VENDITA DI COSA ALTRUI. CONTRATTO PRELIMINARE DI VEN
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VENDITA DI COSA ALTRUI. CONTRATTO PRELIMINARE DI VEN
191 ARGOMENTO VENDITA DI COSA ALTRUI. CONTRATTO PRELIMINARE DI VENDITA 1. Traccia Tizio, dopo aver preso contatto con Caio, intenzionato ad acquistare un immobile, che crede di Tizio, ma che in realtà appartiene a Sempronio, il quale ha conferito al primo procura a vendere il bene, conviene con Caio medesimo di stipulare un contratto preliminare, ricevendo un acconto e fissando anche la data per la stipula. In quella data, Tizio si presenta dal notaio con la procura di Sempronio. A questo punto, Caio, promissario acquirente, ritenendosi non sufficientemente garantito, con particolare riguardo agli eventuali vizi del bene, dal fatto che il promittente alienante non sia in realtà proprietario dell’immobile, non procede alla stipulazione del contratto, e cita in giudizio Tizio chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento, con la condanna dello stesso al risarcimento dei danni. Il Tribunale accoglie la domanda. Tizio, allora, si reca dal legale di sua fiducia allo scopo di chiedergli lumi in ordine alla opportunità di proporre appello. Rediga il candidato un motivato parere sulle possibilità di vittoria di Tizio nel giudizio di impugnazione che lo stesso ha intenzione di intraprendere, soffermandosi sulle problematiche inerenti al contratto preliminare di vendita di cosa altrui. 2. Fattispecie Contratto preliminare di vendita di immobile — Promittente alienante fornito di procura ad alienare il bene di proprietà altrui — Validità del contratto. 3. Istituti Art. 1351 c.c. (contratto preliminare) Art. 1478 c.c. (vendita di cosa altrui) Art. 1479 c.c. (buona fede del compratore) 192 SINGOLI CONTRATTI 4. Giurisprudenza Cass. civ., sez. II, 5 luglio 1990, n. 7054. Nel caso di vendita di cosa altrui avente effetti meramente obbligatori, l’obbligazione del venditore di far acquistare al compratore la proprietà della cosa può essere adempiuta non solo mediante l’acquisto della cosa da parte del soggetto obbligato con l’effetto legale (art. 1478, secondo comma, c.c.) di far divenire proprietario l’acquirente, ma anche con il procurare la stipulazione della vendita direttamente con il terzo proprietario al compratore, inserendo all’uopo nel contratto apposita clausola che preveda come obbligatoria la cooperazione del compratore (il quale in mancanza non sarebbe tenuto a prestarla), senza che tale clausola possa ritenersi contraria a norme imperative in materia fiscale (con riguardo all’imposta di registro dovuta per ogni trasferimento del bene) operando sul diverso piano dell’adempimento dell’obbligo del venditore di cosa altrui ed inserendosi in funzione strumentale in uno dei modi di adempimento del suddetto obbligo. Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1999, n. 2091. Il promissario acquirente di un bene indicato come libero da pesi ed oneri, che al momento della stipula del definitivo ne scopra invece l’altruità e l’esistenza di ipoteca a garanzia di un mutuo, ha facoltà di chiedere la risoluzione del preliminare, con connesse restituzioni di danaro anticipato e risarcimento del danno, ovvero di accollarsi il mutuo per il pagamento del residuo prezzo, o di sospendere il pagamento, ai sensi dell’art. 1482 c.c.. Ne consegue che, se ciononostante egli accetta di stipulare il contratto definitivo con l’effettivo proprietario pagando l’intero prezzo pattuito, e successivamente sia costretto, per evitare l’evizione, a pagare il creditore ipotecario, a causa dell’inadempimento del venditore all’obbligo, assuntosi nella compravendita, di liberare l’immobile dalla garanzia reale a sue spese, non può agire nei confronti del promittente che nulla abbia garantito al riguardo, come invece nel diverso caso in cui il promissario non ignori, al momento del preliminare, che il bene non è del promittente, dal che deriva sia la possibilità di essere dal medesimo costretto ad accettare il trasferimento del bene direttamente dal terzo proprietario evitando il doppio trasferimento, sia il diritto ad esser garantito, ai sensi dell’art. 1476, n. 3 c.c., dall’evizione e dai vizi della cosa, essendo il consenso tra terzo proprietario del bene e promissario soltanto determinante dell’effetto traslativo della proprietà, mentre gli altri obblighi permangono tra le parti originarie. Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782. In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto del preliminare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela. Cass. civ., Sez. Un., 18 maggio 2006, n. 11624. In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto TRACCIA N. 27 definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela. 5. Svolgimento La risposta al quesito proposto richiede l’inquadramento dell’istituto del contratto preliminare, e la soluzione di alcune questioni inerenti al preliminare di vendita di cosa altrui. Il contratto di cui si tratta non è oggetto di una regolamentazione organica nel codice civile; la sua definizione è desumibile dall’art. 2932 c.c., che detta la disciplina applicabile in caso di inadempimento delle obbligazioni da esso derivanti, prevedendo che la parte non inadempiente, « qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso ». Dalla descritta norma, che ne disciplina l’aspetto patologico, si può risalire alla struttura del contratto de quo, con il quale le parti assumono l’impegno di concludere un altro contratto, definitivo. Per quanto riguarda, in particolare, il contratto preliminare che ha ad oggetto la vendita di cosa altrui, parte della dottrina ne ha, per un certo tempo, messo in discussione l’ammissibilità (v. Rubino, La compravendita, in Trattato Cicu-Messineo, XXIII, Milano, 1962, 38 ss.; Satta, L’esecuzione forzata, in Trattato Vassalli, XV, 1, Torino, 1963, 281), oggi peraltro univocamente riconosciuta. Altro problema è se detto contratto determini l’insorgenza, per le parti, dell’obbligo di concludere un successivo contratto di vendita di cosa altrui o piuttosto l’obbligo di trasferire senz’altro la proprietà del bene. La tesi prevalente è ormai nel senso che, in caso di contratto preliminare di vendita di cosa altrui, il definitivo da stipulare sia la vendita produttiva del pieno effetto traslativo. Si veda, al riguardo, la sentenza della Cassazione n. 15035 del 2001, secondo la quale, nel caso di vendita, definitiva o preliminare, di cosa altrui il venditore o il promittente venditore è obbligato a procurare al compratore o al promissario compratore l’acquisto della proprietà della cosa. Tale obbligo, rileva la Corte, può essere adempiuto sia mediante l’acquisto della proprietà della cosa da parte di tale soggetto, col successivo trasferimento di essa al compratore o al promissario acquirente, sia mediante la vendita diretta della cosa stessa dal terzo al compratore o promissario acquirente, purché tale trasferimento, anche se il venditore o il promittente venditore non sia intervenuto nel relativo contratto, abbia avuto luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso venditore o promittente; cioè dei rapporti tra questi e il terzo proprietario del bene e in ragione dell’adempimento da parte di quest’ultimo degli obblighi assunti nei confronti del venditore o promittente venditore, sia pure con l’intervento in sede di stipulazione del contratto definitivo del terzo proprietario della cosa, che manifesti la propria volontà di alienare il bene di sua proprietà direttamente al compratore. In tale ipotesi si realizza, infatti, con l’effetto traslativo della cosa, proprio quel risultato che il promissario acquirente intendeva conseguire e che il promittente venditore si era impegnato a fargli ottenere: mentre il consenso manifestato dai promittenti è diretto alla conclusione del contratto definitivo, quello che si forma tra il terzo proprietario ed il compratore determina l’effetto traslativo della proprietà della cosa; in ogni caso, il contratto di compravendita intercorre tra gli originari pro- 193 194 SINGOLI CONTRATTI mittenti, e venditore è pur sempre il promittente della vendita, di modo che su di lui ricadono tutte le obbligazioni connesse a tale sua qualità, come quelle della consegna della cosa, della garanzia per l’evizione e della garanzia per i vizi. A tale stregua, data la struttura propria del preliminare di vendita di cosa altrui, il contratto rimane pur sempre un contratto bilaterale tra il promittente venditore ed il promittente acquirente, ed anche se si stabilisce che il contratto definitivo notarile venga stipulato tra il soggetto proprietario ed il promittente acquirente, è sempre il promittente alienante che ha l’obbligo di procurare che il proprietario presti il suo consenso in sede di stipula del definitivo. Ne consegue che, se aderisce a detto preliminare di vendita del suo bene effettuato dal promittente alienante, il proprietario effettivo non assume alcun obbligo diretto nei confronti del promittente acquirente, in quanto non è parte del preliminare di vendita di cosa altrui (altrimenti si avrebbe un preliminare di vendita di cosa propria), ma assume un obbligo esclusivamente nei confronti del promittente alienante (o, come più spesso capita, riconosce un preesistente obbligo nei confronti di questi). Pertanto, non essendovi alcuna obbligazione dell’effettivo proprietario del bene nei confronti del promissario acquirente di cosa altrui, quest’ultimo non può effettuare alcuna diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. nei confronti del primo, ma esclusivamente nei confronti del promittente alienante. Quest’ultimo è quindi legittimato ad esperire i rimedi di legge nei confronti dell’effettivo proprietario che, essendosi obbligato in tal senso, non voglia successivamente prestare il proprio consenso. Ciò posto, il problema posto dal quesito in epigrafe riguarda le modalità di adempimento della obbligazione assunta dal promittente venditore di una cosa altrui. In proposito, era insorto nella giurisprudenza di legittimità un contrasto: alla opinione prevalente (v., tra le più recenti, Cass., sentt. n. 242782 del 2005, n. 21179 del 2004), secondo la quale la prestazione può essere eseguita, indifferentemente, acquistando il bene e ritrasmettendolo al promissario, oppure facendo in modo che gli sia trasmesso direttamente dal proprietario — disponendo l’art. 1478 c.c., dettato con riferimento alla vendita di cosa altrui, ma applicabile per analogia al preliminare, che il venditore è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore —, si era contrapposto un indirizzo minoritario (v. Cass., sentt. n. 7054 del 1990, n. 2091 del 1999), secondo il quale l’obbligazione di cui si tratta deve essere adempiuta acquistando il bene e ritrasferendolo, in particolare nel caso in cui il promissario non fosse al corrente dell’altruità del bene, in quanto l’art. 1479 c.c. — dettato per la vendita di cosa altrui, ma applicabile per analogia anche al preliminare — abilita il compratore a chiedere la risoluzione del contratto se, quando lo ha concluso, ignorava che il bene non fosse di proprietà del venditore, e se, nel frattempo, il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà. Sul contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, che lo hanno composto aderendo all’indirizzo prevalente, e, quindi, escludendo la necessità del duplice trapasso. Nell’ottica dei Supremi giudici, il contratto preliminare non è più visto come un semplice pactum de contrahendo, ma come un negozio destinato già a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà compiutamente attuato con il definitivo: sicché il suo oggetto è non solo un facere, ma anche, e soprattutto, un, sia pur futuro, dare, consistente nella trasmissione della proprietà. Né tale soluzione offre minori garanzie all’acquirente, ove si consideri che, come sottolineato anche dalla dottrina, il contratto preliminare continua a rego- 195 TRACCIA N. 27 lare i rapporti tra le parti, con la conseguenza che il promittente alienante resta responsabile con riguardo agli eventuali vizi ed evizione. 6. Conclusione Sulla scorta della recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 11624 del 2006, secondo la quale il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario, il legale interpellato da Tizio dovrà suggerirgli di proporre appello nei confronti della decisione di primo grado, nel quale ha ottime possibilità di vittoria, risultando ingiustificato il rifiuto di Caio di addivenire alla conclusione del contratto definitivo, in quanto Tizio era munito di regolare procura rilasciatagli da Sempronio, che lo abilitava ad effettuare la vendita in suo nome. (di Alessio Sambiagio)