La Gazzetta dello Sport

GIOVEDÌ 6 AGOSTO 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT
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Azzurro di pallanuoto
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@GigiDatome
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Azzurra di surf
l Straordinario Gregorio
anche il record europeo!!
Grande Federica, sei
immensa
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Dopo le amichevoli
MILAN SENZA IDENTITÀ, FIORENTINA SOLIDA
L’ANALISI
di ANDREA SCHIANCHI
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S
e i giocatori del Milan
avessero il coraggio e l’onestà
intellettuale che Sinisa
Mihajlovic dimostra dopo la
disastrosa campagna di Germania,
forse i tifosi rossoneri potrebbero
trovare qualche motivo di
consolazione. «Abbiamo molti
difetti, in tutti i reparti. D’altra
parte, se questa è una squadra che
arriva da un decimo posto e
cinquanta gol al passivo, significa
che c’è molto da lavorare». Questo
dichiara l’allenatore, senza
nascondersi dietro facili scusanti:
due partite, due sconfitte contro
Bayern e Tottenham, cinque gol
subiti, nessuno realizzato. Il
problema è che, a fronte di un
Mihajlovic che mostra personalità e
lucidità di pensiero, c’è un gruppo
di calciatori che paiono spauriti,
incapaci di difendersi senza affanni
e senza ansie, figuriamoci di
costruire una logica manovra
offensiva. D’altronde, siccome gli
interpreti sono più o meno gli stessi
della passata stagione, e siccome
nel calcio (a dispetto di tutte le
tattiche e di tutti gli schemi
disegnati alla lavagna) la differenza
la fanno sempre i giocatori, è
normale che il Milan sia in questa
situazione. Per diventare una
squadra con la S maiuscola serve
un campione in ogni reparto: non
può bastare il solo Ibrahimovic, al
netto di tutto il fascino che un
simile ritorno si porterebbe dietro.
Ai rossoneri, stando a quello che si
è visto in Germania, non mancano
soltanto la personalità e il coraggio,
come sostiene Mihajlovic, ma una
vera e propria identità. E questa
dote non è facile trovarla in poco
tempo.
Chi, invece, sta dimostrando di
saper leggere il copione e di saperlo
interpretare è la Fiorentina. Non c’è
più Montella a impartire ordini, è
arrivato Paulo Sousa, ma il risultato
non cambia: la Viola gioca (e bene),
sta in campo con personalità e
senza timori di fronte a formazioni
che, sulla carta (e non solo sulla
carta), le sono nettamente
superiori. La vittoria contro il
Barcellona, con il Bernardeschishow, aveva acceso i fuochi; il
successo a Stamford Bridge contro
il Chelsea di Mourinho, è la
conferma della bontà del percorso
intrapreso, e adesso bisogna
soltanto stare attenti a fare in modo
che i fuochi non si trasformino in
incendio. Non si battono il Barça e
il Chelsea per caso, tuttavia non si
deve pensare di essere già al
traguardo quando la corsa è appena
cominciata. La Fiorentina, al
momento, è un bellissimo progetto,
un’idea di calcio che l’Italia può
esportare con orgoglio come fosse
uno dei capolavori nazionali. E se
oggi il sonno di Paulo Sousa sarà
più tranquillo di quello del vate
Mourinho parte del merito è anche
di Montella che, in tre anni a
Firenze, ha costruito qualcosa di
talmente solido da poter stare in
piedi anche senza la sua presenza.
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Delega per lo sport e Credito Sportivo
LE NOMINE CHE NON ARRIVANO MAI
IL CASO
di VALERIO PICCIONI
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I
n queste ore per la Rai è il
momento delle nomine.
Discusse, applaudite, criticate.
Insomma, l’attesa è finita. L’incrocio
fra politica e sport non ha ancora
prodotto invece una svolta, anzi
siamo piuttosto lontani: qui le
nomine non arrivano mai.
Prendete l’Istituto per il Credito
Sportivo, la banca dello sport, uno
snodo decisivo per finanziare
l’impiantistica sportiva, dal più
grande degli stadi all’ultimo dei
palazzetti: è commissariato dal
giugno 2011. Più «fortunata» è
invece la delega governativa allo
sport: è a spasso «solo» dall’inizio di
aprile, quando Graziano Delrio fu
nominato ministro dei Trasporti. Da
allora tante voci. «La tiene Renzi».
«La dà a Lotti». «Forse la Vezzali».
Al Credito Sportivo, il commissario
Paolo D’Alessio, invece, colleziona
proroghe di due mesi. Una
situazione paradossale in un’Italia
in cui certi burocrati non lasciano il
loro posto neanche sotto tortura,
protetti da leggi e leggine di tutti i
generi. L’unica certezza è che è
difficile lavorare così. Anzi, ce n’è
un’altra: le cose non cambieranno
tanto presto. Perché abbiamo
scoperto in questi mesi che il
presidente dell’Istituto deve essere
pre-nominato dalla presidenza del
consiglio (o se c’è, dal
sottosegretario allo sport), avere il
via libera del ministero dei Beni
Culturali e di quello dell’Economia,
essere «votato» dalle commissioni
finanze di Camera e Senato, per poi
ricevere la benedizione finale
ancora da Palazzo Chigi. Eugenio
Giani è rimasto candidato un anno
(aveva avuto anche il via libera
parlamentare) prima di scegliere la
presidenza del consiglio regionale
della Toscana, forse spaventato
dall’idea di non arrivare mai al
traguardo.
Per la delega governativa allo sport
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VICEDIRETTORE VICARIO
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VICEDIRETTORI
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Paolo Colonna,
Teresa Cremisi,
Dario Frigerio,
Tom Mockridge,
Stefano Simontacchi
DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
Alessandro Bompieri
si dovrebbe far prima. Evitando (si
spera) due rischi. Uno è il «tanto ci
pensa Malagò», l’idea che Coni e
Governo siano la stessa cosa (alla
faccia dell’autonomia). Una
filosofia che se apparentemente
rafforza Malagò, dall’altra
nasconde delle trappole per il
numero uno del Foro Italico. Per
dire: chi è che spiegherà alle
famiglie e ai professori che
l’avvento dell’educazione fisica
nelle elementari a settembre partirà
in forma ridottissima (o più
probabilmente sarà rinviato) per
mancanza di un numero sufficiente
di insegnanti?
L’altro rischio è che la delega rischi
di restare spesso nel cassetto pure
quando sarà affidata. Se chi ce l’ha
deve fare 200 cose insieme (spesso
più importanti, un po’ come
succedeva con Delrio), è davvero
difficile che possa lasciare il segno.
Lotta al doping, scuola, vivai,
società sportive che soffrono,
impiantistica: c’è tanto da fare. Ed è
un «tanto» che non può aspettare.
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FLAVIA PENNETTA
Azzurra di tennis
l Grande Fede infinita
@mafaldina88 !!
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ANDREA CASSARÀ
Olimpionico di scherma
l Grandi azzurri ai
mondiali!!! #pellegrini
#paltrinieri #Kazan2015
#argento
@andreacassara
La staffetta Pellegrini-Paltrinieri
FEDERICA MIGLIOR
ITALIANA DI SEMPRE
IL COMMENTO
di UMBERTO ZAPELLONI
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A
rgento vivo. Argento
pesante. Argento che
tende all’oro. Se Fede
rappresenta l’eternità,
Greg incarna il futuro.
Dalla vasca di Kazan ci arrivano
due medaglie che luccicano di più
di quello che valgono. La Pellegrini
e Paltrinieri, la P&P del nuoto
azzurro, sono la staffetta ideale tra
la miglior nuotatrice (e non solo)
della storia italiana e un ragazzo
che si identifica con i sogni per un
domani chiamato finale dei 1500,
ma soprattutto Olimpiadi di Rio.
Fede ha compiuto 27 anni ieri,
Greg non ne ha ancora 21. Lei ha
cominciato a vincere che ne aveva
16, lui sta iniziando adesso a fare
sul serio.
Dopo dieci anni Federica è ancora
lì. Sul podio. D’argento come a
Montreal 2005, la sua prima volta
mondiale dopo essersi presentata al
mondo ai Giochi di Atene nel 2004.
Sua Eternità ha indossato la sesta.
Che non è la taglia del suo
reggiseno (come aveva scherzato
lei dopo aver combattuto con una
bolla d’aria in qualifica), ma il
numero delle medaglie mondiali
con cui si è impreziosita il
décolleté.
Piange, ma sono lacrime dolci. Non
sono lacrime di rabbia per
l’occasione buttata come quelle di
dieci anni fa, quando perse da
favorita contro la francese Solenne
Figuès. Questa volta piange di gioia
perché l’ha battuta soltanto una
ragazza più giovane di 9 anni, un
mostro che non ha più rivali su
nessuna distanza: 200, 400, 1500
non fanno differenza per Katie
Ledecky, la motonave venuta da
Washington che è diventata
maggiorenne soltanto a marzo.
Federica si è fatta un regalo di
compleanno che pesa di più di una
semplice medaglia d’argento.
Nessuna donna è rimasta sul podio
mondiale per così tanto tempo. La
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sua carriera è ormai una leggenda.
Nei 200 metri stile libero non c’è
mai stata nessuna così forte. Ha
lasciato un segno indelebile, ha
lasciato dietro di sé una striscia di
imprese destinate a durare.
Verranno altre bambine, altri
mostri come Katy Ledecky, ma
Federica resterà nel libro dei record
aspettando di festeggiare anche
l’anno prossimo a Rio, quando il
giorno del suo compleanno
potrebbe (anzi dovrebbe) essere la
nostra porta bandiera ai Giochi. A
Barcellona, due anni fa, l’aveva
battuta Missy Franklyn, un’altra
con 7 anni in meno di lei. Ieri
Federica è tornata davanti a Missy,
ma non ha retto l’onda dell’altra
motonave americana che si è messa
a collezionare ori. Può batterne
una, non può più batterle tutte.
Nello sport non è facile allungare la
propria carriera. Non è semplice
restare in alto dopo aver raggiunto
la vetta. Federica, un po’ come il
suo Filippo che l’altro giorno ha
regalato alla staffetta un bronzo
bellissimo, ha trovato la pozione
magica. Anche Magnini aveva vinto
la sua prima medaglia mondiale nel
2005 a Montreal. Il suo primo oro
nei 100, bissato poi due anni dopo.
Non sono solo la coppia-copertina
del nostro nuoto. Sono la coppiacopertina del nostro sport. Hanno
fatto del lavoro la loro religione e i
risultati li hanno premiati.
L’eternità di Federica che dal 2004,
anno della sua apparizione nella
piscina olimpica di Atene, non ci
abbandona mai, riaccende una
domanda che viene spontanea in
questi casi: è lei la miglior atleta
italiana della storia? Senza
mancare di rispetto a Sara Simeoni
o Valentina Vezzali, non pensiamo
ci siano dubbi. La ricchezza del suo
palmares (4 ori mondiali, 6 ori
europei, un oro olimpico), la
longevità della sua carriera (dal
2004 a oggi ha sempre vinto
almeno una medaglia all’anno), lo
sport in cui ha primeggiato, la sua
popolarità anche fuori dalle
piscine, ne fanno la campionessa
globale come mai ne abbiamo
avute prima. Abbiate Fede, non
stiamo esagerando...
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