pagina 1 - Fausto Biloslavo
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4 Il fatto CAOS IN LIBANO il Giornale 쏋 Sabato 10 maggio 2008 LO SCENARIO LA MINACCIA DI HEZBOLLAH Un reparto dell’esercito regolare libanese sfila per le strade della zona centrale di Beirut [FOTO: AP] Israele e l’incubo degli iraniani alla porta di casa Fausto Biloslavo Gian Micalessin da Larnaka 쎲Su Beirut sventola bandiera gialla. Hezbollah ha vinto la prima battaglia, la capitale è sua, il Libano forse pure. Diciassette mesi di tensione si sono risolti in una notte ed una mattina di combattimenti. Nelle strade del quartiere di Hamra, cuore pulsante degli affari e del potere sunnita, marciano i miliziani sciiti. Negli obitori si ricompongono i cadaveri delle tredici vittime di questi tre giorni guerra. Negli ospedali si ricuciono le ferite di almeno una trentina fra combattenti e passanti innocenti coinvolti negli scambi di colpi, mentre ci si prepara a trasferire in zone sicure la cinquantina di italiani che si trova nelle zone interessate dai combattimenti (600 in tutto i connazionali nel Paese). Le residenze di Saad Hariri, volto simbolo dei sunniti, e quella del druso Walid Jumblatt sono fortini assediati. Il governo di Fuad Siniora grida al «golpe» ma è un esecutivo in fuga costretto all'esilio sulle alture controllate dai cristiani. Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah che ieri aveva accusato il governo di avergli dichiarato guerra, ha mantenuto la parola. Ha risposto mettendo in campo la forza delle armi e l'esperienza di un esercito-milizia rodato da vent'anni di guerra con gli israeliani. Ma per conquistare la capitale il Partito di Dio ha usato soprattutto gli ascari dei gruppi alleati. A conquistare la sede di Future Tv, la televisione del partito di Hariri situata nel quartiere di Le milizie di Hezbollah scatenano la guerra a Beirut Il governo: è un «golpe» Rawche - a poche centinaia di metri dall'ambasciata saudita -, si presentano gli scagnozzi del Partito Social Nazionalista Siriano. Dietro ovviamente ci sono i miliziani del Partito di Dio, ma poco importa, il lavoro sporco lo fanno loro. Entrano nella televisione, impongono ai tecnici di bloccare le trasmissioni, poi danno fuoco agli archivi dell'emittente e alla palazzina di due piani. I miliziani in divisa verde di Nasrallah sono tutt'attorno, ma non si sporcano le mani in pubblico. Si sono limitati a guidare i combattimenti della notte, annientando uno dopo l'al- Libano nel caos: l’esecutivo del premier Siniora costretto a rifugiarsi sulle colline sopra la capitale. Pronto il piano per evacuare gli italiani. Finora 13 i morti tro i nidi della resistenza sunnita. Le grandi incognite sono l'esercito e il suo capo di stato maggiore, Michel Sleiman, il candidato alla presidenza bloccato negli ultimi mesi dal «niet» della Siria e dei suoi alleati. Ieri l'Armée ha di buon grado occupato le posizioni sunnite consegnategli da Hezbollah, che si limita a presidiare i bastioni cruciali della città. Bisogna capire se le Forze Libanesi si limitano a replicare l'atteggiamento di neutralità tenuto durante la PADRONE DELLA CITTÀ Un hezbollah controlla un quartiere sunnita di Beirut [FOTO: AP] LA STRATEGIA UNIFIL 쎲 I militari italiani nel Sud del Libano gettano acqua sul fuoco e garantiscono che la situazione è sotto controllo. «Quattrocento pattuglie continuano ad uscire senza cambiamenti di rilievo e non si segnalano disordini», assicura il tenente colonnello Enrico Mattina, portavoce della missione Unifil. Almeno nella versione ufficiale non sembrano rendersi conto di trovarsi sull’orlo di un vulcano, che rischia di eruttare nella nuova guerra civile libanese. «Per il momento non abbiamo ricevuto alcuna indicazione o segno di disordini e non è stato richiesto un potenziamento delle misure di sicurezza», spiega via telefono Mattina dal quartier generale dei caschi blu a Naqura. Si riferisce alla zona di competenza dei 13.291 soldati di 28 nazioni, compresi 2.141 italiani, a sud del fiume Litani. Un centinaio di chilometri più Soldati italiani sull’orlo del vulcano: «Nel sud situazione sotto controllo» AMMONIMENTO Gli Usa a Siria e Iran: «Basta intromissioni» Gli Usa hanno espresso «profonda preoccupazione» per la situazione in Libano ed hanno esortato Siria e Iran a «por fine al loro sostegno»aHezbollaheaitentativi di «destabilizzare» il Libano. La Casa Bianca ha espresso «fiducia nel governo libanese del premierSiniora» e il segretariodi statoamericanoCondoleezzaRiceharincaratoladoseaffermando che il governo libanese «avrà tutto l’aiuto necessario». L’attività delle forze Onu sorvegliata dai miliziani sciiti a nord le milizie armate del partito sciita Hezbollah hanno preso il controllo di metà capitale spazzando via i sunniti. Mattina di Beirut nemmeno ne parla, ma sembra ignorare anche la provocazione delle milizie sciite a Tiro, la grande città nell’area di competenza dei caschi blu. Ieri i miliziani di Amal, il partito del presidente del Parlamento Nabi Bherri, alleato di Hezbollah, hanno fatto i bulli negli uffici del mufti sciita di Tiro, Sayd al Amin. Un esponente religioso moderato che critica fortemen- te sia Amal che Hezbollah e per questo è nel mirino. «Sono entrati armati all'interno dei nostri uffici di Tiro - ha spiegato il mufti alla televisione Al Arabiya -. La nostra è una missione religiosa e non politica. Ciò che sta avvenendo in Libano non sarebbe mai dovuto accadere». Secondo altre fonti i miliziani di Amal hanno voluto solo piantare la loro bandiera nell’anticamera dell’ufficio-moschea del leader religioso. L’esercito libanese è intervenuto e i facinorosi sono stati allon- GIORN - NAZIONALE - 4 - 10/05/08- Plate NUOVA-GRAFICA - Autore: SIES Stampa: 09/05/08 22.52 - Composite guerra civile degli anni ’80 o stiano invece fattivamente collaborando con i nuovi signori sciiti. Nel secondo caso la presenza nel sud del contingente Unifil e dei nostri soldati costretti per mandato a lavorare fianco a fianco con i militari libanesi risulterebbe svuotata di ogni significato se non addirittura controproducente. «Hanno sparato tutta la notte, i proiettili mi piovevano dentro casa, il terrazzo è ridotto ad un colabrodo - mi racconta al telefono Elena, una 26enne studentessa bloccata nella sua casa nel cuore di Hamra -: ormai siamo una colonia iraniana. Qui fra poco arriva Ahmadinejad». Forse è vero, ma la supremazia militare esibita da Nasrallah rischia di tramutarsi in una vittoria di Pirro. Fino a ieri Hezbollah era il vero padrone del sud e della valle della Bekaa, ma poteva nascondersi dietro la facciata di legittimità di un esecutivo nato dopo la cacciata dei siriani. Ora quel governo è stato costretto a sloggiare, buttato fuori a colpi di kalashnikov e lanciagranate anticarro dalla capitale. Ora Hezbollah è un re nudo. Può venir legittimamente accusato da Washington, Parigi e Riad di aver messo a segno un colpo di stato contro un governo amico espresso dalla coalizione vincitrice delle libere elezioni del 2005. Dopo esser stato cacciato sulle montagne l'esecutivo di Siniora non potrà certo trattare da sconfitto concedendo, come pretende Nasrallah, le proprie dimissioni e offrendo la finzione di nuove elezioni. L'insidia più grave per il Partito di Dio in questa situazione di apparente egemonia si chiama Israele. Ora lo Stato ebraico può levarsi i guanti e colpire a piacimento. Non c'è più nessun governo da preservare, non esiste più un Libano democratico. Esiste solo una dependance di Teheran e Siria affollata di missili ed affacciata sul nord del Paese. PERICOLO Un militare dell’Onu nel sud del Libano. Nella missione Unifil sono impegnati poco più di 2mila soldati italiani. Nella zona di loro competenza a sud del fiume Litani la situazione appare tesa ma sotto controllo tanati, ma la provocazione dimostra il clima che si respira anche nel sud del Libano. Hezbollah e Amal stanno assumendo il controllo armi in pugno e chi si oppone finisce male. Segnali di allarme erano già arrivati. Fra il 30 ed il 31 marzo un camioncino sospetto era sfuggito al controllo dei soldati italiani per l’intervento di due gruppi di armati. Come rivela Panorama nel numero in edicola ci sono stati altri due incidenti simili. Lo ha confermato lo stesso generale degli alpini, 쎲 «È una tragedia per loro, ma anche per tutti noi» ha osservato amaramente il presidente israeliano Shimon Peres commentando il colpo di mano di Hezbollah, che ha portato il Libano «sull’orlo della guerra civile». Dopo il conflitto con Hezbollah di due anni fa, finito in parità, il governo israeliano si ritrova con una crisi alle porte di casa scatenata dalle milizie sciite, con la benedizione dei loro padrini in Siria ed Iran. Un problema aggiuntivo è che il primo ministro Ehud Olmert è «un’anatra zoppa»: un leader indebolito dalle ultime pesanti accuse di corruzione, che non aveva certo bisogno, in questo momento, di un’eruzione in armi di Hezbollah a Beirut. L’esplosione della crisi libanese ha registrato nei primi scontri la netta superiorità militare dei miliziani sciiti. Gli sparuti gruppi sunniti a Beirut Ovest sono stati spazzati via e gli armati drusi, meglio organizzati, hanno ricevuto un ultimatum da Hezbollah. O si ritirano dalle colline a sud di Beirut o verranno annichiliti. Una delle incognite, anche per Israele, è cosa combineranno i 400mila palestinesi profughi da sempre in Libano. Parcellizzati in fazioni che si ammazzano fra loro, hanno subito il fascino di Al Qaida più dei loro cugini nella striscia di Gaza o in Cisgiordania. Non a caso in queste ore sui siti dei fanatici della Jihad si moltiplicano gli appelli alla riscossa sunnita in Libano contro gli «scorpioni» sciiti. La stessa terminologia utilizzata nella guerra settaria in Irak. Il pericolo è che in Libano si scatenino le forze peggiori e più estremiste della guerra santa internazionale. Il governo di Beirut ha subito denunciato «il golpe armato» di Hezbollah. Il leader cristiano Samir Geagea è stato ancora più preciso: «Il golpe che è stato condotto ha lo scopo di far tornare la Siria in Libano e di estendere il braccio dell'Iran sul Mediterraneo». Per Israele è uno scenario da incubo. Gli Hezbollah, con l’appoggio iraniano, hanno infiltrato da tempo la striscia di Gaza per aiutare i palestinesi di Hamas e di altre fazioni dure e pure. Un’escalation in Libano rischia di riattizzare ancor più il conflitto fra israeliani e palestinesi, anche se l’incognita sunnita di Al Qaida forse viene sottovalutata da Hezbollah. I padrini dei miliziani sciiti comunque ci guadagnano. Con la fiammata della crisi libanese l’Iran allontana la preoccupazione della comunità internazionale per il suo programma nucleare. La Siria ripete il copione della precedente guerra civile libanese, quando applicava in Libano la strategia del divide et impera. Israele conta sul cuscinetto dei caschi blu nel Libano meridionale, ma è probabile che il braccio di ferro sulle regole d’ingaggio si inasprisca. Hezbollah ha potuto ordire il colpo di mano contro il governo di Beirut grazie alla sua potenza militare. Il vero problema è proprio il disarmo, che i miliziani sciiti non hanno mai preso in considerazione e nessuno ha imposto. Claudio Graziano, in un briefing all’ex ministro della Difesa Arturo Parisi. Ovviamente nessuno ha accusato Hezbollah parlando genericamente di «uomini armati». Secondo Panorama il generale della Brigata Ariete, Paolo Ruggiero, appena rientrato dal cambio di comando dei caschi blu italiani a Tibnin, ha raccontato che i nostri soldati sono riusciti a scovare 248 bunker in cemento armato e diversi depositi di armi. Però «tutte le nostre attività sono costantemente monitorate dai servizi di vedetta, a piedi o in motorino» del partito armato sciita. «Stiamo monitorando ciò che accade e siamo pronti a reagire se la situazione cambiasse» è l’unica concessione realistica del tenente colonnello Mattina. Per il resto sembra che i nostri soldati non si trovino in Libano, ma su un altro pianeta. [FBil]