FRANCIA: - Une tonnellerie en Bourgogne

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FRANCIA: - Une tonnellerie en Bourgogne
Enologia
FRANCIA:
un tesoro di legno
Dalla foresta alla barrique. Un patrimonio tutelato dallo stato francese e gestito
in modo sostenibile.
N
ello scorso febbraio, con un gruppo di produttori e giornalisti italiani, francesi e tedeschi, ho
visitato una foresta di querce destinate alla produzione di barriques a Mery-es-Bois, nel dipartimento
dello Cher, ai margini occidentali del Massiccio Centrale.
Abbiamo assistito al taglio degli alberi e alla prima lavorazione, lo “spacco” (fendage). L’invito è venuto da una
coppia affiatata di operatori del settore e dalle rispettive
famiglie, tutte impegnate nell’attività: il “merraindier”
Ludovic Gauthier e il “tonnellier” (bottaio) artigiano
borgognone Stephane Chassin, fornitore di prestigiose
cantine francesi e italiane. L’agente per l’Italia della tonnellerie Chassin, Joseph Nicastro (a sinistra nela foto 1),
ha organizzato questo interessante viaggio che si è tradotto per noi in un vero e proprio corso di formazione.
Chi è il merraindier?
La professione è così poco conosciuta, e per nulla praticata, in Italia che la parola non ha una traduzione. Merrain è il legname pregiato, normalmente rovere, sezionato
(fendu) con il metodo dello spacco a pressione, cioè senza
interrompere la fibra del legno, e il merraindier è il
primo anello della semplice filiera che porta
alla produzione della barrique. Il suo ruolo
è lavorare il legname dall’albero alla produzione della doga grezza, che poi sarà
stagionata e infine rifilata e trasformata
in botti dal tonnellier.
Il taglio: emozione e qualche riflessione
Osservando una motosega abbattere in cinque minuti una quercia
che ha impiegato duecento anni per
crescere e diventare tanto maestosa
si avverte un senso di smarrimento
e viene da chiedere perdono: un po’
come facevano i nativi americani dopo
aver ucciso il bisonte, ma con qualche
senso di colpa in più.
A temperare la nostra pena ci pensa Samuel
Autissier, un funzionario dell’ONF, Ufficio
Nazionale delle Foreste. Spiega che questi boschi, interamente di proprietà dello stato, sono
in fase di espansione, e che il prelievo di legname
è inferiore al rinnovo.
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La gestione forestale sostenibile è la missione dell’ONF,
e non è certo legata a mode ecologiste recenti: l’ente fu
istituito a questo scopo da Colbert, ministro del Re Sole e
plenipotenziario della flotta reale, nel diciassettesimo secolo. L’ONF provvede alla gestione della foresta fino al
momento del taglio: a quel punto i lotti di terreno vengono ceduti tramite asta ad un merraindier, dopo che le
piante da tagliare sono state segnate e numerate. Dopo
il taglio la foresta si riproduce naturalmente dai semenzali (quindi non c’è reimpianto) e necessita di alcune
cure colturali alle quali l’ONF provvede direttamente
fino al completamento del ciclo di vita economica delle
piante, che è appunto di centocinquanta-duecento anni!
Da una pianta come questa si ricavano circa quattro metri
cubi di legname, ma solo cinque barriques, pari a un solo
metro cubo, perché il 70-80% è “scarto”.
Malgrado le rassicurazioni di Autissier l’idea che queste
botti possano essere usate una sola volta e poi rottamate
come fa qual-
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cuno (oggi meno di qualche tempo fa) provoca un lieve
brivido lungo la schiena.
Persino Chassin e Nicastro, che, vendendo botti, dovrebbero avere l’interesse opposto, condividono questa idea.
“In tanti anni di esperienza nel settore mi sono convinto
che se le barrique sono fatte e tostate a regola d’arte, con
legname pregiato di giusto spessore e stagionatura, usarle
per un unico passaggio non abbia alcun senso, neppure
per i vini di più alta gamma – commenta Joseph - .
In cantina, utilizzandole magari su vini diversi, si possono
usare per diversi anni, ma, ripeto, solo se di primissima
qualità”. I testi tecnici e gli enologi di solito indicano tre
anni come vita economica di una barrique, ma in effetti in
Borgogna e nella Rioja se ne vedono anche di dieci anni.
Lo spacco
Si diceva dello scarto. Come mai così tanto? Da una certa
altezza in su il tronco si ramifica e presenta nodi: da quel
punto in su non si può usare. La parte più esterna del
tronco e di colore più chiaro, l’alburno, è troppo tenera.
La parte più interna, il cuore, viene a sua volta scartato
perché, spaccando i tronchi lungo direttrici radiali, nel
centro si producono tavole a sezione triangolare anziché
trapezoidale (vedi foto).
Siccome poi un albero non è fatto in fabbrica, alcune tavole di spacco presentano difetti o assottigliamenti incompatibili con la forma perfetta che deve avere una doga da
botte, e vengono a loro volta scartate.
Sono ovviamente scarti “di pregio” che vengono riutilizzati in altri campi. Un tempo tutto veniva fatto mano dai
merraindier, veri e propri “maestri d’ascia”.
Oggi il lavoro è agevolato dalle macchine ma in alcuni
casi, quale quello della famiglia Gauthier, ha ancora una
dimensione artigianale.
La stagionatura
È ben nota ai produttori più avveduti l’importanza del
parc à bois del loro fornitore di barrique.
La stagionatura all’aria aperta per circa due anni
resta il metodo migliore per ottenere doghe di elevata qualità, da cui gli agenti atmosferici hanno
estratto i tannini amari e una certa quantità di acqua.
Nel caso da noi visitato il parc à bois non è gestito dal bottaio ma direttamente in foresta dal merraindier, attraverso
un contratto di stagionatura. “questa regione – spiegano
i nostri ospiti – è più piovosa, e l’area più incontaminata
di quanto possa essere una zona artigianale in Borgogna,
vicino a strade trafficate: condizioni che assicurano stagionatura e salubrità ottimale”.
La tracciabilità
Ogni singola pianta viene contrassegnata con una targhetta
chiodata sulla superficie di taglio, colorata e numerata con
un codice.
La prima fase di lavorazione è il taglio del tronco in billons, cioè tronconi della lunghezza delle doghe, un metro
esatto per la barrique bordolese classica da 225 litri o la
piéce bouguignonne da 228. Su ogni pezzo si ripete il
codice. La fase successiva è lo spacco, fatto con cunei a
pressione: segue la rifilatura delle doghe e una prima selezione delle partite che vanno in stagionatura.
Le doghe della stessa partita sono accatastate su bancali
di legno che vengono, a loro volta, contrassegnati con
il codice di tracciabilità e una scheda di lavorazione che
contiene i principali elementi: data, provenienza, nome
dell’operatore responsabile. “per evitare errori – spiega
Nathalie Gauthier, al centro nella foto 1 “lavoriamo un
solo lotto di legname per volta.
Finito questo lotto della foresta di St. Palais possiamo passare ad altro lotto e altra foresta, che avrà un altro sistema
di codifica”.
Una merenda in foresta offerta dai nostri ospiti ha allietato
e riscaldato la fredda giornata d’inverno.
Un normale picnic, eccetto che per le bevande … fornite
da prestigiosi produttori di Borgogna, Langhe e Valpolicella.
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La barrique ha scoperto
l’acqua calda
di
MAURIZIO GILY,
TONY SCOTT
Un processo che porterebbe alcuni vantaggi
organolettici. Ma non tutti sono d’accordo.
I
n America come in Europa il gusto dei consumatori
di vino si è evoluto rispetto ad alcuni anni fa e i forti
sapori di tostatura e legno nuovo, indicati in inglese
come “oaky” (il termine ha una sfumatura più negativa
del francese boisée) non sono più ben accetti, anche se
l’affinamento in barrique è ancora considerato necessario
per la maggior parte dei vini di alta gamma... Da alcuni
anni certi bottai propongono barrique sottoposte ad un
processo di fabbricazione che prevede l’uso dell’acqua a
100 gradi al posto del fuoco per facilitare la piegatura delle
doghe, mentre la tostatura vera e propria, che segue questa fase, rimane invariata rispetto al processo tradizionale,
quindi a fuoco generato da ritagli di rovere su bracieri
(figura 1).
Una prova sperimentale è stata condotta da ricercatori
dell’università di Digione insieme a tecnici della fabbrica
di botti Séguin Moreau, che applica questo procedimento
su alcune partite. Vini provenienti da affinamento in botti
ottenute dai due diversi processi sono stati sottoposti ad
analisi chimica e sensoriale, utilizzando due diversi panel
di assaggio, uno dell’università e uno della “tonnellerie”.
La relazione finale è stata pubblicata su varie riviste e può
essere richiesta a [email protected] citando questo
articolo. In estrema sintesi le analisi chimiche mostrano
che i vini elevati in barrique prodotte usando il metodo
tradizionale di curvatura a fuoco presentano concentrazioni maggiori di composti furanici, fenoli volatili e al-
deidi aromatiche. L’analisi sensoriale mette in evidenza
come i vini affinati in barrique prodotte col metodo della
curvatura ad acqua siano caratterizzate da una minor intensità olfattiva dei descrittori ‘legno, ‘tostato’ e ‘segatura’,
con intensità del sentore ‘fruttato’ lievemente maggiore.
Non sono state osservate differenze significative tra i vini
affinati in barrique curvate ad acqua o a fuoco in relazione ai descrittori gustativi. Il bagno in acqua bollente potrebbe essere responsabile dell’estrazione di alcuni
polifenoli idrosolubili e questo spiegherebbe in parte le
differenze: forse importante è anche l’effetto temperature, nel senso che lavorando doghe a umidità maggiore
l’aumento di temperatura nella tostatura è meno rapido
e più dolce. In conclusione la prova parrebbe evidenziare questa pratica come migliorativa rispetto ai trattamenti classici, almeno per alcuni vini, soprattutto bianchi, che risulterebbero quindi più delicati e meno “oaky”.
Tuttavia rimangono alcuni interrogativi. Ad esempio:
quali erano le caratteristiche del legno prima di entrambi
trattamenti? Che durata di stagionatura aveva subito e in
quali condizioni? Come è stata effettuata la tostatura detta
“tradizionale”? Con quale durata? Infatti una buona tostatura richiede molto tempo, per evitare che il legno si scaldi eccessivamente. La pre-immersione in acqua aumenta
l’inerzia termica del legno, che quindi si scalda di meno, e
questo cambia le condizioni operative: si tratta quindi di
capire come operare affinché i due metodi siano realmenSchema fornito da Séguin Moreau.
A
Pre-tostatura a fuoco
Messa in rosa
B
Immersione in acqua calda
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Curvatura
« Bousinage »
(tostatura enologica)
Fusto finito
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Mauro ed Eugenio Gamba.
Piero Garbellotto.
te confrontabili. Infine, ultima ma importante questione:
la prova è condotta evidentemente su botti nuove. Come
si comportano negli anni successivi? Non c’è un rischio
di “esaurimento “ più precoce nelle barrique trattate con
acqua? Su questo argomento abbiamo raccolto i pareri di
alcuni bottai.
La Fabbrica Botti Gamba in Piemonte applica l’immersione in acqua calda per la piegatura delle doghe delle
grandi botti,che sono notoriamente una prerogativa più
italiana che francese. Mauro Gamba commenta: “sulle
botti grandi il metodo è collaudato e i risultati sono molto
soddisfacenti. A richiesta è possibile tostare le botti dopo
la messa in forma, anche se la tradizione italiana non prevedeva la tostatura sui grandi volumi. Sulle barrique abbiamo condotto una sperimentazione con l’Università di
Torino e messo a punto un metodo che prevede l’uso com-
binato dell’acqua calda e del vapore. Non lo applichiamo
su tutta la produzione ma solo su richiesta, è destinato a
clienti che desiderano un legno particolarmente gentile e
poco invadente, soprattutto per vini bianchi. Preciso che
usiamo lo stesso tipo di legname, con lunga stagionatura,
su entrambi i processi”.
Tra i contrari l’italiano Garbellotto, di Conegliano (TV),
e il borgognone Chassin. “Uno studio condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per il Legno di
Firenze – spiega Piero Garbellotto - ha dimostrato che il
trattamento con acqua calda sottrae oltre il 50% di tannino dal legno, poco meno accade con il vapore. Le doghe si
rigonfiano e si rompono più facilmente, ma non è questo
il punto: se si vuole meno sentore di legno basta utilizzare
volumi più grandi: usare la barrique dopo aver tolto al le-
FABBRICA BOTTI GAMBA srl
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Rachel, Florian, il cane First, Stephane e Patricia Chassin.
gno le sue note caratteristiche non ci pare sensato. Riteniamo che vada anche a scapito della durata del contenitore,
che si esaurisce prima. Se il legno contiene ancora tannini
verdi può servire a estrarli, ma è una scappatoia. Noi pieghiamo a fuoco anche le botti grandi, a maggior ragione
non usiamo l’acqua calda per le barrique: poi volendo, e
a richiesta, tutto si può fare. Semplificando – conclude
Piero Garbellotto con una battuta - possiamo dire che
qualcuno preferisce l’arrosto, e qualcun altro il bollito
…”. Stephane Chassin (che tra l’altro ha lavorato per
anni alla Séguin Moreau prima di fondare la sua tonnellerie artigianale): “E’ possibile che sulla barrique nuova ci
siano buoni risultati, ma sono convinto che si esaurisca in
fretta. Siccome la nostra filosofia è quella di costruire barrique di alta gamma, capaci di durare anche diversi anni,
ci atteniamo alla piegatura e tostatura a fuoco, sempre su
legni ben stagionati e spessori anche oltre i 30 millimetri.
E’ vero che in questo modo il legno contiene meno acqua e
rischia maggiormente di “bruciare”: ma tutto dipende dalla capacità e dalla pazienza del bottaio. Per una tostatura
classica ben fatta ci vuole tempo e occhio esperto, mentre
l’industria ha poco tempo e sempre meno alta specializzazione. Secondo la mia esperienza per imparare l’arte
della tostatura in modo perfetto non bastano dieci anni.
E’ comprensibile che l’industria cerchi strade più facili”.
Ad Alfaro, nella famosa regione della Rioja, opera Antonio Magreñan, il più importante bottaio spagnolo: “Il vapore e l’acqua bollente impoveriscono il rovere, ed io non
li userò mai. Il compito di estrarre i tannini verdi e amari
noi lo affidiamo a una stagionatura naturale lunga, da due
a tre anni, e tostiamo le “barricas” su bracieri particolari
a fuoco sottostante, da cui il calore si propaga lentamente. Questo è il nostro modo per fare botti di qualità, che
durano nel tempo, e in Rioja si usano anche dieci anni,
senza evidenziare troppo il legno e senza dare alcun sen24
tore di segatura neppure sul
nuovo”.
Altri bottai, al pari di Gamba,
sono meno “schierati” e
aperti ad entrambe le tecniche, ritenendo che la scelta
dipenda dalle esigenze del
cliente e dalle caratteristiche
del vino obiettivo. “Lavorare
a fuoco o a vapore o acqua
da’ risultati diversi sotto il
profilo tecnico e di conseguenza sull’interazione chimico/fisica/gustolfattiva col
vino - commenta Philippe
Fitan della Tonnellerie de
l’Adour -, si può amare l’una
o l’altra cosa, oppure tutte e
due, ma soprattutto i fruitori
finali possono esprimere una
preferenza di risultati in un
senso o nell’altro. Si può essere in grado di lavorare con
entrambe le metodologie o meno, e questo può portare i
costruttori stessi ad esprimere opinioni più o meno forti
sulla diversa linea manifatturiera. Il nocciolo, quindi, è
la filosofia aziendale che persegue un certo tipo di strumento e la capacità di incrociare l’obiettivo enologico del
cliente”.
฀
฀
฀ ฀
฀
MilleVigne sarà presente come “media partner” a ENOFORUM, l’importante evento di formazione per i tecnici
che si svolgerà dal 3 al 5 maggio 2011 presso Arezzo
Fiere e Congressi.
Il meeting prevede più di 80 presentazioni, di cui 25 da
autori stranieri e oltre 50 da autori italiani, che si succederanno in due sale di ampia capienza. Il direttore di
Millevigne Maurizio Gily svolgerà l’incarico di moderatore
degli interventi nella “Sala Trebbiano”. 25 centri pubblici di ricerca vitivinicola italiani vi sono rappresentati,
confermando il ruolo di vetrina della ricerca italiana che
Enoforum ha assunto negli anni. Circa 50 poster completeranno la rassegna dei risultati della ricerca pubblica
e privata degli ultimi anni. I seminari digitali Infowine offriranno l’opportunità di assistere alle presentazioni di
esperti internazionali su temi specifici. Altre informazioni
su: www.enoforum.it