l`osservatore romano
Transcript
l`osservatore romano
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLII n. 137 (46.083) Città del Vaticano venerdì 15 giugno 2012 . Chiesa e diritti umani Moody’s taglia il rating di Spagna e Cipro mentre in Grecia cresce l’attesa per il voto di domenica Cantiere zona euro di LUCETTA SCARAFFIA Il presidente francese propone di affidare alla Bce la vigilanza bancaria e Merkel si dice d’accordo BRUXELLES, 14. Si fa sempre più complessa e sfaccettata la situazione nella zona euro, con la moneta unica sottoposta a forti pressioni e con alcuni Paesi dalla precaria salute finanziaria, come la Grecia, dove cresce l’attesa per il cruciale voto di domenica prossima. Ieri l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating della Spagna e di Cipro. Quello di Madrid è stato tagliato di tre livelli: da A3 è stato portato a BAAA3; quello cipriota da BA1 a BA3. A pesare sulla valutazione, rilevano gli analisti, sono le tensioni sul debito che aumenteranno dopo il salvataggio da cento miliardi appena concordato con l’Ue per le banche, le difficoltà di rifinanziarsi sul mercato con i tassi di interesse sul debito ai massimi storici, la persistente debolezza dell’economia iberica. Il presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, ha difeso ieri, davanti al Parlamento, l’accordo sul sostegno alle banche raggiunto domenica. Intanto il presidente francese François Hollande — che oggi, in visita in Italia, incontra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti — ha indicato la prospettiva di un piano (che sarà presentato al vertice di Bruxelles a fine giugno) che prevede di affidare alla Bce la vigilanza delle banche. Nello stesso tempo si contempla la possibilità, per il futuro Esm, di intervenire direttamente nella ricapitalizzazione degli istituti di credito. L’Eliseo non ha ancora confermato ufficialmente l’iniziativa, che però sembra in linea con la posizione più volta espressa da Hollande in queste settimane: vale a dire, muoversi verso una sempre maggiore integrazione della zona euro, di cui proprio l’unione bancaria potrebbe essere il primo passo concreto. Nel frattempo si segnala che in Germania potrebbe prendere piede l’idea di un’unione bancaria. In questi giorni il cancelliere Angela Merkel è al lavoro per trovare consenso Position Paper della Santa Sede al Comitato Preparatorio di Rio+20 Per un’alleanza tra uomo e ambiente PAGINA 2 P La sede del Banco de España a Madrid (Afp) interno sulla cessione di sovranità, e ieri il Parlamento ha dato il suo appoggio all’ipotesi di un fondo di riscatto dei debiti pubblici. E sempre ieri Merkel ha incontrato l’opposizione socialdemoratica e verde, di cui il cancelliere ha bisogno per approvare, con i due terzi del Bundestag, sia il fiscal compact, sia il trattato costitutivo del meccanismo di stabilità Esm. Stamane, a proposito del piano di Hollande, Merkel si è detta favorevole. E a Berlino, ieri, Mario Monti ha ricevuto, dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, il premio «Leader responsabile». Il ministro delle Finanze ha affermato che «l’euro ha bisogno di un’Italia forte». E si è poi detto convinto che l’economia italiana «si riprenderà nel 2013 se il Paese proseguirà sulla stra- da del consolidamento fiscale e delle riforme». Monti ha osservato che l’Italia non dovrebbe oscillare, come spesso accade, «tra momenti di euforia irresponsabile e momenti di depressione ingiustificata». Quindi ha aggiunto: «Non sarei sicuro quale dei due sistemi bancari, quello italiano e quello tedesco, sia più solido, tenendo conto di tutti gli elementi che bisogna considerare». Pressioni diplomatiche su Mosca La Francia apre all’uso della forza in Siria DAMASCO, 14. Si vanno radicalizzando in sede Onu le posizioni diplomatiche sulla crisi siriana. La Francia ha chiesto ieri esplicitamente di intervenire con la forza per scongiurare l’allargamento della guerra civile già in corso in alcune regioni chiave del Paese. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha chiesto che l’Onu dichiari obbligatorio il rispetto del piano di pace messo a punto da Kofi Annan, ha evocato il ricorso al Udienza al direttore generale della Fao capitolo settimo della Carta dell’Onu, quello che prevede l’uso delle armi, ed è tornato a parlare di imposizione di una zona di non sorvolo aereo. Gli Stati Uniti hanno fatto nuove pressioni sulla Russia, dichiarando che il presidente siriano Bashir al Assad deve lasciare il potere e definendo sbagliato il sostegno che Mosca continua a fornirgli. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha detto che «la comunità internazionale deve agire velocemente in Siria per aiutare la popolazione e stabilizzare la regione», specificando che «il processo di transizione verso la democrazia non può includere Assad. Per Assad non c’è futuro in Siria». La Russia, che ha più volte ribadito il suo no a ogni ipotesi di ricorso alla forza, ha respinto le contestazioni di Washington e Parigi sulle sue forniture di armi usate dal Governo siriano nella repressione, in particolare gli elicotteri militari di recente usati nelle regioni di Homs, Hama, Latakia e Idlib. «Si tratta di materiali difensivi in linea con i dettami del Consiglio di sicurezza dell’Onu e di altri accordi in- ternazionali», hanno detto fonti ufficiali a Mosca. Il ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov, ieri in visita a Teheran, ha anzi accusato a sua volta gli Stati Uniti di fornire armi ai ribelli siriani. Nel frattempo, nella regione costiera siriana di Latakia l’esercito governativo ha preso il controllo di Haffe, la citta di 55.000 abitanti, in prevalenza musulmani sunniti e cristiani, circondata da villaggi abitati dagli alawiti, musulmani di confessione sciita. «La zona di Haffe è stata ripulita da terroristi armati penetrati dalla Turchia», hanno riferito gli organi di stampa ufficiali di Damasco, mentre i ribelli hanno affermato di essersi ritirati da Haffe per evitare un nuovo massacro della popolazione civile. Il giorno prima, gli osservatori Onu presenti in Siria avevano provato a raggiungere la cittadina, ma erano stati costretti a tornare indietro dopo che ignoti hanno sparato colpi di arma da fuoco contro i loro veicoli. L’esercito governativo ha ripreso il controllo anche del centro orientale di Dayr az Zor, al confine con l’Iraq, altra roccaforte della rivolta armata. y(7HA3J1*QSSKKM( +$!z!.!#!\ Cinque bambini afghani uccisi ogni giorno Giovedì 14 giugno, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il direttore generale della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), José Graziano da Silva, il quale, successivamente, ha incontrato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. Durante i cordiali colloqui è stato vivamente apprezzato l’impegno della Santa Sede e della Chiesa cattolica per combattere la fame e la povertà, soprattutto nel continente africano, e rimediare alla preoccu- pante situazione della sicurezza alimentare mondiale. Si è quindi rilevato come, nonostante vi siano risorse sufficienti per soddisfare i bisogni alimentari di tutto il mondo, persistano ostacoli di ordine economico, sociale e politico che impediscono di soddisfare tali bisogni. Si è infine auspicato che il settore rurale torni ad assumere un ruolo primario nelle strategie di sviluppo, che siano promossi modelli sostenibili di produzione agricola e di consumo alimentare e che si garantisca maggiore equità ed efficienza nella gestione del sistema alimentare. KABUL, 14. Stime tragiche. Secondo un rapporto dell’Unicef reso noto ieri, il conflitto, che da tempo segna l’Afghanistan, provoca la morte, ogni giorno, di cinque bambini. Si tratta di un rapporto sui bambini e i conflitti armati, curato su iniziativa del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il documento parla di un totale di 1.756 bambini uccisi o feriti a causa del conflitto nel 2011. Si denuncia poi che sempre nel 2011, 316 bambini e ragazzi sotto i diciotto anni, sono stati reclutati dalle parti in conflitto nel Paese: nella maggior parte dei casi, dai gruppi armati d’opposizione. I bambini, afferma il rapporto, sono stati utilizzati per attacchi suicidi, per posizionare ordigni esplosivi e per portare viveri ai gruppi armati. Da qui l’esortazione a tutti i gruppi armati d’opposizione a fermare il reclutamento di bambini e ragazzi. Nello stesso tempo l’Onu invita il Governo di Kabul a vigilare su questo increscioso fenomeno, nonché a far sì che i minorenni non finiscano poi a ingrossare le fila delle forze di sicurezza nazionali afghane. L’Unicef fa infine appello affinché venga sempre rispettato il diritto umanitario internazionale. Il cardinale Bertone ha inaugurato in Polonia il primo Centro Studi Ratzinger I figli di Bronisław SILVIA GUIDI A PAGINA arlare di Chiesa e diritti umani — a partire dalla Dichiarazione del 1789 — significa affrontare il nodo del rapporto di questa istituzione con la modernità. Lo ha ben presente Daniele Menozzi, che ripercorre con grande attenzione le posizioni prese sulla questione dalle gerarchie ecclesiastiche nel libro Chiesa e diritti umani (il Mulino), consapevole che sul tema vivace, fin dall’inizio, è stato il dibattito. I papi dell’Ottocento hanno condannato la Dichiarazione in quanto la vedevano, con buone ragioni, come «una via di emancipazione del consorzio civile dalla direzione della Chiesa sulla società». In sostanza, pensavano che i diritti degli esseri umani, necessariamente mutevoli, si opponessero a quelli di Dio — fondati sulla verità e quindi eterni — di cui era depositaria la Chiesa. Ma le vessazioni politiche ed economiche a cui molti regimi laici avevano sottoposto la Chiesa imposero presto una maggiore duttilità: i diritti cominciarono infatti a venire invocati per ottenere la libertà religiosa e di insegnamento. Ma la svolta teorica fondamentale è quella di Leone XIII, che apre ai diritti economico-sociali, ma anche all’idea che i diritti umani sono positivi, perché dipendono dalla legge naturale voluta da Dio, custodita dalla Chiesa. L’obiettivo proposto ai cattolici, però, non è la realizzazione dei diritti, ma quella, anche sul piano sociale, del regno di Cristo, progetto che purtroppo si accompagna spesso a posizioni ostili nei confronti degli ebrei, per i quali si chiede sì la sospensione di ogni violenza, ma non l’uguaglianza. Un conflitto tra verità e libertà, dunque, che di fatto cade davanti alle grandi dittature. Queste fanno riscoprire agli oppositori cattolici — come il vescovo Clemens August von Galen — l’importanza dei diritti umani. Ma è anche il loro disprezzo da parte delle stesse dittature atee a contribuire al rafforzamento, nella cultura cattolica, dell’idea che solo la fondazione trascendente della persona dà la possibilità di attribuire all’uomo quel valore assoluto che sta alla base dei diritti. E lo vediamo — Menozzi però non lo nota — 4 già nella condanna dell’eugenetica, contenuta nell’enciclica Casti connubii (1930), unica fra le voci autorevoli del tempo. Le posizioni cattoliche a favore dei diritti umani — la più rilevante fu senza dubbio quella di Jacques Maritain — si moltiplicano durante e dopo la seconda guerra mondiale, e svolgeranno un ruolo non secondario nella stesura della Carta del 1948. Ma il vero scoglio alla totale accettazione da parte della Chiesa è la libertà di coscienza, che verrà accolta solo da Giovanni XXIII con l’enciclica Pacem in terris (1963): i diritti umani vi sono apprezzati come una «tappa di avvicinamento», valida a livello planetario, al «modello ideale di organizzazione del consorzio civile» proposto dai cattolici. Da quel momento — grazie anche all’apporto decisivo di Paolo VI — la Chiesa diventa sincera sostenitrice dei diritti umani, considerati «punto di riferimento essenziale per tutelare la dignità della persona». Menozzi rimprovera però a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI una involuzione ecclesiocentrica testimoniata, secondo lui, dal richiamo sempre più forte alla legge naturale di cui è sola interprete la Chiesa. Accusata in sostanza di mancanza di aggiornamento e quindi di un «invasivo ritorno (…) alla legge naturale a danno dei diritti umani». Lo storico dimentica che, in questi anni, proprio i diritti umani sono cambiati, aprendosi a una estensione senza limiti della libertà individuale, a cominciare dai cosiddetti diritti riproduttivi che comprendono anche l’aborto. Allargamento in cui la Chiesa vede una violazione del primo diritto, quello alla vita. Questa presunta involuzione è determinata dunque da ragioni perfettamente comprensibili. Molto polemico Menozzi è anche verso una ricostruzione storica da lui considerata apologetica — lo studioso definisce in questo modo qualunque posizione non critica — che vede i cattolici, Benedetto XVI compreso, attribuire la genesi dei diritti alla tradizione cristiana. Dimenticando che questa tesi è stata sostenuta da intellettuali che difficilmente possono essere considerati apologeti, da Alexis de Tocqueville a Marcel Gauchet. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori: — Luis Madrid Merlano, Arcivescovo di Nueva Pamplona (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Luis Augusto Castro Quiroga, Arcivescovo di Tunja (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Jaime Muñoz Pedroza, Vescovo di Arauca (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Julio César Vidal Ortiz, Vescovo di Cúcuta (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Jorge Enrique Lozano Zafra, Vescovo di Ocaña (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Omar Alberto Sánchez Cubillos, Vescovo di Tibú (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Luis Felipe Sánchez Aponte, Vescovo di Chiquinquirá (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Carlos Prada Sanmiguel, Vescovo di Duitama-Sogamoso (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — José Vicente Huertas Vargas, Vescovo di Garagoa (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Misael Vacca Ramírez, Vescovo di Yopal (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Héctor Javier Pizarro Acevedo, Vescovo titolare di Ceramo, Vicario Apostolico di Trinidad (Colombia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Henri Brincard, Vescovo di Puy-en-Velay (Francia). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), con la Consorte, e Seguito. In data 14 giugno il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Poreč e Pula (Croazia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Ivan Milovan, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor D ražen Kutleša, finora Vescovo Coadiutore della medesima D iocesi. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 Position Paper della Santa Sede in occasione della III venerdì 15 giugno 2012 Firma di Accordo tra Santa Sede e Repubblica di Lituania sessione del Comitato Preparatorio della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile Rio+20 Per un’alleanza tra uomo e ambiente 1. Introduzione La Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, Rio+20, rappresenta un’importante tappa di un percorso che ha offerto significativi contributi per una migliore comprensione del concetto di sviluppo sostenibile, così come delle interazioni tra quelli che sono ritenuti i tre pilastri di tale concetto: la crescita economica, la protezione dell’ambiente e la promozione del benessere sociale. Detto percorso è cominciato a Stoccolma nel lontano 1972 e ha vissuto due momenti cruciali a Rio de Janeiro nel 1992, con il cosiddetto Earth Summit, e a Johannesburg nel 2002. Nell’ambito di questo percorso è emerso un consenso unanime sul fatto che la tutela dell’ambiente passa per il miglioramento della vita dei popoli e, viceversa, che il degrado ambientale ed il sotto-sviluppo sono temi tra loro fortemente interdipendenti e vanno affrontati congiuntamente in maniera responsabile e solidale. In tutti questi avvenimenti internazionali, la presenza della Santa Sede si è contraddistinta non tanto nel promuovere determinate soluzioni tecniche alle differenti problematiche poste al conseguimento di un corretto processo di sviluppo sostenibile, ma soprattutto nel sottolineare come non possa ridursi a problema “tecnico” ciò che tocca la dignità dell’uomo e dei popoli: non si può, infatti, affidare il processo di sviluppo alla sola tecnica, perché in tal modo esso rimarrebbe senza orientamento etico. La ricerca di soluzioni a dette problematiche non può essere separata dalla nostra comprensione dell’essere umano. È l’essere umano, infatti, che viene per primo. È bene ricordarlo. È la persona umana ad essere al centro dello sviluppo sostenibile. La persona umana, alla quale è affidata la buona gestione della natura, non può però essere dominata dalla tecnica e divenirne l’oggetto. Una tale presa di coscienza deve portare gli Stati a riflettere insieme sul futuro a breve e medio termine del pianeta, richiamando le loro responsabilità nei confronti della vita di ogni persona, così come delle tecnologie utili per migliorarne la qualità. Adottare e favorire in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso della dignità di ogni essere umano e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie e tecnologie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l’essere umano devono essere priorità politiche ed economiche. In questo senso, appare necessario rivedere il nostro approccio alla natura, che è il luogo in cui nasce e interagisce l’essere umano, la sua “casa”. Il cambiamento di mentalità in questo ambito e gli obblighi che ciò comporta devono permettere di giungere rapidamente a un’arte di vivere insieme che rispetti l’alleanza tra l’essere umano e la natura, senza la quale la famiglia umana rischia di scomparire. Occorre compiere una riflessione seria e proporre soluzioni precise e sostenibili; riflessione che non deve essere offuscata da interessi politici, economici o ideologici ciecamente di parte, che tendono in maniera miope a privilegiare l’interesse particolare rispetto alla solidarietà. È vero che la tecnica imprime alla globalizzazione un ritmo particolarmente accelerato, ma va ribadito il primato dell’essere umano sulla tecnica, senza il quale si rischia uno smarrimento esistenziale e una perdita del senso della vita. Il fatto che la tecnologia corra più in fretta di tutto il resto fa sì che spesso le sedimentazioni dei perché siano sistematicamente travolte dall’urgenza del come e non abbiano quindi il tempo di coagularsi. È dunque importante arrivare a coniugare la tecnica con una forte dimensione etica fondata sulla dignità dell’essere umano (cfr. Benedetto XVI, in occasione della presentazione collettiva delle Lettere Credenziali di alcuni Ambasciatori, 9 giugno 2011). In tale prospettiva, va sottolineato come la dignità dell’essere umano sia intimamente collegata ai diritti allo sviluppo, ad un ambiente sano e alla pace; questi tre diritti mettono in luce le dinamiche delle relazioni tra le persone, la società e l’ambien- te; ciò stimola la responsabilità di ogni essere umano verso se stesso, verso l’altro, verso la creazione e, in ultima istanza, verso Dio. Responsabilità che chiama in causa l’attenta analisi dell’impatto e delle conseguenze delle nostre azioni, con particolare attenzione ai più poveri e alle generazioni future. 2. La centralità dell’essere umano nello sviluppo sostenibile È quindi essenziale porre a fondamento della riflessione di Rio+20 il primo principio della Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, adottata alla Conferenza di Rio de Janeiro del giugno 1992, che, riconoscendo la centralità dell’essere umano, sancisce che «gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto di una vita sana e produttiva in armonia con la natura». Collocare il bene dell’essere umano al centro dell’attenzione per lo sviluppo sostenibile è, in realtà, la maniera più sicura per il suo conseguimento, così come per promuovere la salvaguardia della creazione; in tal modo, come detto, viene stimolata la responsabilità di ciascuno nei confronti degli altri, delle risorse naturali e del loro giudizioso utilizzo. D’altronde, partire dalla centralità dell’essere umano e della sua dignità porta ad evitare i rischi derivanti dall’adozione di un approccio riduzionista e inefficace di carattere neomalthusiano, che vede l’essere umano come ostacolo allo sviluppo sostenibile. Non vi è opposizione tra essere umano ed ambiente, ma esiste un’alleanza stabile ed inseparabile nella quale l’ambiente condiziona l’esistenza e lo sviluppo dell’essere umano, mentre quest’ultimo perfeziona e nobilita l’ambiente con la sua attività creativa, produttiva e responsabile. È tale alleanza che va rafforzata; un’alleanza che rispetti la dignità dell’essere umano fin dal suo concepimento; e qui è bene ribadire anche che l’espressione “equità di genere” significa l’eguale dignità tra uomini e donne. 3. Necessità di una revisione profonda e lungimirante dello sviluppo Negli ultimi 4 decenni si sono verificati cambiamenti molto significativi nell’ambito della comunità internazionale, basti pensare agli straordinari progressi nelle conoscenze tecnico-scientifiche che sono state applicate in settori strategici per l’economia e la società come quelli dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. Progressi straordinari che si scontrano con le distorsioni e i drammatici problemi dello sviluppo di molti Paesi, nonché con la crisi economico-finanziaria che gran L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Vent’anni di confronto La conferenza mondiale annuale dell’Onu su ambiente e sviluppo sostenibile che si svolgerà dal 20 al 22 a Rio de Janeiro arriva vent’anni dopo la prima edizione tenuta nel 1992 nella medesima città brasiliana (da qui il titolo di Rio+20) che pose le basi delle grandi convenzioni internazionali per la protezione dell’ambiente globale riguardo a clima, biodiversità e desertificazione. Nell’aprire ieri i lavori preliminari, il presidente brasiliano, Dilma Rousseff, ha sottolineato che l’attenzione per l’ambiente deve caratterizzare lo sviluppo di qualsiasi Paese e non può venir meno al primo segnale di crisi. Tra le prime proposte avanzate alla conferenza, c’è quella congiunta della Cina e del cosiddetto G77, del quale fanno parte 130 Paesi emergenti di America latina, Africa e Asia del sud, di costituire un fondo per progetti sostenibili dotato di 30 miliardi di dollari all’anno. parte dell’attuale società sta vivendo. Queste problematiche interpellano sempre più la comunità internazionale ad una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché ad una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 32). Partendo da questi presupposti, la Santa Sede, nel contesto del processo di Rio+20, intende soffermarsi in particolare su alcuni aspetti, che buto alla ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo tanto più significativo quanto più il dibattito che emergerà dalla Conferenza tenderà ad edificare tale modello di sviluppo sui suddetti principi. hanno chiare ripercussioni etiche e sociali sull’intera umanità. Un primo aspetto riguarda il fatto che questa ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo, alla quale intende contribuire anche Rio+20, deve essere permeata e ancorata su quei principi che sono capisaldi dell’effettiva tutela della dignità umana. Tali principi sono alla base della corretta implementazione di uno sviluppo che abbia una peculiare attenzione nei confronti delle persone in situazioni più vulnerabili e garantiscono quindi il rispetto della centralità dell’essere umano. Detti principi chiamano in causa: — la responsabilità, pure nei confronti del necessario cambiamento dei modelli di produzione e di consumo affinché siano specchio di un appropriato stile di vita; — la promozione e la condivisione del bene comune; — l’accesso ai beni primari, inclusi quei beni essenziali e fondamentali, come il nutrimento, l’educazione, la sicurezza, la pace, la salute; in quest’ultimo caso, va sempre ricordato che il diritto alla salute deriva dal diritto alla vita: l’aborto e la contraccezione sono strumenti che si oppongono gravemente alla vita e non possono essere considerate questioni di salute; la salute riguarda infatti la cura e non meri servizi: questa mercificazione delle cure sanitarie pone le problematiche tecniche al di sopra di quelle umane; — una solidarietà a dimensione universale, capace di riconoscere l’unità della famiglia umana; — la salvaguardia del creato, a sua volta connessa con l’equità inter-generazionale; d’altronde, la solidarietà intergenerazionale richiede di prendere in considerazione le abilità delle generazioni future a superare le difficoltà dello sviluppo; — l’equità intra-generazionale, che è intimamente collegata alla giustizia sociale; — la destinazione universale non solo dei beni ma anche dei frutti dell’attività umana. Questi principi dovrebbero fare da collante di quella “visione condivisa” che illumina il cammino di Rio+20 e del post-Rio+20. D’altronde, Rio+20 potrebbe dare un contri- tanto è concorrente alla definizione di regole e forme istituzionali. Una corretta sussidiarietà può consentire ai poteri pubblici, dal livello locale sino alla più vasta dimensione mondiale, di operare in maniera efficace per la valorizzazione di ogni persona, per la salvaguardia delle risorse e per la promozione del bene comune. Tuttavia, il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 58). E questo va ancora più rimarcato nelle riflessioni di carattere internazionale come quelle di Rio+20, dove l’attuazione di questi due principi va tradotta nell’adozione di meccanismi volti a contrastare le iniquità esistenti tra e all’interno degli Stati e quindi a favorire: il trasferimento di tecnologie appropriate a livello locale, la promozione di un sistema commerciale globale più equo e inclusivo, il rispetto degli impegni presi nei confronti dell’aiuto allo sviluppo, l’individuazione di nuovi e innovativi strumenti finanziari che pongano al centro della vita economica la dignità umana, il bene comune e la salvaguardia del creato. Nell’ambito dell’applicazione del principio di sussidiarietà, è importante inoltre riconoscere e valorizzare il ruolo della famiglia, cellula fondante della nostra società umana come sancito dall’Art. 16 della Dichiarazione dei Diritti Umani. Inoltre, essa è l’ultima linea di difesa del principio di sussidiarietà contro i totalitarismi. È, infatti, nella famiglia che comincia quel fondamentale processo educativo di crescita di ogni persona, nel quale i suddetti principi possono essere assimilati e trasmessi alle generazioni future. D’altronde, è in seno alla famiglia che l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona (cfr. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n. 39). GIOVANNI MARIA VIAN don Sergio Pellini S.D.B. Carlo Di Cicco Segreteria di redazione direttore responsabile vicedirettore 00120 Città del Vaticano [email protected] Antonio Chilà http://www.osservatoreromano.va TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE «L’OSSERVATORE ROMANO» Piero Di Domenicantonio redattore capo redattore capo grafico direttore generale telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Gaetano Vallini segretario di redazione 4. Il principio di sussidiarietà e il ruolo della famiglia Un altro principio fondamentale è quello della sussidiarietà, quale rafforzamento di quella governance internazionale dello sviluppo sostenibile, che è uno dei principali oggetti di discussione di Rio+20. Oggi, il principio di sussidiarietà, anche nella Comunità internazionale, è sempre più considerato come strumento regolatore delle relazioni sociali e per- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va La discussione sul “quadro internazionale per lo sviluppo sostenibile” dovrebbe essere quindi ancorata ad un principio di sussidiarietà, che valorizzi in pieno il ruolo della famiglia, unito a quello di solidarietà, avendo come elementi fondanti il rispetto della dignità umana e la centralità dell’essere umano. 5. Lo sviluppo sostenibile come parte dello sviluppo umano integrale Un terzo aspetto che intende promuovere la Santa Sede nel quadro del processo di Rio+20 è il collegamento tra lo sviluppo sostenibile e lo sviluppo umano integrale. Accanto al benessere materiale e sociale devono essere considerati i valori etici e spirituali che orientano e danno significato alle scelte economiche e quindi al progresso tecnologico, visto che ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale. La sfera tecnico-economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, nn. 36 e 37). Certo, questa è una sfida complessa, ma, d’altronde, va sostenuta l’importanza di passare da uno sviluppo meramente economico ad uno sviluppo integralmente umano nelle sue dimensioni: economica, sociale ed ambientale (cfr. Angelus di Giovanni Paolo II del 25 agosto 2002, la domenica precedente l’inizio del Vertice di Johannesburg) che parta dalla dignità di ogni persona. Ciò vuol dire ancorare sempre più i tre pilastri dello sviluppo sostenibile ad una dimensione etica fondata, appunto, sulla dignità umana. Tale sfida può essere concretamente affrontata nell’avvio di quel processo volto all’individuazione di una serie di “Obiettivi dello sviluppo sostenibile” – Sustainable Development Goals, promuovendo un lavoro di innovazione sulla modulazione di vecchi e nuovi indicatori dello sviluppo nel breve e nel lungo periodo; indicatori capaci di individuare in maniera efficace il miglioramento o meno negli aspetti non solo economici, sociali o ambientali dello sviluppo sostenibile, ma anche in quelli etici, chiamando in causa risorse e bisogni, nonché l’accesso a beni e servizi, sia materiali che immateriali. 6. L’economia verde e lo sviluppo umano integrale Un quarto ambito di interesse per la Santa Sede riguarda l’economia verde. Come messo in luce dal dibattito svoltosi durante gli incontri preparatori a Rio+20, non mancano preoccupazioni nei confronti di una transizione verso l’“economia verde”. Questo concetto, che fatica a trovare una chiara definizione, potenzialmente potrebbe dare un importante contributo alle cause della pace e della solidarietà internazionali. È tuttavia importante che sia applicato in modo inclusivo, orientandolo chiaramente alla promozione del bene comune e allo sradicamento locale della povertà, elemento essenziale per il conseguimento dello sviluppo sostenibile. Va altresì accuratamente evitato che l’economia verde dia luogo a nuove forme di “condizionamenti” del commercio e dell’assistenza internazionale, diventando una forma nascosta di “protezionismo verde”. Ma è altrettanto importante che l’economia verde abbia come focus principale lo sviluppo umano integrale. In tale prospettiva, e alla luce dell’individuazione di modelli di consumo e di produzione appropriati, l’economia verde può diventare uno strumento rilevante per promuovere un lavoro decente, capace di favorire una crescita economica rispettosa non solo dell’ambiente, ma anche della dignità dell’essere umano. È auspicio della Santa Sede che quanto emergerà da Rio+20 sia considerato non solo un buon risultato ma anche e soprattutto un risultato innovativo e capace di guardare al futuro, contribuendo al benessere materiale e spirituale di tutte le persone, delle loro famiglie e comunità. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Venerdì 8 giugno corrente, nella Green Hall del Palazzo del Governo a Vilnius, è stato sottoscritto un Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica di Lituania, relativo al riconoscimento reciproco delle qualifiche riguardanti l’insegnamento superiore (Agreement on the Recognition of Qualifications Concerning Higher Education). Hanno firmato: per la Santa Sede l’Ecc.mo Mons. Luigi Bonazzi, Nunzio Apostolico in Lituania, e per la Repubblica di Lituania Sua Eccellenza Audronius Ažubalis, Ministro degli Affari Esteri. Assistevano al solenne atto: per parte della Santa Sede: S.Em.za il Cardinale Audrys Juozas Bačkis, Arcivescovo di Vilnius; S.E. Mons. Sigitas Tamkevičius, Arcivescovo di Kaunas e Presidente della Conferenza Episcopale della Lituania; S.E. Mons. Rimantas Norvila, Vescovo di Vilkaviškis; S.E. Mons. Eugenijus Bartulis, Vescovo di Šiauliai; S.E. Mons. Gintaras Grušas, Ordinario Militare della Lituania e Segretario Generale della Conferenza Episcopale; S.E. Arūnas Poniškaitis, Vescovo Ausiliare di Vilnius; Rev.do Don Ričardas Doveika, Sotto-Segretario della Conferenza Episcopale; Padre Gintaras Vitkus, S.I., Provinciale dei Gesuiti in Lituania; Sig. Vygantas Malinauskas, Consigliere giuridico della Conferenza Episcopale, e Sig. Paulius Subačius, Presidente dell’Accademia Cattolica Lituana delle Scienze; per parte della Repubblica di Lituania: Sig. Andrius Kubilius, Primo Ministro della Repubblica di Lituania; Sig. Deividas Matulionis, Cancelliere del Primo Ministro; Sig. Ramojus Kraujelis, Capo Archivista della Lituania; Sig. Egidijus Meilūnas, Vice-Ministro degli Affari Esteri; Sig.ra Audra Mikalauskaitė, Vice-Ministro degli Affari Sociali e del Lavoro; Sig.ra Nerija Putinaitė, Vice-Ministro dell’Educazione; Sig. Gediminas Rutkauskas, Vice-Ministro della Cultura; Sig. Tomas Vaitkevičius, Vice-Ministro della Giustizia; Sig. Vytautas Umbrasas, Vice-Ministro della Difesa; Sig.ra Rosita Jonušaitė, della Sezione degli Affari Bilaterali e Istituzionali del Ministero degli Affari Esteri; Sig.ra Aurelija Širkaitė, della Sezione Relazioni Internazionali del Ministero dell’Educazione, e Sig.ra Diana Varnaitė, Direttrice del Dipartimento del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura. La stipulazione dell’Accordo è in sintonia con la Convenzione di Lisbona sull’omonimo tema (1997) che, tra i vari obiettivi, contempla quello di favorire il mutuo riconoscimento dei periodi e dei titoli di studio dell’insegnamento superiore. Detto riconoscimento serve, fra l’altro, per facilitare la mobilità degli studenti e la libera circolazione, nell’ambito dell’educazione superiore, nella regione europea. Inoltre, l’Accordo s’inserisce negli obiettivi del Processo di Bologna, a carattere europeo, che ha realizzato uno Spazio Comune dell’Istruzione Superiore (European Higher Education Area - EHEA), coinvolgendo attualmente 47 Paesi europei, tra cui la Santa Sede, con il sostegno di alcune organizzazioni internazionali. Il presente Accordo, oltre a definire i termini principali che utilizza e il suo campo di applicazione, stabilisce le regole, le procedure e gli strumenti per garantire il riconoscimento degli studi superiori. Esso perfeziona il quadro giuridico delle mutue relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica di Lituania, già regolate dai tre Accordi firmati il 5 maggio 2000: sulla cooperazione in campo educativo e culturale; sugli aspetti giuridici delle relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato e sull’assistenza pastorale ai cattolici nelle Forze Armate. Il presente Accordo entrerà in vigore nel giorno in cui entrambe le Parti avranno informato di avere adempiuto le rispettive procedure legali interne. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vice direttore generale Sede legale Via Monte Rosa, 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese Assicurazioni Generali S.p.A. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 15 giugno 2012 pagina 3 In Tunisia condannato all’ergastolo Ben Ali Dopo la missione di Lavrov Ottimismo di Teheran per il dialogo sul nucleare TEHERAN, 14. Il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, si è detto ottimista sull’esito dei colloqui che si terranno la settimana prossima a Mosca sul programma nucleare iraniano. In una conferenza stampa con il collega russo, Serghiei Lavrov, il capo della diplomazia iraniana ha ammesso che c’è ogni tanto «un’accelerazione» e un «rallentamento» ma «sono ottimista riguardo all’esito finale». Salehi ha confermato che Iran e il gruppo cinque più uno (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina; più la Germania) hanno concordato l’agenda dei lavori del 18 e 19 giugno a Mosca e che l’Iran si avvicina all’incontro in modo costruttivo. «È una questione complessa e dobbiamo essere pazienti ma siamo sulla strada giusta», ha detto fra l’altro Salehi. Dal canto suo, riferisce l’agenzia iraniana Fars, il ministro degli Esteri russo si è pronunciato ancora una volta contro sanzioni unilaterali contro l’Iran aggiungendo che secondo il Cremlino queste sanzioni non sono né costruttive né positive. Oltre che quello con Salehi, il capo della diplomazia russa ha avuto ieri un colloquio anche con il capo negoziatore per il nucleare iraniano, Saeed Jalili, il quale ha ribadito che «la strategia della pressione» perseguita dall’O ccidente nei colloqui «è finita» e se il gruppo cinque più uno vuole ottenere qualche risultato «deve lavorare sulla base del dialogo e della cooperazione». Dal canto suo, il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, pur confermando una flessibilità nel dialogo, ha ribadito la fermezza sul diritto al nucleare civile di Teheran. Aung San Suu Kyi alla conferenza dell’Ilo di Ginevra GINEVRA, 14. Esordio pubblico in Europa dopo quasi 25 anni per Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione in Myanmar. Oggi, il premio Nobel per la pace è intervenuta all’annuale conferenza ministeriale dell’Ilo, Organizzazione internazionale del lavoro, al Palazzo delle Nazioni di Ginevra, dove è stata accolta dal presidente dell’organizzazione, Juan Somavia, e da una vera e propria ovazione degli oltre quattromila delegati in rappresentanzqa di 185 Paesi. Nel suo discorso, Aung San Suu Kyi ha lanciato un appello a investire nel Myanmar per sostenere il recente processo di democratizzazione e soprattutto i tanti giovani disoccupati del Paese, vittime di una carenza educativa. Secondo il premio Nobel per la pace, un efficace coordinamento delle politiche economiche, politiche e sociali potrà «spingere il Paese sulla strada dell’ottimismo e del successo» L’appello è stato di fatto già accolto dall’Ilo, che per festeggiare il ritorno sulla scena politica internazionale di Aung San Suu Kyi, ha deciso di togliere dopo un decennio le restrizioni punitive nei confronti del Myanmar. L’Ilo ha definito tale decisione come un riconoscimento dei progressi compiuti dal nuovo Governo civile del Paese del sudest asiatico, inclusa una nuova legge sui sindacati e sul diritto allo sciopero, e dell’impegno a porre fine al lavoro forzato entro il 2015. La decisione dell’Ilo potrebbe aprire la porta a una riduzione delle tariffe sulle importazioni del Myanmar nell’Unione europea. Quella in Svizzera è la prima tappa del viaggio di sedici giorni in Europa di Aung San Suu Kyi. Sabato, il leader dell’opposizione del Myanmar andrà a Oslo, in Norvegia, per la consegna formale del premio Nobel per la pace, del quale fu insignita nel 1991 quando si trovava già in carcere nel suo Paese. I ministri degli Esteri Somanahalli Mallaiah Krishna e Hillary Clinton (Reuters) Incontro a Washington tra il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri di New Delhi Cooperazione tra Stati Uniti e India WASHINGTON, 14. L’esigenza di una sempre più forte cooperazione fra Stati Uniti e India è stata richiamata con forza dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e dal ministro degli Esteri di New Delhi, Somanahalli Mallaiah Krishna, nel corso di una conferenza stampa congiunta, svoltasi ieri a Washington. Nell’occasione il capo della diplomazia statunitense ha salutato con favore l’annuncio dell’accordo preliminare firmato dal gruppo statunitense di equipaggiamento nucleare Westinghouse, filiale del conglomerato giapponese Toshiba, per lo sviluppo di reattori nucleari, con il gruppo indiano Nuclear Power. Tale accordo è stato definito da Hillary Clinton «un passo significativo» verso la realizzazione di un patto di cooperazione siglato da Stati Uniti e India nel 2008. Clinton ha comunque osservato che su questo versante «resta ancora molto lavoro da fare». Nel corso della conferenza stampa il capo della diplomazia statunitense ha tenuto a evidenziare l’importanza di un dialogo aperto e costruttivo con l’India: un dialogo che abbracci non solo temi bilaterali, ma anche le questioni che caratterizzano l’intero scenario internazionale. Clinton ha fatto riferimento ai temi della sicurezza, agli im- perativi economici, ai valori democratici, alle dinamiche diplomatiche. Nell’ambito strettamente economico, il segretario di Stato americano ha detto che i due Paesi hanno compiuto progressi: basti pensare agli investimenti, alle iniziative riguardo al mondo degli affari. L’obiettivo, adesso, è quello di creare le condizioni perché gli investimenti possano svilupparsi con sempre maggiore vigore. L’incontro tra Clinton e Mallaiah Khishna è poi servito a ribadire la necessità di accomunare forze e risorse a sostegno della lotta contro il terrorismo: una minaccia, questa, che riguarda tutti e che, di conseguenza, richiede un fronte comune ben serrato e coeso. Durante la conferenza stampa si è posto l’accento sulla situazione in Afghanistan e nella regione in generale. È stata confermata la volontà, sia di Washington, sia di New Delhi, di aiutare con determinazione la causa afghana, nella chiara consapevolezza che dalla stabilità dell’Afghanistan dipende non poco la stabilità dell’intera area, ancora profondamente segnata dalle sanguinose violenze scatenate dai miliziani. Il ministro degli Esteri indiano si è detto particolarmente soddisfatto riguardo alla prospettiva Tensione in Egitto alla vigilia del voto di un rafforzamento dei legami tra India e Stati Uniti, dall’ambito nucleare a quello dell’economia, dal contesto dell’energia a quello della lotta contro il terrorismo. E dal canto suo il capo della diplomazia indiana ha tenuto a sottolineare quanto sia importate distruggere i «rifugi» per i terroristi, sia in territorio afghano, sia in quello pakistano. Del resto l’India, ricordano gli osservatori, non può non seguire con particolare attenzione gli sviluppi della situazione nell’Afpak, area dalla quale passano inevitabilmente le dinamiche politiche e diplomatiche dell’intera regione. E in passato, più volte, l’India, ricordano gli analisti, ha invitato sia Islamabad, sia Kabul a fare di più per combattere il terrorismo all’interno dei rispettivi territori. Il ministro degli Esteri indiano ha detto, tra l’altro, che il dialogo strategico con gli Stati Uniti permette all’India di avere una certa visibilità e un certo peso nell’ambito dell’intero scenario internazionale. Da ricordare che Hillary Clinton, agli inizi di luglio, compirà una missione in Asia. Prima tappa, la Corea del Sud. Successivamente il capo della diplomazia americana si recherà in Giappone e in Cambogia. Altri raid contro Al Qaeda nel sud dello Yemen SAN’A, 14. Una trentina di persone sono rimaste uccise in due diversi raid aerei compiuti ieri contro postazioni di Al Qaeda nella provincia yemenita di Shabwa, nel sudest del Paese. A riferirlo è stato il comandante militare della provincia, generale Ahmed Al Maqdashi. Qualche ora prima le autorità locali avevano riferito di un attacco messo in atto da un drone statunitense che centrando un’abitazione e un’auto aveva ucciso nove miliziani. Le milizie fondamentaliste di Al Qaeda sono in fuga dopo la vittoriosa offensiva dell’esercito yemenita che in questa settimana ha riconquistato le città di Jaar e di Zinjibar capoluogo del- la provincia di Abyan in mano dal maggio del 2011 dei terroristi. Dallo scorso 12 maggio, oltre ventimila soldati appoggiati dall’aviazione e dai droni (aerei senza piloti) hanno lanciato una vasta offensiva nel sud dello Yemen per riprendere le posizioni che i qaedisti approfittando dei mesi di proteste nei confronti dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, hanno occupato facendone le loro roccaforti. Dall’inizio dell’offensiva, sono stati uccise almeno 515 persone, tra cui 398 qaedisti, 72 militari, 26 miliziani locali pro regime e 19 civili. Inoltre l’esercito ha sequestrato ai terroristi armi, munizioni e mezzi. TUNISI, 14. Zine El Abidine Ben Ali, ha subito ieri due condanne, la prima a vent’anni di reclusione, la seconda all’ergastolo. Condanne che per lui non significheranno granché perché, dopo la fuga in Arabia Saudita (dove ancora vive), il 14 gennaio dello scorso anno, è già stato giudicato in contumacia, così come negli altri processi (per malversazioni) per i quali ha collezionato già una novantina di anni di reclusione. Le accuse di ieri riguardavamo, in entrambi i processi (celebrati in due differenti tribunali militari, a Tunisi e a Kef), la repressione dei moti della rivolta e le decine di morti che essa provocò in alcune città come Thala, Kasserine e Ouardanine. A Tunisi, per i morti della notte tra il 15 e il 16 gennaio dello scorso anno a Ouardanine, Ben Ali è stato condannato a vent’anni di reclusione. Per le vittime della repressione a Thala e Kasserine, tra l’8 e il 12 gennaio sempre del 2011, la condanna è stata al carcere a vita. Con lui è stato condannato a dodici anni di reclusione l’ultimo ministro degli Esteri del suo regime, Rafik Belhaj Kacem, che gli è stato fedelmente accanto sino alla fine e mai lo ha rinnegato. Kacem ha assistito al procedimento in stato di reclusione, detenuto come è, insieme ad altri esponenti del regime, nella caserma della Gendarmeria di Alaouina (a nord di Tunisi), trasformata in una prigione. Disordini tribali nell’ovest della Libia TRIPOLI, 14. Almeno 14 persone sono rimaste uccise e altre 89 ferite in due giorni di combattimenti tribali nella zona delle montagne di Nefussa, vicino a Zintan, a sudest di Tripoli, nell’ovest della Libia, secondo quanto comunicato dal Consiglio nazionale di transizione libico in una conferenza stampa. Sul posto sono state inviate «unità dell’esercito nazionale», ha detto il portavoce del Governo di Tripoli, Nasser Al Manaa, che ha invitato le parti in causa alla moderazione. La situazione nel Paese, dopo la fine del regime di Gheddafi, resta ancora difficile e complessa a poche settimane dal voto per l’Assemblea costituente. Gli scontri vedono uno contro l’altro i membri delle tribù di Gontrar e della cittadina di Zintan a quelli di Mashashia, accusata di aver sostenuto Gheddafi, dicono fonti fra loro concordanti. Intanto, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha espresso «profondo rammarico» per la detenzione di Melinda Taylor, giunta la scorsa settimana in Libia con una delegazione della Corte penale internazionale e arrestata dopo aver incontrato in carcere il figlio di Gheddafi, con l’accusa di aver provato a consegnare a Saif Al Islam una lettera in codice di Mohammed Ismail, attualmente ricercato. Khartoum rifiuta un arbitrato internazionale su petrolio e confini proposto da Juba Migliaia di profughi sudanesi stremati La sede della suprema Corte costituzionale presidiata dalla polizia (La Presse/Ap) IL CAIRO, 14. Si chiude con una bordata di accuse fra i due candidati rivali la campagna elettorale per le prime elezioni presidenziali del post-Mubarak in Egitto. Ahmad Shafiq, ultimo premier sotto l’ex presidente Mubarak, e il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Mursi, si sono lanciati attacchi per giorni nella speranza di dimostrare di essere la scelta migliore per gli ottanta milioni di egiziani dopo la rivolta dello scorso anno. Le elezioni si tengono in un clima reso più teso dalla sentenza del processo Mubarak e dalle voci di un aggra- vamento delle condizioni di salute dell’ottanquatrenne ex presidente ricoverato da oltre dieci giorni nell’ospedale della prigione di Tora. Intanto, la Corte costituzionale egiziana è riunita per l’attesa udienza sulla legge che impedisce ai vertici dell’ex regime di rientrare in politica e che riguarda da vicino il candidato alla presidenza e ultimo premier di Mubarak, Ahmad Shafiq. I giudici, arrivati questa mattina sotto pesante scorta, devono anche stabilire la costituzionalità della legge elettorale. Blindati dell’esercito circondano tutto l’edificio. JUBA, 14. Un numero sempre crescente di rifugiati stanno arrivando in Sud Sudan dalle zone di confine contese con il Sudan. L’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) denuncia che i campi d’accoglienza in territorio sudsudanese, compresi quelli nella capitale Juba, sono sovraffollati, senz’acqua e non in grado di garantire adeguata assistenza. La situazione negli Stati dell’Upper Nile e Unity — scrive Msf — si sta rapidamente trasformando in una vera e propria crisi: l’acqua inizia a scarseggiare e i ripari sono del tutto insufficienti. L’assistenza medica non basta e mancano rifugi, cibo e acqua per chi arriva già debilitato». Nello Stato di Unity, il campo rifugiati di Yida è notevolmente cresciuto negli ultimi due mesi raggiungendo una popolazione di circa cinquantamila persone, con un migliaio di nuovi arrivi ogni giorno. Sul piano politico, intanto, il Governo sudanese ha respinto la proposta di quello sudsudanese di affidare alla Corte permanente di arbitrato dell’Aia la soluzione di dispute sulla delimitazione dei confini tra i due Paesi. «Questa proposta fa venir meno la fiducia di Khartoum verso il rispetto da parte di Juba di quanto è stato concordato con l’accordo di pace di Naivasha del 2005», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri sudanese, Obaid Ahmed Murawah. La Corte permanente di arbitrato è un’organizzazione internazionale istituita nel 1899 per fornire mediazioni nelle controversie fra gli Stati. Ha sede all’Aja nello stesso palazzo della Corte internazionale di giustizia. L’arbitrato richiede che le due parti si rivolgano insieme alla Corte per ogni disputa, e non consente che sia una sola delle due parti a ricorrervi. Il portavoce di Khartoum ha esclu- so che il suo Governo intenda di rivolgersi alla Corte internazionale di arbitrato. Ad Addis Abeba, sono ripresi la scorsa settimana i negoziati tra le due parti, con la mediazione dell’Unione africana, sui contrasti lasciati irrisolti dalla proclamazione dell’indipendenza sudanese, lo scorso 9 luglio, soprattutto riguardo la definizione dei confini e la ripartizione dei proventi dall’estrazione e dell’esportazione del petrolio. Da mesi continuano scaramucce, confronti militari e dispute intense tra i due Governi, che si accusano reciprocamente di violazioni degli accordi. Per quanto riguarda i proventi dal petrolio, Khartoum intende mantenere la divisione che venne stabilita, in via provvisoria. con gli accordi del 2005, mentre Juba intende gestire in proprio le perforazioni, limitandosi a pagare a Khartoum l’uso degli oleodotti. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 La festa del Sacro Cuore di Gesù e il mistero della Croce Il cardinale Bertone ha inaugurato in Polonia il primo Centro Studi Ratzinger Quella ferita che non si rimargina I figli di Bronisław vanni, 7, 37-39). Ora invece dal fianco aperto di Cristo esaltato sulla croce, strumento di supplizio e trofeo di gloria, dopo il sangue dell’immolazione, fluisce l’acqua dello Spirito. E, così, si avverano le parole di Gesù sui fiumi d’acqua che sgorgano dal suo grembo. «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me», aveva affermato (Giovanni, 12, 32). Sul Calvario egli appare nella solenne maestà della morte, levato in alto e vulnerato: e su di lui si posa lo sguardo di coloro che lo hanno trafitto, ossia di tutta l’umanità, La lezione non scritta del beato che non riuscì mai a diventare sacerdote il battesimo e l’altro l’Eucaristia, che sono i sacramenti principali» (Summa Theologiae, III, q, 62, 5, c). a festa in onore del SaDallo stesso fianco è quindi, coi cro Cuore ci fa rivolgesacramenti, scaturita la Chiesa, core lo sguardo alla Crome già Eva dalla costola di Adace, dove Gesù ha versamo. Ed è ancora il pensiero di to il suo Sangue ed efTommaso: «Dal costato di Cristo fuso il suo Spirito e quindi alla dormiente sulla croce sono scatucarità del Crocifisso da cui è scariti i sacramenti, cioè il sangue e turita la salvezza ed è nata la l’acqua da cui è formata la ChieChiesa. Com’è detto nella Lettera sa» (Summa Theologiae, I, 92, 3, c); agli Efesini: Cristo «ha amato la «Come dal fianco di Cristo dorChiesa e ha dato se stesso per lei» miente sulla croce sono usciti il sangue e l’acqua, con cui viene (Efesini, 5, 25). consacrata la Chiesa, così dal fianGiovanni, specialmente attento co di Adamo doral senso simbolico e miente è stata formaalla dimensione “prota la donna, che prefetica” degli eventi figura la stessa Chiedel Signore, scrive sa» (Super evangelium che i soldati, dopo Ioannis, 19, 5, n. che Gesù ebbe «con2448). segnato il respiro viGià sant’Ambrogio tale» (Giovanni, 19, 30), «venuti da Gesù, lo aveva notato: vedendo che era già «Quando il soldato morto, non gli spezaprì il fianco a Crizarono le gambe, ma sto, subito ne uscì uno di essi con una l’acqua e il sangue, lancia gli colpì il versato per la vita del fianco, e subito ne mondo. Questa vita uscì sangue e acqua» del mondo è la costa (19, 33-14). di Cristo, questa è la E aggiunge: a Gecosta del secondo sù, l’Agnello di Dio Adamo (...) La costa crocifisso, nessun osdi Cristo è la vita so è spezzato, perché della Chiesa» (Expositio evangelii secunsi compia la Scrittura dum Lucam, II, 86). (Esodo, 12, 46), mentre ne viene trafitto il La festa liturgica costato, ancora perdel Sacro Cuore, che potremmo anche ché si attui la profechiamare festa del zia di Zaccaria: «VolCuore trafitto e apergeranno lo sguardo a to — o della «ferita colui che hanno trache non si rimarginefitto» (Zaccaria, 12, 10). Afferma il misterà più» (Paul Claurioso testo del profedel, Hymne du SacréCœur) — ci riporta ta: «Riverserò uno così alla carità di Gespirito di grazia e di sù, che ha redento il consolazione: guardemondo con la sua ranno a me, colui che immolazione e lo ha hanno trafitto». Meister Francke, «Der Schmerzensmann» (1435 circa) Da quella trafittura rinnovato col dono sgorgarono subito del suo Spirito. Ma sangue e acqua, annota puntual- che con il suo peccato lo ha colpi- quel sangue e quell’acqua non mente l’evangelista, dichiarandosi to e che dai doni di quella ferita è hanno cessato di sgorgare: essi testimone verace. È come dire che redenta. zampillano incessantemente nei La salvezza del mondo viene da sacramenti, e sono destinati a ediai suoi occhi, teologicamente penetranti, non si tratta di un parti- questa compunta contemplazione ficare la Chiesa. colare trascurabile, ma di un avve- del Crocifisso nel cui cuore squarE la considerazione è importannimento denso di significato cri- ciato è raccolto tutto l’amore divi- te, per farci comprendere che i sastologico: il sangue, anzitutto, in no. In realtà, da sempre ogni gra- cramenti non sono una iniziativa cui è rappresentato il sacrificio di zia ha la sua fonte nel cuore di degli uomini. Cristo ne è l’autore. Cristo, che «ci monda da ogni Cristo, segno e ritrovo di tutta la Dove essi vengono celebrati, là è peccato» (1 Giovanni, 1, 7); e l’ac- tenerezza misericordiosa di Dio, presente e agisce la passione di qua che designa lo Spirito, del che aveva proclamato in Osea: Gesù; là oggi ancora egli apre il «Quando Israele era fanciullo, io suo costato: di fronte al rischio di quale il Signore è la fonte. Lo stesso evangelista aveva ri- l’ho amato e dall’Egitto ho chia- intenderli come gesti umani, tromato mio figlio. A Efraim io inse- vati da noi. cordato il grido di Gesù nell’ultignavo a camminare, tenendolo per Di conseguenza è opera di Crimo e solenne giorno alla festa del- mano Io li traevo con legami di le Capanne: «Se qualcuno ha sete, bontà, con vincoli d’amore, ero sto la Chiesa, da lui di continuo plasmata nei segni sacramentali, venga a me, e beva chi crede in per loro come chi solleva un bimme. Come dice la Scrittura: “D al bo alla sua guancia. Il mio cuore in cui essa ritrova inesausta la virtù del suo Sangue e la risorsa pesuo grembo sgorgheranno fiumi si commuove dentro di me, il mio renne del suo Spirito. E anche d’acqua viva”». Cristo chiama a sé intimo freme di compassione. Li questo è urgente capire, perché guarirò e li amerò profondamenripetendo la chiamata e la promesnon ci avvenga di smarrire il misa della Sapienza: «La Sapienza te» (Osea, 11, 1. 3-4. 8; 14, 5). Ma, se il sangue raffigura la stero della Chiesa, che sorge ed è grida: “Ecco io effonderò il mio morte redentrice e l’acqua è im- custodita dal Crocifisso, al quale spirito su di voi”» (Proverbi, 2, 23) magine dello Spirito di vita, tra- sta immensamente a cuore. Essa, e rinnovando l’invito di Isaia: «O spare allora il riferimento ai sacra- infatti, gli è legata dai vincoli voi tutti assetati, venite all’acqua» menti principali: l’Eucaristia, nella sponsali, che non si spezzeranno (Isaia, 55, 1). quale si mangia il Corpo e si beve mai, poiché unica è la carne di Ma ecco il commento di Gio- il sangue di Cristo, e il Battesimo, Cristo e della Chiesa. Certo, si vanni: «Questo egli disse dello che è rinascita nello Spirito. «Dal potrebbe osservare che questi soSpirito che avrebbero ricevuto i fianco di Cristo pendente sulla no discorsi inconsueti, lontani dalcredenti in lui: infatti non vi era croce — scrive Tommaso alla scuo- la diffusa conversazione cristiana, ancora lo Spirito, perché Gesù la dei Padri — sono defluiti l’ac- e anomali nell’attuale riflessione non era ancora glorificato» (Gio- qua e il sangue, l’una riguardante teologica. di INOS BIFFI L venerdì 15 giugno 2012 dal nostro inviato SILVIA GUIDI Quelle tracce di sangue sul muro proprio non se ne volevano andare. Neanche passando più mani di vernice, o raschiando l’intonaco; è stato necessario abbattere la chiesa dei gesuiti, nella piazza centrale, per far sparire quel segno, fastidioso come un grido, che continuava a riaffiorare dalle pietre, impresso dalla mano di un ragazzo durante la fucilazione. La storia della distruzione da parte dei nazisti del collegio dei gesuiti di Bydgoszcz, uno dei capoluoghi del voivodato della CuiaviaPomerania, è una leggenda che potrebbe nascondere una buona parte di verità: il 4 settembre del 1939, pochi giorni dopo l’invasione tedesca della Polonia, vennero trucidate più di mille persone, comprese alcune dozzine di scout dell'età di 12-16 anni. Migliaia di altri deportati sarebbero morti qualche anno più tardi nei campi di sterminio nazisti. La «Caritas in veritate» ci aiuta a entrare nel tessuto dei nostri giorni e capire il presente trasformandoci da cronisti distratti in costruttori di realtà Molte volte nella storia, la testimonianza cristiana è arrivata fino al sangue tra i placidi canali della “piccola Venezia” attraversata dal fiume Brda; in questa città Jerzy Popiełuszko ha celebrato la sua ultima messa prima di essere rapito ed ucciso, il 19 ottobre 1984. Non è facile cancellare le tracce del male compiuto, tanto meno annullare la misteriosa fecondità che scaturisce dal sacrificio di sè liberamente accettato per amore, come insegna la storia di Bronisław Kostkowski, beatificato da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 insieme ad altre 107 vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca durante l’occupazione tedesca. Morto a 27 anni, Bronisław non è mai stato ordinato sacerdote. Il suo seminario, dopo la cattura da parte della Gestapo, il 7 novembre del 1939, è stato sui generis, itinerante da un lager all’altro: dal convento salesiano di Ląd, trasformato in campo di internamento per ecclesiastici — ai verfluchte Pfaffe, i “dannati preti” era riservato un trattamento particolarmente crudele — è proseguito nei campi di Szczeglin e Sachsenhausen, per concludersi tragicamente a Dachau nell’agosto del 1942. Di lui non resta nessuna reliquia — il suo corpo è stato bruciato nei forni crematori del lager e sua madre ha usato la stoffa della sua talare, che i compagni sopravvissuti avevano riportato da Dachau, per confezionare l’abito della sua sepoltura — ma «dove un santo ha abitato (...) il luogo è santo, e la santità non si partirà mai di là. Se pure dagli eserciti sarà calpestato» scrive Eliot nel celebre Murder in the Cathedral: il liceo dove Bronisław ha studiato e ha detto il suo primo sì alla chiamata di Gesù — pagata subito con la bocciatura alla maturità, voluta da un professore che aveva saputo della sua vocazione — è oggi il Seminario Maggiore della diocesi di Bydgoszcz. Nella stessa città, presso l’università Kujawy e Pomorze, è stato appena inaugurato, l’11 giugno scorso, un Centro Studi Ratzinger, con lo scopo di rendere continuità educativa il pensiero teologico di Benedetto XVI. Alla cerimonia, presieduta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, è seguito un convegno sulla Caritas in veritate, «Etica ed economia alla luce dell’insegnamento di Benedetto XVI». Non è nella riuscita apparente che sta il valore di una vita; la realtà è più vasta della frontiera del visibile e delle limitate categorie umane; le due lezioni non scritte che il beato Kostkowski ha lasciato ai suoi fratelli nella fede non sono mai state così attuali e utili. La nostra epoca è malata di astrazione, la ricchezza stessa è diventata virtuale, come dimostrano le “nubi tossiche” che contaminano l’economia mondiale: il ministro Giulio Tremonti, durante il suo intervento, ha mostrato la selva di parentesi e simboli che costituiscono la schema di un derivato per far capire quanto le attuali rendite finanziarie siano lontane dalla concretezza dei capita di bestiame che costituiscono la radice etimogica della parola “capitalismo”. Non c’è antidoto all’astrazione più potente della carità («alla filantropia bastano un assegno e una fotografia, mentre la carità esige la prossimità fino alla boxe» ha scritto recentemente il filosofo Fabrice Hadjadj), anche per questo «la Caritas in veritate ci aiuta ad entrare nel tessuto dei nostri giorni, trasformandoci da cronisti distratti in costruttori di realtà» ha ribadito monsignor Giuseppe Antonio Scotti, presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger Benedetto XVI, introducendo e concludendo i lavori del convegno che ha visto, tra gli al- Bronisław Kostkowski (a sinistra del sacerdote) con altri compagni di ginnasio tri, i contributi di Achim Buckenmaier (Pontificia Università Lateranense), Flavio Felice (Pontificia Università Lateranense, presidente del Centro Studi Tocqueville-Acton), monsignor Mario Toso, vescovo segretario del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, il cistercense Justinus C. Pech (Hochschule Benedikt XVI., Heiligenkreuz) e don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana. «La mutilazione della ragione distrugge la politica, sottomettendola al transitorio» ha detto il cardinale Bertone nella sua lectio magistralis; non sono rimasti in molti, purtroppo, a difendere i più deboli in assoluto, i “non-ancora-nati”, le generazioni future. Dal diario di padre Tucci Giovanni XXIII e la libertà del concilio «Nella prima sessione il Papa ha preferito non intervenire ai dibattiti per lasciare ai Padri la libertà di discussione e la possibilità di trovare la giusta via da sé; d’altra parte egli, non avendo la necessaria competenza nelle varie questioni, con qualche suo intervento avrebbe potuto creare più disturbo che aiuto; i vescovi dovevano imparare da sé e lo hanno fatto». Così scriveva Roberto Tucci, creato cardinale nel 2001, nel suo diario del concilio citato sul prossimo numero della «Civiltà Cattolica» dallo storico gesuita Giovanni Sale che del diario sta preparando un’edizione. «Il Papa — scrive Sale — si sfoga con il gesuita su alcune posizioni che erano emerse nella prima sessione del Concilio, a suo avviso troppo dure e poco aperte al dialogo, soprattutto in materia di Scrittura e di ecclesiologia. Egli, soprattutto su queste materie, fece di tutto per assicurare la tanto auspicata libertà del Concilio». Padre Tucci annotava nel suo diario che Giovanni XXIII criticava «quei padri conciliari che, per il fatto di essere stati professori di teologia, credono di dover fare dei testi conciliari dei manuali di teologia». Secondo il Pontefice, «non si tratta di dirimere questioni dottrinali, poiché non gli pare vengano oggi agitate questioni la cui soluzione è necessaria per evitare gravi danni alla fede della Chiesa» continua il diario del gesuita. Questo, secondo Sale, «era lo spirito della pedagogia conciliare di Giovanni XXIII», che ha inaugurato il lungo cammino del Vaticano II «e, già da subito, ha permesso ai vescovi di diventare i protagonisti del “grande evento” del Concilio, della “nuova Pentecoste”, che si stava celebrando nella basilica vaticana». Gli studi sul battistero lateranense dagli architetti rinascimentali ai rilievi in 3D Troppo bella per essere distrutta Il 14 giugno nei Musei Vaticani si tiene la quarta conferenza del ciclo «Il restauro del patrimonio architettonico. Cultura e metodo» ideato dal direttore Antonio Paolucci. Pubblichiamo stralci della relazione del segretario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana dedicata al Battistero Lateranense. di OLOF BRANDT Il battistero è oggetto di un progetto di rilievo tridimensionale, fatto con laser scanner e con un’altra tecnologia ormai in grande sviluppo, nota come fotogrammetria, photoscan o structure from movement. Si tratta dell’ultima tappa di un lavoro corale che da diversi anni coinvolge due istituzioni della Santa Sede, i Musei Vaticani e il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana; e due istituzioni svedesi, l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma e la soprintendenza archeologica svedese, lo Swedish National Heritage Board. Il battistero lateranense ha una storia molto complessa, ma allo stesso tempo molto chiara tranne per quello che riguarda il suo corpo centrale di pianta ottagonale. Il Liber pontificalis del VI secolo racconta che il battistero fu fondato dall’imperatore Costantino. Oggi è composto da un corpo centrale ottagonale, circondato da altri corpi, cappelle e vestiboli, di cui si conoscono le date di costruzioni, sempre dal Liber pontificalis, che racconta di interventi dei Papi Sisto III e Ilaro nel V secolo e di Giovanni IV nel VII secolo. La maggior parte dei dubbi e delle questioni ancora da chiarire riguardano invece l’ottagono centrale, che in sé deve contenere diverse fasi. Come si devono distinguere? Dalla fondazione circolare, alla parte ottagonale bassa con una finestra, alla parte ottagonale alta con una finestra più grande non compatibile con l’altra — quanta parte di tutto questo fa parte del battistero di Costantino, e quanta parte è stata aggiunta dopo? Buona parte delle risposte a queste domande si trova nella lettura delle cortine laterizie antiche dei muri perimetrali, rimaste scoperte e visibili dopo l’ultimo grande restauro nel 1966. Dal 2005 è in corso un lavoro di analisi e lettura delle stratigrafie murarie in collaborazione tra i musei, l’Istituto Svedese e il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana. Nel 2010 è iniziata una nuova fase con un lavoro di documentazione tridimensionale con il laser scanner e fotogrammetria. In questa fase è coinvolto anche lo Swedish National Heritage Board. Grazie al lavoro già fatto, si ha ormai una buona idea della forma antica, si potrebbe dire del disegno, del battistero lateranense nella sua forma del V secolo, dopo la lunga ricostruzione iniziata da Sisto III e terminata da Ilaro. Sostanzialmente è la forma in cui l’edificio è arrivato a noi, anche se la copertura è stata rifatta e le pareti interne sono state affrescate. Il battistero del V secolo è una sala ottagonale alta, con una grande finestra arcuata posta in alto su ogni lato dell’ottagono, e con un baldacchino interno a due ordini sovrapposti che sorreggeva un ottagono interno coperto probabilmente da una piccola cupola. Questo nucleo ottagonale era poi circondato a un vestibolo e diverse cappelle. Della prima fase del IV secolo sappiamo meno, conosciamo solo la sua forma ottagonale con porte su ogni lato e finestre arcuate più piccole e più in basso. Non sappiamo se c’era un colonnato interno o come fosse la copertura. Nel battistero lateranense, l’esibizione di bravura dell’architetto e di generosità del costruttore è particolarmente evidente nel baldacchino interno con otto colonne in due ordini sovrapposti. Questo disegno collega il battistero allo sviluppo più raffinato dell’architettura tardoantica, quello che Richard Krautheimer chiama l’edificio centrale a doppio involucro, dove colonne e pilastri co- stituiscono un baldacchino interno, protetto dai muri perimetrali. La tendenza dell’ambiente a pianta centrale ad aprirsi era presente già nei mausolei del III secolo. Un passo decisivo viene compiuto sotto Costantino con il Santo Sepolcro, dove la parete dell’ambiente centrale viene perforata e trasformata in un colonnato circondato da un deambulatorio. A Roma il disegno viene replicato nel mausoleo di Santa Costanza. Nel IV secolo l’idea viene sviluppata in San Lorenzo a Milano, e nel VI secolo nei Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli e in San Vitale a Ravenna. Nel contesto dei battisteri monumentali, il battistero lateranense è l’esempio più evoluto di questa tendenza, almeno nella seconda fase, quella del V secolo che ancora vediamo. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 15 giugno 2012 pagina 5 I giorni della liberazione dell’Urbe raccontati in diretta dalle cronache degli ordini religiosi L’ansiosa attesa «Timore e speranze! Quale sarà la sorte riservata a Roma?» per evitare un inutile spargimento di sangue. «Il giorno 11 maggio [1944] — si enerdì 2 giugno 1944, l’orologio segna le 23.15 legge nelle cronache del monastero quando dai microfoni di camaldolese di San Gregorio al CeRadio Londra viene tra- lio — inizia da parte degli Alleati smesso un messaggio in l’offensiva. Lunghi e forti combatticodice rivolto a tutta la popolazione menti dei quali ci giunge l’eco lontaromana nel quale risuona forte e no. I tedeschi resistono, poi pian chiara la fatidica parola “elefante” piano retrocedono e la morsa si che segnala alla Resistenza capitoli- stringe intorno a Roma, ma all’urto na che ormai le truppe alleate sono dell’avanzata resistono i capisaldi. pronte a sferrare l’attacco finale per Tutto ci fa prevedere quindi un’anla liberazione della città eterna dopo cor lunga attesa e un’incerta sorte nove lunghi mesi di occupazione nazista. Gli AlAlle 23.15 del 2 giugno 1944 leati, infatti, in virtù dell’Operazione Shingle, tedai microfoni di Radio Londra nacemente caldeggiata risuona forte la parola «elefante» dal premier britannico Winston Churchill e porÈ il segnale: le truppe alleate tata a termine vittoriosasono pronte a sferrare l’attacco finale mente dalla task force del VI Corpo della V Armata al comando del generale John P. Lu- per ciò che può succedere a questa cas, erano riusciti a varcare la linea nostra Roma. Affluiscono ancora e Gustav infliggendo una brusca bat- specie di notte uomini e mezzi sul fronte di battaglia mentre le strade tuta d’arresto alla Wehrmacht. «Ansiosa attesa della liberazione sono continuamente sotto il tiro di di Roma. Timore e speranze! Quale un’aviazione anglo-americana numesarà la sorte riservata a Roma?», si rosissima e instancabile. Nella notte chiedeva, con una certa inquietudi- tra il 2 e 3 [giugno 1944] un contine, il 21 maggio 1944 la cronista nuo movimento nella sottostante via dell’Istituto Santa Elisabetta delle dei Trionfi ci tiene svegli. È incosuore Francescane Missionarie del minciato il ritiro delle artiglierie e Sacro Cuore. Dall’occupazione tede- dei mezzi. Continua il movimento sca, infatti, la capitale viveva ore di per tutto il giorno e s’intensifica neldi GIOVANNI PREZIOSI V Il generale Clark chiede informazioni a un sacerdote ansia e di angoscia sotto il martellamento continuo dei bombardamenti dell’aviazione statunitense che, a partire dal 19 luglio 1943, aveva preso di mira dapprima il quartiere di San Lorenzo e successivamente — nonostante il governo Badoglio, con il contributo determinante della Santa Sede, il 15 agosto 1943 avesse dichiarato Roma «città aperta» — altri punti nevralgici: la città fu bombardata ben 51 volte sino al giorno della sua liberazione, tanto che a un certo punto corse persino voce che il Papa volesse allontanare i religiosi dalla capitale. Anche questa illazione, tut- la notte, alla mattina del 4 e per tutto il giorno fino al pomeriggio è chiara la rotta dei tedeschi che passano con tutti i mezzi possibili e passano passano; poi appariscono gruppi a piedi stanchi, disarmati, in silenzio, umiliati: Qualche soldato dei reparti italiani che è riuscito a fuggire in abiti borghesi chiede ospitalità». Tirando un sospiro di sollievo, il 4 giugno 1944, scrive la cronista di «Villa Lante» al Gianicolo della Società del Sacro Cuore: «Dopo un’attività sempre crescente l’arrivo degli Alleati si è effettuato questa sera! La notte era stata rumorosissima, e la giornata «Non è vero che il Papa si adoperi ugualmente. Pare che i tedeschi si ritirino, già per far partire religiose e religiosi» questa mattina hanno scriveva madre Pessina aperto le vicine carceri e vediamo i detenuti polisuperiora provinciale tici sfilare liberi. Manca delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù l’acqua e la corrente elettrica, per conseguenza tavia, viene seccamente smentita dal- non tram né autobus in città (...). la Superiora Provinciale delle Figlie Presso il nostro muraglione sul Giadel Sacro Cuore di Gesù, Madre nicolo sono disposte mitragliatrici Maria Ignazia Pessina che, scrivendo che assordano col loro rombo, un il 26 febbraio 1944 alla Superiora proiettile è arrivato non si sa come, Generale Alessandrina Maccari, di- fin nel salottino delle Palme dove il chiara senza giri di parole: «Non è Cappellano lo ha visto entrare e balvero che il S. Padre si adoperi per zare poi verso la statuetta dell’Ecce far partire religiose e religiosi e nep- Homo. Si spera che sia l’ultimo fuopure che si vociferi di far sfollare co, perché i tedeschi vanno ritiranRoma. Naturalmente, al punto in dosi: le radio sono silenziose per mancanza di elettricità, ma non c’era cui siamo, dove si è sicuri?». Con l’incalzare dell’avanzata delle dubbio che l’arrivo degli AngloAmericani sia prossimo, (...) pare truppe alleate che si erano riconsiano alle porte». giunte davanti a Valmontone aggiDifatti, sul far della sera del 3 giurando da nord i colli Albani per gno, si notava un lungo corteo di puntare verso Roma, tutto lasciava camion militari tedeschi convergere presagire il graduale ripiegamento verso ponte Milvio per attraversare il dei reparti tedeschi verso nord, so- Tevere e poi proseguire lungo le vie prattutto dopo la conquista di Cassi- consolari della Cassia e della Flamino e l’ultimo attacco alla testa di nia col preciso intento di abbandoponte di Anzio. Cosa che suggerì al nare definitivamente la capitale senfeldmaresciallo Kesselring, agli inizi za opporre resistenza. Poco dopo, di giugno, di concentrare la X e XI fiutando il pericolo ormai alle porte, armata sulla Linea gotica, dove alle- anche le SS decisero di lasciare prestì una serie di linee di resistenza col cipitosamente la sede di via Tasso, preciso intento di logorare gli Allea- trascinandosi dietro di sé due gruppi ti, rinunciando a ogni velleitario ten- di prigionieri che furono fatti salire tativo di difendere la città di Roma su due distinti autocarri diretti al assordante dei carri. Alle 2 dopo mezzanotte ecco un altro fragoroso passaggio, più lungo del primo, di anglo-americani seguiti da battimani e da evviva festosi. Insomma fu una nottata di veglia; ma pazienza se l’esito di questi arrivi sarà favorevole alla pace che tutti implorano ed aspettano da Dio». «Chi potrà non riconoscere — aggiunge la cronista — nell’incontro pacifico dei Pio XII a Sant’Ignazio prega la Madonna del Divino Amore due eserciti nemici l’aiuto potente di Dio, l’intervento efficace della SS. asilo alle case religiose e sebbene gresso trionfale nella capitale cercanVergine tanto pregata nei pellegri- non se ne condivida i principi di ro- do di farsi largo tra ali di folla. In naggi da parecchie Parrocchie vina loro, carità ci obbliga ad aprire Campidoglio, infatti, erano stati dell’Urbe; specialmente a S. Ignazio, le porte. Attendono che passi la bu- convocati tutti i comandanti dei cordov’è stata portata la Madonna del fera. È più paura, forse giustificata pi d’armata per fare il punto della Divino amore, considerata qui e nei dagli atti loro, che realtà, ché la rea- situazione. In tale circostanza si indintorni la più sicura protettrice dei zione è calma e benigna. Non sono sediò, in qualità di comandante militare e civile di Roma, su designaziobisognosi? Il S. Pane del Comitato di liberazione nadre stesso si è recato «Alle 2 dopo mezzanotte zionale (Cln), il generale Roberto a S. Ignazio, e là, dal Bencivenga che, insieme ad altri pulpito ha invitato la un altro fragoroso passaggio esponenti antifascisti, aveva trovato gente che gremiva la di anglo-americani rifugio presso il Pontificio Seminario Chiesa, a ringraziare Maggiore del Laterano. con Lui la SS. VergiFu una nottata di veglia ma pazienza Sotto il cielo di Roma, fino ad alne, Madre di miseril’esito sarà favorevole alla pace» lora costellato dai lugubri bombarcordia». dieri dell’aviazione alleata, adesso si Nel frattempo, nella città e nei suoi dintorni si era svi- pagati con quella misura colla quale incominciava a respirare la libertà, presagendo un avvenire foriero di luppata una vera e propria jacquerie loro pagarono gli avversari!». All’improvviso Roma, fin ad allora speranze. Animati da questo entusiaurbana tra le varie bande partigiane, che cercavano di spianare la strada deserta, si era riempita di folla. Tanti smo, decine di migliaia di romani all’arrivo degli Alleati contrastando uomini e donne, rimasti nascosti nei nel pomeriggio del 5 giugno si riverle retroguardie tedesche che, a loro loro rifugi, potevano finalmente re- sarono in piazza San Pietro per trivolta, tentavano strenuamente di ar- spirare l’aria pulita della libertà, do- butare il loro omaggio al Papa, che ginarne l’avanzata. In uno di questi po mesi di attesa. Piazza Venezia, tanto si era adoperato per la liberascontri rimase vittima il dodicenne un tempo luogo prediletto delle fa- zione di Roma. «Giornata di grandi emozioni! — Ugo Forno, soprannominato migerate adunate oceaniche fasciste, scrive il 5 giugno nel Gior«Ughetto»: il 5 giugno 1944 pagò nale della casa “Villa Lante” con la vita il tentativo, andato a la cronista delle religiose buon fine, di impedire che un repardella Società del Sacro Cuoto di genieri tedeschi facessero saltare —. Erano alle ore 18 alle re il ponte ferroviario sull’Aniene, porte e alle 21 sono entrati; lungo la statale Cassia. Di questo sentivamo ier sera acclamamarasma generale approfittò l’ex zioni, chiasso per istrada, sul questore fascista di Roma, il famigetardi si picchiava ripetutarato Pietro Caruso che, fiutando il mente al portone, invece del pericolo che incombeva su di lui, il solito silenzio imposto dal 4 giugno, alle prime luci dell’alba, coprifuoco si udivano grida fuggì rapidamente dall’hotel Plaza di gioia (...) Stamane poi a dove risiedeva insieme al suo braccio colazione la Nostra Rev.da destro Roberto Occhetto e all’autista Madre Saladini ha annunFranzetti, a bordo di un’Alfa Romeo ziato infatti che gli Anglo carica d’oro e di gioielli, diretto verAmericani sono entrati ier so l’Italia settentrionale. Tuttavia, sera in Roma e che i primi poche ore dopo, in prossimità di Veson andati direttamente in tralla, a causa di un incidente, fu coPiazza San Pietro ad ossestretto a farsi ricoverare, sotto mentiquiare il Santo Padre che si te spoglie, presso l’ospedale di Baè degnato mostrarsi alla fignoregio. Riconosciuto dai partigianestra per benedirli; ne siani, venne tradotto nel carcere di Remo entusiaste perché sappiagina Coeli. mo quanto ha lavorato il Pa«Sono le 20,35 — scrive, con un pa per ottenere che Roma senso di sollievo, il cronista del mosia rispettata; per intervento nastero di San Gregorio al Celio — divino attraverso le sue inEntra in coro fr. Giovanni gridando stancabili, paterne, caritate“sono arrivati gl’inglesi, sono arrivavoli sollecitudini Roma sacra ti, sono qui sotto!”. Si lascia di corsa è preservata dal divenire teaUgo Forno, detto «Ughetto» il coro e si va alle finestre. All’incrotro di guerra! Il popolo rocio sottostante carri armati anglomano come primo attestato americani circondati da partigiani italiani armati sparano colle loro mi- era ora gremita di persone entusiaste dei suoi sentimenti si è già adunato tragliatrici sulla via dei Cerchi, dei che accoglievano con gioia i libera- stamane alle 7 in Piazza San Pietro Trionfi, battono la strada che sale tori statunitensi che, nelle prime ore ad esternare la sua commossa gratiall’Aventino. (...) È questa l’ora dei del pomeriggio di quel memorabile 5 tudine al Pontefice Defensor Civitagerarchi fascisti che per sottrarsi giugno, raggiunto il centro della ca- tis e come ier sera Sua Santità è apall’ira popolare o agli arresti del pitale al comando del generale Mark parso alla finestra benedicendo. Vernuovo governo d’Italia domandano Wayne Clark, facevano il loro in- so le 10:15 la manifestazione si è rinnovata ardentissima e più volte il Santo Padre ha benedetto con effusione. Anche alle 18 la Piazza rigurgitava di popolo, allora il Papa ha Un percorso storico attraverso rari documenti d’epoca rivolto al popolo parola di conforto e di nuove speranze». Tutti i romani, infatti, in quei momenti d’angoscia trovarono nella Chiesa e soprattutto nel Papa, Il 4 giugno del 1944 i primi reparti degli eserun’autorità capace di svolgere una citi alleati entravano a Roma. La prima capifunzione di sostegno, ordine, pacifitale europea era libera dopo nove mesi di occazione e moderazione degli animi. cupazione nazista. A sessantotto anni da Proprio per questo suo perspicace quell’avvenimento, dal 15 al 27 giugno ai mumodus operandi, in seguito Pio XII si sei capitolini si tiene la mostra «Roma liberameritò l’appellativo di Defensor ta, 4 giugno 1944», che propone un percorso civitatis. storico-documentario, costituito da centinaia Come previsto dal compromesso di fotografie e di documenti. faticosamente raggiunto il 12 aprile L’iniziativa vuole essere un momento inizia1944 con i vari leader dei partiti antile di informazione e di divulgazione rivolta al fascisti, il giorno successivo alla libegrande pubblico, ai giovani, al mondo della razione di Roma, Vittorio Emanuele scuola e ai visitatori italiani e stranieri in preIII abdicò firmando, nella sua resivisione delle celebrazioni del settantesimo andenza di Villa Episcopio a Ravello, niversario. il decreto di nomina del figlio UmIl programma prevede anche un convegno, berto di Savoia luogotenente generache il 14 giugno proporrà una serie di testimole del Regno. L’incubo era finito. La nianze storiche. L’iniziativa — promossa conliberazione di Roma era il preludio giuntamente dal delegato del sindaco per la della vittoria finale di cui si dovrà liberazione di Roma, Aladino Lombardi, e dal attendere, però, ancora un altro anCentro per la Promozione del Libro, che ha no. In questo modo l’Italia, dopo il curato il percorso espositivo — offre tra l’altro bieco ventennio, voltava definitivarare copie di quotidiani italiani ed esteri pubmente pagina e si accingeva a scriblicati in quelle giornate. Tra queste anche pavere un nuovo capitolo della sua gine dell’«Osservatore Romano». storia. nord. Tra di essi figuravano il sindacalista Bruno Buozzi, tre spie italiane dell’Office of Strategic Service statunitense e alcuni membri dei Gruppi di Azione Patriottica. Tuttavia, mentre il primo autocarro si avviò spedito lungo la Cassia, l’altro, probabilmente a causa di un guasto, non riuscì a partire. Grazie a questo provvidenziale inconveniente, i prigionieri si salvarono: lasciati nelle celle incustodite, furono liberati poco dopo grazie all’intervento della Resistenza romana. Il camion sul quale si trovava invece Buozzi, dopo aver percorso pochi chilometri appena uscito da Roma, improvvisamente, si arrestò nei pressi del sobborgo de La Storta. I 14 prigionieri furono immediatamente fatti scendere e rinchiusi in un garage. Il mattino successivo, mentre gli Alleati erano alle porte della capitale, le SS, considerandoli ormai un peso inutile, decisero di sbarazzarsene definitivamente. Li condussero dietro dei cespugli e, a bruciapelo, esplosero un colpo di rivoltella alla nuca di ognuno di loro lasciandoli esanimi in un boschetto al chilometro 14,200 di via Cassia. Insieme al sindacalista Buozzi fu barbaramente trucidato anche John Armstrong, nome di copertura di Gabor Adler, un agente dello Special Operation Executive, il braccio operativo dei servizi segreti britannici ideato da Churchill per coordinare le azioni di sabotaggio dietro le linee nemiche. Una ulteriore dettagliata descrizione di quanto accadde in quei giorni convulsi ci viene offerta dalle Memorie della Casa romana «Sacro Cuore» delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù: «Oggi [4 giugno] è stato un continuo cannoneggiare come lo fu nella notte scorsa. Questa sera alle 8,20 arrivarono i soldati americani che destarono un grand’entusiasmo nella popolazione e vivaci battimani con “evviva” in alto tono. Sia dalle finestre che dalla via Cavour, ove la gente s’agglomerava straordinariamente. Passò anche la carrozza di S. Eccellenza Badoglio, salutato esso pure con “evviva”, ma più garbati. Dio l’aiuti e gli risparmi umiliazioni e guai! Intanto noi non avevamo la luce elettrica, ma splendeva una bella luna che illuminava la via ed i soldati anglo-americani, entrati tranquillamente in città, dopo qualche sparo di cannoni alle porte periferiche. Purtroppo la bella luce lunare servì a parecchi ladri italiani per entrare in alcuni negozi a svaligiarli senza pietà. Che vergogna! Verso le 11, ancora per via Cavour, dalla parte destra, venivano carri e carretti pieni di americani che silenziosamente si fermarono nell’incontrarsi coi camion tedeschi, in partenza, i quali venivano alla sinistra, essi pure in silenzio, non potendo però evitare il rumore Mostra sul 4 giugno 1944 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 15 giugno 2012 Al Congresso eucaristico internazionale di Dublino Un deciso no al progetto governativo sulle cerimonie tra omosessuali Bisogna rafforzare la spiritualità Cattolici e anglicani inglesi difendono il matrimonio dal nostro inviato MARY NOLAN Gilbert Keith Chesterton fu presente al Congresso eucaristico internazionale di Dublino del 1932. Un giorno, seduto in un tram, sentì due anziane signore parlare della processione eucaristica che si sarebbe svolta il giorno seguente. L’una osservò che era un peccato che sarebbe piovuto. L’altra rispose: «Oh, no, non pioverà! Altrimenti il Signore farebbe piovere su se stesso». Mi è scappato un sorriso nel ricordare questo aneddoto, quando ho visto le nubi allontanarsi e far spazio a un radioso tramonto nel cielo d’Irlanda; proprio in quel momento, infatti, nella serata di ieri, mercoledì 13 giugno, stava per iniziare a Dublino la processione eucaristica. Sin dall’apertura del 50° Congresso eucaristico internazionale, il clima è stato piacevole ma forse un po’ timido o, per usare un’espressione più corretta, “d’attesa”. La gente semplicemente non sa che cosa accadrà; che aspetto dovrebbe avere un incontro come questo, specialmente in una terra in cui le radici culturali della Chiesa sono state innegabilmente scosse. Tuttavia, le persone sono davvero aperte al migliore dei risultati. Gli oratori, gli ospiti internazionali, i cittadini di Dublino: tutti si sono mostrati attenti e gentili, sperando in un’esperienza feconda. Solo ieri sera, però, il ghiaccio si è veramente rotto. Il cardinale Ouellet — appena rientrato da Lough Derg, dove ha incontrato e pregato con persone che avevano subito abusi sessuali — ha portato l’ostia per le strade di Dublino, seguito da cardinali e numerosi vescovi e circa dodicimilacinquecento fedeli. La processione si è conclusa a Simmonscourt, proprio davanti al «Chiara Luce Youth Centre». Dopo la benedizione, invece di rientrare alla spicciolata negli alberghi, i gruppi hanno dato vita a una celebrazione. Un gruppo di giovani, membri di un’organizzazione nota come Youth Defence, ha iniziato a ballare, sorprendendo tutti. Un gruppo di settantacinque coreani non ha potuto fare a meno di unirsi subito a loro, insieme a quarantanove pellegrini angolani. Molto presto tutti i presenti interagivano in un modo che non avevo mai visto prima. È stato il modo migliore, anzi, l’unico, di concludere una celebrazione eucaristica, vale a dire in comunità. Nella giornata di oggi, il Congresso è stato dedicato a «Il sacerdozio e il ministero al servizio della comunione». In diversi interventi è stato ribadito che senza il sacerdozio non ci sono sacramenti, non c’è eucaristia. Esso è l’umile servizio che lega il popolo di Dio e il suo nutrimento. Ma il sacerdozio sta soffrendo, qui come altrove. Non si tratta solo di numeri, come è stato detto chiaramente, ma di sostanza. I sacerdoti stessi hanno bisogno di ricevere i sacramenti, la loro spiritualità deve essere rafforzata. I workshop come quelli di suor Briege Mckenna sono stati dedicati proprio a questo argomento. Altri hanno dipinto il ritratto intimo del rapporto che i sacerdoti hanno con il corpo di Cristo, come quello di don Paul Murray: «Una grazia meravigliosa: i poeti dell’eucaristia». In altri ambiti ministeriali, il cattolico scozzese Tony Schmitz ha dato testimonianza del ruolo dei diaconi nel servizio della comunione. Lui stesso, diacono permanente, sposato e padre di tre figli, è stato invitato al Congresso per aiutare ad affrontare la questione in un momento molto speciale della storia irlandese: solo il 2 giugno scorso l’arcivescovo Diarmuid Martin ha ordinato i primi otto diaconi permanenti per la diocesi di Dublino. È ormai noto a tutti in Irlanda che, martedì, il cardinale Marc Ouellet, legato pontificio, insieme all’arcivescovo Charles John Brown, nunzio apostolico in Irlanda, e al vescovo di Clogher, Liam S. MacDaid, ha incontrato alcune vittime di abusi sessuali. La notizia, riportata sui giornali di ieri, è stata diffusa solo dopo l’evento, per mantenere la riservatezza dovuta alle vittime e ai loro familiari. Sul verde della Royal Dublin Society, mentre proseguivano le attività pomeridiane in tutto il campus, il Congresso ha deciso di trasmettere e ritrasmettere sul grande schermo l’intervento dell’arcivescovo di Manila, Luis Antonio G. Tagle, presentato martedì mattina, sul tema «L’abuso nei confronti dei bambini: accettare la responsabilità, portare guarigione». L’intervento è stato molto apprezzato da quanti lo hanno seguito, è stato elogiato, considerandolo «tanto diretto quanto pastorale». Oggi, giovedì 14 giugno, sarà celebrata una Liturgia di riconciliazione, durante la quale certamente tutti i partecipanti porteranno nel cuore questi tempi difficili e tuttavia pieni di speranza. LONDRA, 14. Un deciso «no» al progetto promosso dal primo ministro inglese David Cameron per consentire, entro il 2015, la celebrazione di matrimoni tra coppie dello stesso sesso è stato espresso, martedì 12, dai vescovi cattolici e da quelli anglicani in due distinti documenti in risposta alla consultazione sul tema promossa dal Government Equalities Office di Londra. Nella lettera d’accompagno del documento dei vescovi cattolici, indirizzata alla parlamentare Theresa May che ricopre la carica di Home Secretary, monsignor Peter David Gregory Smith, arcivescovo di Southwark, vicepresidente della Conferenza dei vescovi cattolici d’Inghilterra e del Galles e presidente del Department for Christian Responsability and Citizenship, ha dichiarato che «nell’interesse di difendere l’unicità del matrimonio come una istituzione civile per il bene comune della società, si consiglia vivamente al Governo di non procedere con proposte legislative che “consentano a tutte le coppie, indipendentemente dal loro sesso, di avere una celebrazione per il matrimonio civile”». Nel testo, il presule ha anche sottolineato che «il documento di consultazione chiarisce che il Governo è principalmente interessato a raccogliere pareri su come il cambiamento legislativo potrebbe essere realizzato al meglio e non se tale cambiamento dovrebbe o meno avvenire. Questo è per noi un motivo di grave preoccupazione perché si tratta di una proposta che ha una immensa importanza per la stabilità della nostra società e ha implicazioni significative per l’unicità dell’istituzione matrimoniale e della vita familiare; una proposta che viene invece incentrata su una ristretta base di discussione e con una argomentazione molto limitata». Nel «no» alle nozze tra omosessuali espresso dai presuli anglicani inglesi si afferma: «Per noi non è possibile sostenere il proposito del Governo di consentire a tutte le coppie, indipendentemente dal loro sesso, di celebrare un matrimonio». Nel messaggio, indirizzato anch’esso alla Home Secretary, si mette in evidenza che nelle preposizioni del Government Equalities Office si distinguono, in modo del tutto erroneo, due categorie di matrimonio, quello civile e quello religioso, e che basandosi su questa distinzione «si fornisce una interpretazione falsa sul valore della cerimonia nuziale nel contesto della istituzione matrimoniale». Per i vescovi anglicani inglesi «cambiando il significato del matrimonio si arriva alla conseguenza che anche la cerimonia potrà avere delle variazioni e questo porterà mutamenti alla natura stessa di tutti i matrimoni celebrati nelle chiese o in altri luoghi di culto». Nella risposta alla consultazione, le ragioni del rifiuto ai matrimoni tra omosessuali dei vescovi anglicani vengono introdotte da un breve testo firmato dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams e dall’arcivescovo di York John Sentamu. In questa introduzione si fanno presenti al Governo inglese alcune serie osservazioni di carattere legale, etico e religioso. Tra l’altro, si pone in evidenza che, al di là delle assicurazioni fornite sul rispetto della libertà delle organizzazioni religiose in materia matrimoniale, rimane co- L’assemblea ha deciso a larga maggioranza la non adozione Il sinodo di Edimburgo respinge l’Anglican Covenant EDIMBURGO, 14. Un deciso voto negativo all’adozione dell’Anglican Covenant è stato espresso, lo scorso fine settimana, dalla assoluta maggioranza dei membri del Sinodo generale degli anglicani di Scozia dopo che il documento, inteso a definire alcuni punti comuni tra le diverse correnti presenti nell’ambito dell’Anglican Communion, era stato respinto anche da gran parte dei consigli diocesani degli anglicani d’Inghilterra. Commentando gli esiti dell’assemblea sinodale, il reverendo David Chillingworth, che ricopre la carica di Primus della Scottish Episcopal Church, ha affermato che le ragioni che hanno precedentemente spinto a sviluppare il patto contenuto nell’Anglican Covenant hanno costituito «un originale e onorevole tentativo per dare maggiori motivazioni all’Anglican Communion. Tuttavia — ha aggiunto — nel corso della discussione sono sorte tra i mem- Nello Sri Lanka incontro di riflessione promosso dal World Council of Churches Al servizio dei più emarginati COLOMBO, 14. Una diakonia capace di essere soprattutto «profetica e trasformativa» che «non si adatti alle sole forme convenienti» ma che sappia «incarnarsi nella realtà»: è questa, in estrema sintesi, l’indicazione scaturita in occasione di una conferenza promossa dal World Council of Churches (Wcc-Consiglio Ecumenico delle Chiese Cec) a Colombo, nello Sri Lanka. L’iniziativa, ospitata a cura del National Christian Council of Sri Lanka, ha visto la partecipazione di oltre cinquanta rappresentanti di comunità religiose e organizzazioni affiliate che sono attualmente impegnate, nell’ambito della collaborazione con l’organismo ecumenico, a sviluppare nuove iniziative di solidarietà a favore delle popolazioni più povere e marginalizzate nel mondo. Il Wcc ha da tempo avviato un profonda riflessione sui temi del ministero e della diakonia, quali funzioni essenziali per le comunità religiose, alla luce delle trasformazioni in atto nel mondo e, in particolare relazione, con le questioni legate alla giustizia sociale, l’ecologia e lo sviluppo sostenibile. Si tratta di un’azione che è stata rilanciata a partire soprattutto dalla nona assemblea svoltasi, nel 2006, a Porto Alegre (Brasile), in occasione della quale sono state formulate una serie di priorità per il lavoro dei sette anni successivi, istituendo in particolare sei aree programmatiche, comprendenti progetti e attività specifiche. Tali aree di lavoro sono: «Il Wcc e il movimento ecumenico nel XXI secolo»; «Unità, missione, evan- gelizzazione e spiritualità»; «Testimonianza pubblica: confrontarsi con il potere, affermare la pace»; «Giustizia, diakonia e responsabilità per il creato»; «Istruzione e formazione ecumenica»; «Dialogo e cooperazione interreligiosa». A tale riguardo, le comunità religiose sono state chiamate a promuovere la testimonianza comune nella missione e nell’evangelizzazione, a sostenere il rinnovamento nell’unità, nel culto, nella missione e nel servizio e a impegnarsi nel servire i bisogni umani, nell’abbattere le barriere tra popoli, nel cercare pace e giustizia e nel preservare l’integrità del Creato. «La diakonia è una funzione ecclesiale essenziale — è stato sottolineato durante l’incontro in Sri Lanka — e deve essere profetica e trasformativa e non può essere scelta in forme soltanto convenienti». Essa, è stato osservato, deve essere soprattutto un servizio autentico, una missione e un supporto per le popolazioni marginalizzate nella loro lotta per l’affermazione della giusti- munque il fatto che «se la legge venisse cambiata la cerimonia di matrimonio potrebbe divenire oggetto di contenzioso sia presso i tribunali del Regno Unito sia presso le Corti europee». Si fa inoltre presente che «il cambiamento della legge potrebbe mettere in discussione la natura intrinseca del matrimonio inteso come unione tra un uomo e una donna secondo quanto è sempre stato stabilito nel corso della storia». Per i presuli anglicani inglesi «il matrimonio ha dato un fondamentale contributo al bene dell’intera società in diversi modi; non solo promuovendo valori come la solidarietà e la fedeltà, ma anche riconoscendo una complementarietà biologica basilare per l’unione e che comprende, per molti, la possibilità di procreazione». Quindi, per i presuli «la legge certamente non dovrebbe cancellare le obbiettive differenze che esistono tra un uomo e una donna». Per quanto riguarda l’atteggiamento verso le coppie omosessuali, i presuli anglicani ricordano le loro precedenti iniziative per rimuovere nel Regno Unito le disparità di carattere legale e le discriminazioni nel trattamento assistenziale tra le coppie etero e quelle omosessuali. Per i vescovi anglicani, un cambiamento della natura del matrimonio non recherà alcun beneficio aggiuntivo alle coppie omosessuali che già sono comunque protette dalla legislazione sulle unioni civili. Nella risposta ufficiale si sottolinea infine che «non è certamente saggio imporre, per ragioni essenzialmente ideologiche, un profondo cambiamento di significato a un termine così familiare e fondamentale come quello del matrimonio». zia. Walter Altmann, moderatore del Comitato centrale del Wcc ha invitato «le comunità religiose a collaborare per affrontare le emergenze della fame e della povertà che appaiono in aumento a causa degli effetti dell’economia globalizzata». Altmann ha spiegato che «le comunità religiose di più piccole dimensioni, con le loro modeste risorse, hanno imparato che lo spirito di servizio per il prossimo non è un privilegio delle sole comunità più ricche, perché non è una questione di risorse economiche, ma invece della capacità delle persone di porsi accanto a coloro che hanno bisogno di solidarietà, compassione e amore». La diakonia, ha osservato ancora Reinerio Arce Valentin, presidente dell’ Evangelical Theological Seminary di Matanzas, a Cuba, «deve diventare un impegno incarnato nella realtà in cui si vive». Per la rappresentante dell’Ecumenical Disability Advocates Network, Gertrude Oforiwa Fefoame, «la diakonia di Gesù è iniziata tra le persone emarginate per farle riappropriare della loro dignità. La diakonia oggi deve confrontarsi con gli emarginati». Il tema sarà anche al centro della prossima assemblea del Wcc che si terrà a Busan, in Corea del Sud, nel 2013. L’incontro nello Sri Lanka, conclude una nota dell’organismo ecumenico, è servito infatti ad arricchire la riflessione in vista dell’evento. Al centro dei lavori, a Busan, saranno infatti proprio i temi della giustizia, pace, salvaguardia del creato, declinati sotto il tema della pace giusta. In un documento redatto al termine della Conferenza ecumenica internazionale per la pace, svoltasi nel maggio 2011 in Giamaica, si spronano «le comunità religiose perché sviluppino e rafforzino reti di “ministri” di pace giusta. Le comunità sono chiamate ad alzare in pubblico la sua voce riguardo a questi problemi, dicendo la verità al di fuori delle mura dei propri santuari». A Busan questo impegno troverà ulteriore spazio di approfondimento. bri del Sinodo generale una serie di preoccupazioni a riguardo di alcuni contenuti ritenuti non conformi allo spirito anglicano che rendono il testo non più adatto a raggiungere i traguardi che erano stati all’inizio fissati». Il testo dell’Anglican Covenant è sempre stato sostenuto dal primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che si è ripetutamente dichiarato convinto che il documento debba essere sottoscritto dai sinodi di tutte le province che compongono l’Anglican Communion. Per il primate, l’adesione al testo dovrebbe consolidare i rapporti tra le diverse comunità di fedeli anglicani mentre gli oppositori al documento sostengono invece che le norme contenute nel testo potrebbero creare di fatto dei legami troppo vincolanti e contrari allo spirito delle comunità anglicane. I punti più controversi dell’Anglican Covenant riguardano le ordinazioni di donne vescovo e l’accettazione di persone dichiaratamente omosessuali nell’ambito della missione pastorale. Questi due punti hanno ormai di fatto diviso le diverse comunità di fedeli della Comunione anglicana ed è ormai netta la contrapposizione tra i pastori di alcuni Paesi africani, generalmente contrari alla omossessualità, e i vertici episcopaliani degli Stati Uniti che, invece, hanno scelto per guida una donna ordinata vescovo e che intrattiene una pubblica relazione con una persona del suo stesso sesso. Commentando le varie motivazioni che hanno indotto la maggioranza dei membri del Sinodo generale degli anglicani scozzesi a negare la loro adesione all’Anglican Covenant, il reverendo David Chillingworth ha affermato che «la nostra decisione negativa a riguardo dell’adozione di questo documento significa che non pensiamo che esso possa indicare a noi una strada giusta da percorrere. Abbiamo riconosciuto che quello che può dividere e causare difficoltà alla nostra fede comune non può essere ricondotto unicamente a una serie di problemi che riguardano la sessualità umana ma, invece, a una serie di questioni tra loro collegate e alle quali dobbiamo fornire un ampio numero di risposte». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 15 giugno 2012 pagina 7 L’assemblea dei vescovi degli Stati Uniti L’appello dell’arcivescovo di Mendoza Una chiamata all’azione L’essenza del matrimonio WASHINGTON, 14. Libertà religiosa, misure per assicurare la protezione di bambini e dei giovani dagli abusi sessuali commessi da esponenti del clero, nuova evangelizzazione e lotta alla povertà: sono i principali temi al centro delle riflessioni dei vescovi degli Stati Uniti, riuniti fino al 15 giugno, ad Atlanta, per l’assemblea generale. All’apertura ieri, 13 giugno, della tradizionale riunione di primavera è stato soprattutto il tema della libertà religiosa a dominare l’agenda dei lavori. Nel presentare la prossima iniziativa Fortnight for Freedom, la manifestazione promossa dall’episcopato in programma dal 21 giugno al 4 luglio in tutte le arcidiocesi e diocesi del Paese, i presuli hanno nuovamente levato la loro voce contro le politiche di riforma del Governo. Il fronte di contrasto aperto è vasto: vari provvedimenti legislativi promossi dalle autorità governative federali e da quelle locali stanno incidendo in maniera significativa sul principio del rispetto della libertà di coscienza nel campo della tutela della vita e del matrimonio. Si tratta, ad esempio delle nuove direttive di riforma sanitaria che rendono più agevole alle donne il ricorso alle pratiche abortive, mediante piani assicurativi privati che tutti i datori di lavoro, inclusi quelli appartenenti a istituzioni e organizzazioni religiose, dovrebbero assicurare alle proprie dipendenti; oppure, dei tentativi di obbligare i ministri religiosi a celebrare cosiddetti «matrimoni» fra persone dello stesso sesso. Una questione, quest’ultima, peraltro affrontata in una lettera-appello che, nel gennaio scorso, un gruppo di leader cattolici e di varie confessioni cristiane e della comunità ebraica hanno voluto rendere nota, nella quale si osserva che il principale rischio per la libertà religiosa è rappresentato proprio dai tentativi di obbligare i ministri a celebrare tali unioni. A prendere la parola sul tema è stato il presidente della Commissione per la libertà religiosa della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Baltimore, William Edward Lori, che ha definito «assurdi e singolari» i provvedimenti delle autorità federali, visti come un’aperta intrusione nella sfera di libertà delle comunità religiose. I presuli hanno tenuto a puntualizzare che l’iniziativa Fortnight for Freedom non intende affatto influenzare l’opinione pubblica dal punto di vista politico, ma che essa costituisce un impegno nella società volto a sottolineare «il prezioso valore dell’eredità cristiana e della libertà in America». L’assemblea ha votato in maniera unanime una mozione, presentata dallo stesso arcivescovo di Baltimore, per richiamare i cattolici all’unità nell’ambito della campagna di sensibilizzazione sulle istituzioni civili. Si tratta, è stato sottolineato, «di una chiamata all’azione». I vescovi indicano con «esempi concreti» le violazioni della libertà religiosa: fra l’altro, si indica il rischio di chiusura per molte agenzie caritative che si occupano di assistenza alle donne immigrate, ma che nel contempo si trovano ad affrontare pesanti ostacoli alle loro attività in quanto non garantiscono l’accesso alle pratiche abortive. Inoltre, vi sono diversi casi di ministri che subirebbero pressioni per celebrare «matrimoni» fra persone dello stesso sesso. Proprio sulla promozione e tutela del matrimonio tradizionale, quale unione fra un uomo e una donna, è prevista una relazione del vescovo di Oakland, Salvatore Joseph Cordileone, che presiede l’apposito subcomitato dell’episcopato. La linea condivisa è quella di proseguire sulla strada della fermezza, pur nel mantenimento del dialogo. Nel concludere il suo intervento, monsignor Lori ha ribadito che «le critiche e le derisioni» ricevute dall’episcopato per quanto riguarda la propria visione sui temi etici e morali non scoraggerà affatto, «ma anzi indurrà a fare esattamente l’opposto». Le riflessioni sono proseguite sul tema degli abusi sessuali sui minori, in particolare riferimento all’implementazione degli effetti del Charter for Protection of Children and Young People, la Carta per la protezione dei bambini e dei giovani, redatta dall’episcopato nel 2002. La strada da seguire è stata già indicata da tempo dal cardinale arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale, Timothy Michael Dolan: «La Chiesa deve continuare a vigilare e a fare tutto il possibile affinché gli abusi non si ripetano». Membri laici del National Review Board (Nrb) hanno illustrato all’assemblea gli sviluppi in tema di pre- venzione e tutela: «Da dieci anni — si osserva — vi è stato un evidente progresso nella risposta della Chiesa riguardo alla protezione dei minori. I bambini sono ora più sicuri, perché sono stati creati ambienti protetti e sono state prese azioni per rimuovere in maniera permanente coloro che hanno offeso il proprio ministero». Ad esempio, si sottolinea che prima della pubblicazione nel 2002 della Carta, soltanto venticinque tra diocesi ed eparchie avevano nelle parrocchie gruppi di coordinatori per la protezione delle vittime degli abusi; mentre nel 2012 il loro numero è salito a 195. Nella relazione annuale relativa al 2011 sullo sviluppo della Carta, presentata lo scorso aprile, sono stati riportati 683 nuovi casi di abusi denunciati da persone adulte e relativi a fatti accaduti nella maggior parte fra il 1960 e il 1984. In quell’occasione il cardinale Dolan aveva affermato che «anche se la maggioranza delle denunce riguarda il passato, tutti dobbiamo continuare a lavorare per una piena guarigione e riconciliazione con le vittime». Per i vescovi, ha aggiunto il porporato, affrontare la questione «è una comune priorità». L’assemblea di Atlanta ha avviato poi una riflessione sulla nuova evan- gelizzazione e la lotta alla povertà. Per celebrare l’Anno della fede — che avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo — i vescovi statunitensi hanno approntato un nutrito programma di iniziative. Il vescovo di Green Bay e presidente del comitato dell’episcopato su Evangelizzazione e Catechesi, David Laurin Ricken, ha in particolare posto in evidenza il documento dal titolo «Discepoli chiamati alla testimonianza: la nuova evangelizzazione», con oggetto il tema della riscoperta della fede. Inoltre, nell’ambito del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, in programma, a Roma, dal 7 al 28 ottobre, è prevista la partecipazione del cardinale arcivescovo di Washington, Donald William Wuerl, in qualità di relatore. Per quanto concerne la lotta in generale alla povertà e all’esclusione sociale, i vescovi hanno approvato infine la stesura di un messaggio speciale che include anche la questione della disoccupazione e della situazione economica generale. La manifestazione Fortnight for Freedom Per il valore prezioso della libertà WASHINGTON, 14. C’è fermento nelle diocesi degli Stati Uniti in vista dell’avvio della Fortnight for freedom, la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Chiesa cattolica sul tema della libertà religiosa. Una lista delle attività è presente nel sito internet dell’episcopato. La Fortnight for freedom vuole essere essenzialmente una campagna di insegnamento e di testimonianza, cui sono chiamate ad aderire anche altre comunità religiose e che culminerà il 4 luglio con la celebrazione dell’Independence Day, la principale festa del Paese. A caratterizzare la conclusione dell’iniziativa sarà la celebrazione, a Washington, della messa presso la basilica dell’Immacolata Concezione, presieduta dal cardinale arcivescovo della città, Donald William Wuerl. L’omelia sarà invece letta dall’arcivescovo di Philadelphia, Charles Joseph Chaput. Il 21 giugno sarà, invece, l’arcivescovo di Baltimore, William Edward Lori, a inaugurare nella sua città l’avvio della campagna, con una messa che verrà celebrata presso la basilica dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. L’arcidiocesi di Washington ha inoltre programmato per il 24 giugno una «celebrazione orante della libertà», presso il George Washington University’s Smith Center, dove il cardinale Wuerl parteciperà a un incontro dedicato alla storia della libertà religiosa e all’esperienza della comunità cattolica. L’arcidiocesi invita anche i fedeli a recitare giornalmente una breve preghiera dedicata alla libertà, dal tema «Minute to win it !» fino alla celebrazione della solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo (25 novembre). L’episcopato, è aggiunto, esorta anche vescovi e sacerdoti a utilizzare le omelie della solennità del 25 novembre per la predicazione sullo stato della libertà religiosa, sia nel contesto domestico che in quello internazionale. Non mancherà, infine, l’utilizzo di moderni mezzi di comunicazione, come per esempio Twitter, per diffondere il tema della campagna. Vari sono poi i cortei che sfileranno nelle città per manifestare l’impegno delle comunità religiose, ai cui fedeli verranno distribuiti cartelloni, medaglie e spille, come simboli di appartenenza della campagna: tra queste vi è Wichita, nello Stato di Kansas, dove il vescovo Michael Owen Jackels guiderà un gruppo di fedeli fino alla sede della Palazzo di Giustizia. In aggiunta, l’arcidiocesi di Oklahoma City ospiterà una manifestazione ecumenica. L’arcidiocesi di Philadelphia si aggiunge alla lista delle iniziative con una conferenza; mentre la diocesi di Rochester ha organizzato un Festival per la libertà che prevede, fra gli altri, interventi di rappresentanti del Catholic Family and Human Rights Institute e della New York State Catholic Conference. Messe e speciali preghiere coinvolgeranno le comunità di immigrati: il 24 giugno la diocesi di Dallas celebrerà una Fortnight Mass per la comunità ispanica, cui seguirà un incontro educativo sempre in lingua spagnola. BUENOS AIRES, 14. L’arcivescovo di Mendoza, monsignor José María Arancibia, ha ribadito l’impegno della Chiesa cattolica in Argentina per il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale e si è rammaricato che nel Paese si stia impoverendo l’immagine della famiglia e del matrimonio. In un’intervista al quotidiano «El Sol», l’arcivescovo, a proposito della riforma del codice civile, ha affermato «che la Chiesa ha già espresso un parere critico riguardo alla parte relativa alla famiglia e al divorzio. Ci sono aspetti che stanno impoverendo l’immagine della famiglia e del matrimonio. E questo mi preoccupa. Se un matrimonio non ha come valore la fedeltà, tutto perde consistenza». Inoltre, il presule riguardo all’adozione dei bambini, ha messo in discussione il fatto che si voglia dare questo diritto a coppie dello stesso sesso. «Alcuni — ha sottolineato — pensano che la figura materna e quella paterna siano più adatte per lo sviluppo di bambini e adolescenti. Sono ruoli complementari. La questione è se tutti i cambiamenti culturali siano in realtà vantaggiosi per gli esseri umani. La Chiesa cattolica difende un modello non solo dai tratti religiosi, ma anche umani». Monsignor Arancibia ha anche criticato la depenalizzazione dell’aborto in caso di stupro, e ha affermato che «nessuna donna merita un aborto: il nascituro non è colpevole. Un’ingiustizia non si risolve con un’altra. La donna che subisce violenza è già una grave ingiustizia. Ma se sopprimiamo una vita, anche questa lo è». L’arcivescovo di Mendoza si è detto preoccupato perché con la recente decisione della Corte suprema di giustizia i casi di aborto non punibile stanno diventando sempre più numerosi nel Paese. Attualmente, il codice penale argentino stabilisce che l’aborto non è punibile se la gravidanza è frutto di atto commesso contro una donna affetta da disturbi mentali o nei casi in cui sia a rischio la vita o la salute della donna, ma nello specifico è stata riconosciuta dal tribunale la legittimità della volontà di abortire anche in assenza di disturbi mentali della minorenne. «Deploro — ha sottolineato il presule — anche tanta inclinazione da parte di numerosi movimenti femministi che difendono l’aborto come se fosse un diritto della donna. Mi dispiace che vi siano queste correnti femministe quando è proprio la donna colei che accompagna e assiste malati, bambini, genitori, con sentimento materno o umanitario». Lutto nell’episcopato Monsignor Luiz Gonzaga Bergonzini, vescovo emerito di Guarulhos, in Brasile, è morto nell’ospedale Stella Maris della città episcopale, dopo una lunga malattia. Il compianto presule era nato in São João da Boa Vista il 20 maggio 1936 ed era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1959. Eletto alla sede residenziale di Guarulhos il 4 dicembre 1991, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 febbraio 1992. Dopo circa vent’anni di ministero, il 23 novembre 2011 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie vengono celebrate giovedì pomeriggio, 14 giugno, alle ore 16, nella cattedrale Nossa Senhora Imaculada Conceição di Guarulhos, dove il presule sarà anche sepolto. Nel marzo scorso in Argentina è partita una campagna promossa dalla Chiesa per la raccolta di firme a sostegno di una «Legge per la tutela integrale della famiglia». Per la sua approvazione il disegno di legge richiede cinquecentomila firme. Alcuni tra i punti salienti della legge riguardano i princìpi basilari della politica familiare argentina, il riconoscimento della famiglia come società naturale e primaria, fondata sul matrimonio, inteso come unione stabile tra un uomo e una donna, e aperto alla vita nascente; la promo- zione integrale della donna e il riconoscimento della maternità come bene sociale e personale, valorizzando il suo ruolo insostituibile di madre ed educatrice; il rispetto e la tutela della vita di tutti gli esseri umani sin dal momento del concepimento, a partire dalla fecondazione dell’ovulo, fino alla sua fine naturale. Tra i punti cardine si dichiara anche che l’interruzione volontaria della gravidanza costituisce una grave violazione del diritto fondamentale alla vita di ogni essere umano. Monsignor Morga sul congresso catechistico argentino Architrave della formazione BUENOS AIRES, 14. «Un’esperienza ecclesiale intensa, molto significativa; una Chiesa viva, dinamica che intende, mediante la catechesi, attuare la nuova evangelizzazione fortemente auspicata da Benedetto XVI». Con queste espressioni l’arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, segretario della Congregazione per il Clero, sintetizza l’intenzionalità profonda del terzo Congresso catechistico nazionale svoltosi, nei giorni scorsi, a Morón, in Argentina, promosso dalla Commissione episcopale per la catechesi della Conferenza episcopale argentina, sul tema generale «Anticipare l’aurora, attivare la speranza». Vi hanno preso parte circa 40 vescovi e 1200 congressisti delegati, tra sacerdoti, religiosi, religiose e laici, provenienti da tutte le diocesi del Paese. Sulla scia del Congresso di Aparecida, il Continente latinoamericano e caraibico — sottolinea il presule, delegato del Papa al congresso — è attualmente impegnato «in una radicale e capillare evangelizzazione che esige una necessaria conversione sia a livello personale che pastorale; una vera missione continentale che richiede un rinnovato impegno missionario tale da rispondere alle sfide epocali in atto in ambito culturale, familiare, sociale. Quindi una nuova e urgente azione pastorale nella quale la catechesi ha, e deve sempre più avere, il suo ruolo specifico». Essa, infatti, «nell’esprimere il mistero della Chiesa e nel trasmettere integralmente e nella verità il depositum fidei, non può sottrarsi a questa dinamica di crescita e di ascolto delle rinnovate esigenze del credente». Secondo il segretario della Congregazione per il Clero, dinanzi alle profonde trasformazioni della società argentina, e in generale di tutta l’America Latina, «la Chiesa non può pensare di adagiarsi nella consapevolezza che la tradizione cristiana sociale, culturale e familiare sia bastevole ad affrontare un cammino di rinnovamento e di crescita. Anche in quel continente ci si ritrova al cospetto di una situazione di avanzata secolarizzazione, indice di un decremento dello spirito religioso, che ha favorito la crescita della presenza delle sette religiose». In tale contesto allora — evidenzia l’arcivescovo Morga Iruzubieta — «i catechisti, guidati dai pastori, hanno optato per una catechesi di iniziazione cristiana, di ispirazione catecumenale, che implica un processo di crescita e di maturazione della fede iniziale e di coerenza di vita (valore della testimonianza), alla luce della Parola di Dio interpretata dal Magistero, radicata nella vita liturgica, parte principale di tale processo. Questa catechesi è ispirala al Rituale dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti e dura tutta la vita mediante una formazione cristiana permanente». Con l’iniziazione cristiana — puntualizza il presule — la «Chiesa madre genera i suoi figli e rigenera se stessa. Nell’iniziazione esprime il suo volto missionario verso chi chiede la fede e verso le nuove generazioni. In prospettiva catecumenale il cammino scandito in tappe offre percorsi differenziati e integrali. Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere la fede, ricordando che chi costruisce la casa sulla roccia deve “ascoltare” la Parola di Gesù e “metterla in pratica”». La fede, dunque, deve essere «nutrita di Parola di Dio e resa capace di mostrarne la credibilità per l’uomo d’oggi. All’immagine di una Chiesa che continua a generare i propri figli all’interno di un percorso di trasmissione generazionale della fede, nel continente latinoamericano si affianca quella di una Chiesa che, prendendo atto della scissione tra fede e cultura nella società, propone quindi itinerari di iniziazione cristiana per tutti: bambini, giovani ed adulti». Per l’arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, l’Anno della Fede, voluto dal Santo Padre, unitamente alla celebrazione del prossimo Sinodo per la Nuova Evangelizzazione ha avuto una profonda eco nel simposio dei catechisti in Argentina. Tali eventi, infatti, «sono preziosissimi per ricordare all’Orbe cattolico l’importanza della catechesi, per riscoprire i contenuti della fede “professata, celebrata, vissuta e pregata” e il valore della nuova evangelizzazione. Ho personalmente riscontrato poi, in vista di tali eventi, tanto desiderio ed entusiasmo missionario per rilanciare una catechesi davvero incisiva. Si vuole puntare sul catechismo come sull’architrave della formazione permanente». Anche il rettore dell’Istituto superiore di catechesi argentino (Isca), il sacerdote José Luis Quijano, riferendosi al congresso, ha detto che l’evento è stato innanzitutto un segno di ecclesialità, una sinfonia di linguaggi nell’unica Parola di Dio: «Il Catechismo è un libro della fede, per l’insegnamento della fede, un’esperienza profondamente umana». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 venerdì 15 giugno 2012 Il cardinale Gianfranco Ravasi presenta il nuovo dipartimento del suo dicastero Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede Sport e cultura per un rinnovato umanesimo Il cardinale Levada incontra monsignor Fellay Lo sport ha bisogno di una catarsi contro le degenerazioni, affinché torni a essere un fenomeno culturale significativo. Non usa mezzi termini il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nell’esprimere il suo pensiero sullo sport. Lo ha fatto durante la presentazione presso il dicastero, giovedì mattina, 14 giugno, del nomeno degenerato. È questo del resto il senso dell’analisi culturale che il Pontificio Consiglio ha come missione, in vista di un discernimento, ovvero: comprendere per poter evangelizzare. La cultura non si evangelizza dal di fuori, ma dal suo cuore, dal di dentro di ogni fenomeno culturale. Detto in altri termini, prima di parlare al mondo dello capace anche di scatenare le passioni più forti. In taluni casi si trasforma in un fenomeno preoccupante di violenza, rifugio di frange estremiste, xenofobe e radicali. Altre volte, invece, è un fattore di aggregazione sociale: la squadra nazionale, per esempio, in alcuni casi rimane l’unico collante che tiene insieme un Paese laddove i simboli tradizionali Il calciatore della nazionale greca Dimitris Salpingidis nel classico atteggiamento di chi affida al cielo le proprie prestazioni sportive (foto Ansa) nuovo dipartimento «Cultura e sport». L’iniziativa si affianca a quella analoga del Pontificio Consiglio per i Laici, che dal 2004 ha al suo interno una sezione Chiesa e sport. Obiettivo dichiarato è quello di definire nuove linee di approccio culturale al fenomeno sportivo, tese a individuare nello sport il «luogo» privilegiato del dialogo tra la Chiesa, la cultura e il mondo giovanile, e un nuovo areopago di incontro tra credenti e non-credenti, nello spirito del «cortile dei gentili». Dal punto di vista ecclesiale, è stato fatto anche notare, il mondo dello sport richiede uno sguardo attento che cerchi di capirne le dinamiche e i valori di cui è portatore, prima di condannarlo come un fe- Raccolti in volume e in e-book i discorsi del Papa a Milano I discorsi e le omelie pronunciati da Benedetto XVI in occasione della visita pastorale all’arcidiocesi di Milano e per l’Incontro mondiale delle famiglie sono stati raccolti in un volume, con la prefazione del cardinale arcivescovo Angelo Scola. In libreria da lunedì scorso, 11 giugno, appena una settimana dopo gli avvenimenti, la pubblicazione ha come titolo il tema del VII raduno internazionale «La famiglia: il lavoro e la festa». «Il presente volume — scrive il cardinale Scola nella prefazione — raccoglie il prezioso insegnamento che il Santo Padre ci ha offerto a Milano. Chiedo a tutti i fedeli ambrosiani di farne oggetto di lavoro, personale e comunitario, in famiglia, nelle parrocchie, negli oratori, nelle aggregazioni dei fedeli. Quale migliore introduzione all’Anno della fede ormai alle porte?». Pubblicato dal Centro ambrosiano l’instant book (64 pagine, 3,40 euro) propone tutti gli otto interventi del Pontefice nella metropoli milanese dal 1° al 3 giugno — dal saluto in piazza Duomo fino all’omelia della messa solenne a Bresso, davanti a oltre un milione di fedeli — e, per concludere, la catechesi all’udienza generale in piazza San Pietro mercoledì 6 giugno, nella quale Benedetto XVI ha definito l’Incontro di Milano «un’eloquente epifania della famiglia». La raccolta è disponibile anche in formula di e-book, acquistabile in tutte le librerie italiane on-line al prezzo ridotto di 1,99 euro. sport, è necessario ascoltarlo e cercare di capirlo. Perciò, il Dipartimento non cercherà soltanto di parlare al mondo dello sport ma anche portare alla Chiesa l’eco delle grandi aspirazioni culturali di questo mondo, approfondendo le sue attese contemporanee ed esplorando nuove vie di dialogo culturale con i suoi protagonisti. La nuova struttura, ha spiegato il cardinale Ravasi, si colloca sulla scia di altri organismi della Santa Sede che cercano di collegare la Chiesa al mondo dello sport, ma con lo stile proprio del Pontificio Consiglio della Cultura. Punto di partenza è l’importanza che lo sport ha acquisito nella cultura contemporanea come fenomeno di massa. Il mercato dello sport muove cifre da capogiro, ma è (la bandiera e l’inno) sono messi in discussione. Nel mondo cristiano, lo sport, ha fatto notare il porporato, è evocato anche nel suo aspetto ludico e come rappresentazione dell’attività creatrice. San Paolo, ha ricordato, parla dello sport almeno una o due volte nel nuovo Testamento. Nel suo «testamento», nel secondo capitolo della seconda Lettera a Timoteo, l’Apostolo paragona la sua vita a una corsa. Dalle sue parole si evince come egli conosca la tecnica del pugilato. E su questa scia il nuovo dipartimento cercherà di promuovere l’incontro tra il messaggio salvifico del Vangelo e il mondo dello sport, affinché esso si apra sempre più alla fede cristiana, creatrice di cultura e fonte ispiratrice di scienze, lettere e arti; favorire l’utilizzo dello sport come risorsa educativa e strumento di sviluppo culturale dei popoli; allacciare, assieme agli altri uffici della Santa Sede operanti in questo settore, rapporti con gli organismi internazionali dello sport, e con le associazioni cattoliche sportive; facilitare il dialogo Chiesa-sport a livello di università e di centri e organizzazioni sportivi, e promuovere incontri significativi mediante questi mondi culturali. Alla presentazione del nuovo dipartimento sono intervenuti tra gli altri anche padre Kevin Lixey, responsabile della sezione Chiesa e sport del Pontificio Consiglio per i Laici, monsignor Melchor José Sánchez de Toca y Alameda, il quale ha annunciato l’avvio della seconda edizione della Scuola di Pensiero «per ridare anima allo sport e formare educatori sportivi». È stata inoltre annunciata la nascita del nuovo sito internet del dicastero www.cultura.va. È poi intervenuto Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, il quale si è soffermato sui valori interni ed esterni dell’attività sportiva notando come purtroppo il mercato abbia narcotizzato lo sport. Il pallavolista Andrea Zorzi ha sottolineato poi l’importanza di ridefinire il concetto di sport. Da annotare poi che il cardinale Ravasi ha anche informato a proposito di due appuntamenti promossi dal dicastero. Il primo avrà luogo, venerdì 22 giugno: nella sede del Pontificio Consiglio, il presidente della Repubblica dell’Azerbaigian firmerà l’intesa per il finanziamento dei lavori nelle catacombe romane dei Santi Marcellino e Pietro ad duas lauros, sulla via Casilina. Sarà la prima volta che un capo di Stato musulmano contribuisce al restauro di una catacomba cristiana. L’altro appuntamento è per martedì 26 giugno, nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, dove si riunirà il «cortile dei gentili» sul tema «Verità e diplomazia», riservato agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e il Quirinale. L’incontro sarà presieduto dallo stesso cardinale Ravasi e dal rappresentante diplomatico del Governo italiano presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco. Successo e promozione della Petriana basket nel campionato nazionale Dall’oratorio alla serie C Festa grande domenica prossima, 17 giugno, al Pontificio Oratorio di San Pietro. C’è da festeggiare l’ennesima impresa della squadra di basket che, nonostante un calendario da brivido nei play off per l’accesso alla divisione nazionale C, riesce a centrare l’obiettivo. Sebbene società amatoriale, o meglio oratoriana, la Petriana basket è una delle più antiche società sportive della capitale. È stata infatti fondata nel 1929. Nell’ambito oratoriano si esercitano diverse attività sportive a livello regionale e provinciale riservate ai giovani: dal calcio, al nuoto, al calcetto, ma il vero fiore all’occhiello è proprio la squadra di basket che ha tra l’altro militato addirittura nella serie B nazionale nel 1996. «Dopo la vittoria del 1996 che ci portò nella serie B — dice il presi- dente Fioravanti, — oggi, dopo un periodo difficile, si è realizzato un altro sogno, il ritorno ad alti livelli con la promozione in serie C. Il merito va a tutti i ragazzi del giovane coach Pazzi, figlio di due “petrianini” doc: Giorgio e Anna; al suo vice Di Giacomo; ai “senatori” Coltellacci, Focardi, Forti, e Piazza». Un merito particolare il presidente lo attribuisce proprio ai ragazzi cresciuti nel vivaio della Petriana: Martongelli, Fioravanti, Nero, Lombardi, Fiori, Forgione, De Santis, Spalvieri, Arena, Battistini, Buonfiglio, Lorenzi, Melillo, Michele, Maselli, Umar e Cesareni. «Un risultato che ci inorgoglisce — aggiunge monsignor Bruno Guiotto, direttore storico del Pontificio Oratorio San Pietro — perché maturato nel “clima” che si respira nell’Oratorio San Pietro. Per questo io credo che questo successo vada suddiviso tra tutte le numerose famiglie dei nostri giovani atleti — che non hanno fatto mai mancare il loro caloroso apporto — i dirigenti Cacciatori, Papi, Lombardi e il direttore sportivo Fabbri». Un buon auspicio anche per il neo presidente della Polisportiva monsignor Tolotto. Il presidente Fioravanti e il direttore tecnico Tuccinardi già guardano alla prossima stagione, quando, oltre al rientro dalla Germania di Emanuele Tuccinardi sarà fondamentale l’apporto dei vari Battistini, Arena e degli altri “under” che avranno un ruolo determinante nel prossimo campionato. Risultato eccellente anche per la squadra femminile, promossa quest’anno in serie B. Nel pomeriggio di mercoledì 13 giugno si sono incontrati il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, e monsignor Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, insieme a un suo assistente. Lo riferisce la Sala Stampa della Santa Sede in un comunicato. Erano presenti anche l’arcivescovo Luis Ladaria, segretario della medesima Congregazione, e monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei. L’oggetto dell’incontro era quello di presentare la valutazione della Santa Sede circa il testo consegnato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X nel mese di aprile, in risposta al Preambolo dottrinale, sottoposto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 14 settembre 2011 a detta Fraternità. Nella discussione successiva si è avuta anche la possi- bilità di offrire le opportune spiegazioni e precisazioni. Monsignor Fellay da parte sua ha illustrato la situazione attuale della Fraternità Sacerdotale San Pio X e ha promesso di far conoscere la sua risposta in tempi ragionevoli. Durante il medesimo incontro si è anche consegnata una bozza di documento con il quale viene proposta una Prelatura Personale come strumento più adatto a un eventuale riconoscimento canonico della Fraternità. Come già detto nel comunicato stampa del 16 maggio 2012, si conferma che la situazione degli altri tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X sarà trattata separatamente e singolarmente. A conclusione della riunione si è auspicato che anche attraverso questo momento ulteriore di riflessione si possa giungere alla piena comunione della Fraternità Sacerdotale San Pio X con la Sede Apostolica. Concluso il convegno dei cappellani dell’aviazione civile Il Vangelo in aeroporto È possibile fare evangelizzazione in un luogo dove ogni giorno si incrociano le strade di migliaia di persone «di passaggio», in viaggio per motivi diversi — lavoro, istruzione, turismo, necessità economiche, costrizioni sociali — alla volta di Paesi geograficamente e culturalmente lontani da quelli di origine? È la sfida alla quale hanno cercato di dare risposta in questi giorni i partecipanti al quindicesimo seminario mondiale dei cappellani cattolici dell’aviazioUn viaggiatore all’aeroporto statunitense di Atlanta (foto Ap) ne civile e membri delle cappellanie, riuniti da lunedì 11 giugno a Roma per Una situazione rispecchiata con eviiniziativa del Pontificio Consiglio denza nel mondo della mobilità aedella Pastorale per i Migranti e gli rea, che ormai ha assunto i caratteri Itineranti. di «un vero crocevia umano». A partire dalle indicazioni di BePartendo dalla constatazione che nedetto XVI — che ricevendoli in il nostro tempo è caratterizzato anudienza proprio all’inizio dei lavori che dalla «secolarizzazione» e seha raccomandato di «annunciare gnato dall’emergere di «nuovi mocon forza rinnovata la Buona No- vimenti settari», con una «diffusa vella, con la parola, con la presen- insensibilità nei confronti della fede za, con l’esempio e con la testimo- cristiana» e da «una marcata tennianza, ben consapevoli che, pur denza alla frammentarietà» — come nell’occasionalità degli incontri, la afferma Benedetto XVI nel recente gente sa riconoscere un uomo di messaggio per la Giornata mondiaDio e che spesso anche un piccolo le del migrante e del rifugiato — la seme in un terreno accogliente può Chiesa, ha sottolineato il porporagermogliare e produrre frutti ab- to, «si sente sollecitata a rivedere i bondanti» — e dalle esperienze del- suoi metodi, le sue espressioni e il le varie cappellanie rappresentate suo linguaggio, rinnovando il suo (32 aeroporti internazionali di 15 ardore e slancio missionario». Paesi dell’Europa, delle Americhe e Tra le prime indicazioni emerse dell’Africa), i convegnisti hanno la- in questo senso il cardinale Vegliò vorato fino a mercoledì sera, 13 giu- ha segnalato la necessità di un gno, al testo del documento finale. coinvolgimento diretto da parte Nel quale sono convenute le rifles- delle diverse componenti ecclesiali, sioni e le testimonianze di tre inten- prime fra tutte proprio le diocesi se giornate di studio scandite dalla interessate dal fenomeno, nel quale volontà di individuare strumenti e ha detto «si possono scoprire nuove modalità al passo con i tempi, per modalità di presenza e di annunrealizzare il compito della «nuova cio». Resta naturalmente fermo il evangelizzazione nel mondo ruolo degli operatori pastorali, chiadell’aviazione civile». mati ad agire in comunione d’intenCompito non facile, ha avvertito ti con il vescovo e in assoluta fedelsin dall’inizio il cardinale Antonio tà agli insegnamenti della Chiesa. Maria Vegliò, presidente del dicaTra i relatori che si sono sussestero promotore. Soprattutto perché ha a che fare con il complesso guiti in queste giornate l’arcivescomondo della mobilità umana, nel vo Rino Fisichella, presidente del quale convergono le aspirazioni e le Pontificio Consiglio per la Promosperanze ma anche i disagi e i zione della Nuova Evangelizzaziodrammi dell’umanità contempora- ne, il quale ha confermato l’impornea. Diverse infatti, ha notato il tanza che — per gli obiettivi voluti porporato, sono «le cause che spin- dal Papa nell’istituire il dicastero — gono la gente a varcare i confini gioca proprio la pastorale negli aegeografici della propria patria, dai roporti. Un contributo interessante è vemovimenti intrapresi in piena libertà a quelli fatti con la massima co- nuto dalla relazione del reverendo strizione». E il fatto che oggi molti Louis Cameli, cappellano dell’aerodi questi spostamenti siano possibi- porto internazionale statunitense di li «grazie alla facilità di viaggiare Chicago-O’hare. Sottolineata l’imofferta dal trasporto aereo» non fa portanza della formazione dei capche accentuare il legame tra mobili- pellani — ha posto l’accento in partà umana e globalizzazione: un fe- ticolare sulla capacità di comunicanomeno che «non è semplicemente re attraverso i mezzi messi a dispoun processo socio-economico — ha sizione dalle nuove tecnologie — rilevato il porporato — ma un per- Cameli si è soffermato sulle azioni corso che rende l’umanità sempre da porre in atto per centrare più interconnessa, superando i con- l’obiettivo: favorire l’incontro casuafini geografici e culturali». Essa le; organizzare incontri programma«ha prodotto una mescolanza di ti; adottare il metodo della «espanpersone e di popoli senza preceden- sione virale» del messaggio prenti, con problematiche nuove non dendo a modello la metodologia di solo dal punto di vista umano, ma diffusione video su internet; agire anche etico, religioso e spirituale». con il metodo «ricerca-intervento».