Zecchin - Jus On Line 3

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Zecchin - Jus On Line 3
Jus-online n. 3/2015
Francesco Zecchin
Assegnista di ricerca in Diritto privato, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Piacenza)
Spunti di natura comparatistica in tema di danno da “wrongful” life
SOMMARIO: 1. Politeismo dei valori e forma giuridica: il c.d. diritto di non nascere se non sano fra
duty of care e damages. - 2. Il pendule fra Cour de cassation, Loi «anti-Perruche» e Conseil
constitutionnel. - 3. Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte e diritti del feto. - 4. La
responsabilità civile: giustizia commutativa o giustizia distributiva?
1. Politeismo dei valori e forma giuridica: il c.d. diritto di non nascere
se non sano fra duty of care e damages
Il dinamismo culturale che caratterizza i nostri tempi ha segnato “il tramonto
della concezione che identifica il diritto […] con le disposizioni formali, sul
presupposto che le parole della legge incorporano un significato normativo univoco,
conoscibile col solo ausilio del testo”1. Le categorie del nostro codice civile, in
buona parte concepite nell’atmosfera di una società fondamentalmente omogenea,
vengono, infatti, continuamente sollecitate al confronto con domande di giustizia
che non sono immediatamente riconducibili ai valori tradizionali. In tale contesto
diviene impercorribile la logica inferenziale e la stessa interpretazione assume
connotati particolari, giacché, come è stato messo in luce ormai da tempo, non è più
sufficiente rifarsi agli astratti canoni classici (grammaticale, logico, storico e
sistematico)2, ma occorre lasciar interrogare il testo normativo dal caso concreto3.
Quest’avvio in termini problematici deve però essere messo in relazione con il
pensiero sistematico, in modo da verificare che l’ipotesi ermeneutica sia, dal punto
di vista dell’ordinamento, intersoggettivamente comunicabile4. Tuttavia, sempre più
Contributo sottoposto a valutazione.
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L. Mengoni, Scritti I. Metodo e teoria giuridica, a cura di C. Castronovo-A. Albanese-A. Nicolussi,
Milano, 2011, p. 373.
2 Pur in contesto non qualificato dal forte pluralismo attuale già nel XIX secolo F.C. Savigny, Sistema
del diritto romano attuale, trad. it. di V. Scialoja, Torino, 1886, I, pp. 220 e ss., affermava che nell’ambito
dell’interpretazione delle fonti del diritto apprezzate nel loro insieme non era possibile muoversi
esclusivamente all’interno della dimensione linguistica del testo.
3 In Italia fra i primi ad accorgersene, oltre a T. Ascarelli, L’idea di codice nel diritto privato e la funzione
dell’interpretazione, in Saggi giuridici, Milano, 1949, pp. 41 e ss., vi fu Luigi Mengoni, il quale già a metà degli anni
Settanta affermava che “nella società pluralistica di oggi, dove le opinioni sono grandemente differenziate e le
trasformazioni strutturali derivanti dal progresso tecnologico producono incessantemente nuovi interessi e
nuovi valori, la soluzione di un problema giuridico comunicata in forma puramente dogmatica non è in grado
di proporsi come decisione plausibile” (L. Mengoni, Problema e sistema nella controversia sul metodo giuridico, in Jus,
1976, p. 16). L’autore ha poi ulteriormente sviluppato la Sua intuizione rispetto alla dottrina del metodo in
successivi studi, che sono raccolti nei volumi Diritto e valori, Bologna, 1985; Ermeneutica e dogmatica giuridica,
Milano, 1996, e Metodo e teoria giuridica, cit.
4 Ascarelli, L’idea di codice, cit., p. 65 s., e Mengoni, Problema e sistema, cit., pp. 16 e ss.
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spesso, l’importanza del momento dogmatico viene sottovalutata5 e ciò conduce ad
una eccessiva semplificazione del discorso in cui la poliedricità del nostro diritto
privato è trascurata fino al punto da “ridurre la questione […] ad una scelta fra
responsabilità e no”6, sulla scia dell’idea “che diritti e pretese, obblighi e soggezioni
possano risolversi nell’apprezzamento pecuniario in grado di rifletterne il valore”7.
Con questo atteggiamento si fa più alto il rischio che a scolorirsi sia addirittura la
funzione stessa della responsabilità civile, la quale, svuotata dei suoi connotati
essenziali, finisce per rispondere a esigenze che sarebbero meglio soddisfatte da altri
istituti giuridici.
In tal senso un’ipotesi recente nella quale il circolo ermeneutico viene messo
a prova è quella del danno da “wrongful” life, in cui un soggetto affetto da disabilità
agisce nei confronti del medico che, non avendo diagnosticato per tempo la
patologia, ha impedito alla propria madre di interrompere la gravidanza. La maggior
parte degli ordinamenti europei ha ormai affrontato la questione e di recente anche
le Sezioni unite della nostra Corte di cassazione sono state chiamate a pronunciarsi8,
ma i primi casi si sono registrati negli Stati Uniti d’America e in Inghilterra9. D’altro
canto, per un verso, in quei contesti il passaggio da una società omogenea a una
società pluralistica è avvenuto prima che in altri paesi europei e, per l’altro, la forma
giuridica, in proporzione maggiore che in civil law, sembra in qualche modo
5 Cfr. Mengoni, Ermeneutica e dogmatica giuridica, cit., p. 87 ss., e, più di recente, G. Zaccaria, La
comprensione del diritto, Roma-Bari, 2012, pp. 82 e ss., il quale afferma che “in contesti fortemente pluralistici è
infatti concreto il pericolo che l’interpretazione appaia come soggettiva e arbitraria, espressione di istanze e
valori che, anziché accettare la fatica di un articolato confronto intersoggettivo, tendono irresistibilmente ad
imporsi, anche se privi di adeguate motivazioni. In tal caso la giustizia viene ridotta ad una formalità
virtualmente priva di significato e il diritto diviene intrinsecamente ingiusto” (p. 85).
6 C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, p. 6.
7 Ibidem.
8 La risarcibilità del danno da “wrongful” life, costantemente negata dalla giurisprudenza di legittimità
(cfr. ex multis Cass. 11 maggio 2009, n. 10741, in Resp. civ. prev., 2009, pp. 2063 e ss., con nota di M. Gorgoni,
Nascite indesiderate e responsabilità sanitaria), è stata infatti riconosciuta da Cass. 2 ottobre 2012, n. 16754, in
NGCC, 2013, pp. 175 e ss., con nota di E. Palmerini, Nascite indesiderate e responsabilità civile: il ripensamento della
Cassazione. In ragione di tale contrasto con l’ordinanza 23 febbraio 2015, n. 3569, in www.dejure.it, la questione
è stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni unite.
9 A ben vedere in Italia un caso, rimasto per lungo tempo isolato, che, oltre ad offrire degli spunti
sulla soggettività del concepito, potrebbe essere definito di nascita indesiderata si ebbe già con Trib. Piacenza,
31 luglio 1950, in Foro it., 1951, I, c. 987 e ss. La figlia adulterina, dunque a quel tempo irriconoscibile, di un
ricco signore e della sua amante, una volta scoperto che la malattia da cui era affetta - la lue - le era stata
consapevolmente trasmessa dai due genitori, ottenne il risarcimento del danno in considerazione del fatto che
“il trasmettere attraverso la generazione, quando la causalità […] è accertata, una condizione morbosa che
questo grande dono trasformi in una immensa infelicità è illecito, è fatto contrario al diritto, contrario al
comportamento della persona quale le è imposto dall’ordinamento giuridico che la riconosce e la eleva” (ivi, c.
991). Dato che per l’attrice non vi era l’alternativa di un vita in salute, la colpa dei genitori “sarebbe l’averlo
generato” (M. Elia, ivi, c. 988), onde ciò di cui si lamenta l’attrice è in sostanza la nascita, tanto è vero che
rispetto al danno F. Carnelutti si domandava retoricamente: “Se dunque il padre avesse, invece, adempiuto
alla sua pretesa obbligazione di astenersi dal generare, che cosa avrebbe conservato il figlio, che non ha potuto
conservare, o che cosa avrebbe acquistato, che non ha potuto acquistare?” (ivi, c. 990, corsivi nostri). D’altra
parte anche secondo P. Rescigno, Il danno da procreazione, in Riv. dir. civ., 1956, p. 632, a tema della decisione
piacentina vi è “l’alternativa posta tra il non essere e la malattia”.
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predisposta a modellarsi su sagome nuove. La carica di duttilità che quando era
vigente il sistema delle forms of actions aveva dato vita all’action upon the case10 trova oggi
pieno compimento nel tort of negligence11, il quale già in Donoghue v. Stevenson veniva
individuato come risposta all’idea che “the conception of legal responsibility may
develop in adaptation to altering social conditions and standards”12.
Non per niente i common lawyers tendono a inquadrare la domanda di
risarcimento del danno da “wrongful” life proprio nell’ambito del negligence, che in
questo caso offre un vantaggio anche da un altro punto di vista. A differenza dei
nominate torts, per la sua integrazione sono infatti necessari “duty, breach, causation
and damage”13, mentre non assume rilevanza diretta il profilo della lesione di una
situazione soggettiva tutelata dall’ordinamento14. Il problema della sussistenza del
c.d. diritto di non nascere se non sano - che rappresenta la questione più
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Vale a dire l’azione con la quale si domandava l’emissione di un writ che si discostava per alcuni
profili da quelli tradizionali (come trespass, nuisance o detinue), facendo leva sulla dettagliata esposizione della
fattispecie concreta (cfr. ex multis R. Zimmermann, The Law of Obligations - Roman Foundation of the Civilian
Tradition, Cape Town-Boston, 1992, pp. 909 e ss.). P.H. Winfield, The Foundation of Liability in Tort, in CLR,
1927, p. 5, mette in luce che “it is in action upon the case in one form or another frequently in none whatever
that the development of the law of torts outside trespass must be sought. Actions of this type were extremely
elastic, so elastic that they defied the efforts of the earlier abridgers to classify them. In William Sheppard's
Grand Abridgment (1675), ‘Actions of the case referring to Acts and Deeds’ seems to be a residuary title
including a great number of miscellaneous cases on what would now be called nuisance or negligence, on
disturbance of property and on other wrongs. […] This plasticity of action upon the case made the birth of
new remedies easy”.
11 Cfr. F.W. Maitland, The Forms of Action at Common Law, Cambridge, 1909, p. 54.
12 Donoghue v. Stevenson, [1932] A.C. 619, per Lord Macmillan. Sull’evoluzione del tort of negligence nel
sistema inglese, anche alla luce dei control devices che, per limitarne l’espansione, sono stati individuati nelle
decisioni successive cfr. S. Deakin-A. Johnston-B. Markesinis, Markesinis and Deakin’s Tort Law7th, Oxford,
2013, pp. 99 e ss., e C. Witting, Street On Tort, Oxford, 2015, pp. 25 e ss.
13 Deakin- Johnston- Markesinis, Markesinis and Deakin’s Tort Law cit., p. 99, sulla scia di Lochgelly Iron
and Coal Co. v. McMullan [1934] AC 1. Più in generale si vedano T. Weir, An Introduction to Tort Law, Oxford,
2006, pp. 29 e ss., e M. Lunney-K. Oliphant, Tort Law - Text and Materials3, Oxford, 2008, pp. 106 e ss. Da una
prospettiva comparatistica cfr. V. Bar, The Common European Law of Torts, Oxford, 1999, pp. 300 e ss., e M.
Serio, Studi comparatistici sulla responsabilità civile, Torino, 2007, passim. Per un approfondimento sulla struttura
del tort of negligence e sulla sua evoluzione storica sia concesso rinviare al mio Struttura dell’illecito e danno alla salute
fra Italia ed Inghilterra, in Eur. e dir. priv., 2015, pp. 43 e ss.
14 Eloquenti sono le parole usate da J.G. Fleming, Remotness and Duty: The Control Devices in Liability for
Negligence, in CBR, 1953, pp. 473-474, per il quale “one of the basic differences between negligence liability
and nominate torts of the traditional pattern is that the latter deal with conduct infringing a strictly defined
kind of interest, whereas the former does not, by definition, carry any indication of the scope of protection to
which is directed beyond an apparent reference to the blameworthiness of the person who has caused the
loss or injury”. Secondo P. Birks, Negligence in the Eighteenth Century Common Law, in The comparative Legal History
of the Law of Torts, Berlin, 2001, edited by E.J.H. Schrage, p. 209, “the tort of negligence would stick out as an
obvious cuckoo in an alien nest, since, with the exception of deceit, the other wrongs are named more or less
explicitly by reference to the interest infringed”. Dalla prospettiva italiana si vedano G. Villa, Il tort of
negligence nel sistema inglese dei fatti illeciti, in Contr. e impr., 2011, pp. 264 e ss.;G. Alpa, Il problema della atipicità
dell’illecito, Napoli, 1979, pp. 91 e ss.; M. Bessone, Responsabilità per negligence e teoria dell’illecito: il caso
Donoghue v. Stevenson in prospettiva storica, in La responsabilità civile nei sistemi di Common Law, a cura di F.
Macioce, Padova, 1989, pp. 185 e ss., A. di Majo, Fatto illecito e danno risarcibile nella prospettiva del diritto europeo, in
Eur. e dir. priv., 2006, pp. 22-23; M. Serio, La responsabilità civile e la stagione dei doveri, ivi, 2008, pp. 401 e ss., e C.
Castronovo, Sentieri di responsabilità civile europea, ivi, 2008, pp. 793 e ss.
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problematica nel diritto europeo continentale - risulta perciò fortemente attenuato
dall’assetto della forma giuridica nella quale la domanda risarcitoria è incardinata15.
Per le corti americane e inglesi le maggiori difficoltà si sono infatti presentate
ad un altro livello della fattispecie16. Appurata l’esistenza della responsabilità e
verificata la causation fra breach of duty of care e harm17, rappresentato dall’evento
nascita, si apre infatti il problema del danno risarcibile e quello della sua
quantificazione18.
Proprio le difficoltà relative al momento risarcitorio stanno alla base delle
decisioni che negli U.S.A. hanno rigettato la domanda di risarcimento del danno da
“wrongful”life19. Con riferimento all’an, si è ritenuto che una vita menomata non
potesse effettivamente essere qualificata come una condizione peggiore rispetto alla
non-vita20, mentre, in relazione al quantum, la difficoltà è emersa nel comparare
15
Del resto, nel più famoso caso americano, Turpin v. Sortini [1982], California Supreme Court, 643
P2d 960, si afferma che “the elements of a cause of action in tort for professional negligence are: (1) the duty
of the professional to use such skill, prudence, and diligence as other members of his profession commonly
possess and exercise; (2) a breach of that duty; (3) a proximate causal connection between the negligent
conduct and the resulting injury; and (4) actual loss or damage resulting from the professional's”. A ben
vedere nel dibattito il tema della lesione riesce in qualche modo a riemergere, ma sempre nella limitata
prospettiva dell’esistenza del duty of care: si veda ad esempio T. Weir, Wrongful Life. Nipped in the Bud, in CLJ,
1982, p. 227. Non a caso K.J. Kearl, Turpin v. Sortini: Recognizing the Unsupportable Cause of Action for Wrongful
Life, in CLR, 1983, p. 1278, nt. 5, afferma che “while harm and injury are distinct concepts, in the typical tort
case the distinction is insignificant”.
16 T.A. Burns, When Life is an Injury: An Economic Approach to Wrongful Life Lawsuits, DLJ, 52, 2003, p.
814, afferma difatti che nel primo caso americano di “wrongful” life (Gleitman v. Cosgrove [1967], New Jersey
Court of Appeal, A.2d 689) la Corte «dismissed the claim not because Jeffrey did not suffer any injury».
17 Di ben più semplice accertamento nel sistema inglese rispetto, ad esempio, a quello italiano,
giacché la proceduralizzazione introdotta con l’art. 6, lett. b), della l. 22 maggio 1978, n. 194 impone che per
verificare l’esistenza del nesso di causalità fra l’inadempimento del medico e l’evento di danno rappresentato
dalla nascita si sia appurato non solo che - come è sufficiente, invece, in Inghilterra (cfr. McKay and Another v.
Essex Area Health Authority [1982], QB 1179) - a seguito della notizia della malformazione la madre avrebbe
optato per interrompere la gravidanza anziché proseguirla, ma preliminarmente anche che in capo alla
gestante si sarebbe ingenerata un patologia la quale avrebbe potuto determinare un grave pericolo per la sua
salute. Si tratta di una premessa esplicitata unanimemente dalla giurisprudenza del nostro Paese, che, tuttavia,
si divide, poi, sulla modalità per accertare la sussistenza di tale nesso eziologico. Difatti, in alcune pronunce
(come Cass. 4 gennaio 2010, n. 13, in Dir. fam. e pers., 2011, pp. 1115 e ss., con mia nota, Diagnosi tardiva e
risarcimento del danno, e Cass. 10 novembre 2010, n. 22837, ivi, 2010, pp. 689 e ss.) lo si presume richiamando il
principio della regolarità causale e così attribuendo al medico l’onere di dimostrarne l’insussistenza; in altre
(Cass. 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., Cass. 22 marzo 2013, n. 7269, in Jus, pp. 611 e ss., con mia nota, Errore
diagnostico e “wrongful” birth: nuovi principi per la responsabilità medica?, e Cass. 30 maggio 2014, n. 12264, in
Danno e resp., pp. 1143 e ss., con nota di C. Treccani, Omessa diagnosi di malformazione del feto e ripartizione degli
oneri probatori) viene, invece, attribuito alla madre l’onere di provarlo. Anche per questo profilo l’ordinanza 23
febbraio 2015, n. 3569, cit., ha rimesso la questione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del
ricorso alle Sezioni Unite.
18 Lo mettono bene in luce C. J.J.T.M. Stolker, Wrongful life: The Limits of Liability and beyond, in ICLQ,
43, 1994, pp. 529 e ss., Morris-Saintier, Wrongful Life And Misconceptions, cit., pp. 180 e ss., e V. Montani, Nascite
indesdierate tra danno e santità della vita. Alcune riflessioni comparate, in Biodiritto, 2012, pp. 143 e ss.
19 Per una rassegna cfr. Burns, When Life Is an Injury, cit., pp. 812 e ss.
20 Becker v. Schwartz [1978], New York Court of Appeal, N.E. 2d 812, “whether it is better never to
have been born at all than to have been born with even gross deficiencies is a mystery more properly to be
left to the philosophers and theologians. Surely the law can assert no competence to resolve the issue,
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queste due situazioni21. Nei pochi casi in cui si è riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno la prima obiezione è stata superata richiamando la normativa
che, a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo in alcuni stati degli U.S.A.,
valorizza il diritto all’autodeterminazione dei malati terminali22. Facendo leva sulla
circostanza che “public policy supports the right of each individual to make his or
her own determination as to the relative value of life and death“23, si è ammesso che
ai genitori di un bambino disabile non possa in assoluto essere impedito di valutare
se il best interest del figlio, anziché una vita gravissimamente menomata, fosse la
nonexistence24.
Tuttavia anche queste pronunce risentono dell’aporia relativa alla
quantificazione del pregiudizio. Sulla premessa che il danno rappresenta la
differenza tra “ciò che sarebbe dovuto essere” e “ciò che invece è stato”, da un lato,
preso atto dell’impossibilità di formulare un paragonare tra la non-nascita e la vita
con handicap, le Corti Supreme degli Stati della California, di Washington e del New
Jersey hanno rigettato l’istanza di risarcimento del danno non patrimoniale.
Dall’altro, sulla scia della c.d. benefit doctrine “which requires that the value of the
benefit conferred … [be] considered in mitigation of damages”, hanno però
riconosciuto i danni economici rappresentati dalle spese mediche e di cura per la
disabilità25.
Le medesime incertezze contraddistinguono il leading case inglese relativo al
danno da “wrongful” life. Si tratta di una sentenza della Court of Appeal del 1982 nella
quale viene rigettata la domanda risarcitoria avanzata dallo zio e dal rappresentate
particularly in view of the very nearly uniform high value which the law and mankind have placed on human
life, rather than its absence”.
21 Gleitman v. Cosgrove [1967], New Jersey Court of Appeal, A.2d 692, “the infant plaintiff would have
us measure the difference between his life with defects against the utter void of nonexistence, but it is
impossible to make such a determination”.
22 In questo senso, de iure condendo per l’ordinamento inglese, è anche il ragionamento di R. Scott,
Reconsidering “Wrongful Life” in England after Thirty Years: Legislative Mistakes and Unjustifiable Anomalies, in CLJ,
72(1), 2013, pp. 131 ss. e 136 ss.
23 Turpin v. Sortini [1982], California Supreme Court, cit., p. 962. In proposito, per M.B. Kelly, The
Rightful Position in “Wrongful Life”Actions, in HLJ, 1991, pp. 542-543, la scelta in questo caso sarebbe ancora
meno drammatica, perché “a rational person might prefer never to have been born, yet elect to continue
living rather than face dying“, ma come nota Burns, When Life Is an Injury, cit., p. 824, “in end-of-life cases,
courts are trying to protect a patient’s right to choose what kinds of medical treatment he will receive, by
using subjective and objective test through a proxy. In wrongful life cases, it is much harder to identify how
the infant would actually exercise its autonomy”.
24 Turpin v. Sortini [1982], California Supreme Court, cit., p. 962. Sembrano accogliere implicitamente
questa premessa anche Harbeson v. Parke-Davis, Inc. [1983), Washington Supreme Court, 656 P.2d 483, e
Procanik v. Cillo [1984], New Jersey Supreme Court, 656 P.2d 755.
25 Turpin v. Sortini [1982], California Supreme Court, cit., pp. 965-966; Harbeson v. Parke-Davis, Inc.
[1983), Washington Supreme Court, 956 P.2d 496, e Procanik v. Cillo [1984], New Jersey Supreme Court, 478
A.2d 757. A quest proposito B. Markesinis-H. Unberath, The German Law of Torts. A Comparative Treatise,
Oxford-Portland, 2002, p. 181, parlano di “a limited recognition of a wrongful life claim”.
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legale in nome e per conto di una bambina nata parzialmente sorda e cieca26.
Sebbene nella sentenza si facciano notare le difficoltà di teorizzare un diritto to be
born whole or not at all27, è il tradizionale pragmatismo d’Oltremanica ad orientare i
giudici. La decisione è, infatti, basata sulla considerazione che, mentre quando il
danno consiste in una vita menomata che poteva essere una vita in salute esiste la
possibilità di paragone, nei casi di “wrongful” life il secondo termine manca, poiché
nessuno sa cosa sia la non-vita28. L’impossibilità della comparazione è talmente
radicale che nemmeno rifacendosi ai general damages29, cioè ad una valutazione
approssimativa del danno, è stata ritenuta superabile30.
La Corte, messo in luce il paradosso per cui si rischierebbe di legittimare una
domanda risarcitoria anche nei confronti della madre che ,nonostante la corretta
diagnosi, avesse scelto di proseguire la gestazione31, non rinuncia però ad
approfondire il tema del duty of care del medico. Mentre, infatti, non esistono
perplessità circa la sua sussistenza con riferimento alla gestante, qualche incertezza
può, invece, sorgere quando si volge lo sguardo al nascituro: nei confronti di
quest’ultimo esso si configurerebbe infatti come un obbligo di procurare l’aborto là
dove il feto mostrasse delle patologie32. Al proposito Lord J. Stephenson richiama la
normativa in tema di interruzione della gravidanza valorizzando il fatto che la legge
richiede due perizie mediche attestanti il rischio di una grave disabilità cui sarebbe
affetto il neonato qualora nascesse33. L’accento della norma sulla serietà dell’handicap
e la circostanza che nel caso di specie la minore non rientrasse de plano nella
categoria offrono l’occasione per affermare che nella fattispecie concreta il diritto di
26
McKay and Another v. Essex Area Health Authority [1982], QB 1166.
Ivi, p. 1180.
28 Ivi, p. 1181, “even if a court were competent to decide between the conflicting views of
theologians and philosophers and to assume an 'after life' or non-existence as the basis for the comparison,
how can a judge put a value on the one or the other, compare either alternative with the injured child’s life in
this world and determine that the child has lost anything, without the means of knowing what, if anything, it
has gained?”.
29 Come invece auspica Scott, Reconsidering “Wrongful Life” cit., p. 143, la quale, nel momento in cui
afferma che “although no-one can experience non - existence (which is not state at all), we can nevertheless
make the normative claim that the extreme cases not to exist - in the sense of not to have to endure terrible
suffering - could be said to preferable”, finisce per superare il problema attraverso una presunzione.
30 McKay and Another v. Essex Area Health Authority, cit., p. 1189.
31 Ivi, p. 1181.
32 Ivi, p. 1176.
33 Per quel che qui interessa secondo l’Abortion Act 1967 Sec. 1(1): “Subject to the provisions of this
section, a person shall not be guilty of an offence under the law relating to abortion when a pregnancy is
terminated by a registered medical practitioner if two registered medical practitioners are of the opinion,
formed in good faith: […] (d) that there is a substantial risk that if the child were born it would suffer from
such physical or mental abnormalities as to be seriously handicapped”.
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non nascere non fosse configurabile, ma lasciano aperto il dubbio che in casi estremi
si possa dire lo stesso34.
Sennonché, per quanto riguarda l’ordinamento inglese, tale eventualità ha
visto diminuire le sue chance di accoglimento con l’entrata in vigore del Congenital
Disabilities Act del 1976, nella cui Section 1(1) si prevede che è dovuto il risarcimento
del danno nel caso in cui il bambino, se fosse stato rispettato il duty of care, sarebbe
nato sano35. Il fatto che non sia disciplinata l’ipotesi in cui la patologia non trova
ragione in un errore medico viene interpretato come un’indicazione del legislatore
contraria all’azione per “wrongful” life36. Da parte di alcuni è stato però messo in luce
che in questi casi l’evento di danno non sarebbe la disabilità in sè, ma l’essere venuto
al mondo a causa della sbagliata lettura del referto ecografico, quindi la fattispecie
sarebbe fuori dall’ambito di applicazione della normativa37.
Più di recente un altro intervento legislativo ha riacceso il dibattito. Con lo
Human Fertilization and Embryology Act è stata infatti aggiunta una nuova Section al
Congenital Disabilities Act, in base alla quale nei casi di Assisted Reproductive Treatment,
“where (a) a child carried by a woman as the result of the placing in her of an
embryo or of sperm and eggs or her artificial insemination is born disabled, (b) the
disability results from an act or omission in the course of the selection, or the
keeping or use outside the body, of the embryo carried by her or of the gametes
used to bring about the creation of the embryo, and (c) a person is under this
section answerable to the child in respect of the act or omission, the child’s
disabilities are to be regarded as damage resulting from the wrongful act of that
person and actionable accordingly at the suit of the child”38. Secondo un’autrice la
normativa, nella parte in cui si riferisce alla selezione dell’embrione, renderebbe
legittima una domanda di risarcimento del danno da “wrongful” life perché se il
34 McKay and Another v. Essex Area Health Authority, cit., p. 1180, “I would not answer until it is
necessary to do so the question whether the life of a child could be so certainly ‘awful’ and ‘intolerable’ that it
would be in its best interests to end it and it might be considered that it had a right to be put to death. But
that is not this case. We have no exact information about the extent of this child’s serious and highly
debilitating congenital injuries - the judge was told that she is partly blind and deaf - but it is not and could
not be suggested that the quality of her life is such that she is certainly better dead, or would herself wish that
she had not been born or should now die”.
35 “If a child is born disabled as the result of such an occurrence before its birth as is mentioned in
subsection (2) below, and a person (other than the child’s own mother) is under this section answerable to the
child in respect of the occurrence, the child’s disabilities are to be regarded as damage resulting from the
wrongful act of that person and actionable accordingly at the suit of the child”. La section 1(2) specifica poi
che “an occurrence to which this section applies is one which (a)affected either parent of the child in his or
her ability to have a normal, healthy child; or (b)affected the mother during her pregnancy, or affected her or
the child in the course of its birth, so that the child is born with disabilities which would not otherwise have
been present”.
36 Cfr. G. Robertson, Wrongful Life, in MLR, 1982, p. 698, e più in generale W.V.H. Rogers, Winfield
and Jolowicz On Tort17, London, 2006, p. 1041.
37 Weir, Wrongful Life, cit., p. 226.
38 Sec. 44(1) Human Fertilzation and Hembriology Act 1990.
7
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medico non avesse commesso l’errore, l’embrione non sarebbe stato trasferito
nell’utero e perciò non sarebbe nato39. Si tratterebbe quindi di un danno che trova la
sua origine non nella mancata possibilità di abortire, ma nella circostanza che se il
medico avesse saputo della patologia non avrebbe scelto quell’embrione oppure la
donna, una volta informata, avrebbe negato il suo consenso all’impianto. In questo
modo nelle ipotesi di procreazione medicalmente assistita non solo l’indirizzo
espresso in McKay v Essex Area Health Authority sarebbe superato, ma la
preoccupazione manifestata da Lord J. Stephenson in merito all’ipotesi che, in assenza
di errore medico, ad essere convenuta potrebbe essere addirittura la madre si
arricchirebbe di una nuova fattispecie. A quella in cui la gestante, avuto notizia della
malformazione durante la gravidanza, ha deciso di non interromperla, verrebbe,
infatti, ad affiancarsi quella in cui, pur sapendo della malformazione dell’embrione,
la donna abbia comunque dato il suo assenso all’impianto.
Dalla lettura dei lavori preparatori non sembra, però, che il legislatore volesse
creare una disciplina ad hoc per le fattispecie in cui la nascita è avvenuta grazie ad un
Assisted Reproductive Treatment, bensì “to give children born as a result of these
treatments the same rights against people who have caused him or her injury as a
result of some default or negligence as those that have been given to children born
naturally”40. Del resto la legge fa parola di disabilità che “results from an act or
omission in the course of the selection”, quindi sembra riferirsi non ad una
patologia di cui il medico doveva accorgersi in modo da non scegliere
quell’embrione, bensì ad una malattia che trova la sua causa in un errore nella fase
della selezione e in assenza del quale il bambino sarebbe nato sano41. Vale a dire la
stessa ipotesi che, mutatis mutandis, è prevista nella Section 1(1) del Congenital Disabilities
Act.
2. Il pendule fra Cour de cassation, Loi «anti-Perruche» e Conseil
constitutionnel
Anche nell’ordinamento francese ad innescare il dibattito è stata la richiesta
di risarcimento del danno da “wrongful” life rivolta al potere giudiziario da una coppia
di genitori in nome e per conto del figlio, nato con gravi handicap a causa della
rosolia contratta dalla madre durante la gestazione e, però, non rilevata dal
39
Scott, Reconsidering “Wrongful Life”, cit., pp. 118 e ss.
HC Deb. Vol. 174, col. 995. Costituirebbe perciò un esito paradossale quello auspicato dalla stessa
Scott, Reconsidering “Wrongful Life”, cit., 117, secondo cui “the common law should permit an action for
wrongful life for children born outside the Assisted Reproductive Treatment context, in line with the action
available to those borns as a result of ART”.
41 Non a caso Scott, Reconsidering “Wrongful Life”, cit., p. 117, ammette che l’ipotesi da lei teorizzata,
nonostante la legge sia stata introdotta nel 1990, non è mai stata percorsa.
40
8
Jus-online n. 3/2015
laboratorio presso cui la stessa si era rivolta con l’intento di interrompere la
gravidanza ove gli esami avessero mostrato l’assenza di anticorpi alla malattia.
Sin dal giudizio di prime cure la domanda viene inquadrata nel contesto della
responsabilità da inadempimento e, segnatamente, nello schema del contratto a
favore di terzo previsto all’art. 1121 del Code. Esistendo un rapporto obbligatorio fra
il medico e la gestante, la persona nata con malformazioni “se borne à faire valoir le
fait de son inexécution, comme tout tiers peut invoquer la situation de fait
constituée par le contrat, qu'il soit ou non exécuté“42. In questo modo, sulla scia di
una legislazione in materia di aborto simile a quella inglese43, ad essere in evidenza è
l’inadempimento del sanitario, con il risultato che il problema della esistenza o meno
del c.d. diritto di non nascere se non sano finisce in secondo piano.
Un autore ha però sottolineato che si tratterebbe di un sophisme44, peraltro dal
risultato incerto. L’action d’un tiers au contrat, infatti, generalmente viene qualificata
come azione di natura extracontrattuale45, tanto che la stessa Cassation nell’incipit
della sentenza che decide il caso, assieme all’art. 1165, richiama l’art. 138246.
Quantunque la norma delinei un fatto illecito che strutturalmente poggia sul
dommage, sulla faute e sul lien de causalité47, nell’applicazione pratica è riemersa la
necessità dell’esistenza di un danno contra ius48, onde ritorna in primo piano la
necessità di verificare l’esistenza di una situazione soggettiva lesa dall’errore del
medico49. Non per niente nell’arrêt50 questo profilo in una certa misura affiora
42
Cfr. Rapport de M. Pierre Sargos, Conseiller à la Cour de cassation, in JPC, 2000, p. 2300.
Secondo l’art. L.2213 del Code de la santé publique “l'interruption volontaire d'une grossesse peut, à
toute époque, être pratiquée si deux médecins membres d'une équipe pluridisciplinaire attestent, après que
cette équipe a rendu son avis consultatif, soit que la poursuite de la grossesse met en péril grave la santé de la
femme, soit qu'il existe une forte probabilité que l'enfant à naître soit atteint d'une affection d'une particulière
gravité reconnue comme incurable au moment du diagnostic”.
44 F. Chabas, Note, in JPC, 2000, p. 2310.
45 Tra gli altri, si veda M-L. Izorche, Les effets des conventions à l’égard des tiers: l’expérience française, in Gli
effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica, L. Vacca (a cura di), Torino, 2001, p. 82
ss. Con specifico riferimento al caso della sentenza Chabas, Note, cit., p. 2309, nt. 4, afferma che “les contrats
ne profitent pas aux tiers, mais leur violation peut être constitutive d'una faute extra-contratuelle, dont les
tiers peuvent faire état”.
46 Cour de Cassation, Assemblée plénière, 17 novembre 2000, in NGCC, 2001, p. 209.
47 A. Tunc, Torts - Introduction, in International Encyclopedia of Comparative Law, XI, Tübingen, 1983, p. 36
s., e C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, 2006, pp. 3 e ss. Che questo fosse l’intento del legislatore ben
si comprende dalla lettura dei lavori preparatori riportati da J.G. Locré, Legislazione civile-commerciale e criminale ossia commentario e compimento dei codici francesi, trad. it. a cura di G. Cioffi, Napoli, 1841, VI, pp. 373 e ss. e 387
ss.
48 Cfr. P.G. Monateri, La sineddoche. Formule e regole nel diritto delle obbligazioni e dei contratti, Milano,
1984, pp. 31 e ss., G. Ponzanelli, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, Bologna, 1992, p. 60, e
Castronovo, Sentieri di responsabilità civile europea, cit., p. 794.
49 Lo rilevano anche Chabas, Note, cit., p. 2309, nt. 4, e F.D. Busnelli, Postilla, in NGCC, 2001, p.
218.
50 Del resto, pur arrivando a conclusioni opposte, lo avevano già messo in risalto sia il Rapport de M.
Pierre Sargos, Conseiller à la Cour de cassation, cit., p. 2297 s., sia le Conclusions de M. Jerry Sainte-Rose, Avocat Général
à la Cour de cassation, in JPC, 2000, pp. 2307 e ss.
43
9
Jus-online n. 3/2015
quando la Corte si preoccupa di superare l’ostacolo che nei precedenti gradi di
giudizio aveva portato al rigetto della domanda, vale a dire il nesso di causalità.
Infatti, il Tribunale di Evry e la Corte d’appello di Parigi avevano rigettato la
domanda risarcitoria per la ragione che, data l’incurabilità delle patologie contratte
dal feto a causa della rosolia, non sussisteva il legame eziologico fra errata diagnosi e
la possibilità di una vita in salute, giacché neanche il corretto adempimento del
medico avrebbe portato a quest’esito. L’Assemblée plénière ritiene, invece, che il
requisito del lien de causalité sia soddisfatto, perché il sanitario non è chiamato a
risarcire gli handicap da cui è affetto l’attore, bensì a rispondere per aver impedito alla
madre di interrompere la gravidanza “afin d’éviter la naissance d’un enfant atteint
d’un handicap”51. Nel momento in cui la Corte afferma che è in ragione di ciò che la
persona nata con disabilità “peut demander la réparation du préjudice résultant de ce
handicap”52, implicitamente finisce per ammettere che a sostenere la domanda è
l’interesse a non nascere se affetto da una patologia53.
Al livello del diritto leso sembra del resto assestarsi l’intervento del legislatore
francese, il quale, nell’art. 1 della Loi n. 303 del 4 mars 2002 poi confluita nell’art.
L114-5 del Code de l’action sociale et des familles, esordisce affermando plasticamente
che: “Nul ne peut se prévaloir d’un préjudice du seul fait de sa naissance”, e di
seguito propone la stessa regola del Congenital Disabilities Act inglese, vale a dire che
può essere domandato il risarcimento “lorsque l’acte fautif a provoqué directement
le handicap ou l’a aggravé, ou n’a pas permis de prendre les mesures susceptibles de
l’atténuer”.
Come in Inghilterra, la scelta ha trovato delle conferme più recenti, ma in
questo caso non si è trattato di un intervento normativo, bensì di pronunce
giurisprudenziali. Dapprima, nel 2005, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sì
dichiarato in contrasto con l’art. 1 del I Protocollo della Cedu l’efficacia retroattiva
prevista nella legge, ma, relativamente al fatto che “in deciding that the costs of
caring for disabled children should be borne by reliance on national solidarity, the
French legislature took the view that it was better to deal with the matter through
the legislation laying down the conditions for obtaining compensation for disability
than to leave to the courts the task of ruling on actions under the ordinary law of
liability”54, si è rifatta alla teoria del c.d. margine di apprezzamento, affermando che:
“It is certainly not for the Court to take the place of the national authorities in
51
Cour de Cassation, Assemblée plénière, 17 novembre 2000, cit., p. 209.
Ibidem.
53 Della stessa opinione è B. Markesinis, Réflexions d’un comparatiste anglais sur et à partir del l’arrêt
Perruche, in RTD civ., 2001, p. 91 s. Al proposito L. Aynés, Prejudice de l’enfant né handicape : le plainte de Job devant
la Cour de cassation, in Dalloz, 2001, p. 494, afferma: “Ce débat sur la causalité masque à peine une question
préalable: quel préjudice veut-on réparer?”.
54 Cedu, 6 ottobre 2005 (Case of Draon v. France - App. n. 1513/03), www.hudoc.echr.coe.int.
52
10
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assessing the advisability of such a system or in determining what might be the best
policy in this difficult social sphere”. Nel 2010 è, invece, una sentenza del Conseil
constitutionnel a ritenere che la preclusione al risarcimento del danno da “wrongful” life,
anche in ragione del fatto che per la legge francese “la compensation des charges
particulières découlant, tout au long de la vie de l'enfant, de son handicap relève de
la solidarité nationale, […] ne revêt pas un caractère disproportionné au regard des
buts poursuivis; qu'elle n'est contraire ni au principe de responsabilité, ni au principe
d'égalité, ni à aucun autre droit ou liberté que la Constitution garantit”55. Apprezzata
nella logica della separazione dei poteri, la pronuncia, da un lato, ha ritenuto il
legislatore libero di scegliere la strada migliore per tutelare colui che nasce con gravi
disabilità, senza per la verità eliminare dal novero delle possibilità lo strumento
risarcitorio56, dall’altro ha però escluso che il diritto alla réparation d’un préjudice du fait
de sa naissance trovi riconoscimento nella Costituzione francese57.
3. Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte e diritti del feto
Quantunque la forma giuridica scelta per inquadrare la fattispecie del danno
da “wrongful” life non sia la stessa, anche nell’ordinamento tedesco la chiave di volta è
rappresentata dall’interesse che sostiene la domanda risarcitoria. Pure il
Bundesgerichtshof ha ritenuto che tra il sanitario e la gestante intercorra un rapporto
obbligatorio, ma per quanto riguarda il feto, a differenza della Cour de cassation, non
ha utilizzato lo schema del contratto a favore di terzo, bensì quello del contratto con
effetti protettivi nei confronti di terzi58.
La differente veste dogmatica può essere ricondotta all’evoluzione che il
rapporto obbligatorio ha vissuto sin dalla prima metà del Novecento in Germania:
esso non è stato più pensato come appiattito sulla sola prestazione e a corona di
quest’ultima sono stati individuati una serie di altri obblighi - c.d. di protezione - in
virtù dei quali le parti, nelle diverse fasi del rapporto, sono tenute a non danneggiare
il patrimonio e la persona dell’altro contraente59. Lo scopo delle Schutzpflichten è
quello di sottrarre alle regole del fatto illecito la tutela della sfera soggettiva delle
parti nel suo complesso per ascriverla all’ambito della tutela contrattuale. Benché
55
Conseil constitutionnel, 11 giugno 2010, in www.conseil-constitutionnel.fr.
Cfr. D. Vigneau, La constitutionnalité de la loi «anti-Perruche», in Recueil Dalloz, 2010, p. 1977.
57 Sottolineano questo punto anche V. Bernaud-L. Gay, Le Conseil constitutionell face au contentieux du
handicap non décelé au cours de la grossesse, in Recueil Dalloz, 2010, p. 1983.
58 BGH 18 gennaio 1983, in N.J.W., 1983, p. 1371. Per una traduzione in lingua inglese della
sentenza cfr. Markesinis-Unberath, The German Law of Torts, cit., pp. 156-157. Analizza le due figure in
prospettiva storico-comparatistica E. Moscati, I rimedi contrattuali a favore dei terzi, in Riv. dir. civ., 2003, pp. 362 e
ss.
59 L. Mengoni, Scritti II. Obbligazioni e negozio, a cura di C. Castronovo-A. Albanese-A. Nicolussi,
Milano, 2011, p. 283 s.; C. Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, in Jus, 1976, pp. 123 e ss., Id., voce
Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, pp. 1 e ss., e più di recente A. Nicolussi, Obblighi di
protezione, in Enc. dir. - Annali VIII, 2015, pp. 659 e ss.
56
11
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mediata dalla violazione di un obbligo, la loro funzione è però analoga a quella
svolta dalla responsabilità aquiliana, da qui il riferimento al profilo della lesione60.
Quest’accento sul diritto violato si presenta ancor più marcato in quella
figura che rappresenta uno sviluppo di tale categoria e trova nelle fattispecie di
“wrongful” life un terreno fertile sul quale germogliare: il Vertrag mit Schutzwirkung für
Dritte61 cui proprio la sentenza del BGH fa riferimento. Il legame fisico tra la
gestante e il nascituro attualizza infatti la possibilità che l’inadempimento del
ginecologo arrechi danno anche a questo soggetto e lo rende portatore di
un’esigenza di tutela più intensa di quella propria della generalità dei terzi, per i quali
basta la responsabilità extracontrattuale62. Dunque in capo al medico sussiste un
dovere di protezione non solo nei confronti della madre, ma anche del feto.
Resta, però, da individuare il contenuto della protezione, vale a dire quali
siano le situazioni soggettive tutelate. Tradizionalmente si è richiamato il diritto alla
salute, che rischia di essere pregiudicato dall’inesatto adempimento del medico63, ma
i casi di “wrongful” life hanno posto ai giudici tedeschi la questione se non si potesse
considerare anche l’interesse a non nascere se non sano. La risposta è stata nel senso
che la domanda di risarcimento è ammissibile solo per l’ipotesi in cui a risultare
pregiudicato è l’Integritätsinteresse64. La persona nata con malformazioni dunque non
può vantare un diritto di non nascere, poiché il fatto che alla gestante sia concesso la
possibilità di interrompere la gravidanza non sta a significare che esita un
corrispondente diritto di essere abortita65.
L’indirizzo, seguito nel 1999 anche dall’ordinamento austriaco66, pare aver
guadagnato nel tempo una certa stabilità, visto che esso non ha subito mutamenti
anche a seguito del riconoscimento da parte della giurisprudenza della risarcibilità
dei danni da “wrongful” birth in capo ai genitori di un bambino nato con
malformazioni genetiche il cui rischio, prima della gravidanza, era stato escluso da
alcuni esami rivelatisi poi non correttamente eseguiti. L’orientamento espresso
originariamente dalla Corte costituzionale tedesca in base al quale l’art. 1 della
60
Mengoni, Obbligazioni e negozio, cit., pp. 351-352.
Per un’indagine sulla figura si vedano Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 123
ss., e G. Varanese, Il contratto con effetti protettivi per i terzi, Napoli, 2004.
62 In via generale e non quindi con riferimento all’ipotesi “wrongful” life, ricostruisce in questi termini
l’esigenza di tutela che sta alla base dell’istituto Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., pp. 154 e
ss.
63 A partire da BGH 20 dicembre 1952, in N.J.W., 1953, p. 417 s., e in Markesinis-Unberath, The
German Law of Torts, cit., pp. 147 e ss. Sul punto cfr. anche M. Stauch, The Law of Medical Negligence in England
and in Germany, Oxford, 2008, pp. 17 e ss. Per l’Italia cfr. Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994,
I, 1, pp. 550 e ss., con nota di D. Carusi. Sugli ultimi sviluppi e le relative problematiche connesse alla tutela
del diritto alla salute del nascituro cfr. Castronovo, Eclissi del diritto civile, cit., pp. 33 e ss.
64 BGH 18 gennaio 1983, cit., p. 1374, e in Markesinis-Unberath, The German Law of Torts, cit., p. 162.
65 Ibidem.
66 OGH 25 maggio 1999, 1 Ob 91/99k=JBL 1999, p. 593.
61
12
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Grundgesetz non permette di qualificare l’esistenza come un danno67 è stato superato
valorizzando la circostanza che tra i genitori e il medico era stato stipulato un
contratto di consulenza genetica il cui inadempimento ha causato un pregiudizio
economico. Per il BGH risarcire i costi di mantenimento e dunque classificarli come
una “perdita” non significa violare la dignità del bambino68, e del resto a questo
livello della fattispecie non è in discussione la possibilità di interrompere la
gravidanza, che gli attori infatti non richiamano. Diverso è per la domanda avanzata
in nome e per conto della persona nata con disabilità, poiché qui torna in primo
piano l’alternativa fra nascere e non nascere, ma rispetto a questa è rimasto il
principio che “the child, itself, had non claims”69.
4. La responsabilità civile: giustizia commutativa o giustizia
distributiva?
Le istanze di risarcimento del danno per “wrongful” life in Inghilterra, Francia e
Germania si sono dunque infrante contro le maglie della forma giuridica che, nel
panorama delle varie possibilità, sembrava quella più adatta al loro accoglimento.
In alcuni ordinamenti si è cercato di superare l’impasse facendo leva
sull’introduzione della possibilità di richiedere il suicidio assistito in presenza di una
malattia incurabile che provochi sofferenze non riducibili attraverso cure palliative e
giudicate dal paziente insopportabili70. In tale contesto giuridico l’assioma - per dirla
con gli inglesi - della sanctity of life viene fortemente logorato e, di conseguenza,
qualificare la propria nascita come un danno, così preservando il legame eziologico
con l’errata diagnosi, risulta meno improponibile71. La costruzione mancava, però,
del pilastro relativo alla circostanza che a ritenere la vita indegna e chiedere quindi il
risarcimento spesso non è la persona che la vive, essendo minore d’età o incapace,
ma i genitori. Per questo profilo si è ritenuto idoneo evocare la disciplina
dell’interruzione della gravidanza72, che in alcuni ordinamenti, una volta verificato il
forte rischio che il bambino potrà essere affetto da una grave patologia, sembra
attribuire alla gestante una sorta di ius vitae ac necis73.
67
BVerfG 28 maggio 1993, in N.J.W., 1993, pp. 1751 e ss., e in Markesinis-Unberath, The German
Law of Torts, cit., p. 163.
68 BGH 16 novembre 1993, in N.J.W., 1994, p. 792, e in Markesinis-Unberath, The German Law of
Torts, cit., p. 170.
69 Markesinis-Unberath, The German Law of Torts, cit., p. 179.
70 Cfr. A. Nicolussi, Testamento biologico e problemi di fine vita: verso un bilanciamento di valori o un nuovo
dogma della volontà?, in Eur. dir. priv., 2013, pp. 482 e ss.
71 A. Ruda, ’I Didn’t Ask to be Born’: Wrongful Life from a Comparative Perspective, JETL, 2010, pp. 228 e
ss.
72 Scott, Reconsidering “Wrongful Life”, cit., pp. 126 e ss.
73 Basti pensare alla già citata disciplina dell’interruzione della gravidanza in Inghilterra, in base alla
quale, una volta accertato da due medici “that there is a substantial risk that if the child were born it would
13
Jus-online n. 3/2015
Rimane, tuttavia, il fatto che quella normativa riguarda un soggetto non
ancora nato, mentre la domanda di risarcimento è proposta in nome e per conto di
una persona, quindi le situazioni non sembrano combaciare perfettamente.
Sennonché quest’obiezione esce indebolita nel momento in cui viene calata, ad
esempio, nel sistema giuridico belga, in cui nel 2014 si è introdotto il suicido assistito
se il “patient mineur doté de la capacité de discernement se trouve dans une
situation médicale sans issue de souffrance physique constante et insupportable qui
ne peut être apaisée et qui entraîne le décès à brève échéance, et qui résulte d’une
affection accidentelle ou pathologique grave et incurable”74. Nonostante la richiesta
debba provenire dal minorenne dotato della capacità di discernimento, è comunque
prevista l’autorizzazione dei genitori, ai quali viene perciò in qualche modo
riconosciuto un margine di valutazione sulla dignità della vita del proprio figlio. In
una certa misura lo stesso discorso potrebbe farsi per l’ordinamento olandese, nel
quale in presenza delle condizioni previste dal c.d. Protocollo di Gröningen la
giurisprudenza ha ritenuto ammissibile l’eutanasia per i neonati affetti da gravi
patologie75. Ciò che, però, in questo caso non viene preso in considerazione è il
punto di vista del minore, onde rimane il problema della traslazione di regole
tradizionalmente pensate per la fase della gravidanza e nei confronti di un soggetto
concepito ad un momento in cui il parto è avvenuto e la decisione dei genitori
riguarda una persona.
Ad ogni modo il Tribunal de première instance di Bruxelles76 e la Hoge Raad
olandese77 hanno accolto le domande di risarcimento del danno da “wrongful” life
avanzate in nome e per conto di bambini nati con gravi disabilità. Una volta
superato il nodo dell’interesse a sostegno della domanda, restava quello della
quantificazione del pregiudizio, che è stato sciolto abbandonando la regola del
paragone fra “ciò che sarebbe dovuto essere ed invece è stato” a favore dell’idea
secondo cui il danno consisterebbe in “ciò che non avrebbe dovuto essere, ma è
stato”. Vale a dire un risarcimento che non ha più lo scopo di compensare la
differenza rispetto ad una situazione migliore che l’illecito o l’inadempimento hanno
impedito, ma tende più semplicemente a mitigare gli effetti negativi che la corretta
suffer from such physical or mental abnormalities as to be seriously handicapped” (Abortion Act, Section 1(1)),
la scelta è interamente rimessa alla valutazione della madre, formalmente riconoscendole cioè un vero e
proprio diritto soggettivo di far nascere oppure no.
74 Art. 3 - Loi relative à l’euthanasie - 28 mai 2002.
75 Si veda F. Mannella, Eutanasia e minori. Alcune osservazioni in occasione della recente legge belga, in AIC,
2014, pp. 2 e ss.
76 Tribunal de première instance de Bruxelles 21 avril 2004, in J.T., 2004, pp. 716 e ss.
77 Hoge Raad 18 March 2005, C03/206HR.
14
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diagnosi avrebbe evitato, rectius le sofferenze che la persona con disabilità si trova a
sopportare78 o avrebbe almeno avuto la chance di non sopportare79.
Tale costruzione si presta a una duplice considerazione. Anzitutto sembra
cadere in contraddizione nella parte in cui richiama la disciplina dell’aborto per
dimostrare che la scelta della madre è totalmente libera in quanto il feto non gode
della soggettività giuridica, ma al contempo definisce quest’ultimo come titolare di
un diritto, sebbene a non nascere qualora affetto da malformazioni80. Dall’altra parte
finisce per estirpare la responsabilità civile dal terreno che le è proprio, cioè quello
della tutela in via risarcitoria di una situazione soggettiva già riconosciuta
dall’ordinamento81. Tra la possibilità di accedere al suicidio assistito da parte del
minorenne con l’autorizzazione dei genitori o richiedere l’eutanasia neonatale e la
situazione soggettiva su cui poggia la domanda di risarcimento del danno da
“wrongful” life vi è una certa assonanza, ma non sembra esservi perfetta coincidenza.
Là dinnanzi ad una vita in essere percepita come non più sopportabile la legge
riconosce, a certe condizioni, una sorta di diritto di morire, qui ciò di cui ci si duole
senza che vi sia un fondamento normativo è invece l’essere venuto ad esistenza, vale
a dire il diritto di non nascere.
Questo modello risulta poi difficilmente esportabile in quegli ordinamenti nei
quali non vi è uno sbilanciamento così netto in favore della volontà dei genitori ed
esiste, invece, un sistema normativo che fa dell’essere umano, qualunque siano le sue
condizioni psico-fisiche, il punto focale dell’intero ordinamento.
78 Cfr. E. Hondious, The Development of Medical Liability, Cambridge, 2014, p. 155, il quale sintetizza il
ragionamento della Roge Haad affermando che la sentenza, sulla ragione che “non-existence for reason of
abortion cannot be put forward in money”, “rejects the argument, arguing that the Dutch Civil’s Code article
6:97 obliges the court to assess damages in a way which fits the character of the situation”. Della stesso
opinione sono I. Giesen, Of Wrongful birth, wrongful life, comparative law and the politics of tort law system, THRHR,
2009, p. 266, e Ruda, ’I Didn’t Ask to be Born’, cit., p. 215.
79 Il danno risarcibile per Tribunal de premiére instance, cit., deve corrisponde invero al fatto che
“(l’enfant) a […] perdu une chance de ne pas vivre gravement et incurablement handicapé”. Analizzano
questo punto Y.H. Leleu, Droit medical, Larcier, 2005, pp. 139 e ss., e P. Wéry-I. Durant, Droit des
obligations: développements récents et pistes nouvelles, Anthemis, 2007, pp. 79 e ss.
80 Con riferimento alla tutela della salute del feto, nota questa contraddizione anche Castronovo,
Eclissi del diritto civile, cit., p. 33, il quale, riferendosi a Cass. 11 maggio 2009, n. 10741, cit., afferma che
“riguardo al nascituro, la Cassazione ha affermato la soggettività e la conseguente titolarità di diritti inerenti
alla persona, nonostante la sorte del nascituro risulti recessiva in altra sede, quella della decisione abortiva
della madre che può essere assunta in base alla legge 22 maggio 1978, n. 194”. Lo spazio per una mediazione
delle due dimensioni non sembra esserci qualora ci si riferisca all’applicazione pratica della normativa, ma
riesce ad emergere a prendere sul serio l’art. 1 della legge 194/78, secondo cui lo Stato “tutela la vita umana
dal suo inizio”. Del resto in questa prospettiva lo stesso autore arriva ad affermare che “di soggetto, infine, si
deve parlare, e non di oggetto, a riguardo del nascituro per la precisa ragione che esso, nonostante non sia
ancora dotato di capacità, e perciò non possa essere titolare di diritti, è però causa finale, anzitutto in quanto
beneficiario di dovere” (ivi, p. 91).
81 Sul punto si vedano C. Castronovo, Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d.
perdita di chance, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Eur. e dir. priv., 2008, pp. 316 e ss., Id., La nuova
responsabilità civile, Milano, 2006, pp. 100 e ss., e C. Salvi, La responsabilità civile, Milano, 2005, pp. 16 e ss.
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Ne ha dato prova il Tribunal Supremo spagnolo, che nel 2008, in un caso
relativo alla nascita di una bambina affetta dalla sindrome di Down, ha negato il
risarcimento per la ragione che “el art. 15 de la Constitución implica que toda vida
humana es digna de ser vivida”82. Con l’intento di evitare incoerenze sistematiche
alcune pronunce hanno, però, messo in risalto che il profilo da considerare non
sarebbe quello dell’alternativa alla nascita con malformazioni, vale a dire la non
esistenza, quanto il fatto che a seguito dell’errore del medico83 c’è una persona
chiamata a vivere con gravi disabilità nei confronti della quale l’ordinamento è
tenuto a fornire gli strumenti idonei per limitare nella misura possibile dolore,
sofferenza e disagio84. Secondo questa logica il Tribunal Supremo ha perciò attribuito
al danneggiante l’obbligo di versare una pensione vitalizia mensile all’attore85.
La circostanza che lungo la linea di queste due direttrici si sia mossa anche la
giurisprudenza italiana86 costituisce la ragione per cui la questione della risarcibilità
del danno da “wrongful” life, come già accennato, sia stata rimessa alla valutazione
delle Sezioni unite87. In prospettiva sistematica l’alternativa è fra una responsabilità
civile che, per usare le categorie aristoteliche, rimane nel solco della iustitia
commutativa oppure si torce per adeguarsi alle esigenze di quella distributiva88. In
questo caso non si tratterebbe, però, di dare rilievo al principio solidaristico accolto
dalla nostra Costituzione sul terreno dell’illecito fino al punto da modellarne le
regole per arrivare ad attribuire il costo del danno al soggetto che è in grado di
sopportarlo nel modo più economico possibile, come ad esempio è avvenuto nel
82 Tribunal Supremo, 4 novembre 2008, Recurso n. 4936/2004, pp. 2-3, in www.poderjudicial.es. Nello
stesso senso, ex multis, cfr. Tribunal Supremo, 4 novembre 2010, Recurso n. 444/2007, ivi. Per una rassegna delle
decisioni in tema di “wrongful” life nell’ordinamento spagnolo si veda E. Mazzilli, Un’indiretta ammissione del
“diritto a non nascere” nel sistema giurisprudenziale spagnolo: il problema del danno al figlio indesiderato, in Riv. it. med. legale,
2012, pp. 1029 e ss.
83 Accentuano questo profilo Morris-Saintier, Wrongful Life And Misconceptions, cit., p. 178 ss.; Ruda,
Wrongful Life from Comparative Perspective, cit., pp. 212 e ss., e Giesen, Of Wrongful birth, wrongful life, comparative law
and the politics of tort law system, cit., pp. 265 e ss.
84 Vedono con favore questa soluzione Scott, Reconsidering “Wrongful life”, cit., p. 132, per la quale il
medico dovrebbe essere chiamato a rispondere non della “wrongful” life, ma della wrongful suffering, e MorrisSaintier, Wrongful Life And Misconceptions, cit., p. 186, secondo cui in questi casi «the loss is defined as the cost
of making the child’s life as comfortable as possible».
85 Tribunal Supremo, 10 giugno 2010, Recurso n. 4403/2008, in www.poderjudicial.es.
86 Come già accennato ut supra (nt. 8), contro la risarcibilità del danno per nascita indesiderata, in
ragione del fatto che “non è configurabile nel nostro ordinamento un diritto ‘a non nascere se non sano’”, si è
espressa Cass. 11 maggio 2009, n. 10741, cit., mentre a favore, sulla ragione che ad essere risarcito dovrebbero
essere “lo stato funzionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata intense come
proiezione dinamica dell’esistenza”, si è pronunciata Cass. 2 ottobre 2012, n. 16754, 7.2, cit.
87 Ord. 23 febbraio 2015, n. 3569, cit.
88 Rileva questa criticità rispetto alla situazione spagnola anche J.R. De verda y Beamonte,
Responsabilidad civil médica en relaciòn con el nacimiento del ser humano, in AA.VV., Daños en el derecho de familia,
Navarra, 2006, p. 38. Il tema dei rapporti fra responsabilità aquiliana e categorie della giustizia, pur con
qualche adattamento alla logica dei torts, è molto dibattuto nel common law. Per un primo approccio si veda E.J.
Weirib, The Gains and Losses of Corrective Justice, in DUSL, 1994, pp. 277 e ss.
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superamento della colpa quale unico criterio di imputazione89. In questo caso,
infatti, sarebbe l’intera disciplina della responsabilità aquiliana, a partire dal nesso di
causalità, ad essere fagocitata dalla, pur condivisibile sul piano della solidarietà,
intenzione di alleviare dal punto di vista economico l’esistenza di una persona nata
con malformazioni. Il legislatore francese è intervenuto per bloccare questa deriva
prevedendo che “les charges particulières découlant, tout au long de la vie de
l'enfant, de ce handicap […] relèvent de la solidarité nationale”90, mentre la
giurisprudenza tedesca, pur consapevole del fatto che respingendo la domanda
risarcitoria all’attore sarebbe stato negato un futuro scevro da preoccupazioni di
natura patrimoniale, l’ha definita irragionevole e inaccettabile anche dal punto di
vista del principio di uguaglianza. Ne sarebbero, invero, discriminate le persone che,
essendo nate con disabilità non a seguito di una tardiva diagnosi, ma per scelta della
gestante o per la mancata sussistenza delle condizioni previste dalla legge per
l’interruzione della gravidanza, non avrebbero diritto al medesimo “sostegno
sociale” mascherato da risarcimento91. Seguirà la stesse orme “de’ Romani il gentil
seme”92?
KEY WORDS: Civil Liability; Tort Law; Non-pecuniary Damages; Wrongful Life; Medical
Negligence; Causation.
ABSTRACT: “Wrongful” life claims are suits brought on behalf of impaired child against the
doctor who negligently failed to diagnose or inform the parents about potential birth defects. The
Author addresses the issue through a comparative research crossing the U.S.A. and the most
important European legal systems. He puts his attention on difficulties faced by different Courts in
framing the action in civil liability, regarding injury, causation and damages.
89
Cfr. Castronovo, Problema e sistema nel danno da prodotti, pp. 620 e ss., Id., La nuova responsabilità civile,
cit., pp. 371 e ss.
90 Art. L.114-5 - Code de l’action sociale et des familles.
91 BGH 18 January 1983, cit., p. 1374, e in Markesinis-Unberath, The German Law of Torts, cit., p. 163.
92 Dante, Inferno, XXVI, v. 60.
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