363 Vermeer, incanto e mistero_Layout 1
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n° 363 - febbraio 2014 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it Vermeer, incanto e mistero Esposta a Bologna in una mostra dedicata ai maestri olandesi del Seicento, la Ragazza con l’orecchino di perla attira i visitatori col suo fascino sfuggente La ragazza con l’orecchino di perla - L’Aia, Mauritshuis Nel Seicento, i pittori olandesi chiamavano “tronie” (faccia) quegli studi di espressione che non raffiguravano una persona ben precisa, ma piuttosto costituivano idealizzazioni dell’espressione di un sentimento. Numerosi esempi ne dipinse Rembrandt, ed è accertato che anche nel caso della celebre Ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer, non ci si trovi di fronte a un ritratto ma a uno di questi studi, nonostante critici d’arte e letterati si siano cimentati nel tentativo di dare un nome a questo volto femminile dal sottile incanto. Misterioso il dipinto e misterioso per molti tratti anche l’autore, del quale si conoscono oggi soltanto trentasei opere, davvero poche per un’attività durata oltre venti anni; le ragioni di questa così esigua produzione restano tuttora oscure, così come Fanciulla con il cappello rosso - Washington, National Gallery molti aspetti della sua vita, tanto che nell’Ottocento Vermeer venne addirittura definito la “sfinge di Delft”, la città in cui era nato nel 1632 e dove trascorse tutta la sua esistenza; all’epoca Delft era ricca di commerci e attività, dalla produzione delle tipiche ceramiche bianche decorate con disegni di colore blu, alla tessitura. Anche il padre di Vermeer era un tessitore, che allo stesso tempo si dedicava al commercio di opere d’arte. Il giovane Johannes iniziò la sua attività come pittore raffigurando soprattutto scene bibliche e mitologiche; tra queste, la tela con Diana e le sue ninfe, oggi al Mauritshuis dell’Aia, dove appare evidente l’influenza della pittura italiana, che all’epoca costituiva il punto di riferimento per questo genere di soggetti. Nell’arco di pochi anni, Vermeer abbandonò i temi sto- pag. 2 Diana e le sue ninfe - L’Aia, Mauritshuis rici e aulici per dedicarsi sempre più alle scene di genere, dipingendo piccoli quadri con immagini di vita quotidiana, quasi sempre ambientate in interni e popolate da una galleria di personaggi femminili intenti alle occupazioni domestiche. Soggetti all’apparenza banali, ma che l’artista riesce a collocare in un’atmosfera di incanto sospeso, trasportandoli fuori dal tempo e rivestendo di un alone magico gesti di consueta familiarità. All’interno della rigorosa struttura prospettica degli ambienti i personaggi spesso solo una figura di donna - appaiono circondati da oggetti e suppellettili che definiscono e sottolinenano l’ordine spaziale in cui sono collocati. Al di fuori di tutti i canoni si colloca sotto questo aspetto La lettera d’amore, in cui la scena è vista dalla stanza attigua attraverso una porta: una costruzione inusuale, in modo che lo spettatore ha quasi l’impressione di guardare con occhio indiscreto una scena alla quale non è ammesso. Un artificio simile a quello utilizzato ne Lo studio del pittore, dove la scena è vista dall’anticamera, sollevando la pesante cortina che appare drappeggiata sulla sinistra. Il forte senso di realismo che caratterizza lo stile della pittura intima e ricca di sfumature di Vermeer, non è peculiare soltanto delle scene di interni e dei soggetti legati a queste ambientazioni - il corteg- giamento, la musica e lo studio della scienza - ma impronta anche i pochi paesaggi che Vermeer ci ha lasciato, immersi nella luce limpida e inimitabile che rese celebre quella Veduta di Delft, oggi al Mauritshuis, che Marcel Proust considerava “il quadro più bello del mondo”: il cielo irregolarmente nuvoloso fa sì che solo alcuni edifici sullo sfondo siano illuminati dal sole - un campanile e il “piccolo brano di muro giallo” citato da Proust La signora e la cameriera - New York, Frick Collection Veduta di Delft - L’Aia, Mauritshuis pag. 3 nella Recherche - mentre sulla sabbia con i due personaggi in primo piano e sugli edifici che si riflettono nell’acqua si proiettano le ombre delle grandi nuvole, creando un effetto particolare che intensifica i toni dei colori ed esalta la profondità della visione. Nel corso degli anni Sessanta Vermeer dipinse anche alcune “tronie” quali la Ragazza con l’orecchino di perla e la Fanciulla con il cappello rosso, per molti versi simili: in entrambi i dipinti la resa della luce appare studiata con estrema attenzione, in particolare gli effetti luminosi sulle superfici dei diversi materiali sono resi con una gamma ricchissima di artifici tecnici. Eppure, nonostante le somiglianze tra i due dipinti, solo la Ragazza con l’orecchino di perla ha visto crescere la propria fama in modo straordinario, e soltanto nel corso dell’ultimo secolo: quando venne venduto all’asta nel 1881, il collezionista che si aggiudicò il dipinto dovette sborsare solo due fiorini, per un’opera che nessuno aveva riconosciuto come uno dei capolavori del maestro di Delft. Pur essendo apprezzato dai suoi contemporanei, e per due volte eletto decano della Gilda di San Luca - la corporazione dei pittori - quando Vermeer morì all’età di quarantatrè anni, lasciò la moglie e i numerosi figli in condizioni di povertà. La sua fama venne ben presto dimenticata, tanto che nel XVIII secolo molte sue opere furono attribuite ad altri artisti. La grande rassegna dedicata a Vermeer negli anni 1995-1996 al Mauritshuis e poi alla alla National Gallery of Art di Washington segna il momento della scoperta del maestro olandese da parte del grande pubblico. Protagonista del best seller di Tracy Chevalier, da cui venne tratto un film di successo, La ragazza con l’orecchino di perla è esposto dall’8 febbraio al 25 maggio a Bologna presso Palazzo Fava. Il dipinto costituisce il polo di attrazione della mostra dedicata a ca- La lettera d’amore - Amsterdam, Rijksmuseum polavori del Seicento olandese provenienti dal Mauritshuis dell’Aia. Scrivono i curatori della mostra - Quentin Buvelot e Ariane Suchtelen - a proposito di quest’opera: «Il volto idealizzato della fanciulla e il suo insolito abbigliamento conferiscono al dipinto un carattere di atemporalità, di mistero. Un’aura di pace e di armonia pervade l’immagine, che sembra cogliere un momento arrestato nel tempo. Il modo in cui la giovane donna, con la bocca appena socchiusa, porge il suo sguardo volgendo il capo suscita in noi quasi la sensazione di aver disturbato i suoi sogni. Il quadro invita alla congettura e questo aspetto ha sicuramente contribuito alla straordinaria popolarità del più famoso dipinto di Vermeer». Unica tappa europea, dopo il Giappone e gli Stati Uniti, la mostra bolognese presenta anche un altro dipinto di Vermeer, Diana e le sue ninfe, oltre a quattro tele di Rembrandt e ad una selezione di opere di Frans Hals, Ter Borch, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael, i massimi protagonisti del secolo d’oro dell’arte olandese. federico poletti Lo studio del pittore - Vienna, Vienna Kunsthistorisches Museum
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