l`osservatore romano

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l`osservatore romano
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLIV n. 262 (46.804)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
domenica 16 novembre 2014
.
Incontrando i medici cattolici il Papa chiede scelte coraggiose fino all’obiezione di coscienza
Summit in Australia
Giocare con la vita è peccato
La sfida della crescita
al G20
E riafferma che non è lecito far fuori qualcuno per risolvere un problema
Giocare con la vita è un «peccato
contro Dio creatore». Il monito viene da Papa Francesco, che parlando
ai membri dell’Associazione medici
cattolici italiani — ricevuti in udienza
nella mattina di sabato 15 novembre,
nell’Aula Paolo VI — ha ricordato
che ogni vita «è sacra, valida e inviolabile», e come tale «va amata,
difesa e curata».
Il Pontefice ha messo in guardia,
in particolare, da quell’atteggiamento di «falsa compassione» che «ritiene sia un aiuto alla donna favorire
l’aborto, un atto di dignità procurare
l’eutanasia, una conquista scientifica
“produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo
come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne
presumibilmente altre». La vera
compassione evangelica, ha puntualizzato, è invece quella del buon samaritano, che si avvicina, accompagna e offre aiuto concreto difendendo e rispettando la vita come «dono
di Dio». Un rispetto che — ha assicurato — «a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in
particolari
circostanze,
possono
giungere all’obiezione di coscienza».
«Noi stiamo vivendo un tempo di
sperimentazioni con la vita» ha denunciato Francesco, ribadendo che
l’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’aborto non deriva da argomentazioni religiose o da speculazioni filosofiche ma da motivazioni
essenzialmente scientifiche, «perché
lì — ha spiegato — c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita
umana per risolvere un problema».
Lo stesso vale per l’eutanasia: non
solo per quella procurata ma anche
per l’«eutanasia nascosta» che oggi
emargina e scarta gli anziani. Da qui
l’invito del Pontefice, che ha chiesto
ai medici di «essere sempre servitori
della vita» nella sua «dignità, sacralità e inviolabilità».
PAGINA 8
Ancora sottovalutato l’impatto della fame su milioni di persone
L’Asia e la minaccia della malnutrizione
NEW YORK, 15. La malnutrizione resta una minaccia per l’Asia. A lanciare l’allarme è l’Unicef, il Fondo
delle Nazioni Unite per l’infanzia,
secondo il quale è ancora sottovalutato l’impatto che un’alimentazione
inadeguata e inadeguate condizioni
igieniche hanno su tanti bambini e
giovani in Asia meridionale.
«Una problematica — ha sottolineato il vicedirettore dei programmi
regionali, Geeta Rao Gupta — che
per molti inizia ancora prima della
nascita, dato lo stato di prostrazione
Dopo settimane di tensione sulla spianata delle moschee
Calma
a Gerusalemme est
o l’estrema giovinezza delle madri».
Per un numero ancora maggiore di
giovani, «la situazione nutrizionale
si deteriora progressivamente nei primi due anni di vita per la povera
qualità della dieta, ma anche per la
possibilità di insorgenza di patologie
derivanti dalla mancanza di igiene e
latrine» ha evidenziato Gupta.
Indicazioni, queste, emerse e discusse in una conferenza organizzata
dall’Unicef e dedicata alla denutrizione infantile, che si è conclusa ieri
nella capitale indiana New Delhi.
Ragioni economiche e socio-culturali
— come è stato rilevato nell’incontro
— accrescono il problema. Tra queste
in particolare la mancanza di autonomia economica delle madri e la
preferenza per il figlio maschio, una
circostanza che aggrava la condizione delle bambine. Un terzo delle
donne in Asia meridionale è sottopeso, anemiche o entrambe le cose. La
regione è l’epicentro di una crisi globale da malnutrizione, con oltre 63
milioni di bambini colpiti.
«I due terzi dei piccoli sono nutriti con diete che non rispettano i requisiti minimi per una crescita e uno
sviluppo regolari e il quaranta per
cento delle famiglie espleta i suoi bisogni fisici all’aperto: dobbiamo intervenire ora per fermare questo stato di cose» ha detto durante la conferenza la responsabile della sede
dell’Unicef per l’Asia meridionale,
Karin Hulshof.
Una denutrizione precoce — sottolineano gli esperti dell’Unicef — raramente può essere recuperata e, a
parte le conseguenze su vari aspetti
della vita quotidiana, come ad esempio seri limiti alla capacità di concentrazione e apprendimento oppure
di movimento, può portare anche a
morte prematura perché gli organi
non raggiungono il pieno sviluppo.
Stando ai dati generali delle Nazioni Unite, la tendenza generale
nella riduzione della fame nei Paesi
in via di sviluppo indica che l’obiettivo di dimezzare la percentuale delle persone malnutrite entro il 2015 è
ancora raggiungibile, «se interventi
adeguati verranno presi e intensificati» si legge nell’ultimo bollettino
Onu diffuso a settembre. Finora sono 63 i Paesi in via di sviluppo che
hanno raggiunto l’obiettivo, mentre
altri sei sono «sulla buona strada»
per raggiungerlo entro il 2015.
BRISBANE, 15. «Il nostro messaggio
nei prossimi due giorni dev’essere
un messaggio di speranza e di ottimismo». Con queste parole il premier australiano, Tony Abbott, ha
aperto oggi il vertice del G20 a Brisbane. Un vertice di fondamentale
importanza, dal quale si attendono
strategie concrete sui massimi nodi
della politica e dell’economia internazionali.
Il rilancio della crescita e la lotta
alla disoccupazione globale sono
stati i temi centrali della prima
giornata del summit, al di là dei
numerosi incontri bilaterali tenutisi
a margine.
«Prima della fine dell’anno lanceremo un pacchetto di investimenti a livello di Unione europea del
valore di trecento miliardi di euro,
mettendo in campo una nostra cabina di regia insieme alla Banca
europea degli investimenti» ha sottolineato il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker,
parlando alla platea dei capi di
Stato e di Governo. «Accolgo favorevolmente il piano di Juncker —
ha spiegato il presidente uscente
del Consiglio Ue, Hermann Van
Rompuy — perché crediamo che ci
sia una forte sinergia tra gli investimenti del G20 e quelli europei».
Sulla stessa linea, gli Stati Uniti.
Durante il suo intervento, il presidente Obama ha chiesto ai leader
più impegno per rilanciare la crescita e l’occupazione. «In questi
anni — ha detto l’inquilino della
Casa Bianca — gli Stati Uniti hanno dato lavoro a molte persone,
più che in tutte le altre economie
sviluppate. Ma non ci si può attendere che portino l’economia mondiale sulle loro spalle». E dunque
«il G20 ha la responsabilità di agire
per stimolare la domanda, investire
di più e creare posti di lavoro».
Sul fronte del clima, Obama ha
annunciato che Washington metterà a disposizione dei Paesi emergenti tre miliardi di dollari per
combattere gli effetti nocivi dei gas
serra e dell’inquinamento. Nessun
Paese — ha detto il presidente — è
immune al cambiamento climatico,
che è la maggiore sfida da affrontare in questo momento. «Ogni Paese ha la responsabilità di fare la
sua parte».
L’annuncio del presidente statunitense segue a meno di 72 ore la
storica intesa raggiunta tra Usa e
Cina per la protezione dell’ambiente. L’accordo, annunciato congiuntamente dal presidente Obama e
dal capo di Stato cinese Xi Jinping, prevede nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio
degli Stati Uniti e l’impegno della
Cina per fermarne l’aumento entro
il 2030.
Oltre al clima e all’economia, infine, i leader si sono concentrati
sulla piaga dell’ebola in Africa, dicendosi pronti a tutto per sradicare
l’epidemia e ridurre le sue conseguenze economiche e umanitarie
«nel breve termine» attraverso
«forme di cooperazione bilaterali,
regionali e multilaterali».
La ricchezza dell’amore
tra uomo e donna
Una strada
verso il mondo
GERHARD MÜLLER
A PAGINA
5
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7
Incontro del Papa
con l’arcivescovo di Arbil
GIANLUCA BICCINI
NOSTRE INFORMAZIONI
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Una ragazza palestinese a Gerusalemme (Ansa)
TEL AVIV, 15. Dopo settimane di
tensioni, sembra tornare la calma a
Gerusalemme est. L’alleggerimento
dei controlli da parte della polizia
israeliana negli ingressi alla spianata delle moschee è una diretta conseguenza del dialogo tenuto ieri ad
Amman dal segretario di Stato
americano, John Kerry, dal re di
Giordania Abdallah e dal premier
israeliano Benjamin Netanyahu. Il
capo della diplomazia americana
ha poi riferito che il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha
confermato «il suo impegno alla
non violenza e al ripristino della
calma». Tra i passi pratici delineati
dall’intesa di Amman non c’è stata
solo la cancellazione delle restrizio-
ni di età per l’ingresso alla spianata
delle moschee, uno dei tre luoghi
più sacri dell’islam, ma anche la rimozione dei due checkpoint, all’ingresso e all’uscita nel quartiere arabo di Issawiya, sempre a Gerusalemme est. Un altro effetto tangibile dell’intesa di Amman è stato il
ritorno in Israele dell’ambasciatore
giordano, ritirato poche settimane
fa per protestare contro l’alterazione dello status quo sulla spianata
delle moschee. Tuttavia, se la situazione resta sotto controllo a Gerusalemme, lo stesso non accade altrove: dozzine di giovani palestinesi hanno protestato nei pressi della
barriera di separazione a Qalandiya, tra Israele e la Cisgiordania.
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza:
le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali:
— Marc Ouellet, Prefetto della
Congregazione per i Vescovi;
— Fernando Filoni, Prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli;
le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori:
— Bashar Matte Warda, Arcivescovo di Arbil, Erbil dei Caldei (Iraq);
— Paul-André Durocher, Arcivescovo di Gatineau (Canada),
Presidente della Conferenza dei
Vescovi Cattolici del Canada;
con il Vice Presidente, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor David Douglas Crosby, Vescovo di Hamilton, e con il Vice
Segretario il Signor Bede Hubbard.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
della Diocesi di Encarnación
(Paraguay), presentata da Sua
Eccellenza Reverendissima Monsignor Ignacio Gogorza Izaguirre, S.C.I. di Béth., in conformità
al canone 401 § 1 del Codice di
Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’Ufficio di Ausiliare
della Diocesi di Encarnación
(Paraguay), presentata da Sua
Eccellenza Reverendissima Monsignor Claudio Silvero Acosta,
S.C.I. di Béth., Vescovo titolare
di Curubi, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
della Diocesi di Gliwice (Polo-
nia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor
Gerard Kusz, Vescovo titolare di
Tagarbala, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Loikaw (Myanmar)
Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor Stephen Tjephe, attuale Vescovo titolare di Novabarbara, Ausiliare di Loikaw e
Amministratore Apostolico «sede
vacante et ad nutum Sanctae Sedis» della medesima Diocesi.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Ciudad del Este (Paraguay) il Reverendo Padre
Heinz Wilhelm Steckling, O.M.I,
Rettore del Seminario Maggiore
degli Oblati di Maria Immacolata in Asunción (Paraguay).
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Encarnación (Paraguay) il Reverendo Padre Francisco Javier Pistilli Scorzara, dei
Padri di Schönstatt, Superiore
Regionale dell’Istituto Secolare
dei Padri di Schönstatt per la
«Regione del Padre» (Argentina,
Uruguay, Paraguay e Nigeria).
Il Santo Padre ha nominato
Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali il
Reverendo Padre Lorenzo Lorusso, O.P., finora Rettore della Basilica di San Nicola in Bari e
Consultore del medesimo Dicastero, Docente di Diritto presso
il Pontificio Istituto Orientale di
Roma.
L’OSSERVATORE ROMANO
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domenica 16 novembre 2014
Intervento della Santa Sede a Ginevra
Il dovere
della pace
Putin lascia prima del previsto il vertice del
G20
Pubblichiamo la traduzione italiana
dell’intervento svolto il 10 novembre a
Ginevra dall’arcivescovo Silvano M.
Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate,
in occasione dell’VIII Conferenza degli
Stati aderenti al V Protocollo sui residuati bellici esplosivi della Convenzione sulla proibizione e la limitazione
dell’uso di alcune armi convenzionali
che possono essere considerate eccessivamente dannose o aventi effetti indiscriminati (CCW).
in Australia
Sulla crisi ucraina
permangono profonde divergenze
BRISBANE, 15. Profonde divergenze
permangono tra Russia e occidente
sulla questione ucraina. Tanto che il
presidente Vladimir Putin ha deciso
di lasciare prima del previsto il vertice del G20 di Brisbane che, come rileva l’Ansa, è stato finora dominato
proprio dalla situazione nelle regioni
sud-orientali dell’Ucraina. «Il programma di Putin per la seconda
giornata è cambiato. È stato accorciato», ha dichiarato una fonte della
delegazione russa che è voluta restare anonima, facendo riferimento alla
giornata di domani. Il presidente
russo parteciperà alle riunioni del
summit ma non sarà presente ad un
pranzo ufficiale e parlerà alla stampa prima del previsto. «Il pranzo in
questione è solo intrattenimento»,
ha aggiunto la fonte.
In un discorso tenuto a Brisbane
prima dell’inizio del G20 Barack
Obama aveva rivendicato il ruolo
degli Stati Uniti nel guidare l’opposizione della comunità internazionale «all’aggressione russa contro
l’Ucraina che rappresenta una minaccia al mondo». E, come ha riferito questa mattina il viceministro degli Esteri russo Serghiei Ryabkov,
anche dopo l’incontro tra Obama e
Putin non si è registrato alcun miglioramento nelle relazioni.
Un avvertimento a Mosca è arrivato poi dal premier britannico, David Cameron, il quale, sempre a
margine del G20, ha avuto un incontro con Putin. Se «continuiamo a
vedere truppe russe ci dovrà essere
un rapporto molto diverso tra l’Europa e la Russia» ha dichiarato, sottolineando di non escludere nuove
sanzioni.
Anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha denunciato che l’attuale situazione in Ucraina «è del
tutto insoddisfacente», affermando
inoltre che «al momento l’aggiunta
di altre personalità russe» alla lista
di quelle già colpite da sanzioni Ue
è sull’agenda della riunione del consiglio Affari esteri in programma lunedi a Bruxelles. Il consiglio, il primo sotto la guida del nuovo alto
rappresentante per la Politica estera
e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini, si concentrerà sulla risposta europea alla crisi.
Eppure il ministro degli Esteri
russo, Serghiei Lavrov, e il segretario
di Stato americano, John Kerry, ave-
Ballottaggio
alle presidenziali
in Romania
BUCAREST, 15. Si va verso un serrato
testa a testa, in Romania, nel ballottaggio delle presidenziali che domenica vedrà opposti il primo ministro
socialdemocratico, Victor Ponta, al
candidato di centrodestra, Klaus
Iohannis, leader del Partito liberale
ed esponente della minoranza tedesca della Transilvania. Molti osservatori pronosticano un arrivo sul filo
di lana, anche per il gioco degli appoggi e delle alleanze dell’ultim’ora.
Ciò spiega l’appello continuo in
questi giorni da parte di Iohannis
agli elettori a recarsi alle urne, dopo
che al primo turno solo il 53 per
cento degli aventi diritto è andato a
votare. Gli ultimi sondaggi indicano, comunque, un distacco ancora
vistoso, con Ponta dato al 53 per
cento e Johannis al 47 per cento. Il
premier ha vinto il primo turno delle presidenziali del 2 novembre con
circa il 40 per cento dei consensi,
quasi dieci punti in più di Iohannis,
al quale è andato poco più del 30
per cento dei voti.
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vano avuto ieri sera un colloquio telefonico in cui avevano sottolineato
la necessità di rilanciare al più presto il lavoro del gruppo di contatto,
formato da Kiev, dai separatisti filorussi e da rappresentanti dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il presidente
ucraino, Petro Poroshenko, ha intanto assicurato che l’esercito è «pronto
ed è in grado» di rispondere a una
eventuale
offensiva
dei
ribelli
nell’est del Paese, pur ribadendo il
sostegno alla soluzione politica del
conflitto.
E mentre la crisi ucraina si conferma il dossier più scottante del vertice del G20 di Brisbane, nella regione
di Donetsk si continua a morire nonostante la tregua raggiunta a Minsk il 5 settembre scorso. Kiev ha denunciato che nei combattimenti sette
soldati ucraini sono stati uccisi nelle
ultime ventiquattro ore. Inoltre, sotto il fuoco dell’artiglieria sono morti
cinque civili, tra cui due bambini.
Lo scandalo delle tangenti del colosso petrolifero Petrobras
Decine di arresti
per corruzione in Brasile
BRASILIA, 15. Quarantanove mandati d’arresto con l’accusa di corruzione sono stati eseguiti ieri in Brasile
nell’ambito dell’inchiesta «Lava Jato» («autolavaggio»), che aveva già
portato in carcere l’ex direttore del
colosso petrolifero statale Petrobras,
Paulo Roberto Costa. In manette
sono finiti, tra gli altri, i presidenti
di cinque grandi imprese nazionali
(Oas, Camargo Correa, Iesa, Queiroz Galvão e Utc) e l’ex direttore
servizi della Petrobras, Renato Duque. Secondo le accuse, gli imprenditori pagavano tangenti a funzionari pubblici per ottenere appalti
da Petrobras.
L’operazione è scattata contemporaneamente in diverse città, tra le
quali la capitale Brasilia e le due
principali metropoli del Paese, San
Paolo e Rio de Janeiro e ha visto
impegnati oltre trecento agenti della polizia federale. Tra i numerosi
uffici perquisiti figurano quelli
dell’impresa di costruzione Odebrecht, che ha realizzato la maggior
parte degli stadi del mondiale di
calcio di quest’anno.
Secondo i magistrati che conducono l’inchiesta, lo schema di corruzione ha permesso il riciclaggio
di almeno dieci miliardi di reais
(circa 3,3 miliardi di euro). La polizia federale ha anche sequestrato
conti per 720 milioni di reais (240
milioni di euro) riconducibili a 36
degli arrestati.
L’inchiesta ha anche importanti
risvolti politici. Tra l’altro, i magistrati ritengono che Roberto Duque fosse l’interlocutore del Partito
dei lavoratori della presidente Dilma Rousseff all’interno di Petrobras e che avrebbe versato nelle
casse del partito una percentuale
dei proventi illeciti.
Proprio la questione della corruzione legata allo scandalo Petrobras
era stata uno dei temi più sollevati
nella recente campagna elettorale.
Il candidato di opposizione Aécio
Neves aveva accusato Rousseff di
voler insabbiare lo scandalo. Sia in
campagna elettorale sia appena rieletta, il 26 ottobre, la presidente
promise di fare piena luce sulla vicenda.
Una piattaforma di Petrobras (LaPresse/Ap)
Le Farc disposte a rilasciare
soldati colombiani rapiti
BO GOTÁ, 15. Pur avendo più volte
annunciato la fine dei rapimenti e
la liberazione dei prigionieri, i
guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc)
hanno confermato oggi, attraverso
un comunicato, che tengono nelle
loro mani due soldati colombiani
— César Ruvera Tapela e Jonathan
Andrés Díaz Franco — ma sono disposti a dialogare per una loro
eventuale liberazione.
Il documento del gruppo Jorge
Briceño considera i militari colombiani come prigionieri ma «a diffe-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
Signor Presidente,
Il V Protocollo non è sfuggito a
questa logica. Al fine della credibilità, e per mantenere le porte aperte
alle negoziazioni e all’adozione di
altri strumenti in futuro, è importante che tutti gli Stati parte prendano sul serio l’attuazione di questo strumento nelle sue dimensioni
sia di prevenzione, sia di rimedio. I
molti recenti conflitti in Medio
Oriente, Africa, Africa settentrionale ed Europa, ci ricordano le nostre
responsabilità riguardo ai residuati
bellici esplosivi e ordigni abbandonati. Al di là della sicurezza dei civili, stiamo assistendo a una destabilizzazione nazionale e regionale a
causa della mancanza di sicurezza e
di controllo delle scorte, che la comunità internazionale non è in grado di prevenire né è sufficientemente preparata a farlo. Gli Stati parte
hanno la responsabilità di evitare
che il V Protocollo diventi un testo
incapace di prevenire e di rimediare. In questo contesto, l’attuazione
dell’Articolo 4 del Protocollo si rende ancor più necessaria. Senza il rigoroso rispetto di tale articolo, sarebbe impossibile osservare gli altri
provvedimenti di questo Protocollo.
Dobbiamo continuare a condividere
con il Comitato Internazionale della Croce Rossa, gli altri Stati parte
e diverse Organizzazioni non governative (Ong), la stessa preoccu-
Signor Presidente,
Il successo della collaborazione
tra Stati, organizzazioni internazionali e Ong in diverse aree del disarmo è ben consolidato. La CCW,
compreso il V Protocollo, ha sempre aperto le proprie porte alla partecipazione della società civile e
delle sue organizzazioni. Tutti noi
traiamo profitto dalla professionalità e dalla competenza di queste organizzazioni. Riteniamo che debbano continuare ad avere un posto e
una voce in questo luogo, e un ruolo da svolgere nella cooperazione
internazionale e nella prevenzione e
nel rimedio ai danni causati dai residuati bellici esplosivi.
Signor Presidente,
Le guerre e i conflitti armati sono
sempre un fallimento della politica e
dell’umanità. Il diritto umanitario
internazionale deve mantenere questa dimensione umana fondamentale
per rendere possibile la coesistenza a
livello nazionale e internazionale.
Quando la comunità internazionale
non riesce a mantenere la pace, non
dovrebbe accettare un secondo fallimento. Il V Protocollo è un modesto
tentativo per impedire che, una volta terminato il conflitto, persone innocenti diventino vittime. L’adempimento non è solo un obbligo giuridico. È in primo luogo un dovere
morale verso le persone e un dovere
politico per riportare la pace.
La ringrazio, Signor Presidente.
Aumentano i senza tetto
a New York
renza dello Stato e del Governo le
Farc manifestano la volontà di dialogare per la loro liberazione».
Giovedì l’esercito colombiano ha
confermato che due suoi soldati
sono stati sequestrati la scorsa settimana dai ribelli in una zona rurale nei pressi della città di Tame,
nel dipartimento di Arauca, al
confine con il Venezuela.
Il Governo di Bogotá e le Farc
stanno portando avanti dal settembre del 2012 un processo di pace a
Cuba per cercare di mettere fine a
più di cinquant’anni di conflitto.
Servizio vaticano: [email protected]
Signor Presidente,
Anzitutto desidero congratularmi
con lei per aver assunto la presidenza e per tutto il lavoro preparatorio,
volto a rendere il nostro incontro il
più produttivo possibile.
La CCW e i suoi Protocolli, compreso il V Protocollo, sono destinati
a essere una parte importante del
tessuto del diritto umanitario internazionale, che non è fine a se stesso, bensì un mezzo per proteggere i
civili nei conflitti armati. Anche gli
strumenti più perfetti sarebbero
inutili se la loro attuazione non
avesse conseguenze concrete per gli
uomini e le donne che vivono nelle
zone di conflitto armato. Siamo
tutti consapevoli che l’adozione di
una serie di strumenti nel campo
del disarmo è stata possibile solo a
livello di minimo comune denominatore. Il “realismo” invocato per
convincere quanti desiderano strumenti più vigorosi è la promessa
dell’attuazione in buona fede, che
sarebbe un servizio prezioso ai paesi in conflitto.
pazione
riguardo
l’attuazione
dell’Articolo 4.
È vero che la responsabilità principale spetta allo Stato colpito. Tuttavia, la cooperazione internazionale è anche un dovere. Quasi tutti i
conflitti attuali coinvolgono attori
nazionali, regionali e internazionali,
attori statali e attori non statali.
Occorre anche ricordare che la
maggioranza dei paesi in conflitto è
costituita da paesi in via di sviluppo, i quali non sempre hanno i
mezzi sufficienti per superare le
conseguenze del conflitto armato
sul loro suolo.
NEW YORK, 15. Aumenta il numero
dei senza tetto a New York e sale la
tensione nei principali parchi della
città, scelti dai poveri come loro abitazione. Dopo un decennio in cui il
numero di senza tetto per le strade
della Grande Mela è calato, scendendo del 25 per cento, quest’anno
si è invece assistito a un aumento
del 6 per cento, per un totale di
3.357 persone senza fissa dimora. A
questi si vanno ad aggiungere il numero record di senza tetto (57.676)
che vivono nei rifugi e ricoveri pubblici. L’aumento dei senza tetto si è
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
tradotto in una maggiore tensione
con le comunità locali, soprattutto
quelle vicino ai parchi pubblici. Secondo i dati pubblicati dal dipartimento dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2012-2013, circa un milione e
trecentomila bambini senza fissa dimora sono stati iscritti nelle scuole
americane, con un incremento dell’8
per cento rispetto all’anno precedente. Dati che sottovalutano la crisi
perché non includono neonati, bambini in età prescolare e bambini di
strada senza fissa dimora non identificati dal personale scolastico.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
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Revisione
dei programmi
nucleari
del Pentagono
WASHINGTON, 15. Il segretario
alla Difesa americano, Chuck
Hagel, ha ieri riconosciuto, in un
incontro al Pentagono, la necessità di nuovi investimenti per aggiornare l’arsenale nucleare statunitense, dopo che una revisione da lui ordinata mesi fa ha rilevato “problemi sistematici”. Si
tratta di questioni che riguardano strutture ed equipaggiamenti,
in diversi casi inadeguati o invecchiati. Hagel ha quindi delineato un piano d’azione che riguarda la catena di comando e
un incremento degli investimenti
per il settore del 10 per cento
per i prossimi cinque anni.
Dopo l’annuncio, Hagel si recherà nella base dell’aeronautica
di Minot, in North Dakota.
Nell’installazione si trovano le
testate nucleari e i missili custoditi nei silos risalenti agli anni
della Guerra fredda. Il segretario
alla Difesa statunitense aveva ordinato i due rapporti alla fine di
gennaio, dopo l’imbarazzo suscitato dallo scandalo scoppiato
nella base dell’aeronautica di
Malmstrom, in Montana, dove
era emerso che decine di ufficiali
avevano falsificato i dati dei test
effettuati mensilmente per il lancio delle testate nucleari.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
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Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Banca Carige
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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domenica 16 novembre 2014
pagina 3
La Mezzaluna rossa libica prepara aiuti
per i civili a Bengasi (Afp)
Nuove accuse dell’Onu all’Is
Gli Stati Uniti
escludono
un’alleanza generale
tra i gruppi jihadisti
NEW YORK, 15. Mentre l’Onu rinnova le accuse di crimini di guerra
e contro l’umanità commessi dal
cosiddetto Stato islamico (Is), tra
gli osservatori internazionali e in
larga parte delle opinioni pubbliche di molti Paesi si fa largo il timore che possa consolidarsi una
generale alleanza tra i diversi
gruppi di matrice jihadista. Secondo alcuni, una tale alleanza si starebbe già verificando sui fronti del
conflitto siriano. Questo scenario
viene però negato al momento
dall’intelligence degli Stati Uniti,
il Paese che guida la coalizione internazionale impegnata nel sostegno — con i raid aerei, ma anche
con l’invio di istruttori militari —
alle forze che fronteggiano l’offensiva dell’Is tanto in Siria quanto
in Iraq.
In questo senso si è espresso il
responsabile dei servizi di intelligence di Washington, James Clapper, in un’intervista alla Cbs, che
andrà in onda domani, ma della
quale l’emittente ha già anticipato
ampi estratti. Alla richiesta di
commentare le indiscrezioni su
una possibile alleanza fra l’Is e
l’organizzazione terroristica Al
Qaeda, Clapper ha risposto che i
servizi da lui diretti non la stanno
constatando. «Ci sono stati degli
accordi tattici sul campo di battaglia, ma sono stati occasionali.
Non ritengo che le due organizzazioni si uniranno, tanto meno nel
breve periodo», ha specificato.
Nel frattempo, a Ginevra è stato diffuso un rapporto dalla commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria, presieduta dal giurista
brasiliano Paulo Pinheiro, nel
quale l’Is viene accusato, come
detto, di sistematiche atrocità contro le popolazioni e si chiede il
deferimento dei suoi capi alla
Corte penale internazionale appunto per crimini di guerra e contro l’umanità. Il rapporto, basato
su trecento testimonianze raccolte
e verificate dalla commissione
dell’Onu, denuncia decapitazioni
e lapidazioni pubbliche di uomini,
donne e bambini, soprusi sulle
minoranze, in particolare cristiani,
sciiti e curdi. Nel documento si
afferma che l’Is «ha fatto uso calcolato di brutalità in pubblico e
dell’indottrinamento per ottenere
la sottomissione della popolazione». Il rapporto è riferito solo al
territorio siriano, ma tra gli orrori
descritti ci sono quelli subiti dalle
donne e ragazze yazide, una delle
minoranze irachene contro la
quale l’Is si è più accanito, che
dopo essere state rapite in Iraq in
settembre, sono state condotte in
Siria e vendute come schiave
sessuali.
Uccisi
dieci terroristi
nel nord
del Sinai
Allarme dell’Unhcr per l’aggravarsi della crisi in Libia
Centomila sfollati in un mese
TRIPOLI, 15. A causa dell’inasprirsi del conflitto
tra i vari gruppi armati in Libia, in particolare
nelle città di Bengasi e Derna (est), Ubari (sudest) e Kikla (ovest), sono ormai più di 106.000 le
persone che hanno lasciato le loro case nell’ultimo mese. Lo ha riferito una nota dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). In Libia sono ormai quasi 400.000 gli sfollati dal maggio scorso. L’assistenza sanitaria, il cibo e altri
generi di prima necessità — oltre a una sistemazione in vista dell’inverno — sono diventate esigenze fondamentali. L’Unhcr e i suoi partner si
stanno adoperando per soddisfare alcune di queste esigenze, ma ci sono considerevoli restrizioni
nei finanziamenti destinati agli sfollati, e le condizioni di instabilità delle ultime settimane hanno
reso sempre più difficile raggiungere chi si trova
in situazioni di bisogno.
La maggior parte degli sfollati vive presso famiglie del luogo che in alcuni casi hanno aperto
le loro case a più famiglie contemporaneamente
per cercare di far fronte alle crescenti necessità di
riparo. Le persone che non riescono a stare con
parenti e famiglie ospitanti dormono in scuole,
parchi o edifici non residenziali convertiti in rifugi di emergenza. Il crescente numero di sfollati
sta superando le capacità di accoglienza delle comunità locali, che hanno riferito di non essere in
grado di affrontare la situazione.
C’è intanto allarme oggi nella capitale libica
dove le milizie islamiste hanno avvertito che agiranno contro i manifestanti che intendono celebrare oggi il primo anniversario della strage di
Gharghour. Il 15 novembre 2013 una manifestazione pacifica contro la presenza a Tripoli dei
gruppi armati fu repressa nel sangue dai miliziani
di Misurata: morirono 43 persone, per lo più studenti, quasi cinquecento i feriti. Nei giorni scorsi
gli attivisti hanno lanciato un appello a scendere
in piazza oggi per sfidare le milizie e ricordare le
vittime della strage.
Ed è un allarme, ma anche una richiesta di aiuto quella del Governo libico di Abdullah Al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma
esiliato a Tobruk, che ammette di non avere il
controllo su Tripoli e la propria impotenza di
fronte alle milizie che regnano nella capitale.
Chiede quindi alle ambasciate straniere di provve-
Boko Haram conquista
la città delle liceali rapite
Antischiavisti sotto attacco
in Mauritania
NOUAKCHOTT, 15. Le organizzazioni
che si battono contro la schiavitù in
Africa sembrano essere sotto attacco
in questo periodo. Secondo alcuni
osservatori, in questo senso vanno
lette le notizie arrivate in particolare dalla Mauritania dove questa settimana sono stati arrestati nove attivisti. Tra loro c’è Biram Ould Dah
Ould Abeid, candidato sconfitto alle elezioni presidenziali di quest’anno e dirigente dell’Initiative for the
Resurgence of the Abolitionist Movement (Ira), un’organizzazione
non governativa che si batte per la
scomparsa di qualsiasi forma di
Assenze eccellenti
alla consegna
del Nobel a Malala
ISLAMABAD, 15. I primi ministri di
India e Pakistan, Narendra Modi
e Nawaz Sharif, non parteciperanno alla cerimonia di assegnazione
del premio Nobel per la pace prevista il 10 dicembre prossimo a
Oslo, come invece aveva auspicato
l’attivista
pakistana
Malala
Yousafzai, insignita dell’ambito riconoscimento insieme all’attivista
indiano Kailash Satyarthi.
Dopo l’annuncio del premio,
Malala — la più giovane vincitrice
del Nobel per la pace — aveva auspicato la presenza dei due leader
nella capitale della Norvegia come
input per migliorare i rapporti diplomatici tra India e Pakistan,
Paesi entrambi dotati di arsenale
atomico. Il 9 ottobre del 2012,
Malala — nota per il suo impegno
per l’affermazione dei diritti civili
e per il diritto all’istruzione —
venne gravemente ferita alla testa
e al collo dai talebani pakistani
mentre tornava da scuola.
dere a innalzare i propri livelli di sicurezza.
All’indomani delle autobombe esplose davanti alle sedi diplomatiche di Egitto ed Emirati Arabi
Uniti nella capitale, una nota del ministero degli
Esteri condanna gli attentati, ma respinge ogni
responsabilità.
La nota spiega che la zona interessata è «fuori
dal controllo dello Stato, in mano a gruppi terroristici» e invita appunto le missioni diplomatiche
a prendere le misure necessarie. «Questi atti orribili confermano alla comunità internazionale il
vero volto di questi gruppi e il loro comportamento distruttivo», conclude il comunicato del
Governo di Al Thani.
Le bombe di ieri, a giudizio concorde degli osservatori, erano un chiaro messaggio a Egitto ed
Emirati Arabi Uniti, più volte accusati dal Governo “parallelo” di Omar Al Hassi e dalle milizie
islamiste di aver partecipato ai raid aerei contro le
basi jihadiste di Tripoli e Bengasi sin dallo scorso
agosto.
Finora non hanno dato esito i tentativi dell’inviato dell’Onu per la Libia, Bernardino León, di
riannodare un dialogo tra Tripoli e Tobruk.
schiavitù. Per questo suo impegno,
l’attivista mauritano aveva ricevuto
lo scorso anno il premio delle Nazioni Unite per i Diritti dell’uomo.
Sempre questa settimana, la sede
dell’Ira nella capitale Nouakchott è
stata chiusa dalla polizia. Tanto
questo provvedimento quanto gli
arresti sono stati motivati con il fatto che martedì scorso si è tenuto un
corteo non autorizzato nella città di
Rosso, nel sud del Paese.
In Mauritania la schiavitù è stata
da tempo dichiarata illegale, ma resta ampiamente diffusa soprattutto
nel settore del lavoro domestico.
IL CAIRO, 15. Resta sempre tesa la
situazione nella penisola del Sinai
dopo una serie di attacchi di
gruppi armati islamisti contro
l’esercito e le forze di sicurezza
egiziane. Almeno dieci terroristi,
tra cui cinque membri della formazione jihadista Ansar Beit Al
Maqdis, sono stati uccisi in operazioni militari a Sheikh Zweid, nel
nord del Sinai. Lo riferiscono fonti militari, aggiungendo che altri
venti estremisti sono stati arrestati.
Le forze dell’ordine hanno imposto un coprifuoco provvisorio nella zona di Fayyoum, a cento chilometri a sud del Cairo, dove hanno effettuato numerose perquisizioni e hanno arrestato 17 membri
dei Fratelli musulmani accusati di
aver ucciso il comandante del
commissariato di polizia della città. Nelle case perquisite sono stati
trovati armi e volantini inneggianti al rovesciamento dello Stato.
Trova una sede
il torneo di calcio
africano
che nessuno vuole
MALABO, 15. Il torneo di calcio
che nessun Paese africano vuole
ospitare — la Coppa d’Africa per
Nazioni 2015 — si giocherà in Guinea Equatoriale. Lo ha deciso la
Federcalcio africana, costretta a
trovare una nuova sede dopo la rinuncia del Marocco, spaventato
dall’epidemia del virus ebola. Rifiuto che alla compagine marocchina è costato l’esclusione. Le
date del torneo rimangono quelle
previste, dal 17 gennaio all’8 febbraio. La capitale Malabo, Bata,
Mongomo ed Ebebiyin saranno le
città che ospiteranno le partite
della fase a gironi. La Guinea
Equatoriale, terzo Paese produttore di petrolio dell’Africa subsahariana, era stata già sede del torneo
nel 2012, insieme al Gabon.
Dopo la rinuncia del Marocco,
molti Paesi del Continente si sono
affrettati a smentire possibili candidature, nel timore che l’arrivo di
molti tifosi e assembramenti possano aumentare il rischio di diffusione della grave malattia di febbre emorragica, che nell’Africa occidentale ha già ucciso più di
5.150 persone. Si è così fatta avanti la Guinea Equatoriale, forte dei
suoi pozzi petroliferi, che gli consentono il prodotto interno lordo
pro capite più alto del continente.
Il Pam costretto a dimezzare le razioni alimentari per i rifugiati nei campi in Kenya
Meno cibo per i profughi somali
Una madre mostra la foto della figlia rapita (LaPresse/Ap)
ABUJA, 15. Si chiama Chibok la
nuova roccaforte del gruppo fondamentalista islamico di Boko Haram
nel nord-est della Nigeria. La città
dello Stato di Borno, a ottanta chilometri da Mubi, dove ad aprile furono rapite centinaia di liceali, è caduta nelle mani del gruppo estremista islamico. I terroristi hanno fatto
irruzione nel pomeriggio di ieri, distruggendo tutte le torri di telecomunicazione e le linee telefoniche.
Davanti all’avanzata dei miliziani, i cittadini sono fuggiti nella foresta alle porte della città, ha precisato alla France Presse il capo del
Governo locale. Un responsabile
dei servizi di sicurezza della regione, il mese scorso, aveva annunciato
l’imminente caduta di Chibok.
Poche ore prima, gli estremisti
avevano conquistato anche le città
di Hong e di Gombi, nello Stato
nordorientale di Adamawa. Secondo le testimonianze, a Gombi i
guerriglieri di Boko Haram hanno
incendiato la stazione di polizia, e
le sedi dell’amministrazione e del
mercato, mentre a Hong gli insorti
hanno distrutto il commissariato di
polizia e issato la loro bandiera nera su diversi edifici.
NAIROBI, 15. A causa di insufficienti
finanziamenti, il Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu distribuirà razioni di cibo dimezzate a
circa mezzo milione di rifugiati, soprattutto somali, ma anche sudsudanesi, che vivono nei campi profughi
kenyani di Dadaab e Kakuma. Il dimezzamento delle razioni incomincia oggi, in conseguenza del mancato arrivo dei 38 milioni di dollari
per coprire le spese di assistenza ai
rifugiati per i prossimi sei mesi,
compresi i 15,5 milioni necessari fino
a gennaio 2015. «Abbiamo fatto tutto il possibile per evitare di ridurre
le razioni, incluso l’utilizzo di ogni
mezzo a nostra disposizione per coprire le maggiori criticità finanziarie», ha detto Paul Turnbull, vice
direttore della missione del Pam in
Kenya. «Il taglio delle razioni — ha
proseguito — è l’ultima risorsa e vi
ricorriamo per far durare le quantità
limitate di cibo che abbiamo a disposizione per le prossime dieci settimane, mentre continuiamo a fare
appello all’aiuto della comunità internazionale».
In Kenya il Pam distribuisce ogni
mese 9.700 tonnellate di cibo, per
un costo di circa dieci milioni di
dollari. La razione di emergenza
giornaliera è di 2.100 calorie e consiste in cereali, legumi, olio vegetale,
sale e una nutriente miscela di mais
e soia. Da metà novembre, i rifugiati riceveranno una razione giornaliera di cibo di 1.050 calorie. Il Pam
prevede di distribuire razioni dimezzate fino alla fine di gennaio 2015,
quando è previsto l’arrivo di cibo
donato dagli Stati Uniti, che coprirà
i bisogni per sei settimane.
In un quadro tanto drammatico,
c’è almeno un aspetto di relativa
rassicurazione. Tra gli aiuti a rischio
non figurano, infatti, le speciali forniture alimentari per neonati e donne incinte o che allattano, indispensabili per prevenire quella malnutrizione che resta la principale causa
di morte nell’Africa subsahariana e
che proprio nei campi profughi tocca le sue percentuali più drammatiche.
Tra le forniture più importanti
del Pam nei campi profughi in Kenya, per fortuna anch’esse non a rischio, c’è anche il porridge distribuito ai bambini dell’asilo e della
scuola primaria. Proprio la somministrazione di questo alimento non
solo costituisce un importante aiuto
ai bambini per concentrarsi nelle attività scolastiche, ma rappresenta un
fondamentale incentivo a mandarli a
scuola per le famiglie impossibilitate
a nutrirli in maniera adeguata.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
domenica 16 novembre 2014
Beato Angelico, «San Pietro martire»
(Firenze, Convento di San Marco)
Paolo
VI
e Pascal
Il segnalibro
ritrovato
dell’immagine. La via della cultura e del Figlio è quella della parola; ma la via della mistica, che
è senza mediazione, è quella del
silenzio. Ha suonato già l’ora dello Spirito Santo.
di MARIO SINA
l 19 ottobre 2014, in occasione della beatificazione
di Papa Paolo VI, «L’O sservatore Romano» ha
pubblicato uno scritto
nel quale il nuovo beato parla della solitudine della
morte di Cristo, una solitudine «ripiena della presenza nostra», «pervasa
d’amore» e invita in
una parentesi a «ricordare le mystère de Jésus
di Pascal».
La Biblioteca Apostolica Vaticana conserva un’opera pubblicata
per celebrare il terzo
centenario della morte
di Pascal, opera di cui
Jean Guitton fece dono a Paolo VI il 2 febbraio 1966 (data desunta dalla dedica). Si
tratta di una preziosa
riproduzione fotostatica, nata dalle conclusioni cui Louis Lafuma
era giunto nel suo paziente lavoro teso a restituire il modo di procedere di Pascal nella
composizione della sua
apologia della religione cristiana e lo stato in cui questi,
alla morte, aveva lasciato l’opera.
Anni fa, consultando questo volume presso la Biblioteca Vaticana,
avevo trovato alle pagine 308-309
un’immaginetta con alcune righe di
Paolo VI e ne avevo preso nota.
Tornato ora nella medesima biblioteca, ho ritrovato il segno ancora allo stesso posto: alla luce della meditazione pubblicata dall’«O sservatore Romano», quel segno lasciato
da Paolo VI acquistava significato.
I
ceverlo: essi dormono. Pascal osserva che Cristo si addolora non per
sé, ma per il pericolo cui espongono se stessi; che egli dapprima li richiama con tenerezza; che poi ha la
bontà di non risvegliarli e li lascia
nel loro riposo; che, mentre dormono, opera la loro salvezza. Pascal rileva che Gesù ha chiesto una sola
volta che il calice passasse, e che
due volte ha chiesto che il calice venisse, se era necessario. Mentre i
suoi amici dormivano e i suoi nemici vigilavano, egli si rimise al Padre, e in
Giuda non vide che
Durante la Settimana santa del 1966
l’ordine di Dio che
egli amava; egli infatti
Montini scrive una meditazione
lo chiamò amico. Annella quale si trova un esplicito
che a noi Cristo dice:
«Consolati. Tu non mi
rinvio a un testo del filosofo francese
cercheresti
se
non
“Le mystère de Jésus”
m’avessi già trovato. Io
pensavo a te nella mia
agonia»; ci chiede di
Le pagine 308-309 contengono in- lasciarci condurre da lui che ha così
fatti una meditazione di Pascal dal ben condotto la Vergine e i santi, di
titolo Le mystère de Jésus: il segno non stupirci che a noi costi qualche
anni fa per me muto legava questa lacrima ciò che a lui è costato sanmeditazione di Pascal al Pensiero al- gue, di non temere: la nostra conla morte di Paolo VI.
versione è affar suo. Pascal ricorda
Il testamento di Paolo VI è data- che i medici non ci guariranno, dal
to 30 giugno 1965. L’immaginetta momento che noi moriremo, e che
porta la data del Natale 1965. Su di è Cristo che guarisce e rende imessa Paolo VI scrisse alcune parole mortali i corpi. Scrive che Cristo ci
tratte da Isaia, 9: Populus qui ambu- è più amico dei nostri amici più calabat in tenebris, vidit lucem ma- ri, Cristo che non ci fa conoscere la
gnam... Parvulus natus est nobis... et gravità dei nostri peccati perché
vocabitur nomen Eius admirabilis, non abbiamo a perderci d’animo,
consiliarius, Deus fortis, pater futuri ma che ce li mostrerà man mano
saeculi, princeps pacis. Di questa im- che li avremo espiati: allora ci sarà
maginetta egli si servì come segnali- detto i tuoi peccati ti sono rimessi.
bro per l’opera donatagli da Jean Pascal osserva ancora che Cristo ci
Guitton il 2 febbraio 1966. È verosi- ama più ardentemente di quanto
mile che la meditazione di Paolo VI in cui
troviamo il rinvio al
Gesù non si trova nel giardino di Adamo
mystère de Jésus di Pascal risalga alla Settima in quello dei supplizi
mana santa del 1966.
Cerca la compagnia e il conforto
Scrive Paolo VI: «Un
aspetto su tutti gli altri
dei suoi tre più cari amici senza riceverlo
principale: tradidit seDormono tutti
metipsum; la sua morte
fu sacrificio; morì per
gli altri, morì per noi.
La solitudine della morte fu ripiena noi abbiamo amato le nostre lordudella presenza nostra, fu pervasa re ed esorta a guardarsi dalla falsa
d’amore: dilexit Ecclesiam (ricordare giustizia di Pilato, il quale non fece
le mystère de Jésus di Pascal)» (Pao- che prolungare le pene di Cristo;
lo VI, Pensiero alla morte).
esorta a guardarsi dal desiderio di
In Le mystère de Jésus, Pascal os- piacere al mondo e di prendere le
serva che Gesù, nella sua agonia, distanze da Cristo. Quel Cristo, che
soffre tormenti che egli stesso s’in- per noi si è fatto più abominevole
fligge. Turbare semetipsum. Si tratta di noi stessi e che lungi dal disprezdi un supplizio di mano non uma- zarci si ritiene onorato che noi anna, supplizio che solo un onnipo- diamo a lui e lo soccorriamo, ha
tente può sostenere. Gesù si trova guarito se stesso e guarirà anche
non nel giardino di delizie di Ada- noi. Noi siamo allora chiamati a
mo, ma in un giardino di supplizi. unirci a lui, a fare le piccole cose
Pascal contempla la sua anima tri- come grandi a causa della maestà
ste fino alla morte, contempla quel di Gesù Cristo che le fa in noi e
Cristo che, cosa unica nella sua vi- che vive la nostra vita, e fare le
ta, cerca la compagnia e il conforto grandi come piccole e facili a causa
dei suoi tre più cari amici senza ri- della sua onnipotenza.
La meditazione non è una moda?
A colloquio con Pablo d’O rs
Terrorismo del rumore
di CARLO PULSONI
Devo la scoperta di Pablo d’O rs
a un’amica; la lettura dei suoi libri di narrativa tradotti in italiano è stata per me folgorante. Pablo d’Ors (Madrid 1963) si forma
tra New York, Roma, Vienna e
Praga, addottorandosi in teologia
e poi in germanistica. È stato
consacrato sacerdote nel 1991 e
attualmente è cappellano nell’ospedale Ramon y Cajal di Madrid. Nel 2014 è stato nominato
Consultore del Pontificio Consiglio della cultura. È uscito ora
per Vita e Pensiero (Milano,
2014, pagine 98, euro 12) un nuovo volume intitolato Biografia del
silenzio, un trattato a metà strada
tra la riflessione filosofica e teolo-
gica. Ho chiesto all’autore di dar
conto di questo mutamento di
genere.
Lei è noto come romanziere. Com’è
giunto a questo volume che esula
dal resto della sua produzione?
Effettivamente sono un narratore, non un saggista: significa
che penso più in immagini che in
concetti, e che credo di più nel
potere della narrazione che in
quello del discorso. Biografia del
silenzio è, certamente, un saggio,
però ha l’inconfondibile tono della narrazione e della testimonianza che oggi contraddistinguono i
testi che chiamano fiction. La sua
forza proviene, credo, dal suo carattere esperienziale.
Perché un libro sul silenzio?
Il rumore è oggi, nelle nostre
società occidentali, l’autentico
terrorismo. Il silenzio è perciò la
nostra
massima
sfida.
La
principale necessità dell’anima è
la semplicità o, si potrebbe anche
dire, la rettitudine di intenzione o
la purezza del cuore. E questo
non è possibile senza uno spazio
e un tempo di silenzio e di
quiete.
Risulta strano che un sacerdote e
uno scrittore parli del silenzio e non
della parola.
Parola e silenzio sono due facce della stessa medaglia. Le vere
parole nascono dai silenzi e conducono ai silenzi. La via della natura e quella del Padre è la via
L’orazione contemplativa — la
meditazione a cui mi riferisco nel
mio piccolo libro — esiste fin
dall’origine del cristianesimo. Meditatio significa permanere nel
centro. Contemplatio significa stare
nel tempio. Meditare è peregrinare al nostro centro, e noi cristiani
siamo convinti che il nostro centro è un tempio nel quale abita
l’Ospite dell’anima.
Nel volume cita spesso la filosofia
Zen e Budda. Come si conciliano
con la sua fede?
Se per i credenti niente delle
cose umane dovrebbe risultare
estranea, per i cercatori della verità tutta la saggezza, da qualsiasi
parte essa venga, deve essere sempre la benvenuta. La verità non si
può mai possedere, dato che non
è una cosa, bensì una persona.
Cristo è la verità, la vita, il cammino. Nella mia opinione, quanto più religiosa è una persona,
tanto più aperta sarà ad altre persone, credenze, tradizioni. E tanto meno si sentirà minacciata dalla diversità. Come sacerdote mi
sento chiamato a essere un “pontefice”, cioè, a tendere ponti tra il
mondo e Dio, tra la società e la
Chiesa, l’arte e la religione, il cristianesimo e il buddismo. Conoscere le cose altrui mi ha fatto stimare ancora di più quelle mie.
Come spiega il successo di questo libro? Ha venduto 25mila copie in
meno di due anni ed è stato tradotto in varie lingue.
I doni del silenzio
di ANTONELLA LUMINI
Il silenzio prende corpo nella
vita, la trasforma, aiuta a stare
nella realtà senza più fuggirla.
In questo libro Biografia del silenzio l’autore, Pablo d’O rs,
scrittore, critico letterario e
una perdita di tempo, la volontà si oppone, ma proprio
durante le pause avviene il vero contatto con se stessi e con
la vita: «fermarsi, tacere, ascoltare». Porsi umilmente davanti
al mistero per contemplarlo
senza cercare spiegazioni,
liberandoci dai pensieri, perché «pensiamo
molto la vita, ma la
viviamo poco».
Il silenzio richiama verso
ditazione è quindi l’arte della
resa». Non serve lo sforzo, è
necessario l’abbandono. La resa porta al cedimento, libera
dagli attaccamenti, dalla possessività, permette l’immersione nella parte profonda: «Vivere è trasformarsi in quello che
si è».
L’autore, riferendosi alla tradizione del buddismo zen ma
insieme anche all’esperienza
dei grandi mistici, pone al
centro del percorso di trasformazione la «dissoluzione del
piccolo io», cioè di tutte quel-
In un mondo basato sull’efficienza
fermarsi sembra
una perdita di tempo
Ma proprio durante le pause
avviene il vero contatto
con se stessi e con la vita
dal 1991 sacerdote, racconta in
diretta il suo percorso attraverso il silenzio e la meditazione.
Emergono i tratti di una autentica esperienza interiore
che, come nella migliore tradizione, scaturisce dal bisogno
di conoscere se stessi. Una
grande sete spinge ad entrare
nel profondo, «nel proprio
pozzo». Il silenzio conduce
verso uno «scenario vuoto»
che spaventa, ma «quel vuoto
è la nostra identità più radicale, giacché non è altro che la
pura capacità di recepire e di
accogliere». Del resto «Dio
può entrare solo in ciò che è
vuoto». In un mondo basato
sull’efficienza, lo stare fermi,
immobili nel silenzio, sembra
la natura, fa riscoprire lo stupore, la meraviglia, «riconduce
verso l’infanzia perduta». Più
si entra nel silenzio distaccandoci da tutto, più si partecipa
intensamente di ogni attimo,
di ogni cosa che facciamo. Solo così si conosce la vera gioia,
che consiste semplicemente nel
percepire la vita che ci attraversa.
«Non è triste morire, ma
farlo senza aver vissuto». La
meditazione silenziosa sviluppa l’attenzione, l’intuizione,
permette di entrare in contatto
con il maestro interiore, ossia
con la dimensione dello spirito. Libera dalle false illusioni,
opera uno smascheramento,
chiama al cedimento: «La me-
le false identificazioni che
compongono l’ego. È così che
passo dopo passo il silenzio
spoglia, fa cadere ogni falsa
immagine di noi stessi, libera
dai meccanismi psichici, portando verso quello stato di purezza in cui può emergere l’essere nudo, l’«io sono» senza
più attributi: «potevo dire "sono Pablo d'Ors" o "sono cristiano". La migliore definizione di me alla quale finora sono arrivato è "io sono"». La
meditazione «screpola la struttura della nostra personalità»
aprendo all’universale, dilatando la coscienza verso uno stato
in cui tutto è percepito
nell’unità.
La sosta silenziosa più svuota, più allarga l’anima, fa diventare magnanimi. L’autore
costantemente ripete che questo percorso di immersione nel
silenzio fa vivere più intensamente ogni semplice realtà
quotidiana.
La chiave è per me chiarissima:
c’è una fame di spiritualità nel
nostro mondo, sempre più estesa
e intensa. La cosa triste è che l’attuale prestigio della spiritualità si
è costruito sul discredito della religione, un dato che deve farci riflettere. Il principale elogio per
me è ascoltare da alcuni dei miei
lettori frasi come questa: «Ha
scritto esattamente ciò che penso
e non sapevo dire». Questo è
qualcosa di grandioso, perché significa che in qualche modo ho
saputo raccogliere un certo spirito del tempo. Sono molte le lettere e le mail che ho ricevuto dove mi si ringrazia d’aver scritto
questo saggio e, da credente qual
sono, non posso fare a meno di
pensare che Dio era ed è dietro a
tutto questo.
Per questo ha fondato l’associazione
«Amici del deserto»?
Molte persone non solo mi
scrivevano per felicitarsi o ringraziarmi, ma anche per chiedermi
di insegnare loro a meditare.
«Amici del deserto» è nata solo
nove mesi fa e già sono un centinaio le persone a cui abbiamo
potuto offrire ritiri di iniziazione
alla contemplazione, e altre centinaia sono quelle interessate alle
nostre attività. Sono persuaso
che il potere dell’orazione è incalcolabile, infinitamente superiore a quello di una bomba atomica. Per questo parlo di “deserto”, cioè, della necessità dello
svuotamento affinché Dio possa
colmarlo. Però anche di “amici”,
perché non c’è possibilità di trasmissione della fede se non in un
contesto relazionale sano e gratuito.
Il suo prossimo libro?
Sarà di nuovo un romanzo, ma
in ogni caso nella mia vita c’è un
prima e un dopo rispetto alla
Biografia del silenzio. La mia aspirazione è quella di continuare a
scrivere, ma anche di dedicare
sempre più tempo al mistero che
è l’ascolto di Dio, degli altri e di
me stesso. Quanto più facciamo
silenzio dentro di noi, tanto più
ci dimentichiamo di noi stessi e
tanto più lasciamo il protagonismo a Chi ci corrisponde.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 16 novembre 2014
pagina 5
La ricchezza dell’amore tra uomo e donna
Una strada
verso il mondo
«La complementarità tra l’uomo e la donna» è il tema del colloquio internazionale
interreligioso in programma in Vaticano dal
17 al 19 novembre. Anticipiamo stralci dalla relazione del cardinale prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede.
di GERHARD MÜLLER
iascuno di noi non appena
riflette sulla sua condizione
umana, avverte di non esaurire in sé la propria umanità.
Il proprio essere maschile o
femminile non è sufficiente a sé stesso.
Questo fatto, indelebile nella natura
C
La presenza dei genitori
è la grammatica essenziale
per educare
alla positività del reale
E al mistero di un Dio creatore
umana, rivela la nostra radicale dipendenza: non ci completiamo da noi stessi.
Basterebbe questa considerazione a mostrare l’inadeguatezza del tratto marcatamente individualista che segna la mentalità odierna. Eppure nelle radici del nostro io è inscritta una naturale tensione,
opposta a tale mentalità.
Il nostro colloquio parte da questa
constatazione, aprendola sul mistero di
Dio. Da qui la domanda: quale interesse
ha dunque lo studio della complementarità tra l’uomo e la donna per il rapporto dell’uomo con Dio? È questo l’inter-
rogativo che ciascuna delle nostre tradizioni culturali e religiose è invitata a
porsi. Nella prospettiva ebraico-cristiana,
questo tema è assai rilevante ed emerge
nella lettura e nell’interpretazione che la
tradizione opera di alcuni testi biblici di
essenziale riferimento.
È noto il mito dell’uomo androgino,
di cui parla Platone nel suo Simposio.
Per un castigo divino, l’uomo originario,
essere sferico e, nello stesso tempo, maschile e femminile, è stato diviso in due,
in modo che ogni parte rimane in perenne ricerca dell’altra, in un continuo movimento, smettendo così di rappresentare
una minaccia per gli dei. Il mito dell’androgino ci insegna, come la Bibbia nel
racconto della Genesi, che la differenza
sessuale non è solo una diversità, come
sono «diversi» i popoli e i loro costumi,
non significa soltanto una pluralità variegata. Di per sé, infatti, la pluralità
non comporta il bisogno dell’altro per
capire se stesso, anche se la diversità può
essere comunque arricchente. Nella differenza sessuale invece — ed è questo
l’essenziale — ognuno dei due può comprendere se stesso solo alla luce dell’altro: il maschile ha bisogno del femminile
per essere compreso, e così è per il femminile. Per questo la Bibbia pone Adamo ed Eva uno di fronte all’altro (Genesi, 2, 18). La differenza, in questo modo,
immette nell’uomo e nella donna la consapevolezza che non possono trovare il
loro compimento in sé stessi: ciascuno
«solo nella comunione con l’altro sesso
può diventare completo», come scrisse
Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas
est. Vi è dunque una diversa interpretazione di questa mancanza nel mito androgino e nella Bibbia. Mentre nel primo caso la differenza sessuale è vista co-
Felice Carena, «La famiglia sotto la pergola» (1929)
me una punizione che indebolisce l’uomo affinché non possa avvicinarsi agli
dei, e quindi diventa una caduta dell’uomo dal livello quasi divino alla schiavitù
impotente, nella Bibbia invece la differenza è il punto preciso dove Dio farà
presente la sua azione e la sua immagine. Si spiega così che, mentre nel mito
Androgino l’uomo e la donna sono le
due metà di un essere umano, nella
Scrittura ognuno dei due, Adamo ed
Eva, si misurano non soltanto secondo
la loro mutua relazione, ma soprattutto a
partire dalla loro relazione con Dio.
È importante sottolineare anche un’altra dissomiglianza tra il racconto platonico e la Scrittura: mentre nel primo,
l’uomo e la donna, quando si uniscono,
diventano un essere pieno e sazio di sé,
nel libro della Genesi l’unione di uomo
e donna non porta a una compiutezza,
non li chiude in se stessi, perché proprio
nell’unirsi fra loro si aprono verso la presenza più grande di Dio.
Proprio la presenza di Dio all’interno
dell’unione tra uomo e donna ci aiuta a
considerare il significato della loro complementarità. Essa non si può capire in
modo polare, come se maschile e femminile fossero realtà opposte che si completano perfettamente a vicenda per diventare un’unità chiusa; si tratta piuttosto di modi differenti di situarsi nel
mondo che, quando si mettono insieme,
lungi dal chiudersi, aprono la strada verso il mondo e gli altri, una strada che
conduce soprattutto verso l’incontro con
D io.
L’unione del maschile e del femminile
è complementare non nel senso che da
essa risulti un tutto completo in sé, ma
nel senso che la loro unione rivela come
ambedue sono un mutuo aiuto per camminare verso il Creatore. Il modo in cui
quest’unione si riferisce sempre al di là
di se stessa diventa evidente con la nascita del figlio. L’unione dei due, il farsi
«una sola carne», si verifica proprio
nell’unica carne di coloro che sono generati da quell’unione. Si conferma così
che complementarità vuol dire anche sovrabbondanza, insorgenza di novità.
Dalla presenza del figlio proviene una
luce che ci può aiutare a descrivere la
complementarità dell’uomo e della donna. Il rapporto dei genitori con il bambino, dove ambedue si aprono al di là di
se stessi, è un modo privilegiato per capire la differenza tra l’uomo e la donna,
nel loro ruolo di padre e madre. La
complementarità non si comprende, allora, quando guardiamo all’uomo e alla
donna in modo isolato, ma quando li
consideriamo nella prospettiva del mistero verso cui la loro unione si apre e, in
modo concreto, quando guardiamo il
maschile e il femminile alla luce del rapporto con il figlio.
Si potrebbe aggiungere che il femminile si caratterizza per una presenza costante, che sempre accompagna il figlio.
In tedesco, infatti, quando una donna è
incinta, si dice che porta un bambino
sotto il cuore (dass sie ein Kind unter
dem Herzen trägt). La filosofia contemporanea ha parlato del femminile come
dimora, come presenza che avvolge l’uomo dall’inizio e l’accompagna sulla strada, come sensibilità singolare per la persona come dono e per la sua affermazione1. D’altra parte, il maschile è caratterizzato, riguardo al figlio, come la presenza di qualcuno “nella distanza”, in
una distanza che attira e, così, aiuta a
percorrere il cammino della vita. Ambedue, maschile e femminile, sono necessari per trasmettere al figlio la presenza
del Creatore, sia come amore che avvolge e conferma la bontà dell’esistenza
malgrado tutto, sia come chiamata che
da lontano invita a crescere. Il primo
luogo in cui la differenza sessuale appare nella vita delle persone è appunto
l’esperienza di filiazione. La nostra origine, il nostro primo luogo di contatto
con il mistero, si rivela nell’unione dei
nostri genitori, da cui ci proviene la vita.
Il maschile e il femminile rendono visibile per ogni bambino che viene a questo mondo, in modo sacramentale, la
presenza del Creatore. Il bene di questa
differenza è la grammatica essenziale
perché il bambino possa essere educato
come uomo aperto al mistero di Dio.
«La Natività» di William Congdon
Sotto un cielo che vibra
di ROD OLFO BALZAROTTI
otto ogni mio dipinto o soggetto
religioso fatto dopo la mia conversione rimane il seme originale dell’ambizione personale. In coscienza non posso permettere al momento attuale che la mia
pittura, con poche eccezioni, anche
se fosse richiesta, entri nella chiesa,
ossia che divenga parte della liturgia
della chiesa, che divenga invito e accompagnamento alla preghiera dei
fedeli». Così scriveva nel settembre
del 1963 sulla rivista cattolica «America» — in un testo titolato Letter to
the Editor responding to B. Bettinson’s
‘Patron of the Living Arts’ — il pittore
William Congdon, esponente di
spicco della New York School negli
anni Cinquanta. Convertitosi al cattolicesimo nel 1959 ad Assisi, presso
la Pro Civitate Christiana, per trequattro anni aveva lavorato intensamente su soggetti ispirati alla liturgia della Chiesa e alla Sacra Scrittura.
Una nuova produzione, così diversa dalle vedute urbane e naturali
che avevano decretato il suo successo negli anni Cinquanta da suscitare
non poche perplessità nell’ambiente
artistico americano. Del resto, lui
stesso nel giro di pochi anni comincerà a prendere le distanze da questo
nuovo filone, fino ad abbandonarlo
quasi del tutto.
Passati cinquant’anni, sono forse
maturi i tempi di una rivisitazione
più obiettiva e serena di questa stagione non tanto breve della sua pittura. E anche per verificare se sia
ancora giustificata la riluttanza del
maestro a collocare le proprie opere
di soggetto cristiano all’interno dello
spazio liturgico.
L’occasione ci viene oggi offerta
da un’interessante iniziativa della
«S
Rettoria della chiesa milanese di San
Raffaele Arcangelo. Dal 15 novembre
di quest’anno al 31 gennaio 2015, in
coincidenza con i tempi liturgici
dell’Avvento e del Natale, verrà
esposto nella chiesa dove si svolge
l’adorazione eucaristica perpetua,
uno dei dipinti più significativi di
quel lontano periodo. Si tratta della
Natività, un’opera a olio eseguita nel
dicembre del 1960.
Il quadro venne esposto al pubblico, sola e unica volta, nel 1961 ad
Assisi, negli spazi della Pro Civitate
Christiana. Venne quasi subito acquistato dal Ministero dell’industria
e commercio, oggi Ministero dello
sviluppo economico, che ha gentilmente acconsentito al prestito per
l’esposizione milanese. Prima di dire
qualcosa della Natività, saranno utili
alcune considerazioni su questa singolare stagione del maestro americano. Le sue prime opere di argomen-
to esplicitamente religioso-cristiano
dopo la conversione sono tre immagini del Cristo crocefisso, eseguite
nei primi mesi del 1960 mentre l’artista viveva ancora a Venezia, la città
a cui era stato legato per dodici anni.
Delle tre opere, la più ambiziosa
per dimensioni è il Crocefisso 2, nato
nel mese di marzo, oggi esposto nella sala dedicata ai suoi dipinti presso
la Galleria d’Arte Contemporanea
della Cittadella. Quando, di lì a pochi giorni, l’artista lo porta con sé
ad Assisi ancora fresco di pittura per
mostrarlo agli amici della Pro Civitate Christiana, la sensazione è tale
che gli viene fatta la proposta di eseguire il bozzetto per un grande mosaico destinato a decorare la parete
del nuovo auditorium della Cittadella. Tema: le Beatitudini.
Congdon raccoglie la sfida e si
mette al lavoro, come documentano
alcuni schizzi dei suoi
taccuini. Inoltre, intraprende una serie di
letture per approfondire i misteri della fede cristiana: le opere
di Giovanni Rossi, il
carismatico fondatore
della
Pro
Civitate
Christiana, e soprattutto il capolavoro di
Romano Guardini, Il
Signore, un testo che
lo accompagnerà sempre negli anni a venire.
Il serio impegno
dell’artista a realizzare
questo progetto è anche testimoniato dal
suo trasferimento, nel
settembre del 1960, da
Venezia ad Assisi, città
che non abbandonerà
fino al 1979. Ma una
volta stabilitosi nella
nuova casa-studio, ecco che nasce
una ricca serie di opere ispirate alla
liturgia e alla Sacra Scrittura, una
produzione che resterà intensa per
tutto l’anno successivo al punto da
far dimenticare l’iniziale progetto
delle Beatitudini. Poi, a partire dal
1962, la produzione comincia a calare. Infine, tra il 1965 e il 1966, questo nuovo filone verrà del tutto abbandonato, fatta l’eccezione del Crocefisso, mentre l’artista ritornerà alle
tradizionali vedute urbane e naturali.
Probabilmente fu decisivo in tal senso l’incontro con il filosofo Jacques
Maritain nel giugno del 1961. Questi
scriverà poi una prefazione per il vo-
L’occhio
ascolta
Pubblichiamo una riflessione
sull’opera di William Congdon
(1912-1998) che comparirà sul
numero di dicembre della
«Rivista dell’Istituto per la
Storia dell’Arte Lombarda». Il
prossimo 18 dicembre «La
Natività» di Congdon sarà
esposto per la prima volta
nella Chiesa San Raffaele
accanto al duomo di Milano
nell’ambito del programma
«L’Occhio Ascolta. Arte e
Contemplazione»
(www.associazionesantanselmo.org)
promosso dalla Rettoria della
Chiesa San Raffaele,
l’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano,
l’Associazione Sant’AnselmoImago Veritatis, l’Istituto per
la Storia dell’Arte Lombarda,
la Fondazione Crocevia.
lume Nel mio disco d’oro pubblicato sca cavea del Colosseo del 1951, o al
nello stesso anno dalla Pro Civitate cratere di Santorini del 1955, due caChristiana, dove metterà in guardia polavori “visionari” del Congdon
Congdon contro i pericoli di una pre-conversione.
D’altronde, la vampata di luce ha
pittura di “soggetto cristiano” non
sufficientemente verificata dalla “in- una carattere molto fisico, quasi solido, che ricorda analoghe epifanie lutuizione creativa” dell’artista.
Facendo l’inventario dei titoli del- minose di cui erano teatro le sue
le opere eseguite in questi anni, ri- piazze San Marco dei primi anni
sulta che il gruppo più consistente Cinquanta. Nella parte superiore del
riguarda le grandi feste dell’anno li- dipinto, il fitto lavoro di incisione,
turgico; una vasta produzione di im- che crea una preziosa vibrante textumagini sacre sia nata da una organi- re, ha un effetto decisamente sinesteca e quotidiana partecipazione alla sico, facendoci udire, oltre che vedevita sacramentale della chiesa, da re, il tripudio degli angeli simile a
un’assidua meditazione dei misteri un volo di colombi.
della fede.
Al fondo della cavea, su un metalNessuna di esse fu concepita ed lico graticcio (che ancora ricorda le
eseguita dietro commissione. A muo- superfici incise di talune vedute urvere l’artista fu soprattutto l’urgenza bane), l’artista ha collocato, con una
di un personale cammino di cateche- grazia e un’ingenuità quasi naïf, la
si all’interno della fede da poco in- figurina azzurra della Vergine Maria
contrata, e dal bisogno di verificarla nel
corpo stesso, se così si
Fu decisivo l’incontro
può dire, della propria
pittura. Le immagini
con Jacques Maritain nel giugno del 1961
“sacre” dei primi anni
Il filosofo mise in guardia l’artista
Sessanta non sono in
totale
discontinuità
contro una pittura di “soggetto cristiano”
con la precedente pitconvenzionale e non abbastanza ispirata
tura. Ne sono semmai
una ripresa e, si potrebbe dire, una rilettura interpretativa. E qui sta forse la con in grembo una minuscola forma
rilevanza di questa fase peculiare al bianca, evidente riferimento eucarifine di intendere il percorso creativo stico. Del resto, il basamento su cui
di Congdon.
siede la Madre di Dio non può non
A partire da queste considerazioni, possiamo ora esaminare l’imma- ricordarci una pietra d’altare, tanto
gine della Natività. Questa ha un più che il leggero tettuccio sovraforte impatto sull’osservatore, quasi stante, sorretto da colonne filiformi,
a voler comunicare tutto il dramma ha precisamente l’aspetto di un baldell’evento inconcepibile dell’Incar- dacchino. Ecco che, dunque, l’evennazione. Una vera e propria esplo- to storico della Natività assume parisione di luce va a riempire una granmenti un valore sacramentale e ande cavità scura, dalle pareti di color
ferrigno: la grotta di Betlemme è qui che cosmico, e il Gesù infante è nelpiuttosto una sorta di grembo uni- lo stesso tempo il Gesù eucaristico,
versale. E ci fa pensare alla gigante- offerto agli astanti nell’hic et nunc.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 16 novembre 2014
Istituita una commissione d’inchiesta
Il vaccino che allarma
la Chiesa in Kenya
NAIROBI, 15. Dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Chiesa
cattolica in Kenya, il ministero della salute ha costituito una commissione d’inchiesta sulla controversa
campagna di vaccinazione antitetanica che, secondo i vescovi, nasconde un programma di sterilizzazione forzata delle donne.
In una dichiarazione pubblicata
il 6 novembre scorso al termine
dell’assemblea plenaria, la Conferenza episcopale del Kenya ha ribadito che «pur essendo a favore
delle ordinarie campagne di vaccinazione (spesso condotte con il
contributo delle strutture sanitarie
cattoliche) resta una forte perplessità per la segretezza con la quale
viene portata avanti la campagna
antitetanica, avviata nel Paese da
alcuni mesi».
La Chiesa — riferisce Fides — è
riuscita a ottenere diverse dosi del
vaccino, che sono state analizzate
da quattro diversi laboratori in Ke-
nya e all’estero. «Vogliamo annunciare che tutti i test dimostrano che
il vaccino usato in Kenya a marzo
e a ottobre 2014 — proseguono i
vescovi — è in effetti contaminato
con l’ormone Beta-Hcg». Questa
combinata con il vaccino antitetanico, diventa in realtà un vaccino
contro la gravidanza. Una metodologia simile è stata utilizzata in
precedenti campagne antitetaniche
nelle Filippine, in Nicaragua e
Messico.
Nel documento dei vescovi, vengono denunciate le intimidazioni
nei confronti dei medici che hanno
confermato le informazioni sul vaccino. «Siamo convinti — aggiungono i vescovi che chiedono ai keniani di evitare la campagna antitetanica — che si tratta di un programma mascherato di controllo della
popolazione».
Il segretario alla salute, James
Macharia, ha affermato che il comitato affronterà le obiezioni solle-
vate dalla Chiesa cattolica. Ci si
aspetta che rappresentanti della
Conferenza episcopale e della Kenyan Catholic Doctors’ Association
(Kcda) siano chiamati a far parte
dell’organismo d’indagine. Il dottor Stephen Karanja, presidente
della
Kcda,
in
un’intervista
all’agenzia cattolica Cisa di Nairobi, ha sottolineato che la Chiesa
cattolica in Kenya è il secondo ente, dopo lo Stato, a fornire assistenza medica alla popolazione, e
ha partecipato ad altre campagne
di vaccinazione, come quella contro la polio.
Intanto, nel vicino Malawi, «la
gente — ha dichiarato all’agenzia
Fides monsignor Joseph Mukasa
Zuza, vescovo di Mzuzu e presidente della Conferenza episcopale
— muore per la mancanza di medicine e di assistenza sanitaria, perché non ci sono fondi sufficienti da
destinare alla sanità». È una delle
conseguenze più terribili del cosiddetto “cashgate”, lo scandalo che
ha travolto buona parte dell’amministrazione statale e della politica
del Malawi, provocato dalla malversazione dei fondi donati dalla
comunità internazionale (in particolare dall’Ue) che coprivano il 40
per cento del bilancio statale. L’inchiesta giudiziaria ha finora accertato la scomparsa di più di 30 milioni di dollari. Dal settembre 2013,
quando è scoppiato lo scandalo, a
oggi, almeno 70 persone sono state
arrestate.
«A causa del cashgate — ha spiegato il vescovo — i nostri partner
internazionali hanno bloccato l’invio di ulteriori fondi, fino a quando non saranno sicuri che il denaro
da loro versato sia utilizzato per i
fini ai quali è destinato. Il settore
più colpito dalla mancanza degli
aiuti dei nostri donatori è quello
sanitario. Alcuni farmaci diventano
sempre più costosi e non ci sono
risorse per acquistarli. Ci sono persone che muoiono per la mancanza
di cure adeguate. La Chiesa — ha
proseguito il presidente della Conferenza episcopale — fa quello che
può per aiutare i più bisognosi, ma
anche noi siamo dipendenti dagli
aiuti esterni e non possiamo far
fronte a tutte le necessità, visto che
lo Stato stesso non è in grado di
farlo». Secondo dati recenti, nel
Malawi il 25 per cento della popolazione vive nell’estrema povertà,
con meno di un dollaro al giorno,
quindi senza nemmeno la possibilità di avere cibo a sufficienza.
L’arcivescovo di Bukavu chiede all’Ue una legge sulla tracciabilità delle risorse del sottosuolo
Miniere
di guerra e miseria
KINSHASA, 15. «Chiediamo ai parlamentari e ai governi europei di soddisfare le aspettative dei consumatori dell’Unione europea che vogliono
garanzie che i materiali utilizzati per
i loro telefoni cellulari, computer o
macchinari non siano legati a violazioni dei diritti umani e alle guerre». È quanto scrive monsignor
François-Xavier Maroy Rusengo,
sollecitando le istituzioni comunitarie europee ad approntare una legge
sulla tracciabilità dei minerali. Arcivescovo di Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo e presidente dell’assemblea provinciale
dell’episcopato, monsignor Maroy
Rusengo è noto per il suo impegno
per le persone più vulnerabili in
questa regione orientale del Paese
africano. Il presule è anche uno dei
promotori della Commissione episcopale per le risorse naturali, che
da tempo denuncia e tenta di porre
fine all’estrazione illegale dei minerali della regione, attività che finisce
per finanziare i gruppi armati. «Lo
sfruttamento delle risorse minerarie
non ha prodotto alcun miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali», ha affermato nei
mesi scorsi un documento della
stessa commissione episcopale.
«Come arcivescovo africano che
segue il lavoro delle comunità minerarie a Bukavu — scrive adesso il
presule — attendo con grande interesse la prossima discussione del
Parlamento europeo sulla strategia
per il commercio responsabile di
minerali da zone di conflitto». Infatti, circa l’80 per cento delle riserve mondiali di coltan — una sabbia
nera che viene utilizzata per i microprocessori di computer, pc, telefonini, palmari, tablet — si trova
proprio in Congo, nelle province
del Kivu. Un’area che da vent’anni
è al centro di violenze e instabilità
dove si sovrappongono interessi diversi — locali, regionali e internazionali — ma che viene alimentata quotidianamente proprio dallo sfruttamento illegale delle risorse (oltre al
coltan si trovano oro, rame, diamanti, cassiterite e stagno). Una rete di
interessi che non coinvolge solo i
gruppi ribelli, ma anche i Paesi vicini (in particolare Rwanda e Uganda), politici locali ed elementi dello
stesso esercito congolese. A farne le
spese, come sempre, la popolazione
civile. Uno scenario da cui si potrebbe uscire approvando norme per
la tracciabilità dei minerali. Monsignor Maroy Rusengo ricorda dunque come «le risorse dal sud del
mondo, estratte dagli europei, sono
state utilizzate per alimentare le più
grandi guerre e i conflitti di tutti i
tempi. Solo successivamente, quelle
risorse hanno contribuito a costruire
la pace e la prosperità».
La sfida che si trova ad affrontare
l’Ue è quindi quella di essere «un
promotore coerente di pace anche
oltre i confini dell’Europa, prendendo la sua parte di responsabilità affinché le risorse naturali in Africa,
Asia e America latina non siano più
combustibile per i conflitti, ma piuttosto un contributo alla nostra prosperità». Di qui l’auspicio che il
Parlamento europeo vari una severa
normativa sull’estrazione dei minerali. Anche perché, ribadisce ancora
il presule, «in molti Paesi del sud
del mondo, il controllo, l’estrazione,
la trasformazione e la commercializzazione delle risorse minerali, del legno, del petrolio e del gas rappresentano una fonte di finanziamento
per i gruppi armati e le forze militari che commettono gravi violazioni
dei diritti umani». Al contrario
«queste risorse hanno urgente bisogno di contribuire allo sviluppo
umano». Infatti, «c’è una sorprendente contraddizione tra le cattive
condizioni umane della popolazione
nei distretti di estrazione mineraria
nel mio Paese e le ricchezze minerarie che sono sotto terra». Così, «la
ricchezza delle risorse naturali della
regione non ha sempre portato benefici al comune bene», ma anzi ha
provocato lo sfruttamento e la morte di tante persone.
Monsignor Maroy Rusengo è uno
dei settanta presuli firmatari di un
documento diffuso nei giorni scorsi
dal Catholic development agencies
(17 ong cattoliche dell’Europa e
dell’America del Nord che lavorano
nel campo dello sviluppo e della
promozione umana) per chiedere, in
particolare all’Unione europea, l’imposizione di una tassa obbligatoria
alle ditte che sfruttano e commerciano i cosiddetti “minerali dei conflitti”, e cioè, le risorse minerarie il cui
possesso, sfruttamento e commercializzazione spesso sono appunto cause di numerosi conflitti e violenze di
ogni tipo. I presuli chiedono all’Ue
la stesura di un regolamento che
metta fine a questa tragedia il cui
alto costo in vite umane è insopportabile. Nell’appello si rileva come «i
vescovi stanno mettendo in discussione la validità di certe politiche
commerciali che contribuiscono finanziariamente ai conflitti». E ricordando che l’Ue è un rilevante importatore di molte di queste risorse,
i vescovi scrivono: «Questa situazione è intollerabile. Gli Stati membri
dell'Unione sono tenuti a fare ogni
sforzo per garantire le condizioni
della pace, non solo nel proprio
Paese ma in tutto il mondo».
Al congresso dei sacerdoti dell’Africa occidentale
L’esperienza del Senegal
Matrimonio
e diversità religiosa
Come costruire la pace tra le religioni
DAKAR, 15. Approfondire i valori
delle altre religioni e culture relativi al matrimonio e alla vita familiare, aprirsi al dialogo interreligioso,
istruire i fidanzati sulle implicazioni del matrimonio tra sposi con fedi diverse: sono alcuni degli impegni presi dai partecipanti al secondo congresso dell’Unione regionale
dei sacerdoti dell’Africa occidentale
svoltosi nei giorni scorsi a Dakar,
in Senegal, e dedicato al tema «La
famiglia come sfida del dialogo interreligioso».
L’istituzione familiare, sana e viva, «rimane sfida e interesse delle
nostre società sia sul piano politico
sia su quello religioso», si legge nel
documento finale citato dall’agenzia Fides, ma essa «deve far fronte
a diverse minacce: l’impoverimento
persistente delle nostre società, l’influenza negativa di ideologie e filosofie che mettono in questione il
modello della famiglia, il peso di
tradizioni che fanno riferimento a
concezioni e a pratiche oscurantiste, i conflitti, l’instabilità politica,
la recrudescenza dell’integralismo
religioso e infine la minaccia
dell’ebola».
I sacerdoti hanno inoltre invitato
gli stati a proteggere l’istituzione
del matrimonio, raccomandato i
presbiteri a fare della pastorale fa-
miliare una priorità, invitato i credenti a rispettare la diversità religiosa e a favorire il dialogo interreligioso, esortato infine gli sposi ad
assumere pienamente la loro responsabilità di coniugi e di genitori.
Nell’omelia della messa che ha
chiuso il congresso, il vescovo di
Tambacounda, Jean-Noël Diouf,
responsabile del clero e dei seminari in seno alla Conferenza episcopale senegalese, commentando due
passi del Vangelo di Marco — il
matrimonio secondo il progetto di
Dio (10, 1-12) e Gesù benedice i
bambini (10, 13-16) — ha sottolineato le qualità proprie dei più piccoli
come la semplicità, la verità, la fiducia, la trasparenza, «il segreto
della vera compagnia», l’ingenuità
nel senso di «essere nuovo in ogni
nuova circostanza», aggiungendo
che «la strada maestra dell’amore
in fiore passa attraverso lo spirito
dell’infanzia».
Alla concelebrazione eucaristica
di chiusura hanno partecipato anche il vescovo di Kaolack, Benjamin Ndiaye, presidente della Conferenza episcopale di Senegal,
Mauritania, Capo Verde e Guinea
Bissau, e monsignor André Gueye,
vescovo di Thiès.
DAKAR, 15. «Apparteniamo a un
mondo che è in evoluzione e che,
per certi aspetti è inquietante, perché il risveglio jihadista è una minaccia per la pace tra gli uomini e
la pace tra le religioni. Comunque
non si può vivere in un’isola, perché viviamo in solidarietà con il resto del mondo». Parole di monsignor Benjamin Ndiaye, vescovo di
Kaolack e presidente della Conferenza episcopale interterritoriale di
Senegal, Mauritania, Capo Verde e
Guinea-Bissau. Il presule, nei giorni
scorsi ricevuto da Papa Francesco
per la visita ad limina, sottolinea così la necessità di un dialogo costruttivo tra le religioni, richiamato dal
Pontefice.
«In Senegal abbiamo una buona
tradizione di coesistenza pacifica tra
cristiani e musulmani», sottolinea
monsignor Ndiaye. «Questo è dovuto alla cultura e alla saggezza dei
suoi abitanti. L’islam senegalese è
fatto soprattutto da confraternite
sufi che hanno dei responsabili con
i quali si può dialogare, che danno
ai fedeli delle linee di guida e che,
in caso di bisogno, possono calmare
gli animi. Tutto questo però deve
continuare a essere coltivato, perché
il diavolo è sempre presente, nascosto nell’ombra, per cercare di seminare la divisione tra gli uomini».
Occorre quindi «preservare questo
clima di tolleranza perché tutti possano confessare e praticare la propria fede».
Tra i possibili punti di incontro,
la valorizzazione della famiglia e
dei suoi valori. In questa ottica «La
famiglia come sfida del dialogo interreligioso» è stato il tema al centro dei lavori del secondo congresso
dei sacerdoti dell’Africa occidentale,
che si è concluso pochi giorni fa a
Dakar. Un incontro nel corso del
quale i partecipanti hanno sottolineato che «l’istituzione familiare,
sana e viva, rimane la sfida e l’interesse delle nostre società sia sul piano politico sia su quello religioso».
Nel documento finale del congresso, si sottolinea che in Africa occidentale «la famiglia deve far fronte
a diverse minacce: l’impoverimento
persistente delle nostre società; l’influenza negativa di ideologie e filosofie che mettono in questione il
modello della famiglia; il peso di
tradizioni che fanno riferimento a
concezioni e a pratiche oscurantiste;
i conflitti, l’instabilità politica, la recrudescenza dell’integralismo religioso e infine la minaccia di Ebola». Per far fronte a queste sfide, i
sacerdoti si impegnano ad approfondire i valori delle altre religioni e
culture relativi al matrimonio e alla
vita familiare e ad aprirsi al dialogo
interreligioso.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 16 novembre 2014
pagina 7
Profughi iracheni
ad Arbil (Ap)
125.000 profughi in ventiquattr’ore.
Questi nostri fratelli hanno attraversato il mare della violenza per
arrivare nelle nostre città considerate più sicure e noi vescovi cattolici
e ortodossi abbiamo unificato gli
sforzi e con la collaborazione di
tanti sacerdoti, religiosi, religiose e
laici, ci siamo dati da fare per assicurare loro sostegno materiale e
spirituale.
Nel concreto in cosa consiste questa
opera di aiuto?
Intervista all’arcivescovo di Arbil monsignor Warda
Francesco è vicino
alle famiglie irachene
di GIANLUCA BICCINI
«Papa Francesco ci ha incoraggiati
ad andare avanti in questo servizio
di accoglienza e di assistenza ai
profughi provenienti dalla città di
Mossul e dalla piana di Ninive».
Lo ha riferito al nostro giornale
l’arcivescovo caldeo di Arbil, in
Iraq, monsignor Bashar Matte
Warda, subito dopo l’udienza pontificia di stamane, sabato 15 novembre, nella biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano. Il presule iracheno era accompagnato da
due giovani sacerdoti caldei, padre
Samir e padre Basa, e dal cardinale
Fernando Filoni, prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che nell’agosto
scorso ha svolto una missione in
Iraq come inviato speciale del Pontefice. Nell’intervista monsignor
Warda descrive soprattutto l’attività svolta dalla Chiesa per dare
ospitalità ai cristiani, ma anche agli
yazidi, in fuga dalle violenze delle
milizie dello Stato islamico (Is),
che hanno conquistato ampie porzioni di territorio del Paese e della
vicina Siria.
Che cosa vi ha detto il Papa?
Ci ha assicurato la sua vicinanza,
incoraggiandoci per tutto quello
che stiamo facendo per accogliere
questi nostri fratelli. Basti pensare
che solo ad Arbil abbiamo almeno
dodicimila famiglie, alle quali ne
vanno aggiunte altre seimila a
Duhok e duemila a Kirkuk e Sulaiamnia. Inoltre ci ha domandato
notizie sulla situazione attuale.
E lei cos’ha risposto?
Soprattutto ho voluto ringraziarlo per il modo in cui ci fa sentire
la vicinanza sua e di tutta la Chiesa. Una prossimità che si esprime
anche in aiuti concreti, quelli che
giungono attraverso la carità personale del Pontefice e quelli che arrivano attraverso altri organismi come l’Aiuto alla Chiesa che soffre e
la Conferenza episcopale italiana
(Cei), entrambe particolarmente attive da questo punto di vista.
Per questo nei giorni scorsi è intervenuto ad Assisi all’assemblea generale
della Cei?
Sì, ho voluto farmi voce della
gratitudine di tutte quelle famiglie,
discendenti dei primi cristiani, che
nel loro esodo sono giunte a bussare alle nostre porte per chiedere sicurezza, cibo, acqua, alloggio. Infatti dai primi arrivi della sera del 7
agosto, noi abbiamo aperto tutte le
chiese, gli oratori, le scuole, ma anche gli edifici in costruzione, i parchi e giardini, accogliendo ben
Provvediamo al carburante e ai
mezzi di trasporto per i loro spostamenti, e alla manutenzione dei
centri di raccolta. Inoltre in questi
centri abbiamo volontari che si dedicano alla preghiera e altri al sostegno psicologico. Ci sono persino
giovani che aggiornano le statistiche e si occupano dei documenti
delle famiglie in fuga.
Fino a un certo punto. Ma bisogna guardare oltre l’emergenza. Per
questo ultimamente abbiamo trasferito 407 famiglie dalle tende a
case provvisorie, in modo da proteggerle dal freddo e dalla pioggia,
che quest’anno in Iraq è arrivata
con un certo anticipo. Inoltre abbiamo affittato appartamenti per
1.200 famiglie che prima vivevano
nelle scuole. Così su undici edifici
inizialmente destinati ai profughi,
cinque sono stati restituiti alla loro
funzione didattica. Anzi, stiamo
anche cercando di costruire nuove
scuole ad Arbil e a Duhok per far
sì che i giovani sradicati dalle loro
terre possano riprendere gli studi.
Come fate fronte alle spese?
Tante organizzazioni e benefattori privati hanno donato cibo nei
primi due mesi dell’emergenza, ma
gli aiuti sono progressivamente diminuiti. Questo ci ha spinto a lanciare un programma di solidarietà
attraverso il quale viene garantito
almeno il vitto a tutti i profughi.
Fra l’altro, stiamo cercando di preparare ancora meglio lo staff che
lavora con e per questi rifugiati. E
poiché non ci sono finora notizie
incoraggianti di una soluzione immediata dell’emergenza, stiamo
progettando di costruire delle case
per i profughi ad Arbil così da offrire loro un’alternativa all’esilio
fuori dell’Iraq.
Libero scambio
ma attenzione ai più deboli
Lutto nell’episcopato
Monsignor Henri Brincard, vescovo di Le Puy-en-Velay, in
Francia, è morto venerdì 14 novembre, all’età di settantacinque
anni. Faceva parte dei canonici
regolari di Sant’Agostino della
congregazione
VindesemenseVittorina. Nato il 18 novembre
1939 a Savennières, nella diocesi
di Angers, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 23 agosto
1975. Quindi l’8 agosto 1988 era
stato nominato vescovo di Le
Puy-en-Velay e il 2 ottobre successivo aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Le esequie saranno celebrate mercoledì 19, alle ore 15, nella cattedrale di Notre-Dame, a Le Puy-en-Velay,
dal cardinale Philippe Barbarin,
arcivescovo di Lione.
co su commercio e investimenti. Il
trattato, secondo i promotori,
avrebbe l’obiettivo di rimuovere le
barriere commerciali in una vasta
gamma di settori economici per facilitare l’acquisto e la vendita di
beni e servizi tra Europa e Stati
Uniti.
L’accordo, scrivono i presuli in
un documento, «solleva una serie
di problemi e di controversie e la
Chiesa deve far sentire la voce dei
più deboli e dei più poveri in Europa e nel mondo, nella misura in
cui saranno interessati dall’accordo
sul libero scambio». Nel comunicato diffuso al termine della plenaria,
la Comece fa sapere che a informare accuratamente i vescovi europei
sul contenuto preciso dei negoziati
è stato il capo negoziatore per
l’Unione europea per il Ttip, Garcia Bercero. A essere esaminati sono stati anche gli elementi che sono stati esclusi dal Trattato (come
gli ogm e le denominazioni d’origine), nonché le prossime fasi dei negoziati. Dopo un esame del testo a
360 gradi, la Comece ha stimato
che «al di là delle questioni strettamente commerciali che solleva, il
Ttip interroga la nostra identità europea e come tale identità possa affermarsi e profilarsi nel mondo».
In sostanza, il Transatlantic Trade and Investment Partnership —
affermano i vescovi della Comece
— ha un effetto specchio sull’Unione europea e obbliga gli europei a
definire più chiaramente la propria
posizione sulla scena mondiale e
ad adottare una strategia commerciale e una politica monetaria sostenibili in vista dei prossimi decenni che si annunciano a crescita
Il cardinale Gracias
inviato del Papa a Yangon
Com’è noto, lo scorso 20 settembre è stata pubblicata la nomina del cardinale
Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, a inviato speciale del Papa
alle celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dell’evangelizzazione
del Myanmar, in programma a Yangon dal 21 al 23 novembre. La missione
pontificia che accompagnerà il porporato sarà composta da don Mariano Soe
Naing, S.D.B., docente presso l’istituto teologico del seminario maggiore
St. Joseph di Yangon, e da don Peter Sein Hlaing Oo, del clero dell’arcidiocesi
di Mandalay, docente presso il medesimo istituto teologico. Di seguito il testo
della lettera pontificia di nomina del cardinale Gracias.
Celebrationi praesidebis Eucharistiae atque memoratum Archiepiscopum Metropolitam aliosque sacros
Praesules, sacerdotes, religiosos viros
mulieresque, publicas auctoritates atque universos christifideles Nostro
salutabis nomine. Omnes adstantes
sermone tuo ad assiduam Christi vi-
Bastano i centri di raccolta per venire
incontro alle necessità della gente?
Documento della Comece per i deputati dell’Unione europea
BRUXELLES, 15. Il trattato di libero
scambio (Transatlantic Trade and
Investment Partnership, Ttip) attualmente in corso di negoziato tra
gli Stati Uniti e l’Unione europea
desta qualche preoccupazione tra i
vescovi della Commissione degli
episcopati della Comunità europea
(Comece). In occasione dell’assemblea plenaria autunnale svoltasi nei
giorni scorsi a Bruxelles i presuli
hanno voluto conoscere meglio gli
aspetti economici ed etici del trattato dedicando la loro plenaria alla
analisi del partenariato transatlanti-
In occasione del quinto centenario dell’evangelizzazione del Myanmar
debole o pari zero. Questo è il motivo per cui la Commissione degli
episcopati della Comunità europea
ha deciso di elaborare un documento che esprima la presa di posizione dell’episcopato europeo sul
Transatlantic Trade and Investment
Partnership. «Questo documento —
sottolineano i presuli — metterà in
evidenza le opportunità e formulerà una serie di domande critiche lasciate in sospeso riguardo al progetto di trattato. Il presente documento sarà reso pubblico e trasmesso ai deputati europei, che saranno chiamati a confermare o meno il trattato». Vari e diversi sono
stati i punti di vista presentati in
questi giorni ai vescovi europei.
L’economista Pierre Defraigne, direttore esecutivo della Fondazione
Madariaga, ha presentato le sue riserve sul trattato e, in particolare,
sul dubbio che possa «promuovere
la crescita economica e l’occupazione nei Paesi dell’Unione europea.
Da parte sua, Patrick O’Sullivan,
docente di etica degli affari, ha
messo in guardia contro gli attuali
indicatori economici, che non riflettono il reale sviluppo umano
mentre Brian Mc Feeters, consigliere economico presso l’Ambasciata
degli Stati Uniti verso l’Unione europea, ha richiamato le opportunità
economiche di un tale trattato per
entrambe le sponde dell’Atlantico.
Ai lavori della plenaria è intervenuto anche padre Joseph Komakoma, segretario generale del Simposio delle Conferenze episcopali di
Africa e Madagascar (Secam), che
ha reso note le preoccupazioni dei
vescovi africani sul progetto di trattato.
Venerabili Fratri Nostro
OSVALDO S.R.E. Cardinali
GRACIAS
Archiepiscopo Metropolitae
Bombayensi
Christiani dilectam terram Myanmar
incolentes laeto gratoque animo
quingentesimam anniversariam memoriam evangelizationis suae terrae
celebrant, spiritale iter assidue prosequentes atque Domini vocem studiose auscultantes. Multa revera adimplentur incepta, quae tota in Natione
efficiuntur ut omnes Salvatoris largitatem clare laudent atque incitamentum ad renovatam vitam experiantur
sub Christi lumine assidue sequendam. Pastores et fideles Myanmar,
inter quos illi etiam adsunt qui vexationem in Ecclesiam experti sunt atque pulcherrimum fidei dederunt testimonium, memoriam huius eventus
recolunt atque in Evangelii semitis
novis in rerum adiunctis novoque
cum ardore progredi volunt.
Quapropter Venerabilis Frater Carolus Bo, S.D.B., Archiepiscopus Metropolita Yangonensis, Praeses Commissionis de Parando Anniversario,
humanissimam
Nobis
epistulam
scripsit qua Nosmet Ipsos ad celebrationem hanc invitavit. Grati omnino hac de invitatione quam in corde Nostro tenemus, nunc aliquem
eminentem Virum quaerimus qui Nostras vices in Myanmar gerat Nostramque erga Christi discipulos ibi
commorantes dilectionem significet.
Ad Te autem, Venerabilis Frater Noster, qui Metropolitanam Ecclesiam
Bombayensem prudenter moderaris,
mentem Nostram vertimus Teque hisce Litteris Missum Extraordinarium
Nostrum nominamus ad dictas celebrationes complendas, quae in urbe
Yangonensi a die XXI ad diem XXIII
proximi mensis Novembris sollemni
modo perficientur.
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Paraguay e la Congregazione per le Chiese Orientali.
Heinz Wilhelm Steckling
vescovo di Ciudad
del Este (Paraguay)
Nato il 23 aprile 1947 in Werl, Repubblica Federale di Germania, è
stato ordinato sacerdote il 20 luglio
1974 per gli oblati di Maria Immacolata. Conclusi gli studi ecclesiastici in
Hünfeld, Fulda e Mainz con il diploma in teologia nell’università di
Gutenberg a Mainz, è stato vicario
parrocchiale di San Vicente de Paul a
Colonia Independencia, nella diocesi
paraguayana di Villarrica del Espíritu
Santo; provinciale della vice provincia del Pilcomayo e Nord Argentina
dei missionari oblati; membro del
consiglio generale e assistente generale per la formazione della medesima congregazione. Dal 1998 fino al
2010 è stato superiore generale degli
oblati di Maria Immacolata. Nel
1999 è stato membro nella seconda
assemblea speciale per l’Europa del
Sinodo dei vescovi e nel 2008 uno
dei rappresentanti dell’Unione dei
superiori generali al Sinodo dei ve-
tae imitationem cohortaberis. Optamus denique ut cuncti, pulcherrimam Ecclesiae in Myanmar historiam recolentes, nec non testimonium
tot christianorum considerantes, novis viribus novoque studio peculiarem dilectionem erga Christi Ecclesiam et Evangelium demonstrent atque, beato Isidoro Ngei Ko Lat intercedente, inclito huius Nationis filio, quem Nobis nuper placuit Beatorum catalogo adscibere, fidei alacritate in cotidiana vita emineant.
Nos autem Te, Venerabilis Frater
Noster, in tua missione implenda
precibus comitabimur. Denique Benedictionem Nostram Apostolicam
libentes Tibi impertimur, signum
Nostrae erga Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationis participibus amabiliter transmittes.
Ex Aedibus Vaticanis, die XVI
mensis Octobris, anno MMXIV, Pontificatus Nostri secundo.
Il logo delle celebrazioni
Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice
Domenica 30 novembre 2014
Apertura dell’Anno della Vita Consacrata
INDICAZIONI
Il 30 novembre 2014, I Domenica di Avvento, alle ore 10, il Card. João
Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, a nome del Santo Padre Francesco,
celebrerà la Santa Messa nella Basilica Vaticana per l’apertura dell’Anno
della Vita Consacrata.
Per la circostanza, l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo
Pontefice comunica quanto segue:
Potranno concelebrare:
— i Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi, che si troveranno,
alle ore 9.30, nella Cappella di San Sebastiano in Basilica, portando con
sé: i Cardinali e i Patriarchi la mitria bianca damascata, gli Arcivescovi e i
Vescovi la mitria bianca;
— i Sacerdoti, muniti di apposito biglietto, rilasciato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che si
troveranno, alle ore 9, al Braccio di Costantino, portando con sé amitto,
camice, cingolo e stola viola.
Città del Vaticano, 15 novembre 2014
Mons. GUID O MARINI
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie
Nomine episcopali
e nella curia
scovi sulla Parola di Dio. Inoltre, è
consultore della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli e del
Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Dal 2012 è rettore del seminario maggiore della sua congregazione in Asunción, Paraguay.
Francisco Javier
Pistilli Scorzara
vescovo di Encarnación
(Paraguay)
Nato il 26 maggio 1965 in Asunción, ha emesso i primi voti nel 1988,
quando è entrato nel noviziato dei
padri di Schönstatt a Buenos Aires.
Ordinato sacerdote il 10 maggio
1997, ha compiuto gli studi ecclesiastici presso il teologato dei cappuccini a Münster, in Germania. È stato
vicario nella parrocchia Nuestra Señora del Rosario in Luque, nell’arcidiocesi di Asunción; e assessore della
gioventù maschile nella parrocchia
del santuario Joven de Schönstatt, in
Asunción. Già maestro dei novizi dal
2004 al 2011 a Tuparendá, nella dio-
cesi di San Lorenzo in Paraguay, attualmente era superiore regionale
dell’istituto secolare dei padri di
Schönstatt per la “Regione del Padre”, comprendente Argentina, Uruguay, Paraguay e Nigeria.
Lorenzo Lorusso
sottosegretario
della Congregazione
per le Chiese orientali
Nato a Bari il 25 marzo 1967, ha
emesso la professione solenne dei voti religiosi nell’ordine dei frati predicatori nel 1990 ed è stato ordinato sacerdote domenicano nel 1995. Ha
conseguito, presso l’Institut catholique de Toulouse, nel 1995, la licenza
in teologia; e presso il Pontificio istituto orientale di Roma, nel 1997 la licenza e nel 1999 il dottorato in diritto canonico orientale. Docente di diritto canonico orientale e latino presso diverse facoltà romane e italiane,
nel 2012 è stato nominato rettore della basilica di San Nicola in Bari. Dal
2008 è consultore del Pontificio consiglio per i testi legislativi e dal 2014
della Congregazione per le Chiese
orientali.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
domenica 16 novembre 2014
Il Papa ricorda che è falsa compassione giustificare aborto, eutanasia e manipolazioni
Peccati contro Dio
E chiede ai medici cattolici scelte coraggiose fino all’obiezione di coscienza
«Giocare con la vita» delle persone è
«un peccato contro il Creatore»: lo ha
affermato con forza Papa Francesco nel
discorso rivolto a oltre seimila
rappresentanti dell’Associazione medici
cattolici italiani, ricevuti sabato 15
novembre nell’Aula Paolo VI. Il
Pontefice ha invitato i medici a scelte
coraggiose, fino anche «all’obiezione di
coscienza», per opporsi al pensiero
dominante portatore di una «falsa
compassione» che giustifica aborto,
eutanasia e manipolazioni.
la vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde — relazionali,
spirituali e religiose — dell’esistenza.
In realtà, alla luce della fede e della
retta ragione, la vita umana è sempre
sacra e sempre “di qualità”. Non esiste una vita umana più sacra di
un’altra: ogni vita umana è sacra!
Buongiorno!
Vi ringrazio della presenza e anche
per l’augurio: il Signore mi conceda
vita e salute! Ma questo dipende anche dai medici, che aiutino il Signore! In particolare, voglio salutare
l’Assistente
ecclesiastico,
Mons.
Edoardo Menichelli, il Cardinale
Tettamanzi, che è stato il vostro primo assistente, e anche un pensiero al
Cardinale Fiorenzo Angelini, che
per decenni ha seguito la vita
dell’Associazione e che è tanto ammalato ed è stato ricoverato in questi
giorni, no? Come pure ringrazio il
Presidente, anche per quel bell’augurio, grazie.
Non c’è dubbio che, ai nostri
giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente
aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di
“prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile
e indifesa. In effetti, le conquiste
della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui
non si allontanano dalla radice etica
di tali discipline. Per questa ragione,
voi medici cattolici vi impegnate a
vivere la vostra professione come
una missione umana e spirituale, come un vero e proprio apostolato laicale.
L’attenzione alla vita umana, particolarmente a quella maggiormente
in difficoltà, cioè all’ammalato,
all’anziano, al bambino, coinvolge
profondamente la missione della
Chiesa. Essa si sente chiamata anche
a partecipare al dibattito che ha per
oggetto la vita umana, presentando
la propria proposta fondata sul Vangelo. Da molte parti, la qualità della
vita è legata prevalentemente alle
possibilità economiche, al “benessere”, alla bellezza e al godimento del-
Il saluto del presidente
Controcorrente
in difesa
della persona
L’incontro tra la fiducia del
paziente e la coscienza del medico è un «elemento cardine
da tenere vivo affinché massima sia la sensibilità nei confronti di tutte le fragilità umane». Nel saluto rivolto a Papa
Francesco, il presidente nazionale dell’Associazione medici
cattolici italiani, Filippo Boscia, ha sottolineato la centralità della persona umana e del
rispetto della vita per tutti coloro che si dedicano alla professione medica e, in particolar
modo per chi lo fa mettendosi
contemporaneamente alla sequela di Cristo.
«Noi — ha detto Boscia —
vogliamo testimoniare l’altissimo impegno profuso dalla
Chiesa in difesa della dignità
di ogni persona, affinché non
si ripetano ulteriormente le
mostruose disuguaglianze del
tempo post-moderno». Una
testimonianza da vivere con
coraggio e controcorrente in
un contesto sociale e culturale
dove «l’affievolirsi del rispetto
della vita è uno degli aspetti
cruciali». E dove oltretutto i
medici cristiani sono chiamati
a confrontarsi con le «nuove
leggi degli Stati» e con istanze
che «spesso confliggono con
l’imperativo categorico che,
dettato dal primato della coscienza», impone «di decidere
e agire in senso diametralmente opposto per il bene della
vita».
Come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di
un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali
maggiori.
Questo è ciò che voi, medici cattolici, cercate di affermare, prima di
tutto con il vostro stile professionale.
La vostra opera vuole testimoniare
con la parola e con l’esempio che la
vita umana è sempre sacra, valida ed
inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata. Questa vostra professionalità, arricchita con lo spirito di
fede, è un motivo in più per collaborare con quanti — anche a partire
da differenti prospettive religiose o
di pensiero — riconoscono la dignità
della persona umana quale criterio
della loro attività. Infatti, se il giuramento di Ippocrate vi impegna ad
essere sempre servitori della vita, il
Vangelo vi spinge oltre: ad amarla
sempre e comunque, soprattutto
quando necessita di particolari attenzioni e cure. Così hanno fatto i componenti della vostra Associazione
nel corso di settant’anni di benemerita attività. Vi esorto a proseguire
con umiltà e fiducia su questa strada, sforzandovi di perseguire le vostre finalità statutarie che recepiscono l’insegnamento del Magistero
della Chiesa nel campo medico-morale.
Il pensiero dominante propone a
volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna
favorire l’aborto, un atto di dignità
procurare l’eutanasia, una conquista
scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite
umane come cavie di laboratorio per
salvarne presumibilmente altre. La
compassione evangelica invece è
quella che accompagna nel momento
del bisogno, cioè quella del Buon
Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto (cfr. Lc 10, 33). La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico
come “buoni samaritani”, avendo cura in modo particolare degli anziani,
degli infermi e dei disabili. La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto
di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze,
possono giungere all’obiezione di
coscienza. E a tante conseguenze so-
ciali che tale fedeltà comporta. Noi
stiamo vivendo un tempo di sperimentazioni con la vita. Ma uno sperimentare male. Fare figli invece di
accoglierli come dono, come ho detto. Giocare con la vita. Siate attenti,
perché questo è un peccato contro il
Creatore: contro Dio Creatore, che
ha creato le cose così. Quando tante
volte nella mia vita di sacerdote ho
sentito obiezioni. «Ma, dimmi, perché la Chiesa si oppone all’aborto,
per esempio? È un problema religioso?» — «No, no. Non è un proble-
Il cardinale Parolin a Praga ricorda sant’Agnese di Boemia
Non c’è Chiesa senza carità
Principessa di rara bellezza, rifiutò
categoricamente più volte offerte di
matrimonio regali per seguire le orme di Francesco e Chiara d’Assisi.
È Agnese di Boemia che, nella prima metà del XII secolo, vendette
tutti i suoi beni per fondare a Praga un ospedale per i poveri e i malati e un monastero per le cosiddette sorelle povere. «Pur essendo vissuta in un’epoca assai lontana dalla
nostra», resta «una santa di grande
attualità» e ci ha lasciato «una ricca
eredità spirituale: la testimonianza
viva del suo amore per il Signore,
mediante il “servizio della carità”
verso i poveri, i malati, i bisognosi». Il cardinale segretario di Stato
Pietro Parolin ha così inquadrato la
figura di sant’Agnese, a venticinque
anni dalla canonizzazione, nella
messa celebrata a Praga nella cattedrale di San Vito la mattina di sabato 15 novembre.
Una testimonianza, quella di
sant’Agnese, che si incastona perfettamente nella bimillenaria storia
Aperto il simposio della Pontificia Accademia delle scienze sui giovani e la tratta di persone
Moderna schiavitù
«La schiavitù moderna è una delle
conseguenze della globalizzazione
dell’indifferenza». Lo ha detto il
vescovo Marcelo Sánchez Sorondo,
cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze, aprendo i lavori
del simposio «Giovani contro la
prostituzione e la tratta di persone:
massima violenza contro l’essere
umano», che si svolge nella Casina
Pio IV, in Vaticano, fino al 16 novembre.
Promosso dall’Accademia in collaborazione con le associazioni
Global freedom network e Vinculos en red, l’incontro appare orientato fin dalle prime battute a rafforzare l’impegno dei giovani
nell’opera
di
sensibilizzazione
dell’opinione pubblica sulla gravità
e le risonanze del problema del
traffico di esseri umani. Base di
partenza è stata la riflessione sui
vari problemi che la tratta comporta all’interno delle famiglie, della
società e degli individui. Si stima
che a livello globale — sono le cifre
esposte nel simposio — circa 21 milioni di uomini, donne, bambini e
bambine vengano ingannati, venduti, costretti o sottomessi a condizioni di schiavitù in varie forme e
in diversi settori, quali l’agricoltura, il servizio domestico, la prostituzione, la pornografia, il turismo
sessuale, i matrimoni servili, il traffico di organi. A questa cifra vanno aggiunti i tre milioni di persone
Jon Warren, «Ragazza in Cambogia» (2012, World Vision)
che ogni anno incrementano questa massa di derelitti.
La parte più fragile è naturalmente quella delle donne e dei
bambini. Costoro soffrono a causa
di aggressioni, violenza, discriminazioni, come si evince dall’analisi
comune a molti interventi. Sono i
più vulnerabili, quindi esposti a
una grande insicurezza economica
e, pertanto, spesso costretti a emigrare in modo irregolare. Si creano
così le condizioni che favoriscono
lo sfruttamento, l’abuso e la violenza. Non è infrequente nemmeno
il caso di lavoratori costretti ad accettare una vera e propria forma
schiavitù in cambio di lavoro sottopagato.
Davanti a questo scenario così
drammatico, i giovani riuniti nel
simposio offrono le loro testimonianze personali e raccontano le
diverse esperienze in ambito di volontariato e di impegno sociale a
favore di tante persone legate al
traffico di esseri umani. Per questo,
fanno sentire la loro voce lanciando un appello per chiedere che la
prostituzione sia condannata come
violazione dei diritti e il reato di
tratta di persone sia dichiarato un
crimine contro l’umanità in tutto il
mondo, ben oltre, quindi, la regolamentazione normativa delle legislazioni vigenti in diversi Paesi. I
giovani hanno chiesto anche il rafforzamento della prevenzione nella
difesa dei diritti umani, invocando
maggiore attenzione e sostegno per
ma religioso» — «È un problema filosofico?» — «No, non è un problema filosofico». È un problema scientifico, perché lì c’è una vita umana e
non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. «Ma
no, il pensiero moderno...» — «Ma,
senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno, la parola uccidere significa lo stesso!». Lo stesso vale per
l’eutanasia: tutti sappiamo che con
tanti anziani, in questa cultura dello
scarto, si fa questa eutanasia nascosta. Ma, anche c’è l’altra. E questo è
dire a Dio: «No, la fine della vita la
faccio io, come io voglio». Peccato
contro Dio Creatore. Pensate bene a
questo.
Vi auguro che i settant’anni di vita della vostra Associazione stimolino un ulteriore cammino di crescita
e di maturazione. Possiate collaborare in modo costruttivo con tutte le
persone e le istituzioni che con voi
condividono l’amore alla vita e si
adoperano per servirla nella sua dignità, sacralità e inviolabilità. San
Camillo de Lellis, nel suggerire il
metodo più efficace nella cura
dell’ammalato, diceva semplicemente: «Mettete più cuore in quelle mani». Mettete più cuore in quelle mani. È questo anche il mio auspicio.
La Vergine Santa, la Salus infirmorum, sostenga i propositi con i quali
intendete proseguire la vostra azione. Vi chiedo per favore di pregare
per me e di cuore vi benedico. Grazie.
le famiglie, quale base per la costruzione di una società più giusta
ed equa.
Durante i lavori del simposio sono state ascoltate varie testimonianze di giovani impegnati direttamente in associazioni di volontariato. È emersa, per esempio,
l’esperienza di un ragazzo di diciotto anni che si occupa di assistenza alle vittime della tratta, dando vita a un’opera di sensibilizzazione e di coinvolgimento che
coinvolge altri giovani e adolescenti. Il giovane ha parlato di Papa
Francesco come di una guida per i
tutti i suoi coetanei, perché cerca
di far comprendere loro che è possibile cambiare il mondo e raggiungere l’obiettivo di estirpare la
violenza alla sua radice.
Ha preso la parola anche una
volontaria impegnata nella tutela
dei minori, in particolare di quanti
vengono costretti a lavorare senza
garanzie. La sua opera cerca di
sensibilizzare i genitori e le famiglie nel rispettare i loro figli per
impedire che subiscano problemi
di sviluppo mentale, morale e fisico a causa del lavoro a cui vengono sottoposti.
Anche una religiosa ha raccontato la sua esperienza nel recupero
delle vittime della tratta, ricordando che occorre reintegrare queste
donne nella vita della comunità
non solo dal punto di vista sociale
ma anche spirituale.
della Chiesa che è appunto, come role dell’«intrepido» cardinale Todiceva Paolo VI, «storia della cari- mášek, il porporato ha aggiunto:
tà». E in questa storia — ha sottoli- «Erano dalla parte del popolo, a
neato il segretario di Stato — «si in- sostegno delle sue legittime aspiraserisce la vita e l’attività della Chie- zioni di libertà, indipendenza e ausa cattolica nella Repubblica Ce- todeterminazione».
ca». In questo senso il porporato
Di quegli anni il cardinale Paroha voluto anche «ricordare quanto lin ha parlato anche durante l’inPapa Francesco disse ai rappresen- contro avuto con l’episcopato locale
tanti della Caritas internationalis nel palazzo arcivescovile: «Sono
nel maggio 2013: “Una Chiesa sen- consapevole — ha detto — delle sofza la carità non esiste”, aggiungen- ferenze e delle persecuzioni che
do che la carità è la carezza della questa Chiesa dovette affrontare
Chiesa al suo popolo; la carezza durante i quaranta anni di dominadella Madre Chiesa ai
suoi figli; la tenerezza, la
vicinanza».
Nata nel 1211 da Ottocaro I, re di Boemia, e da
Costanza
d’Ungheria,
Agnese fece la solenne
professione di povertà,
castità e obbedienza il
giorno di Pentecoste del
1234. Sono rimaste famose, ha ricordato il cardinale Parolin, «le lettere
che santa Chiara le indirizzò per esortarla a proseguire nel suo cammino
di adorazione e di consacrazione a Dio e al prossimo». E lei, «indossando
la virtù della carità, seppe
adoperarsi di sentimenti
di tenerezza, di bontà, di
mansuetudine, di magnanimità, aprendo il suo
cuore ai bisogni dei poveri e dei malati». Morì il 2
marzo 1282.
Dopo sette secoli, esat«Sant’Agnese assiste un malato» (XV secolo)
tamente il 12 novembre
1989, nella basilica vaticana — ha ricordato il porporato — zione totalitaria che in tutti i modi
«l’indimenticabile pontefice Gio- tentò di mettere a tacere la sua vovanni Paolo II, oggi anch’egli san- ce»; ma, ha continuato, «non manto», elevò Agnese alla gloria degli carono figure di vescovi, sacerdoti,
altari. L’anniversario rappresenta religiosi e laici che si distinsero per
«un momento di gioia per l’intera la loro eroica testimonianza di fecomunità cattolica della Repubblica deltà a Cristo». Tra questi, gli arciCeca» che, guardando alla sua san- vescovi Beran e Tomášek, come puta, «volge lo sguardo verso il futuro re «alcuni di voi qui presenti che
per raggiungere vette sempre più non avete mancato di levare la voalte di crescita umana, sociale e spi- stra voce contro l’oppressione dittarituale e traguardi di santità».
toriale».
Il venticinquesimo anniversario
Anche grazie a queste testimodella canonizzazione coincide, con nianze di fede, ha concluso il segreuna differenza di pochi giorni (il 17 tario di Stato, «oggi la Chiesa gode
novembre 1989), con quello della ampia libertà e può organizzare la
Rivoluzione di velluto che, ha detto sua vita e le sue attività apostoliche,
il segretario di Stato, «felicemente anche se essa deve affrontare nuove
pose fine all’oppressione del regime sfide, in particolare quelle del secototalitario allora dominante nel Pae- larismo e del relativismo». Ai pase e ripristinò la libertà, la demo- stori il compito di incoraggiare la
crazia e il rispetto dei diritti gente a «riscoprire le radici e le tradell’uomo». All’epoca la Chiesa of- dizioni cristiane che stanno alla bafrì il suo coraggioso contributo: se della vita e della cultura del Pae«Mentre a Praga si moltiplicavano se», affinché — come sottolineato in
le iniziative e le manifestazioni con- precedenza dal cardinale Parolin
tro il regime, la comunità cattolica, nell’omelia — «il processo di risanariunita in preghiera in questa catte- mento e ricostruzione morale e spidrale, rendeva grazie al Signore per rituale della nazione» possa contiil dono della canonizzazione di nuare «ad affermarsi e consolidarsi
Agnese, evento che preannunziava sempre più nella società ceca, per
la liberazione della nazione dalla un futuro di giustizia, di pace e di
schiavitù atea». E ricordando le pa- prosperità per tutti i suoi figli».