opinioni - friuliveneziagiulia

DOMENICA 15 NOVEMBRE 2015 LA GAZZETTA SPORTIVA
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OPINIONI
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Lo sport nel mirino
ALLONS ENFANTS
NON PREVARRANNO
La folla chiusa nello Stade de France alla fine della partita Francia-Germania
L’EDITORIALE
di ANDREA MONTI
L
o stadio illuminato a
giorno, silente come una
tomba. Un mausoleo dello
sgomento. Nel rettangolo
verde migliaia di spettatori
si abbracciano. Non li unisce la
gioia della vittoria, ma la paura
dell’ignoto. Del nemico invisibile
che li attende là fuori nel buio oltre
le gradinate, come attende tutti noi
sulle strade che percorriamo nella
vita quotidiana. Allo sport capita
spesso di incrociare la grande
storia, raramente ne diventa un
simbolo. Ma quell’immagine dello
Stade de France inghiottito
dall’orrore, più ancora della
spaventosa carneficina del
Bataclan, rimarrà nella memoria
collettiva come l’emblema della
guerra di Parigi. L’attacco dello
stato islamico al cuore del nostro
continente. L’11 settembre
dell’Europa.
La memoria riavvolge il suo nastro
dolente e torna al 1972. L’attacco
dei fedayn al villaggio olimpico di
Monaco, 17 morti tra cui gli
attentatori. Ma erano altri anni e
altre tragedie: quel terrorismo
atroce e persino l’assurdità di
quella mattanza sembrano
paradossalmente più leggibili della
maledizione oscura che ci colpisce
oggi. Guerrieri incappucciati
annunciano: dopo Parigi, Roma
che si prepara al Giubileo. Una
minaccia violenta e irreale esonda
dalla frattura tra civiltà, religioni e
sette della stessa fede, come la
faglia di un terremoto lontano che
si apre d’improvviso sotto i nostri
piedi e le nostre case, nei luoghi
dove lavoriamo, preghiamo, ci
divertiamo, facciamo il tifo e
scateniamo la passione per un
pallone. La nostra appartenenza
più innocente e liberatoria contro
la loro appartenenza cupa,
enigmatica, sanguinaria. Uno
scontro tra uomini e ombre.
Lo Stade de France è l’arena di
Zidane e di Francia ’98, il Mondiale
multietnico e multirazziale per
eccellenza, l’indimenticabile festa
dell’integrazione cantata da Youssou
N’Dour. E invece adesso lo sport si
scopre terribilmente vulnerabile.
Mai si era sentito così al centro del
mirino. Le ricostruzioni più
attendibili dicono che allo stadio i
terroristi cercassero la strage in
diretta. Uno voleva entrare e farsi
esplodere. L’altro avrebbe seminato
la morte tra gli spettatori che si
precipitavano all’uscita. Un ritardo o
un intoppo nel sincronismo con le
altre azioni avrebbe indotto i
kamikaze a colpire dove e chi
potevano, cioè gli avventori di un
ristorante. Non fosse abortito il
piano originale, avremmo sotto gli
occhi con evidenza ancor maggiore
il nuovo pericolo che ci minaccia. Lo
stadio come palcoscenico ideale per
il terrore: non c’è luogo più affollato,
illuminato e coperto dai media. Lo
stadio che diviene teatro di guerra, il
peggiore degli incubi.
Tra sette mesi la Francia ospiterà
l’Europeo di calcio e Parigi è
candidata all’Olimpiade del 2024
contro a Roma. L’idea può sembrare
bislacca ed è sicuramente
impraticabile con le regole attuali,
ma perché non pensare per una
volta a Giochi congiunti, le due
capitali unite nel segno della civiltà e
dei valori dello sport in risposta alla
barbarie? Intanto, sul fronte
dell’attualità, monta a dismisura
l’ansia per l’Europeo: si tratta di
garantire la sicurezza per 51 partite
in 10 città e per i ritiri di 24 squadre.
C’è persino chi pensa sia giusto, o
almeno opportuno, non giocare. Non
ha capito nulla. E neppure ha
ascoltato l’unica nota di conforto
risuonata nell’orribile notte parigina.
All’uscita dello Stade de France, gli
spettatori hanno rotto il sudario del
silenzio intonando la Marsigliese.
Non c’era retorica in quel coro. Si
davano coraggio urlando al nemico
senza volto chi siamo e cosa faremo.
Allons enfants, non prevarranno! O,
per dirla con Houellebecq, non ci
sottometteremo.
VICEDIRETTORE VICARIO
Gianni Valenti
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VICEDIRETTORI
Pier Bergonzi
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Stefano Cazzetta
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Andrea Di Caro
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Umberto Zapelloni
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Testata di proprietà de “La Gazzetta
dello Sport s.r.l.” - A. Bonacossa © 2015
JORGE LORENZO
Pilota di MotoGP
 Tutto il mio sostegno alle
famiglie delle vittime di Parigi. I
miei pensieri sono con tutte le
persone a Parigi.
@lorenzo99
CRISTIANO RONALDO
Calciatore del Real
 Non posso restare
indifferente all’orrore degli
attentati di Parigi.
@Cristiano
PRESIDENTE
Maurizio Costa
AMMINISTRATORE DELEGATO
Laura Cioli
CONSIGLIERI
Gerardo Braggiotti,
Paolo Colonna,
Teresa Cremisi,
Dario Frigerio,
Tom Mockridge,
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DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
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MONACO, L’ALBA
DI QUESTI ORRORI
Monaco 1972. Un terrorista sul balcone del Villaggio Olimpico
NON SOLO SPORT
di FAUSTO NARDUCCI
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SCUDERIA FERRARI
Team di Formula 1
 I nostri pensieri e preghiere
sono con le famiglie e gli amici
di tutte le persone colpite dagli
eventi di Parigi
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LEBRON JAMES
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 Difficile allenarsi, posso solo
pensare e non aiutare la gente di
Parigi. Prego per tutte le famiglie
@KingJames
ANDRÉS INIESTA
Calciatore del Barcellona
 Il mio affetto per le famiglie e
il popolo francese. Esaurite le
parole
@andresiniesta8
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L’Olimpiade del 1972
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E’
proprio vero: lo sport lo
vorremmo vedere
chiuso nella sua
splendida campana di
vetro, riprodotto per
endogenesi sulla sua isola felice,
messo in mostra in televisione
davanti alla nostra poltrona come se
si volgesse lontano dai turbamenti
della società e dai marosi della vita.
Poi ci entrano in casa le immagini di
uno stadio dove si continua a
giocare a calcio mentre la gente
tutta intorno si ammazza in base a
presunti ideali religiosi o contrasti
politici e ci torna alla mente che in
fondo, fin dai Giochi sportivi
dell’antichità, quella parola agone,
da cui deriva l’agonismo, è sempre
stata ben calata nella società e
soggetta ai turbamenti della storia.
A Parigi è rimasto sullo sfondo ma
lo sport legato alle stragi richiama
inevitabilmente alla mente
quell’alba del 5 settembre 1972 in
cui 8 terroristi palestinesi fecero
irruzione nella palazzina numero
31 della rappresentativa israeliana
dell’Olimpiade di Monaco. Di reti
collegate dall’Italia ce n’era a
malapena una (la Rai) e fu la radio
a svolgere a fatica quel ruolo
informativo che venerdì nella
tragedia dello Stade de France è
stato assolto in maniera così
totalizzante da web e tv da farci
sentire quasi sul posto della
tragedia. Chissà se era meglio ieri o
oggi dal punto di vista
dell’emozione, ma all’epoca del
massacro di Monaco le notizie che
trapelarono a poco a poco furono
ugualmente scioccanti. La prima
vittima (un allenatore della squadra
di lotta), una seconda (un pesista
accorso in suo aiuto) e, prima
ancora del massacro, la
rivendicazione da parte
dell’organizzazione terroristica
Settembre Nero. Come ha ben
ricostruito «Munich» di Stephen
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Spielberg, potremmo azzardare
anche che le motivazioni
ideologiche dei fedayn poggiavano
su basi più concrete (la
rivendicazione della propria terra)
rispetto alle follie ultrareligiose
degli islamici, ma nelle carneficine
non ci sono mai ragioni o
giustificazioni. Quello che non
potremo mai dimenticare è che
l’intervento della polizia tedesca
all’aeroporto di Furstendelbrunck
lasciò sul campo 5 terroristi, 9
ostaggi israeliani e un poliziotto. E
che, nonostante tutto,
quell’Olimpiade continuò (come la
partita allo Stade de France) quasi
in contemporanea con i
bombardamenti israeliani dei campi
palestinesi di Siria e Libano.
Ci sono voluti quarant’anni perché a
Londra 2012 il Cio, messo alle
strette anche dal nostro Pietro
Mennea, provvedesse a ricordare la
strage in una cerimonia ufficiale.
Nel frattempo un’altra Olimpiade,
quella di Atlanta ‘96, aveva subito
l’attentato isolato e maldestro di un
attivista del movimento Christian
Identity, che piazzò la bomba di
mezzanotte che tolse la vita a due
passanti del Centennial Olympic
Park già evacuato. Nessuno ricorda
più con precisione la strage di
singalesi (15 morti) provocata nel
2008 da un militante Tamil alla
maratona di Weliveriya e i 105
morti messi nel tragico bilancio di
un kamikaze a una partita di
pallavolo pakistana nel 2010. Ma
come possiamo dimenticare quei
due ordigni che il 15 aprile 2013
hanno trasformato in una
polveriera umana il traguardo della
maratona di Boston con tre morti e
264 feriti che rimarranno per
sempre sulla coscienza di due
terroristi ceceni che hanno bagnato
nel sangue le loro rivendicazioni
musulmane? Dei due fratelli
Carnaev ne è rimasto solo uno: il
sopravvissuto Dzochar, condannato
alla pena di morte, resta per ora
uno dei simboli dell’ottusità umana
capace di travolgere anche i simboli
sportivi in queste guerre
ideologiche senza senso.
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