina16 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i R O B E R T O M A N di ROBERTO MANIIA A Draghi: “Italia lenta nella ripresa” Il governatore a un passo dalla Bce: manca l’ultimo ok della Merkel Via Nazionale: troppe tasse, pochi investimenti e la popolazione invecchia ROMA - L´Italia arranca «lentamente» nell´uscita dalla recessione. Più degli altri paesi europei, appesantita - com´è - dai suoi problemi strutturali: alta tassazione, basso livello degli investimenti, progressivo invecchiamento della popolazione. E c´è da «preoccuparsi» - ha detto ieri il governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, nel suo intervento ad un convegno sugli obiettivi di Europa 2020 - perché «una crescita stentata alla lunga spegne il talento innovativo di un´economia; deprime le aspirazioni; prelude al regresso; preoccupa particolarmente in un paese come il nostro, su cui pesano un´evoluzione demografica sfavorevole e un alto debito pubblico». Un´analisi che in buona parte ricalca quella recente del Bollettino economico di Via Nazionale e che chiede alla politica di non limitarsi a un controllo per quanto apprezzabile dei conti pubblici. Serve di più per raggiungere prima del 2014 i livelli di crescita pre crisi. Serve il coraggio delle riforme cercando il consenso anche attraverso - ha detto il governatore - «analisi documentate e trasparenti». Draghi, dunque, è tornato a parlare mentre si avvicina il rush finale per la corsa alla presidenza della Banca centrale europea (Bce). La nomina è prevista per il 24 giugno al vertice dei capi di Stato e di governo europei ma la scelta potrebbe arrivare già con la riunione dell´Eurogruppo in programma il 16 giugno. Draghi è in pole position per la successione al francese Jean Claude Trichet e non ha praticamente alternative. Ieri lo ha scritto anche il Financial Times con una corrispondenza da Berlino. Perché è in Germania che si gioca la partita dopo che Axel Weber ha annunciato che alla fine di questo mese lascerà la guida della Bundesbank per tornare all´università, tirandosi fuori dalla gara per l´Eurotower. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble (personalità di grande peso nello scenario politico tedesco) si è, seppure informalmente, schierato per Draghi. La Cancelliera Angela Merkel, assai attenta agli equilibri politici domestici, prima di esporsi sta aspettando di capire se dovessero emergere pregiudizi nell´opinione pubblica tedesca su un italiano al vertice della Bce. Va aggiunto, però, che, una volta caduta l´opzione tedesca, se si dovesse puntare su un candidato di uno dei paesi piccoli del nord (Lussemburgo, Olanda o Finlandia) si comprometterebbero gli equilibri nel board di Francoforte. Ed è interessante che un mini-sondaggio sul sito del Wall Street Journal segnalava ieri che quasi l´86 % dei votanti è a favore dell´italiano Mario Draghi. Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina17 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 d i E U G E N I O O C C O di EUGENIO OCCOR RSSIIO O L’economista Nouriel Roubini ridimensiona l´emergenza innescata da Standard & Poor´s “L’America ha le spalle larghe saprà reagire all’allarme debito” Non esiste sul pianeta una destinazione più sicura per i patrimoni che quella degli Stati Uniti ROMA - «L´allarme di Standard & Poor’ s sul debito Usa non deve indurre a conclusioni precipitose: si è parlato di una possibile rivolta dei mercati finanziari contro gli Stati Uniti, ma non è verosimile. Non c´è sul pianeta destinazione più sicura per i patrimoni che l´America, e qualsiasi eventuale impatto negativo sui mercati sarà transitorio». Nouriel Roubini ha assistito attonito al roadshow televisivo del ministro Geithner per rassicurare i cittadini e scende in campo nell´inusuale veste di difensore dell´America: «Il Paese è sopravvissuto a guerre mondiali e locali, a depressioni e crisi spaventose, senza mai avviare misure drammatiche né redistribuzioni arbitrarie o distruzioni di ricchezza, né cadere nell´iperinflazione. E senza modificare la propria forma di governo democratica, una delle più antiche del mondo». L´economista che il 7 settembre 2006 gelò l´assise dell´Fmi prevedendo una crisi «come se ne vedono una volta nella vita» causata proprio dall´America con i suoi eccessi immobiliari e finanziari, getta adesso acqua sul fuoco. Lei ha sostenuto la politica keynesiana dell´amministrazione, non crede che ci sia da pagare il conto? «Per tagliare il deficit che provoca il debito serve uno sforzo di leadership di Obama e di volontà condivisa del Congresso. Il presidente è prudente nel tagliare previdenza e sanità e cerca, ricorrendo perfino ai social network, di far passare il messaggio che bisogna alzare le tasse. I repubblicani sono chiusi su questo fronte. Servono entrambi gli interventi: tagliare le spese, salite in tre anni dal 20 al 25% del Pil, ma con un debito di 14mila miliardi anche aumentare le entrate, scese dal 20 al 15, tassando non solo le società e i ricchi come vuole Obama, bensì la middle class». Come accoglieranno gli americani quest´idea? «Serve cautela per non reinnescare la recessione ma se oggi la scommessa nella fiducia dei mercati per rifinanziarsi è a vincita certa, non sarà così in eterno. Vanno cercate risorse in imposte indirette come l´Iva, la tassa sulle vendite, la carbon tax, i prelievi sulla benzina». L’Economist scrive che S&P’s ha annunciato con gran fanfara quello che era ovvio per i mercati da mesi. Niente di nuovo? «Da un anno avvertivo che si avvicinava il livello di guardia. Però l´America paradossalmente trae beneficio dall´idiosincrasia verso il rischio che si sta diffondendo appunto perché resta il posto più affidabile: il mercato dei bond si riprenderà presto e i tassi scenderanno. Andrà trovato un equilibrio con i tassi della Fed, che Bernanke rialzerà fra breve, su livelli più alti degli attuali perché l´inflazione è spinta dalle materie prime. La crisi del 2008 partì non solo da Lehman ma dal greggio a 150 dollari». Perfino i cinesi sono venuti a farvi lezioni di economia... «Farebbero bene a guardarsi in casa: avendo ritardato ad alzare i tassi saranno costretti a manovre brutali che incideranno sulla crescita. Quanto al sistema americano, la finanza pubblica, a differenza degli altri paesi industrializzati, è gestibile: non è impossibile restaurare l´equilibrio in breve senza traumatici aggiustamenti fiscali né pesanti conseguenze. Sul lungo termine occorre qualcosa di più strutturale per i crescenti impegni di sicurezza sociale. Ora è urgente trovare un compromesso al Congresso fra le proposte di Obama, la Simpson-Bowles, il Ryan Plan dei repubblicani, il piano bipartisan della Gang of Six...Bisogna ridurre il deficit di 4-5mila miliardi in dieci anni: l´importante è fare qualcosa subito senza aspettare le presidenziali del 2012». Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina18 lla aR Reep pu ub bb blliicca a sseezz.. EEccoon o nom miia a –– V E N E R D Ì , 2 2 VENERDÌ, 22 A AP PR RIILLEE 22001111 D A L N O S T R O I N V I DAL NOSTRO INVIA AT TO O EET TT TO OR REE LLIIV VIIN NII Il reportage Ippodromi, isole, aziende di Stato così la Grecia svende i suoi gioielli Il governo cerca 50 miliardi per evitare la bancarotta Nella Capitale, decine di negozi chiusi con i cartelli “affittasi”bruciati dal sole Su YouTube il documentario Debtocracy spiega chi ha depredato il Paese ellenico ATENE - Il futuro della Grecia (e forse quello dell´euro) è in mano a un po´ di purosangue, ai numeri del Lotto e all´azzurro da sogno dell´Egeo. «Meglio così. Conoscendo i nostri politici, mi fido di più dei cavalli», scherza Stavros Petsitis, fantino di pochi chili e tante primavere, studiando sotto una pioggia sottile i puledri in allenamento sulla pista di Markopoulo, due passi dall´aeroporto di Atene. E´ stato già accontentato. Sommersa da 325 miliardi di debiti e finita nel tritacarne della speculazione, la Grecia ha deciso di giocare l´ultima carta per salvarsi dal crac: i saldi di Stato. Il governo di George Papandreou ha appeso il cartello "Vendesi" su tutti i gioielli di famiglia: ippodromi e scommesse ippiche, ma pure le ricchissime lotterie nazionali, i monopoli di gas, luce e telefono e una valanga di terreni pubblici, spiagge e isole comprese. Obiettivo: raccogliere 50 miliardi entro il 2015 di cui ha bisogno come il pane per pagare i creditori e dribblare la bancarotta. «Alternative non ce ne sono - dice Dimitris Daskalopoulos, numero uno della Confindustria greca - . È l´ultimo treno per evitare il baratro». Basterà? I mercati sono più tranchant dell´Oracolo di Delfi: no. La coperta dei 110 miliardi di aiuti garantiti ad Atene da Ue e Fmi, dicono, è troppo corta. L´economia è al palo (-3% nel 2011), la disoccupazione è salita al 15%, i tassi sui titoli di Stato a due anni sono al 20%. Questione di settimane o al massimo di mesi, vaticinano. Poi la Grecia alzerà bandiera bianca e ristrutturerà i suoi debiti, rifilando un altro elettrochoc alla traballante Unione monetaria europea. L´esercito di Cassandre, cui si è iscritto persino il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, non spaventa George Papaconstantinou, suo omologo ellenico. «Il nostro debito è sostenibile. Punto». La prova - dicono i suoi tecnici - sono le quattro paginette blu fitte fitte di tabelline presentate con orgoglio ai potenti della terra a Davos qualche settimana fa: «Legga qua! Deficit 2010 calato del 6%, spesa pubblica - 9,1%, entrate + 2%. Meglio degli obiettivi posti da Bruxelles e Fondo». Può darsi. Il problema è che i greci hanno pagato un prezzo salatissimo all´austerity. E la strada per il governo socialista, stretto tra morsi della speculazione e malcontento interno, si sta facendo sempre più stretta. «Si guardi un po´ attorno e capirà da solo come vanno le cose», dice Vassilis Varoufakis, accovacciato dietro una montagna di pretzel a Syntagma. Lui resiste e qualche ciambella di pan salato (prezzo 1 euro) la vende ancora. Il centro di Atene però è un calvario di saracinesche abbassate e di cartelli "Enoikiazetai" ("Affittasi") scoloriti da mesi di sole e pioggia. «Nel 2009 prendevo 1.200 euro al mese di stipendio per 14 mensilità - calcola Anna Varoula, insegnante di Corinto in gita con la sua classe nella Capitale - Oggi siamo a 980 euro per 12 mesi. Senza contare che, dopo la riforma, andrò in pensione nel 2018 invece che tra sei mesi, come speravo». Un anno fa lei era qui sotto il Parlamento con i colleghi a urlare "Klèftes, Klèftes" ("Ladri, ladri") ai deputati che votavano il taglio del 15% alle buste paga dei dipendenti pubblici. «Ma oggi la gente ha perso la voglia di manifestare e si preoccupa solo di far quadrare i conti di casa», ammette sconsolata. I sacrifici? Sono necessari per salvare il Paese e per sradicare le cattive abitudini e i privilegi che l´hanno portato al collasso finanziario, è il mantra di Papandreou. A pagare, assicura il premier, non è solo chi sta peggio: il governo ha tagliato da mille a 325 gli enti locali, tolto l´immunità parlamentare, eliminato dall´elenco dei lavori usuranti trombettisti (a rischio presunto di reflusso gastrico) e speaker tv (vittime della microfauna batterica nei microfoni) e varato una lenzuolata di liberalizzazioni da far impallidire Bersani. Il marketing però non basta più: la popolarità del Pasok - che resta il primo partito - è calata di quattro punti al 20%. E le corporazioni, fiutata l´aria, sono partite al contrattacco. «Se lo Stato non ci paga i Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina19 soldi che ci deve, da Pasqua non venderemo più medicine mutuabili, nemmeno quelle urgenti», è la minaccia di Theodoros Abazoglou, numero uno dei farmacisti dell´Attica travolti dalla deregulation del settore. I tempi dei mercati, in effetti, faticano ad adeguarsi a quelli necessari per le riforme epocali, specie in un Paese socialmente complesso come la Grecia. Il vero nemico di Papandreou non è l´opposizione di destra (Nea Demokratia, rea del disastro finanziario con i suoi magheggi contabili, non guadagna un voto nei sondaggi) e nemmeno quella di sinistra, in crescita ma polverizzata in decine di litigiosissimi nano-partiti. Il problema è il calendario. Ue e Fmi garantiranno ad Atene i soldi per far funzionare lo Stato fino a giugno 2012. Poi il Paese, a meno di nuovi aiuti in zona Cesarini, dovrà far da sé, trovando sul mercato nei sei mesi successivi i 25 miliardi necessari per finanziare il debito. «Ce la faremo grazie alle privatizzazioni», è certo Papaconstantinou. La speculazione lo aspetta al varco. Ma non è da sola. Su You Tube in Grecia tira moltissimo (600mila contatti in poche settimane) "Debtocracy", video-documentario finanziato con 7.790 euro di offerte raccolte sul web. «Un contributo per capire come è nato il buco greco e se si tratta di soldi davvero dovuti», racconta Katerina Kitidi, uno dei due registi. Il finale rischia di essere profetico. Atene può fare come l´Ecuador nel 2007: autoridursi del 50% il debito facendo pagare il crac anche a banche e ai finanziatori poco avveduti. Le banche centrali europee, che hanno in pancia 80 miliardi di titoli ellenici, gli istituti francesi e tedeschi (esposti per oltre 100 miliardi) e quelli greci - destinati in quel caso a pagare il pedaggio più alto assieme ai cittadini ellenici - tengono il fiato sospeso. Anche il loro futuro - come quello dell´euro - è in mano ai cavalli di Stato messi all´asta da Papandreou Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina20 La Fiba-Cisl augura a tutti voi una Santa Pasqua serena!! Arrivederci a martedì 26 Aprile per una nuova rassegna stampa! Rassegna Stampa del giorno 22 Aprile 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina21