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anno 19 | numero 25 | 26 GIUGNO 2013 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR
settimanale diretto da luigi amicone
CASO DEL TURCO
E questa sarebbe
la prova regina?
Dopo cinque anni di inchieste non è stato trovato un euro delle presunte tangenti
della “sanitopoli” abruzzese. Ma secondo i pm questa foto sfuocata è il riscontro
che dovrebbe mandare in galera per dodici anni l’ex governatore della Regione
EDITORIALI
SOLO IL PARTITO-STATO REPUBBLICONE STA IN PIEDI?
L’importanza di trovare e riconoscere
chi, in mezzo al deserto, non è deserto
L’
organo del partito-Stato che si è preso le piazze subentrando con le sue “idee” alle
“feste dell’amicizia” e che della nuova Dc, il Pd, detiene le azioni di maggioranza,
non nasconde le sue inquietudini interiori. C’è chi dice, come il Fondatore, che al
governo di “necessità” non c’è alternativa. E chi, invece, come il vicedirettore Giannini,
che la «formula delle larghe intese non tiene». In entrambi i casi non v’è dubbio sul ruolo centrale di Bankitalia (Saccomanni) e ci sono solo sfumature su Iva e Imu, che per le
guardie di ferro del centralismo romano restano balzelli necessari. Rispetto a Berlusconi,
l’essenziale dell’antipatia militante rimane in piedi: i 540 milioni che Carlo De Benedetti
si è visto accreditare da un giudice monocratico, e sui quali pende ancora la spada di Damocle della Cassazione, non consentono di abbassare la guardia. Insomma, a sinistra c’è
un clero che difende bene i propri interessi, serve il pubblico con i soliti oppiacei pro matrimonio gay e anticorruzione e, dopo un periodo di osservazione del Papa che chiama
familiarmente “Pa’ Francesco”, cerca di elaborare una dottrina di dolce annichilimento
della Chiesa cattolica a chiesa locale, votata all’esclusiva cura della propria riforma interna. Cosa accade fuori da questa scena che ha per centro la Città Eterna? Quasi niente,
se non la durata di fenomeni di anticonformismo come Ferrara, nocchieri feriti e coraggiosi come Maroni, guizzi generosi di chi si
disfa di partitini personali inutili. Ciò detto, A SINISTRA C’È un CLERO CHE
nel deserto di un potere che si nutre della sfiDIFENDE BENE I SUOI INTERESSI
ducia, crediamo possa valere per tutti l’invito
del cardinale Angelo Scola a «cercare e saper E IL SUO POTERE FONDATO SULLA
riconoscere chi e cosa, in mezzo al deserto, SFIDUCIA. ALl’inFUORI DI QUESTO
non è deserto, e farlo durare e dargli spazio».
SI VEDE ACCADERE QUALCOSA?
TANTA RETORICA, NESSUN IMPEGNO CIVILE
Chi oserà mai una campagna mediatica
su scuola libera ed emergenza carceri?
M
entre infuria con ostinazione e petulanza la campagna ideologica sulle unioni civili, scuola non statale e carceri statali restano corpi estranei a ogni campagna
mediatica e decreto del fare. Eppure, l’Ocse conferma che le scuole paritarie sono un ottimo risparmio per lo Stato italiano. Che spende 6.882,78 euro per ogni suo alunno contro i 500 che spende per ogni studente di paritaria. Se lo Stato prendese in carico il
milione e 41 mila iscritti nelle paritarie, dovrebbe sborsare altri 6 miliardi e 644 milioni
per garantire l’istruzione. Non solo, genitori che pagano doppie tasse, sia alla scuola statale, sia alla paritaria, non trovano nessun costituzionalista che spieghi dove stia l’uguaglianza dei cittadini davanti allo Stato. Al sommo dell’ipocrisia, nessuno, tranne gli autori, ricorda che la legge dichiara “scuola pubblica” non le scuole statali, ma “il sistema
di scuole statali e scuole paritarie”. Cosa ha da dire in proposito il governo Letta ancora
non si sa. Si sa soltanto di un sottosegretario, il bravo Gabriele Toccafondi, che sta facendo i salti mortali per arginare una serie di provvedimenti che, dall’aumento Iva dal 4 al
10 per cento al taglio delle già miserabili provvidenze, metterebbero a rischio di chiusura gran parte delle paritarie italiane. Analogo approccio sulle carceri. Il sistema è considerato fuori legge dall’Europa, e nemmeno la buona volontà del ministro Cancellieri ha
trovato risposte anche solo palliative all’illegalità vigente. Ecco cosa manca alla retorica
non un solo GIURISTA che
DICA dove stia, IN MATERIA che riempie bocche e giornali di attenzione
agli ultimi e piagnisteo sui giovani: manca il
DI EDUCAZIONE, LA VERA
coraggio di un impegno civile che non
uguaglianza dei cittadini sia solo nel solco del proprio, piccolo
davanti allo Stato
o grande che sia, sporco potere.
FOGLIETTO
Troppa grazia.
Giusto svuotare
le prigioni. Ma non
riempiendo le strade
di ladri e rapinatori
L
a crisi porta con sé l’aumento
di alcuni reati, quelli che fanno
ottenere un po’ di liquidità in
poco tempo: furti in abitazione (+15
per cento dal 2011 al 2012), scippi
(+13), borseggi (+10), rapine (+5). I
responsabili dell’Interno stanno già
procedendo alla rimodulazione del sistema sicurezza, che da sempre adegua
uomini e mezzi ai tipi e alle modalità di
aggressione alle persone e ai loro beni.
Importa che questi sforzi non siano
vanificati da riforme che si vorrebbero varare sul fronte della giustizia. I
reati prima elencati lievitano non solo
per via della crisi, ma anche perché la
risposta repressiva è blanda: è raro che
un furto sia punito con più d’un anno di
reclusione e che per una rapina si sia
condannati a più di tre anni. Eppure è
sbagliato per questi illeciti parlare di
microcriminalità: la vittima di uno scippo, chi si è visto svuotare la casa degli
oggetti più cari, chi ha avuto la pistola
puntata contro alla cassa di un supermercato la pensano diversamente, e
hanno ragione. Con l’attuale regime
penitenziario, quell’entità di pene non
porta mai in carcere: se la reclusione è
fino ai tre anni si va in affidamento in
prova. Ampliare questa possibilità, come sembra voler fare il governo, significa contribuire a incrementare ancora
questo tipo di reati. Uno degli effetti
del decreto “svuota carceri” voluto dal
precedente esecutivo è stato di far
diminuire i ladri e i rapinatori arrestati,
anche in flagranza, mentre crescevano
furti e rapine. Le carceri scoppiano? Si
abbassi la quantità di detenuti in custodia cautelare (è possibile), per trasferire i reclusi stranieri nei paesi di origine
(è doveroso), per costruire nuovi istituti
o allargare quelli esistenti: si è iniziato
a farlo e si deve proseguire. Alleggerire
i penitenziari sulla pelle delle persone
oneste non sta bene e non risolve il
problema. Come tutte le furbate.
Alfredo Mantovano
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SOMMARIO
06 PRIMALINEA LA REPUBBLICA SENZA IDEE | FELTRI
NUMERO
anno 19 | numero 25 | 26 giugno 2013 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
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CASO DEL TURCO
E questa sarebbe
la prova regina?
Dopo cinque anni di inchieste non è stato trovato un euro delle presunte tangenti
della “sanitopoli” abruzzese. Ma secondo i pm questa foto sfuocata è il riscontro
che dovrebbe mandare in galera per dodici anni l’ex governatore della Regione
Così una fotografia
sfuocata e incomprensibile
è diventata la prova regina
con cui i pm hanno chiesto
12 anni di carcere per
Ottaviano Del Turco
LA SETTIMANA
14 INTERNI UNA VITA ROVINATA. PARLA DEL TURCO | RIZZO
22 ESTERI IL LIBANO E L’INFERNO SIRIANO | CASADEI
Foglietto
Alfredo Mantovano...........3
Solo per i vostri occhi
Lodovico Festa........................ 13
Economia e comunità
Giulio Sapelli................................ 21
Le nuove lettere di
Berlicche................................................33
Presa d’aria
Paolo Togni..................................... 38
Mamma Oca
Annalena Valenti............... 39
Post Apocalypto
Aldo Trento.................................. 44
Sport über alles
Fred Perri.......................................... 46
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano.................. 47
Terra di nessuno
Marina Corradi......................50
RUBRICHE
L’Italia che lavora............... 34
Stili di vita........................................... 38
Per Piacere.........................................41
Motorpedia........................................42
Lettere al direttore.......... 46
Taz&Bao................................................48
28 CULTURA RITRATTO INEDITO
DI VOLTAIRE | CRONK
Foto: AP/LaPresse, Ansa/Abacapresse
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 19 – N. 25 dal 20 al 26 giugno 2013
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,
Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato
speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina,
Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo,
Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni
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Elisabetta Iuliano
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UFFICIO GRAFICO:
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All’egemonia civile che la sinistra ha saputo conquistarsi, Berlusconi,
in vent’anni, come ha risposto? Domande a un paese “di destra”
allergico alla supponenza progressista ma incapace di vere rivoluzioni
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DI MATTIA FELTRI
La Repubblic a
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BATTERE I “MIGLIORI”
Dal 6 al 9 giugno si è svolta a Firenze la
seconda edizione de “La Repubblica delle
idee”, evento di portata nazionale
organizzato da Repubblica a cui hanno
partecipato ospiti di spicco, italiani e
stranieri, da Giorgio Napolitano a Dan Brown
c a senza idee
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lusconi merda”. Due mattine dopo, nella pagina della posta, il direttore spendeva una trentina di righe nell’esprimere il
fastidio e la noia mortale per la dottrina
dell’ovvio, del bello e del buono, incontrovertibile come l’espressione “la mafia è
cattiva”, un piccolo manicheismo calzante a tutte le taglie, un bell’alibi per dirsi
l’Italia migliore, e però – concludeva Ferrara – questa è la Repubblica delle Idee
«ma se cominciassimo a imparare qualcosa, da come si sta a tavola a come si legge
un buon libro, quello no?».
Qui ognuno deve fare i conti con la
libreria che ha in casa e le macchie di
sugo che ha sulla camicia, ma se si pensa a una colpa collettiva, quella ascrivibile alla destra italiana – a qualsiasi destra
imposta dal bipolarismo, post-missina,
socialista anticomunista, liberale, democristiana, puramente reduce del pentapartito o leghista – è una colpa totale
e senza perdono. Si sono spesi vent’anni, quelli trascorsi dall’appoggio di Silvio Berlusconi alla candidatura di Gianfranco Fini per il Campidoglio (autunno 1993), a contrastare colpo su colpo la
cultura progressista nei suoi numerosi
AP/LaPress ; Nelle pagine precedenti Ansa
C
on una spettacolare doppietta, giorni fa il Foglio di Giuliano Ferrara ha introdotto la questione. Da principio Andrea Marcenaro, nella sua rubrica quotidiana,
immaginando quella catasta d’intelligenza riunita a Firenze dalla Repubblica delle Idee – naturalmente con la “i” maiuscola – e diciamo Alessandro Baricco, Umberto Eco, Roberto Saviano, Gustavo Zagrebelsky eccetera, eccetera, col formidabile peso della cultura non meno che enciclopedica: tutti a convegno per dire “Ber-
BATTERE I “MIGLIORI” PRIMALINEA
ipocrita, per l’antifascismo eterno e bolso
che marchia di filofascimo chiunque non
lo abbracci, per il totem della Costituzione, per il puritanesimo febbrile. Orrore
per la classificazione sprezzante dell’avversario, che deve giusto scegliersi la
casella: mafioso? Tangentaro? Stragista?
Razzista? Servo? Ladro? Però.
AP/LaPress ; Nelle pagine precedenti Ansa
il progetto di Italia venuto fuori da ottantamila
comizi, CHE FINE HA FATTO? È MORTO NEL ’94 QUANDO
ALL’ECONOMIA ANDò GIULIO TREMONTI. È MORTO DI PARTO
ed eterogenei sacerdoti, da Alberto Asor
Rosa a Roberto Benigni, da Paolo Flores
d’Arcais a Corrado Guzzanti, da Barbara
Spinelli a Nanni Moretti. L’Italia descritta dall’utopismo pop di Walter Veltroni
o dal moralismo univoco di Michele Santoro, dal femminismo saccente di Natalia
Aspesi o dal giustizialismo rancoroso di
Marco Travaglio, è l’Italia che sulla pelle
di destra faceva spuntare foruncoli. C’era
e c’è un’allergia esibita per la superiorità
antropologica che la sinistra si è autoattribuita e per la quale si concede un vitalizio di autoassoluzione.
Bene, tutto questo è normale, è condivisibile. Orrore per il manicheismo, per
l’antipolitica consolatoria, per la mitologia della società civile, per il pacifismo
Qualcosa oltre l’antitesi?
Però, oltre all’antitesi, la destra che cosa
ha proposto? Oltre all’antitesi automatica, immediata, di istintivo riflesso, qual
è l’Italia alternativa che si è immaginato e si è cercato di costruire? Berlusconi,
i suoi ormai dispersi alleati, i suoi precari luogotenenti, le sue televisioni, le sue
case editrici, quale tipo di paese hanno
delineato in questi vent’anni? E, evitiamo
equivoci, non si sta dicendo il progetto
di Italia anche abbastanza preciso venuto fuori da settanta o ottantamila comizi.
Quell’Italia lì, di cui Berlusconi parlò da
Arcore con la calza sulla telecamera, quella della meritocrazia, della sana competizione, dello Stato leggero, antiburocratica, del riequilibrio dei poteri incrinato da
Mani pulite, della riduzione fiscale, anticorporativa, federalista, ecco, quell’Italia è rimasta nelle promesse e nei sogni.
Morì nel medesimo istante in cui, vinte le
elezioni del 1994, al ministero dell’Economia andò Giulio Tremonti, prelevato dal
Patto Segni, e non il liberale Antonio Martino parcheggiato agli Esteri. Traduzione:
morì di parto.
Si sta dicendo, in venti anni di cui la
metà trascorsi al governo del paese, quale altra Italia è venuta fuori? In che cosa
è cambiata? Nel conflitto permanente col
centrosinistra, il centrodestra quale visione ha opposto, fuori dal recinto del palco? Quale è l’assetto istituzionale a cui si
è lavorato per rendere il paese aggiornato
alla Seconda repubblica, all’Europa, alla
velocità d’esecuzione imposta ai governi?
Come sono cambiati i rapporti di forza
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PRIMALINEA BATTERE I “MIGLIORI”
fra esecutivo e legislativo? E Berlusconi, affranto dalla macchinosità con cui si
arriva all’approvazione delle leggi, infine
annacquate, quali contromisure ha studiato per accelerare e affilare la pratica?
Se la soluzione impercorribile è ottenere il 51 per cento nelle urne, quale disegno diverso ha tratteggiato? Come è stata rimodellata la Costituzione per esempio davanti alla mutata legge elettorale,
col referendum per il maggioritario del
1993, e alla mutata prassi? È entrata nella
Carta quella correzione minima secondo
cui il premier, come è stato di fatto, viene
eletto direttamente dal popolo e, caduto
lui, si torna a votare?
Quale struttura economica si è fatta avanti? Non certo la rivoluzione, ma il
riformismo liberale come si è concretizzato? Come si sono combattute le corporazioni? Come si sono affrontati i privilegi di casta? Come si sono liberalizzate le
professioni? Come si sono snellite le procedure ministeriali, quelle del credito,
quelle della tassazione? Come si è allentata la pressione fiscale? In quale modo
si è pensato, se non di contrastare ferocemente l’evasione fiscale, di riconquistare
gli evasori alla causa della contribuzione?
Come si è ripensata la pubblica amministrazione nel suo complesso, compresa la
riduzione dello sterminato personale e
l’aumento della produttività? Quali sono
stati i provvedimenti strutturali di sostegno all’impresa tanta cara al leader dei
conservatori? Come si è inciso sul cuneo
fiscale? Come si è agevolato l’export? Che
cosa si aveva in testa e come lo si è tradotto nei fatti?
Potere politico e giudiziario
Come si è messo mano alla giustizia?
Dopo la notte in cui la Costituzione
venne modificata con la cancellazione
dell’immunità parlamentare, che cosa
si è fatto per irrobustire il potere politico indebolito davanti al potere giudizia10
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rio? È arrivata la separazione delle carriere? È stato equiparato il ruolo del magistrato dell’accusa e quello dell’avvocato della difesa? Dopo i problemi emersi
con Mani pulite, la questione della carcerazione preventiva come è stata affrontata? E quella dell’affollamento delle carceri? L’inappellabilità per i pm? Qual è stato il sistema di giustizia a cui si è lavorato per offrire una proposta più appetibile di quella propagata da Antonio Di Pietro, Giancarlo Caselli, il Fatto quotidiano?
Quali studiosi hanno delineato un sistema che andasse oltre le decine di leggi
ad personam buttate lì ogni volta che un
processo ad personam intentato al sire di
Arcore necessitasse di una contromisura?
Oggi, rispetto al 1993 e al 1994, su quali
ipotesi stiamo ragionando?
Qual è la Rai voluta dal centrode-
da un altro punto di vista, e non in forma
belligerante, ma dialettica? Quale mondo della cultura è nato in vent’anni attorno all’esperienza politica di Berlusconi? Il
Sanremo di Tony Renis? Le canzoni di Van
de Sfroos? Le fiction di Renzo Martinelli?
Come si sono aiutati i registi che intendevano emergere senza sposare una causa
ideologica o di schieramento?
E i giovani musicisti? Come si è pensato di liberare energie creative per evitare che restassero prigioniere dell’industria della propaganda di sinistra? Come
si è adeguata la politica editoriale? Si
sono organizzati festival o premi aperti
alle voci non scontate? In sintesi, quali
rimedi sono stati adottati all’egemonia
culturale di sinistra, che non fosse una
reiterata e sguaiata denuncia, o qualche
vaga contrapposizione muscolare e dun-
la tv pubblica DEL CAV Deve AVERE ANCORA una rete
finto paludata (Rai1 e Canale 5), una finto giovane
(Rai2 e Italia1), una di militanza (Rai3 e Retequattro)?
stra? Qual è la tv pubblica che Berlusconi intende offrirci? Deve avere ancora tre
reti? Deve avere ancora reti di riferimento di un partito o di quell’altro, in base a
chi sta al comando e chi all’opposizione?
Deve continuare a essere lo specchio di
Mediaset – e viceversa – con una rete finto paludata (Rai1 e Canale 5), una rete finto giovane (Rai2 e Italia1), una rete di vera
militanza (Rai3 e Retequattro)? Come si è
pensato di elevare il concetto di servizio
pubblico? Che tipo di palinsesti si ritiene di promuovere per uscire dalla retorica tanto detestata? Che cosa dovrebbe
raccontare la Rai per superare gli schemi così esecrati del talk show alla Giovanni Floris e dell’intrattenimento alla Dario
Vergassola? Se davvero quello è l’orrore,
la cultura dirimpettaia di centrodestra
quali giornalisti o comici ha individuato?
Chi si è incaricato di raccontare il mondo
que sterile? Il modello eccellente della
sanità lombarda, come è stato portato
nel resto d’Italia?
Quale studio ha ricondotto il welfare
fuori dall’assistenzialismo? Quale modello di città si è fatto avanti? Quale architettura? Quale urbanistica? Quale politica energetica? Quale tipo di scuola (a parte gli sforzi di Mariastella Gelmini)? Come
sono stati introdotti inglese e informatica alle elementari? Come si è affrontato il baronaggio nelle università? E come
l’università di destra si è messa alle calcagna dell’università anglosassone? Quale
politologia si è sviluppata? Quale storiografia? Quale informazione?
Insomma, l’Italia che usciva dal pantano finale della Prima repubblica, e che
era l’Italia diversa da quella difesa dai
postcomunisti e dai loro alleati, che Italia
era? E che Italia è? Dov’è? n
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T
al voto LE RAGIONI DELLA SCONFITTA
degli italiani intorno al 70-75 per cento, quello delle recenti amministrative
è un suffragio che vede una soglia molto alta
di astensione (sotto al 50 per cento) e che dunque può essere rovesciato da improvvisi cambiamenti di un’opinione pubblica che come
dimostra il disastro dei grillini è volatile.
Detto questo la sconfitta del centrodestra
è impressionante perché colpisce zone di insediamento fondamentali (certe aree della
Brianza, Treviso, Viterbo), città che erano amministrate bene come Brescia o che vedevano
come Roma un “concorrente” molto debole,
o comuni come Siena investiti da un gigantesco travaglio. Da una lettura assai superfiNicola Cosentino. Un uomo chiave nei rapporti con settori della
ciale mi sembra che in Calabria e in Abruzzo
società settentrionale come Giulio Tremonti lo si è lasciato pervi sia una tenuta migliore: ciò dimostrerebdere nel suo autismo con enormi danni politici. Un opportunibe che dove vi sono governatori legati alla sosta-suicida come Gianfranco Fini ha potuto provocare sconquascietà, si può reggere in controtendenza: però
si nel centrodestra senza immediato contrasto. Va osservato che
questo non è avvenuto né con Roberto Maroanche nella società civile, specie tra i servitori dello Stato, chiunni, forse eletto da troppo poco tempo, né con
que per lealtà verso le istituzioni non abbia accettato di contraplo sperimentato Luca Zaia.
porsi a Berlusconi è stato colpito: Mario Mori, Nicolò Pollari, GuiÈ troppo facile cavarsela con il carattere
do Bertolaso. E in qualche modo Cesare Geronzi.
locale del voto: una tendenQUANDO HA VINTO
za così compatta non nasce
solo dai candidati sbagliati.
NEL 1994, 2001, 2008 Quelle correnti passionali-ideali dimenticate
Il ragionamento, poi, che si
godeva delL’APPOGGIO Al di là delle note intemperanze berlusconiane che pure hanvince solo dove c’è Silivio
DEI NAZIONALISTI no dato un contributo all’isolamento del centrodestra, al di là
Berlusconi è semplicistico.
dei CONSERVATORI, della complessità politica che non trova sempre risposte suffiIn realtà alle politiche il
cientemente elaborate, vi è anche il lavorio sistematico richiadei FEDERALISTI, mato (difficilmente possibile senza anche qualche influenza incentrodestra è riuscito non
DEi garantisti. senza ternazionale) che ha contribuito a determinare la situazione in
a vincere con i voti ma podimenticare l’antica cui ci troviamo. Negarla, cercare soluzioni propagandistiche,
liticamente grazie anche
agli errori di Pier Luigi BercontrappoSIzione non serve a niente. Ogni volta che il centrodestra ha vinto nasani e a un imprevisto voto
al comunismo zionalmente (1994, 2001, 2008) vi è riuscito anche perché godedi protesta per Beppe Grilva dell’appoggio di movimenti capaci di sentimenti (da quelli
lo. Certo, Berlusconi costituisce ancora un baluardo incredibi- nazionalisti-conservatori a quelli localistico-federalisti, al garanle di fronte ai tentativi di liquidare radicalmente qualsiasi forza tismo pannellaiano degli inizi) e perché trovava una sponda in
moderata-conservatrice, è l’unico centro di resistenza possibile a settori centrali della società grazie anche all’antica contrappooppressione fiscale, dittature giustizialiste, chiusure elitistiche. sizione al comunismo radicata nella società italiana. Ora, al di
Ma le geniali invenzioni in campagna elettorale su Imu, Iva e là dei limiti della “resistenza berlusconiana”, mancano sia i sensimili, se costituiscono la base per difendersi di settori del ceto timenti (non vi sono correnti passionali-ideali pari a quelle del
medio, non definiscono adeguatamente quel programma politi- passato) sia il rapporto naturale con il centro della società tradico che apparve credibile a quasi la metà degli italiani nel 2008.
zionalmente anticomunista (dopo Giorgio Napolitano, dopo due
Vi sono problemi di credibilità che nascono innanzitutto governi di larga intesa – quello Monti e quello Letta –, magari
dall’esigenza di risposte complesse (dalla spesa pubblica all’or- con un candidato come Matteo Renzi la carta dell’anticomuniganizzazione dello Stato, alla persecuzione di una piena legalità smo sarà un po’ più difficile da giocare).
nella vita nazionale, alle relazioni industriali, alla politica esteInsomma, bisogna riflettere su come produrre non tanto delra) che non sono risolvibili solo con la “resistenza”. E questo vale le “spallate” ma movimenti (uno giovanile sarebbe secondo me
ancor di più per i comuni. Certo il lavoro per sradicare il centro- particolarmente maturo, così come uno che legasse lotta alla madestra è stato da dopo il 2010 implacabile: si sono distrutti perso- gistratura politicizzata con lotta per la legalità) e un dialogo con
naggi chiave come Umberto Bossi (anche per suoi errori dovuti il centro della società che implica riflessione e cultura (evitando
innanzitutto alla sua malattia) o Roberto Formigoni (con troppa improvvisazioni come quelle sui “matrimoni gay” che credono di
indifferenza da parte del centrodestra), si è lasciato distruggere essere furbissime, movimentistiche e aperturistiche e sono solo
e mettere in galera un Totò Cuffaro, si è lasciato perseguitare un palesemente opportunistiche, sciocchine e subalterne).
enendo conto di una propensione
Al centrodestra manca
il vecchio movimentismo
e il dialogo con la società
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13
INTERNI
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UNA VITA ROVINATA
DI CHIARA RIZZO
Una montagna
di prove
schiaccianti?
Delle presunte tangenti di “sanitopoli” non si è
trovato un euro. Contro di lui i pm hanno in mano
solo qualche foto sfuocata. Eppure hanno chiesto
dodici anni di galera. Parla Ottaviano Del Turco
I
17 giugno 2013 è il trentennale
dell’arresto di Enzo Tortora. Questo è
il primo ricordo di Ottaviano Del Turco, l’ex presidente della Regione Abruzzo, nella sua conversazione con Tempi:
«Ci incontrammo a un congresso del Psi e
nacque subito una bella simpatia. All’epoca era già stato assolto. Ricordo che entrò
e si sedette vicino a me in tribuna, fece
un sorriso e cominciò a parlarmi come
se ci conoscessimo da sempre». Del Turco sospende per un istante le parole. Poi
riprende: «Io non ho voluto che si parlasse della mia malattia, e ho evitato in ogni
modo che si desse pubblicità alla cosa. Ho
temuto che si stabilisse una sorta di equivalenza tra la vicenda di Tortora e la mia.
Conosco la regola secondo la quale se
una cosa si manifesta due volte allo stesso modo, e la prima è stata un dramma, la
seconda rischia di essere una farsa. Il silenzio è stata la mia forma di autodifesa».
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l
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Del Turco è accusato di aver incassato presunte tangenti (5,8 milioni di euro)
da un imprenditore della sanità privata abruzzese, Vincenzo Angelini. I capi di
imputazione sono un terribile elenco, per
un uomo che ha sempre cercato, nel suo
lungo percorso politico, di agire con un
profondo rispetto per le istituzioni. Associazione a delinquere (con Del Turco è
imputata metà della sua giunta e mezza
opposizione), concussione, falso, abuso e
truffa: per questi reati i pubblici ministeri di Pescara, Giampiero Di Florio e Giuseppe Belelli, lo scorso 13 giugno hanno chiesto per Del Turco 12 anni di reclusione senza attenuanti.
L’ex governatore è stato arrestato il 15
luglio 2008. Dopo 28 giorni di custodia
cautelare in carcere, sono seguiti 5 mesi
tra domiciliari e soggiorno obbligato, e
un processo il cui primo grado si concluderà il prossimo 18 luglio, dopo quattro
A sinistra, Ottaviano
Del Turco, ex presidente
della Regione Abruzzo.
Principale imputato nel
processo “sanitopoli”.
I pm hanno chiesto per
lui 12 anni di reclusione
senza attenuanti.
La sentenza di primo
grado è attesa
il prossimo 18 luglio
Foto: Ansa
anni. Al momento dell’arresto, il procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, parlò di una «montagna di prove schiaccianti»
contro Del Turco. La montagna però sembra aver partorito solo tanti piccoli topolini, o proprio nulla. La “prova regina” su
cui si è costruito il processo, ovvero le foto
consegnate ai pm da Angelini nel 2006 e
che avrebbero dovuto dimostrare la consegna delle tangenti, è un esempio evidente che di prove schiaccianti in questo processo proprio non ce ne sono. L’altro esempio sono le stesse mazzette di cui ad oggi
non si è trovata alcuna traccia, dopo indagini patrimoniali, bancarie e rogatorie
all’estero.
La consegna della mazzetta
Quando nel 2007 iniziò a collaborare con
la procura di Pescara, Vincenzo Angelini
consegnò alcune fotografie realizzate con
una macchina digitale dal suo autista e
che ritraggono l’imprenditore nel momento in cui avrebbe consegnato alcune delle presunte tangenti all’allora governatore
nella sua abitazione a Collelongo. Si trattava di alcuni scatti – a detta di Angelini
– realizzati subito prima e dopo un incontro con Del Turco, il 2 novembre 2007,
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UNA VITA ROVINATA interni
A destra, una delle
fotografie scattate
dall’autista di Angelini.
Secondo l’accusa, ritrae
l’imprenditore mentre
consegna una
mazzetta a Del Turco
(nel cerchio) nella sua
casa di villeggiatura
che mostravano le mazzette di banconote consegnate in un sacchetto blu, e alcune
mele verdi che sarebbero state regalate ad
Angelini in cambio delle tangenti. Sono le
uniche foto “distinguibili”, ma sono state
realizzate nella clinica di Angelini, e quindi non provano nulla, perché potrebbero essere state fatte da chiunque e in qualunque occasione. Le altre foto per l’accusa dovrebbero provare lo scambio, o quantomeno Angelini e Del Turco insieme al
sacchetto. In realtà sono immagini tanto
sfocate da rendere impossibile distinguere un essere umano da un semplice muro
o da un lampione. Eppure su queste foto
si è concentrato gran parte del processo.
Gli scatti sono stati sottoposti a tre perizie (una dell’accusa, una della difesa e una
super partes del tribunale) per accertarne
la datazione. Sono state effettuate perizie
fisiognomiche per risalire all’altezza delle
persone raffigurate nelle foto e capire se si
possa trattare di Angelini e Del Turco. Malgrado questo dispendio di energie e denaro, resta un dato oggettivo: «In queste foto
prenditore afferma di aver fatto per consegnare tangenti, in sole tre occasioni si
sarebbe potuto incontrare con Del Turco,
e all’appello manca la data del 2 novembre 2007. Così Del Turco ricorda a Tempi ciò che ha dichiarato anche in aula:
«Angelini è venuto a casa mia a Collelongo credo per quattro volte, fissando
un appuntamento e ogni volta precisando la ragione. L’ossessione di Angelini era
la paura di un suo arresto (all’epoca l’imprenditore era già indagato dalla Finanza per gli affari sospetti delle sue cliniche, ndr), e in due degli incontri mi chiese se, dato che ero stato ministro, potes-
LE IMMAGINI SONO DEL 2 NOVEMBRE 2007, MA QUEL GIORNO
DEL TURCO E ANGELINI NON SI SONO MAI INCONTRATI. LO
CONFERMA LA PERIZIA SUI TELEPASS DELLE AUTO DEI DUE
non si vede nulla, solo ombre», ha dichiarato in aula il presidente del tribunale,
Carmelo De Santis. Tuttavia il pm Di Florio, nella sua requisitoria, ha rilanciato la
loro totale attendibilità, come prova delle
tangenti. «È Angelini quello che nella foto
entra in casa di Del Turco».
Lo stesso Del Turco non ha mai negato che Angelini andasse a trovarlo a Collelongo, ma ha sempre escluso di aver ricevuto tangenti e che un incontro potesse
essere avvenuto il 2 novembre 2007, data
presunta delle foto. Una posizione che è
stata confermata anche da un’altra perizia, stavolta sui Telepass delle auto di Del
Turco e di Angelini. Su 63 viaggi che l’im-
si “ammorbidire” la finanza. Ovviamente
non feci nulla. Il 2 novembre 2007 è certo che non c’è stato alcun incontro con
Angelini. Non c’è mai stata nessuna busta
di denaro portata a Collelongo, e non ho
mai sentito il bisogno di ripagare Angelini con una busta di frutta».
Del Turco prosegue, spiegando le
ragioni per cui Angelini poteva nutrire
un qualche rancore nei suoi confronti:
«Durante l’amministrazione della Regione che ha preceduto la mia, Angelini
era definito “il vitello grasso” della sanità abruzzese. La sua era la clinica che aveva realizzato il più alto numero di ricoveri
impropri. Il 15 luglio 2008, il giorno dopo
il mio arresto, avremmo dovuto firmare
una delibera di giunta che avrebbe stroncato quel modello di sanità, decidendo di
fissare un numero di posti letto e nuove
tariffe per i ricoveri e le terapie che mettevano in discussione un sistema fatto solo
di illeciti. A questo proposito ricordo che
nella conferenza stampa dopo il mio arresto, il procuratore Trifuoggi spiegando la
fretta con cui venivano eseguiti gli arresti, tra le motivazioni mise anche il fatto
che “stavano per essere assunte decisioni
che avrebbero portato alla rovina la sanità abruzzese”. Nessuno dei giornalisti presenti chiese quali, ma tutti oggi sanno che
quelle decisioni erano controlli severi su
ogni posto letto delle cliniche e riduzioni
dei costi delle terapie e degli interventi».
Indagini patrimoniali a vuoto
Una delle regole auree delle investigazioni è seguire la traccia lasciata dal denaro
e così scoprire l’eventuale reato. Nel caso
Del Turco proprio a seguire i flussi di denaro succede il contrario. Sono state eseguite
indagini sui conti e sui movimenti bancari di Del Turco, della moglie, del figlio, dei
due fratelli, di un amico di infanzia, persino del sindaco di Collelongo. Sebbene il
processo indaghi su presunte tangenti consegnate tra il marzo 2006 e il 2008, gli investigatori sono risaliti anche a movimenti
bancari del 2001-2002. Sono stati minuziosamente ricostruiti, un bonifico dietro l’altro, un assegno dopo l’altro, i movimenti
con cui Del Turco ha acquistato una casa
a Roma, un monolocale in campagna a
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INTERNI UNA VITA ROVINATA
A sinistra, altri scatti
risalenti al 2 novembre
2007, giorno in cui
Angelini avrebbe
consegnato una mazzetta
all’ex governatore nella
residenza di Collelongo.
In cambio l’imprenditore
avrebbe ricevuto un
sacchetto di frutta
Tresnuraghes (Or), e con cui ha contribuito all’acquisto della casa romana del figlio.
L’esito di questa scansione minuziosa è cristallizzato nell’ammissione fatta in aula
lo scorso 26 ottobre dal colonnello Maurizio Favia, già comandante provinciale della guardia di finanza di Pescara e responsabile di queste indagini per conto della
procura: «Non abbiamo riscontrato movimenti o versamenti, anche di un solo euro,
che non fossero tracciabili. Cioè non c’è un
euro frutto di contanti non giustificati, o
di operazioni che non fossero preesistenti». Ci si potrebbe chiedere allora su quali basi si sia arrivati all’arresto preventivo
nel 2008: la domanda rimane aperta. Favia
in aula ha ostinatamente ribadito che nelle date in cui Angelini dichiara di aver versato tangenti, in due casi (a marzo e ottobre 2006) Del Turco ha poi fatto acquisti
immobiliari. Ma lo stesso Favia ha spiegato
che per fare questi acquisti Del Turco aveva
sbloccato una polizza per la vita e alcuni
titoli finanziari che da tempo aveva regolarmente in banca. Per qualche giorno, l’ex
governatore abruzzese è addirittura andato in rosso. Però il processo è andato avanti lo stesso e l’attendibilità di Angelini non
è stata discussa. «Tutti gli acquisti che ho
fatto – ha dichiarato Del Turco – li ho fatti
con la mia disponibilità bancaria. È questa
la vera storia che sta dietro alle menzogne
di cui sono stato accusato».
Il 17 giugno 2013 è casualmente il
giorno in cui arriva la notizia di un’asta
giudiziaria: 500 opere d’arte tra dipinti,
sculture, mobili e argenterie di Vincenzo
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Angelini, il grande accusatore di Del Turco, vengono battute per ripianare, almeno in parte, la mega bancarotta fraudolenta che l’imprenditore ha causato al
suo gruppo. Dopo essersi trasformato in
testimone chiave dell’accusa nel processo “sanitopoli” a Pescara, Angelini è finito sotto processo a L’Aquila e a Chieti,
dove i tribunali hanno disposto la curatela fallimentare per i suoi beni e confiscato i tesori privati dell’imprenditore. Questa di Angelini è definita «la più prestigiosa asta giudiziaria di beni artistici mai
lanciata in Italia». Ci sono quadri di Tizia-
Cosentino, per esempio, ha documentato
in aula che 15 giorni dopo l’arresto di Del
Turco, Angelini misteriosamente depositò in banca 3 milioni di euro provenienti dalle casse di Villa Pini: erano soldi che,
senza alcun motivo, l’imprenditore aveva prelevato (spesso in date coincidenti
a quelle delle presunte tangenti, quasi a
volerle provare, ndr) e mai usato nei mesi
precedenti. Cosentino ha poi affrontato il
capitolo delle spese compulsive di Angelini, ricostruendone alcune. Ad esempio
quella da un milione di euro fatta con
denaro di cui i finanzieri non hanno capito la provenienza.
Ivone ha illustrato i meccanismi con
cui Angelini costantemente distraeva
fondi dal suo gruppo (solo da Villa Pini
113 milioni di euro): «Ci sono importi di
un certo livello che non venivano usati
dall’imprenditore per la gestione dell’attività sanitaria ma per acquisti in gioielleria, in tabacchi, in abbigliamento. Acquisti documentati da fatture regolari che
DA TESTIMONE DELL’ACCUSA NEL PROCESSO “SANITOPOLI”,
ANGELINI è FINITO SOTTO PROCESSO per bancarotta
fraudolenta. I suoi beni sono stati battuti all’asta
no (uno da 950 mila euro), Rembrandt,
Renato Guttuso, un pezzo del Bernini,
un sarcofago romano che da solo è valutato 800 mila euro. Viene da domandarsi
come e se la procura di Pescara che accusa Del Turco, non trovando riscontri alle
tangenti, abbia investigato su questi beni
di lusso. Di sicuro ha indagato la procura teatina, e in aula al processo Del Turco
sono sfilati i consulenti dei pm di Chieti: il commercialista Sergio Cosentino, il
coadiutore fallimentare Giuseppe Labonia e la curatrice di Villa Pini (la principale clinica di Angelini), Giuseppina Ivone.
Dalle loro testimonianze, documentate
da centinaia di riscontri bancari, emerge
un ritratto di Angelini molto controverso.
consegniamo adesso a questo tribunale».
Nella requisitoria durata due giorni, i pm
del processo Del Turco non hanno ribattuto in alcun modo a queste testimonianze,
né offerto una lettura di questi comportamenti ritenuti fraudolenti dai loro colleghi. Per Di Florio, semplicemente e tout
court, «Angelini è credibile, quello che ci
dice sulle tangenti è riscontrato». Per questo ha chiesto la condanna complessiva
per tutti gli imputati a 99 anni di carcere.
«Ho pensato – conclude Del Turco – che in
un processo in cui non si sono trovate le
prove, la rilevanza delle accuse agli occhi
dell’opinione pubblica doveva essere data
dalla richiesta di condanna così elevata».
La sentenza è attesa per il 18 luglio. n
ECONOMIA
E COMUNITÀ
di Giulio Sapelli
IL RUOLO DI ANKARA IN ISRAELE, EGITTO, SIRIA E AFRICA
Le fiamme della Turchia
rischiano di trasformare
la “primavera” in inverno
L
Turchia hanno un significato che va oltre
ciò che accade in quella nazione. Il Nord Africa e il Medio
Oriente, infatti, sono stati e sono il primo banco di prova di
uno sbilanciamento dei rapporti di forza che ha indotto gli Stati
Uniti a una illusione di autosufficienza e di onnipotenza strategica e militare insieme. Oggi la strategica solitudine della Russia
impedisce ogni contenimento delle spinte aggressive di tutte le
potenze regionali a medio raggio che possono esercitare un ruolo superiore a quello loro possibile, perché consentito da una fallimentare strategia di contenimento delle disgregazioni sempre
periclitanti dell’area Nord e Centro Africana.
La Turchia persegue disegni neo imperialistici e mette in pericolo il patto militare con Israele che era uno dei punti di forza
archetipali dell’equilibrio dell’aerea, e che iniziava da quel patto, proseguiva con il ruolo stabilizzatore della Siria, proseguiva
ancora con la neutralizzazione dei palestinesi grazie al ruolo di
gendarme della monarchia ascemita in Giordania e terminava,
infine, in Egitto con il ferreo controllo armato del Sinai da parte
di Mubarak. Ora tutto è stato messo in discussione per l’esosità di
militari che si rivelano, però, oggi, non sostituibili.
e fiamme della
La necessità di “tornare a Westfalia”
L’Egitto è stato abbandonato dagli Stati Uniti nel suo storico costrutto di potere perché si riteneva che l’assenza dell’Urss potesse consentire un cambio della guardia tra gli esosi mubarakiani
e i normalizzati Fratelli Musulmani che potevano succedere al
potere degli stessi senza intaccare il laicismo egiziano. Questo significava non aver compreso nulla delle trasformazioni del continente simbolico islamico. I Fratelli Musulmani hanno una tradizione ricchissima di ingegno, di pazienza, di tattica scaltra, che
ha avuto il suo banco di prova in una Giordania che li ha resi atti a una operazione di penetrazione nelle istituzioni senza per
altro perdere il loro carattere di movimento di massa, e come
tutti movimenti di massa, conservano una grande varietà di articolazioni, di anime politiche al loro interno. E conservano anche
quella capacità di essere disponibili alla discussione, elaborazione, implementazione e tremenda attuazione delle tesi più estreme, proprio essendo non dei diseredati. I Fratelli Musulmani come i salafiti, come i jihadisti, non sono gli affamati della terra
come afferma la retorica terzomondista mai morta nel modo di
oggi, ma raffinati intellettuali, tecnici, esperti, costruttori di network a più volti, come dimostra l’esperienza di Bin Laden.
Il crollo di Gheddafi e di
Mubarak ha spostato verso
il basso gli equilibri di
potere NEL CONTINENTE NERO.
Se CADE Assad sarà un disastro
DI GUERRE E TERRORISMO
Il crollo di Gheddafi e di Mubarak ha spostato verso il basso gli equilibri di potere geostrategici in Africa. Se crolla anche
Assad sarà un disastro incalcolabile per la proliferazione bellica e terroristica che ne seguirà. Altro che primavere: saranno
orridi inverni… Vi sono armi, truppe addestrate come i Tuareg,
conflitti interraziali, conflitti intereuropei (basti pensare a quello attorno ai grandi laghi tra francesi, inglesi e nordamericani).
Ci sono tentativi di colpi di Stato in Eritrea ed Etiopia e spostamenti di truppe, di eserciti che di esercito hanno solo il nome e
che debbono essere sorretti, armati, diretti da potenze europee
e nordamericane.
In Africa andar sul terreno è poi essenziale. Non c’è spazio
per nessuna dottrina Rumsfeld. Il disegno sovranazionale dei
jihadisti e dei salafiti e il ruolo sempre più enigmatico e misterioso dell’Arabia Saudita, disposta a tutto – non dimentichiamolo – per distruggere l’Iran e sradicare lo sciismo dal continente
nero e dalle tre faglie prima evocate, aprono inquietanti interrogativi sul futuro. O si ritorna alla Pace di Westfalia, ossia al concetto che ogni Stato dispone da sé e per sé della sua costruzione
istituzionale senza interferenze esterne, o tutto crollerà inevitabilmente in un dolorosissimo disordine. “Tornare a Westfalia” è
l’unica strategia possibile che deve essere perseguita grazie a un
accordo tra Unione Africana, Europa e Russia e Stati Uniti e Cina (interlocutore silenzioso ma sempre presente che non ha ancora scoperto le proprie carte).
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ESTERI
UN CONFLITTO IN ESPANSIONE
A un passo
dall’inferno
Il sostegno di Hezbollah alla causa di Assad rovina
i piani degli Stati del Golfo sulla Siria. E sta facendo
scivolare il Libano nel vulcano della guerra. L’esercito
dei ribelli «è pronto all’invasione se le milizie
di Nasrallah continuano a sostenere il regime»
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DI RODOLFO CASADEI
| 26 giugno 2013 |
| Foto: Getty Images
La battaglia di
Qusayr (roccaforte
dei ribelli siriani) è
terminata con una
vittoria delle truppe
del presidente
Assad, sostenute da
uomini di Hezbollah
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ESTERI UN CONFLITTO IN ESPANSIONE
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A fianco,
i sostenitori
di Hezbollah,
il partito islamico
sciita del leader
Hassan Nasrallah
(nella foto piccola)
LA LEGA ARABA HA CONDANNATO LE INGERENZE HEZBOLLAH
NEL CONFLITTO SIRIANO. MA NEL TERRITORIO SONO PRESENTI
MILITARI DI 40 PAESI, QUASI TUTTI DALLA PARTE DEI RIBELLI
siriana, soldi e armi dall’Arabia Saudita
e dal Qatar erano canalizzate con abbondanza alla ribellione, insieme a migliaia di
combattenti jihadisti e salafiti provenienti dai sei paesi del Ccg. Quando la settimana scorsa una dichiarazione della Lega Araba ha condannato le interferenze straniere
in Siria ma ha menzionato esplicitamente
solo il nome di Hezbollah, il ministro degli
Esteri del governo tecnico che dalla fine di
marzo regge il Libano, Adnan Mansour, ha
protestato che sul terreno è provata la presenza di combattenti di 40 paesi, in grande maggioranza dalla parte degli insorti.
A parte Tripoli, dove in una settimana sono stati sparati 150 colpi di mortaio
(ma lì l’attrito fra sunniti e alawiti va avanti da cinque anni), in Libano non è ancora
successo niente di disastroso. Ma potrebbe
succedere. All’indomani della caduta del
caposaldo ribelle di Qusayr il comandante
in capo delle forze che fanno riferimento
ai ribelli della Coalizione nazionale siriana
è stato esplicito: «I combattenti sono pronti a portare le ostilità nel territorio libanese per affrontare i membri di Hezbollah
che combattono al fianco delle forze del
regime siriano», ha dichiarato Salim Idriss
del Libero esercito siriano (Les). «L’opposizione siriana prenderà le misure necessarie se le autorità libanesi non metteranno
fine all’interferenza di Hezbollah nei combattimenti in Siria». Chi sta dietro al Les in
termini di finanziamenti e armamenti si
sa, per questo il comunicato di Riyadh suona particolarmente inquietante.
Qualche misura il Les o i simpatizzanti libanesi della ribellione siriana l’aveva-
Foto: Ansa
P
sui
razzi che della Siria piovono
su Baalbek nella valle della Bekaa e da non si sa dove
sui quartieri sciiti di Beirut;
più che le sempiterne sparatorie fra salafiti e alawiti nella città settentrionale di Tripoli e quelle ad Arsal e a Hermel al confine settentrionale con la Siria;
più che le dichiarazioni del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah il quale annuncia
che i suoi uomini continueranno a partecipare al conflitto siriano per tenere lontano
dal Libano i takfiri, cioè i jihadisti che considerano eretici gli sciiti; più che le rampogne di Fouad Siniora, ex primo ministro
libanese sunnita ed esponente della Coalizione del 14 marzo contro l’attuale ministro degli Esteri libanese Adnan Mansour
che al vertice della Lega Araba aveva difeso il ruolo di Hezbollah nella battaglia di
Qusayr. Più di tutto ciò, a far temere che il
Libano sia vicino a scivolare dentro al vulcano siriano è una notizia che arriva da
Riyadh: il Consiglio di cooperazione del
Golfo (Ccg), che riunisce i paesi della penisola arabica (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar e Bahrein),
ha emesso un avviso che sconsiglia i viaggi
nel Libano, tradizionale meta vacanziera
per molti arabi benestanti, «a causa dell’instabilità delle condizioni di sicurezza» che
fanno concludere che il paese è «insicuro
per i cittadini del Ccg».
Per quanto la tensione stia crescendo,
viaggiare in Libano non è affatto pericoloso a meno che non ci si rechi nelle località
del nord-est al confine con la Siria o a Tripoli. La nota di Riyadh è molto di più che
un avviso ai viaggiatori: trattasi di monito intimidatorio nei confronti di uno Stato che non sa impedire ad alcune sue forze politico-militari (Hezbollah e i suoi alleati) di interferire nei disegni che i paesi del
Golfo hanno sulla Siria. Perché, non è un
mistero, ben prima che lo sceicco Nasrallah lanciasse i suoi armati nella bolgia
iù che le notizie di agenzia
Foto: Ansa
no già presa, se è vero che i razzi piovuti
sui quartieri meridionali (sciiti) di Beirut
dal monte Libano il 26 maggio erano stati
sparati all’indomani del discorso con cui
Nasrallah per la prima volta impegnava
ufficialmente Hezbollah nel conflitto siriano (fino a quel momento la linea del partito era che alcuni combattenti erano andati
in soccorso di loro parenti libanesi residenti in villaggi in territorio siriano).
La causa anti-israeliana
Che cosa aveva detto il religioso sciita? «Il
controllo della Siria da parte dei gruppi
takfiri e soprattutto delle aree di confine
col Libano rappresenta un grande pericolo
sia per i musulmani che per i cristiani libanesi. La Siria è il principale sostenitore della resistenza (di Hezbollah a Israele, ndr),
e la resistenza non può restare immobile
e permettere ai takfiri di spezzare la sua
spina dorsale; crediamo che la nostra azione rappresenti una difesa del Libano, della
Palestina e della Siria. Se la Siria cade nelle
mani dei takfiri e degli Stati Uniti, la resistenza sarà intrappolata e Israele entrerà
di nuovo in Libano. Se la Siria cade, la causa palestinese sarà perduta».
Nasrallah ha sfruttato gli attacchi israeliani a convogli di armi per Hezbollah in
via di trasferimento dalla Siria al Libano
per rendere più credibile la giustificazione dell’intervento dei suoi combattenti al
fianco del regime del presidente Assad in
nome della sempiterna causa anti-israeliana. La retorica anti-sionista, però, questa
volta non ha fatto presa. Gli arabi musulmani sunniti, che traboccavano ammirazione per Hezbollah nei giorni dell’attacco
israeliano alle basi libanesi dell’organizzazione (2006), ora condannano l’intervento
del Partito di Dio dalla parte di Assad nella guerra civile siriana e ci vedono un’opzione presa in un’ottica settaria e particolaristica: Hezbollah è sciita e i suoi protettori sono la Siria di Assad e l’Iran, pertanto
si schierano con loro contro l’opposizione,
composta principalmente da musulmani
sunniti, la componente religiosa maggioritaria della popolazione siriana.
Con le sue parole e coi suoi atti Nasrallah è riuscito nella notevole impresa di
riavvicinare l’establishment clericale saudita e Youssef Qaradawi, il più noto teologo simpatizzante dei Fratelli Musulmani.
In un suo discorso a Doha alla fine di maggio il predicatore più valorizzato da al Jazeera ha abiurato le sue precedenti prese di
posizione in difesa di Hezbollah, meritevole secondo lui di sostegno nonostante le
sue posizioni religiose non ortodosse dal
punto di vista sunnita e la sua vicinanza
all’Iran perché impegnato nella lotta contro Israele. Ora Qaradawi definisce Hezbollah niente meno che “il partito di Satana”.
E si cosparge il capo di cenere per le sue
dichiarazioni del passato: «Il leader del Partito di Satana viene a combattere i sunniti», ha detto. «Ora sappiamo cosa vogliono
gli iraniani. Vogliono massacri ininterrotti per uccidere i sunniti. Ho difeso Nasrallah e il suo partito, il partito della tirannia, di fronte al clero dell’Arabia Saudita.
Ora sembra che i leader religiosi dell’Arabia Saudita siano stati più prudenti di me».
La parola alle armi
«Che Dio lo conservi, ha cambiato opinione e ha applaudito il nostro storico punto
di vista al riguardo di questo partito odioso e settario», ha esultato il gran muftì saudita Sheikh Abdelaziz al-Sheikh.
La tensione all’interno del Libano cresce, ma a parte i salafiti di Tripoli non si
può dire che i principali avversari politici di Hezbollah, cioè la filo-sunnita e filoribelli siriani Coalizione del 14 marzo
(erede della linea politica dell’assassinato
Rafic Hariri), non vedano l’ora di dare la
parola alle armi. Al contrario: l’ex premier
Fouad Siniora scongiura il partito sciita di
ripensare la propria decisione per il bene
del Libano. «Hezbollah dovrebbe ritirare le
sue milizie dalla Siria e i suoi combattenti dalla valle della Bekaa e farli tornare a
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ESTERI UN CONFLITTO IN ESPANSIONE
casa, così che non diventino strumento
per attizzare le fiamme di questa contesa»,
ha detto in un discorso a Sidone. «Voglio
dire ai miei fratelli Hezbollah in questa
nazione che c’è ancora tempo per correggere il loro errore prima che sia troppo
tardi. La maledizione cadrà su chi uccide
il suo fratello e il suo vicino e la vergogna
sarà il suo destino».
L’invio dei soldati
Secondo molti osservatori, Hezbollah in
realtà non aveva altra scelta che appoggiare le forze di Damasco nello sforzo per
riprendere Qusayr. Il controllo
della stessa significa per il regime siriano una continuità territoriale che va dalla capitale
ai porti di Latakia e Tartus nel
nord, nei quali attraccano le
navi iraniane e russe che portano gli armamenti indispensabili ai governativi; per i ribelli invece significava la possibilità di disarticolare i rifornimenti nemici e di alimentare quelli propri attraverso il vicinissimo (10 chilometri)
confine libanese. Ma anche per Hezbollah
il controllo di Qusayr è strategico: la località si trova sull’asse di passaggio degli aiuti
iraniani destinati al partito, che con difficoltà passano dai porti del Libano meridionale dopo la guerra del 2006 e l’arrivo dei
caschi blu. D’altra parte Assad non poteva sguarnire Damasco o il fronte di Aleppo per attaccare in forze la località e non
poteva rischiare l’ammutinamento delle
sue truppe sunnite mandandole a combattere sul posto. Da qui la decisione di chiedere supporto a Hezbollah, che ha inviato
sul posto dai 2 ai 3 mila uomini. Una cifra
minore di quelle fatte girare dalla Coalizione nazionale siriana (che ha parlato persino di 7 mila miliziani sciiti), ma molto
alta quando si considera che i combattenti addestrati di Hezbollah probabilmente
non superano la cifra di 10 mila. n
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UN MILIONE DI RIFUGIATI, NESSUNA TENSIONE
Il fiume dei profughi
e la generosità dei libanesi
«Raccontano pochi dettagli delle violenze patite e non ti dicono mai per
mano di chi hanno sofferto. Come quell’uomo in un accampamento nella valle della
Bekaa che guardava nel vuoto e mi ripeteva: “Ho perso mia moglie e due figli”, e di
più non voleva dire». I profughi siriani in Libano continuano ad aumentare di numero
e si comportano come la maggior parte dei connazionali rimasti in patria: parlano
della guerra il meno possibile, dubbiosi sull’esito finale della contesa e timorosi di
rappresaglie degli uni o degli altri. Marco Perini di Avsi, Ong italiana per la cooperazione internazionale, è abituato alle peculiarità libanesi, e non si stupisce della
strana configurazione che ha assunto la crisi dei profughi siriani nel paese dei Cedri.
Il Libano è lo stato della regione che in questi due anni ha accumulato il più grosso
quantitativo di esuli dalla Siria: 500 mila registrati dalle Nazioni Unite e probabilmente altrettanti che non si registrano per ragioni loro. Una cifra pari a un quinto
dell’intera popolazione libanese, che non supera i 5 milioni di individui. Eppure non si
vede in giro nemmeno un campo profughi. Le tendopoli con più di mille presenze si
contano sulle dita di una mano mentre quelle di poche decine, che si trovano soprattutto ai bordi delle strade, sono centinaia.
Traumatizzato dalla storia, il governo libanese resta contrario a qualunque campo
profughi che ricordi anche lontanamente quelli palestinesi degli anni Settanta, detonatore della guerra civile che insanguinò per sedici anni il paese. Mesi di negoziato
con l’Unhcr non hanno condotto ancora all’approvazione
di un solo campo di transito. Così le prime ondate di rifugiati sono andate a disperdersi nei villaggi, dove hanno
preso in affitto case o semplici stanze o occupato edifici
in via di costruzione, e nelle grandi città a cominciare
da Beirut per i più ricchi e per chi già aveva parenti in
Libano. Le più recenti si sono tramutate in minitendopoli.
A questa rigidità fa da contrappunto la generosità dei
libanesi e l’elasticità delle autorità nei riguardi dei soggiornanti siriani: enti Onu, Ong e privati si danno il cambio
per assistere la folla degli sfortunati, che durante il rigido
In Libano non esistono
inverno hanno avuto bisogno di stufette e coperte, ora
campi profughi. C’è chi
hanno bisogno di più acqua (che spesso è distribuita coi
vive in piccole tendopoli
camion cisterna) e di trattamenti contro i pidocchi e le
ai bordi delle strade
malattie dermatologiche. «La maggioranza dei profughi,
o dai parenti del posto
forse il 90 per cento, è costituita da musulmani sunniti,
e molti di loro hanno trovato ospitalità gratuita o quasi nei villaggi dei libanesi della
stessa confessione; in molte zone però si sono insediati in mezzo a cristiani e sciiti
senza che sorgessero problemi. Caritas Libano, Cor Unum e altri enti ecclesiali aiutano
i profughi musulmani. I componenti del nostro staff, quasi tutti cristiani, hanno raccolto e donato di loro iniziativa ai rifugiati vestiti per 250 bambini».
Chi conosce la storia della guerra civile libanese, nella quale il regime di Damasco
giocò un ruolo da protagonista che si prolungò in un’occupazione militare terminata
soltanto nel 2005, non può non meravigliarsi di fronte agli esempi di solidarietà verso
i profughi siriani che controbilanciano le tensioni politiche libanesi crescenti conseguenza della guerra civile di là dal confine. Le prime tensioni fra la popolazione locale
e i profughi per ora riguardano la concorrenza per i posti di lavoro: i fuoriusciti sono
in gran parte contadini e manovali che vanno a competere coi lavoratori libanesi poco
qualificati. Le retribuzioni dei camerieri sono già scese da 500 a 300 dollari circa
al mese a causa dell’eccedenza di manodopera. I 500 mila profughi registrati sono
così suddivisi geograficamente: 180 mila nel nord del paese, 170 mila nella valle della
Bekaa, 70 mila nel sud e i restanti a Beirut e sul Monte Libano. [rc]
Foto: Ansa
gli aiuti iraniani
destinati al partito
di hezbollah passano
da Qusayr, non dai
porti del Libano
del sud controllati
dai caschi blu
CULTURA ritratto inedito
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DI NICHOLAS CRONK
Voltaire
l’illuminista
cattolico
Un “libero pensatore” che non ha mai ignorato
la dottrina cristiana. Uomo dai molti volti e dalle
molte fedi, parlava da credente perfino quando
protestava contro la Chiesa. Oggi i suoi scritti
italiani sono raccolti in una sorprendente antologia
In
co
la
la
sto
In queste pagine pubblichiamo la prefazione di Nicholas Cronk, direttore della Voltaire Foundation dell’Università di Oxford, al
nuovo libro di Antonio Gurrado, Voltaire
cattolico edito da Lindau.
re che chiunque sapeva che Diderot era
dichiaratamente ateo. Tuttavia nel caso
di Voltaire l’epiteto “cattolico” è accurato anche quale caratterizzazione della sua
forma mentis o, per essere più precisi, di
una delle sue formae mentis. Voltaire è stato indubbiamente un libero pensatore ma
oltaire cattolico? L’epiteto desta
una certa sorpresa ma è assoluta- non ha mai, proprio mai, ignorato la Chiemente vero. È vero anzitutto nel sa. Di sicuro la sua critica biblica era sfersenso letterale, poiché Voltaire era nato in zante; ma tali attacchi risultavano efficaci
seno alla Chiesa cattolica. Nel 1755, quan- proprio perché basati su una notevole culdo decise di porre fine alla vita peripateti- tura esegetica – fra tutti i philosophes del
ca che aveva condotto fino a quel momen- tempo, nessuno eguagliava Voltaire nella
to trasferendosi una volta per tutte a Gine- sua familiarità con la dottrina cristiana.
Giuseppe Baretti era indubbiamente
vra, pur di riuscire ad acquistare la tenuta
troppo severo nella sua condandi Les Délices fu costretto a chiena delle capacità linguistiche di
dere a un amico calvinista di
IN LIBRERIA
Voltaire. Voltaire non era in gracondurre la transazione: a Voldo di leggere correntemente il
taire non era consentito possegreco classico (per quanto finga
dere alcuna proprietà sul terridi riuscirci) ma se non altro si
torio della repubblica protestansforzava: in una lettera del 1745,
te di Ginevra proprio perché era
ormai cinquantenne, si lamencattolico in maniera conclamatava che problemi di salute aveta. Si trattava di un paradossavano interrotto il suo studio del
le contrattempo che, per quangreco. Quanto al tedesco, per sua
to irritante, di sicuro deve averstessa ammissione non si sforlo divertito. Dopo tutto perfi- VOLTAIRE
zò affatto, nonostante gli anni
no Diderot poteva scrivere di CATTOLICO
trascorsi in Prussia: era il fransé, con un’accuratezza un po’ Antonio Gurrado
cese – e non il tedesco – la linpedante, di essere «nato in seno Lindau
gua parlata alla corte di Fedealla Chiesa cattolica» – e pensa- 17 euro
V
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CULTURA ritratto inedito
rico il Grande. Da piccolo aveva appreso
in maniera eccellente il latino da professori gesuiti, e da autodidatta riuscì a leggere agevolmente l’inglese e l’italiano. La
competenza linguistica di Voltaire ebbe
un notevole impatto sulla sua formazione
intellettuale e letteraria.
in Italia, come attestano le numerose traduzioni delle sue opere compiute nel corso
della sua vita. Già nel 1728 Paolo Rolli pubblicò una risposta all’Essay on epic poetry,
un saggio che Voltaire aveva da poco pubblicato in inglese; Rolli, un italiano che
all’epoca viveva a Londra come Voltaire,
volle scrivere la sua risposta... in inglese!
La reputazione “cattolica” di Voltaire
provocò reazioni vivaci; la studiosa Laurence Macé ha recentemente dimostrato quanto vasto e profondo fosse l’interesse che il
Vaticano nutriva nei confronti di Voltaire.
I lettori italiani erano interessati anche al
ruolo di Voltaire nella diffusione del newtonianismo, tanto che molte delle sue ope-
di fatto è che Voltaire appariva ovunque, e
soprattutto in tutte le lingue.
Voltaire aveva anche viaggiato attraverso l’Europa ed è piuttosto rivelatrice
la scelta delle sue destinazioni. Sin dalla gioventù si era diretto verso nord, verso nazioni protestanti come i Paesi Bassi
e l’Inghilterra, la cui etica religiosa – ha
Ogni tanto faceva il musulmano
spiegato Max Weber – portò all’ascesa del
moderno capitalismo e della liberal-demoIl Settecento può essere ritenuto il secolo
crazia. Il suo viaggio in Prussia fu organiznel quale, come dice Marc Fumaroli, «l’Euzato soprattutto per incontrare di persoropa parlava in francese»; tuttavia una conna Federico il Grande, ma anche in questo
clusione del genere forse è troppo affrettacaso si trattava di una nazione in cui preta. Il francese era parlato dall’aristocrazia
dominava un influsso protestante; e per
in ogni corte d’Europa, ma non raggiunaltri cinque anni della sua vita Voltaire
geva l’ubiquità goduta dal latino quale linvisse nella repubblica protestante
gua dotta nel Rinascimento. Voldi Ginevra. Non viaggiò mai verso
taire, come Diderot, fu sempre
L’INTERESSE CHE IL VATICANO
sud: non seguì Montesquieu verin grado di leggere Orazio nel
so le cattoliche lande d’Italia né
testo originale; e, sempre come
NUTRIVA NEI CONFRONTI DI
Diderot verso la Russia ortodosDiderot, fu altrettanto in grado
VOLTAIRE ERA VASTO E PROFONDO. sa. Disse ripetutamente alla zaridi espandere i propri orizzonti
na Caterina di star morendo dalculturali apprendendo le lingue
NEL BELPAESE LE SUE OPERE
la voglia di raggiungerla in Russia
moderne a cominciare dall’inANDAVANO A RUBA, APPARIVANO e lei gli assicurò altrettanto spesglese. L’erudizione che Voltaire
so che sarebbe stato il benvenuto:
aveva accumulato sull’islam (VolIN FRETTA E SPESSO ANCHE
ovviamente erano entrambi contaire era cattolico, ma ogni tansapevoli di stare un po’ recitando.
to faceva il musulmano) derivaIN CIRCOSTANZE MISTERIOSE
Voltaire comunque scrisse a Cateva dalla sua capacità di leggere,
in inglese, l’edizione del Corano tradotta e re al riguardo vennero tradotte all’istante. rina che «la luce arriverà dal settentrione
commentata da George Sale. Voltaire poté In Italia Voltaire andava talmente a ruba […], le ombre cimmerie si rifugeranno in
parlare di Os Lusiadas, poema del porto- che spesso le sue opere apparivano non Spagna e alfine saranno dissipate».
ghese Luís de Camões del quale all’epoca solo in fretta ma anche in circostanze più
non esisteva una traduzione francese, per- che misteriose, quasi per magia. Ad esem- La terra del Papa
ché ne aveva letto una versione inglese. pio nell’agosto 1768 il Felix Farley’s Bristol Il sole dell’Illuminismo, dunque, sorgeva
Anche la sua conoscenza dell’italiano gli Journal, una pressoché ignota rivista ingle- a nord. Ma ben più importante era la sua
consentiva di schiudere nuove prospettive se, pubblicò una lettera che Voltaire aveva Italia immaginaria, l’Italia sulla quale Volculturali: poté leggere il Dei delitti e delle scritto all’ugonotto John Vansommer e in taire fantasticava senza mai risolversi a
pene prima ancora che Morellet lo tradu- cui condannava esplicitamente l’ingeren- vederla. Il fallimento dei progetti di viagcesse in francese. La sua vasta e profonda za in Polonia da parte di Caterina di Rus- gio nella penisola è un leitmotiv perfino
conoscenza di Ariosto, sempre nell’origi- sia. Nessuno sa come la lettera fosse arri- contagioso: nel 1770 d’Alembert e Condornale italiano, lasciò un’impronta ben mar- vata nelle mani del sedicente Felix Farley. cet decisero di raggiungerla partendo da
cata nel suo poema eroicomico La Pucel- Un mese dopo la stessa lettera apparve (sta- Parigi ma a mezza strada si fermarono a
le d’Orléans (…). Lo scrittore irlandese Oli- volta in italiano) nella Gazzetta di Firenze. Ferney per far visita a Voltaire. Restarono
ver Goldsmith nel 1760 descrisse Voltaire Com’era stato possibile? Chi l’aveva tradot- lì: la conversazione con lui evidentemencome «il poeta e il filosofo dell’Europa»; di ta? Per conto di chi? Sono passati duecen- te divenne una degna sostituta della gita
fatto Voltaire era abbondantemente letto to anni e ancora non lo sappiamo; il dato in Italia. Voltaire non smaniava per vede30
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re l’arte italiana, a differenza di Monte- re nella propria pelle: ma Voltaire, per solo pochissimi mesi in Inghilterra, scrissquieu; né cedette all’Italia onirica, patria quanto citi questo verso nelle sue lettere, se all’amico Nicolas Thieriot che si trattava
del libertinaggio sessuale e come tale estre- si guardò bene dal seguirne il consiglio. di un paese in cui «aveva imparato a pensamamente cara ai milord inglesi nel corso Antonio Gurrado punta significativamen- re», parlando in seguito della «energia deldel loro Grand Tour. Tuttavia attinse a que- te il dito sul “complesso di Zelig” da cui la lingua» che lo aiutava a esprimersi con
sto mito in Candide, quando spedì il prota- Voltaire sembra affetto, con la sua capaci- maggior libertà.
gonista a Venezia nel corso dei cosiddetti tà di adattarsi come un camaleonte al suo
capitoli italiani; e il ricorso all’italiano nel- interlocutore e, spesso, di imitarne la voce. Come Arlecchino
la sua narrativa comica coincide con scopi Nel corso della sua lunga vita, Voltaire Nel 1728 scrisse, ancora dall’Inghilterra, a
erotici, con il bisogno di attrarre l’attenzio- continuò a reinventarsi come autore cre- un corrispondente che si trovava in Franne su ciò che lui stesso fingeva di pensare ando diversi personaggi e diverse posture cia: «Penso e scrivo come un Inglese libea seconda degli eventi e delle circostanze. ro». Quando leggeva (ovviamente in ingleche dovesse restare nascosto.
Per Voltaire, come quest’antologia Molti dei suoi testi sono firmati con pseu- se) l’Essay on Man di Alexander Pope, ai
rivela in maniera più che convincente, donimi di pastori protestanti, quaccheri, margini annotava i propri commenti tall’Italia era la sede mitica del cattolicesi- rabbini… e perfino dall’arcivescovo di Nov- volta in francese, talvolta in inglese: quemo e la terra del Papa. Il cattolico Voltai- gorod. Non sorprende che Voltaire riuscis- ste improvvise variazioni linguistiche sono
re costruì così il suo proprio,
affascinanti anche dal versante
e assolutamente singolare, mito
La voce italiana di VolSPEDì A UN’AMICA UNA LETTERA psicologico.
dell’Italia; e lo costruì scrivendo
taire, così come quest’antologia
in italiano. Un giorno la zarina
rivela, parla la lingua del cattoliD’AMORE SCRITTA IN LATINO,
Caterina, scherzando riguardo
Ed è anche, specialmente
ITALIANO E INGLESE. un collage cesimo.
alla propria potestà sulla Chienei racconti e nella sua corrisponsa russa-ortodossa, suggerì a Vollinguistico che combinava IN denza segreta con M.me Denis, la
taire di diventare Papa così da
lingua dell’erotismo. Voltaire scripochi versi l’antico (latino), veva al Papa e, in Candide, invenpoter riunire la Chiesa greca a
quella romana: «Già scorgo un
il personaggio della figlia del
il moderno E pratico (inglese) tava
gran beneficio per la cristianiPontefice. Quando viveva a Berlie l’erotico (italiano)
tà», gli scrisse. È una battuta grano, Voltaire spedì alla sua nobile
ziosa, ma fa ridere soprattutto se
amica la contessa di Bentinck una
si pensa che con ogni verosimiglianza Vol- se a replicare alla perfezione lo stile dei cat- poesia d’amore scritta in latino, italiano e
taire avrebbe potuto prenderla piuttosto tolici del tempo. Si lasciò addirittura sfug- inglese – un collage linguistico che combisul serio… È anche vero che Voltaire senti- gire una battuta su questa sua personalità nava nel breve volgere di pochi versi l’antiva di non poter sottrarsi al linguaggio del multipla piuttosto raffinata: nel 1759 scris- co (il latino) e il moderno (l’inglese), il pracattolicesimo e, per certi versi, anche alle se da Ginevra al suo amico svizzero Théo- tico (ancora l’inglese) e l’erotico (l’italiano):
sue insidie. Rispose a Caterina che «la tol- dore Tronchin: «Uno Svizzero come me […] «La gran’ lite delle tre dee vi condusse a /
leranza è ciò che desidero e la religione non sa niente di marina» (in questo caso, Berlino e l’amor vi ritiene. Fortunate / puer
che predico; voi siete a capo del sinodo nel con ogni evidenza, Voltaire si sentiva non I pray you to send this letter…».
quale io non sono che un semplice mona- solo cattolico ma anche calvinista). Gli stuUn’artista che stava tentando di ritrarco»: perfino quando protestava contro il diosi sono sempre stati a conoscenza del re Voltaire si lamentò perché era difficicattolicesimo, Voltaire si atteneva al suo fatto che Voltaire avesse scritto in italiano le afferrarne la natura intrinseca. Era una
vocabolario. In questo caso non si trattava ma, raccogliendo per la prima volta i suoi figura arlecchinesca, disse, che continuava
solo di un deliberato calembour ma anche scritti italiani, quest’antologia pone in a muoversi per la stanza e che non sarebbe
– e soprattutto – di una forma mentis piut- una luce completamente nuova la peculia- mai riuscita a star ferma per consentirle di
tosto automatica.
re personalità della voce italiana di Voltai- finire il ritratto. Forse, alla fine, Arlecchino
Voltaire è un uomo dai molti volti e re. La voce inglese di Voltaire (quando oltre è il ritratto più accurato che possiamo tracdalle molte voci. Orazio, in una delle Sati- al cattolico faceva anche l’anglicano) è la ciare di Voltaire; e Arlecchino, quando parre (I.6), dice che ogni uomo dovrebbe resta- voce dell’uomo libero: dopo aver trascorso lava, parlava italiano. n
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LE NUOVE LETTERE
DI BERLICCHE
IL DIAVOLO SGUAZZA NEL MORALISMO FISCALE
A Cesare quel che è di Cesare
Anche se Cesare vuole tutto
M
Malacoda, volevo sottoporre
alla tua attenzione alcuni dati che ti
prego di considerare non in chiave
politica ma sotto l’aspetto strettamente etico.
Dovresti avere imparato ormai che il primato dell’etica pubblica è ciò che ci consente di
fare e disfare in questo mondo senza doverci
curare troppo delle ragioni e della verità delle
cose. L’affermazione della coerenza comportamentale come principio primo ci permette
di attraversare indenni tutte le incoerenze logiche e fattuali di cui una persona intelligente potrebbe accusarci.
Ma veniamo ai numeri di NON C’È RETORE CHE NON CI RICORDI QUOTIDIANAMENTE
cui ti parlavo. Li desumo da una CHE “LE TASSE VANNO PAGATE”. E UN SARTO A BOLOGNA
fonte insospettabile, il gazzetti- VERSA ALLO STATO IL 77,23 PER CENTO DEL REDDITO
no quotidiano del moralismo
pubblico alternato: un giornale italiano che 72,77 per cento del reddito d’impresa. Per
dare a Cesare quello che Cesare reclama, gli
si chiama la Repubblica.
Premessa: si parla di tasse. Il dovuto a Ce- occorrono 261 giorni del suo anno lavoratisare su cui sempre ci si sofferma quando si ci- vo, quasi nove mesi su dodici. Più sfortunato
ta il Nostro Nemico, tralasciando di interro- di lui il negoziante (in regola) di Napoli, che
garsi che cosa intendesse nella seconda parte salda il suo debito con lo Stato in 272 giordel suo celebre aforisma quando parlava di un ni, lasciando nelle sue casse il 74,61 per cennon ben quantificabile “quel che è di Dio”. Da to del suo fatturato. Ma c’è chi sta peggio, il
lì in poi non c’è retore di bon ton fiscale che sarto che disegna moda e cuce vestiti nella
non ci ricordi quotidianamente che “le tasse moderna ed efficiente Bologna taglia e cuce
vanno pagate”, e che la “lotta all’evasione fi- per il fisco 282 giorni l’anno, nelle tasche dei
scale” è il compito primario di qualsiasi gover- suoi pantaloni resta meno del 23 per cento
no che voglia fare dell’Italia un paese norma- del suo lavoro, il 77,23 viene prelevato dalla
le, anche perché – si aggiunge – con i proventi mano pubblica.
Perché ti scrivo tutto questo? Non certo
di questa lotta (si stimano 150 miliardi di euro annui di evasione) si risolverebbe ogni pro- per sposare la tesi che dice che la lotta all’evablema economico italiano. C’è chi anche a si- sione fiscale passa attraverso la diminuzione
nistra (la lotta all’evasione è un po’ come la della pressione fiscale. Ti ho già detto che la
difesa della Costituzione, dovrebbe essere un politica non è nei miei interessi. Mi interesimpegno di tutti ma a sinistra la sentono co- sa invece la corruzione dei cuori e il come si
me una loro bandiera personale, dettandone possa favorirla. Uno dei metodi più sicuri è
i modi e i contenuti) fa notare che elimina- prendere una parola, una sola, del Nostro Nere d’un colpo tutta quella ricchezza sommer- mico ed esaltarla nella sua imperatività mosa avrebbe come prima conseguenza concreta rale: date a Cesare quel che è di Cesare. A Ceil toglierla dall’economia reale con la chiusu- sare, nello stesso tempo, non dobbiamo far
ra di migliaia di piccole imprese e conseguen- sapere quello che il Nostro Nemico ha sugze disastrose per l’occupazione e anche per le gerito di chiedere ogni giorno a suo Padre:
casse dello Stato (lo dice il professor Ricolfi), «Non ci indurre in tentazione». Cesare potrebbe diventare saggio e gli uomini improvma in pochi gli fanno eco.
Dicevo, i numeri. La pressione fiscale re- visamente virtuosi. Non va bene.
ale totale di un bottegaio di Firenze è del
Tuo affezionatissimo zio Berlicche
io caro
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d’essere, perché con l’utilizzo del led possiamo disporre i nostri punti luce dove vogliamo» prosegue Manuela. La gamma di prodotti Natevo vuole sposare questa
idea di illuminazione, offrendo ai consumatori l’opportunità di utilizzare la luce come elemento d’arredo, disegnando le forme degli oggetti e modificando
la percezione dell’ambiente in cui questi sono inseriti. Come? «Inserendo la luce nell’arredamento stesso. Mobili con una luce innata, emanano tutta l’illuminazio«Mio padre raccontava di quando la domanda
ne necessaria al contesto in cui
superava l’offerta. Ora è diverso, ma si vince
sono inseriti. E ne trasformano
con la forza delle idee. UNO DEI NOSTRI MIGLIORI
la percezione da semplice strumento da utilizzare a elemenLETTI è STATO INVENTATO DA UNO STUDENTE»
to di design da vivere». La sedia
affermato o un semplice appassionato». Manuela Mes- Tube, la poltrona Nuvola di luce, le librerie CCLight
sina, trentatré anni, laurea in lingue, coordina il cen- e Super8, i tavoli Plettro, LP, Woofer, i tavolini Pulsar,
tro Ricerca&Sviluppo di Flou Spa. All’ultimo Salone l’appendiabiti Ski e la consolle Peak sono solo le punte
del Mobile l’azienda brianzola ha presentato il nuovo d’eccellenza di un progetto che vuole essere molto più
marchio Natevo (che sta per “natural evolution”) e la che una semplice collezione di design. Natevo rappresua prima collezione di mobili multifunzionali lumi- senta infatti l’evoluzione più avanguardista dei pronosi. Gli arredi sono infatti dotati di una luce a led cessi produttivi di un’azienda leader di mercato. Per
insieme decorativa e funzionale, capace di creare sce- la prima volta un brand veste i panni di un realizzanografie inaspettate e sorprendenti. «Oggi nuove ten- tore di idee e chiede a progettisti, architetti, designer,
denze stanno stravolgendo il concetto di illuminazio- ma anche semplici appassionati, come immaginerebne residenziale. Se la storia ci ha insegnato che que- bero e realizzerebbero un oggetto d’arredo. La collesta nasce con il posizionamento delle candele, del fuo- zione iniziale verrà dunque integrata man mano con
co, posto per motivi di sicurezza in mezzo al soffitto numerosi altri oggetti che saranno realizzati e prodotdelle stanze, oggi quest’esigenza non trova più ragion ti in base al gradimento che riscuoteranno dall’auprodurre e distribuire. Potenzialmente, una rivoluzione nel modo di arredare. La chiave? Un design aperto
a chiunque custodisca una propensione creativa, in
linea con il mood del marchio e con i gusti del pubblico. «Noi mettiamo a disposizione 35 anni di esperienza e facciamo da collettore di idee. Perché una buona
idea può arrivare da chiunque: un ragazzo che non
ha ancora finito l’università, un tecnico, un designer
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L’ITALIA CHE LAVORA
Sopra, una
dipendente
nel reparto
produttivo di Flou
a Meda (Mb).
A destra, in alto,
il letto Nathalie
creato nel 1978
da Vico Magistretti
e ancora oggi uno
dei prodotti più
venduti dall’azienda
brianzola.
Nell’altra foto,
Magistretti
nel 1978 al lavoro
con Rosario
Messina, fondatore
di Flou scomparso
nel marzo 2011
dience. Il tutto gestito attraverso una piattaforma
di crowdsourcing (raccolta fondi) sul portale dedicato
(www.natevo.com). L’ispirazione arriva da Kickstarter,
un sito americano, fondato su una formula semplice
ma efficace: chi ha un’idea, ma non le risorse necessarie, chiede di essere finanziato. Il creatore del progetto
definisce i parametri del suo crowdfunding: il tetto di
denaro da raggiungere e il tempo necessario per raccoglierlo. I lettori interessati possono donare liberamente una somma di denaro, investendo attivamente nella produzione. Se chi ha creato il progetto non riesce
entro la data prefissata a ricevere la cifra necessaria
alla realizzazione, i fondi di ciascun donatore vengono immediatamente rimborsati. Su Kickstarter si trovano idee di tutti i tipi: dai giochi da tavolo agli orologi, dai libri alle sceneggiature di film. Alcuni progetti
hanno raggiunto budget milionari.
Tu clicca e io produco
«Siamo rimasti affascinati. Capita spesso di avere
un’idea in testa. Di pensare: vorrei un oggetto fatto
così, ma non lo trovo da nessuna parte. Quasi quasi me lo faccio da solo. Sono progetti che rimangono irrealizzati, per pigrizia e per mancanza di competenze. Ma l’ispirazione è a 360 gradi. Quante persone hanno in testa un’immagine che vorrebbero vedere realizzata? Basta mettere in collegamento i due
mondi. E ci siamo chiesti: perché non fare la stessa
cosa con il design?». Natevo nasce così, col desiderio di
non commissionare la produzione di nuovi concetti e
36
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prototipi a designer specialisti, ma di sollecitare soluzioni creative. Il sito offre a chiunque la possibilità di
disegnare e sottoporre progetti, che vengono valutati
da una commissione di esperti (Joseph Grima, Marva
Griffin, Susanna Legrenzi e, per Flou, Manuela Messina e Andrea Corti). Se il progetto corrisponde ai valori del marchio viene realizzato il prototipo da mettere
in rete. A quel punto sono i visitatori del sito ad esprimere il loro gradimento nei confronti di ciascun prodotto e a “sponsorizzarlo” attraverso la prenotazione
della pre-serie.
L’effettiva produzione di ciascun prodotto dipende quindi da un “click”, che testimonia l’apprezzamento di quanti si sono resi disponibili ad acquistarlo. Chi vuole vedere realizzato uno dei pezzi proposti,
a fronte del versamento di una cifra, ha diritto a ricevere una serie di benefit, proprio come in Kickstarter:
la citazione tra gli sponsor, un gadget Natevo, l’opportunità di aggiudicarsi in esclusiva il primo pezzo prodotto, una serigrafia personalizzata su vetro. Al contrario ogni progetto che non raggiunge l’obiettivo
non viene prodotto e il prototipo viene donato al progettista. «È un concetto completamente nuovo e ora ci
stiamo divertendo a reperire i progetti e a svilupparli.
Ogni due mesi i prototipi entreranno in produzione»,
spiega Manuela Messina. «In questo modo si producono solo pezzi che le persone realmente desiderano di
avere, evitando il rischio della sovra-produzione, contenendo sensibilmente i consumi». Un modo di riavvicinare al design il grande pubblico? «Mio padre mi
raccontava di quando la domanda superava l’offerta,
i camion erano pieni di mobili, a volte mancava persino il tempo di scegliere il rivestimento, e gli ordini
a volte li scrivevano sui tovaglioli, al ristorante. Ora i
tempi sono cambiati, è vero, ma si vince ancora con la
forza delle idee. Ci sono aziende che hanno un parco
architetti invidiabile. Uno dei nostri letti più venduti,
Essentia, nasce da un’idea sviluppata da due universitari. Non siamo mai stati elitari. E funziona».
Chiara Sirianni
STILI DI VITA
CINEMA
SUI DIRITTI DEGLI ANIMALI
Conta più un cane di un bimbo
PRESA D’ARIA
di Paolo Togni
M
i piace tornare a temi propriamente ambientali per commentare due episodi
recenti, uno positivo e uno negativo, ambedue (ma è un caso) verificatisi
negli ultimi giorni nel nord est.
Primo episodio: in un parco pubblico dotato di una struttura ludica per bambini, avviene che questi ultimi, rumoreggiando secondo la loro natura, infastidiscano un piccolo cane da compagnia. Proteste vibrate della padrona che chiede,
e ottiene, la chiusura della ludoteca per evitare disturbi ai cani. Mentre le rimostranze e le proteste appaiono, secondo logica, frutto di una forma particolarmente acuta di isteria, quello sul quale ragionare è il comportamento delle autorità
competenti, che hanno disposto la chiusura della struttura destinata ai bambini. In sostanza, la tutela di qualche animale viziato è stata considerata prevalente rispetto agli interessi dei bambini utenti della struttura e delle loro famiglie.
Questo comportamento – ignorante e caratterizzato da un inusitato grado di imbecillità – si inscrive in quel contesto che per brevità definirò dei sostenitori dei
“diritti degli animali” del quale greggi crescenti di umani, che costituiscono il vero popolo bue, stanno dando prova con varie attività che sono arrivate anche in
Parlamento. Chi aderisce a questo partito dimostra notevole ignoranza e maggiore imbecillità: non mi interessa
UNA STRUTTURA LUDICA È STATA
parlarne ancora.
La buona notizia è che una
CHIUSA PERCHé I BAMBINI
recente pronunzia della Corte
DISTURBAVANO L’ANIMALE DA
di giustizia europea, accoglienCOMPAGNIA DI UNA SIGNORA.
do il coraggioso ricorso di un
IN SOSTANZA, la tutela di UN
agricoltore friulano, ha ammesCANE viziato è PIù IMPORTANTE
so l’utilizzo di talune sementi geneticamente modificate; il
DEgli interessi dei RAGAZZINI
giudice italiano ha dovuto restituire al ricorrente terreni e sementi, a suo tempo sequestrate non per giustizia,
ma seguendo la cervellotica, ignorante e faziosa interpretazione che i funzionari del ministero dell’Agricoltura, data su ordine di talune organizzazioni del settore che costituiscono un potente centro di potere politico e di torbidi interessi
economici. È infatti evidente che c’è qualcuno che, per qualche motivo inconfessabile, organizza campagne di stampa, incendi di colture e incidenti di piazza; e
se i fissati del chilometro zero forniscono un po’ di combustibile, gli organizzatori sono ben altri. Ma il discorso sugli Ogm, per essere chiaro, completo ed esaustivo, dovrebbe essere molto lungo: non è tempo né luogo, ma sicuramente troveremo tempo e luogo per farlo.
Bilancio in pareggio? No, vittoria ai punti. A nuove considerazioni.
[email protected]
HUMUS IN FABULA
raccolta differenziata
Un’app per smaltire
dubbi e rifiuti
Dove si butta il fazzoletto di carta? È un rifiuto organico, carta,
o rifiuto indifferenziato? E dove
vanno le lampadine? E le bombole del gas? A fugare ogni piccolo o grande dubbio sulla raccolta differenziata c’è da oggi
ComeButta, l’esperto virtuale
che insegna a smaltire in modo
corretto ogni tipologia di rifiu-
38
| 26 giugno 2013 |
|
to. L’idea, sviluppata in Trentino
dall’Unità di ricerca Ict4g della Fondazione Kessler in collaborazione con Amnu Spa (azienda
che si occupa di igiene ambientale) per migliorare il sistema
di raccolta, è diventata in fretta un sito (comebutta.it), dotato
di un aggiornato elenco da consultare o al quale rivolgere, previa registrazione, domande specifiche per ottenere consigli da
altri utenti più ferrati o una “sentenza definitiva” dagli esperti
Amnu. Soprattutto, ComeButta è diventata un’applicazione Android gratuita, grazie alla quale è
Stoker,
di Park Chan-wook
Buon senso
della suspense
In una famiglia in difficoltà dalla morte recente del
capofamiglia, piomba improvvisamente uno zio di
cui da tempo non si avevano più notizie.
Dramma della solitudine
che sconfina nella tragedia. È l’ultimo film di Park
Chan-wook, il regista coreano della Trilogia della Vendetta (3 film uno più
tragico dell’altro, il migliore era il centrale Oldboy) e
poi persosi in uno stile tanto raffinato quanto autoreferenziale. Stoker non fa
eccezione: è un film di gran
HOME VIDEO
La regola del silenzio,
di Robert Redford
Immortale Redford
Un giovane reporter scopre
la vera identità di un attivista
coinvolto in fatti di sangue.
Thriller dalle venature politiche
diretto e interpretato dal settantaseienne Robert Redford,
che sforna un film classico concedendo un po’ troppo al proprio personaggio (che come
uomo d’azione non è più credibile) e abbastanza al migliore
del cast, il bravo Shia LaBeouf
efficace nei panni del reporter
un po’ goffo. Discreta suspense,
regia che lavora sui personaggi,
intreccio anni Settanta.
anche possibile scattare una foto, dotarla di una breve descrizione ed ottenere una risposta
rapida sulla corretta modalità di
conferimento del rifiuto direttamente sul proprio smartphone.
Certo, le modalità di smaltimento variano ancora da comune a
comune, ma il progetto trentino vanta già un’affezionata community di giovani e fedelissimi: il
sistema è infatti al momento in
fase di sperimentazione tra gli
studenti dell’Istituto di Istruzione Marie Curie di Pergine e l’Istituto di Formazione professionale
alberghiero di Levico Terme, ma
chiunque può partecipare scari-
cando l’app sul cellulare o registrandosi sul sito, dove è anche
possibile trasformare il proprio
contributo in un gioco, iscrivendo
la propria squadra e ricevendo
punti per ogni suggerimento corretto. Il sistema, per quanto perfettibile, rappresenta un tentativo apprezzabile per semplificare
e diffondere l’importanza del riciclo in un momento in cui in Italia, ogni anno, vengono prodotti
circa 32,5 milioni di tonnellate di
rifiuti urbani (dati 2010), pari a
circa 536 chili di rifiuti a persona
all’anno: di questi, solo poco più
di un terzo viene avviato al riciclo (35,3 per cento).
NUOVA DIPENDENZA
classe con una bella e brava
protagonista come la Wasikowska e una Kidman tornata su livelli decenti. Il film
è un pozzo di cinefilia: il plot
è preso di peso da L’ombra del dubbio e tutto il tema voyeuristico è farina del
buon Alfred di cui si riprende altro, compreso il solito
Psyco. Il morboso connesso al duello tutto femmini-
le tra le due interpreti è figlio di Aldrich (Che fine ha
fatto Baby Jane?) e in generale la regia ha un buon senso della suspense. Due però
i problemi grossi: il morboso
che sconfina nel cattivo gusto e una certa prevedibilità
dell’intreccio. visti da Simone Fortunato
SPORTELLO INPS
In collaborazione con
DOMANDA & RISPOSTA
Tutto quello che
bisogna sapere
Pensione di invalidità
Mia moglie prende ormai da anni
una pensione integrata al minimo
categoria VR. Vorrebbe affittare
una casa a 200-250 euro/mese.
Che cosa le potrebbe comportare
nei confronti della pensione?
Antonio A.
Se l’importo percepito dall’af-
invia il tuo quesito a
[email protected]
Leggere racconti
con le orecchie
Il regista
Park Chan-wook
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
E
fficaci come il miglior gioco, stimo-
lano la mente e la creatività. Fanno galoppare la fantasia e tengono schiere di bambini, e non, quieti in
auto. Ideali per le madri e per i lunghi
viaggi, non rintronano. In una parola,
viva gli audiolibri. Alcuni amici macchina-dipendenti me ne avevano già
illustrato i vantaggi, come la riscoperta di classici dimenticati o mai letti, e
da quel momento si è inaugurata in casa mia una nuova era. Del tipo che il
Gio è riuscito a sopravvivere alle solite
strade alternative al traffico del padre,
cinque ore tra i monti dell’appennino
ligure-piemontese, ascoltando Le avventure di Tom Sawyer. A chi non piace sentir leggere un libro? E se poi chi
legge è così abile da “fare le voci”, molte voci diverse? C’è solo un problema,
creano assoluta dipendenza. Se le avventure narrate sono quelle de La Freccia Nera, se la penna è quella di Stevenson che in poche righe sa tratteggiare
qualsiasi personaggio e ti fa tifoso della storia, se ci sono in macchina tre maschi di età compresa tra gli 11 e i 56
anni che non hanno mai conosciuto
le vicende di Dick Shelton e Joanna Sedley, ti può capitare di vederli arrivare, parcheggiarsi tenendo la macchina
accesa a 34 gradi sotto il sole, 8 minuti così, per sentire la fine del capitolo,
perché, come si fa a vivere senza sapere
se la spia «segreta come una talpa» sarà
scoperta o no da Dick? I libri si leggono
anche con le orecchie.
mammaoca.wordpress.com
fitto non fa superare i limiti di
reddito (cambiano leggermente ogni anno) previsti dalle norme per la concessione del trattamento minimo, non succederà
nulla. In caso contrario, la pensione subirà una decurtazione pari alla quota di reddito che
supera il limite stabilito.
Sono nato nel 1957. Ho versato
cinque anni all’Enasarco ma mi
hanno detto che non vengono retribuiti sul conto totale della pensione. Come mai questi cinque
anni di Enasarco li perdo e non
vengono calcolati sul totale?
Adriano C.
La Fondazione Enasarco provvede a previdenza e assistenza degli agenti e dei rappresentanti di
commercio. Le prestazioni previdenziali della Fondazione sono
integrative rispetto a quelle fornite dal “primo pilastro” Inps. I
suoi contributi, benché obbligatori, sono versati in un fondo integrativo ai fini di una prestazione “autonoma” e come tali non
possono essere cumulati con
quelli versati all’Inps.
Ho compiuto da poco sessantanove anni e ricevo la pensione di anzianità da diverso tempo. Recentemente sono stato operato. Sono
convinto che mi verrà riconosciuta
un’invalidità dell’80 per cento. In
questo caso percepirò un’ulteriore
pensione se pur minima?
Vito M.
La pensione supplementare di
invalidità non spetta ai titolari
di pensione a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria.
Può essere richiesta esclusivamente dai lavoratori titolari di un conto assicurativo presso l’Inps che siano già titolari
di un’altra pensione a carico di
un Fondo sostitutivo, esclusivo
o esonerativo dell’Assicurazione
Generale Obbligatoria.
|
| 26 giugno 2013 |
39
Tempi
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Meluzzi: «Il M5S è una setta
messianica e millenarista»
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Bergomi e Spagna ’82: «La forza
era il gruppo. Come nella
Nazionale di quest’anno»
di Luigi Amicone
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Nazionale di quest’anno»
era il gruppo. Come nella
Bergomi e Spagna ’82: «La forza
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per la famiglia»
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Bologna, referundum anti-paritarie.
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Simone: Il segreto (rivoluzionario)
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di religione
spread, ormai è una guerra
Giannino: Altro che debiti e
PER PIACERE
LA CAMBUSA, CINISELLO BALSAMO (MI)
Il santuario del pesce
(quello buono) alla pugliese
IN BOCCA ALL’ESPERTO
AMICI MIEI
MOSTRE
A Milano il Leonardo
delle favole, delle
burle e del gioco
“Leonardo: favole e facezie”. È
questo il titolo della sedicesima
mostra del Codice Atlantico,
quest’anno dedicata all’opera
letteraria di Leonardo. L’intento è quello di presentare un percorso solo apparentemente secondario rispetto alla pratica
artistica e agli studi scientifici e tecnologici certamente più
noti. A cura di Pietro C. Marani e Carlo Vecce, con la collaborazione di Giuditta Cirnigliaro
(Catalogo Edizioni De Agostini), la mostra si apre nella Biblioteca Ambrosiana con i fogli
riguardanti il confronto con le
fonti: una sezione è interamente
dedicata ai libri che possedeva
Leonardo, illustrati con esemplari conservati presso la Biblioteca che vengono esposti per la
prima volta. Seguono le favole
sulla natura, molto numerose e
dedicate principalmente a piante e piccoli animali, in cui si fondono osservazione scientifica,
interpretazione morale e interesse letterario. Il percorso continua nella Sacrestia del Bramante attraverso testi di alto
valore poetico, disegni e studi di
figure fantastiche, che permettono di entrare nel laboratorio
creativo di Leonardo e di comprendere i meccanismi della
scrittura e i procedimenti legati all’invenzione dei personaggi.
Un testo poetico canzonatorio
nei confronti del poeta Bernardo Bellincione introduce infine la serie delle facezie, le caricature grottesche e i disegni
osceni. Ancora un altro Leonardo: quello della burla, del gioco,
dell’appunto scherzoso. L’esposizione rimarrà aperta fino all’8
settembre. Per info e prenotazioni: 02-80692248 prenot
[email protected].
di Tommaso Farina
I
n estate inoltrata, cresce la voglia di assaggiare qualcosa
di pesce. Non ce ne vorrete, se vi descriveremo dunque uno dei
santuari del buon pesce fuori Milano. A Cinisello Balsamo,
terra di grande immigrazione meridionale (lì vicino c’erano le
grandi industrie di Sesto San Giovanni, bisognose di forza lavoro), sta anche la famiglia Disabato, una schiatta di pugliesi Doc.
Davanti al grande magazzino di una nota società di commercio
all’ingrosso, i Disabato da tanti anni tengono aperta la Cambusa.
Ossia, pesce e fortissimamente pesce. Tutto elaborato alla maniera della Puglia, per restare fedeli alle origini.
L’ambiente è stato rinnovato da poco tempo, e il ristorante si
è fatto più fresco e accogliente, senza perdere i pregi del servizio
cordiale, e soprattutto della cucina verace. Il mega antipasto costa 45 euro, ma non spaventatevi: è quasi un piccolo pranzo. Prima arriveranno le alici marinate in casa; poi, un soave carpaccio
di branzino con ottimo olio pugliese; indi sarà la volta di scampi e gamberi rossi crudi, di indicibile freschezza; a seguire, la tartara di tonno, poi gli scampi al sale, i gamberetti fritti, il fritto di
boga e triglia, la leggiadra “scarpetta” di calamari anch’essi fritti. Ultime tre portate: il bollito di calamari, la pescatrice ai 13 sapori e la trionfale tiella di patate e cozze, direttamente dalla tradizione tarantina.
Se ce la fate, passate ai primi: semplici linguine alla tarantina con cozze, vongole e peperoncino; cavatelli ai frutti di mare;
risotto alla marinara (per due). Di secondo, zuppa di pesce; gran
fritto di paranza; pescatrice in brodetto; pesci a piacere.
Di dolce, la crema catalana o la “pasta e ceci” (frutta col gelato). Carta dei vini inglobata nello stesso menù, non estesa ma neppure risicata. A seconda di quel che prendete, prevedete una spesa tra i 65 e i 90 euro per quattro piatti. Del resto sul pesce non
si scherza, e quello buono non viene via per un boccone di pane.
Per informazioni
La Cambusa
www.ristorantelacambusapesce.it
Via Enrico Ferri, 11
Cinisello Balsamo (Milano)
Tel. 0266040975
Chiuso la domenica e il lunedì
30esima edizione
La Festa più pazza
del mondo a Carpi
Con la messa in scena, venerdì
21 giugno, di brani tratti dal testo pirandelliano Ciaula scopre
la luna, è stato affidato alla compagnia teatrale del Nan Shan
il compito di introdurre il significato della 30esima edizione
della Festa più pazza del mondo, quest’anno intitolata “La vita ci sorprenda” (Piazza Martiri – Carpi, 21-22-23 giugno). Gli
ospiti sono tutte persone del nostro tempo, toccate dai nostri
stessi problemi, incastrate nel-
le stesse nostre condizioni, in cui
brilla però la speranza, tanto da
renderle comunque creative e
propositive. Vale la pena di incontrare Rafal Wieczynski, regista del film Popiełuszko, Giorgio
Vittadini, Matteo Capodonico,
Manuel Mollicone, Giambattista
Tirelli e tanti altri. Nel racconto
delle loro esperienze c’è la possibilità di intravedere le ragioni della vitalità che li contraddistingue. L’occhio leale si accorge
che l’uomo non è solo menzogna, tornaconto e opportunismo:
può essere generoso nella difficoltà economica, operoso e infaticabile nella ricostruzione, persino religioso nell’esperienza del
dolore. Strano mistero la speranza, direbbe Charles Péguy.
Cos’è che muove l’io a raccogliere le proprie risorse, a rialzarsi e
a ricominciare? Ancora più sorprendente è incontrare qualcuno che ti sfidi, come Papa Francesco, a vivere con gioia la fatica
quotidiana, quella di tutti i giorni,
quella che “taglia le gambe” poiché è sempre uguale, apparentemente sterile e insignificante per
la storia del mondo. Ebbene, solo il miracolo di incontrare un uomo che rimane tale, qualcuno
che non ha abdicato alla speranza può conservarci uomini nelle nostre grandi e misere fatiche,
solo la sorpresa della vita stessa che inaspettatamente ci invade può custodire la nostra nobile
tensione a essere felici. Quando
«diventando testimoni di Cristo
– ha scritto monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi –
sperimentiamo il realizzarsi della
nostra vita, della nostra vocazione. Tanto che anche noi possiamo ripetere con san Paolo: “Chi
ci separerà dall’amore di Cristo? Tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo,
spada? In tutte queste cose noi
siamo più che vincitori, per virtù
di Colui che ci ha amato”».
|
| 26 giugno 2013 |
41
MOTORPEDIA
WWW.RED-LIVE.IT
A CURA DI
DUE RUOTE IN MENO
MV Agusta F3 800
Stile italiano, un marchio che riempie di orgoglio,
tecnologia allo stato dell’arte. Cosa sarebbe l’Alfa 4C se fosse una moto? Probabilmente sarebbe
una MV Agusta F3 800. Ultima versione della supersportiva varesina, la F3 800 punta su leggerezza assoluta (167 chilogrammi) e su un motore tre
cilindri capace di 148 cavalli e di una gestione elettronica avanzatissima. Una ricetta vincente su strada, grazie alla coppia del tre cilindri da 800 cc, ma
soprattutto in pista, dove la F3 800 può permettersi di mettere il sale sulla coda alle Superbike 1.000.
Molto più potenti ma anche molto più costose. Come dice il motto? In medio stat virtus. [sc]
42
| 26 giugno 2013 |
|
Qui sopra, il frontale
dell’Alfa Romeo 4C
e, a destra, l’interno
dell’abitacolo.
A sinistra, MV Agusta
F3 800: leggerezza
assoluta (167 kg)
e motore tre cilindri
capace di 148 cavalli
CONTENUTI DA ALTA GAMMA
PREZZI ALLA PORTATA DI MOLTI
Alfa Romeo 4C
La supercar possibile
I
l popolo alfista è in trepidazione: poche altre volte negli ultimi anni ha atteso l’arrivo di un nuovo modello come sta accadendo quest’anno. A ragione, perché la 4C
non ha mandato in subbuglio solo gli appassionati del Biscione ma, in generale, ha scaldato il cuore di tutti gli amanti delle belle auto
sportive italiane. Il motivo? La 4C è un piccolo capolavoro di design – una “ferrarina” (sarà
costruita negli stabilimenti Maserati), passateci il termine – la cui sportività riporta alla memoria molti modelli storici usciti dal Portello.
La 4C è anche un capolavoro di ingegneria su
cui il gruppo Fiat punta forte per rilanciare un
marchio ancora molto amato ma, ultimamente, un po’ appannato.
In Alfa Romeo questa volta hanno fatto le
cose per bene, iniettando nella nuova coupé
una robusta dose di tecnologia. La 4C è pregiata, leggerissima (solo 850 chilogrammi), ha
la scocca in carbonio come le vere supercar e
monta un motore quattro cilindri che ha una
cilindrata storica per Alfa Romeo: 1.750 cc. Interamente realizzato in alluminio – lo stesso
materiale è stato scelto anche per il tetto e molti elementi strutturali, come le flange dei freni
ad esempio – e aiutato dall’ormai immancabile turbocompressore, il motore eroga 240 cavalli, consentendo alla 4C di raggiungere l’invidiabile rapporto peso/potenza
di 4 kg/cv, anzi anche qualcosa
leggerissima,
meno. Motore centrale, trazione
ha la scocca in
rigorosamente posteriore, camcarboNio e monta bio Tct a doppia frizione, sterzo diretto e non servoassistito
un 4 cilindri CON
sottolineano una sportività tutuna cilindrata
ta italiana per un’auto che, una
storica: 1.750 cc
volta tanto, invece di inseguire
da 240 CAVALLI
la chimera della potenza traboccante (non che 240 cavalli siano
pochi…), è stata pensata all’insegna dell’efficienza e del puro piacere di guida.
Una vera supercar, quindi, per contenuti e materiali, ma una supercar possibile per
quanto riguarda il prezzo (circa 50.000 euro)
che sarà alla portata di molti tra gli appassionati, che sicuramente si metteranno in fila
per averne una. Se vi interessa, però, fate in
fretta: di 4C ne saranno costruiti 3.500 esemplari, di cui solo 1.000 arriveranno in Europa.
Stefano Cordara
|
| 26 giugno 2013 |
43
POST
APOCALYPTO
LE DIFFICOLTà DI OGNI GIORNO
Un matrimonio in crisi
dopo troppi sogni delusi.
Solo Cristo può ricostruire
C
Aldo, ti scrivo in cerca di una parola di conforto. Sto con mia moglie da dieci
anni e siamo sposati da cinque. Abbiamo due magnifiche bambine, una sicurezza economica più che buona e viviamo in una bella città. La vita di mia moglie è stata segnata da una
situazione familiare difficile, priva di calore umano, ed è come se tutta la sua vita sia attraversata da una rabbia, da un sentimento di rivalsa che però si unisce a una completa mancanza di autostima e di amore per se stessa. Questa ferita rende il nostro rapporto difficile. Le ho provate tutte,
nel bene e nel male: l’ascolto, l’abbraccio, il cercare di portare conforto e di far sentire attraverso
di me l’amore di qualcuno di più grande. Purtroppo anche le urla e la rabbia.
A ogni mio tentativo – e durante ogni nostra discussione – sembra che si stia aprendo uno spiraglio nel suo cuore, quando cerco di raccontarle e di testimoniarle che il suo valore di persona non
è deciso dai suoi genitori, o dagli amici che non ha avuto. Eppure alla fine prevale un no dichiarato:
prevale sempre l’idea che niente possa cambiare, che il passato e tutto il male subìto abbiano l’ultima parola. Che i limiti siano una prigione. E io sono sempre più sconfortato: la tentazione spesso è di fare finta di niente, di lasciarla nel suo “brodo” e di rifugiarmi nei rapporti con gli amici, con
le nostre bimbe o con il lavoro. Ma io ho bisogno di lei, non posso essere lieto senza di lei, senza il
sorriso e la compagnia della donna che amo e che il Signore mi ha messo di fianco. A volte ho accennato di questo dramma a qualche amico, ma è difficile spiegare la profondità di questo dolore
a chi vive “tranquillo”. Per questo ti ho scritto. I tuoi racconti testimoniano sempre che il bene può
vincere in qualsiasi circostanza. So che mi capirai. A titolo di esempio delle nostre discussioni ti
mando una conversazione via e-mail che abbiamo avuto (io sono V. e mia moglie è M.). Allora, da
cosa partire? Posso ancora sperare? Ti ringrazio da ora con un abbraccio e una preghiera.
Vittorio
aro padre
V: Cara M., sono seduto alla mia scrivania, al lavoro. Nessuno mi stresserà più di tanto oggi: ho
cose da fare ma sono ragionevolmente certo che le farò senza grossi problemi, se solo mi decidessi a iniziare. Tutto sembra indicare una giornata tranquilla. Eppure qualcosa mi manca. CoTUTTI DESIDERIAMO
me tutti i giorni, mi chiedo se sto facendo la
AMARE ED ESSERE AMATI.
cosa giusta. Se sto facendo davvero quello che
il Signore ha preparato per me, se sto seguenÈ SOLO guardando Gesù
do il suo disegno. Mi dico che grazie anche
che io posso amare al mio lavoro viviamo in un bell’appartamento, abbiamo da mangiare. Ma non basta. Couna persona. Voler me a te non basta essere una mamma, fare da
amare senza conoscere mangiare. Sant’Agostino dice: «Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in Te». La tua
il peso della croce è inquietudine è anche la mia. Ancora una volta,
rimanere paralizzati dal profondo del mio cuore ti supplico di unirti a me in questa domanda, in questo mettersi
nel nostro desiderio, è in ascolto come bambini che aspettano una rilasciaRSI determinare sposta dal loro papà. Solo così potremo avere
la pace vera, e solo così saremo liberi.
dalla rabbia
44
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|
M: V., a mente fredda ti dico di sì, ma c’è qualcosa d’altro: una stanchezza, uno sconforto.
Vedi, io sono a casa, sono ancora in pigiama e
sono ancora sporca perché non mi posso permettere di andare in bagno e svegliare la bimba. Sto lavorando su cose su cui non lavorerò più, oggi dovrei fare i compiti per domani
ma non potrò farlo, se va bene, prima di stasera. Così, passerò un’altra serata a fare ’ste scemenze per quattro soldi, senza poter pensare
ai fatti miei. Tra poco la bimba si alzerà e addio concentrazione. Devo cucinare, devo darle da mangiare, ma in teoria devo lavorare.
Questo non è professionale, è ridicolo. Poi devo andare a prendere l’altra bambina e ci metterò come sempre una vita. Con la mia laurea
e il mio dottorato posso pulire il culetto delle
mie figlie. Mi sento solo ridicola. E una perfetta idiota. Ora l’unica cosa che spero è che venga sera, che le bimbe siano a letto e che io possa spegnere in fretta il cervello. Domandare di
essere felice è un lusso che oggi non mi posso
permettere. La tua mail mi commuove, davvero. Ma forse questa compagnia oggi non te la
posso dare, anche se mi piacerebbe. Quello che
vedo è che devo solo chinare la testa.
V: Ma il punto è proprio che non serve nessun
requisito per essere compagni in questo cammino, se non il tuo sì. Non serve che tu sia tutto
quello che confusamente vuoi diventare, ser-
di Aldo Trento
vi solo tu. Nessuno può essere messo al tuo posto, perché il tuo posto è per te. Sono dieci anni che vai avanti con questa storia del “chinare
la testa”. Questo che tu chiami chinare la testa
è in realtà l’ultimo diaframma di presunzione,
di illusione di controllo della tua vita. Tu continui a girare la testa con la rabbia di qualcuno
che ha solo la propria disperazione da difendere. Abbandonala, non avere paura, non lasciarmi solo. Siamo fatti per una vita grande, io e te
insieme. Non sprechiamola chiudendoci nella
nostra sterile miseria umana. Io ti prego ancora, e continuerò a farlo ogni giorno che mi resta, perché io ho bisogno di te, adesso.
M: Ora lavora pure con calma mentre io ho
doppia rottura di scatole e la cena da fare. Poi
quando arriverai io, forse, comincerò a studiare per domani. Questa sì che è una vita grande!
Quasi quasi per festeggiare passo la pezza sugli sputi di pappa che ho sui vestiti.
A
llora da cosa partire? Posso ancora sperare? Provocato da quanto mi
scrivi e dal dialogo fra te e tua moglie che ho pubblicato come esempio di tante situazioni simili alla tua, sono andato con
la mente alle parole che ha detto papa Francesco all’inizio del suo pontificato. Parole che
sgomberano il cammino da ogni possibile sentimentalismo o da una immagine romanti-
ca della vita. Sono parole dure ma vere, reali, concrete, quotidiane per chi vuole vivere
intensamente la realtà, la vita di ogni giorno. Dice il Santo Padre: «Quando camminiamo senza la croce, quando edifichiamo senza
la croce e quando confessiamo un Cristo senza croce, non siamo discepoli del Signore. Io
vorrei che tutti avessimo il coraggio di camminare in presenza del Signore, con la croce
del Signore, di edificare la Chiesa sul sangue
del Signore che è venuto nella croce. E di confessare l’unica gloria: Cristo crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti». E io aggiungerei: il
tuo matrimonio va avanti.
Noi invece vorremmo che la vita fosse diversa da come si presenta, fosse come noi la
vorremmo. Ma la vita in tutto il suo svolgersi non dipende da noi. Chi non si sposa sognando una vita più romantica che realista?
Tu stesso, credo, puoi darmi testimonianza di
questa posizione: certamente non avresti immaginato ciò che ti aspettava.
San Pietro, nel dialogo con Gesù sulla indissolubilità del matrimonio, non era certamente
d’accordo con le sue affermazioni. Un disappunto, quello di san Pietro, che arriva ad affermare: «Se questa è la condizione dell’uomo
rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
Ma Gesù, senza venire a compromessi, riprende la parola e con chiarezza afferma: «Ciò che
è impossibile agli uomini è possibile a Dio».
Più chiaro di così, si muore. Tutti sperimentiamo questa verità. Non c’è essere umano che
non desideri amare ed essere amato, eppure ognuno sperimenta l’incapacità di vivere
ciò che il cuore desidera. È la struttura dell’io
a desiderare questo. Ma in noi c’è una ferita che ne impedisce la realizzazione e che la
Chiesa chiama “peccato originale”.
Nulla è impossibile a Dio
Una ferita che non ha eliminato il desiderio
del cuore, ma ne ha impedito la realizzazione. Per questo Dio si è fatto carne, per questo
il sacramento del matrimonio. Ma neanche
questo è sufficiente se la nostra libertà non
accetta di portare quella croce che è la modalità attraverso la quale il sacramento compie ciò che contiene. È guardando Gesù che io
posso amare una persona. Voler amare una
persona senza conoscere il peso della croce è
rimanere paralizzati nel nostro desiderio, lasciandoci determinare dalla rabbia. Non dimentichiamo: «Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio». Senza Cristo manca
sempre qualcosa, rimane una tristezza di fondo, la tristezza che tutto finirà. Come scriveva
Ugo Foscolo nella sua poesia La sera: «Vagar
mi fai co’ miei pensier su l’orme/ che vanno al
nulla eterno; e intanto fugge/ questo reo tempo, e van con lui le torme».
[email protected]
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LETTERE
AL DIRETTORE
Speriamo che Letta non
abbia girato a Obama
la fola di Saviano
S
iamo veramente nelle mani dei prepotenti. Senza
possibilità di essere difesi. I giudici assolvono gente
che fa spedizioni punitive pure a carico dei consigli
comunali. Il 29 giugno 2010 i militanti della Fornace (centro sociale delinquenziale che ha effettuato 5 occupazioni
abusive negli ultimi 7 anni e tuttora vive in un edificio occupato) sono entrati nel Consiglio comunale di Rho (Mi) urlando e portando sacchi di spazzatura. Hanno forzato il blocco
di carabinieri e polizia e hanno sparato petardi e fumogeni.
Hanno anche rotto una porta. Eppure
sono stati assolti dalle accuse di manifestazione non autorizzata e interruzione di pubblico servizio. A questo
punto i cittadini sono allibiti. Chi li difenderà mai dallo squadrismo dei centri sociali o di qualunque altro gruppo
di prepotenti che vogliono distruggere
la nostra democrazia? Angelo Mandelli via internet
Naturalmente non sono questi episodi a smentire l’impressione di un
sistema allo sbando anche perché
succube di minoranze distruttive.
2
Sono abbonato solo da alcuni mesi alla rivista Tempi e la trovo veramente molto interessante e vivace. Non
ho condiviso però quasi in nulla l’elogio e l’autocelebrazione delle doti politiche dell’attuale ministro degli Esteri
Emma Bonino. Sicuramente la sua conoscenza dei paesi arabi e musulmani è profonda, ma non vedo iniziative
grandi o coraggiose intraprese da que-
sto governo, né si delineano iniziative
future, forse anche perché il peso politico del nostro paese è ridotto. Tutti sono capaci di dire che ci vuole più
Europa, ma sappiamo benissimo quanta poca considerazione abbia ciascun
paese europeo dell’altro. Ha fatto bene il giornalista a non chiedere nulla a
riguardo dei nostri marò prigionieri in
India: quello è un pezzo d’Italia offeso
e calunniato all’estero. Il ministro Terzi dopo aver lavorato incessantemente, forse l’unico del precedente gover-
no, si è dimesso perché bloccato da
Monti e costretto a non lavorare. Forse ci si potrà avvalere di patti bilaterali che stanno per essere conclusi fra
India e Italia, frutto del lavoro decennale di altri, ma sicuramente sui marò
la Bonino e l’Europa hanno le idee molto chiare sul da farsi: stare a guardare.
Alberto Verdi Brunico (Bz)
Come sappiamo, sul caso dei nostri marò la Bonino ha ereditato un
drammatico pasticcio. Ovvero la
di Fred Perri
VECCHIO STILE PRIDE
S
ono un po’ antico e me ne rendo conto. Vi voglio
raccontare questa. Una volta, tanti fa, sedevo
al vecchio Ferraris dopo una partita in notturna della Doria e stavo finendo di vergare il mio dotto
articolo su quanto era successo. Non mi ricordo più
nulla, né il risultato, né le squadre (solo che una era
la Samp), né per cosa si giocasse, però mi ricordo que-
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sto. Ho alzato gli occhi dal primordiale pc che possedevo allora e ho visto, sul prato, una quindicina di
persone, steward e addetti che, disposti su una linea
che prendeva tutta la larghezza del prato, avanzavano insieme cercando qualcosa. Sembrava una scena
di Csi (anche se era ancora tutta da venire). Finito e
trasmesso l’articolo, sono sceso, mi sono avvicinato
Foto: Ansa
Vorrei fare il presidente di una squadra
solo per tagliare creste e multare i tatuati
[email protected]
furbata di un impegno diplomatico violato e l’umiliazione di dover
rimandare i nostri soldati a Nuova
Delhi. Detto questo, sappiamo che il
nuovo inquilino della Farnesina sta
lavorando sodo, anche se, necessariamente, sottotraccia. Ricordare, per favore, che l’interlocutore si
chiama India. Occorre trattativa e
compostezza. Non atteggiamenti da
duri e puri sulla pelle dei marò.
2
Dottor Azzeccagarbugli, guardiamo
alla realtà delle cose o all’opinone democratica del momento? Con amicizia
Leo Aletti
Proviamo a stare sulla prima, Professore, ma anche senza Pinochet.
2
Lo stesso testo utilizzato in tv da Saviano, di cui Giovanardi ha dimostrato
la falsità su tempi.it, è stato citato da
Letta in conferenza stampa per giustificare l’accoglienza indiscriminata agli
immigrati. Si vede che a sinistra riciclano le letture farlocche. Ma ancora più grave è che la “cultura” di riferimento dei ceti dirigenti sia questa.
Luca Pignataro via internet
In effetti, come dice l’Elefante, anche a Letta gli manca il quid.
2
Questo scrive Manzoni nel secondo capitolo dei Promessi sposi: «I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che,
in qualunque modo, fanno torto altrui,
sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento anco-
PIANTIAMOLA DI ESSERE DEI POVERI CRISTI
L’Europa si butta via. La salveranno
i cristiani che sanno amare e sperare
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
U
n cinese è venuto a studiare diritto romano in Italia
perché, dice lui, non si può
fondare un diritto sulle massime di Confucio. E ha aggiunto: «Noi cinesi ammiriamo la civiltà occidentale, ma veniamo qui e ci accorgiamo che la state
buttando dalla finestra». Così sembra quando si legge che due medici belgi hanno dichiarato che in pratica è già in atto l’eutanasia dei bambini affetti da malattie gravi. Questo avviene nella capitale dell’Unione Europea. È giusto desiderare l’unità di
un’Europa che è stata, in passato, troppo divisa, ma è giusto porsi il problema di quale Europa vogliamo costruire. Papa Ratzinger con gli intellettuali francesi nel 2008 al
Collège des Bernardins iniziò con la frase: «Vorrei parlarvi stasera… delle origini della
cultura europea». È un discorso che tutti i liceali dovrebbero assimilare. Ratzinger ricordò, riferendosi ai monaci benedettini, che «non era loro intenzione di creare una
cultura… La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio». Obiettivo elementare ma fondamentale. Poiché cercavano Dio
è venuta fuori una cultura luminosa. E chi fonderà l’Europa del futuro? O saranno i
cristiani o verrà fuori il mostro che già s’intravede. Salveranno l’Europa gli uomini
che sanno amare, credere e sperare. Perciò è venuta l’ora che i cristiani smettano di
essere dei poveri cristi e comincino a riporre la fiducia in Dio (da cui proviene la forza) e a svolgere un apostolato simile a quello dei primi cristiani.
ra a cui portano gli animi degli offesi».
I cosiddetti “antagonisti” del G8 di Genova per settimane, sul web, hanno discusso e programmato il macello che
poi hanno fatto; colpevoli anche loro?
Luigi Cestaro via internet
E il simbolo della giustizia qual è, la
divinità che regge la bilancia o quella che porta la benda agli occhi?
2
Nel libro-intervista frutto di una
chiacchierata con Pippo Corigliano, L’Italia del “miracolo” e del futuro (Cantagalli), Ettore Bernabei definisce la crisi che stiamo vivendo «la
terza guerra mondiale in guanti bianchi». E parla di prostrazione politica del paese. Al riguardo osserva che
i cattolici hanno dimenticato quello
di cui sono stati capaci negli anni del
boom economico. Travolti da una certa propaganda “anticattolica”, hanno
smesso di fare politica.
Bruno Mardegan Milano
Foto: Ansa
SPORT ÜBER ALLES
all’inferriata e ho chiesto al tizio più vicino: «Ma che
cercate?». E questo, sconsolato, allargando le braccia,
mi ha risposto: «L’orecchino di Vialli».
Mi piacerebbe, così, per vedere l’effetto che fa, diventare presidente di una squadra e sforbiciare creste, decolorare tinteggiature abominevoli, abbassare
stipendi per ogni tatuaggio visibile, togliere orecchini e piercing, comminare multe astronomiche a
chi si toglie la maglia, a chi litiga con l’arbitro, a chi
esulta in modo sconclusionato o eccessivo. In pratica (avrebbe detto Lucianone Moggi), renderei al vita
difficile a chi non è in linea con lo stile della società.
Cioè il mio stile. Antico. E me ne vanto.
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taz&bao
IL
FATT
SEPAR
DA
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REAL
TTO
Replico una domandina da scuola elementare alla quale i Travaglio e i Saviano,
dettaglisti per gola, mai rispondono. Mai mai mai. Eppure è la domanda più
importante per giudicare la realtà. La mafia siciliana è in buona forma
rispetto a come stava prima di Falcone, Borsellino, Caselli, Pignatone,
Andreotti, Mancino, Conso, Berlusconi, Maroni, Napolitano, Mori,
Subranni, Obinu e molti altri tra premier, ministri dell’Interno,
capi dei carabinieri, che hanno operato su quel fronte negli ultimi
venticinque anni? La mia impressione di osservatore disincantato
della realtà è che le cosche di Riina e Provenzano hanno subìto
colpi formidabili, lo stato ha fatto scudo, e progressi sono stati
compiuti anche con l’apporto di una ribellione della società
civile (compresi tra gli altri dei bravi imprenditori).
Ma se invece di guardare a politica e storia mi metto a
sbirciare tra le ordinanze e le sentenze, e riferisco quelle
cose a metà tra indizio e pettegolezzo che funzionari alla
Ingroia agitano (agitavano) nell’aria per fare cattiva
informazione e cattiva politica, eccomi intrappolato nei
fatti di Dettaglio, sono già pronto per un corteo dei più
urlanti contro l’antistato o il doppio stato, bandiere
e agende rosse, accuse infamanti, l’incubo di una
mafia inafferrabile di terzo quarto quinto livello,
più p2 p3 p4 e altre cazzate in cui si sono specializzati
i giornalisti italiani pistaroli o filopistaroli.
ARATO
ALLA
ALTÀ
Giuliano Ferrara il Foglio, 17 giugno 2013
TERRA
DI NESSUNO
MIO PADRE NELLA RITIRATA DI RUSSIA
La conoscenza
del male
«C
i dirigevamo con la mia bussola. Dove
la piana bianca e deserta si toccava
con il cielo color lamiera, fissavamo un punto di traguardo. Poteva essere una
scarpata, un palo del telegrafo, una qualsiasi
sagoma che si distinguesse all’orizzonte. Raggiunto un punto di traguardo ne stabilivamo
un altro e così via, per ore, verso ovest.
Dopo qualche tempo si unì a noi un alpino che si tirava dietro un mulo. Più tardi la
pianura divenne totalmente orizzontale, come uno sterminato biliardo gelato. Prima leggero, poi forte, poi fortissimo sopravvenne il
vento. La polvere di neve si levava in turbini
che toglievano la vista e il respiro. Il vento veniva da ovest, dovevamo ogni tanto volgergli
le spalle per riprendere fiato. Un ufficiale di
sussistenza che era con noi cominciò ad urlare di dolore, le mani gli gelavano. “Aiutatemi”, diceva piangendo. “Resisti”, gli gridavamo nella bufera. “Devi resistere fino a che
non troveremo un cespuglio”.
Volle fermarsi, si buttò nella neve. Noi
proseguimmo per una decina di passi, poi ci
voltammo a guardare. Non lo si vedeva più,
l’aria era un soffocante fumo bianco. Tornammo, lo caricammo di pugni e di schiaffi. Picchiavamo con un certo piacere. Ci fermammo infine attorno ad un arbusto di
mezzo metro, in ginocchio dentro la bufera e
il vento teso e radente che sembrava portarci
via. Occorse mezz’ora per riuscire a dar fuoco
a qualche erba secca cavata di sotto alla neve
ai piedi dell’arbusto.
Riprendemmo a marciare. Il mulo aveva
una gallina morta legata al collo; per farlo
camminare l’alpino lo trascinava per la cavezza, gli dava pedate nel ventre e lo colpiva
sulla groppa incrostata di ghiaccio.
Nel bianco accecante che avevamo davan-
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di Marina Corradi
ti si delineò un’ombra. Era un uomo, un ufficiale tedesco. Camminava barcollando in direzione opposta alla nostra, verso il Don. Era
colossale, più alto di due metri. Stringeva un
parabellum, era macchiato di sangue. Gridava ordini, gesticolava e rideva. Aveva gli occhi di un azzurro di smalto. Gli gridammo
di seguirci, provammo a trascinarlo afferrandolo in due per le braccia. Ma lui puntava il
mitra minaccioso e allora noi lo lasciammo
andare nel fumo della neve e del vento che
fischiava, solo e pazzo. Non lo vedevamo già
più e per qualche istante lo sentimmo ancora gridare e ridere.
Camminavamo ora veloci ora lenti, a seconda della intensità della tormenta. Io avevo l’impressione di camminare sempre nello
stesso luogo, come in un incubo; o di muovere vanamente le gambe sopra un tappeto
mobile. Dopo qualche ora la superficie ci apparve rotta da un qualcosa che sembrava un
insieme di bassi cespugli. Non erano cespugli,
ma una decina di cadaveri. Erano nudi, non
si capiva se erano italiani o tedeschi o russi».
Queste righe sono tratte da La ritirata di Russia
di mio padre, Egisto Corradi, edito da Mursia.
Rileggendole oggi ho pensato: ecco cosa mi manca nello sguardo dei miei contemporanei. La consapevolezza, la conoscenza diretta di un male assoluto, e per reazione la spinta a una vita buona.
Non è colpa nostra, se a volte sembriamo fatti di
niente; è che, semplicemente, non sappiamo.