l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLIV n. 262 (46.804) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 16 novembre 2014 . Incontrando i medici cattolici il Papa chiede scelte coraggiose fino all’obiezione di coscienza Summit in Australia Giocare con la vita è peccato La sfida della crescita al G20 E riafferma che non è lecito far fuori qualcuno per risolvere un problema Giocare con la vita è un «peccato contro Dio creatore». Il monito viene da Papa Francesco, che parlando ai membri dell’Associazione medici cattolici italiani — ricevuti in udienza nella mattina di sabato 15 novembre, nell’Aula Paolo VI — ha ricordato che ogni vita «è sacra, valida e inviolabile», e come tale «va amata, difesa e curata». Il Pontefice ha messo in guardia, in particolare, da quell’atteggiamento di «falsa compassione» che «ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre». La vera compassione evangelica, ha puntualizzato, è invece quella del buon samaritano, che si avvicina, accompagna e offre aiuto concreto difendendo e rispettando la vita come «dono di Dio». Un rispetto che — ha assicurato — «a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza». «Noi stiamo vivendo un tempo di sperimentazioni con la vita» ha denunciato Francesco, ribadendo che l’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’aborto non deriva da argomentazioni religiose o da speculazioni filosofiche ma da motivazioni essenzialmente scientifiche, «perché lì — ha spiegato — c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema». Lo stesso vale per l’eutanasia: non solo per quella procurata ma anche per l’«eutanasia nascosta» che oggi emargina e scarta gli anziani. Da qui l’invito del Pontefice, che ha chiesto ai medici di «essere sempre servitori della vita» nella sua «dignità, sacralità e inviolabilità». PAGINA 8 Ancora sottovalutato l’impatto della fame su milioni di persone L’Asia e la minaccia della malnutrizione NEW YORK, 15. La malnutrizione resta una minaccia per l’Asia. A lanciare l’allarme è l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, secondo il quale è ancora sottovalutato l’impatto che un’alimentazione inadeguata e inadeguate condizioni igieniche hanno su tanti bambini e giovani in Asia meridionale. «Una problematica — ha sottolineato il vicedirettore dei programmi regionali, Geeta Rao Gupta — che per molti inizia ancora prima della nascita, dato lo stato di prostrazione Dopo settimane di tensione sulla spianata delle moschee Calma a Gerusalemme est o l’estrema giovinezza delle madri». Per un numero ancora maggiore di giovani, «la situazione nutrizionale si deteriora progressivamente nei primi due anni di vita per la povera qualità della dieta, ma anche per la possibilità di insorgenza di patologie derivanti dalla mancanza di igiene e latrine» ha evidenziato Gupta. Indicazioni, queste, emerse e discusse in una conferenza organizzata dall’Unicef e dedicata alla denutrizione infantile, che si è conclusa ieri nella capitale indiana New Delhi. Ragioni economiche e socio-culturali — come è stato rilevato nell’incontro — accrescono il problema. Tra queste in particolare la mancanza di autonomia economica delle madri e la preferenza per il figlio maschio, una circostanza che aggrava la condizione delle bambine. Un terzo delle donne in Asia meridionale è sottopeso, anemiche o entrambe le cose. La regione è l’epicentro di una crisi globale da malnutrizione, con oltre 63 milioni di bambini colpiti. «I due terzi dei piccoli sono nutriti con diete che non rispettano i requisiti minimi per una crescita e uno sviluppo regolari e il quaranta per cento delle famiglie espleta i suoi bisogni fisici all’aperto: dobbiamo intervenire ora per fermare questo stato di cose» ha detto durante la conferenza la responsabile della sede dell’Unicef per l’Asia meridionale, Karin Hulshof. Una denutrizione precoce — sottolineano gli esperti dell’Unicef — raramente può essere recuperata e, a parte le conseguenze su vari aspetti della vita quotidiana, come ad esempio seri limiti alla capacità di concentrazione e apprendimento oppure di movimento, può portare anche a morte prematura perché gli organi non raggiungono il pieno sviluppo. Stando ai dati generali delle Nazioni Unite, la tendenza generale nella riduzione della fame nei Paesi in via di sviluppo indica che l’obiettivo di dimezzare la percentuale delle persone malnutrite entro il 2015 è ancora raggiungibile, «se interventi adeguati verranno presi e intensificati» si legge nell’ultimo bollettino Onu diffuso a settembre. Finora sono 63 i Paesi in via di sviluppo che hanno raggiunto l’obiettivo, mentre altri sei sono «sulla buona strada» per raggiungerlo entro il 2015. BRISBANE, 15. «Il nostro messaggio nei prossimi due giorni dev’essere un messaggio di speranza e di ottimismo». Con queste parole il premier australiano, Tony Abbott, ha aperto oggi il vertice del G20 a Brisbane. Un vertice di fondamentale importanza, dal quale si attendono strategie concrete sui massimi nodi della politica e dell’economia internazionali. Il rilancio della crescita e la lotta alla disoccupazione globale sono stati i temi centrali della prima giornata del summit, al di là dei numerosi incontri bilaterali tenutisi a margine. «Prima della fine dell’anno lanceremo un pacchetto di investimenti a livello di Unione europea del valore di trecento miliardi di euro, mettendo in campo una nostra cabina di regia insieme alla Banca europea degli investimenti» ha sottolineato il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, parlando alla platea dei capi di Stato e di Governo. «Accolgo favorevolmente il piano di Juncker — ha spiegato il presidente uscente del Consiglio Ue, Hermann Van Rompuy — perché crediamo che ci sia una forte sinergia tra gli investimenti del G20 e quelli europei». Sulla stessa linea, gli Stati Uniti. Durante il suo intervento, il presidente Obama ha chiesto ai leader più impegno per rilanciare la crescita e l’occupazione. «In questi anni — ha detto l’inquilino della Casa Bianca — gli Stati Uniti hanno dato lavoro a molte persone, più che in tutte le altre economie sviluppate. Ma non ci si può attendere che portino l’economia mondiale sulle loro spalle». E dunque «il G20 ha la responsabilità di agire per stimolare la domanda, investire di più e creare posti di lavoro». Sul fronte del clima, Obama ha annunciato che Washington metterà a disposizione dei Paesi emergenti tre miliardi di dollari per combattere gli effetti nocivi dei gas serra e dell’inquinamento. Nessun Paese — ha detto il presidente — è immune al cambiamento climatico, che è la maggiore sfida da affrontare in questo momento. «Ogni Paese ha la responsabilità di fare la sua parte». L’annuncio del presidente statunitense segue a meno di 72 ore la storica intesa raggiunta tra Usa e Cina per la protezione dell’ambiente. L’accordo, annunciato congiuntamente dal presidente Obama e dal capo di Stato cinese Xi Jinping, prevede nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio degli Stati Uniti e l’impegno della Cina per fermarne l’aumento entro il 2030. Oltre al clima e all’economia, infine, i leader si sono concentrati sulla piaga dell’ebola in Africa, dicendosi pronti a tutto per sradicare l’epidemia e ridurre le sue conseguenze economiche e umanitarie «nel breve termine» attraverso «forme di cooperazione bilaterali, regionali e multilaterali». La ricchezza dell’amore tra uomo e donna Una strada verso il mondo GERHARD MÜLLER A PAGINA 5 A PAGINA 7 Incontro del Papa con l’arcivescovo di Arbil GIANLUCA BICCINI NOSTRE INFORMAZIONI y(7HA3J1*QSSKKM( +[!#!=!#!.! Una ragazza palestinese a Gerusalemme (Ansa) TEL AVIV, 15. Dopo settimane di tensioni, sembra tornare la calma a Gerusalemme est. L’alleggerimento dei controlli da parte della polizia israeliana negli ingressi alla spianata delle moschee è una diretta conseguenza del dialogo tenuto ieri ad Amman dal segretario di Stato americano, John Kerry, dal re di Giordania Abdallah e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il capo della diplomazia americana ha poi riferito che il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha confermato «il suo impegno alla non violenza e al ripristino della calma». Tra i passi pratici delineati dall’intesa di Amman non c’è stata solo la cancellazione delle restrizio- ni di età per l’ingresso alla spianata delle moschee, uno dei tre luoghi più sacri dell’islam, ma anche la rimozione dei due checkpoint, all’ingresso e all’uscita nel quartiere arabo di Issawiya, sempre a Gerusalemme est. Un altro effetto tangibile dell’intesa di Amman è stato il ritorno in Israele dell’ambasciatore giordano, ritirato poche settimane fa per protestare contro l’alterazione dello status quo sulla spianata delle moschee. Tuttavia, se la situazione resta sotto controllo a Gerusalemme, lo stesso non accade altrove: dozzine di giovani palestinesi hanno protestato nei pressi della barriera di separazione a Qalandiya, tra Israele e la Cisgiordania. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: — Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; — Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori: — Bashar Matte Warda, Arcivescovo di Arbil, Erbil dei Caldei (Iraq); — Paul-André Durocher, Arcivescovo di Gatineau (Canada), Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada; con il Vice Presidente, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor David Douglas Crosby, Vescovo di Hamilton, e con il Vice Segretario il Signor Bede Hubbard. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Encarnación (Paraguay), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Ignacio Gogorza Izaguirre, S.C.I. di Béth., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’Ufficio di Ausiliare della Diocesi di Encarnación (Paraguay), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Claudio Silvero Acosta, S.C.I. di Béth., Vescovo titolare di Curubi, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della Diocesi di Gliwice (Polo- nia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Gerard Kusz, Vescovo titolare di Tagarbala, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Loikaw (Myanmar) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Stephen Tjephe, attuale Vescovo titolare di Novabarbara, Ausiliare di Loikaw e Amministratore Apostolico «sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis» della medesima Diocesi. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Ciudad del Este (Paraguay) il Reverendo Padre Heinz Wilhelm Steckling, O.M.I, Rettore del Seminario Maggiore degli Oblati di Maria Immacolata in Asunción (Paraguay). Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Encarnación (Paraguay) il Reverendo Padre Francisco Javier Pistilli Scorzara, dei Padri di Schönstatt, Superiore Regionale dell’Istituto Secolare dei Padri di Schönstatt per la «Regione del Padre» (Argentina, Uruguay, Paraguay e Nigeria). Il Santo Padre ha nominato Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali il Reverendo Padre Lorenzo Lorusso, O.P., finora Rettore della Basilica di San Nicola in Bari e Consultore del medesimo Dicastero, Docente di Diritto presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 16 novembre 2014 Intervento della Santa Sede a Ginevra Il dovere della pace Putin lascia prima del previsto il vertice del G20 Pubblichiamo la traduzione italiana dell’intervento svolto il 10 novembre a Ginevra dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate, in occasione dell’VIII Conferenza degli Stati aderenti al V Protocollo sui residuati bellici esplosivi della Convenzione sulla proibizione e la limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate eccessivamente dannose o aventi effetti indiscriminati (CCW). in Australia Sulla crisi ucraina permangono profonde divergenze BRISBANE, 15. Profonde divergenze permangono tra Russia e occidente sulla questione ucraina. Tanto che il presidente Vladimir Putin ha deciso di lasciare prima del previsto il vertice del G20 di Brisbane che, come rileva l’Ansa, è stato finora dominato proprio dalla situazione nelle regioni sud-orientali dell’Ucraina. «Il programma di Putin per la seconda giornata è cambiato. È stato accorciato», ha dichiarato una fonte della delegazione russa che è voluta restare anonima, facendo riferimento alla giornata di domani. Il presidente russo parteciperà alle riunioni del summit ma non sarà presente ad un pranzo ufficiale e parlerà alla stampa prima del previsto. «Il pranzo in questione è solo intrattenimento», ha aggiunto la fonte. In un discorso tenuto a Brisbane prima dell’inizio del G20 Barack Obama aveva rivendicato il ruolo degli Stati Uniti nel guidare l’opposizione della comunità internazionale «all’aggressione russa contro l’Ucraina che rappresenta una minaccia al mondo». E, come ha riferito questa mattina il viceministro degli Esteri russo Serghiei Ryabkov, anche dopo l’incontro tra Obama e Putin non si è registrato alcun miglioramento nelle relazioni. Un avvertimento a Mosca è arrivato poi dal premier britannico, David Cameron, il quale, sempre a margine del G20, ha avuto un incontro con Putin. Se «continuiamo a vedere truppe russe ci dovrà essere un rapporto molto diverso tra l’Europa e la Russia» ha dichiarato, sottolineando di non escludere nuove sanzioni. Anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha denunciato che l’attuale situazione in Ucraina «è del tutto insoddisfacente», affermando inoltre che «al momento l’aggiunta di altre personalità russe» alla lista di quelle già colpite da sanzioni Ue è sull’agenda della riunione del consiglio Affari esteri in programma lunedi a Bruxelles. Il consiglio, il primo sotto la guida del nuovo alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini, si concentrerà sulla risposta europea alla crisi. Eppure il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, e il segretario di Stato americano, John Kerry, ave- Ballottaggio alle presidenziali in Romania BUCAREST, 15. Si va verso un serrato testa a testa, in Romania, nel ballottaggio delle presidenziali che domenica vedrà opposti il primo ministro socialdemocratico, Victor Ponta, al candidato di centrodestra, Klaus Iohannis, leader del Partito liberale ed esponente della minoranza tedesca della Transilvania. Molti osservatori pronosticano un arrivo sul filo di lana, anche per il gioco degli appoggi e delle alleanze dell’ultim’ora. Ciò spiega l’appello continuo in questi giorni da parte di Iohannis agli elettori a recarsi alle urne, dopo che al primo turno solo il 53 per cento degli aventi diritto è andato a votare. Gli ultimi sondaggi indicano, comunque, un distacco ancora vistoso, con Ponta dato al 53 per cento e Johannis al 47 per cento. Il premier ha vinto il primo turno delle presidenziali del 2 novembre con circa il 40 per cento dei consensi, quasi dieci punti in più di Iohannis, al quale è andato poco più del 30 per cento dei voti. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va vano avuto ieri sera un colloquio telefonico in cui avevano sottolineato la necessità di rilanciare al più presto il lavoro del gruppo di contatto, formato da Kiev, dai separatisti filorussi e da rappresentanti dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha intanto assicurato che l’esercito è «pronto ed è in grado» di rispondere a una eventuale offensiva dei ribelli nell’est del Paese, pur ribadendo il sostegno alla soluzione politica del conflitto. E mentre la crisi ucraina si conferma il dossier più scottante del vertice del G20 di Brisbane, nella regione di Donetsk si continua a morire nonostante la tregua raggiunta a Minsk il 5 settembre scorso. Kiev ha denunciato che nei combattimenti sette soldati ucraini sono stati uccisi nelle ultime ventiquattro ore. Inoltre, sotto il fuoco dell’artiglieria sono morti cinque civili, tra cui due bambini. Lo scandalo delle tangenti del colosso petrolifero Petrobras Decine di arresti per corruzione in Brasile BRASILIA, 15. Quarantanove mandati d’arresto con l’accusa di corruzione sono stati eseguiti ieri in Brasile nell’ambito dell’inchiesta «Lava Jato» («autolavaggio»), che aveva già portato in carcere l’ex direttore del colosso petrolifero statale Petrobras, Paulo Roberto Costa. In manette sono finiti, tra gli altri, i presidenti di cinque grandi imprese nazionali (Oas, Camargo Correa, Iesa, Queiroz Galvão e Utc) e l’ex direttore servizi della Petrobras, Renato Duque. Secondo le accuse, gli imprenditori pagavano tangenti a funzionari pubblici per ottenere appalti da Petrobras. L’operazione è scattata contemporaneamente in diverse città, tra le quali la capitale Brasilia e le due principali metropoli del Paese, San Paolo e Rio de Janeiro e ha visto impegnati oltre trecento agenti della polizia federale. Tra i numerosi uffici perquisiti figurano quelli dell’impresa di costruzione Odebrecht, che ha realizzato la maggior parte degli stadi del mondiale di calcio di quest’anno. Secondo i magistrati che conducono l’inchiesta, lo schema di corruzione ha permesso il riciclaggio di almeno dieci miliardi di reais (circa 3,3 miliardi di euro). La polizia federale ha anche sequestrato conti per 720 milioni di reais (240 milioni di euro) riconducibili a 36 degli arrestati. L’inchiesta ha anche importanti risvolti politici. Tra l’altro, i magistrati ritengono che Roberto Duque fosse l’interlocutore del Partito dei lavoratori della presidente Dilma Rousseff all’interno di Petrobras e che avrebbe versato nelle casse del partito una percentuale dei proventi illeciti. Proprio la questione della corruzione legata allo scandalo Petrobras era stata uno dei temi più sollevati nella recente campagna elettorale. Il candidato di opposizione Aécio Neves aveva accusato Rousseff di voler insabbiare lo scandalo. Sia in campagna elettorale sia appena rieletta, il 26 ottobre, la presidente promise di fare piena luce sulla vicenda. Una piattaforma di Petrobras (LaPresse/Ap) Le Farc disposte a rilasciare soldati colombiani rapiti BO GOTÁ, 15. Pur avendo più volte annunciato la fine dei rapimenti e la liberazione dei prigionieri, i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno confermato oggi, attraverso un comunicato, che tengono nelle loro mani due soldati colombiani — César Ruvera Tapela e Jonathan Andrés Díaz Franco — ma sono disposti a dialogare per una loro eventuale liberazione. Il documento del gruppo Jorge Briceño considera i militari colombiani come prigionieri ma «a diffe- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Signor Presidente, Il V Protocollo non è sfuggito a questa logica. Al fine della credibilità, e per mantenere le porte aperte alle negoziazioni e all’adozione di altri strumenti in futuro, è importante che tutti gli Stati parte prendano sul serio l’attuazione di questo strumento nelle sue dimensioni sia di prevenzione, sia di rimedio. I molti recenti conflitti in Medio Oriente, Africa, Africa settentrionale ed Europa, ci ricordano le nostre responsabilità riguardo ai residuati bellici esplosivi e ordigni abbandonati. Al di là della sicurezza dei civili, stiamo assistendo a una destabilizzazione nazionale e regionale a causa della mancanza di sicurezza e di controllo delle scorte, che la comunità internazionale non è in grado di prevenire né è sufficientemente preparata a farlo. Gli Stati parte hanno la responsabilità di evitare che il V Protocollo diventi un testo incapace di prevenire e di rimediare. In questo contesto, l’attuazione dell’Articolo 4 del Protocollo si rende ancor più necessaria. Senza il rigoroso rispetto di tale articolo, sarebbe impossibile osservare gli altri provvedimenti di questo Protocollo. Dobbiamo continuare a condividere con il Comitato Internazionale della Croce Rossa, gli altri Stati parte e diverse Organizzazioni non governative (Ong), la stessa preoccu- Signor Presidente, Il successo della collaborazione tra Stati, organizzazioni internazionali e Ong in diverse aree del disarmo è ben consolidato. La CCW, compreso il V Protocollo, ha sempre aperto le proprie porte alla partecipazione della società civile e delle sue organizzazioni. Tutti noi traiamo profitto dalla professionalità e dalla competenza di queste organizzazioni. Riteniamo che debbano continuare ad avere un posto e una voce in questo luogo, e un ruolo da svolgere nella cooperazione internazionale e nella prevenzione e nel rimedio ai danni causati dai residuati bellici esplosivi. Signor Presidente, Le guerre e i conflitti armati sono sempre un fallimento della politica e dell’umanità. Il diritto umanitario internazionale deve mantenere questa dimensione umana fondamentale per rendere possibile la coesistenza a livello nazionale e internazionale. Quando la comunità internazionale non riesce a mantenere la pace, non dovrebbe accettare un secondo fallimento. Il V Protocollo è un modesto tentativo per impedire che, una volta terminato il conflitto, persone innocenti diventino vittime. L’adempimento non è solo un obbligo giuridico. È in primo luogo un dovere morale verso le persone e un dovere politico per riportare la pace. La ringrazio, Signor Presidente. Aumentano i senza tetto a New York renza dello Stato e del Governo le Farc manifestano la volontà di dialogare per la loro liberazione». Giovedì l’esercito colombiano ha confermato che due suoi soldati sono stati sequestrati la scorsa settimana dai ribelli in una zona rurale nei pressi della città di Tame, nel dipartimento di Arauca, al confine con il Venezuela. Il Governo di Bogotá e le Farc stanno portando avanti dal settembre del 2012 un processo di pace a Cuba per cercare di mettere fine a più di cinquant’anni di conflitto. Servizio vaticano: [email protected] Signor Presidente, Anzitutto desidero congratularmi con lei per aver assunto la presidenza e per tutto il lavoro preparatorio, volto a rendere il nostro incontro il più produttivo possibile. La CCW e i suoi Protocolli, compreso il V Protocollo, sono destinati a essere una parte importante del tessuto del diritto umanitario internazionale, che non è fine a se stesso, bensì un mezzo per proteggere i civili nei conflitti armati. Anche gli strumenti più perfetti sarebbero inutili se la loro attuazione non avesse conseguenze concrete per gli uomini e le donne che vivono nelle zone di conflitto armato. Siamo tutti consapevoli che l’adozione di una serie di strumenti nel campo del disarmo è stata possibile solo a livello di minimo comune denominatore. Il “realismo” invocato per convincere quanti desiderano strumenti più vigorosi è la promessa dell’attuazione in buona fede, che sarebbe un servizio prezioso ai paesi in conflitto. pazione riguardo l’attuazione dell’Articolo 4. È vero che la responsabilità principale spetta allo Stato colpito. Tuttavia, la cooperazione internazionale è anche un dovere. Quasi tutti i conflitti attuali coinvolgono attori nazionali, regionali e internazionali, attori statali e attori non statali. Occorre anche ricordare che la maggioranza dei paesi in conflitto è costituita da paesi in via di sviluppo, i quali non sempre hanno i mezzi sufficienti per superare le conseguenze del conflitto armato sul loro suolo. NEW YORK, 15. Aumenta il numero dei senza tetto a New York e sale la tensione nei principali parchi della città, scelti dai poveri come loro abitazione. Dopo un decennio in cui il numero di senza tetto per le strade della Grande Mela è calato, scendendo del 25 per cento, quest’anno si è invece assistito a un aumento del 6 per cento, per un totale di 3.357 persone senza fissa dimora. A questi si vanno ad aggiungere il numero record di senza tetto (57.676) che vivono nei rifugi e ricoveri pubblici. L’aumento dei senza tetto si è Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale tradotto in una maggiore tensione con le comunità locali, soprattutto quelle vicino ai parchi pubblici. Secondo i dati pubblicati dal dipartimento dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2012-2013, circa un milione e trecentomila bambini senza fissa dimora sono stati iscritti nelle scuole americane, con un incremento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente. Dati che sottovalutano la crisi perché non includono neonati, bambini in età prescolare e bambini di strada senza fissa dimora non identificati dal personale scolastico. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Revisione dei programmi nucleari del Pentagono WASHINGTON, 15. Il segretario alla Difesa americano, Chuck Hagel, ha ieri riconosciuto, in un incontro al Pentagono, la necessità di nuovi investimenti per aggiornare l’arsenale nucleare statunitense, dopo che una revisione da lui ordinata mesi fa ha rilevato “problemi sistematici”. Si tratta di questioni che riguardano strutture ed equipaggiamenti, in diversi casi inadeguati o invecchiati. Hagel ha quindi delineato un piano d’azione che riguarda la catena di comando e un incremento degli investimenti per il settore del 10 per cento per i prossimi cinque anni. Dopo l’annuncio, Hagel si recherà nella base dell’aeronautica di Minot, in North Dakota. Nell’installazione si trovano le testate nucleari e i missili custoditi nei silos risalenti agli anni della Guerra fredda. Il segretario alla Difesa statunitense aveva ordinato i due rapporti alla fine di gennaio, dopo l’imbarazzo suscitato dallo scandalo scoppiato nella base dell’aeronautica di Malmstrom, in Montana, dove era emerso che decine di ufficiali avevano falsificato i dati dei test effettuati mensilmente per il lancio delle testate nucleari. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 novembre 2014 pagina 3 La Mezzaluna rossa libica prepara aiuti per i civili a Bengasi (Afp) Nuove accuse dell’Onu all’Is Gli Stati Uniti escludono un’alleanza generale tra i gruppi jihadisti NEW YORK, 15. Mentre l’Onu rinnova le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità commessi dal cosiddetto Stato islamico (Is), tra gli osservatori internazionali e in larga parte delle opinioni pubbliche di molti Paesi si fa largo il timore che possa consolidarsi una generale alleanza tra i diversi gruppi di matrice jihadista. Secondo alcuni, una tale alleanza si starebbe già verificando sui fronti del conflitto siriano. Questo scenario viene però negato al momento dall’intelligence degli Stati Uniti, il Paese che guida la coalizione internazionale impegnata nel sostegno — con i raid aerei, ma anche con l’invio di istruttori militari — alle forze che fronteggiano l’offensiva dell’Is tanto in Siria quanto in Iraq. In questo senso si è espresso il responsabile dei servizi di intelligence di Washington, James Clapper, in un’intervista alla Cbs, che andrà in onda domani, ma della quale l’emittente ha già anticipato ampi estratti. Alla richiesta di commentare le indiscrezioni su una possibile alleanza fra l’Is e l’organizzazione terroristica Al Qaeda, Clapper ha risposto che i servizi da lui diretti non la stanno constatando. «Ci sono stati degli accordi tattici sul campo di battaglia, ma sono stati occasionali. Non ritengo che le due organizzazioni si uniranno, tanto meno nel breve periodo», ha specificato. Nel frattempo, a Ginevra è stato diffuso un rapporto dalla commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria, presieduta dal giurista brasiliano Paulo Pinheiro, nel quale l’Is viene accusato, come detto, di sistematiche atrocità contro le popolazioni e si chiede il deferimento dei suoi capi alla Corte penale internazionale appunto per crimini di guerra e contro l’umanità. Il rapporto, basato su trecento testimonianze raccolte e verificate dalla commissione dell’Onu, denuncia decapitazioni e lapidazioni pubbliche di uomini, donne e bambini, soprusi sulle minoranze, in particolare cristiani, sciiti e curdi. Nel documento si afferma che l’Is «ha fatto uso calcolato di brutalità in pubblico e dell’indottrinamento per ottenere la sottomissione della popolazione». Il rapporto è riferito solo al territorio siriano, ma tra gli orrori descritti ci sono quelli subiti dalle donne e ragazze yazide, una delle minoranze irachene contro la quale l’Is si è più accanito, che dopo essere state rapite in Iraq in settembre, sono state condotte in Siria e vendute come schiave sessuali. Uccisi dieci terroristi nel nord del Sinai Allarme dell’Unhcr per l’aggravarsi della crisi in Libia Centomila sfollati in un mese TRIPOLI, 15. A causa dell’inasprirsi del conflitto tra i vari gruppi armati in Libia, in particolare nelle città di Bengasi e Derna (est), Ubari (sudest) e Kikla (ovest), sono ormai più di 106.000 le persone che hanno lasciato le loro case nell’ultimo mese. Lo ha riferito una nota dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). In Libia sono ormai quasi 400.000 gli sfollati dal maggio scorso. L’assistenza sanitaria, il cibo e altri generi di prima necessità — oltre a una sistemazione in vista dell’inverno — sono diventate esigenze fondamentali. L’Unhcr e i suoi partner si stanno adoperando per soddisfare alcune di queste esigenze, ma ci sono considerevoli restrizioni nei finanziamenti destinati agli sfollati, e le condizioni di instabilità delle ultime settimane hanno reso sempre più difficile raggiungere chi si trova in situazioni di bisogno. La maggior parte degli sfollati vive presso famiglie del luogo che in alcuni casi hanno aperto le loro case a più famiglie contemporaneamente per cercare di far fronte alle crescenti necessità di riparo. Le persone che non riescono a stare con parenti e famiglie ospitanti dormono in scuole, parchi o edifici non residenziali convertiti in rifugi di emergenza. Il crescente numero di sfollati sta superando le capacità di accoglienza delle comunità locali, che hanno riferito di non essere in grado di affrontare la situazione. C’è intanto allarme oggi nella capitale libica dove le milizie islamiste hanno avvertito che agiranno contro i manifestanti che intendono celebrare oggi il primo anniversario della strage di Gharghour. Il 15 novembre 2013 una manifestazione pacifica contro la presenza a Tripoli dei gruppi armati fu repressa nel sangue dai miliziani di Misurata: morirono 43 persone, per lo più studenti, quasi cinquecento i feriti. Nei giorni scorsi gli attivisti hanno lanciato un appello a scendere in piazza oggi per sfidare le milizie e ricordare le vittime della strage. Ed è un allarme, ma anche una richiesta di aiuto quella del Governo libico di Abdullah Al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma esiliato a Tobruk, che ammette di non avere il controllo su Tripoli e la propria impotenza di fronte alle milizie che regnano nella capitale. Chiede quindi alle ambasciate straniere di provve- Boko Haram conquista la città delle liceali rapite Antischiavisti sotto attacco in Mauritania NOUAKCHOTT, 15. Le organizzazioni che si battono contro la schiavitù in Africa sembrano essere sotto attacco in questo periodo. Secondo alcuni osservatori, in questo senso vanno lette le notizie arrivate in particolare dalla Mauritania dove questa settimana sono stati arrestati nove attivisti. Tra loro c’è Biram Ould Dah Ould Abeid, candidato sconfitto alle elezioni presidenziali di quest’anno e dirigente dell’Initiative for the Resurgence of the Abolitionist Movement (Ira), un’organizzazione non governativa che si batte per la scomparsa di qualsiasi forma di Assenze eccellenti alla consegna del Nobel a Malala ISLAMABAD, 15. I primi ministri di India e Pakistan, Narendra Modi e Nawaz Sharif, non parteciperanno alla cerimonia di assegnazione del premio Nobel per la pace prevista il 10 dicembre prossimo a Oslo, come invece aveva auspicato l’attivista pakistana Malala Yousafzai, insignita dell’ambito riconoscimento insieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi. Dopo l’annuncio del premio, Malala — la più giovane vincitrice del Nobel per la pace — aveva auspicato la presenza dei due leader nella capitale della Norvegia come input per migliorare i rapporti diplomatici tra India e Pakistan, Paesi entrambi dotati di arsenale atomico. Il 9 ottobre del 2012, Malala — nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione — venne gravemente ferita alla testa e al collo dai talebani pakistani mentre tornava da scuola. dere a innalzare i propri livelli di sicurezza. All’indomani delle autobombe esplose davanti alle sedi diplomatiche di Egitto ed Emirati Arabi Uniti nella capitale, una nota del ministero degli Esteri condanna gli attentati, ma respinge ogni responsabilità. La nota spiega che la zona interessata è «fuori dal controllo dello Stato, in mano a gruppi terroristici» e invita appunto le missioni diplomatiche a prendere le misure necessarie. «Questi atti orribili confermano alla comunità internazionale il vero volto di questi gruppi e il loro comportamento distruttivo», conclude il comunicato del Governo di Al Thani. Le bombe di ieri, a giudizio concorde degli osservatori, erano un chiaro messaggio a Egitto ed Emirati Arabi Uniti, più volte accusati dal Governo “parallelo” di Omar Al Hassi e dalle milizie islamiste di aver partecipato ai raid aerei contro le basi jihadiste di Tripoli e Bengasi sin dallo scorso agosto. Finora non hanno dato esito i tentativi dell’inviato dell’Onu per la Libia, Bernardino León, di riannodare un dialogo tra Tripoli e Tobruk. schiavitù. Per questo suo impegno, l’attivista mauritano aveva ricevuto lo scorso anno il premio delle Nazioni Unite per i Diritti dell’uomo. Sempre questa settimana, la sede dell’Ira nella capitale Nouakchott è stata chiusa dalla polizia. Tanto questo provvedimento quanto gli arresti sono stati motivati con il fatto che martedì scorso si è tenuto un corteo non autorizzato nella città di Rosso, nel sud del Paese. In Mauritania la schiavitù è stata da tempo dichiarata illegale, ma resta ampiamente diffusa soprattutto nel settore del lavoro domestico. IL CAIRO, 15. Resta sempre tesa la situazione nella penisola del Sinai dopo una serie di attacchi di gruppi armati islamisti contro l’esercito e le forze di sicurezza egiziane. Almeno dieci terroristi, tra cui cinque membri della formazione jihadista Ansar Beit Al Maqdis, sono stati uccisi in operazioni militari a Sheikh Zweid, nel nord del Sinai. Lo riferiscono fonti militari, aggiungendo che altri venti estremisti sono stati arrestati. Le forze dell’ordine hanno imposto un coprifuoco provvisorio nella zona di Fayyoum, a cento chilometri a sud del Cairo, dove hanno effettuato numerose perquisizioni e hanno arrestato 17 membri dei Fratelli musulmani accusati di aver ucciso il comandante del commissariato di polizia della città. Nelle case perquisite sono stati trovati armi e volantini inneggianti al rovesciamento dello Stato. Trova una sede il torneo di calcio africano che nessuno vuole MALABO, 15. Il torneo di calcio che nessun Paese africano vuole ospitare — la Coppa d’Africa per Nazioni 2015 — si giocherà in Guinea Equatoriale. Lo ha deciso la Federcalcio africana, costretta a trovare una nuova sede dopo la rinuncia del Marocco, spaventato dall’epidemia del virus ebola. Rifiuto che alla compagine marocchina è costato l’esclusione. Le date del torneo rimangono quelle previste, dal 17 gennaio all’8 febbraio. La capitale Malabo, Bata, Mongomo ed Ebebiyin saranno le città che ospiteranno le partite della fase a gironi. La Guinea Equatoriale, terzo Paese produttore di petrolio dell’Africa subsahariana, era stata già sede del torneo nel 2012, insieme al Gabon. Dopo la rinuncia del Marocco, molti Paesi del Continente si sono affrettati a smentire possibili candidature, nel timore che l’arrivo di molti tifosi e assembramenti possano aumentare il rischio di diffusione della grave malattia di febbre emorragica, che nell’Africa occidentale ha già ucciso più di 5.150 persone. Si è così fatta avanti la Guinea Equatoriale, forte dei suoi pozzi petroliferi, che gli consentono il prodotto interno lordo pro capite più alto del continente. Il Pam costretto a dimezzare le razioni alimentari per i rifugiati nei campi in Kenya Meno cibo per i profughi somali Una madre mostra la foto della figlia rapita (LaPresse/Ap) ABUJA, 15. Si chiama Chibok la nuova roccaforte del gruppo fondamentalista islamico di Boko Haram nel nord-est della Nigeria. La città dello Stato di Borno, a ottanta chilometri da Mubi, dove ad aprile furono rapite centinaia di liceali, è caduta nelle mani del gruppo estremista islamico. I terroristi hanno fatto irruzione nel pomeriggio di ieri, distruggendo tutte le torri di telecomunicazione e le linee telefoniche. Davanti all’avanzata dei miliziani, i cittadini sono fuggiti nella foresta alle porte della città, ha precisato alla France Presse il capo del Governo locale. Un responsabile dei servizi di sicurezza della regione, il mese scorso, aveva annunciato l’imminente caduta di Chibok. Poche ore prima, gli estremisti avevano conquistato anche le città di Hong e di Gombi, nello Stato nordorientale di Adamawa. Secondo le testimonianze, a Gombi i guerriglieri di Boko Haram hanno incendiato la stazione di polizia, e le sedi dell’amministrazione e del mercato, mentre a Hong gli insorti hanno distrutto il commissariato di polizia e issato la loro bandiera nera su diversi edifici. NAIROBI, 15. A causa di insufficienti finanziamenti, il Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu distribuirà razioni di cibo dimezzate a circa mezzo milione di rifugiati, soprattutto somali, ma anche sudsudanesi, che vivono nei campi profughi kenyani di Dadaab e Kakuma. Il dimezzamento delle razioni incomincia oggi, in conseguenza del mancato arrivo dei 38 milioni di dollari per coprire le spese di assistenza ai rifugiati per i prossimi sei mesi, compresi i 15,5 milioni necessari fino a gennaio 2015. «Abbiamo fatto tutto il possibile per evitare di ridurre le razioni, incluso l’utilizzo di ogni mezzo a nostra disposizione per coprire le maggiori criticità finanziarie», ha detto Paul Turnbull, vice direttore della missione del Pam in Kenya. «Il taglio delle razioni — ha proseguito — è l’ultima risorsa e vi ricorriamo per far durare le quantità limitate di cibo che abbiamo a disposizione per le prossime dieci settimane, mentre continuiamo a fare appello all’aiuto della comunità internazionale». In Kenya il Pam distribuisce ogni mese 9.700 tonnellate di cibo, per un costo di circa dieci milioni di dollari. La razione di emergenza giornaliera è di 2.100 calorie e consiste in cereali, legumi, olio vegetale, sale e una nutriente miscela di mais e soia. Da metà novembre, i rifugiati riceveranno una razione giornaliera di cibo di 1.050 calorie. Il Pam prevede di distribuire razioni dimezzate fino alla fine di gennaio 2015, quando è previsto l’arrivo di cibo donato dagli Stati Uniti, che coprirà i bisogni per sei settimane. In un quadro tanto drammatico, c’è almeno un aspetto di relativa rassicurazione. Tra gli aiuti a rischio non figurano, infatti, le speciali forniture alimentari per neonati e donne incinte o che allattano, indispensabili per prevenire quella malnutrizione che resta la principale causa di morte nell’Africa subsahariana e che proprio nei campi profughi tocca le sue percentuali più drammatiche. Tra le forniture più importanti del Pam nei campi profughi in Kenya, per fortuna anch’esse non a rischio, c’è anche il porridge distribuito ai bambini dell’asilo e della scuola primaria. Proprio la somministrazione di questo alimento non solo costituisce un importante aiuto ai bambini per concentrarsi nelle attività scolastiche, ma rappresenta un fondamentale incentivo a mandarli a scuola per le famiglie impossibilitate a nutrirli in maniera adeguata. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 16 novembre 2014 Beato Angelico, «San Pietro martire» (Firenze, Convento di San Marco) Paolo VI e Pascal Il segnalibro ritrovato dell’immagine. La via della cultura e del Figlio è quella della parola; ma la via della mistica, che è senza mediazione, è quella del silenzio. Ha suonato già l’ora dello Spirito Santo. di MARIO SINA l 19 ottobre 2014, in occasione della beatificazione di Papa Paolo VI, «L’O sservatore Romano» ha pubblicato uno scritto nel quale il nuovo beato parla della solitudine della morte di Cristo, una solitudine «ripiena della presenza nostra», «pervasa d’amore» e invita in una parentesi a «ricordare le mystère de Jésus di Pascal». La Biblioteca Apostolica Vaticana conserva un’opera pubblicata per celebrare il terzo centenario della morte di Pascal, opera di cui Jean Guitton fece dono a Paolo VI il 2 febbraio 1966 (data desunta dalla dedica). Si tratta di una preziosa riproduzione fotostatica, nata dalle conclusioni cui Louis Lafuma era giunto nel suo paziente lavoro teso a restituire il modo di procedere di Pascal nella composizione della sua apologia della religione cristiana e lo stato in cui questi, alla morte, aveva lasciato l’opera. Anni fa, consultando questo volume presso la Biblioteca Vaticana, avevo trovato alle pagine 308-309 un’immaginetta con alcune righe di Paolo VI e ne avevo preso nota. Tornato ora nella medesima biblioteca, ho ritrovato il segno ancora allo stesso posto: alla luce della meditazione pubblicata dall’«O sservatore Romano», quel segno lasciato da Paolo VI acquistava significato. I ceverlo: essi dormono. Pascal osserva che Cristo si addolora non per sé, ma per il pericolo cui espongono se stessi; che egli dapprima li richiama con tenerezza; che poi ha la bontà di non risvegliarli e li lascia nel loro riposo; che, mentre dormono, opera la loro salvezza. Pascal rileva che Gesù ha chiesto una sola volta che il calice passasse, e che due volte ha chiesto che il calice venisse, se era necessario. Mentre i suoi amici dormivano e i suoi nemici vigilavano, egli si rimise al Padre, e in Giuda non vide che Durante la Settimana santa del 1966 l’ordine di Dio che egli amava; egli infatti Montini scrive una meditazione lo chiamò amico. Annella quale si trova un esplicito che a noi Cristo dice: «Consolati. Tu non mi rinvio a un testo del filosofo francese cercheresti se non “Le mystère de Jésus” m’avessi già trovato. Io pensavo a te nella mia agonia»; ci chiede di Le pagine 308-309 contengono in- lasciarci condurre da lui che ha così fatti una meditazione di Pascal dal ben condotto la Vergine e i santi, di titolo Le mystère de Jésus: il segno non stupirci che a noi costi qualche anni fa per me muto legava questa lacrima ciò che a lui è costato sanmeditazione di Pascal al Pensiero al- gue, di non temere: la nostra conla morte di Paolo VI. versione è affar suo. Pascal ricorda Il testamento di Paolo VI è data- che i medici non ci guariranno, dal to 30 giugno 1965. L’immaginetta momento che noi moriremo, e che porta la data del Natale 1965. Su di è Cristo che guarisce e rende imessa Paolo VI scrisse alcune parole mortali i corpi. Scrive che Cristo ci tratte da Isaia, 9: Populus qui ambu- è più amico dei nostri amici più calabat in tenebris, vidit lucem ma- ri, Cristo che non ci fa conoscere la gnam... Parvulus natus est nobis... et gravità dei nostri peccati perché vocabitur nomen Eius admirabilis, non abbiamo a perderci d’animo, consiliarius, Deus fortis, pater futuri ma che ce li mostrerà man mano saeculi, princeps pacis. Di questa im- che li avremo espiati: allora ci sarà maginetta egli si servì come segnali- detto i tuoi peccati ti sono rimessi. bro per l’opera donatagli da Jean Pascal osserva ancora che Cristo ci Guitton il 2 febbraio 1966. È verosi- ama più ardentemente di quanto mile che la meditazione di Paolo VI in cui troviamo il rinvio al Gesù non si trova nel giardino di Adamo mystère de Jésus di Pascal risalga alla Settima in quello dei supplizi mana santa del 1966. Cerca la compagnia e il conforto Scrive Paolo VI: «Un aspetto su tutti gli altri dei suoi tre più cari amici senza riceverlo principale: tradidit seDormono tutti metipsum; la sua morte fu sacrificio; morì per gli altri, morì per noi. La solitudine della morte fu ripiena noi abbiamo amato le nostre lordudella presenza nostra, fu pervasa re ed esorta a guardarsi dalla falsa d’amore: dilexit Ecclesiam (ricordare giustizia di Pilato, il quale non fece le mystère de Jésus di Pascal)» (Pao- che prolungare le pene di Cristo; lo VI, Pensiero alla morte). esorta a guardarsi dal desiderio di In Le mystère de Jésus, Pascal os- piacere al mondo e di prendere le serva che Gesù, nella sua agonia, distanze da Cristo. Quel Cristo, che soffre tormenti che egli stesso s’in- per noi si è fatto più abominevole fligge. Turbare semetipsum. Si tratta di noi stessi e che lungi dal disprezdi un supplizio di mano non uma- zarci si ritiene onorato che noi anna, supplizio che solo un onnipo- diamo a lui e lo soccorriamo, ha tente può sostenere. Gesù si trova guarito se stesso e guarirà anche non nel giardino di delizie di Ada- noi. Noi siamo allora chiamati a mo, ma in un giardino di supplizi. unirci a lui, a fare le piccole cose Pascal contempla la sua anima tri- come grandi a causa della maestà ste fino alla morte, contempla quel di Gesù Cristo che le fa in noi e Cristo che, cosa unica nella sua vi- che vive la nostra vita, e fare le ta, cerca la compagnia e il conforto grandi come piccole e facili a causa dei suoi tre più cari amici senza ri- della sua onnipotenza. La meditazione non è una moda? A colloquio con Pablo d’O rs Terrorismo del rumore di CARLO PULSONI Devo la scoperta di Pablo d’O rs a un’amica; la lettura dei suoi libri di narrativa tradotti in italiano è stata per me folgorante. Pablo d’Ors (Madrid 1963) si forma tra New York, Roma, Vienna e Praga, addottorandosi in teologia e poi in germanistica. È stato consacrato sacerdote nel 1991 e attualmente è cappellano nell’ospedale Ramon y Cajal di Madrid. Nel 2014 è stato nominato Consultore del Pontificio Consiglio della cultura. È uscito ora per Vita e Pensiero (Milano, 2014, pagine 98, euro 12) un nuovo volume intitolato Biografia del silenzio, un trattato a metà strada tra la riflessione filosofica e teolo- gica. Ho chiesto all’autore di dar conto di questo mutamento di genere. Lei è noto come romanziere. Com’è giunto a questo volume che esula dal resto della sua produzione? Effettivamente sono un narratore, non un saggista: significa che penso più in immagini che in concetti, e che credo di più nel potere della narrazione che in quello del discorso. Biografia del silenzio è, certamente, un saggio, però ha l’inconfondibile tono della narrazione e della testimonianza che oggi contraddistinguono i testi che chiamano fiction. La sua forza proviene, credo, dal suo carattere esperienziale. Perché un libro sul silenzio? Il rumore è oggi, nelle nostre società occidentali, l’autentico terrorismo. Il silenzio è perciò la nostra massima sfida. La principale necessità dell’anima è la semplicità o, si potrebbe anche dire, la rettitudine di intenzione o la purezza del cuore. E questo non è possibile senza uno spazio e un tempo di silenzio e di quiete. Risulta strano che un sacerdote e uno scrittore parli del silenzio e non della parola. Parola e silenzio sono due facce della stessa medaglia. Le vere parole nascono dai silenzi e conducono ai silenzi. La via della natura e quella del Padre è la via L’orazione contemplativa — la meditazione a cui mi riferisco nel mio piccolo libro — esiste fin dall’origine del cristianesimo. Meditatio significa permanere nel centro. Contemplatio significa stare nel tempio. Meditare è peregrinare al nostro centro, e noi cristiani siamo convinti che il nostro centro è un tempio nel quale abita l’Ospite dell’anima. Nel volume cita spesso la filosofia Zen e Budda. Come si conciliano con la sua fede? Se per i credenti niente delle cose umane dovrebbe risultare estranea, per i cercatori della verità tutta la saggezza, da qualsiasi parte essa venga, deve essere sempre la benvenuta. La verità non si può mai possedere, dato che non è una cosa, bensì una persona. Cristo è la verità, la vita, il cammino. Nella mia opinione, quanto più religiosa è una persona, tanto più aperta sarà ad altre persone, credenze, tradizioni. E tanto meno si sentirà minacciata dalla diversità. Come sacerdote mi sento chiamato a essere un “pontefice”, cioè, a tendere ponti tra il mondo e Dio, tra la società e la Chiesa, l’arte e la religione, il cristianesimo e il buddismo. Conoscere le cose altrui mi ha fatto stimare ancora di più quelle mie. Come spiega il successo di questo libro? Ha venduto 25mila copie in meno di due anni ed è stato tradotto in varie lingue. I doni del silenzio di ANTONELLA LUMINI Il silenzio prende corpo nella vita, la trasforma, aiuta a stare nella realtà senza più fuggirla. In questo libro Biografia del silenzio l’autore, Pablo d’O rs, scrittore, critico letterario e una perdita di tempo, la volontà si oppone, ma proprio durante le pause avviene il vero contatto con se stessi e con la vita: «fermarsi, tacere, ascoltare». Porsi umilmente davanti al mistero per contemplarlo senza cercare spiegazioni, liberandoci dai pensieri, perché «pensiamo molto la vita, ma la viviamo poco». Il silenzio richiama verso ditazione è quindi l’arte della resa». Non serve lo sforzo, è necessario l’abbandono. La resa porta al cedimento, libera dagli attaccamenti, dalla possessività, permette l’immersione nella parte profonda: «Vivere è trasformarsi in quello che si è». L’autore, riferendosi alla tradizione del buddismo zen ma insieme anche all’esperienza dei grandi mistici, pone al centro del percorso di trasformazione la «dissoluzione del piccolo io», cioè di tutte quel- In un mondo basato sull’efficienza fermarsi sembra una perdita di tempo Ma proprio durante le pause avviene il vero contatto con se stessi e con la vita dal 1991 sacerdote, racconta in diretta il suo percorso attraverso il silenzio e la meditazione. Emergono i tratti di una autentica esperienza interiore che, come nella migliore tradizione, scaturisce dal bisogno di conoscere se stessi. Una grande sete spinge ad entrare nel profondo, «nel proprio pozzo». Il silenzio conduce verso uno «scenario vuoto» che spaventa, ma «quel vuoto è la nostra identità più radicale, giacché non è altro che la pura capacità di recepire e di accogliere». Del resto «Dio può entrare solo in ciò che è vuoto». In un mondo basato sull’efficienza, lo stare fermi, immobili nel silenzio, sembra la natura, fa riscoprire lo stupore, la meraviglia, «riconduce verso l’infanzia perduta». Più si entra nel silenzio distaccandoci da tutto, più si partecipa intensamente di ogni attimo, di ogni cosa che facciamo. Solo così si conosce la vera gioia, che consiste semplicemente nel percepire la vita che ci attraversa. «Non è triste morire, ma farlo senza aver vissuto». La meditazione silenziosa sviluppa l’attenzione, l’intuizione, permette di entrare in contatto con il maestro interiore, ossia con la dimensione dello spirito. Libera dalle false illusioni, opera uno smascheramento, chiama al cedimento: «La me- le false identificazioni che compongono l’ego. È così che passo dopo passo il silenzio spoglia, fa cadere ogni falsa immagine di noi stessi, libera dai meccanismi psichici, portando verso quello stato di purezza in cui può emergere l’essere nudo, l’«io sono» senza più attributi: «potevo dire "sono Pablo d'Ors" o "sono cristiano". La migliore definizione di me alla quale finora sono arrivato è "io sono"». La meditazione «screpola la struttura della nostra personalità» aprendo all’universale, dilatando la coscienza verso uno stato in cui tutto è percepito nell’unità. La sosta silenziosa più svuota, più allarga l’anima, fa diventare magnanimi. L’autore costantemente ripete che questo percorso di immersione nel silenzio fa vivere più intensamente ogni semplice realtà quotidiana. La chiave è per me chiarissima: c’è una fame di spiritualità nel nostro mondo, sempre più estesa e intensa. La cosa triste è che l’attuale prestigio della spiritualità si è costruito sul discredito della religione, un dato che deve farci riflettere. Il principale elogio per me è ascoltare da alcuni dei miei lettori frasi come questa: «Ha scritto esattamente ciò che penso e non sapevo dire». Questo è qualcosa di grandioso, perché significa che in qualche modo ho saputo raccogliere un certo spirito del tempo. Sono molte le lettere e le mail che ho ricevuto dove mi si ringrazia d’aver scritto questo saggio e, da credente qual sono, non posso fare a meno di pensare che Dio era ed è dietro a tutto questo. Per questo ha fondato l’associazione «Amici del deserto»? Molte persone non solo mi scrivevano per felicitarsi o ringraziarmi, ma anche per chiedermi di insegnare loro a meditare. «Amici del deserto» è nata solo nove mesi fa e già sono un centinaio le persone a cui abbiamo potuto offrire ritiri di iniziazione alla contemplazione, e altre centinaia sono quelle interessate alle nostre attività. Sono persuaso che il potere dell’orazione è incalcolabile, infinitamente superiore a quello di una bomba atomica. Per questo parlo di “deserto”, cioè, della necessità dello svuotamento affinché Dio possa colmarlo. Però anche di “amici”, perché non c’è possibilità di trasmissione della fede se non in un contesto relazionale sano e gratuito. Il suo prossimo libro? Sarà di nuovo un romanzo, ma in ogni caso nella mia vita c’è un prima e un dopo rispetto alla Biografia del silenzio. La mia aspirazione è quella di continuare a scrivere, ma anche di dedicare sempre più tempo al mistero che è l’ascolto di Dio, degli altri e di me stesso. Quanto più facciamo silenzio dentro di noi, tanto più ci dimentichiamo di noi stessi e tanto più lasciamo il protagonismo a Chi ci corrisponde. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 novembre 2014 pagina 5 La ricchezza dell’amore tra uomo e donna Una strada verso il mondo «La complementarità tra l’uomo e la donna» è il tema del colloquio internazionale interreligioso in programma in Vaticano dal 17 al 19 novembre. Anticipiamo stralci dalla relazione del cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. di GERHARD MÜLLER iascuno di noi non appena riflette sulla sua condizione umana, avverte di non esaurire in sé la propria umanità. Il proprio essere maschile o femminile non è sufficiente a sé stesso. Questo fatto, indelebile nella natura C La presenza dei genitori è la grammatica essenziale per educare alla positività del reale E al mistero di un Dio creatore umana, rivela la nostra radicale dipendenza: non ci completiamo da noi stessi. Basterebbe questa considerazione a mostrare l’inadeguatezza del tratto marcatamente individualista che segna la mentalità odierna. Eppure nelle radici del nostro io è inscritta una naturale tensione, opposta a tale mentalità. Il nostro colloquio parte da questa constatazione, aprendola sul mistero di Dio. Da qui la domanda: quale interesse ha dunque lo studio della complementarità tra l’uomo e la donna per il rapporto dell’uomo con Dio? È questo l’inter- rogativo che ciascuna delle nostre tradizioni culturali e religiose è invitata a porsi. Nella prospettiva ebraico-cristiana, questo tema è assai rilevante ed emerge nella lettura e nell’interpretazione che la tradizione opera di alcuni testi biblici di essenziale riferimento. È noto il mito dell’uomo androgino, di cui parla Platone nel suo Simposio. Per un castigo divino, l’uomo originario, essere sferico e, nello stesso tempo, maschile e femminile, è stato diviso in due, in modo che ogni parte rimane in perenne ricerca dell’altra, in un continuo movimento, smettendo così di rappresentare una minaccia per gli dei. Il mito dell’androgino ci insegna, come la Bibbia nel racconto della Genesi, che la differenza sessuale non è solo una diversità, come sono «diversi» i popoli e i loro costumi, non significa soltanto una pluralità variegata. Di per sé, infatti, la pluralità non comporta il bisogno dell’altro per capire se stesso, anche se la diversità può essere comunque arricchente. Nella differenza sessuale invece — ed è questo l’essenziale — ognuno dei due può comprendere se stesso solo alla luce dell’altro: il maschile ha bisogno del femminile per essere compreso, e così è per il femminile. Per questo la Bibbia pone Adamo ed Eva uno di fronte all’altro (Genesi, 2, 18). La differenza, in questo modo, immette nell’uomo e nella donna la consapevolezza che non possono trovare il loro compimento in sé stessi: ciascuno «solo nella comunione con l’altro sesso può diventare completo», come scrisse Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est. Vi è dunque una diversa interpretazione di questa mancanza nel mito androgino e nella Bibbia. Mentre nel primo caso la differenza sessuale è vista co- Felice Carena, «La famiglia sotto la pergola» (1929) me una punizione che indebolisce l’uomo affinché non possa avvicinarsi agli dei, e quindi diventa una caduta dell’uomo dal livello quasi divino alla schiavitù impotente, nella Bibbia invece la differenza è il punto preciso dove Dio farà presente la sua azione e la sua immagine. Si spiega così che, mentre nel mito Androgino l’uomo e la donna sono le due metà di un essere umano, nella Scrittura ognuno dei due, Adamo ed Eva, si misurano non soltanto secondo la loro mutua relazione, ma soprattutto a partire dalla loro relazione con Dio. È importante sottolineare anche un’altra dissomiglianza tra il racconto platonico e la Scrittura: mentre nel primo, l’uomo e la donna, quando si uniscono, diventano un essere pieno e sazio di sé, nel libro della Genesi l’unione di uomo e donna non porta a una compiutezza, non li chiude in se stessi, perché proprio nell’unirsi fra loro si aprono verso la presenza più grande di Dio. Proprio la presenza di Dio all’interno dell’unione tra uomo e donna ci aiuta a considerare il significato della loro complementarità. Essa non si può capire in modo polare, come se maschile e femminile fossero realtà opposte che si completano perfettamente a vicenda per diventare un’unità chiusa; si tratta piuttosto di modi differenti di situarsi nel mondo che, quando si mettono insieme, lungi dal chiudersi, aprono la strada verso il mondo e gli altri, una strada che conduce soprattutto verso l’incontro con D io. L’unione del maschile e del femminile è complementare non nel senso che da essa risulti un tutto completo in sé, ma nel senso che la loro unione rivela come ambedue sono un mutuo aiuto per camminare verso il Creatore. Il modo in cui quest’unione si riferisce sempre al di là di se stessa diventa evidente con la nascita del figlio. L’unione dei due, il farsi «una sola carne», si verifica proprio nell’unica carne di coloro che sono generati da quell’unione. Si conferma così che complementarità vuol dire anche sovrabbondanza, insorgenza di novità. Dalla presenza del figlio proviene una luce che ci può aiutare a descrivere la complementarità dell’uomo e della donna. Il rapporto dei genitori con il bambino, dove ambedue si aprono al di là di se stessi, è un modo privilegiato per capire la differenza tra l’uomo e la donna, nel loro ruolo di padre e madre. La complementarità non si comprende, allora, quando guardiamo all’uomo e alla donna in modo isolato, ma quando li consideriamo nella prospettiva del mistero verso cui la loro unione si apre e, in modo concreto, quando guardiamo il maschile e il femminile alla luce del rapporto con il figlio. Si potrebbe aggiungere che il femminile si caratterizza per una presenza costante, che sempre accompagna il figlio. In tedesco, infatti, quando una donna è incinta, si dice che porta un bambino sotto il cuore (dass sie ein Kind unter dem Herzen trägt). La filosofia contemporanea ha parlato del femminile come dimora, come presenza che avvolge l’uomo dall’inizio e l’accompagna sulla strada, come sensibilità singolare per la persona come dono e per la sua affermazione1. D’altra parte, il maschile è caratterizzato, riguardo al figlio, come la presenza di qualcuno “nella distanza”, in una distanza che attira e, così, aiuta a percorrere il cammino della vita. Ambedue, maschile e femminile, sono necessari per trasmettere al figlio la presenza del Creatore, sia come amore che avvolge e conferma la bontà dell’esistenza malgrado tutto, sia come chiamata che da lontano invita a crescere. Il primo luogo in cui la differenza sessuale appare nella vita delle persone è appunto l’esperienza di filiazione. La nostra origine, il nostro primo luogo di contatto con il mistero, si rivela nell’unione dei nostri genitori, da cui ci proviene la vita. Il maschile e il femminile rendono visibile per ogni bambino che viene a questo mondo, in modo sacramentale, la presenza del Creatore. Il bene di questa differenza è la grammatica essenziale perché il bambino possa essere educato come uomo aperto al mistero di Dio. «La Natività» di William Congdon Sotto un cielo che vibra di ROD OLFO BALZAROTTI otto ogni mio dipinto o soggetto religioso fatto dopo la mia conversione rimane il seme originale dell’ambizione personale. In coscienza non posso permettere al momento attuale che la mia pittura, con poche eccezioni, anche se fosse richiesta, entri nella chiesa, ossia che divenga parte della liturgia della chiesa, che divenga invito e accompagnamento alla preghiera dei fedeli». Così scriveva nel settembre del 1963 sulla rivista cattolica «America» — in un testo titolato Letter to the Editor responding to B. Bettinson’s ‘Patron of the Living Arts’ — il pittore William Congdon, esponente di spicco della New York School negli anni Cinquanta. Convertitosi al cattolicesimo nel 1959 ad Assisi, presso la Pro Civitate Christiana, per trequattro anni aveva lavorato intensamente su soggetti ispirati alla liturgia della Chiesa e alla Sacra Scrittura. Una nuova produzione, così diversa dalle vedute urbane e naturali che avevano decretato il suo successo negli anni Cinquanta da suscitare non poche perplessità nell’ambiente artistico americano. Del resto, lui stesso nel giro di pochi anni comincerà a prendere le distanze da questo nuovo filone, fino ad abbandonarlo quasi del tutto. Passati cinquant’anni, sono forse maturi i tempi di una rivisitazione più obiettiva e serena di questa stagione non tanto breve della sua pittura. E anche per verificare se sia ancora giustificata la riluttanza del maestro a collocare le proprie opere di soggetto cristiano all’interno dello spazio liturgico. L’occasione ci viene oggi offerta da un’interessante iniziativa della «S Rettoria della chiesa milanese di San Raffaele Arcangelo. Dal 15 novembre di quest’anno al 31 gennaio 2015, in coincidenza con i tempi liturgici dell’Avvento e del Natale, verrà esposto nella chiesa dove si svolge l’adorazione eucaristica perpetua, uno dei dipinti più significativi di quel lontano periodo. Si tratta della Natività, un’opera a olio eseguita nel dicembre del 1960. Il quadro venne esposto al pubblico, sola e unica volta, nel 1961 ad Assisi, negli spazi della Pro Civitate Christiana. Venne quasi subito acquistato dal Ministero dell’industria e commercio, oggi Ministero dello sviluppo economico, che ha gentilmente acconsentito al prestito per l’esposizione milanese. Prima di dire qualcosa della Natività, saranno utili alcune considerazioni su questa singolare stagione del maestro americano. Le sue prime opere di argomen- to esplicitamente religioso-cristiano dopo la conversione sono tre immagini del Cristo crocefisso, eseguite nei primi mesi del 1960 mentre l’artista viveva ancora a Venezia, la città a cui era stato legato per dodici anni. Delle tre opere, la più ambiziosa per dimensioni è il Crocefisso 2, nato nel mese di marzo, oggi esposto nella sala dedicata ai suoi dipinti presso la Galleria d’Arte Contemporanea della Cittadella. Quando, di lì a pochi giorni, l’artista lo porta con sé ad Assisi ancora fresco di pittura per mostrarlo agli amici della Pro Civitate Christiana, la sensazione è tale che gli viene fatta la proposta di eseguire il bozzetto per un grande mosaico destinato a decorare la parete del nuovo auditorium della Cittadella. Tema: le Beatitudini. Congdon raccoglie la sfida e si mette al lavoro, come documentano alcuni schizzi dei suoi taccuini. Inoltre, intraprende una serie di letture per approfondire i misteri della fede cristiana: le opere di Giovanni Rossi, il carismatico fondatore della Pro Civitate Christiana, e soprattutto il capolavoro di Romano Guardini, Il Signore, un testo che lo accompagnerà sempre negli anni a venire. Il serio impegno dell’artista a realizzare questo progetto è anche testimoniato dal suo trasferimento, nel settembre del 1960, da Venezia ad Assisi, città che non abbandonerà fino al 1979. Ma una volta stabilitosi nella nuova casa-studio, ecco che nasce una ricca serie di opere ispirate alla liturgia e alla Sacra Scrittura, una produzione che resterà intensa per tutto l’anno successivo al punto da far dimenticare l’iniziale progetto delle Beatitudini. Poi, a partire dal 1962, la produzione comincia a calare. Infine, tra il 1965 e il 1966, questo nuovo filone verrà del tutto abbandonato, fatta l’eccezione del Crocefisso, mentre l’artista ritornerà alle tradizionali vedute urbane e naturali. Probabilmente fu decisivo in tal senso l’incontro con il filosofo Jacques Maritain nel giugno del 1961. Questi scriverà poi una prefazione per il vo- L’occhio ascolta Pubblichiamo una riflessione sull’opera di William Congdon (1912-1998) che comparirà sul numero di dicembre della «Rivista dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda». Il prossimo 18 dicembre «La Natività» di Congdon sarà esposto per la prima volta nella Chiesa San Raffaele accanto al duomo di Milano nell’ambito del programma «L’Occhio Ascolta. Arte e Contemplazione» (www.associazionesantanselmo.org) promosso dalla Rettoria della Chiesa San Raffaele, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’Associazione Sant’AnselmoImago Veritatis, l’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda, la Fondazione Crocevia. lume Nel mio disco d’oro pubblicato sca cavea del Colosseo del 1951, o al nello stesso anno dalla Pro Civitate cratere di Santorini del 1955, due caChristiana, dove metterà in guardia polavori “visionari” del Congdon Congdon contro i pericoli di una pre-conversione. D’altronde, la vampata di luce ha pittura di “soggetto cristiano” non sufficientemente verificata dalla “in- una carattere molto fisico, quasi solido, che ricorda analoghe epifanie lutuizione creativa” dell’artista. Facendo l’inventario dei titoli del- minose di cui erano teatro le sue le opere eseguite in questi anni, ri- piazze San Marco dei primi anni sulta che il gruppo più consistente Cinquanta. Nella parte superiore del riguarda le grandi feste dell’anno li- dipinto, il fitto lavoro di incisione, turgico; una vasta produzione di im- che crea una preziosa vibrante textumagini sacre sia nata da una organi- re, ha un effetto decisamente sinesteca e quotidiana partecipazione alla sico, facendoci udire, oltre che vedevita sacramentale della chiesa, da re, il tripudio degli angeli simile a un’assidua meditazione dei misteri un volo di colombi. della fede. Al fondo della cavea, su un metalNessuna di esse fu concepita ed lico graticcio (che ancora ricorda le eseguita dietro commissione. A muo- superfici incise di talune vedute urvere l’artista fu soprattutto l’urgenza bane), l’artista ha collocato, con una di un personale cammino di cateche- grazia e un’ingenuità quasi naïf, la si all’interno della fede da poco in- figurina azzurra della Vergine Maria contrata, e dal bisogno di verificarla nel corpo stesso, se così si Fu decisivo l’incontro può dire, della propria pittura. Le immagini con Jacques Maritain nel giugno del 1961 “sacre” dei primi anni Il filosofo mise in guardia l’artista Sessanta non sono in totale discontinuità contro una pittura di “soggetto cristiano” con la precedente pitconvenzionale e non abbastanza ispirata tura. Ne sono semmai una ripresa e, si potrebbe dire, una rilettura interpretativa. E qui sta forse la con in grembo una minuscola forma rilevanza di questa fase peculiare al bianca, evidente riferimento eucarifine di intendere il percorso creativo stico. Del resto, il basamento su cui di Congdon. siede la Madre di Dio non può non A partire da queste considerazioni, possiamo ora esaminare l’imma- ricordarci una pietra d’altare, tanto gine della Natività. Questa ha un più che il leggero tettuccio sovraforte impatto sull’osservatore, quasi stante, sorretto da colonne filiformi, a voler comunicare tutto il dramma ha precisamente l’aspetto di un baldell’evento inconcepibile dell’Incar- dacchino. Ecco che, dunque, l’evennazione. Una vera e propria esplo- to storico della Natività assume parisione di luce va a riempire una granmenti un valore sacramentale e ande cavità scura, dalle pareti di color ferrigno: la grotta di Betlemme è qui che cosmico, e il Gesù infante è nelpiuttosto una sorta di grembo uni- lo stesso tempo il Gesù eucaristico, versale. E ci fa pensare alla gigante- offerto agli astanti nell’hic et nunc. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 16 novembre 2014 Istituita una commissione d’inchiesta Il vaccino che allarma la Chiesa in Kenya NAIROBI, 15. Dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Chiesa cattolica in Kenya, il ministero della salute ha costituito una commissione d’inchiesta sulla controversa campagna di vaccinazione antitetanica che, secondo i vescovi, nasconde un programma di sterilizzazione forzata delle donne. In una dichiarazione pubblicata il 6 novembre scorso al termine dell’assemblea plenaria, la Conferenza episcopale del Kenya ha ribadito che «pur essendo a favore delle ordinarie campagne di vaccinazione (spesso condotte con il contributo delle strutture sanitarie cattoliche) resta una forte perplessità per la segretezza con la quale viene portata avanti la campagna antitetanica, avviata nel Paese da alcuni mesi». La Chiesa — riferisce Fides — è riuscita a ottenere diverse dosi del vaccino, che sono state analizzate da quattro diversi laboratori in Ke- nya e all’estero. «Vogliamo annunciare che tutti i test dimostrano che il vaccino usato in Kenya a marzo e a ottobre 2014 — proseguono i vescovi — è in effetti contaminato con l’ormone Beta-Hcg». Questa combinata con il vaccino antitetanico, diventa in realtà un vaccino contro la gravidanza. Una metodologia simile è stata utilizzata in precedenti campagne antitetaniche nelle Filippine, in Nicaragua e Messico. Nel documento dei vescovi, vengono denunciate le intimidazioni nei confronti dei medici che hanno confermato le informazioni sul vaccino. «Siamo convinti — aggiungono i vescovi che chiedono ai keniani di evitare la campagna antitetanica — che si tratta di un programma mascherato di controllo della popolazione». Il segretario alla salute, James Macharia, ha affermato che il comitato affronterà le obiezioni solle- vate dalla Chiesa cattolica. Ci si aspetta che rappresentanti della Conferenza episcopale e della Kenyan Catholic Doctors’ Association (Kcda) siano chiamati a far parte dell’organismo d’indagine. Il dottor Stephen Karanja, presidente della Kcda, in un’intervista all’agenzia cattolica Cisa di Nairobi, ha sottolineato che la Chiesa cattolica in Kenya è il secondo ente, dopo lo Stato, a fornire assistenza medica alla popolazione, e ha partecipato ad altre campagne di vaccinazione, come quella contro la polio. Intanto, nel vicino Malawi, «la gente — ha dichiarato all’agenzia Fides monsignor Joseph Mukasa Zuza, vescovo di Mzuzu e presidente della Conferenza episcopale — muore per la mancanza di medicine e di assistenza sanitaria, perché non ci sono fondi sufficienti da destinare alla sanità». È una delle conseguenze più terribili del cosiddetto “cashgate”, lo scandalo che ha travolto buona parte dell’amministrazione statale e della politica del Malawi, provocato dalla malversazione dei fondi donati dalla comunità internazionale (in particolare dall’Ue) che coprivano il 40 per cento del bilancio statale. L’inchiesta giudiziaria ha finora accertato la scomparsa di più di 30 milioni di dollari. Dal settembre 2013, quando è scoppiato lo scandalo, a oggi, almeno 70 persone sono state arrestate. «A causa del cashgate — ha spiegato il vescovo — i nostri partner internazionali hanno bloccato l’invio di ulteriori fondi, fino a quando non saranno sicuri che il denaro da loro versato sia utilizzato per i fini ai quali è destinato. Il settore più colpito dalla mancanza degli aiuti dei nostri donatori è quello sanitario. Alcuni farmaci diventano sempre più costosi e non ci sono risorse per acquistarli. Ci sono persone che muoiono per la mancanza di cure adeguate. La Chiesa — ha proseguito il presidente della Conferenza episcopale — fa quello che può per aiutare i più bisognosi, ma anche noi siamo dipendenti dagli aiuti esterni e non possiamo far fronte a tutte le necessità, visto che lo Stato stesso non è in grado di farlo». Secondo dati recenti, nel Malawi il 25 per cento della popolazione vive nell’estrema povertà, con meno di un dollaro al giorno, quindi senza nemmeno la possibilità di avere cibo a sufficienza. L’arcivescovo di Bukavu chiede all’Ue una legge sulla tracciabilità delle risorse del sottosuolo Miniere di guerra e miseria KINSHASA, 15. «Chiediamo ai parlamentari e ai governi europei di soddisfare le aspettative dei consumatori dell’Unione europea che vogliono garanzie che i materiali utilizzati per i loro telefoni cellulari, computer o macchinari non siano legati a violazioni dei diritti umani e alle guerre». È quanto scrive monsignor François-Xavier Maroy Rusengo, sollecitando le istituzioni comunitarie europee ad approntare una legge sulla tracciabilità dei minerali. Arcivescovo di Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo e presidente dell’assemblea provinciale dell’episcopato, monsignor Maroy Rusengo è noto per il suo impegno per le persone più vulnerabili in questa regione orientale del Paese africano. Il presule è anche uno dei promotori della Commissione episcopale per le risorse naturali, che da tempo denuncia e tenta di porre fine all’estrazione illegale dei minerali della regione, attività che finisce per finanziare i gruppi armati. «Lo sfruttamento delle risorse minerarie non ha prodotto alcun miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali», ha affermato nei mesi scorsi un documento della stessa commissione episcopale. «Come arcivescovo africano che segue il lavoro delle comunità minerarie a Bukavu — scrive adesso il presule — attendo con grande interesse la prossima discussione del Parlamento europeo sulla strategia per il commercio responsabile di minerali da zone di conflitto». Infatti, circa l’80 per cento delle riserve mondiali di coltan — una sabbia nera che viene utilizzata per i microprocessori di computer, pc, telefonini, palmari, tablet — si trova proprio in Congo, nelle province del Kivu. Un’area che da vent’anni è al centro di violenze e instabilità dove si sovrappongono interessi diversi — locali, regionali e internazionali — ma che viene alimentata quotidianamente proprio dallo sfruttamento illegale delle risorse (oltre al coltan si trovano oro, rame, diamanti, cassiterite e stagno). Una rete di interessi che non coinvolge solo i gruppi ribelli, ma anche i Paesi vicini (in particolare Rwanda e Uganda), politici locali ed elementi dello stesso esercito congolese. A farne le spese, come sempre, la popolazione civile. Uno scenario da cui si potrebbe uscire approvando norme per la tracciabilità dei minerali. Monsignor Maroy Rusengo ricorda dunque come «le risorse dal sud del mondo, estratte dagli europei, sono state utilizzate per alimentare le più grandi guerre e i conflitti di tutti i tempi. Solo successivamente, quelle risorse hanno contribuito a costruire la pace e la prosperità». La sfida che si trova ad affrontare l’Ue è quindi quella di essere «un promotore coerente di pace anche oltre i confini dell’Europa, prendendo la sua parte di responsabilità affinché le risorse naturali in Africa, Asia e America latina non siano più combustibile per i conflitti, ma piuttosto un contributo alla nostra prosperità». Di qui l’auspicio che il Parlamento europeo vari una severa normativa sull’estrazione dei minerali. Anche perché, ribadisce ancora il presule, «in molti Paesi del sud del mondo, il controllo, l’estrazione, la trasformazione e la commercializzazione delle risorse minerali, del legno, del petrolio e del gas rappresentano una fonte di finanziamento per i gruppi armati e le forze militari che commettono gravi violazioni dei diritti umani». Al contrario «queste risorse hanno urgente bisogno di contribuire allo sviluppo umano». Infatti, «c’è una sorprendente contraddizione tra le cattive condizioni umane della popolazione nei distretti di estrazione mineraria nel mio Paese e le ricchezze minerarie che sono sotto terra». Così, «la ricchezza delle risorse naturali della regione non ha sempre portato benefici al comune bene», ma anzi ha provocato lo sfruttamento e la morte di tante persone. Monsignor Maroy Rusengo è uno dei settanta presuli firmatari di un documento diffuso nei giorni scorsi dal Catholic development agencies (17 ong cattoliche dell’Europa e dell’America del Nord che lavorano nel campo dello sviluppo e della promozione umana) per chiedere, in particolare all’Unione europea, l’imposizione di una tassa obbligatoria alle ditte che sfruttano e commerciano i cosiddetti “minerali dei conflitti”, e cioè, le risorse minerarie il cui possesso, sfruttamento e commercializzazione spesso sono appunto cause di numerosi conflitti e violenze di ogni tipo. I presuli chiedono all’Ue la stesura di un regolamento che metta fine a questa tragedia il cui alto costo in vite umane è insopportabile. Nell’appello si rileva come «i vescovi stanno mettendo in discussione la validità di certe politiche commerciali che contribuiscono finanziariamente ai conflitti». E ricordando che l’Ue è un rilevante importatore di molte di queste risorse, i vescovi scrivono: «Questa situazione è intollerabile. Gli Stati membri dell'Unione sono tenuti a fare ogni sforzo per garantire le condizioni della pace, non solo nel proprio Paese ma in tutto il mondo». Al congresso dei sacerdoti dell’Africa occidentale L’esperienza del Senegal Matrimonio e diversità religiosa Come costruire la pace tra le religioni DAKAR, 15. Approfondire i valori delle altre religioni e culture relativi al matrimonio e alla vita familiare, aprirsi al dialogo interreligioso, istruire i fidanzati sulle implicazioni del matrimonio tra sposi con fedi diverse: sono alcuni degli impegni presi dai partecipanti al secondo congresso dell’Unione regionale dei sacerdoti dell’Africa occidentale svoltosi nei giorni scorsi a Dakar, in Senegal, e dedicato al tema «La famiglia come sfida del dialogo interreligioso». L’istituzione familiare, sana e viva, «rimane sfida e interesse delle nostre società sia sul piano politico sia su quello religioso», si legge nel documento finale citato dall’agenzia Fides, ma essa «deve far fronte a diverse minacce: l’impoverimento persistente delle nostre società, l’influenza negativa di ideologie e filosofie che mettono in questione il modello della famiglia, il peso di tradizioni che fanno riferimento a concezioni e a pratiche oscurantiste, i conflitti, l’instabilità politica, la recrudescenza dell’integralismo religioso e infine la minaccia dell’ebola». I sacerdoti hanno inoltre invitato gli stati a proteggere l’istituzione del matrimonio, raccomandato i presbiteri a fare della pastorale fa- miliare una priorità, invitato i credenti a rispettare la diversità religiosa e a favorire il dialogo interreligioso, esortato infine gli sposi ad assumere pienamente la loro responsabilità di coniugi e di genitori. Nell’omelia della messa che ha chiuso il congresso, il vescovo di Tambacounda, Jean-Noël Diouf, responsabile del clero e dei seminari in seno alla Conferenza episcopale senegalese, commentando due passi del Vangelo di Marco — il matrimonio secondo il progetto di Dio (10, 1-12) e Gesù benedice i bambini (10, 13-16) — ha sottolineato le qualità proprie dei più piccoli come la semplicità, la verità, la fiducia, la trasparenza, «il segreto della vera compagnia», l’ingenuità nel senso di «essere nuovo in ogni nuova circostanza», aggiungendo che «la strada maestra dell’amore in fiore passa attraverso lo spirito dell’infanzia». Alla concelebrazione eucaristica di chiusura hanno partecipato anche il vescovo di Kaolack, Benjamin Ndiaye, presidente della Conferenza episcopale di Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau, e monsignor André Gueye, vescovo di Thiès. DAKAR, 15. «Apparteniamo a un mondo che è in evoluzione e che, per certi aspetti è inquietante, perché il risveglio jihadista è una minaccia per la pace tra gli uomini e la pace tra le religioni. Comunque non si può vivere in un’isola, perché viviamo in solidarietà con il resto del mondo». Parole di monsignor Benjamin Ndiaye, vescovo di Kaolack e presidente della Conferenza episcopale interterritoriale di Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea-Bissau. Il presule, nei giorni scorsi ricevuto da Papa Francesco per la visita ad limina, sottolinea così la necessità di un dialogo costruttivo tra le religioni, richiamato dal Pontefice. «In Senegal abbiamo una buona tradizione di coesistenza pacifica tra cristiani e musulmani», sottolinea monsignor Ndiaye. «Questo è dovuto alla cultura e alla saggezza dei suoi abitanti. L’islam senegalese è fatto soprattutto da confraternite sufi che hanno dei responsabili con i quali si può dialogare, che danno ai fedeli delle linee di guida e che, in caso di bisogno, possono calmare gli animi. Tutto questo però deve continuare a essere coltivato, perché il diavolo è sempre presente, nascosto nell’ombra, per cercare di seminare la divisione tra gli uomini». Occorre quindi «preservare questo clima di tolleranza perché tutti possano confessare e praticare la propria fede». Tra i possibili punti di incontro, la valorizzazione della famiglia e dei suoi valori. In questa ottica «La famiglia come sfida del dialogo interreligioso» è stato il tema al centro dei lavori del secondo congresso dei sacerdoti dell’Africa occidentale, che si è concluso pochi giorni fa a Dakar. Un incontro nel corso del quale i partecipanti hanno sottolineato che «l’istituzione familiare, sana e viva, rimane la sfida e l’interesse delle nostre società sia sul piano politico sia su quello religioso». Nel documento finale del congresso, si sottolinea che in Africa occidentale «la famiglia deve far fronte a diverse minacce: l’impoverimento persistente delle nostre società; l’influenza negativa di ideologie e filosofie che mettono in questione il modello della famiglia; il peso di tradizioni che fanno riferimento a concezioni e a pratiche oscurantiste; i conflitti, l’instabilità politica, la recrudescenza dell’integralismo religioso e infine la minaccia di Ebola». Per far fronte a queste sfide, i sacerdoti si impegnano ad approfondire i valori delle altre religioni e culture relativi al matrimonio e alla vita familiare e ad aprirsi al dialogo interreligioso. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 novembre 2014 pagina 7 Profughi iracheni ad Arbil (Ap) 125.000 profughi in ventiquattr’ore. Questi nostri fratelli hanno attraversato il mare della violenza per arrivare nelle nostre città considerate più sicure e noi vescovi cattolici e ortodossi abbiamo unificato gli sforzi e con la collaborazione di tanti sacerdoti, religiosi, religiose e laici, ci siamo dati da fare per assicurare loro sostegno materiale e spirituale. Nel concreto in cosa consiste questa opera di aiuto? Intervista all’arcivescovo di Arbil monsignor Warda Francesco è vicino alle famiglie irachene di GIANLUCA BICCINI «Papa Francesco ci ha incoraggiati ad andare avanti in questo servizio di accoglienza e di assistenza ai profughi provenienti dalla città di Mossul e dalla piana di Ninive». Lo ha riferito al nostro giornale l’arcivescovo caldeo di Arbil, in Iraq, monsignor Bashar Matte Warda, subito dopo l’udienza pontificia di stamane, sabato 15 novembre, nella biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano. Il presule iracheno era accompagnato da due giovani sacerdoti caldei, padre Samir e padre Basa, e dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che nell’agosto scorso ha svolto una missione in Iraq come inviato speciale del Pontefice. Nell’intervista monsignor Warda descrive soprattutto l’attività svolta dalla Chiesa per dare ospitalità ai cristiani, ma anche agli yazidi, in fuga dalle violenze delle milizie dello Stato islamico (Is), che hanno conquistato ampie porzioni di territorio del Paese e della vicina Siria. Che cosa vi ha detto il Papa? Ci ha assicurato la sua vicinanza, incoraggiandoci per tutto quello che stiamo facendo per accogliere questi nostri fratelli. Basti pensare che solo ad Arbil abbiamo almeno dodicimila famiglie, alle quali ne vanno aggiunte altre seimila a Duhok e duemila a Kirkuk e Sulaiamnia. Inoltre ci ha domandato notizie sulla situazione attuale. E lei cos’ha risposto? Soprattutto ho voluto ringraziarlo per il modo in cui ci fa sentire la vicinanza sua e di tutta la Chiesa. Una prossimità che si esprime anche in aiuti concreti, quelli che giungono attraverso la carità personale del Pontefice e quelli che arrivano attraverso altri organismi come l’Aiuto alla Chiesa che soffre e la Conferenza episcopale italiana (Cei), entrambe particolarmente attive da questo punto di vista. Per questo nei giorni scorsi è intervenuto ad Assisi all’assemblea generale della Cei? Sì, ho voluto farmi voce della gratitudine di tutte quelle famiglie, discendenti dei primi cristiani, che nel loro esodo sono giunte a bussare alle nostre porte per chiedere sicurezza, cibo, acqua, alloggio. Infatti dai primi arrivi della sera del 7 agosto, noi abbiamo aperto tutte le chiese, gli oratori, le scuole, ma anche gli edifici in costruzione, i parchi e giardini, accogliendo ben Provvediamo al carburante e ai mezzi di trasporto per i loro spostamenti, e alla manutenzione dei centri di raccolta. Inoltre in questi centri abbiamo volontari che si dedicano alla preghiera e altri al sostegno psicologico. Ci sono persino giovani che aggiornano le statistiche e si occupano dei documenti delle famiglie in fuga. Fino a un certo punto. Ma bisogna guardare oltre l’emergenza. Per questo ultimamente abbiamo trasferito 407 famiglie dalle tende a case provvisorie, in modo da proteggerle dal freddo e dalla pioggia, che quest’anno in Iraq è arrivata con un certo anticipo. Inoltre abbiamo affittato appartamenti per 1.200 famiglie che prima vivevano nelle scuole. Così su undici edifici inizialmente destinati ai profughi, cinque sono stati restituiti alla loro funzione didattica. Anzi, stiamo anche cercando di costruire nuove scuole ad Arbil e a Duhok per far sì che i giovani sradicati dalle loro terre possano riprendere gli studi. Come fate fronte alle spese? Tante organizzazioni e benefattori privati hanno donato cibo nei primi due mesi dell’emergenza, ma gli aiuti sono progressivamente diminuiti. Questo ci ha spinto a lanciare un programma di solidarietà attraverso il quale viene garantito almeno il vitto a tutti i profughi. Fra l’altro, stiamo cercando di preparare ancora meglio lo staff che lavora con e per questi rifugiati. E poiché non ci sono finora notizie incoraggianti di una soluzione immediata dell’emergenza, stiamo progettando di costruire delle case per i profughi ad Arbil così da offrire loro un’alternativa all’esilio fuori dell’Iraq. Libero scambio ma attenzione ai più deboli Lutto nell’episcopato Monsignor Henri Brincard, vescovo di Le Puy-en-Velay, in Francia, è morto venerdì 14 novembre, all’età di settantacinque anni. Faceva parte dei canonici regolari di Sant’Agostino della congregazione VindesemenseVittorina. Nato il 18 novembre 1939 a Savennières, nella diocesi di Angers, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 23 agosto 1975. Quindi l’8 agosto 1988 era stato nominato vescovo di Le Puy-en-Velay e il 2 ottobre successivo aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Le esequie saranno celebrate mercoledì 19, alle ore 15, nella cattedrale di Notre-Dame, a Le Puy-en-Velay, dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione. co su commercio e investimenti. Il trattato, secondo i promotori, avrebbe l’obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti. L’accordo, scrivono i presuli in un documento, «solleva una serie di problemi e di controversie e la Chiesa deve far sentire la voce dei più deboli e dei più poveri in Europa e nel mondo, nella misura in cui saranno interessati dall’accordo sul libero scambio». Nel comunicato diffuso al termine della plenaria, la Comece fa sapere che a informare accuratamente i vescovi europei sul contenuto preciso dei negoziati è stato il capo negoziatore per l’Unione europea per il Ttip, Garcia Bercero. A essere esaminati sono stati anche gli elementi che sono stati esclusi dal Trattato (come gli ogm e le denominazioni d’origine), nonché le prossime fasi dei negoziati. Dopo un esame del testo a 360 gradi, la Comece ha stimato che «al di là delle questioni strettamente commerciali che solleva, il Ttip interroga la nostra identità europea e come tale identità possa affermarsi e profilarsi nel mondo». In sostanza, il Transatlantic Trade and Investment Partnership — affermano i vescovi della Comece — ha un effetto specchio sull’Unione europea e obbliga gli europei a definire più chiaramente la propria posizione sulla scena mondiale e ad adottare una strategia commerciale e una politica monetaria sostenibili in vista dei prossimi decenni che si annunciano a crescita Il cardinale Gracias inviato del Papa a Yangon Com’è noto, lo scorso 20 settembre è stata pubblicata la nomina del cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, a inviato speciale del Papa alle celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dell’evangelizzazione del Myanmar, in programma a Yangon dal 21 al 23 novembre. La missione pontificia che accompagnerà il porporato sarà composta da don Mariano Soe Naing, S.D.B., docente presso l’istituto teologico del seminario maggiore St. Joseph di Yangon, e da don Peter Sein Hlaing Oo, del clero dell’arcidiocesi di Mandalay, docente presso il medesimo istituto teologico. Di seguito il testo della lettera pontificia di nomina del cardinale Gracias. Celebrationi praesidebis Eucharistiae atque memoratum Archiepiscopum Metropolitam aliosque sacros Praesules, sacerdotes, religiosos viros mulieresque, publicas auctoritates atque universos christifideles Nostro salutabis nomine. Omnes adstantes sermone tuo ad assiduam Christi vi- Bastano i centri di raccolta per venire incontro alle necessità della gente? Documento della Comece per i deputati dell’Unione europea BRUXELLES, 15. Il trattato di libero scambio (Transatlantic Trade and Investment Partnership, Ttip) attualmente in corso di negoziato tra gli Stati Uniti e l’Unione europea desta qualche preoccupazione tra i vescovi della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). In occasione dell’assemblea plenaria autunnale svoltasi nei giorni scorsi a Bruxelles i presuli hanno voluto conoscere meglio gli aspetti economici ed etici del trattato dedicando la loro plenaria alla analisi del partenariato transatlanti- In occasione del quinto centenario dell’evangelizzazione del Myanmar debole o pari zero. Questo è il motivo per cui la Commissione degli episcopati della Comunità europea ha deciso di elaborare un documento che esprima la presa di posizione dell’episcopato europeo sul Transatlantic Trade and Investment Partnership. «Questo documento — sottolineano i presuli — metterà in evidenza le opportunità e formulerà una serie di domande critiche lasciate in sospeso riguardo al progetto di trattato. Il presente documento sarà reso pubblico e trasmesso ai deputati europei, che saranno chiamati a confermare o meno il trattato». Vari e diversi sono stati i punti di vista presentati in questi giorni ai vescovi europei. L’economista Pierre Defraigne, direttore esecutivo della Fondazione Madariaga, ha presentato le sue riserve sul trattato e, in particolare, sul dubbio che possa «promuovere la crescita economica e l’occupazione nei Paesi dell’Unione europea. Da parte sua, Patrick O’Sullivan, docente di etica degli affari, ha messo in guardia contro gli attuali indicatori economici, che non riflettono il reale sviluppo umano mentre Brian Mc Feeters, consigliere economico presso l’Ambasciata degli Stati Uniti verso l’Unione europea, ha richiamato le opportunità economiche di un tale trattato per entrambe le sponde dell’Atlantico. Ai lavori della plenaria è intervenuto anche padre Joseph Komakoma, segretario generale del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), che ha reso note le preoccupazioni dei vescovi africani sul progetto di trattato. Venerabili Fratri Nostro OSVALDO S.R.E. Cardinali GRACIAS Archiepiscopo Metropolitae Bombayensi Christiani dilectam terram Myanmar incolentes laeto gratoque animo quingentesimam anniversariam memoriam evangelizationis suae terrae celebrant, spiritale iter assidue prosequentes atque Domini vocem studiose auscultantes. Multa revera adimplentur incepta, quae tota in Natione efficiuntur ut omnes Salvatoris largitatem clare laudent atque incitamentum ad renovatam vitam experiantur sub Christi lumine assidue sequendam. Pastores et fideles Myanmar, inter quos illi etiam adsunt qui vexationem in Ecclesiam experti sunt atque pulcherrimum fidei dederunt testimonium, memoriam huius eventus recolunt atque in Evangelii semitis novis in rerum adiunctis novoque cum ardore progredi volunt. Quapropter Venerabilis Frater Carolus Bo, S.D.B., Archiepiscopus Metropolita Yangonensis, Praeses Commissionis de Parando Anniversario, humanissimam Nobis epistulam scripsit qua Nosmet Ipsos ad celebrationem hanc invitavit. Grati omnino hac de invitatione quam in corde Nostro tenemus, nunc aliquem eminentem Virum quaerimus qui Nostras vices in Myanmar gerat Nostramque erga Christi discipulos ibi commorantes dilectionem significet. Ad Te autem, Venerabilis Frater Noster, qui Metropolitanam Ecclesiam Bombayensem prudenter moderaris, mentem Nostram vertimus Teque hisce Litteris Missum Extraordinarium Nostrum nominamus ad dictas celebrationes complendas, quae in urbe Yangonensi a die XXI ad diem XXIII proximi mensis Novembris sollemni modo perficientur. Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Paraguay e la Congregazione per le Chiese Orientali. Heinz Wilhelm Steckling vescovo di Ciudad del Este (Paraguay) Nato il 23 aprile 1947 in Werl, Repubblica Federale di Germania, è stato ordinato sacerdote il 20 luglio 1974 per gli oblati di Maria Immacolata. Conclusi gli studi ecclesiastici in Hünfeld, Fulda e Mainz con il diploma in teologia nell’università di Gutenberg a Mainz, è stato vicario parrocchiale di San Vicente de Paul a Colonia Independencia, nella diocesi paraguayana di Villarrica del Espíritu Santo; provinciale della vice provincia del Pilcomayo e Nord Argentina dei missionari oblati; membro del consiglio generale e assistente generale per la formazione della medesima congregazione. Dal 1998 fino al 2010 è stato superiore generale degli oblati di Maria Immacolata. Nel 1999 è stato membro nella seconda assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi e nel 2008 uno dei rappresentanti dell’Unione dei superiori generali al Sinodo dei ve- tae imitationem cohortaberis. Optamus denique ut cuncti, pulcherrimam Ecclesiae in Myanmar historiam recolentes, nec non testimonium tot christianorum considerantes, novis viribus novoque studio peculiarem dilectionem erga Christi Ecclesiam et Evangelium demonstrent atque, beato Isidoro Ngei Ko Lat intercedente, inclito huius Nationis filio, quem Nobis nuper placuit Beatorum catalogo adscibere, fidei alacritate in cotidiana vita emineant. Nos autem Te, Venerabilis Frater Noster, in tua missione implenda precibus comitabimur. Denique Benedictionem Nostram Apostolicam libentes Tibi impertimur, signum Nostrae erga Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationis participibus amabiliter transmittes. Ex Aedibus Vaticanis, die XVI mensis Octobris, anno MMXIV, Pontificatus Nostri secundo. Il logo delle celebrazioni Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice Domenica 30 novembre 2014 Apertura dell’Anno della Vita Consacrata INDICAZIONI Il 30 novembre 2014, I Domenica di Avvento, alle ore 10, il Card. João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, a nome del Santo Padre Francesco, celebrerà la Santa Messa nella Basilica Vaticana per l’apertura dell’Anno della Vita Consacrata. Per la circostanza, l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica quanto segue: Potranno concelebrare: — i Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi, che si troveranno, alle ore 9.30, nella Cappella di San Sebastiano in Basilica, portando con sé: i Cardinali e i Patriarchi la mitria bianca damascata, gli Arcivescovi e i Vescovi la mitria bianca; — i Sacerdoti, muniti di apposito biglietto, rilasciato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che si troveranno, alle ore 9, al Braccio di Costantino, portando con sé amitto, camice, cingolo e stola viola. Città del Vaticano, 15 novembre 2014 Mons. GUID O MARINI Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie Nomine episcopali e nella curia scovi sulla Parola di Dio. Inoltre, è consultore della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Dal 2012 è rettore del seminario maggiore della sua congregazione in Asunción, Paraguay. Francisco Javier Pistilli Scorzara vescovo di Encarnación (Paraguay) Nato il 26 maggio 1965 in Asunción, ha emesso i primi voti nel 1988, quando è entrato nel noviziato dei padri di Schönstatt a Buenos Aires. Ordinato sacerdote il 10 maggio 1997, ha compiuto gli studi ecclesiastici presso il teologato dei cappuccini a Münster, in Germania. È stato vicario nella parrocchia Nuestra Señora del Rosario in Luque, nell’arcidiocesi di Asunción; e assessore della gioventù maschile nella parrocchia del santuario Joven de Schönstatt, in Asunción. Già maestro dei novizi dal 2004 al 2011 a Tuparendá, nella dio- cesi di San Lorenzo in Paraguay, attualmente era superiore regionale dell’istituto secolare dei padri di Schönstatt per la “Regione del Padre”, comprendente Argentina, Uruguay, Paraguay e Nigeria. Lorenzo Lorusso sottosegretario della Congregazione per le Chiese orientali Nato a Bari il 25 marzo 1967, ha emesso la professione solenne dei voti religiosi nell’ordine dei frati predicatori nel 1990 ed è stato ordinato sacerdote domenicano nel 1995. Ha conseguito, presso l’Institut catholique de Toulouse, nel 1995, la licenza in teologia; e presso il Pontificio istituto orientale di Roma, nel 1997 la licenza e nel 1999 il dottorato in diritto canonico orientale. Docente di diritto canonico orientale e latino presso diverse facoltà romane e italiane, nel 2012 è stato nominato rettore della basilica di San Nicola in Bari. Dal 2008 è consultore del Pontificio consiglio per i testi legislativi e dal 2014 della Congregazione per le Chiese orientali. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 16 novembre 2014 Il Papa ricorda che è falsa compassione giustificare aborto, eutanasia e manipolazioni Peccati contro Dio E chiede ai medici cattolici scelte coraggiose fino all’obiezione di coscienza «Giocare con la vita» delle persone è «un peccato contro il Creatore»: lo ha affermato con forza Papa Francesco nel discorso rivolto a oltre seimila rappresentanti dell’Associazione medici cattolici italiani, ricevuti sabato 15 novembre nell’Aula Paolo VI. Il Pontefice ha invitato i medici a scelte coraggiose, fino anche «all’obiezione di coscienza», per opporsi al pensiero dominante portatore di una «falsa compassione» che giustifica aborto, eutanasia e manipolazioni. la vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde — relazionali, spirituali e religiose — dell’esistenza. In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre “di qualità”. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra! Buongiorno! Vi ringrazio della presenza e anche per l’augurio: il Signore mi conceda vita e salute! Ma questo dipende anche dai medici, che aiutino il Signore! In particolare, voglio salutare l’Assistente ecclesiastico, Mons. Edoardo Menichelli, il Cardinale Tettamanzi, che è stato il vostro primo assistente, e anche un pensiero al Cardinale Fiorenzo Angelini, che per decenni ha seguito la vita dell’Associazione e che è tanto ammalato ed è stato ricoverato in questi giorni, no? Come pure ringrazio il Presidente, anche per quel bell’augurio, grazie. Non c’è dubbio che, ai nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa. In effetti, le conquiste della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui non si allontanano dalla radice etica di tali discipline. Per questa ragione, voi medici cattolici vi impegnate a vivere la vostra professione come una missione umana e spirituale, come un vero e proprio apostolato laicale. L’attenzione alla vita umana, particolarmente a quella maggiormente in difficoltà, cioè all’ammalato, all’anziano, al bambino, coinvolge profondamente la missione della Chiesa. Essa si sente chiamata anche a partecipare al dibattito che ha per oggetto la vita umana, presentando la propria proposta fondata sul Vangelo. Da molte parti, la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al “benessere”, alla bellezza e al godimento del- Il saluto del presidente Controcorrente in difesa della persona L’incontro tra la fiducia del paziente e la coscienza del medico è un «elemento cardine da tenere vivo affinché massima sia la sensibilità nei confronti di tutte le fragilità umane». Nel saluto rivolto a Papa Francesco, il presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani, Filippo Boscia, ha sottolineato la centralità della persona umana e del rispetto della vita per tutti coloro che si dedicano alla professione medica e, in particolar modo per chi lo fa mettendosi contemporaneamente alla sequela di Cristo. «Noi — ha detto Boscia — vogliamo testimoniare l’altissimo impegno profuso dalla Chiesa in difesa della dignità di ogni persona, affinché non si ripetano ulteriormente le mostruose disuguaglianze del tempo post-moderno». Una testimonianza da vivere con coraggio e controcorrente in un contesto sociale e culturale dove «l’affievolirsi del rispetto della vita è uno degli aspetti cruciali». E dove oltretutto i medici cristiani sono chiamati a confrontarsi con le «nuove leggi degli Stati» e con istanze che «spesso confliggono con l’imperativo categorico che, dettato dal primato della coscienza», impone «di decidere e agire in senso diametralmente opposto per il bene della vita». Come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori. Questo è ciò che voi, medici cattolici, cercate di affermare, prima di tutto con il vostro stile professionale. La vostra opera vuole testimoniare con la parola e con l’esempio che la vita umana è sempre sacra, valida ed inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata. Questa vostra professionalità, arricchita con lo spirito di fede, è un motivo in più per collaborare con quanti — anche a partire da differenti prospettive religiose o di pensiero — riconoscono la dignità della persona umana quale criterio della loro attività. Infatti, se il giuramento di Ippocrate vi impegna ad essere sempre servitori della vita, il Vangelo vi spinge oltre: ad amarla sempre e comunque, soprattutto quando necessita di particolari attenzioni e cure. Così hanno fatto i componenti della vostra Associazione nel corso di settant’anni di benemerita attività. Vi esorto a proseguire con umiltà e fiducia su questa strada, sforzandovi di perseguire le vostre finalità statutarie che recepiscono l’insegnamento del Magistero della Chiesa nel campo medico-morale. Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto (cfr. Lc 10, 33). La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come “buoni samaritani”, avendo cura in modo particolare degli anziani, degli infermi e dei disabili. La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza. E a tante conseguenze so- ciali che tale fedeltà comporta. Noi stiamo vivendo un tempo di sperimentazioni con la vita. Ma uno sperimentare male. Fare figli invece di accoglierli come dono, come ho detto. Giocare con la vita. Siate attenti, perché questo è un peccato contro il Creatore: contro Dio Creatore, che ha creato le cose così. Quando tante volte nella mia vita di sacerdote ho sentito obiezioni. «Ma, dimmi, perché la Chiesa si oppone all’aborto, per esempio? È un problema religioso?» — «No, no. Non è un proble- Il cardinale Parolin a Praga ricorda sant’Agnese di Boemia Non c’è Chiesa senza carità Principessa di rara bellezza, rifiutò categoricamente più volte offerte di matrimonio regali per seguire le orme di Francesco e Chiara d’Assisi. È Agnese di Boemia che, nella prima metà del XII secolo, vendette tutti i suoi beni per fondare a Praga un ospedale per i poveri e i malati e un monastero per le cosiddette sorelle povere. «Pur essendo vissuta in un’epoca assai lontana dalla nostra», resta «una santa di grande attualità» e ci ha lasciato «una ricca eredità spirituale: la testimonianza viva del suo amore per il Signore, mediante il “servizio della carità” verso i poveri, i malati, i bisognosi». Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha così inquadrato la figura di sant’Agnese, a venticinque anni dalla canonizzazione, nella messa celebrata a Praga nella cattedrale di San Vito la mattina di sabato 15 novembre. Una testimonianza, quella di sant’Agnese, che si incastona perfettamente nella bimillenaria storia Aperto il simposio della Pontificia Accademia delle scienze sui giovani e la tratta di persone Moderna schiavitù «La schiavitù moderna è una delle conseguenze della globalizzazione dell’indifferenza». Lo ha detto il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze, aprendo i lavori del simposio «Giovani contro la prostituzione e la tratta di persone: massima violenza contro l’essere umano», che si svolge nella Casina Pio IV, in Vaticano, fino al 16 novembre. Promosso dall’Accademia in collaborazione con le associazioni Global freedom network e Vinculos en red, l’incontro appare orientato fin dalle prime battute a rafforzare l’impegno dei giovani nell’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla gravità e le risonanze del problema del traffico di esseri umani. Base di partenza è stata la riflessione sui vari problemi che la tratta comporta all’interno delle famiglie, della società e degli individui. Si stima che a livello globale — sono le cifre esposte nel simposio — circa 21 milioni di uomini, donne, bambini e bambine vengano ingannati, venduti, costretti o sottomessi a condizioni di schiavitù in varie forme e in diversi settori, quali l’agricoltura, il servizio domestico, la prostituzione, la pornografia, il turismo sessuale, i matrimoni servili, il traffico di organi. A questa cifra vanno aggiunti i tre milioni di persone Jon Warren, «Ragazza in Cambogia» (2012, World Vision) che ogni anno incrementano questa massa di derelitti. La parte più fragile è naturalmente quella delle donne e dei bambini. Costoro soffrono a causa di aggressioni, violenza, discriminazioni, come si evince dall’analisi comune a molti interventi. Sono i più vulnerabili, quindi esposti a una grande insicurezza economica e, pertanto, spesso costretti a emigrare in modo irregolare. Si creano così le condizioni che favoriscono lo sfruttamento, l’abuso e la violenza. Non è infrequente nemmeno il caso di lavoratori costretti ad accettare una vera e propria forma schiavitù in cambio di lavoro sottopagato. Davanti a questo scenario così drammatico, i giovani riuniti nel simposio offrono le loro testimonianze personali e raccontano le diverse esperienze in ambito di volontariato e di impegno sociale a favore di tante persone legate al traffico di esseri umani. Per questo, fanno sentire la loro voce lanciando un appello per chiedere che la prostituzione sia condannata come violazione dei diritti e il reato di tratta di persone sia dichiarato un crimine contro l’umanità in tutto il mondo, ben oltre, quindi, la regolamentazione normativa delle legislazioni vigenti in diversi Paesi. I giovani hanno chiesto anche il rafforzamento della prevenzione nella difesa dei diritti umani, invocando maggiore attenzione e sostegno per ma religioso» — «È un problema filosofico?» — «No, non è un problema filosofico». È un problema scientifico, perché lì c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. «Ma no, il pensiero moderno...» — «Ma, senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno, la parola uccidere significa lo stesso!». Lo stesso vale per l’eutanasia: tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa questa eutanasia nascosta. Ma, anche c’è l’altra. E questo è dire a Dio: «No, la fine della vita la faccio io, come io voglio». Peccato contro Dio Creatore. Pensate bene a questo. Vi auguro che i settant’anni di vita della vostra Associazione stimolino un ulteriore cammino di crescita e di maturazione. Possiate collaborare in modo costruttivo con tutte le persone e le istituzioni che con voi condividono l’amore alla vita e si adoperano per servirla nella sua dignità, sacralità e inviolabilità. San Camillo de Lellis, nel suggerire il metodo più efficace nella cura dell’ammalato, diceva semplicemente: «Mettete più cuore in quelle mani». Mettete più cuore in quelle mani. È questo anche il mio auspicio. La Vergine Santa, la Salus infirmorum, sostenga i propositi con i quali intendete proseguire la vostra azione. Vi chiedo per favore di pregare per me e di cuore vi benedico. Grazie. le famiglie, quale base per la costruzione di una società più giusta ed equa. Durante i lavori del simposio sono state ascoltate varie testimonianze di giovani impegnati direttamente in associazioni di volontariato. È emersa, per esempio, l’esperienza di un ragazzo di diciotto anni che si occupa di assistenza alle vittime della tratta, dando vita a un’opera di sensibilizzazione e di coinvolgimento che coinvolge altri giovani e adolescenti. Il giovane ha parlato di Papa Francesco come di una guida per i tutti i suoi coetanei, perché cerca di far comprendere loro che è possibile cambiare il mondo e raggiungere l’obiettivo di estirpare la violenza alla sua radice. Ha preso la parola anche una volontaria impegnata nella tutela dei minori, in particolare di quanti vengono costretti a lavorare senza garanzie. La sua opera cerca di sensibilizzare i genitori e le famiglie nel rispettare i loro figli per impedire che subiscano problemi di sviluppo mentale, morale e fisico a causa del lavoro a cui vengono sottoposti. Anche una religiosa ha raccontato la sua esperienza nel recupero delle vittime della tratta, ricordando che occorre reintegrare queste donne nella vita della comunità non solo dal punto di vista sociale ma anche spirituale. della Chiesa che è appunto, come role dell’«intrepido» cardinale Todiceva Paolo VI, «storia della cari- mášek, il porporato ha aggiunto: tà». E in questa storia — ha sottoli- «Erano dalla parte del popolo, a neato il segretario di Stato — «si in- sostegno delle sue legittime aspiraserisce la vita e l’attività della Chie- zioni di libertà, indipendenza e ausa cattolica nella Repubblica Ce- todeterminazione». ca». In questo senso il porporato Di quegli anni il cardinale Paroha voluto anche «ricordare quanto lin ha parlato anche durante l’inPapa Francesco disse ai rappresen- contro avuto con l’episcopato locale tanti della Caritas internationalis nel palazzo arcivescovile: «Sono nel maggio 2013: “Una Chiesa sen- consapevole — ha detto — delle sofza la carità non esiste”, aggiungen- ferenze e delle persecuzioni che do che la carità è la carezza della questa Chiesa dovette affrontare Chiesa al suo popolo; la carezza durante i quaranta anni di dominadella Madre Chiesa ai suoi figli; la tenerezza, la vicinanza». Nata nel 1211 da Ottocaro I, re di Boemia, e da Costanza d’Ungheria, Agnese fece la solenne professione di povertà, castità e obbedienza il giorno di Pentecoste del 1234. Sono rimaste famose, ha ricordato il cardinale Parolin, «le lettere che santa Chiara le indirizzò per esortarla a proseguire nel suo cammino di adorazione e di consacrazione a Dio e al prossimo». E lei, «indossando la virtù della carità, seppe adoperarsi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di mansuetudine, di magnanimità, aprendo il suo cuore ai bisogni dei poveri e dei malati». Morì il 2 marzo 1282. Dopo sette secoli, esat«Sant’Agnese assiste un malato» (XV secolo) tamente il 12 novembre 1989, nella basilica vaticana — ha ricordato il porporato — zione totalitaria che in tutti i modi «l’indimenticabile pontefice Gio- tentò di mettere a tacere la sua vovanni Paolo II, oggi anch’egli san- ce»; ma, ha continuato, «non manto», elevò Agnese alla gloria degli carono figure di vescovi, sacerdoti, altari. L’anniversario rappresenta religiosi e laici che si distinsero per «un momento di gioia per l’intera la loro eroica testimonianza di fecomunità cattolica della Repubblica deltà a Cristo». Tra questi, gli arciCeca» che, guardando alla sua san- vescovi Beran e Tomášek, come puta, «volge lo sguardo verso il futuro re «alcuni di voi qui presenti che per raggiungere vette sempre più non avete mancato di levare la voalte di crescita umana, sociale e spi- stra voce contro l’oppressione dittarituale e traguardi di santità». toriale». Il venticinquesimo anniversario Anche grazie a queste testimodella canonizzazione coincide, con nianze di fede, ha concluso il segreuna differenza di pochi giorni (il 17 tario di Stato, «oggi la Chiesa gode novembre 1989), con quello della ampia libertà e può organizzare la Rivoluzione di velluto che, ha detto sua vita e le sue attività apostoliche, il segretario di Stato, «felicemente anche se essa deve affrontare nuove pose fine all’oppressione del regime sfide, in particolare quelle del secototalitario allora dominante nel Pae- larismo e del relativismo». Ai pase e ripristinò la libertà, la demo- stori il compito di incoraggiare la crazia e il rispetto dei diritti gente a «riscoprire le radici e le tradell’uomo». All’epoca la Chiesa of- dizioni cristiane che stanno alla bafrì il suo coraggioso contributo: se della vita e della cultura del Pae«Mentre a Praga si moltiplicavano se», affinché — come sottolineato in le iniziative e le manifestazioni con- precedenza dal cardinale Parolin tro il regime, la comunità cattolica, nell’omelia — «il processo di risanariunita in preghiera in questa catte- mento e ricostruzione morale e spidrale, rendeva grazie al Signore per rituale della nazione» possa contiil dono della canonizzazione di nuare «ad affermarsi e consolidarsi Agnese, evento che preannunziava sempre più nella società ceca, per la liberazione della nazione dalla un futuro di giustizia, di pace e di schiavitù atea». E ricordando le pa- prosperità per tutti i suoi figli».