Platone - Enricia.org

Transcript

Platone - Enricia.org
Fin dalle opere socratiche Platone affronta il tema della poesia come "divina follia": ad esso
è dedicato per intero il dialogo Ione, ma nella stessa prospettiva si pone anche un brano
famoso dell'Apologia di Socrate. Il confronto è istruttivo.
La poesia è divina follia
Attraverso i poeti ci parla la voce di Dio: è questo che chiamiamo "ispirazione", e non ha
nulla a che fare con l'abilità "tecnica".
Πάντες γὰρ οἱ ποιηταὶ οἱ ἀγαθοὶ οὐκ ἐκ τέχνης, ἀλλ' ἔνθεοι ὄντες καὶ
κατεχόμενοι πάντα ταῦτα τὰ καλὰ λέγουσι ποιήματα, καὶ οἱ μελοποιοὶ οἱ
ἀγαθοὶ ὡσαύτως. Λέγουσι γὰρ δήπουθεν πρὸς ἡμᾶς οἱ ποιηταὶ ὅτι ἀπὸ κρηνῶν
μελιρρύτων ἐκ Μουσῶν κήπων τινῶν καὶ ναπῶν δρεπόμενοι τὰ μέλη ἡμῖν
φέρουσιν ὥσπερ αἱ μέλιτται, καὶ αὐτοὶ οὕτω πετόμενοι· καὶ ἀληθῆ λέγουσι.
Κοῦφον γὰρ χρῆμα ποιητής ἐστιν καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε
ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός τε γένηται καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῷ ἐνῇ·
ἕως δ' ἂν τουτὶ ἔχῃ τὸ κτῆμα, ἀδύνατος πᾶς ποιεῖν ἄνθρωπός ἐστιν. Ἅτε οὖν οὐ
τέχνῃ ποιοῦντες καὶ πολλὰ λέγοντες καὶ καλὰ περὶ τῶν πραγμάτων, ἀλλὰ
θείᾳ μοίρᾳ, τοῦτο μόνον οἷός τε ἕκαστος ποιεῖν καλῶς ἐφ' ὃ ἡ Μοῦσα αὐτὸν
ὥρμησεν, ὁ μὲν διθυράμβους, ὁ δὲ ἐγκώμια, ὁ δὲ ὑπορχήματα, ὁ δ' ἔπη, ὁ δ'
ἰάμβους· τὰ δ' ἄλλα φαῦλος αὐτῶν ἕκαστός ἐστιν. Οὐ γὰρ τέχνῃ ταῦτα
λέγουσιν ἀλλὰ θείᾳ δυνάμει, ἐπεί, εἰ περὶ ἑνὸς τέχνῃ καλῶς ἠπίσταντο λέγειν,
κἂν περὶ τῶν ἄλλων ἁπάντων· διὰ ταῦτα δὲ ὁ θεὸς ἐξαιρούμενος τούτων τὸν
νοῦν τούτοις χρῆται ὑπηρέταις καὶ τοῖς χρησμῳδοῖς καὶ τοῖς μάντεσι τοῖς
θείοις, ἵνα ἡμεῖς οἱ ἀκούοντες εἰδῶμεν ὅτι οὐχ οὗτοί εἰσιν οἱ ταῦτα λέγοντες
οὕτω πολλοῦ ἄξια, οἷς νοῦς μὴ πάρεστιν, ἀλλ' ὁ θεὸς αὐτός ἐστιν ὁ λέγων, διὰ
τούτων δὲ φθέγγεται πρὸς ἡμᾶς.
Platone, Ione 533.e.5 - 534.d.3 passim
Tutti i bravi poeti, infatti, compongono [dicono] tutte queste belle poesie non per
capacità tecnica, ma perché sono invasati e posseduti, e così pure (fanno) i bravi
lirici. Infatti i poeti ci dicono appunto che raccogliendo i canti da sorgenti che
sgorgano miele da certi giardini e convalli delle Muse li portano a noi come le api,
anche loro così volando; e dicono la verità. Cosa leggera infatti è il poeta, e alata e
sacra, e non (è) in grado di comporre prima di diventare invasato e fuori di senno e
prima che la mente non ci sia più in lui; finché invece ha questa proprietà, ogni
uomo è incapace di poetare. In quanto dunque non per abilità acquisita
compongono poesie e dicono molte e belle cose riguardo agli argomenti, ma per
sorte divina, ciascuno (è) in grado di comporre bene questo solo (genere) al quale
la Musa lo ha spinto, chi ditirambi, chi encomi, chi iporchemi, chi poemi epici, chi
giambi; invece negli altri (generi) ciascuno di loro è un buono a nulla. Non per
abilità acquisita infatti dicono queste parole, ma per dote divina, perché se
sapessero esprimersi bene per abilità acquisita in un solo genere, (saprebbero farlo)
anche in tutti gli altri; e per questo la divinità, togliendo di mezzo la loro mente, si
serve di questi e dei vati e dei profeti divini come ministri, affinché noi, gli
ascoltatori, sappiamo che coloro che dicono queste parole così pregevoli sono non
costoro, nei quali non è presente il senno, ma è la divinità stessa che parla, e
attraverso costoro fa sentire la propria voce a noi.
I poeti non sono sapienti
Socrate, indicato dall'oracolo di Delfi come l'uomo più sapiente di tutti, si mette alla ricerca
di qualcuno che sia più sapiente di lui, ma scopre che negli altri c'è solo presunzione di
sapienza. Qui racconta in particolare della sua esperienza con i poeti.
Μετὰ γὰρ τοὺς πολιτικοὺς ᾖα ἐπὶ τοὺς ποιητὰς τούς τε τῶν τραγῳδιῶν καὶ τοὺς
τῶν διθυράμβων καὶ τοὺς ἄλλους, ὡς ἐνταῦθα ἐπ' αὐτοφώρῳ καταληψόμενος
ἐμαυτὸν ἀμαθέστερον ἐκείνων ὄντα. Ἀναλαμβάνων οὖν αὐτῶν τὰ ποιήματα ἅ
μοι ἐδόκει μάλιστα πεπραγματεῦσθαι αὐτοῖς, διηρώτων ἂν αὐτοὺς τί λέγοιεν,
ἵν' ἅμα τι καὶ μανθάνοιμι παρ' αὐτῶν. Αἰσχύνομαι οὖν ὑμῖν εἰπεῖν, ὦ ἄνδρες,
τἀληθῆ· ὅμως δὲ ῥητέον. Ὡς ἔπος γὰρ εἰπεῖν ὀλίγου αὐτῶν ἅπαντες οἱ
παρόντες ἂν βέλτιον ἔλεγον περὶ ὧν αὐτοὶ ἐπεποιήκεσαν. Ἔγνων οὖν αὖ καὶ
περὶ τῶν ποιητῶν ἐν ὀλίγῳ τοῦτο, ὅτι οὐ σοφίᾳ ποιοῖεν ἃ ποιοῖεν, ἀλλὰ φύσει
τινὶ καὶ ἐνθουσιάζοντες ὥσπερ οἱ θεομάντεις καὶ οἱ χρησμῳδοί· καὶ γὰρ οὗτοι
λέγουσι μὲν πολλὰ καὶ καλά, ἴσασιν δὲ οὐδὲν ὧν λέγουσι. Τοιοῦτόν τί μοι
ἐφάνησαν πάθος καὶ οἱ ποιηταὶ πεπονθότες.
Platone, Apologia di Socrate 22 a.9-c.4
Dopo i politici, infatti, mi recai [andavo (1)] dai poeti, gli (autori) delle tragedie e
quelli dei ditirambi e gli altri, convinto che (2) subito mi sarei scoperto [avrei colto
me stesso in flagrante essere (3)] più ignorante di loro. Riprendendo dunque i loro
componimenti che mi parevano più perfetti [che mi pareva fossero stati più
elaborati da loro], chiedevo loro cosa significassero [che cosa potessero dire (4)],
per imparare nello stesso tempo anche qualcosa da loro. Ebbene, mi vergogno a
dirvi la verità, cittadini: e tuttavia devo dirla. In un certo senso (5), infatti, poco ci
mancava che tutti i presenti sapessero parlare meglio di loro (6) di (ciò) che essi
stessi avevano composto. Compresi dunque in breve una cosa [questo] anche a
proposito dei poeti: che non per sapienza compongono ciò che compongono (7),
ma per un dono naturale [per una qualche natura] e sotto l'effetto dell'ispirazione
divina, come i profeti e gli indovini; infatti anche costoro dicono molte e belle cose,
ma di ciò che dicono non sanno niente. Mi risultò evidente che anche i poeti
soffrivano di un disturbo simile (8).
(1) ᾖα sta per ᾔειν, 1a pers. sing. dell'imperf. ind. di εἶμι; (2) tipico ὡς + participio
con valore di causale soggettiva; lo si rende in vario modo a seconda del contesto
(qui "pensando che", "convinto che"); (3) ὄντα è un participio predicativo; (4)
strana forma di potenziale (ἂν... λέγοιεν); (5) è una locuzione idiomatica da
mandare a memoria; significa "per così dire", "in un certo senso"; (6) letteralmente:
"per poco tutti i presenti avrebbero potuto dire"; anche questa è una locuzione
idiomatica: ὀλίγου + ἄν + tempi storici dell'indicativo (irreale) corrisponde al
nostro "poco ci mancava che..."; (7) l'ottativo è obliquo ed è dovuto alla presenza di
un tempo storico nella reggente (ἔγνων); (8) costruzione personale del verbo
φαίνομαι: letteralmente "anche i poeti mi apparvero essere affetti da un tale
disturbo"; πεπονθότες è un tipico participio predicativo in dipendenza da
φαίνομαι.
Traduzione libera:
Così, dopo i politici, mi recai dai poeti, scrittori di tragedie, di liriche o d'altre cose,
sicuro com'ero, questa volta, di toccare con mano quanto io fossi più ignorante di
loro. Prendevo le loro opere, quelle che mi parevano le più elaborate e gli chiedevo
di spiegarmele anche perché, nello stesso tempo, io potessi imparare qualcosa.
Ebbene, ateniesi, mi vergogno di dirvi la verità, ma lo devo: tutti quelli che erano lì
presenti avrebbero parlato quasi meglio di loro che pure erano gli autori.
Insomma, capii ben presto che i poeti componevano le loro opere non facendo uso
del cervello ma per una certa disposizione naturale, per una sorta di ispirazione,
come gli indovini e i profeti. Anche costoro, infatti, dicono molte e belle cose, ma
senza rendersene conto. Lo stesso accadeva ai poeti.