i suoi primi quarant`anni

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i suoi primi quarant`anni
I SUOI PRIMI QUARANT'ANNI
Domenica 18 Ottobre 2009 09:13
Io non la sopporto la Barbie, anzi, a dire la verità la odio proprio.
Cos'è che odio di lei in particolare? Tutto.
Intanto, sono quarant' anni che sta là, tra i giocattoli, sui quaderni, sui vestitini, sulle
macchinine fotografiche, sui conti in banca (che non ho mai capito come funzionavano: forse gli
facevano mettere i soldi alle bambine e poi se li prendeva tutti lei).
Instancabilmente sorridente. Sempre. Una mummia felice.
Cosa fa? Tutto.
L'astronauta, l'infermiera, la cantante, la vigilessa del fuoco (che lavoro è?), la cavallerizza, la
hostess, la ballerina, la medichessa e la veterinaria (ci avrà gli stessi clienti?)
E fa tutto benissimo, impeccabile, perfetta, campionessa.
Ci ha il missilino, il cavallino (che è rosa, come di solito sono i cavalli, ed ha le lucine
intermittenti come gli scooter), il camperino (rosa anche lui), l'aereoplanino, la cucinina, la
camerina, il salottino: tutti pieni di cianfrusaglie mostruosamente e costosamente inutili (che se
ne fa uno di una abat-jour di pizzo rosa sul missilino?)
Ha tempo per tutto: esce con le amiche, canta, va sullo skate, balla al Metropolitan e porta a
spasso il cane (rosa).
E le bambine fanno a gara per avere l'ultimo modello: "Io ci ho quella che sputa". "Ce l'avevo
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anch'io, l'anno scorso, ma ora mi son fatta regalare quella nuova, quella che vomita".
Fa delle cose abominevoli. Però fa tutto con grazia, col solito sorriso, da quarant' anni (ma
ultimamente gli hanno rifatto il lifting, perché le rughe si cominciavano a vedere).
La casa della Barbie non si può descrivere: sembra la Casa Bianca.
Il problema è che non sai dove metterla. O via te o via la casa della Barbie: via te naturalmente.
E guai ad aprire gli armadi della Barbie; ha milioni di vestiti, per tutte le occasioni: quello
sfarzoso pieno di nastri e pizzi da principessa, quello che cambia colore, quello che ti decori da
te con i brillantini dorati appiccicosi (ed in genere ritrovi la bambina che ci gioca conciata come
la ragazza di Goldfinger), quello, anzi quelli, etnici - da esquimese, da hawaiana, da olandese,
da messicana (ma quando se li mette, quando riceve le delegazioni delle ambasciate?)-, quello
casual ma griffato, quello da notte, da pomeriggio, da regina della festa (ti pareva). E se non ce
li hai tutti sei finito.
La Barbie ci ha anche la macchina: un transatlantico americano tutto rosa di otto metri.
Scoperta, ovvio, tanto dove sta lei c'è sempre il sole. Stesse nel Quebec gli nevicherebbe
addosso. Ma invece no, lei sta là. Dove non si sa, ma un posto bello.
E le bambine sognano di prendere la patente a diciott' anni e di guidare (mica una Panda) un
transatlantico rosa di otto metri.
Poi c'è il modello "figlia dei fiori", che si tatua e ci ha il piercing al naso, e la versione chef con
grembiulino, frullino e miscela per le torte (perché lei sa cucinare, anche, ovviamente,
benissimo: guarda Ken com'è cresciuto. La sorellina per la verità è rimasta un po' nana, è da
quarant' anni che non cresce, ma forse perché si mangia tutto Ken, anche la parte sua). E via le
bambine a tatuarsi, a cucinare, a frullare (perché insieme alla Barbie ti vendono anche la
scatolina della miscela per torte, così la bambina ti può spiaccicare le frittelle crude sul
pavimento di casa).
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Ma dopo che lei si è tatuata, si è messa l'anello al naso ed ha finito di fare il dolce col frullino
cosa fa? Prende l'aereoplanino (sempre stucchevolmente rosa), tutto suo (ma cosa fa di lavoro
la Barbie?) e va a trovare la sorellina minore. Dove?
In un costoso collegio svizzero? No.
La sorellina minore, povera e nana, fa la baby sitter in una fattoria dell'Oklahoma (che non si sa
com'è, perché c'è stata poca gente a vederla). E ci deve andare la Barbie per forza a trovarla,
perché lei l'aereoplanino non ce l'ha.
Ultimamente gli è nata anche un'altra sorellina, piccina piccina, in fasce. Ma sarà una sorellina?
Se fosse davvero, figurati se avrebbero perso l'occasione di vendere anche la mamma della
Barbie. Invece no, la mamma non ce l'ha, ma ci ha una sorellina appena nata.
A me questa storia non mi è mai stata chiara.
Le parentele della Barbie sono tutte un po' confuse. Come Ken. Ma chi è, un fratello? E allora
com'è che la va a prendere in smoking tutto impomatato per portarla al ballo col suo bel vestito
(rosa) da regina della festa? Il mio di fratello non mi ci ha mai portato al ballo, né con lo smoking
né senza.
Allora potrebbe essere un fidanzato. Ma se fosse un fidanzato, com'è che vanno insieme al
campeggio e dormono nella stessa canadese da quarant' anni? Bell'esempio per le bambine.
Marito non può essere, perché lo sanno tutti che non stanno nella stessa casa (infatti sulla casa
c'è scritto "Casa di Barbie", mica "Casa di Barbie e di Ken"). Boh, sarà un vassallo, una specie
di autista maggiordomo. Ma a me questa parentela non mi convince lo stesso. Forse mica solo
a me: tant'è che da un po' è sparito...
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Comunque l' accessorio più patetico è la macchinina fotografica digitale della Barbie. La
bambina si fa la foto, poi il computer, con l'apposito programma, gli stacca la testa e la
appiccica sul transatlantico rosa dove c'è già seduta la Barbie. E' vero che la bambina viene
decapitata, ma vuoi mettere la soddisfazione di vedertela seduta nella macchina della Barbie,
accanto a lei in persona, anzi in bambola, come la sua migliore amica?
Io non la sopporto la Barbie; è odiosa.
Però l'altro giorno dal ripostiglio di casa mia (che non è rosa) spunta fuori un vecchio valigione
di cartone, di quelli che una volta servivano per metterci il corredo delle spose.
Giuro che se non l'avessi trovato in casa, avrei detto che non era mio.
L'apro curiosa, e mi compare davanti una folla di bambole addormentate. Da quasi quarant'
anni. Bambolotte cicciotte, paffute, con i calzini e i sandalini. Bambole bambine di una bambina
lontana. Le sfioro tutte, ma ne prendo una diversa: una bambolina signorina dal vestito intatto,
con la vita stretta e la gonna a palloncino, i capelli biondi cotonati ed il rossetto color perla.
- Mamma, era la tua Barbie?- chiede ansiosa e meravigliata la mia figlia più piccola, accorsa al
fruscìo dell'apertura del valigione.
Già, la mia Barbie.
Quella che mi faceva compagnia nelle lunghe giornate casalinghe di tanti anni fa. C'è anche
una scatolina bianca vicino a lei, dove una calligrafia infantile aveva scritto "top secret Barbie";
custodisce un sacchettino di stoffa, cucito un po' sghembo da puntini inesperti di bambina.
Dentro, intatte, le pentoline d'acciaio ed il tostapane a molla, identiche a quelle che allora erano
il simbolo degli aspiranti benestanti: lucidissime pentole inox, che avevano sostituito l'antiquato
alluminio.
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Ricordo il profumo del caffè del primo pomeriggio, il tepore della stufa a kerosene e dei raggi di
un sole di fine inverno che entravano taglienti dai vetri della finestra, il pulviscolo nei raggi: per
anni la mamma mi aveva fatto credere che fosse la polverina magica perduta dalle fate.
Un trespolo alla parete, e sopra accomodato e coperto, non so se per rispetto o per ripararlo
dalla polvere, l'oggetto dei desideri dei più: il televisore. Rigorosamente spento, aspettando
l'inizio delle trasmissioni e l'unica mezz'ora per i ragazzi. Poi la TV degli agricoltori ed il maestro
Manzi che, non è mai troppo tardi, insegnava all'Italia lavoratrice e illetterata a scrivere e a far di
conto. Ma anche tanti di noi, bambini di ieri, imparavano da quel maestro paziente e lontano,
che entrava in casa nostra e ci incantava con mille disegni, che faceva apparire uno dietro
l'altro, senza magìe elettroniche, ma con un po' di carta ed un carboncino nero.
La mamma ai fornelli, anche lei con le pentoline inox ed i capelli cotonati, anche lei con il vestito
a palloncino e le scarpe col tacco a spillo nell'armadio. Ma la Barbie era meglio: aveva il
tostapane.
E intanto si era fatta l'ora del ritorno del babbo dal lavoro, e l'orecchio attento aspettava il
motore della 500 nel cortile. Perché allora erano i bambini ad aspettare i genitori, mentre ora
sono i genitori che aspettano i figli di ritorno dalla lezione di nuoto, di ballo, di inglese, di
computer, di tutto.
A quell'ora cominciavo a rimettere a posto le pentoline ed i vestitini a palloncino della Barbie.
La Barbie era una bambola da invidiare, da prendere come modello, non da coccolare come le
altre.
La Barbie ragazza, la Barbie elegante. Io guardavo il mio grembiulino a dadini che odiavo a
morte, abbigliamento domestico di tutti i bambini dei primi anni '60: simbolo della vera
uguaglianza, il grembiulino a dadi toccava a tutti, maschi e femmine, esercito muto di ultimi
bambini per i quali un vestito bello era bello, e non portava nessuna firma, ed un vestito brutto
era brutto, e bisognava metterselo lo stesso.
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Io per esempio avevo il vestitino rosa con i ricami a nido d'ape che mi piaceva tanto, ma me lo
facevano mettere solo di domenica o quando si andava a trovare qualcuno.
Ma avevo anche un montgomery arancione di casentino: non era tanto il montgomery o il
casentino che mi sconvolgeva, quanto l'arancione. Tutte le volte che si apriva l'armadio mi
venivano i brividi, e quando me lo facevano mettere diventavo arancione anch'io dalla
vergogna.
La Barbie era alta e slanciata sulle sue scarpe col tacco a spillo; io no, perché avevo i
"polacchini".
Chissà perché le scarpe dei bambini a quel tempo sembravano tutte ortopediche: dai
"polacchini" ai "sandali con gli occhi".
Quando poi hanno cominciato a mettere in commercio qualcosa di più decente, le mamme
hanno cominciato a comprare ai bambini le scarpe ortopediche vere, perché andava di moda
prevenire i piedi piatti.
La Barbie aveva anche la vestaglia di pizzo, io il pigiama di peloncino. Lei le pantofoline con il
pon pon e il tacco dieci, io le babbucce pelose a tronchetto modello ricovero.
Io guardavo il mio grembiulino a dadi, e pensavo: "Barbie, un giorno sarò come te."
E invece non sono diventata come la Barbie. Quando sono diventata grande io, i capelli
cotonati e le gonne a palloncino non andavano più da parecchio tempo.
Però ho avuto il tostapane.
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Mia figlia insiste: "Mamma, era la tua Barbie?"
"Sì tesoro, è la mia Barbie"
"Allora aspettami, dai, che vado a prendere le mie, così si gioca!"
"Ma Carolina, siamo sedute per terra....."
"E allora? Se la Barbie è stata tanti anni chiusa lì dentro al buio e non gli è successo niente,
figurati se gli fa male stare per terra."
Giusto. Tutto può essere, se una bambina gioca ancora con una bambola di quarant'anni.
di Gabriella Starnotti
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