opo la lettera
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REGATT 10-2009.qxd 13/05/2009 L EFEBVRIANI 17.19 Pagina 312 - Ve scov i , p a p a e p o l i t i c i D opo la lettera L e gravi turbolenze comunicative della vicenda lefebvriana dentro e fuori la Chiesa (cf. Regno-att. 4,2009,76; Regno-doc. 3,2009,69) hanno portato a una condizione di stallo. La Fraternità San Pio X non ha rinunciato a nessuna delle sue posizioni critiche: attacca frontalmente i vescovi, e quelli tedeschi in particolare, colpevoli di lasciarsi strumentalizzare dallo stato e di criticarla (p. F. Schmidberger e mons. B. Fellay); ordina illecitamente 19 suddiaconi a Écône il 29 marzo, esibendo l’ordinazione come un gesto di obbedienza a Roma (per il fatto di non averli ordinati a Zaitzkofen in Germania) ma contro l’esplicita volontà dei vescovi locali: G.L. Müller di Regensburg (Germania) e N. Brunner di Sion (Svizzera); nella preghiera del Venerdì santo usa ostentatamente la vecchia preghiera per la conversione degli ebrei e non pretende da mons. Williamson l’immediata ritrattazione delle sue affermazioni antisemite. Si dichiara disponibile ai colloqui con Roma, ma ricorda che «non serve a nulla invocare il diritto per tentare di soffocare la vita della nostra società sacerdotale». Più argomentata e sofferta la reazione di molti vescovi. Tutti gli episcopati interessati hanno ben recepito la lettera di Benedetto XVI (cf. Regno-att. 6,2009,145; Regno-doc. 7,2009,193). Pieno apprezzamento per la spiegazione del papa sulla difficile vicenda, volontà di appianare le tensioni all’interno delle singole diocesi e nei confronti delle istituzioni accademiche (cf. qui a p. 311ss), segnalazione degli atteggiamenti più produttivi e conformi allo stile ecclesiale: queste le indicazioni più condivise. Parlando ai vescovi francesi in assemblea generale il 31 marzo, il card. A. Vingt-Trois, vescovo di Parigi e presidente della Conferenza dei vescovi francesi, afferma: «Ho anche detto al papa che l’emozione che ha percorso la nostra Chiesa, in Francia, non ha espresso solamente il risentimento degli specialisti dell’opposizione alle istituzioni, né il desiderio di nuocere alla Chiesa (…). Fra i cristiani e non solo, la tristezza e la delusione manifestano anche un reale attaccamento alla Chiesa (…). La nota della Segreteria di stato e la lettera personale del papa ai vescovi hanno dato rassicurazioni sulle condizioni della concessione alla Fraternità San Pio X di uno statuto canonico» (Regno-doc. 9,2009,282). Allargando l’attenzione al dibattito sulla scomunica alla madre e ai medici per l’aborto procurato ad una adolescente in Brasile (cf. Regno-att. 8,2009,242) e alle polemiche sulle affermazioni sull’uso o meno nel preservativo in occasione del viaggio del papa in Africa (cf. Regno-doc. 7,2009,199), mons. A. Rouet, vescovo di Poitiers, afferma: «Dobbiamo rivedere il posizionamento della nostra Chiesa nel mondo. È necessario calibrare di nuovo il modo della sua presenza. Ci si rende conto che ogni parola che scende dall’alto, che non è frutto di un dialogo, dopo aver ascoltato e compreso l’altro, non può più essere una parola credibile». I vescovi austriaci il 16 febbraio affermano come centrale la comunione con il vescovo di Roma: una solidarietà che costituisce un «elemento indefettibile della nostra identità cattolica». E a proposito del discusso caso del vescovo nominato a Linz, mons. G.M. Wagner (successivamente ritiratosi; cf. Regno-att. 4,2009,93), ricordano che «non si tratta semplicemente di diversi pareri su strutture e metodi, ma è alla fine in questione l’identità sacramentale della Chiesa cattolica […] Il cammino pastorale non si può fare che in accordo con la Chiesa universale». Il vescovo di Linz, mons. L. Schwarz, nella lettera pastorale di Quaresima (29 marzo) sottolinea lo stesso concetto: «Corriamo oggi il rischio di perdere un conte- 312 IL REGNO - AT T UA L I T À 10/2009 nuto importante della fede cristiana. Appartiene al carattere proprio di una comunità cattolica collocarsi all’interno dell’intera tradizione apostolica. Forse in qualche comunità vi è da chiedersi nuovamente quale contenuto della fede sia necessario rimettere di nuovo in luce». «Si fraintende totalmente la posizione di papa Benedetto XVI se si attribuiscono al suo comportamento ragioni diverse dal suo compito di preoccupazione e cura dell’unità della Chiesa». Così scrive il card. K. Lehmann, vescovo di Mainz, nella lettera pastorale per la Quaresima. «Egli non è un “tradizionalista” mascherato né un sostenitore nascosto del movimento di Lefebvre. È assurdo mettere in dubbio la sua fedeltà a tutto il concilio Vaticano II». «Vi esorto a non giudicare in modo miope questi fatti e a non cedere agli slogan. Ringrazio tutti coloro che in queste settimane hanno conservato la calma e la tranquillità in mezzo a tutta questa eccitazione e non hanno preso decisioni affrettate, come ad esempio quella di uscire dalla Chiesa» (Regno-doc. 9,2009,285). Il vescovo di Basilea (Svizzera), mons. Kurt Koch, in una lunga presa di posizione pubblica (datata 11 marzo) entra nella «controversia sul Concilio». La sua ottica è quella della polarizzazione impropria in cui il magistero ha il compito della mediazione: da un lato, i lefebvriani e, dall’altro, i «conciliaristi». L’occasionale evento della protesta pubblica di alcune migliaia di persone a Lucerna a difesa del Concilio e del Sinodo nazionale del 1972 gli consente di rifiutare l’insufficienza della posizione conservatrice, ma anche l’inutile aggressività di quella progressista, a cui addebita H. Küng come ispiratore e in cui iscrive anche le figure di K. Rahner e P. Hünermann. «Si è rafforzata l’impressione che coltivo da molto tempo che nella Chiesa cattolica svizzera l’inflazionato termine “dialogo” – per personale esperienza usato dai suoi sostenitori ma non da essi praticato – nella direzione tradizionalista significhi tolleranza zero, mentre in quella progressista voglia dire “tutto va bene”». Il 12 marzo il card. R. Mahony, vescovo di Los Angeles (USA), scrive al papa una lettera personale di ringraziamento per la chiarificazione con i vescovi e annota: «Non è comune per un leader mondiale riconoscere errori in certe decisioni. Ma in questo caso, benché lei se ne assuma umilmente la responsabilità, altri che lavorano nella Santa Sede non l’hanno assistita con una ricerca adeguata o non hanno sviluppato pienamente i compiti ricevuti. I suoi fratelli nel collegio dei vescovi riconoscono questo fatto e le sono grati che lei abbia trasferito la responsabilità di lavorare con gruppi non in comunione con la Chiesa alla Congregazione per la dottrina della fede» (Origins 38[2009] 41, 26.3.2009, 646). Un capitolo singolare del dopo-scomunica riguarda il mondo politico, prevalentemente europeo. L’intervento della cancelliera tedesca A. Merkel contro l’antisemitismo dei lefebvriani è stato il punto più alto e più discusso. La stessa ha apertamente apprezzato la lettera di Benedetto XVI come «molto coraggiosa», «molto personale» e «inabituale». Ha giustificato la sua critica al pontefice invocando il suo ruolo: un cancelliere non può tollerare la negazione pubblica della Shoah in Germania, anche a difesa del papa stesso. E ha confermato l’ispirazione cristiana del suo partito, importante per gli evangelici come per i cattolici, indicazione fondamentale per l’immagine di uomo a cui il partito si richiama. Sul caso Williamson erano intervenuti anche il ministro degli Esteri e il governo israeliano. Lorenzo Prezzi