Note di sala

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Note di sala
FuckBloom?AlbanBerg! 2016
quarta edizione
Simone Beneventi EXTENDED WOOD PERCUSSION SOLO
PROGRAMMA
Silvia Borzelli Wooden (2015) per marimba, log drum, woodblock
Commission with the support from Fonds Podiumkunsten (Holland)
Franco Donatoni Mari (1992) per marimba
Tom Johnson Tilework (2005) per 6 log drum
Johan Svensson Suite from One man band (2016)
per strumenti di legno e piccoli dispositivi elettrici
Commission with the support from Helge Ax:son Johnsons stiftelse (Sweden)
Giorgio Battistelli Libro Celibe (1976)
per un performer (movimenti di fogli sonori e non)
esecuzione sull’esemplare realizzato dall’artista del legno Giuseppe Bussi (2015)
GUIDA ALL’ASCOLTO
Nella sua quarta edizione, il primo appuntamento del festival FuckBloom?AlbanBerg! 2016,
ospita un concerto dedicato alle percussioni, e lo fa ospitando Simone Beneventi,
percussionista reggiano ormai considerato a buona ragione uno dei massimi esperti
nell’interpretazione del repertorio contemporaneo per percussione dei nostri giorni.
Questa sera Simone ci accompagnerà nell’esplorazione di un particolarissimo mondo
sonoro, quello delle percussioni in legno, presentando una scaletta di cinque
interessantissimi brani per percussione sola in buona parte composti negli anni zero, fatta
eccezione per le due composizioni di Donatoni e Battistelli (due nomi importantissimi per
quanto riguarda la musica italiana del ventesimo secolo).
Il concerto di questa sera, intitolato Extended Wood Percussion Solo, parte dalla ricerca
di Beneventi sulla marimba, uno dei pochi strumenti a percussione a vantare un ricco
repertorio solistico. Dal nutrito corpus di composizioni per marimba ha selezionato le opere
più originali nella scrittura; in alcuni casi la marimba viene letteralmente espansa
aggiungendo strumenti accessori, anch’essi lignei. Ma la ricerca non si ferma a questo
strumento ed agli autori che per esso hanno scritto, si spinge ben oltre e riesce a dimostrare
quanto davvero il suono sia pura materia e quanto la musica ed il suo linguaggio dipendano
dall’uso e dal gesto sulla materia.
Per costruire questo suo concerto Simone ha collaborato sia con alcuni maestri della
lavorazione del legno - preziosi artigiani divenuti liutai per l’occasione - sia con compositori
interessati a calare il proprio immaginario musicale in un contesto non certo semplice ed
abituale, visto il limite d’impiego di strumenti esclusivamente di legno. Gran parte degli
strumenti che riempiranno la sala ( il Libro Celibe, i Log drum, i wood-block) sono stati
realizzati dall'artigiano Giuseppe Bussi nel suo laboratorio immerso nell'Appennino
reggiano.
Ci introduce in questi misteriosi boschi di suoni il brano Wooden, scritto nel
2015 dalla compositrice romana Silvia Borzelli. Wooden non si riferisce tanto al significato
scontato degli strumenti fatti in legno, è piuttosto un titolo posto in senso metaforico:
Wooden è un corpo impacciato ed irrigidito, irrigidito è il perimetro circoscritto e limitato
dove battenti, dita e strumenti suonano e interagiscono tra loro.
Ben quindici anni prima della composizione di Wooden, moriva a Milano Franco
Donatoni, grande figura della musica italiana ed internazionale del Novecento. La sua
esistenza fu travagliata, disseminata da frequenti crisi, incessanti ed inquiete ricerche,
improntata al "guardare avanti". La sua riflessione sull'operare artistico lo conduce a
teorizzare il ribaltamento del tradizionale rapporto creatore-opera, la demitizzazione
dell'atto creativo, la rappresentazione di una specie di autonegazione nell'"abbandono al
materiale" attraverso l'uso dell'indeterminazione, aprendo le sue composizioni ad aspetti
aleatori e poi riducendo addirittura l'attività del comporre a sistemi automatici di
elaborazione. Mari, brano del 1992 (scritto otto anni prima di morire) rappresenta
perfettamente questa strana, eccitante, sofferenza che ci coglie capitando in luoghi
sconosciuti, siano essi impenetrabili foreste o mari mai navigati. Tilework (2005) di Tom
Johnson ci riporta alla luce chiara con cui un matematico deve vedere il foglio su cui porre i
propri calcoli ed elaborare i propri risultati. Si tratta sì di un brano musicale, ma non solo:
Tilework è anche una formula di trasformazione matematica. Ci sono 18 note (18
mattonelle), la prima voce è affidata al Log Drum n.6, quello più grave (i Log Drum sono
tamburi a fessura in legno) che esporrà questi 18 colpi. Quando entra la seconda voce
(affidata ad un secondo Log Drum con differente altezza), questa suonerà 3 colpi,
lasciandone 15 alla prima, quando entra la terza ‘ruberà’ ancora 3 colpi alla prima voce,
lasciandogliene 12. Questo procedimento di distribuzione dei colpi si protrae fino a che
tutte le sei voci suonano 3 colpi, 3 X 6 = 18, se la matematica non è un opinione nemmeno
Tilework lo è. La particolarità di Tilework risiede però nel fatto che i tre colpi di ogni voce
sono tra essi regolari (suonando ogni 1, ogni 2, ogni 4, ogni 5 tempi): questo procedimento
non ha nulla di creativo ma è dato da un teorema matematico e, curiosità, l'unica periodicità
che non compare è quella "ogni 3 tempi". Le 7 sezioni in cui è organizzato il pezzo
comprendono tutte le possibili soluzioni di questa formula.
One man band è un brano composto nel 2016 dal compositore svedese Johan
Svensson appositamente per Simone Beneventi. Si tratta di un opera in dieci parti per un
solo performer al quale è richiesto di suonare usando mani, piedi e fiato su percussioni in
legno, strumenti ad aria e vibratori modificati… si proprio vibratori: sexy toys! Il brano si
ispira alla figura pittoresca del musicista pluristrumentista già esistente ai tempi dei giullari e
molto comune negli ambienti dei bluesman ma decisamente inconsueta nell’universo della
musica colta scritta. Si tratta dell’esecuzione di dieci ‘canzoni’ su un setup di strumenti
decisamente home-made ricavati da oggetti davvero singolari. Tutto comincia con
l’imitazione dell’umanissimo suono del battito cardiaco, creato percuotendo un imbuto e
insufflando in esso aria con una pompa per canotti gonfiabili. Gradualmente il mondo
sonoro di Svennson si evolverà inesorabilmente verso il prevalere dei meccanismi di questa
batteria meccanica buffa e vagamente minacciosa, fino a prevalere totalmente sul
rassicurante e familiare battito cardiaco.
Conclude il concerto di Simone Beneventi il Libro Celibe di Giorgio Battistelli. Nel 1976
Battistelli era poco più che un ragazzo agli inizi della sua carriera di compositore. Lo
affascinavano l’alchimia, la psicologia e le macchine celibi di Marchel Duchamp. Ispirato al
geniale avanguardista francese, al concetto di un’opera capace di vivere in piena autonomia,
liberata dal vincolo matrimoniale con l’interprete, Battistelli inventa un libro che é partitura
tridimensionale, che si rende performance nel semplice gesto dello sfogliare. Questa azione,
infatti, rende performative l’una dopo l’altra le pagine sonore del Libro Celibe, costruite dal
compositore con carta, cartone, pelle, metallo, legno. Una partitura-libro che é già musica
nella stessa materia di cui è fatta, racconto sonoro svincolato dall’appuntamento con la
risonanza. Una partitura-opera d’arte creata da Battistelli con sguardo surreale e orecchio
patafisico in quattro copie: due esemplari sono stati venduti a collezionisti europei, due
sono rimasti all’autore, poichè Libro Celibe é tale in quanto opera visiva che muta in opera
musicale, solo se stimolata dall’interprete. Manipolando, strappando, appallottolando,
sfregando, grattando in infinite modalità di tocco, tutte minuziosamente previste nella
partitura-racconto tracciata dall’autore, ecco che la lettura del libro diviene drammaturgia
di suoni, racchiusa in questa silenziosa scatola sonora, evocata dalle mani in azione sulle
pagine, che esaltano la specifica essenza di ciascuna, sino al gioco di prestigio dell’illusione
finale: da quelle stesse dita la musica poi svanisce, sparisce sottile, soffiata via poco a poco,
per tornare al tutto muto dell’opera in quanto tale.
(Sebastiano de Gennaro)
SIMONE BENEVENTI
Percussionista dedito allo studio e alla diffusione della Nuova Musica, si è esibito come
solista in tutta Europa e suona con diversi ensemble internazionali quali Klangforum Wien,
mdi ensemble, Neue Vocalsolisten, Phace, Prometeo e Repertorio zero. Collabora con
compositori quali Giorgio Battistelli, Pierluigi Billone, Hugues Dufourt, Ivan Fedele, Beat
Furrer, Helmut Lachenmann, Peter Maxwell Davies, Riccardo Nova e Salvatore Sciarrino. Ha
suonato nelle più prestigiose orchestre italiane (Filarmonica della Scala, la Fenice di Venezia,
il Maggio Musicale Fiorentino e l’Opera di Roma). Ha inciso per Aeon, Kairos, Neos,
Stradivarius, Wergo ed è stato trasmesso da Rai-Radio3, Croatian Radio, Austrian Radio,
Deutschlandfunk. Alla carriera d’interprete affianca sia un’attività di insegnamento, che di
ricerca realizzando edizioni musicali per percussioni - in collaborazione con Edizioni Ricordi e pubblicazioni d’interesse musicologico. Nel 2011 ha ricevuto il premio “Leone d’ argento”
alla Biennale di Venezia. Ha studiato percussioni con Christian Dierstein, Eric Sammut, e
Jonathan Faralli e Francesco Repola.
www.simonebeneventi.com