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scheda dell`opera
SCHEDA DELL’OPERA
Di Michela Ulivi
Johannes Vermeer (Delft 1632-1675)
La lettera d’amore
1669- 1670 c.
firmato sopra il cesto: IVMeer (IVM in monogramma)
olio su tela, 44x38,5 cm
Amsterdam, Rijksmuseum
Un prodigio di luce e prospettiva. Nella Lettera d’amore la luce rivela un sommesso mondo di
sentimenti. É un quadro complesso in cui Vermeer affida alla prospettiva, ma anche il compito di
intensificare il contrasto tra il senso di intima quiete che pervade la scena e l’impercettibile ansia
che si concentra nei gesti e negli sguardi.
L’osservatore si trova in un piccolo ambiente dal quale sorprende le due donne in un momento di
velata confidenza. La scena, nella piena luce di una finestra a sinistra, coperta alla nostra vista, è
incorniciata nel vano della porta di un vestibolo in penombra in cui si intravedono alcuni oggetti. A
destra su una sedia tappezzata sono poggiati disordinatamente dei fogli da musica spiegazzati e un
canovaccio, a sinistra una vecchia mappa è appesa su una parete macchiata. Una pesante tenda in
broccato scostata lascia vedere, oltre la porta aperta, una stanza luminosa. Alcuni dettagli
descrivono una raffinata dimora borghese: il caminetto ornato da elementi architettonici, il parato in
cuoio dorato alle spalle delle due donne e i quadri appesi al di sopra di esso. La quiete della vita
domestica e delle sue occupazioni è indicata dalla presenza del cesto della biancheria e del cuscino
da ricamo illuminati dalla luce della finestra, e dello spazzolone e delle pantofole in primo piano. La
signora in giallo, con elegante veste bordata d’ermellino, collana di perle e grandi orecchini, ha
appena interrotto di suonare per prendere una lettera che le porge la domestica. Lo snodo
psicologico della scena è nell’incrocio tra lo sguardo allarmato che la signora rivolge alla ragazza e
il sorriso rassicurante di quest’ultima. Un momento magico nel quale sembrano essere sovvertite le
regole e le gerarchie sociali.
Nella tradizione iconografica olandese il tema della donna intenta a leggere una lettera è molto
diffuso e Vermeer lo elabora in sei dipinti - Donna che legge una lettera davanti alla finestra,
Dresda, 1657 c., Staatliche Kunstsammlungen Gemäldegalerie; Donna in azzurro che legge una
lettera, 1663 c., Amsterdam, Rjiksmuseum; Fanciulla che scrive una lettera, 1665 c., Washington,
National Gallery of Art; Fantesca che porge una lettera alla signora, 1667 c., New York, Frick
Collection; La lettera d’amore, 1669-70 c., Amsterdam, Rjiksmuseum; Donna che scrive una
lettera in presenza della domestica, 1670 c., Dublino National Gallery of Ireland - con una grande
varietà di implicazioni (cfr. Blankert in Johannes Vermeer 1995, 38-40).
Nella Lettera d’amore la combinazione di due motivi, l’arrivo della lettera e la marina raffigurata in
uno dei due quadri sullo sfondo, rimanda alla cultura del tempo, alla tradizione letterario-figurativa
degli emblemi e delle allusioni a significati morali e simbolici sottesi alle scene di vita quotidiana.
Nell’Olanda seicentesca le raccolte di illustrazioni con motti e commenti esplicativi, erano molto
popolari e la comprensione delle metafore molto accessibile. Il riferimento ai libri di emblemi nei
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quadri di genere era frequente, e anche in alcune opere di Vermeer sono stati individuati precisi
riscontri letterari. In questo caso la fonte iconologica è la raccolta di emblemi di Jan Harmenz Krul
stampata ad Amsterdam nel 1634, nella metafora che paragona l’amore al mare e l’amante alla nave
e nei versi “Anche se sei lontano, non lo sei mai dal mio cuore”. Ricondotta al colloquio tra le due
figure, all’ansia della donna all’arrivo della lettera, la raffigurazione di una vela in un mare
tranquillo assume in effetti il significato di un buon presagio. A questo riguardo Wheelock jr (1995,
182) propone una lettura più approfondita della Lettera d’amore, composizione così insolitamente
ricca di elementi. Perché questo accumulo di oggetti? Perché un contrasto (luministico e tematico)
così evidente tra i due ambienti? La giustapposizione tra i due vani, tra il primo e il secondo piano,
tra il luogo di un’esistenza apparentemente serena, ordinata e luminosa e l’oscurità di uno spazio
angusto e disordinato, sembra introdurre un indizio di inquietudine e caducità, di attesa ansiosa
dietro la quiete apparente. Il pittore può aver voluto evocare il tema del contrasto tra l’esteriorità
dell’apparenza e l’interiorità dei sentimenti.
I soggetti di interni e di vita domestica appartenevano alla pittura olandese del tempo. Lo stile
“borghese” è intimamente realistico, è un’arte casalinga, ispirata alla vita quotidiana, lontana
dall’ufficialità barocca, ecclesiastica e di corte, e ha le sue radici nel protestantesimo e nel florido
sviluppo dell’economia borghese. L’attività mercantile e l’espansione dell’impero coloniale
olandesi durante il “secolo d’oro” è evocata dalle carte geografiche presenti in tante case borghesi e
raffigurate anche in diversi dipinti di Vermeer (tra cui La lettera d’amore). Commercianti e
artigiani, che avevano fatto dell’Olanda una potenza mondiale, erano i committenti degli artisti. Ma
proprio anche all’indipendenza di Vermeer nei rapporti con i committenti si deve probabilmente il
carattere totalmente diverso della sua arte nella quale il riferimento alla vita quotidiana acquista una
dimensione astratta. Anche se raffigura soggetti “di genere”, la sua pittura si sottrae alla descrizione
dell’aneddoto e del particolare pittoresco e fa il punto magistralmente su una condizione psicologica
di valore universale.
Minimi elementi narrativi connotano infatti le sue scene di interni dove non compaiono mai figure
estranee all’azione rappresentata, ma una descrizione limpida e apparentemente indifferente fa
partecipare personaggi e oggetti della stessa “vita silenziosa”. Un uso rigoroso della prospettiva e
una equilibrata distribuzione dei singoli elementi producono risultati di perfetta unità. Nello scarno
repertorio pittorico di Vermeer ricorrono alcuni motivi fondamentali: l’ambientazione delle scene in
un angolo di stanza per sottolinearne il senso di intimità, la luce proveniente da sinistra (una
finestra, a volte rappresentata, a volte nascosta), un elemento in primo piano (una sedia, un tavolo
coperto da un tappeto, una tenda raccolta di lato) che separa l’osservatore dai personaggi. Sono
ridotti al minimo anche l’arredo e gli elementi decorativi, carte geografiche, piccoli dipinti sullo
sfondo e oggetti e stoviglie che costituiscono piccole preziose nature morte. Alcuni elementi che
ricorrono frequentemente facevano probabilmente parte della sua realtà quotidiana. In un
documento del 29 febbraio 1676 (l’inventario degli effetti personali e beni mobili appartenenti alla
moglie e alla suocera fatto poco dopo la morte del pittore olandese) è descritta anche la giacca di
seta gialla con bordi di pelliccia che compare, oltre che nella Lettera d’amore, in altri suoi dipinti,
La collana di perle (Berlino, Gemäldegalerie), La suonatrice di liuto (New York, Metropolitan
Museum), La fanciulla che scrive una lettera (Washington, National Gallery of Art), Fantesca che
porge una lettera alla signora (New York, Frick Collection).
Nell’incessante ricorrere a pochi oggetti, gli stessi della sua quotidianità, Vermeer opera una scelta
filosofica: la loro costante ripetizione è funzionale alle necessità della pittura, all’urgenza di
esplorarne e approfondirne le potenzialità. Gli oggetti non sono mai collocati a caso. Con
eccezionale sensibilità per la struttura dello spazio, che la sua maestria nella prospettiva non basta a
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spiegare, l’artista olandese fa interagire in perfetto equilibrio gli oggetti con le figure. La
costruzione prospettica fonde ogni elemento in una straordinaria unità di struttura e contenuto
emotivo. Dalla fine degli anni ’60 compaiono composizioni più complesse dal punto di vista delle
partiture prospettiche, dei rapporti luministici e cromatici e anche dei soggetti, più compositi a volte
connessi a temi allegorici. Tra queste opere – L’Atelier del pittore, 1666 c.(Vienna,
Kunsthistorisches), Il geografo, 1668 c.( Francoforte, Städelssches Kunstinstitut), L’astronomo,
1668 (Parigi, Musée du Louvre), L’Allegoria delle Fede, 1671-1674 c. (New York, Metropolitan
Museum) – si colloca La lettera d’amore che presenta un impianto trai più complessi e meditati del
repertorio di Vermeer.
L’immagine è costruita mediante un insolito espediente, una scansione di scatole prospettiche: la
scena, unico caso in un dipinto dell’artista, si apre al di là di una porta aperta (solo nella Fanciulla
assopita del Metropolitan Museum si vede un uscio aperto su un'altra stanza). In questa modalità
compositiva molti hanno visto l’influenza del pittore Pieter de Hooch, a Delft dal 1654 e in contatto
con Vermeer anche dopo essersi trasferito ad Amsterdam alla fine degli anni ’50. De Hooch
dipingeva scene di interni e cortili di case borghesi con un’acuta sensibilità per gli effetti di luce e
colore e notevole capacità di costruzione prospettica. Le influenze tra i due artisti furono
probabilmente reciproche e in molti dipinti di Vermeer si possono individuare puntuali
corrispondenze con la pittura di de Hooch. Il motivo della sequenza di stanze è impiegato da
quest’ultimo dalla fine degli anni ’60; in particolare nella Coppia con pappagallino (Colonia,
Wallraf-Richartz Museum) dipinto da De Hooch nel 1668, le analogie compositive con la Lettera
d’amore sono stringenti e utili anche riguardo alla datazione del dipinto di Vermeer (cfr. Wheelock
in Johannes Vermeer 1995, 180-181).
Per facilitare la rappresentazione della profondità e dei rapporti spaziali, gli artisti si avvalevano
dell’ausilio di strumenti tecnici, lenti e apparecchi ottici o camere oscure. Vermeer usò certamente
questi mezzi, tuttavia non riproduceva fedelmente i dati visivi così ottenuti, ma anzi li modificava
costantemente. L’osservazione attraverso gli strumenti ottici gli serviva semplicemente da
ispirazione, era un mezzo per studiare gli effetti di luce e colore in relazione alla prospettiva.
Pittore di fama ai suoi tempi, Vermeer fu rapidamente dimenticato e la sua riscoperta avvenne in
tempi incredibilmente recenti, di pari passo con la rivoluzione impressionista che elevò il rapporto
tra luce e colore a protagonista della pittura. In Vermeer la luce è nello stesso tempo mezzo
pittorico e soggetto primario dei quadri: la tendenza all’astrazione delle figure, la geometria di visi
così poco caratterizzati (così poco ritratti, come nel caso delle due donne raffigurate nella Lettera
d’amore), esalta lo scorrere della luce sugli oggetti, sulla pelle, la sua incidenza, i riflessi sulla
materia. Per rendere la visione naturale Vermeer usa attentamente pigmenti e tecniche: le ombre
non sono nere, ma colorate di un tono più basso delle zone in luce, non delinea i contorni con linee
precise, ma lascia vibrare i colori accostandoli direttamente. Ripete accordi cromatici molto usati
nella pittura fiamminga, come il giallo e l’azzurro nella Lettera d’amore, innalzandone
enormemente i valori tonali e luminosi, e sottolinea i punti di apice luminoso con densi tocchi di
colore puro, come i rialzi di giallo che brillano nel cesto dove cade la luce che entra dalla finestra.
Michela Ulivi
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Bibliografia essenziale
L. Gowing, Jan Vermeer, Milano 1966
G. Bianconi, L’opera completa di Vermeer, Milano, 1967
K. Wheelock , Jan Vermeer, New York 1981 e 1988
A. Ailland – A. Blankert – J.M. Montias, Vermeer, Parigi 1986 (ed it. Milano, 1989)
J.M. Montias, Vermeer. L’artista, la famiglia, la città, Torino 1989
S. Danesi Squarzina, Vermeer, Firenze 1990 (Art Dossier; 45, 1990)
Johannes Vermeer, catalogo della mostra (Washington-Den Hag, 1995-1996), a cura di F.J. Duparc
e A.K. Wheelock, Milano 1995
E. Larsen, Jan Vermeer. Catalogo completo, Firenze 1996
A.K. Wheelock, Jan Vermeer, Milano 1996
R. Priem in Dutch Masters from the Rjiksmuseum, catalogo della mostra (Melbourne – Kobe,
giugno 2005 – gennaio 2006), 2005
Vermeer and the Delft School, catalogo della mostra (New York – Londra 2001), a cura di W.
Liedtke, M.C. Plomp e A. Rüger, New York 2001
P. Steadman, Vermeer’s camera: uncovering the truth behind the masterpiece, Oxford 2002
A. Bailey, Il maestro di Delft, Milano 2003.
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