Osservatorio Romano - Associazione il Cuore
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIV n. 192 (46.734) Città del Vaticano lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 . All’Angelus l’appello di Papa Francesco nel giorno in cui si celebra la festa nazionale Mentre continuano le violenze Pace per l’Ucraina Si lavora per una tregua nella Striscia di Gaza Il Papa torna a invocare «pace e serenità» per l’Ucraina, dove il perdurare di «una situazione di tensione e di conflitto» provoca «tanta sofferenza tra la popolazione civile». All’Angelus di domenica 24 agosto, giorno in cui il Paese celebra l’anniversario dell’indipendenza, il Pontefice ha rivolto il suo pensiero a quella «amata terra» e ha invitato i fedeli in piazza San Pietro a recitare un’Ave Maria alla «Regina della pace», pregando in particolare «per le vittime, per le famiglie e quanti soffrono». In precedenza, riferendosi al brano evangelico della liturgia domeni- cale che racconta la professione di fede di Pietro, il vescovo di Roma aveva ricordato che nel disegno di Gesù la Chiesa è «un popolo fondato non più sulla discendenza, ma sulla fede». Di questa comunità «la pietra fondamentale è Cristo»; da parte sua, «Pietro è pietra, in quanto fondamento visibile dell’unità». Ma, ha puntualizzato Francesco, «ogni battezzato è chiamato a offrire a Gesù la propria fede, povera ma sincera, perché lui possa continuare a costruire la sua Chiesa». PAGINA 8 Blindati russi varcano il confine Combattimenti senza sosta KIEV, 25. Non accennano a diminuire i combattimenti nell’Ucraina orientale. Stamane sono infatti stati registrati violenti scontri armati tra le guardie di frontiera ucraine e una colonna di blindati arrivati dalla Russia, che hanno attraversato il confine nei pressi di SherbakNovoazovsk, non distante dal porto di Mariupol, nel mare di Azov. Lo ha detto alla stampa il portavoce della Sicurezza di Kiev, Leonid Matyukhin. «Il confine ucraino è stato violato da un convoglio di diverse decine di carri armati e veicoli blindati — ha precisato — e la battaglia è in corso». Al momento non sono segnalate vittime. Ieri, invece, almeno cinque civili sono morti durante un bombardamento che ha colpito un ospedale e una chiesa — durante la messa — nella regione di Donetsk. Nella città roccaforte dei separatisti, l’artiglieria ha centrato, dopo lo stadio dello Shakhtar (la squadra di calcio campione d’Ucraina), anche un altro ospedale, fortunatamente senza provocare vittime. E mentre a Lugansk, secondo bastione filorusso, è cominciata la distribuzione degli aiuti umanitari portati venerdì da una colonna di camion russi, il ministro degli Este- ri di Mosca, Serghiei Lavrov, ha fatto sapere che a breve verrà inviato un secondo convoglio di assistenza per le popolazioni dell’est dell’Ucraina. Lo stesso capo della diplomazia russa ha poi detto che l’atteso incontro di domani a Minsk tra i leader dell’Unione doganale (Russia, Bielorussia e Kazakhstan), di Kiev e dell’Ue sarà focalizzato sulla soluzione politica della crisi ucraina. Lavrov ha precisato che Mosca è pronta a negoziati «in qualsiasi formato» per fermare la guerra civile in Ucraina, non escludendo che a Minsk possa avvenire un faccia a faccia tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko. Ma sulla crisi si è innescato un nuovo focolaio di tensione. La Federazione russa, a differenza degli anni precedenti, non è infatti stata invitata al summit della Nato, in programma il 4 e 5 settembre prossimi in Galles. Lo ha confermato una fonte dell’Alleanza Atlantica da Bruxelles, confermando quanto anticipato ieri dal quotidiano russo «Kommersant». Nei mesi scorsi, la Russia era già stata sospesa dal G8, mentre l’Australia, presidente di turno del G20, sta considerando l’ipotesi di non invitare Mosca al summit in programma a novembre. Stragi quotidiane di migranti nel Mediterraneo y(7HA3J1*QSSKKM( +[!"!:!?!.! Come una guerra Gommone carico di migranti alla deriva (Ansa) PAGINA 3 Una donna in lacrime durante il rito funebre per le vittime di combattimenti a Donetsk (Reuters) TEL AVIV, 25. La guerra a Gaza va avanti, anche se sembrano aprirsi spiragli per una nuova tregua. Diverse fonti — principalmente i media israeliani — parlano di un possibile accordo tra Israele e Hamas basato su un piano ideato dal presidente palestinese, Mahmoud Abbas. Questi avrebbe l’intenzione fondamentale di rendere più internazionali gli sforzi di pace affidandoli alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni. Di questa intenzione Abbas intenderebbe parlare con il segretario di Stato americano, John Kerry, dato in arrivo nella regione nelle prossime settimane. Nella notte sono proseguiti i lanci di razzi palestinesi contro Israele — solo ieri ne sono stati esplosi 117 — così come le azioni di rappresaglia israeliana con i raid aerei. Nella Striscia di Gaza non si ferma, seppur tra mille difficoltà, la ricostruzione. Ieri dovevano ripartire le scuole, ma la riapertura è stata rimandata per le condizioni di sicurezza e per la presenza degli sfollati in molte aule. In risposta ai razzi di Hamas l’aviazione israeliana ha bersagliato la Striscia con raid che hanno procurato vari morti: tredici, secondo fonti palestinesi, e decine di feriti. In un attacco a Beit Lahya, nel nord di Gaza, sono stati uccisi una madre e i suoi tre figli che — almeno secondo una testimonianza — si trovavano per strada nelle immediate vicinanze. In un altro attacco — secondo un portavoce militare — è stato colpito Mohammed al-Oul, indicato da alcune fonti come «il responsabile per conto di Hamas delle transazioni finanziare». Centrato anche un palazzo che — sempre secondo i militari israeliani — ospitava la sede di un comando di Hamas. Nel frattempo, Israele si è vestita a lutto ieri per i funerali del piccolo Daniel Tregerman di quattro anni e mezzo, ucciso venerdì scorso nel kibbutz di Nahal Oz, nel Neghev occidentale, da un colpo di mortaio sparato dalla Striscia di Gaza. Le esequie si sono svolte alla presenza del capo dello Stato Reuven Rivlin. Sul piano diplomatico, mentre la comunità internazionale cerca di trovare una strategia comune per riportare le due parti al tavolo dei negoziati, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, non ha escluso che l’operazione contro Hamas possa continuare anche nelle prossime settimane. «Ci stiamo organizzando — ha riferito al suo Governo, ieri, nella consueta riunione domenicale — nell’eventualità che prosegua anche dopo l’inizio dell’anno scolastico», ossia dopo il primo settembre. Netanyahu ha anche avvisato che «gli abitanti di Gaza devono lasciare immediatamente tutti i siti da dove Hamas conduce le sue operazioni» perché rischiano di essere colpiti da Israele. «Non ci può essere — ha aggiunto — alcuna immunità verso chi spara contro di noi. E ciò vale per tutti i fronti». Le milizie costrette alla difensiva in Iraq mentre in Siria guadagnano territorio Il duplice conflitto del Fronte islamico DAMASCO, 25. La crisi in atto in Iraq e in Siria resta prioritaria nell’attenzione internazionale, mentre si susseguono gli ammonimenti a non cadere nella pericolosa e falsa semplificazione di considerare quanto sta accadendo una guerra lanciata dall’islam contro il cristianesimo. In questo senso è tornato a esprimersi ieri, in un’intervista rilasciata al quotidiano italiano «La Stampa», il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. Il porporato, citando rapporti del nunzio in Siria, ha sottolineato come tanti musulmani di quelle aree siano fortemente solidali con i cristiani e le altre minoranze e rifiutino i metodi «brutali e inumani» delle milizie islamiste, più volte condannati da Papa Francesco, che ha insistito sulla necessità di un coinvolgimento dell’intera comunità internazionale nell’impegno a fermarli. In quest’ottica, il cardinale ha espresso la speranza che anche da parte del mondo musulmano «si sappia dire una parola in questo senso e quindi distinguere tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare». Sul piano militare, intanto, le milizie dello Stato islamico (Is), in fase di difesa in Iraq, dove l’appoggio dell’aviazione statunitense favorisce la controffensiva curda, hanno invece fatto segnare un successo strategico in Siria, con la conquista, dopo una settimana di combattimenti, della base aerea militare di Tabqa, considerata l’ultimo bastione delle forze governative nella provincia di ArRaqqah. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), l’organizzazione con sede a Londra espressione dell’opposizione in esilio al presidente Bashar Al Assad, tra i miliziani islamisti ci sarebbero stati almeno 346 morti, a fronte dei 170 caduti tra le forze governative. Su tali dati non è possibile avere conferme indipendenti, ma le fonti ufficiali siriane hanno confermato il ripiegamento dalla base di Tabqa, pur non facendo alcun riferimento alle perdite subite. Sempre l’Ondus ricorda comunque che con la conquista della base aerea l’Is avrebbe ottenuto un immenso bottino. Tabqa era infatti uno dei maggiori arsenali di armi pesanti siriane — non solo aerei ed elicotteri da guerra, ma anche carri armati, cannoni e munizioni — e non è chiaro se le forze in ritirata siano state in grado di portarle con sé o di distruggerle. Sempre in Siria, è stato rilasciato ieri il giornalista statunitense Peter Theo Curtis, sequestrato nell’ottobre del 2012 ad Antakya, nel sud della Turchia, e poi trasferito in territorio siriano. Il giornalista è stato preso in consegna dai caschi blu dell’O nu nel villaggio di Al Rafid, nelle alture del Golan. In un comunicato l'Onu si è limitata a rendere noto di aver favorito le operazioni di rilascio. Secondo fonti citate anonimamente dall’emittente «Al Jazeera», la liberazione dell’ostaggio sarebbe avvenuta grazie a una non meglio precisata mediazione condotta dal Qatar. La notizia è arrivata cinque giorni dopo la diffusione del feroce video della decapitazione in Iraq del giornalista statunitense James Foley da parte di un miliziano dell’Is del quale sembra accertata la nazionalità britannica. Curtis era invece prigio- Messa in suffragio del giornalista ucciso dai miliziani WASHINGTON, 25. Una messa in suffragio di James Foley, brutalmente ucciso nei giorni scorsi in Iraq, è stata celebrata domenica 24 nella chiesa di Rochester, frequentata dai familiari del giornalista statunitense. Al termine del rito, presieduto dal vescovo di Manchester Peter Libasci, è stato letto un messaggio inviato da Papa Francesco che, unendosi alla preghiera dei familiari e degli amici del giornalista, ha invitato a pregare «per la fine della violenza insensata e per un’alba di pace e riconciliazione tra tutti i membri della famiglia umana». niero del Fronte Al Nusra, anch’esso sunnita come l’Is, ma già più volte entrato in conflitto con quest’ultimo nei tre anni e mezzo del conflitto siriano. Sul fronte iracheno, si segnala che i peshmerga curdi hanno conquistato ieri la città di Algraj, uno dei centri abitati dell’area di Makhmour, situata a novanta chilometri a sud-est di Mossul. Fonti locali hanno riferito che la conquista è avvenuta senza scontri: i miliziani dello Stato islamico hanno subito ripiegato e si sono arresi. E sulla crisi irachena è intervenuto oggi l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che ha accusato i miliziani di compiere «una pulizia etnica e religiosa», e ha chiesto di giudicare i responsabili di eventuali crimini contro l’umanità. Ieri il cancelliere tedesco, Angela Merkel, aveva affermato che nel Paese «si sta assistendo a un genocidio che è sotto gli occhi di tutti». Merkel ha detto che i jihadisti «agiscono con modalità terroristiche contro tutti quelli che la pensano diversamente da loro». Per questo motivo la Germania ha deciso di inviare armi ai curdi iracheni: una decisione presa dopo un intenso dibattito. Sempre ieri è giunto a Baghdad, per una visita non ufficiale, il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. Una visita che mira a fare il punto della situazione, hanno detto fonti del ministero degli Esteri di Teheran. Nell’occasione Zarif ha incontrato il premier iracheno designato Haider Al Abadi: entrambi hanno parlato della possibilità di rafforzare le relazioni tra i due Paesi, anzitutto sul piano economico e della sicurezza. Presentata la partita di calcio in programma il 1° settembre allo stadio Olimpico di Roma Scommessa per la pace PAGINA 8 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 Il gruppo nigeriano diffonde le immagini di brutali esecuzioni sommarie dopo la conquista di una città Intesa formale tra Frelimo e Renamo Sul web la ferocia di Boko Haram Il Mozambico consolida la scelta della pace ABUJA, 25. All’uso di internet per diffondere le immagini di ferocia e terrore ha incominciato a ricorrere anche Boko Haram, il gruppo nigeriano di matrice fondamentalista islamica responsabile da quattro anni a questa parte dell’uccisione di migliaia di persone, in massima parte civili, in attacchi armati e attentati terroristici. Mutuando linguaggi e sistemi già sperimentati da altri gruppi islamisti in aree diverse del mondo, Boko Haram ha messo in rete un video girato dopo la conquista di Gwoza, nello Stato nordorientale del Borno, considerato la sua principale roccaforte, che si conclude con la brutale esecuzione sommaria di una ventina di persone. Nel video, che dura 52 minuti, il leader dell’organizzazione, Abubakar Muhammad Shekau, annuncia la costituzione di un califfato nell’area. «Noi non ce ne andremo da questa città. Noi siamo venuti qui per rimanerci», ha detto il capo di Boko Haram, apparso come già in precedenti filmati in tenuta militare e con un mitra in spalla affiancato da cinque uomini armati e mascherati e con tre fuoristrada alle spalle. Da aprile i miliziani di Boko Haram hanno conquistato numerose località e controllano intere zone del nord-est nigeriano. L’ultima loro rivendicazione in questo senso, pochi giorni fa, è stata quella dell’occupazione della cittadina di Budi Yadi, nel confinante Stato dello Yobe. L’esercito nigeriano ha diffuso ieri un comunicato nel quale ha definito Nigeriani in fuga dalle violenze di Boko Haram ricevono aiuti nel campo di Madagali (Afp) senza senso il proclama di Boko Haram, affermando che la sovranità e l’integrità territoriale della Nigeria sono intatte. Tuttavia, già dopo la caduta di Gwoza, i vescovi nigeriani avevano denunciato il cambiamento di strategia del gruppo islamista che sembra approfittare dell’inerzia dell’esercito e del Governo federale del presidente Goodluck Jonathan, per control- lare spazi sempre più vasti del territorio nigeriano. Ora giunge la rivendicazione appunto di un califfato, sebbene non vengano ripetuti gli annunci di vicinanza a quanto sta accadendo in Iraq. In un video del 13 luglio, Shekau aveva inneggiato ad Abubakr Al Baghdadi, il leader dello Stato islamico (Is), il gruppo armato attivo in Iraq e in Siria, mentre nel filmato Tokyo pronta a fornire una cura sperimentale per combattere il virus Kinshasa conferma la presenza di ebola KINSHASA, 25. Il Governo di Kinshasa ha confermato ieri la presenza del virus ebola anche nella Repubblica Democratica del Congo. «I risultati delle analisi sono positive e il virus ebola è confermato nella provincia dell’Equateur» ha dichiarato il ministro della Sanità, Félix Kabange Numbi. La febbre emorragica ha già ucciso tredici persone nel Paese. Intanto l’O rganizzazione mondiale della Sanità ha annunciato che un proprio esperto, un epidemiologo, ha contratto il virus in Sierra Leone, tra i Paesi più colpiti insieme alla Guinea e alla Liberia. Finora si contano 1427 vittime: 624 in Liberia, 406 in Guinea e 392 in Sierra Leone. Per fronteggiare l’emergenza l’Unicef ha approntato un piano d’azione in particolare in Liberia, che prevede l’invio con aerei cargo di sessantotto tonnellate di forniture sanitarie e igieniche nella capitale Monrovia. Il carico è partito ieri dal centro mondiale Unicef di Copenaghen, contiene aiuti e indumenti di emergenza di base utili anche agli operatori sanitari impegnati in prima linea a proteggere loro stessi e prevenire la diffusione dell’infezione. Gli aiuti includono ventisette tonnellate di cloro concentrato per disinfettare e depurare l’acqua, 450.000 paia di guanti in lattice, sali per la reidratazione orale e kit per cibo terapeutico per nutrire i pazienti sottoposti a trattamento. L’Unicef sta inoltre schierando squadre di comunicatori per diffondere messaggi di prevenzione nelle comunità in tutta la Liberia: nello stesso tempo sta realizzando materiale informativo e programmando attività nelle radio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla diffusione della malattia. Intanto, riferisce la France Presse, il Giappone si è detto pronto a fornire una cura sperimentale per combattere il virus (per il quale ancora non esiste un vaccino). Il segretario generale del Governo, Yoshihide Suga, ha detto che le autorità di Tokyo sono pronte a mettere a servizio di chi ne ha bisogno questo tipo di cure, in collaborazione con l’O rganizzazione mondiale della Sanità. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va diffuso ieri non fa alcun cenno al califfato mediorientale. Nel video, descritto dall’agenzia di stampa France Presse, dopo un monologo di più di 25 minuti nel quale Shekau alterna l’uso dell’arabo a quello dell’haussa, la principale lingua del nord della Nigeria, si vedono miliziani che dai fuoristrada sparano raffiche con armi pesanti nelle strade deserte di Gwoza. Seguono le scene più feroci: nelle immagini appaiono una ventina di uomini in abiti civili distesi a terra, le mani legate dietro la schiena, trucidati uno dopo l’altro con un colpo d’arma da fuoco sparato a bruciapelo alla testa. La caduta di Gwoza nelle mani di Boko Haram e quella dell’altra cittadina di Damboa, che l’esercito sostiene di aver ripreso, avevano provocato l’ennesima fuga di civili terrorizzati. Più di 11.000 abitanti di Gwoza avevano cercato scampo nella foresta o dirigendosi con qualunque mezzo a disposizione, a centinaia anche a piedi, verso il sud del Paese. MAPUTO, 25. Il Mozambico conferma la scelta della pace, messa a rischio negli ultimi due anni da una ripresa di violenze tra le forze del Governo, espressione del Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo) fin dall’indipendenza dal Portogallo, e quelle degli ex ribelli della Resistenza nazionale mozambicana. Dopo oltre un anno di negoziati, la Renamo ha annunciato di aver firmato l’accordo definitivo per la fine delle ostilità con il Frelimo. L’intesa pone fine anche formalmente — dopo diversi accordi parziali in questa direzione già annunciati nelle scorse settimane — a una recrudescenza nelle regioni centrali mozambicane della guerra civile che aveva devastato il Paese per decenni dopo l’indipendenza dal Portogallo. Come noto, a mettervi fine era stato un accordo di pace firmato il 4 ottobre 1992 a Roma, dopo una lunga mediazione condotta non solo da protagonisti tradizionali della diplomazia internazionale, ma soprattutto dalla Comunità di Sant’Egidio. L’accordo del 1992 aveva retto per vent’anni, fino al recente riaccendersi della crisi. I positivi sviluppi dei negoziati per porre fine a questa ripresa di tensioni e violenze erano apparsi evidenti all’inizio del mese, quando la Commissione elettorale nazionale aveva deciso di non escludere alcun partito dalle prossime legislative che si terranno a ottobre, in concomitanza con le presidenziali. Già a fine luglio, comunque, dopo sessantasei tornate di colloqui, il Governo di Maputo e la Renamo avevano annunciato un accordo per porre fine alle violenze nelle province centrali di Sofala, principale roccaforte degli ex ribelli, Manica, Tete e Zambezia, dove i combattimenti di quella che molti commentatori avevano definito una nuova guerra civile, sia pure cosiddetta a bassa intensità, avevano provocato decine di morti e la distruzione di numerose infrastrutture. La settimana scorsa, poi, il presidente del Mozambico e leader del Frelimo, Armando Emilio Guebuza, aveva promulgato l’amnistia per tutti i crimini commessi durante gli scontri tra l’esercito e gli ex ribelli della Renamo riesplosi circa dopo oltre vent’anni di sostanziale pacificazione. Tra i primi a essere scarcerati c’era stato Antonio Muchanga, il portavoce della Renamo detenuto da luglio in una prigione di massima sicurezza dopo essere stato accusato di incitamento alla violenza e possesso illegale di armi. L’amnistia aveva fatto seguito all’impegno sottoscritto da Frelimo e Renamo di negoziare fino a mettere definitivamente termine alle ostilità. Il Frelimo, fra l’altro, aveva accolto la richiesta di inquadrare i guerriglieri della Renamo nelle forze di sicurezza nazionali. Al tempo stesso, a conferma di uno sforzo per ripristinare la concordia nazionale, il Governo aveva condotto in porto in maggio i negoziati con i sindacati sul salario minimo. Aumenti compresi fra il 3 e il 20 per cento erano stati approvati per legge. I più consistenti riguardano i lavoratori dell’agricoltura: il loro salario minimo aumenterà da 2.500 a 3.010 meticais al mese (da circa 58 a 70 euro). Colpite le maggiori compagnie In Tunisia tasse sul petrolio Controlli per la prevenzione dell’ebola a Monrovia (Reuters) Il presidente del Sud Africa in missione a Mosca MOSCA, 25. Il presidente del Sud Africa, Jacob Zuma, è arrivato ieri a Mosca per una visita di sei giorni durante la quale avrà approfonditi colloqui con il suo omologo russo Vladimir Putin. «La visita permetterà di rafforzare e consolidare le eccellenti relazioni bilaterali e di aprire nuove prospettive di collaborazione e di sviluppo con scambio di tecnologie, commerci e investimenti», si legge in un comunicato diffuso dal Governo sudafricano alla vigilia della partenza di Zuma. Il Sud Africa e la Russia formano insieme con la Cina, il Brasile e l’India, il cosiddetto Brics, il gruppo dei Paesi emergenti, un blocco attivo soprattutto sul versante economico, ma spesso con GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Carlo Di Cicco vicedirettore Piero Di Domenicantonio posizioni di vicinanza anche sui temi politici. Il testo aggiunge, infatti, che i due presidenti si concentreranno anche sull’esame dei più recenti sviluppi delle questioni internazionali di interesse comune «tra le quali — ma non solamente — la situazione in Siria, la questione israelo-palestinese, così come l’Ucraina che è vicina della Russia». Come noto, il Sud Africa si astenne lo scorso marzo in una votazione all’Onu volta a contestare l’annessione della Crimea alla Russia. Il comunicato precisa che i colloqui con Putin ci saranno negli ultimi giorni della visita di Zuma. Questi in precedenza incontrerà i responsabili delle principali aziende economiche russe. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va TUNISI, 25. Il Governo tunisino imporrà nuove tasse per le compagnie petrolifere. Lo ha detto in una conferenza stampa il direttore per gli studi e la normativa del dipartimento delle Finanze, Habiba Louat. Il funzionario ha sottolineato che le imprese dovranno pagare una tassa del 10 per cento sul fatturato della seconda metà del 2014, con una soglia minima di imponibile pari a cinquantamila euro per le aziende non produttrici. Le imprese individuali dovranno versare un’imposta da duecento euro in due tornate: la prima in settembre e la seconda in dicembre. Anche le società che hanno segnalato perdite rientrano nel nuovo piano fiscale, con una tassa agevolata basata sul 50 per cento dell’imposta minima. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale E Tunisi ha indetto per il prossimo 8 settembre una importante conferenza internazionale sull’energia. Il convegno — «Investir en Tunisie, startup pour la démocratie» — è stato organizzato per rilanciare l’economia del Paese e sarà l’occasione per discutere delle opportunità di investimento in Tunisia nei vari settori dell’industria, energia, agricoltura, commercio e delle nuove tecnologie. In una nota, il primo ministro, Medhi Jomaa, ha dichiarato che l’obiettivo è quello di fare riacquistare la fiducia nella Tunisia da parte degli investitori nazionali e stranieri. A Tunisi saranno presenti personalità del mondo dell’economia di trenta Stati diversi oltre che numerosi primi ministri e ministri degli esteri dei vari Paesi. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Per il Governo centroafricano compito difficile BANGUI, 25. Si annuncia difficile il compito del nuovo Governo della Repubblica Centroafricana, varato nel fine settimana scorso dal primo ministro Mahamat Kamoun e che comprende anche rappresentanti delle milizie armate che si combattono da mesi nel Paese. Tre ministri, infatti, sono riconducibili alla Seleka (alleanza, in lingua locale sango) e uno ai cosiddetti antibalaka (balaka, sempre in sango, significa machete, in riferimento all’arma usata dai loro avversari). La scelta di dare vita a un Esecutivo di unità nazionale aperto anche ai gruppi armati continua ad alimentare tensioni e polemiche, anche perché non ci sono ancora segnali concreti della volontà delle due parti di mettere fine al conflitto civile che devasta il Paese e che ha assunto con il tempo anche una componente confessionale, tra i musulmani della Seleka e gli antibalaka, in prevalenza cristiani. Né a fermare le violenze è valsa finora la presenza dei circa seimila uomini della Misca, la missione dispiegata dai Paesi dell’area e destinata nelle prossime settimane a essere avvicendata dai caschi blu dell’Onu, e quella di un contingente di duemila soldati inviato autonomamente dalla Francia. Figlia del conflitto, in un certo senso, può essere considerata anche la sciagura mineraria che giovedì scorso ha provocato ventisette morti a Ndassima, nei pressi della città di Bambari, nel centro del Paese. La miniera di Ndassima, infatti, era controllata proprio dalla Seleka, che la sfruttava senza alcuna misura di sicurezza per quanti erano costretti a lavorarvi. In attesa del dispiegamento dei caschi blu, la speranza — e la dichiarata intenzione della presidente ad interim, Catherine Samba-Panza, e dello stesso Kamoun — è che la collaborazione di Governo metta fine al conflitto inaspritosi dopo che la Seleka, autrice del colpo di Stato che nel marzo 2013 rovesciò il presidente François Bozizé, era stata costretta a cedere il potere dalle pressioni internazionali. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 pagina 3 Stragi quotidiane di migranti nel Mediterraneo Si moltiplicano gli attacchi delle milizie islamiche Come una guerra La Libia sprofonda nel caos ROMA, 25. Un’ecatombe senza fine: nel Mediterraneo si sta combattendo una nuova, silenziosa guerra. Quella dell’immigrazione. Sono quasi 4.000 i migranti salvati e recuperati tra venerdì e domenica. I 18 cadaveri recuperati due giorni fa a bordo di un gommone dagli uomini della Marina militare italiana a 120 miglia a sud dell’isola du Lampedusa, vanno ad aggiungersi ai circa duecento dispersi che la guardia costiera libica sta ancora cercando. E al dramma dell’immigrazione ha fatto riferimento anche il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che in un messaggio rivolto ai partecipanti al Meeting di Rimini l’ha annoverato tra «le manifestazioni più dolorose e acute della complessità Incarico al premier francese Valls PARIGI, 25. Il primo ministro francese, Manuel Valls, si è dimesso questa mattina in seguito alle polemiche legate alle dichiarazioni del ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg. Successivamente il presidente francese, François Hollande, ha incaricato Valls di formare un nuovo Governo che sarà annunciato domani. In questo fine settimana il ministro dell’Economia aveva usato parole molto dure contro l’austerità imposta dalla Germania. Citato dall’agenzia Agi, Montebourg ha dichiarato: «La Francia non ha alcuna intenzione di allinearsi agli assiomi ideologici della destra tedesca». Il ministro dell’Economia non ha risparmiato nemmeno la Banca centrale europea, la quale, a suo dire, «deve cambiare marcia e mettersi a fare quello che fanno tutte le banche centrali del mondo, in particolare quelle dei Paesi che hanno saputo far ripartire la crescita». Summit al Cairo dei ministri degli Esteri della regione e della fragilità del quadro internazionale». L’ultima strage si è scoperta appunt0 due giorni fa, quando un elicottero ha avvistato a cinquanta miglia dalla Libia un gommone carico di disperati in navigazione da due giorni. Il mezzo era senza motore, imbarcava acqua e alcuni migranti erano già finiti in mare: un paio d’ore al massimo e sarebbe andato a fondo. Dall’elicottero hanno così lanciato delle zattere di salvataggio per consentire agli immigrati di attendere l’arrivo di nave Sirio, la più vicina alla zona del naufragio. Quando sono arrivati, gli uomini della Marina militare italiana sono riusciti a mettere in salvo 73 persone, tutti uomini provati dalle fatiche del viaggio, che hanno detto di provenire dal Mali e dal Senegal. Sono stati recuperati i cadaveri di altri 18 di loro: i corpi erano sul fondo del gommone, probabilmente uccisi dalla sete, dalla fame o dalle esalazioni della benzina. Ai militari, i migranti hanno raccontato di essere partiti in 99: ciò significa che almeno otto persone mancano all’appello. «È possibile che vi siano dei dispersi — ha confermato il comandante di nave Sirio Marco Bilardi — noi siamo rimasti in zona tutta la notte e abbiamo controllato la zona anche con gli aerei. Ma purtroppo non siamo riusciti a trovare nessuno». In questo fine settimana gli uomini della Marina e della Guardia costiera hanno salvato 3500 persone. A Reggio Calabria è arrivata la nave Fasan con a bordo i 1373 migranti soccorsi nei giorni scorsi. A bordo un altro cadavere: quello — dicono fonti di stampa — di un uomo ucciso a colpi di spranga da uno scafista. I numeri dei morti nel Mediterraneo sono dunque ormai quelli di una guerra. Intanto, il commissario Ue per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, ha annunciato che la prossima settimana vedrà il titolare del Viminale, Angelino Alfano, «per meglio definire le priorità e fornire assistenza all’Italia» e ai Paesi del Mediterraneo che si trovano «a far fronte ad una accresciuta pressione migratoria e di asilo: l’Europa deve prendere in mano la questione». La carcassa di un aereo colpito durante gli scontri a Tripoli (Reuters) L’annuncio del presidente uscente Karzai Il 2 settembre il nuovo capo di Stato afghano Allo studio un maxipiano per rilanciare l’economia Juncker prepara la svolta BRUXELLES, 25. Il presidente nominato della Commissione Ue, JeanClaude Juncker, prepara la svolta: dare un impulso decisivo alla produzione industriale europea con un maxipiano che possa fare da volano per tutti i settori dell’economia. Nel Consiglio Ue di questo fine settimana Juncker intende annunciare il varo dal febbraio 2015 di un piano di investimenti da trecento miliardi di euro in tre anni che, attraverso finanziamenti pubblici e privati, dia una spinta alla crescita e all’occupazione del vecchio continente. Perché, come ha detto lo stesso Juncker nel suo discorso di insediamento, «in Europa c’è un ventinovesimo Stato, ed è quello abitato dai disoccupati e vorrei che questo diventasse un normale Stato membro». Lo scopo del piano, che, secondo diverse fonti, dovrebbe concretizzarsi attraverso il ricorso alla Banca europea degli investimenti e al bilancio europeo, è quello di ridare slancio, con un’iniziativa di vasta portata, alla crescita, finora finanziata troppo dai debiti, secondo lo stesso Juncker. «Abbiamo bisogno di investimenti, di un pacchetto di investimenti e un programma con un obiettivo: mettere le persone al centro della società» ha spiegato di recente Juncker, parlando di fronte al Parlamento Ue per presentare il suo piano, da finanziare con i fondi strutturali a disposizione e misure mirate, che potrebbero anche attrarre capitali privati. Si parla di investimenti coordinati nella banda larga, nelle reti energetiche, nelle infrastrutture e trasporti. Ma anche di investimenti nel settore industriale, con particolare riferimento al comparto della ricerca e sviluppo. Un settore parti- colarmente caro all’ex premier lussemburghese è quello delle energie rinnovabili «che sono la premessa per l’Europa del domani». E certamente, uno dei nodi cruciali con cui Juncker dovrà avere a che fare nel corso del suo mandato sarà quello dei rapporti con Londra. Il quotidiano britannico «The Time» scrive che il premier conservatore, David Cameron, è fermamente intenzionato a rinegoziare i fondamentali della relazione tra la Gran Bretagna e l’Unione europea. KABUL, 25. Sembra essere sulla procedura d’arrivo il tormentato percorso del ballottaggio presidenziale afghano. Ieri il capo di Stato uscente, Hamid Karzai, ha annunciato che il 2 settembre s’insedierà il prossimo presidente. Dunque il popolo afghano, tranne imprevisti dell’ultim’ora, dovrebbe conoscere presto se a guidare il Paese sarà l’ex ministro delle Finanze, Ashraf Ghani, o l’ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah. Il ball0ttaggio si è svolto lo scorso 14 giugno. Successivamente la situazione si è ingarbugliata, con le denunce di brogli da parte di Abdullah che hanno portato a rivedere il totale riconteggio dei voti, più di otto milioni. Si è arrivati a questo compromesso grazie all’opera di mediazione del segretario di Stato americano, John Kerry, che nell’arco di dieci giorni si è recato in missione a Kabul per seguire di persona il complesso evolversi della situazione. E ieri il presidente statunitense, Barack Obama, ha avuto un colloquio telefonico sia con Ghani che con Abdullah, i quali si erano precedentemente incontrati. Non molto è trapelato dal colloquio tra i due candidati: sembra comunque, riferiscono fonti diplomatiche, che si sia discusso in particolare delle funzioni del chief executi- ve, una sorta di carica di premier che sarà assegnata al candidato confitto. Dal canto suo il presidente Obama ha invitato Ashraf e Ghani a mostrare senso di responsabilità in questo delicato passaggio della storia del Paese che, tra l’altro, è sempre alle prese con l’azione destabilizzante portata avanti dai talebani. Nella generale incertezza che carat- terizza lo scenario afghano, un elemento, comunque, sembra dare garanzie: ovvero entrambi i candidati hanno promesso che se eletti firmeranno l’accordo sulla sicurezza con gli Stati Uniti per il dopo 2014. Si tratta di una intesa dal forte valore strategico che durante il Governo di Karzai non si è riusciti a stilare a causa delle divergenze tra il presidente uscente e Washington. Fallito il negoziato tra Governo e ribelli sciiti Nulla di fatto nello Yemen SAN’A, 25. Si sono conclusi con un nulla di fatto i negoziati intavolati dalle autorità dello Yemen con i ribelli antigovernativi sciiti, attivi nel Paese della penisola arabica (a maggioranza sunnita). Lo ha annunciato un portavoce degli emissari del presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, al tavolo della trattativa. Questi avevano offerto un accordo che prevedeva la formazione di un Governo tecnico, ma secondo fonti governative, gli insorti hanno respinto tutte le proposte. Nei giorni scorsi, migliaia di militanti antigovernativi, spesso armati, hanno allestito numerosi blocchi nei pressi delle principali arterie stradali che collegano la capitale, San’a, al resto del Paese. I sit-in di protesta sono stati indetti per chiedere le dimissioni dell’intero Governo e la revoca del recente aumento del prezzo del carburante. A luglio, i ribelli erano arrivati alle porte della capitale, occupando la città di Omran, da dove in seguito hanno accettato di ritirarsi. I funerali del giovane ucciso dalla polizia mentre proseguono le indagini Ferguson piange Michael Brown Cittadini di Ferguson in raccoglimento nel luogo dov’è stato ucciso Brown (Afp) WASHINGTON, 25. È una calma carica di tensione quella che si respira nelle strade di Ferguson, la città del Missouri segnata da gravi violenze nelle scorse settimane a causa della morte del diciottenne nero Michael Brown, ucciso mentre era disarmato dai sei colpi esplosi da un agente bianco. Sono in programma per oggi i funerali del giovane Brown. La cerimonia si terrà nella vicina St. Louis, nel Friendly Temple Missionary Baptist, che può ospitare fino a 5.000 partecipanti.«Tutto ciò che desidero è la pace mentre mio figlio andrà a riposare. Lasciate che tutto ciò avvenga nel silenzio» ha detto il padre del giovane. Al funerale prenderanno parte anche esponenti dei diritti civili. Le circostanze in cui è morto Michael Brown sono ancora tutte da chiarire. Così come sono da chiarire ancora le responsabilità degli scontri e delle violenze delle ultime settimane: alcuni media hanno infatti attribuito quanto accaduto all’azione di gruppi di violenti provocatori, e non ai manifestanti. Sui fatti di Ferguson, comunque, stanno indagando anche il dipartimento di Giustizia e l’Fbi. Intanto, si è appreso dal quotidiano «The Washington Post» che l’agente bianco accusato di aver ucciso Brown lavorava tre anni fa nel dipartimento di polizia di Jennings, una piccola città del Missouri. Quel dipartimento fu smantellato in seguito a diversi episodi che innalzarono il livello della tensione tra la comunità nera e quella bianca. Gli agenti del dipartimento furono tutti licenziati. TRIPOLI, 25. Precipita la situazione in Libia, dove si moltiplicano gli attacchi delle milizie islamiche contro le autorità di Tripoli, di cui contestano la legittimità. Nelle ultime ore, i miliziani di Misurata hanno conquistato l’aeroporto internazionale di Tripoli, dopo settimane di scontri, e attaccato una televisione privata vicina ai rivali di Zintan. A peggiorare la già precaria situazione, l’ex Assemblea, il Congresso generale nazionale a maggioranza islamista, ritenuto responsabile da gran parte dell’opinione pubblica del disastro post-Gheddafi, ha deciso ieri di riconvocarsi a Tripoli, su richiesta delle milizie filo-islamiche, nonostante l’insediamento a Tobruk del nuovo Parlamento, eletto il 25 giugno con l’incoraggiamento delle cancellerie occidentali. Lo ha annunciato il portavoce del Congresso generale, Omar Ahmidan. Le milizie filo-islamiche — riunite nella formazione Alba — accusano l’attuale Camera dei rappresentanti di «complicità» con l’Egitto e gli Emirati, responsabili, a loro dire, dei raid aerei sui combattenti. Il Cairo ha smentito categoricamente ogni suo coinvolgimento negli attacchi aerei, che restano, al momento, senza una rivendicazione ufficiale. D all’altro canto, il nuovo Parlamento ha accusato le milizie islamiche di Tripoli e il gruppo jihadista Ansar Al Sharia, che controlla gran parte di Bengasi, di «terrorismo» e di volere rovesciare «il potere legittimo» della nuova Camera dei rappresentanti. E nel tentativo di trovare soluzioni alla grave crisi politico-istituzionale che sta gettando il Paese nel caos, i ministri degli Esteri della Libia e dei sei Paesi vicini si riuniranno oggi al Cairo. Lo rende noto il ministero degli Esteri egiziano. Al vertice parteciperanno i responsabili della diplomazia di Algeria, Tunisia, Sudan, Ciad, Niger, Egitto e Libia. Terremoti in Perú e in California LIMA, 25. Una forte scossa di terremoto — di magnitudo 6,9 sulla scala Richter — ha colpito oggi la zona centrale del Perú, secondo quanto reso noto dall’Istituto americano di ricerche geologiche. Al momento non risultano vittime o gravi danni. L’epicentro del terremoto è stato localizzato a circa quaranta chilometri dal villaggio di Coracora, nel dipartimento di Ayacucho, dove vivono oltre quindicimila persone, ha precisato l’istituto geofisico peruviano. Il sisma si è verificato a 467 chilometri a sud-est di Lima, a una profondità di poco più di cento chilometri. La violenta scossa è stata avvertita distintamente anche nella capitale, dove vivono otto milioni di persone. Ad Ayacucho, la popolazione è scesa in strada, mentre in molte zone dell’area sono stati segnalati grossi problemi di comunicazione. Si è invece ulteriormente aggravato il bilancio — ancora provvisorio — della scossa di terremoto di magnitudo 6 che ieri ha colpito il cuore della Napa Valley, in California, una delle più prestigiose aeree vinicole degli Stati Uniti, a nord di San Francisco. I feriti sono infatti più di centoventi, di cui sei gravi, incluso un bambino. Lo riferisce la Cnn. Il forte sisma, che ha fatto rimanere per ore decine di migliaia di persone senza elettricità, ha provocato allagamenti, a causa delle tubature distrutte, e incendi innescati dalla rottura delle tubature di gas, ed è stato seguito da oltre sessanta scosse di assestamento. L’epicentro è stato localizzato a dieci chilometri a sud della città di Napa, che ha subito i danni maggiori, con diversi edifici danneggiati — o in parte crollati — e migliaia di botti e bottiglie andate distrutte nelle cantine delle aziende e dei collezionisti. Proprio in quella zona, il governatore della California, Jerry Brown, ha dichiarato lo stato di emergenza. Si tratta del terremoto più forte registrato dal 1989 nella zona settentrionale di San Francisco. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 La nostra concezione del mondo si è modificata molto più per l’influsso delle teorie scientifiche che non di quelle filosofiche E oggi si assiste a una svalutazione delle domande essenziali lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 Leone in arenaria rinvenuto ad Abu Erteila Norberto Bobbio e l’asimmetria tra filosofia e scienza Non restiamo mai senza domande spensione di giudizio che per necessità deve seguire a esse. Certo noi possiamo trarre sempre nuova linfa da questo interrogare e interrogarci. Ma di fronte a un «perché» così ultimo, di fronte a una «richiesta di senso» che «rimane senza risposta» c’è bisogno di un ulteriore passaggio, di una ulterioNuove scoperte archeologiche in Sudan re specificazione, «di una risposta — come egli dice — che mi pare difficile chiamare ancora filosofica». È proprio infatti a partire da queste «grandi risposte» mancate della filosofia che si apre davanti all’uomo uno spazio ulteriore, Il rischio è quello di farsi quello della religione: «La religione c’è... schiacciare solo da alcune risposte perché la scienza dà rie di non andare al cuore sposte parziali e la filosofia pone solo delle dei grandi perché tale dell’impero cinese, la codi ROSSELLA FABIANI domande senza dare le smopolita Xi’an. che contraddistinguono l’uomo risposte». Malgrado Tutto ciò oggi è più che mai Se l’egittologia, scienza relativatutti i processi di demente giovane, è stata influenza- reso evidente dagli scavi, alcuni mitizzazione, di secolata dagli scritti greci e romani, da più che trentennali, che gli arsottolineare che questi due piani, rizzazione, tutte le affermazioni qualche tempo alcuni studiosi — cheologi italiani stanno portanquesti due livelli non sempre (o della morte di Dio, che caratterize in Italia l’apripista in questa do avanti in Sudan. Scavi prestiquasi mai) oggi sono in relazione zano l’età moderna e ancor di più direzione è stata l’egittologa Lui- giosi come quelli al Gebel Bartra di loro: «La nostra concezione quella contemporanea, «l’uomo — sa Bongrani, la prima in Europa kal (la “montagna pura”) o del mondo si è venuta modifican- dice Bobbio — rimane un essere ad avere una cattedra di Antichi- quelli alla città reale di Meroe do molto più per l’influsso delle religioso, proprio perché le grandi (entrambi patrimonio Unesco). teorie scientifiche che non delle risposte non sono alla portata delMa oltre agli scavi nella zona di teorie filosofiche». la nostra mente» (p.169). Hillat al-Arab, nella località di Oggi è il modello scientifico a Nell’esperienza religiosa le grandi Al Khidai e nei siti di Kassala, Una missione italo-russa prevalere con le sue domande e le grandi risposte troMersa Gawasis e ultimamente di costruzioni e le sue so- vano una corrispondenza, una arha individuato Mahal Teglinos, una missione luzioni che rischiano monizzazione, una compensazione congiunta italo-russa diretta da il sito di Abu Erteila di schiacciare l’uomo senza con ciò nulla togliere alla Eugenio Fantusati e da Eleonosulle risposte facendo- drammaticità del questionare Dove i reperti riconducono ra Kormysheva, con l’architetto gli dimenticare le sue umano sui problemi di sempre: Maria Rita Varriale e la ceramoal culto del dio leone “domande”, quelle del- «Perché la sofferenza? Perché la loga Svetlana Malykh, ha scola sua destinazione, del morte?... Perché l’essere e non il perto un sito, Abu Erteila, posto suo posto nel mondo e nulla? Perché l’essere che diventa a nord est di Shendi e nove chinella storia, per dirlo nulla?» e sull’incapacità e impostà nubiane all’università di Ro- lometri più a sud di Meroe. con una parola sola, sibilità dell’uomo di dare delle rima La Sapienza — hanno sentito Da poco è stata pubdel suo “perché”. È sposte definitive in termini logici l’esigenza di rileggere le fonti e blicata una nuova carta questo lo spettacolo e razionali. di guardarle con un occhio più della nostra contempoIl «religioso» di cui Bobbio attento. A lungo si è creduto che raneità in cui si assiste parla è proprio questa sintesi inefl’Egitto avesse dato origine a costantemente a una fabile che tiene in vita le grandi culture a esso confinanti come svalutazione delle dodomande dell’uomo senza ucciquella nubiana, in realtà analizmande essenziali, delle zando i reperti che negli anni «grandi domande», derle con una spiegazione ed è insieme questa apertura al mistero sono emersi dagli scavi si è visto come le chiama Bobche per alcuni aspetti, come bio che è «compito in cui è possibile sentire l’indicibiquello della regalità, è stata la della filosofia tenere in le delle grandi risposte. Si tratta di un mistero «che l’uomo ha con stessa Nubia a influenzare il fuvita» e di sollecitare turo regno faraonico. Futuro per corrispondere a la propria intelligenza rischiarato, perché i reperti ritrovati sono quella «domanda di ma nonostante l’enorme cammino percorso, la parte scura prevale e più antichi di quelli caratterizzasenso» che da sempre ti dalla stessa iconografia e ritroabita l’uomo e che ne continuerà a prevalere su quella vati in terra egiziana. fa per natura, come os- chiara» (Lettera del 18 dicembre 1999). A questo limite anche Questa anteriorità e questo servava Aristotele, un rapporto non subalterno ma, alfilosofo (cfr. Metafisic, l’esperienza dell’uomo sulla terra, René Magritte, « La grande guerra» (1964) Il viale delle sfingi del meno per i primi tempi, di A, 980a).La filosofia che si riconosce nella dimensione ulteriore e oscura del mistero, riscambio tra Egitto e Nubia, lo si come scienza delle domande ci insegna che sulta profondamente modificata e ritrova anche nel filo sottile ma antichissimo che lega Roma e geografica della regione realizzasempre una domanda ulteriore, l’uomo è tale solo se tiene desto resa più autentica perché formata non appagarsi mai della risposta, questo bisogno di interrogarsi al- su un’apertura che può dare un siKhartoum, o per meglio dire ta dall’Istituto archeologico gerper quanto ardita e geniale, dello trimenti la sua esperienza su que- gnificato più profondo a ogni vita Roma e Kerma, Napata e Me- manico dove per la prima volta scienziato» (pp. 168-169). Il com- sta terra e la sua stessa vita ri- strappandola a quel senso di vuoroe, i vari centri di civilizzazione è indicata la località di Abu Erpito della filosofia per Bobbio è schiano di impoverirsi e di anni- to e a quella sorta di indifferenza del grande impero di Kush teila. Nemmeno in Sudan il sito quello di interrogare, di porre chilirsi malgrado tutte le scoperte «che non sa che farsene di queste dell’antica Nubia. Non solo. Il era noto perché Abu Erteila è il questioni, di ricercare, ma in una scientifiche che egli può fare. Tut- domande...», che svaluta ogni infilo che si dipanava andava da nome di un piccolissimo villagdirezione diversa da quella ricerca tavia la filosofia non può andare terrogarsi e che «è veramente la Roma fino ai lontanissimi mer- gio rurale che si trova nel deserscientifica. Essa in un certo modo al di là del suo stesso domandare. morte dell’uomo». cati indiani e ai porti e alla capi- to orientale. Il significato del contrasta le risposte che danno le Sicuramente il suo interrogarsi è nome è dibattuto, qualcuno lo tecnoscienze, a fronte infatti di fecondo tanto più in un’epoca che riferisce a una contrazione del una loro linea evolutiva sempre tende a dare presto e subito risposostantivo “riteila” dal nome di contrassegnata dal segno più, ste a qualsiasi richiesta. Ma le sue insetti abbastanza diffusi nella sempre progressiva, la filosofia ci tante domande devono per forza zona e particolarmente accaniti ricorda con le sue domande che arrestarsi di fronte alle questioni contro gli animali. Per gli abirispetto ai grandi temi dell’umani- ultime che essa può porre rispetto Dal 4 settembre il festival internazionale MiTo tanti del luogo il sito archeolotà riguardo alla natura, all’esisten- all’individuo: «Perché il dolore e gico è Howsh al-Kufur, “il reza dell’uomo e alla possibile pre- non anche il piacere e non soltancinto dei miscredenti”. La missenza o assenza di Dio il pensiero to il piacere? Perché la sofferenza sione ha infatti ritrovato tracce umano, oggi come ai tempi dei non soltanto la gioia? Perché l’indella presenza di una chiesa olprimi filosofi, non può formulare felicità e non soltanto la felicità?»; tre a sepolture di epoca cristiana Un palcoscenico di diciotto giorni lungo circa centocinquanta un giudizio decisivo in senso af- rispetto alla storia: «Perché l’opcome è stato annunciato dallo chilometri: dal 4 al 21 settembre prossimi, infatti, le città di Torino fermativo o negativo. L’orizzonte pressione e non soltanto la liberstesso Fantusati durante la quare Milano saranno invase dai circa duemiladuecento musicisti che aperto e infinito entro cui si collo- tà? Perché la guerra, la violenza, ta Giornata di studi nubiani animeranno il MiTo, festival internazionale della musica giunto cano questi problemi fa sì che la le stragi e non soltanto la pace, il tenutasi la scorsa primavera a quest’anno all’ottava edizione. Grandi orchestre, complessi da filosofia necessariamente finisca benessere e la fraternità?»; rispetRoma. camera e solisti provenienti da circa trenta Paesi che si esibiranno per porre domande alle quali non to all’universo: «Perché l’essere e Allo stato attuale ciò che in sale da concerto, chiese, piazze, cortili, musei, palazzi, carceri e può dare risposte perché, come non il nulla... Perché ci sono cose, emerge dagli scavi riguarda sostabilimenti industriali. Il tutto in una ricca alternanza di generi: egli dice, «nessuna mente umana animali, piante, stelle, galassie, in prattutto l’insediamento meroitidall’antica musica alla classica e alla contemporanea, dal jazz alle una parola il mondo e non invece può abbracciare la totalità». co di Abu Erteila che comprenespressioni più innovative dell’elettronica. Protagonista di questa È evidente a questo punto il non-mondo?». deva un grande palazzo e un edizione 2014, Johannes Brahms, a cui il festival dedica un’intera Alla filosofia, fa notare Bobbio, l’asimmetria prospettata da Bobtempio. Un’associazione, quella rassegna. Le sue quattro sinfonie saranno eseguite da tre grandi bio nella quale si costruiscono e ed è questo il punto cruciale della di tempio e palazzo, che si ritroorchestre: la Budapest Festival Orchestra, diretta da Iván Fischer, crescono il sapere scientifico e la sua riflessione, mancano necessava in tutti gli insediamenti arl’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, diretta da Yuri ricerca filosofica: da una parte le riamente «le grandi risposte». Le cheologici che da Begrawija arriTemirkanov, e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio Polacca risposte limitate delle tecnoscien- sue tante e grandi domande si deze, che vertono «su aspetti molto vono arrestare di fronte alla sodi Katowice, diretta da Alexander Liebreich. vano fino a Shendi. «È noto — di LUCIO CO CO uando a Norberto Bobbio — di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte (9 gennaio 2004) — venne richiesto di fare un intervento su «che cosa fanno oggi i filosofi», ebbe a dire che «il compito della filosofia è non lasciare mai l’uomo senza domande» (il testo è apparso nel volume collettivo Che cosa fanno oggi i filosofi, Bompiani, Milano, 1982). La scienza dà risposte sempre parziali, offre soluzioni, lavora su spazi molto parcellizzati; il suo è il mondo dei problemi da risolvere, gli infiniti e gli infinitesimi di cui trattano i suoi numeri sono solo prestati al suo linguaggio e alla sua logica, ma certo non è compito della scienza interrogarsi sulla totalità, sull’essere, sul senso. Gli stessi modelli che il sapere scientifico adotta per inquadrare un determinato problema sono sempre falsificabili e quindi soggetti a essere abbandonati per altri paradigmi ugualmente vulnerabili. Solo la filosofia, dice Bobbio, «può fare intendere che al di là delle risposte della scienza c’è Q parziali della realtà», e dall’altra l’interrogarsi del filosofo e le sue «grandi domande» ma il non potere dare nessuna risposta: «La filosofia è quella forma di sapere che pone domande senza risposta, perché al momento in cui hanno una risposta, queste domande... non sono più domande filosofiche». In positivo ci sarebbe da notare da un lato l’utilità delle risposte dello scienziato e dall’altro la fecondità delle domande del filosofo, ma è lo stesso Bobbio a Il ruggito di Apedemak Centocinquanta chilometri di palco ci dice Fantusati — che i sovrani meroitici in occasione della loro intronizzazione compivano un viaggio di incoronazione attraverso i maggiori siti del regno. Durante questo viaggio avevano dei punti di sosta. L’ipotesi è che un sovrano meroitico possa in qualche periodo storico avere usato Abu Erteila proprio per questa finalità». I materiali rinvenuti si riferiscono tutti a un edificio templare: colonne, architravi, cavetti, un amuleto rappresentante un disco solare con doppio ureo, frammenti d’intonaco dipinto e due piccoli leoni in arenaria alti venti centimetri. Tutti oggetti che riconducono a un’area cultuale probabilmente riferibili ad Apedemak, il dio leone, i cui principali luoghi di culto erano Naga, che dista appena 40 chilometri, Basa e Musawwarat esSufra. Ma la ricerca archeologica riguardante il grande impero di Kush è ancora agli inizi e purtroppo questo patrimonio corre il grave rischio di sparire. «I forti legami che hanno contraddistinto Meroe e Roma, devono essere ben consolidati e vivi anche oggi», tiene a sottolineare l’ambasciatrice sudanese in Italia, Amira Hassan Daoud Gornass, che sta pensando a una serie di eventi da organizzare a Roma «per promuovere e far conoscere il Paese in modo da incoraggiare turismo e investimenti». Grandi progetti culturali annuncia anche il direttore generale della National Corporation for Antiquities and Museums di Khartoum, Abdel Rahman Ali, che soprintende non soltanto alle attività delle missioni archeologiche in Sudan, ma anche a tutta l’attività museale archeologica del Paese. «Stiamo programmando la realizzazione di nuovi musei archeologici. Il più tempio di Amon a Naga importante nella zona di Wadi Halfa, appena sotto il confine tra Egitto e Sudan. In questo modo, come Assuan ha il suo museo della Nubia, un altro verrebbe realizzato in terra sudanese. E un altro museo si vorrebbe aprire a Naga. A Kerma è stato aperto un piccolo museo dove sono esposte le statue rinvenute da Charles Bonnet a Dukki Gel. A Musawwarat es-Sufra c’è un piccolo museo che conserva pezzi in arenaria, statuaria ed elementi architettonici rinvenuti nell’area». Un entusiasmo quanto mai giustificato perché da poco la gestione dei musei sudanesi ha siglato un protocollo d’intesa con il Qatar. L’emirato si è infatti proposto di finanziare la ricerca archeologica in Sudan mettendo a disposizione delle antichità cento milioni di euro. «È l’investimento più grande mai realizzato nell’ambito della ricerca archeologica in Sudan. E senza dubbio rappresenta una grande opportunità per il Paese». Intanto già fervono i lavori per la grande mostra archeologica di reperti sudanesi prevista per il prossimo anno a D oha. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 pagina 5 Predicazione per le strade delle Villas miserias Il microchip contraccettivo voluto da Bill Gates Anche senza il consenso della donna A pochi chilometri dal centro della città dove la Chiesa e i preti sono pressoché l’unico presidio di umanità di ANDREA POSSIERI a casa di Cristo non si spiega, si vive». Così è scritto a caratteri cubitali nella grande sala-refettorio del centro San Alberto Hurtado di Villa 21-24, in una delle tante strutture sorte nelle baraccopoli di Buenos Aires e che fanno parte del progetto «Hogar de Cristo» voluto dal cardinale Jorge Mario Bergoglio quand’era arcivescovo della capitale argentina. Ed è in una di queste strutture — a metà strada tra l’opera sociale, l’oratorio, il refettorio, il doposcuola e il centro d’accoglienza — che si possono rintracciare alcune di quelle che Pierfrancesco De Robertis ha «L di LUCETTA SCARAFFIA Nelle Villas miserias di Buenos Aires Ospedale da campo «compagna abituale delle giornate dei baraccati — scrive De Robertis — e la maggior parte dei giovani è devastata dal flagello del paco, una droga per i poveri ottenuta con i residui della fabbricazione della cocaina». In «questo inferno umano» che, paradossalmente, dista solo pochi chilometri dal centro della città e dalla Casa Rosada, lo Sta- Il cardinale Bergoglio durante una celebrazione in piazza a Buenos Aires chiamato in un suo libro che uscirà questa settimana, «le pecore di Bergoglio» (Le pecore di Bergoglio. Le periferie di Buenos Aires svelano Papa Francesco, Bologna, Emi, 2014, pagine 112, euro 13). Ovvero quei preti di strada, catechisti, missionari e laici che vivono le periferie di Buenos Aires e che danno vita, concretamente, a quella Chiesa come «ospedale da campo» che non si stanca mai di annunciare il Vangelo ai poveri e che si prende cura delle sofferenze degli ultimi che abitano ai margini della società. A partire dalla grande crisi economica del 1929, infatti, attorno a Buenos Aires si sono formate distese di bidonville in cui si sono ammassate migliaia di persone provenienti soprattutto dalla Bolivia, dal Paraguay, dal Perú e dalle zone più povere dell’Argentina. Una serie di baraccopoli che spesso non hanno nemmeno una denominazione che li identifichi, ma solo un numero che le distingue dalle altre. Sono le cosiddette Villas miserias, il cui nome ha origine da un romanzo pubblicato nel 1957 da Bernardo Verbitsky, Villa Miseria también es América, nel quale viene descritta la vita degli immigrati interni del Paese. Nelle villas le condizioni di vita sono durissime. Le case sono fatiscenti, spesso con un pannello di lamiera a fare da tetto. Le fognature sono quasi sempre a cielo aperto. L’acqua corrente e la luce elettrica sono disponibili solo in alcuni momenti della giornata. Le strade non sono asfaltate e sono popolate da ragazzini scalzi che giocano a calcio, cani randagi che circolano ovunque e automobili che sfrecciano a grande velocità. La morte è una to è assente e «la Chiesa e i preti sono pressoché l’unico presidio di umanità». È in questi quartieri abbandonati che la Chiesa argentina ha piantato le sue radici. Ed è in questi luoghi che è nata l’esperienza dei curas villeros, i preti delle baraccopoli, che vivono insieme in piccoli gruppi, «per con- dividere la quotidianità, le esperienze e unire le forze». I nomi di questi preti, come Pepe di Paola, Gustavo Carrara e Charly Olivero, sono forse sconosciuti all’opinione pubblica ma invece notissimi tra gli abitanti delle baraccopoli. Percorrendo le strade e le sale parrocchiali delle villas, infatti, non ci sono molte immagini di Papi o di santi, ma sono invece presenti quelle dei preti che hanno prestato la loro opera tra le baracche. L’immagine più ricorrente è forse quella di Carlos Mugica, il prete di Villa 31 nel quartiere Retiro, ucciso dai paramilitari nel 1974 «perché accusato di propaganda comunista». Oppure è viva la memoria di padre Daniel de la Sierra — chiamato a Barracas come el angel de la bicicleta — che alcuni anni fa morì investito da un autobus durante uno dei suoi spostamenti. La sua bicicletta oggi è appesa come un monumento in una sala della parrocchia della Virgin de Caacupé. Accanto a questi sacerdoti di strada si accosta poi l’opera e il servizio di molti laici. Come Gustavo Vera, fondatore e presidente dell’associazione La Alameda, la maggiore ong argentina che lotta contro il traffico di esseri umani, sfruttati sia per il lavoro che sessualmente. Oppure come Nancy Miño, ex agente della polizia federale che con le sue denunce contro la tratta degli esseri umani «ha fatto emergere un incredibile spaccato di corruzione e malaffare all’interno del corpo di cui faceva parte». O infine come Sergio Sánchez, presidente di una cooperativa di cartoneros, di coloro cioè che con la crisi del 2001 hanno perso tutto e che sono sta- ti costretti «all’umile lavoro di reciclador», frugando nei rifiuti e nell’immondizia alla ricerca di cartone, metallo o altri materiali riciclabili. La missione nelle baraccopoli è, dunque, una «missione totale» perché mira a servire le persone in tutti gli aspetti della vita. Prima di tutto, per i curas villeros, viene sempre l’annuncio del Vangelo attraverso la testimonianza dell’amore di Dio e della sua protezione nei confronti di ogni essere umano. Subito dopo, però, è fondamentale cercare un rimedio ai grandi problemi sociali, come la droga, l’alcolismo, lo sfruttamento e la prostituzione, che caratterizzano drammaticamente la vita nelle villas. Un rimedio che passa doverosamente anche attraverso la scuola, come testimoniato dall’opera del teologo José María del Corral, direttore del grande progetto della Escuela de vecinos, una rete educativa per gli adolescenti che vivono ai margini della società. «L’azione della Chiesa inevitabilmente tocca gli «La casa di Cristo non si spiega si vive» Così è scritto a caratteri cubitali nel refettorio del centro San Alberto Hurtado di Villa 21-24 interessi delle organizzazioni criminali», sottolinea De Robertis, perché «educare i ragazzi, aiutarli a ricevere un’istruzione, fare in modo che escano dal degrado significa liberare pesci dalla rete dei narcos». Padre Andrés Tello, uno dei quaranta cappellani che compiono il loro ministero con la gioia e con la sicurezza di chi compie un’opera grande negli ospedali di Buenos Aires, sintetizza alla perfezione il significato profondo della missione tra i poveri e gli ultimi che vivono nelle periferie: «Non bisogna smarrire mai il tema della persona, è fondamentale nella concezione cristiana della vita e della fede. Il cardinale Bergoglio ci chiedeva proprio questo: vedere le persone non solo per un aspetto, ma come battezzati, nel loro insieme». i sono ricorsi storici che stupiscono e fanno pensare. Negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento era soprattutto la fondazione Rockfeller a sostenere finanziariamente e mediaticamente la campagna contro l’aumento demografico, agitando la minaccia della cosiddetta “bomba umana” che giustificò per anni interventi anche non consensuali di sterilizzazione o contraccezione sulle donne, in particolare del Terzo mondo. Oggi l’ossessione antiprocreazione è stata ereditata da un altro miliardario americano, Bill Gates. Questi, insieme alla moglie — che sta continuando la sua opera — ha investito i suoi capitali nella ricerca di un preservativo migliore e anche di un nuovo tipo di anticoncezionale, somministrato attraverso un microchip. Si tratta di un minuscolo distributore che può essere inserito in una parte del corpo da dove rilasciare, nella quantità e secondo i tempi stabiliti, la dose di farmaco necessaria. L’erogazione può essere controllata dall’esterno, sospesa o aumentata, a seconda delle necessità. È stata un’idea di Gates — che ha poi pagato perché venisse realizzata la relativa ricerca — quella di utilizzare questo sistema di somministrazione come un nuovo anticoncezionale femminile, che adesso è pronto per essere sperimentato e poi sottoposto alla trafila burocratica di accettazione sul mercato. La durata di attività di questo microchip arriva a quindici anni, cioè circa la metà della vita fertile di una donna. La contraccezione, così, farà parte di quell’insieme di microchip che dovrebbero essere inseriti nel corpo umano per migliorarne le prestazioni fisiche e intellettuali: la contraccezione considerata quindi come una sorta di perfezionamento del corpo femminile che, ahinoi, ha il difetto di procreare. Secondo la Cbs News, «la Fondazione Bill y Melinda Gates ha investito dei fondi per realizzare la sperimentazione di un microchip controllato da chi lo utilizza, che può prevenire con efficacia C le gravidanze non desiderate, a partire dai sedici anni. Questo nuovo metodo di controllo delle nascite potrà essere sul mercato a partire dal 2018». L’aspetto più inquietante di questa nuova terapia — che fa della contraccezione una costante sempre attiva nel corpo femminile, in un certo senso snaturalizzandolo completamente — è che il microchip può essere attivato anche da altri, estranei al corpo in cui è stata inserita. Attraverso questo congegno, insomma, il corpo delle donne può essere controllato da entità esterne, anche senza tener conto dei loro desideri. Pensando alla simpatia sempre mostrata da Gates nei confronti dell’eugenetica — anche qui una coincidenza con Rockfeller, grande finanziatore degli eugenisti americani — c’è il fondato timore che possa venire messa in atto una nuova forma di controllo della procreazione a fini selettivi, decisa da un potere scientifico e politico. La tentazione di diminuire le spese della sanità, garantendo la procreazione solo agli individui sani, e di controllare l’aumento della popolazione indigente, quella bisognosa di assistenza, sono sempre state infatti le “buone intenzioni” di chi voleva “migliorare” l’umanità intervenendo in modo costrittivo per impedire la nascita di esseri umani “difettosi”. Nell’iniziativa “umanitaria” della fondazione Gates si celano dunque molti pericoli: oltre a quelli che corre la salute femminile, mai ben garantita, si assiste a una manipolazione seria del corpo della donna che si può attivare anche senza il suo consenso. Speriamo che le donne si accorgano di quanti pericoli nasconde questa innovazione scientifica, che viene diffusa ammantata dall’aura mitica di una nuova iniziativa per facilitare la libertà sessuale femminile. Settant’anni fa iniziava a trasmettere la France Presse Domenica 20 agosto 1944, qualche ora dopo l’avvio dell’insurrezione di Parigi, l’agenzia di stampa France Presse lanciava il suo primo dispaccio: un appel- Il primo dispaccio dell’Afp, datato 20 agosto 1944 lo «A tutti i giornali liberi di Parigi». Dopo quattro anni di censura e di propaganda, infatti, l’unico desiderio era quello di riconquistare la libertà. Anche quella di informazione. E la vicenda della rinascita dell’agenzia di stampa ne divenne, insieme, il motore e l’emblema. Con il nome di Agence des feuilles politique, correspondance générale, l’agenzia era stata fondata nel 1835, a Parigi, dal banchiere Charles-Louis Havas: si trattava della prima agenzia di stampa al mondo. Con gli anni ne nacquero altre, ma fino a tutta la prima metà del Novecento l’Agence Havas (come venne ribattezzata dal nome del fondatore) dominò l’informazione politica globale. Poi però le cose si fecero difficili: a seguito dell’occupazione tedesca della Francia, infatti, l’agenzia — con il nuovo nome di Office français d’information — divenne l’organo istituzionale di informazione del Governo di Vichy. Tutto cambierà nuovamente — e definitivamente — con la liberazione di Parigi, quando, dopo la fusione con agenzie della resi- stenza, l’agenzia, finalmente autonoma, prenderà il nome con cui la conosciamo oggi, Agence France Press (Afp) appunto. Nelle prime ore del mattino di quel 20 agosto di settant’anni fa, otto giornalisti — tra cui Claude Martial-Bourgeon, che sarà poi il Durante la settimana di insurrezione dal 19 al 26 agosto 1944 primo direttore gea Parigi iniziarono a circolare i primi giornali liberi (foto Afp) nerale dell’Afp — si ritrovarono dinnanzi al civico 13 di Place de la Bourse, sede dell’agenzia. I nazi- noi ne prendiamo possesso”». Riaccese sti erano ancora presenti in molte zone le telescriventi, con quel dispaccio N° 1, della capitale, ma gli otto moschettieri la stampa libera riaccendeva le speransapevano che il momento era arrivato. ze del popolo francese. «Sono entrato nell’agenzia dove avevo Ai due secoli di storia dell’agenzia fatto anni prima il mio debutto come Xavier Baron, già giornalista dell’Afp, giovane giornalista — racconterà poi ha dedicato il libro Le monde en direct uno di loro, Gilles Martinet — e ho (Paris, La Découverte, pagine 300, euesclamato: “In nome della Repubblica, ro 21), in uscita il 28 agosto. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 Nota dell’episcopato peruviano in vista delle elezioni regionali e municipali del 5 ottobre Per un voto cosciente e responsabile L’arcivescovo di Dakar ai laici Fecondi e non silenziosi DAKAR, 25. Occorre da parte dei laici una maggiore apertura verso la società per garantire una presenza cristiana «feconda» e non «silenziosa» poiché essi «sono la punta di diamante della Chiesa nella società». È questo l’invito — riferisce Radio Vaticana citando il portale www.seneglise.sn — rivolto dal cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, al consiglio diocesano del laicato incontrato nei giorni scorsi. Il porporato senegalese ha sottolineato che l’organismo ha un ruolo assai importante nel dialogo intra-ecclesiale, poiché favorisce la concertazione e la collaborazione fra le diverse strutture della Chiesa locale. Per questo ha esortato i suoi membri a essere più presenti e attivi, soprattutto a far sentire la loro voce. Per il cardinale Sarr, compito del Consiglio diocesano del laicato è anche quello di individuare le iniziative da intraprendere nel mondo di oggi, identificando le sfide attuali e quelle future. L’organismo è stato presentato all’arcivescovo di Dakar all’indomani dell’incontro di formazione su alcuni aspetti della teologia della Chiesa e della teologia del laicato. Al porporato, la presidente, Marie Clémentine Diop, ha illustrato i progetti in cantiere: l’istituzione della giornata dell’apostolato dei laici, incontri di formazione, l’interazione con movimenti, associazioni e gruppi di apostolato, la cura delle comunicazioni e una più ampia collaborazione con sacerdoti e religiosi. Da parte sua il cardinale ha elogiato e messo in evidenza gli sforzi del consiglio diocesano che si materializzano a livello regionale e continentale. Una riflessione destinata a creare un vero e proprio forum per il dialogo che può crescere come struttura continentale dei laici, in collaborazione con il simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar. L’organismo — ha sottolineato Sarr — è dunque importante per il dialogo intra-ecclesiale e il confronto tra i membri di strutture diverse, per il flusso di informazioni, per la consultazione e la collaborazione, facenti parte di un unico corpo ecclesiale. Nell’arcidiocesi di Dakar una tale impostazione incoraggerà i laici a prendere il loro posto nella Chiesa. E in tal senso il consiglio dovrà prendere in considerazione tutte le azioni, per identificare le sfide attuali e future. Aperto a Torre Pellice il Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi Servizio e solidarietà come cura ai mali del mondo TORINO, 25. Seguire la strada del discepolato e del servizio verso l’altro, senza lasciarsi affascinare dalle logiche di potere: questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato dal pastore Claudio Pasquet nella predicazione pronunciata ieri, domenica, durante il culto di apertura del Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, che si svolge, fino a venerdì 29, a Torre Pellice, in provincia di Torino. Al Sinodo è giunto il «saluto fraterno» di Papa Francesco. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, letto dal moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, il Pontefice assicura ai partecipanti la sua «vicinanza spirituale» e «prega il Signore di concedere a tutti i cristiani di progredire nel cammino verso la piena comunione, per testimoniare il Signore Gesù Cristo e offrire la luce e la forza del suo vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo». Partendo dal brano evangelico di Marco 10, 42-45 — nel quale alla richiesta dei discepoli di occupare i posti d’onore nel suo Regno, Gesù risponde esortandoli a diventare «servi di tutti» — Pasquet ha sottolineato come la Chiesa sia tale solo se si raccoglie attorno al suo Signore che le indica una via diversa e alternativa a quella dei «prìncipi delle nazioni che dominano su di esse». Ma chi sono i prìncipi delle nazioni, si è chiesto Pasquet nella predicazione. Sono «quanti hanno anteposto la finanza alla salute, allo stato sociale, al lavoro dei giovani. Sono prìncipi delle nazioni quelli che, in nome di Dio, vogliono imporre la loro religione agli altri con terrorismo e violenze». Quella che Gesù offre ai suoi discepoli è la strada di una libertà cristiana che si esprime prima di tutto nel servizio, nella critica alle logiche di questo mondo e alla brama di potere che opprime i deboli. «Ai mali del mondo, come le guerre che anche oggi ci minacciano e sono le terribili metastasi di tumori chiamati potere, prestigio e denaro, vi è la sola cura del servizio e della solidarietà», ha ribadito Pasquet. Nel corso del culto di apertura — informa un comunicato — è stato consacrato al ministero diaconale Demetrio Canale e presentato il pastore Tim Macquiban, della comunità metodista di Gran Bretagna, il quale si appresta a svolgere il suo ministero presso la chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo a Roma. Al culto era presente il vescovo di Pinerolo, monsignor Piergiorgio Debernardi, oltre a numerosi rappresentanti di Chiese evangeliche italiane e straniere. I lavori sinodali sono entrati nel vivo oggi con la lettura della rela- zione della cosiddetta Commissione d’esame che nel mese di agosto ha valutato l’operato della Tavola valdese (organo esecutivo dell’Unione delle Chiese metodiste e valdesi). Stasera si terrà, nel tempio valdese di Torre Pellice, un incontro dal titolo «I diritti di tutti e di tutte», al quale parteciperanno, fra gli altri, il pastore Eugenio Bernardini e Alessandra Trotta, presidente dell’Opera per le Chiese evangeliche metodiste in Italia. Il Sinodo affronterà vari temi, dalla missione delle Chiese nell’Italia e nell’Europa caratterizzate dalla crisi alla formazione giovanile e l’interculturalità, dalla libertà religiosa alla preparazione del cinquecentenario della Riforma. LIMA, 25. Lottare contro la corruzione, conoscere i bisogni delle persone, sapere chi è il candidato, valutare il suo piano di governo, fare attenzione alle promesse in campagna elettorale: sono i cinque criteri «per un voto cosciente e responsabile» proposti dai vescovi peruviani nel comunicato intitolato «Servidores del bien común», riflessione pastorale sulle elezioni regionali e municipali in programma il 5 ottobre. Alle consultazioni parteciperanno, per la prima volta, due milioni di giovani. Venti milioni di peruviani eleggeranno, tra più di centomila candidati, circa tredicimila amministratori in tutto il Paese per governare nei prossimi quattro anni distretti, province e regioni. «Questa elezione — scrive l’episcopato — è cruciale e decisiva per il consolidamento delle istituzioni in modo da permettere una democrazia matura e durevole. Tuttavia, vediamo nelle nostre comunità sfiducia e insoddisfazione nei confronti di alcuni politici e della politica in generale». I presuli si dicono preoccupati per lo scenario elettorale in un contesto sociale con gravi segnali di corruzione, espresso anche dall’alto numero di candidati i cui comportamenti morali hanno dato luogo nel passato a denunce e a condanne penali. «Genera poi ancora maggiore preoccupazione il tentativo di settori connessi al traffico di droga, all’estrazione mineraria illegale, al contrabbando, al traffico di esseri umani e ad altre attività illecite, di collocare persone strettamente legate a essi fra le autorità locali, provinciali e regionali. È inaccettabile — si afferma — essere arrivati all’estremo dell’eliminazione fisica degli avversari politici». I vescovi peruviani ricordano che solo la politica con senso etico è degna di credito. E citano l’Evangelii gaudium di Francesco, quando chiama i cristiani a prendere sul serio questo servizio: «La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» (205). Gesù, spiegano, «ci insegna che il servizio agli altri, specialmente ai più deboli e bisognosi, è un dono, al contrario del dominio e dello sfruttamento degli altri per i Cordoglio in India per la morte di padre Mennini NEW DELHI, 25. «Un missionario zelante, un vero testimone del Vangelo»: con queste parole — contenute in un telegramma e rese note da Radio Vaticana — l’arcivescovo Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India e in Nepal, ricorda padre Piergiorgio Mennini, il missionario gesuita scomparso il 16 agosto a Ranchi, capoluogo dello Stato indiano di Jharkhand. Ricoverato in ospedale dal luglio scorso, dopo una grave caduta, il sacerdote si è spento all’età di 76 anni. Fratello dell’arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna, e di Paolo Mennini, presidente dell’Associazione Tincani, padre Piergiorgio si trovava da quarantacinque anni in India, dove aveva prestato servizio come direttore spirituale, guida e consigliere fedele per migliaia di giovani in formazione a Pune, Chennai, New Delhi, Hazaribagh, Jharna e Ranchi. Le esequie si sono svolte il 19 agosto nella cattedrale di Santa Maria a Ranchi e sono state presiedute dall’arcivescovo della città, il cardinale Telesphore Placidus Toppo, il quale ha sottolineato che la morte di padre Mennini è «una perdita irreparabile per la Chiesa in India». Dopo il funerale, la salma del missionario gesuita è stata sepolta a Jharna, presso il Centro di spiritualità dei gesuiti. propri scopi nell’esercizio del potere di governare per la comunità». Per questo il Papa prega il Signore affinché «ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri» (ibidem). E per questo i vescovi vedono nella lotta alla corruzione il primo crite- rio: «Attraverso il voto dobbiamo esprimere che tipo di rappresentanti vogliamo e punire, negando il nostro voto, chi ha deluso le nostre aspettative, perché non ha fatto quanto promesso, perché si è dimostrato corrotto o perché ha fatto solo i suoi interessi». I presuli boliviani sulla campagna per le presidenziali Uguaglianza e trasparenza LA PAZ, 25. Una «evidente disuguaglianza» emerge nella campagna elettorale per il voto delle presidenziali e legislative in programma il 5 ottobre in Bolivia: è l’opinione della Conferenza episcopale espressa in un documento a firma del segretario generale, Eugenio Scarpellini, vescovo di El Alto. La Chiesa osserva «l’enorme disponibilità di risorse degli uni e la scarsa disponibilità da parte di altri». Una disuguaglianza che «mina la credibilità e le istituzioni democratiche». L’episcopato boliviano — riferisce la Misna — deplora inoltre che il partito di governo argomenti «un falso dilemma fra gestione pubblica e propaganda politica, quando è evidente che si usano risorse dello Stato» per fi- Re del Bahrein dona terreno per la cattedrale MANAMA, 25. Sarà intitolata a Nostra Signora d’Arabia la cattedrale che verrà costruita in Bahrein, su un terreno donato personalmente dal sovrano. Lo rende noto monsignor Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia del Nord, che ha espresso apprezzamento per questo gesto di distensione, in un momento in cui in diverse regioni del Medio 0riente le minoranze religiose si trovano sotto attacco. «Il Re del Bahrein — ha detto il presule a Radio Vaticana — si è dichiarato disposto ad aiutare duecento famiglie cristiane di Mosul, ed era anche disposto a riceverle in Bahrein. Questo dimostra la sua generosità nei confronti dei cristiani». ni elettorali. I vescovi chiedono «trasparenza nella campagna, presentazione dei piani e dei programmi in funzione del bene comune, dignità per tutti e imparzialità da parte del Tribunale supremo elettorale» per «il rispetto che meritano la libertà di coscienza e l’intelligenza della cittadinanza». I presuli lamentano altresì che sinora la campagna sia stata caratterizzata da denunce, insulti, discredito reciproco fra alcuni candidati lasciando da parte «problemi strutturali e realmente delicati come la povertà persistente, la crescita dell’insicurezza cittadina, un’amministrazione della giustizia lacunosa, l’aumento del narcotraffico e il ristagno dei servizi educativo e sanitario». Un capitolo della nota è dedicato al ruolo dei mezzi di informazione. Essi, dando spazio a tutti, devono evitare «ogni eccesso, manipolazione e spettacolarizzazione» e promuovere invece una comunicazione «veritiera e responsabile». I vescovi esortano a continuare questo lavoro, «un compito non facile», indispensabile per il successo di un vero processo democratico. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 pagina 7 Cento anni della famiglia paolina Cuore grande e mente aperta di VINCENZO BERTOLONE Sono bastati trentatré giorni ad Albino Luciani, eletto vescovo di Roma il 26 agosto 1978, per lasciare la sua impronta nella Chiesa e additare lo stesso cammino tracciato dai Papi del concilio, Giovanni XXIII e Paolo VI, dei quali aveva scelto di portare con il nome lo stile. E con la morte improvvisa di Giovanni Paolo I la sera del 28 settembre si chiudeva un ventennio che si potrebbe definire trittico dell’umiltà, formato da Angelo Giuseppe Roncalli, che divenne Papa il 28 ottobre 1958, da Giovanni Battista Montini, eletto il 21 giugno 1963, e infine, per poco più di un mese, quasi un supplemento d’anima, da Luciani. Davvero un inno all’umiltà, che resta. «La Chiesa, in questo sforzo comune di responsabilizzazione e di risposte ai problemi lancinanti del momento, è chiamata a dare al mondo quel “supplemento d’anima” che da tante parti si invoca e che solo può assicurare la salvezza». Nelle parole pronunciate da Luciani il 27 agosto, all’indomani dell’elezione, riecheggia l’incipit della costituzione dogmatica conciliare Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo» ed è per questo che «la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia». Le condizioni dell’uomo d’oggi sono invariate: gioie e tristezze, speranza e angoscia; le risposte della comunità dei credenti, della Chiesa, le medesime: dare al mondo quel supplemento d’anima a cui allude il Papa. A questo è chiamata la Chiesa, e il mondo «questo attende da essa, avendo raggiunto un crinale oltre cui c’è la vertigine dell’abisso». La tentazione è infatti quella di sempre: «Sostituirsi a Dio con l’au- Il 26 agosto 1978 l’elezione di Luciani Supplemento d’anima tonoma decisione che prescinde dalle leggi morali». Ecco i pericoli e le conseguenze individuate da Giovanni Paolo I, ma al contempo gli ambiti umani entro i quali i cristiani possono e devono dare il loro supplemento d’anima. Anch’egli elenca le tragiche conclusioni della rimozione di Dio: «Porta l’uomo moderno al rischio di ridurre la terra a un deserto, la persona a un automa, la convivenza fraterna a una collettivizzazione pianificata, introducendo non di rado la morte là dove invece Dio vuole la vita». Il creato, la vita umana, la famiglia, la società sono ancor oggi questioni non solo irrisolte, ma ancora più critiche. Alla Chiesa spetta il compito di rianimare, illuminare, formare le coscienze sui principi fondamentali che garantiscono una civiltà vera e una fratellanza reale fra i popoli: rispetto del prossimo, della sua vita e dignità, sollecitudine per il progresso spirituale e sociale, «pazienza e volontà di riconciliazio- ne nell’edificazione tanto vulnerabile della pace», dice il nuovo Papa il 31 agosto ai membri del corpo diplomatico. Homo sum, humani nihil a me alienum puto scrisse Terenzio. Certo, non ci sono soluzioni facili per problemi difficili, «non abbiamo soluzioni miracolose per i grandi problemi mondiali», ma la comunità cristiana ha una sua dote particolare, anzi «veramente preziosa» dice il Pontefice il 4 settembre: «Uno spirito che aiuti a sciogliere questi problemi e li collochi nella dimensione essenziale, quella della carità universale e dell’apertura ai valori trascendenti, vale a dire l’apertura a Dio. Proveremo a svolgere questo servizio con un linguaggio semplice, chiaro, fiducioso». Questi i termini del supplemento d’anima che la Chiesa e ogni fedele hanno l’obbligo di portare in ogni ambito d’azione; specialmente nella famiglia, «Chiesa domestica» (Lumen gentium, 11). La famiglia, nono- stante i venti contrari, resta una comunità d’amore e l’amore coniugale genera nuova vita ed è il riflesso dell’amore di Dio. Compito della Chiesa è dunque sostenere e tutelare la famiglia, fortificandola «nella fedeltà alla legge di Dio e della Chiesa. Non dobbiamo avere alcun timore nel proclamare le esigenze del mondo di Dio, perché Cristo è con noi e dice oggi come allora: Chi ascolta voi, ascolta me». Fondamentale dunque è «l’indissolubilità del matrimonio cristiano; anche se questa parte del nostro messaggio è difficile, dobbiamo proclamarla con convinzione, perché è parola di Dio e mistero della fede. Ma, allo stesso tempo, siamo vicini al nostro popolo, ai suoi problemi e alle sue difficoltà. Deve sempre sapere che noi lo amiamo», dice il Papa a un gruppo di vescovi statunitensi il 21 settembre. Ripartire dalla famiglia: questo è «l’ordine di precedenza dei nostri compiti» e «la santità della famiglia cristiana è certamente il mezzo più idoneo a produrre quel sereno rinnovamento della Chiesa che il concilio così ardentemente auspica», si dovesse pure andare contro corrente ed essere una voce minoritaria. Papa Luciani nella sua umanità era conscio che non è facile coniugare libertà e autorità: il cavallo della pagina di Giobbe «che salta come una cavalletta e sbuffa» e il cavaliere «prudente, che monta il cavallo e, ora con la voce soave, ora lavorando saggiamente di speroni, di morso e di frustino, lo stimola, oppure ne modera la corsa impetuosa, lo frena e lo trattiene», come dice durante la presa di possesso della basilica di San Giovanni in Laterano il 23 settembre. La condizione indispensabile di questo accordo sta nel seguire la parola e la legge di Dio, secondo la quale «non si può fare del bene a qualcuno, se prima non gli si vuole bene». Sta in questa semplicità di cuore e di servizio il supplemento d’anima di Albino Luciani. Don Giacomo Alberione CUNEO, 25. Era il 20 agosto 1914 quando don Giacomo Alberione, insieme a due adolescenti, dava inizio alla Scuola Tipografica Piccolo Operaio. Si gettava allora il primo seme di quel grande albero che sarebbe diventata la Società San Paolo e l’intera famiglia paolina. L’episodio è stato ricordato, nel giorno del centenario, dal vescovo di Alba, Giacomo Lanzetti, che, presso la casa madre dei paolini, ha presieduto la messa in ricordo del beato Alberione. Si è trattato di un’occassione per esprimere «riconoscenza», a nome della Chiesa tutta — ha detto il presule — «per l’opera della famiglia paolina, per la fedeltà al- la sua vocazione e ai carismi del fondatore, declinata con coraggio e inventiva in cento anni spesso non facili». E per rivolgere l’invito a coltivare due particolari doti di don Alberione: «Una mente aperta e un cuore grande». Tra gli eventi promossi in occasione dell’anniversario, due case editrici — Paoline Editoriale Libri e San Paolo Edizioni — propongono «100 piazze per il Vangelo», un’iniziativa itinerante che toccherà le principali città italiane per condividere il carisma e l’opera voluta dal fondatore: annunciare la Parola di Dio nella cultura della comunicazione. Ricordo di Mariano Magrassi Si sentiva stancamente bene di FRANCESCO CACUCCI Dalle sue mani ho accolto il pastorale, la sera dell’8 settembre 1999. Era il pastorale del vescovo che ero stato chiamato a succedere sulla cattedra della Chiesa di Bari-Bitonto, ma per me era anche il “testimone” di colui che è stato per me padre, pastore, amico e fratello. Gli assicurai, di fronte al Signore, durante la mia consacrazione episcopale, la volontà di essere per lui quello che Timoteo fu per Paolo. Ho goduto delle sue frequenti confidenze, dei suoi consigli, ma soprattutto della familiarità di un confronto che non ha mai creato soggezione, ma rinsaldava una sorta di fraternità tesa sempre al bene della comunità diocesana che, in ruoli diversi, abbiamo entrambi servito. E nell’intensità degli incontri, la figura del monaco, del maestro e del pastore affioravano costantemente e si amalgamavano in modo mirabile. Padre Mariano, infatti, è sempre stato profondamente monaco, grazie alla lettura degli scritti dell’abate Marmion, così come ha spesso raccontato di sé, seppur attraverso un percorso articolato, passando attraverso il seminario vescovile, l’ordinazione presbiterale, il viceparrocato in una parrocchia della diocesi di Tortona, per poi approdare in modo provvidenziale nell’ambìto porto benedettino. Il suo vescovo aveva quasi voluto “provare” la sua vocazione, non gli aveva impedito l’ingresso in monastero, ma gli aveva chiesto solo qualche anno di impegno in diocesi e poi, «se quella era la volontà di Dio...». Era la volontà di Dio. Quando raccontava il suo ingresso in monastero gli occhi di padre Mariano scintillavano di gioia, fresca come quella del primo momento. L’abito benedettino era la sua seconda pelle, lo aveva sempre saputo. E così ha vissuto l’esperienza monasti- Quell’osmosi tra vita e sacramenti di MARIO CASTELLANO Nei suoi scritti e nei suoi interventi, il monaco prima e poi il vescovo Magrassi ritornava continuamente sull’idea che la vita cristiana non è altro se non una «esperienza viva del mistero di Cristo». Era ben convinto di dover curare una liturgia che fosse davvero evangelizzatrice, con una ritualità fatta di segni veri e autentici, «finestre aperte sul mistero di Dio», che non soffrisse per la frattura con la vita, ma aprisse naturalmente alle esigenze dell’impegno cristiano. Per l’arcivescovo era ben chiaro che è «dal sacramento» che scaturisce «l'impegno morale», conseguenza per una vita plasmata dalla grazia ricevuta. Egli pertanto richiamava il dover «vivere in modo conforme al dono divino», abbracciando tutta la vita cristiana, morale e ascetica. Di quel dono l’atto liturgico pone un germe che esige di essere sviluppato. Era così espressa «la dimensione esistenziale del mistero», che è anche «la dimensione impegnativa della liturgia». Essa non presenta un insieme di norme, ma un ideale «vivente», una persona, Cristo, di cui lasciarsi rivestire per conformare alla sua immagine tutta la propria vita. Egli, in continuità con il cammino ecclesiale tracciato dall’episcopato italiano, richiamò sempre e con forza la «circolarità tra fede, rito e vita», nella profonda convinzione che la Chiesa per essere «comunità viva» deve collocare al centro l’Eucaristia e realiz- zare una vera «osmosi tra catechesi, liturgia e carità». Il rapporto tra fede e vita non è automatico ma deve, necessariamente, essere mediato dalla liturgia. Questo convincimento accompagnò sempre la sua attività di maestro e di pastore. Come pastore, padre Mariano era consapevole della necessità di formare comunità ecclesiali composte da «credenti adulti» e «maturi nella fede», che sapessero intercettare anche i più “lontani”. Sostenne la necessità di una rinnovata evangelizzazione e, al suo interno, l’importanza di un’azione rituale non estranea alla realtà, ma fortemente legata al vissuto, capace di mettere continuamente in relazione il mistero di Dio, attinto alle fonti della Scrittura e della liturgia, e il «mistero dell'uomo», immerso in un fenomeno di secolarizzazione sempre più ambiguo e complesso. La sua visione non era quella di una Chiesa ripiegata su se stessa, né compiaciuta delle sue belle cerimonie ma che, forte di una vitalità attinta dalla Parola e dai Sacramenti, doveva sentire il bisogno di raggiungere tutti, divenendo comunità “missionaria” ed “ecumenica”, aperta a tutte le componenti della cristianità. Da subito il pastore pose nel giusto ordine gli elementi costitutivi della pastorale, collocando “al centro” la liturgia e ribadendo che, se è intorno all'annuncio che la Chiesa si costruisce, il luogo in cui questo “annunzio” risuona col massimo di efficacia è la celebrazione eucaristica, cuore della Chiesa e della pastorale. ca con una fecondità tale che ha segnato gli anni del suo ministero sacerdotale ed episcopale. Genova e poi Noci rappresentano il preludio di una presenza luminosa che ha irradiato l’intera Chiesa italiana. La sua predicazione, i suoi corsi di eser- cizi spirituali, le sue lezioni magistrali erano un punto di riferimento autorevole e ispirato. Ancor oggi, presentandomi come suo successore, colgo che a lui si associa Afferrati da Cristo, il corso di esercizi spirituali predicati in Vaticano alla presenza di Monaco e pastore A dieci anni dalla morte, avvenuta il 15 aprile 2004, l’arcidiocesi di Bari-Bitonto ricorda il suo antico pastore (1977-1999), figura tra le più significative della Chiesa in Italia negli ultimi decenni del Novecento, con un volume a cura di Salvatore Palese e Michele Bellino (Mariano Andrea Magrassi. Arcivescovo di Bari-Bitonto. Monaco, maestro, pastore, Bari, Edipuglia, 2014, pagine 576, euro 40). Pubblichiamo ampi stralci della prefazione a firma del suo successore alla guida dell’arcidiocesi pugliese e l’estratto di uno scritto che ricorda la particolare attenzione che monsignor Magrassi ha sempre riposto nella pastorale liturgica. Paolo VI, durante la quaresima del 1977, poco prima della sua nomina ad arcivescovo di Bari. Era tangibile una vita spirituale profonda e un amore allo studio che lo ha accompagnato sempre e che lui sapeva tradurre in una divulgazione fascinosa ed entusiasmante. Alla radice, poi, emergeva una curiosità quasi fanciullesca, una capacità di stupore, un desiderio di scoprire e una innata disponibilità ad accogliere, frutto maturo di una sensibilità spirituale davvero raffinata. Monaco e maestro, dunque, ma anche profondamente pastore. I ventidue anni di episcopato sono stati una grazia per la diocesi di Bari-Bitonto e per la Chiesa italiana. Il suo magistero pastorale, di ampio respiro, ha attraversato tutte le corde della vita della comunità da quelle spirituali a quelle sociali, a quelle culturali: dalla mirabile Lettera pastorale sul Battesimo (Diventa quello che sei) all’opzione per l’evangelizzazione degli adulti, per approdare, attraverso i tre convegni ecclesiali diocesani (su Evangelizzazione e promozione umana, sulla Catechesi, sulla Liturgia), al Sinodo diocesano. Il suo magistero, di cui i volumi pubblicati sono solo un frammento, è la testimonianza autorevole della vita di un pastore profondamente dedicata al gregge a lui affidato. Non si risparmiava in nessuna circostanza e, talvolta, visibilmente provato, a chi gli domandava di come si sentisse, rispondeva: «Stancamente bene». Sapeva parlare al cuore di tutti, perché comunicava con il cuore e con una parresia che mi ha segnato indelebilmente. Ho accolto dalle sue mani il pastorale, quasi quindici anni fa, e lo custodisco come prezioso viatico in un cammino da lui sapientemente tracciato e nel quale mi sono sforzato di inserirmi, sostenuto del suo esempio e dalla sua preghiera. Sono particolarmente debitore a lui della scelta mistagogica, che segna il cammino pastorale di oggi. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì-martedì 25-26 agosto 2014 re Gesù e alla Madonna l’intera Nazione e preghiamo uniti soprattutto per le vittime, le loro famiglie e quanti soffrono. Ho ricevuto una lettera di un Vescovo che racconta tutto questo dolore. Preghiamo insieme la Madonna per questa amata terra di Ucraina nel giorno della festa nazionale: Ave Maria... Maria, Regina della pace, prega per noi! All’Angelus il Pontefice ricorda che la comunità cristiana si fonda sulla fede di ogni battezzato Le pietre della Chiesa La «pietra angolare e unica» della Chiesa è Cristo, ma tutti i battezzati sono chiamati a essere «pietre vive» della comunità con la loro fede «povera ma sincera». Lo ha ricordato il Papa all’Angelus di domenica 24 agosto, in piazza San Pietro. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Il Vangelo di questa domenica (Mt 16, 13-20) è il celebre passo, centrale nel racconto di Matteo, in cui Simone, a nome dei Dodici, professa la sua fede in Gesù come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; e Gesù chiama «beato» Simone per questa sua fede, riconoscendo in essa un dono speciale del Padre, e gli dice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Fermiamoci un momento proprio su questo punto, sul fatto che Gesù attribuisce a Simone questo nuovo nome: “Pietro”, che nella lingua di Gesù suona “Kefa”, una parola che significa “roccia”. Nella Bibbia questo termine, “roccia”, è riferito a Dio. Gesù lo attribuisce a Simone non per le sue qualità o i suoi meriti umani, ma per la sua fede genuina e salda, che gli viene dall’alto. Gesù sente nel suo cuore una grande gioia, perché riconosce in Simone la mano del Padre, l’azione dello Spirito Santo. Riconosce che Dio Padre ha dato a Simone una fede “affidabile”, sulla quale Lui, Gesù, potrà costruire la sua Chiesa, cioè la sua comunità, cioè tutti noi. Gesù ha in animo di dare vita alla “sua” Chiesa, un popolo fondato non più sulla discendenza, ma sulla fede, vale a dire sul rapporto con Lui stesso, un rapporto di amore e di fiducia. Il nostro rapporto con Gesù costruisce la Chiesa. E dunque per iniziare la sua Chiesa Gesù ha bisogno di trovare nei discepoli una fede solida, una fede “affidabile”. È questo che Lui deve verificare a questo punto del cammino. Il Signore ha in mente l’immagine del costruire, l’immagine della comunità come un edificio. Ecco perché, quando sente la professione di fede schietta di Simone, lo chiama “roccia”, e manifesta l’intenzione di costruire la sua Chiesa sopra questa fede. Fratelli e sorelle, ciò che è avvenuto in modo unico in san Pietro, avviene anche in ogni cristiano che matura una sincera fede in Gesù il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Il Vangelo di oggi interpella anche ognuno di noi. Come va la tua fede? Ognuno dia la risposta nel proprio cuore. Come va la tua fede? Come trova il Signore i nostri cuori? Un cuore saldo come la pietra o un cuore sabbioso, cioè dubbioso, diffidente, incredulo? Ci farà bene nella giornata di oggi pensare a questo. Se il Signore trova nel nostro cuore una fede non dico perfetta, ma sincera, genuina, allora Lui vede anche in noi delle pietre vive con cui costruire la sua comunità. Di questa comunità, la pietra fondamentale è Cristo, pietra angolare e unica. Da parte sua, Pietro è pietra, in quanto fondamento visibile dell’unità della Chiesa; ma ogni battezzato è chiamato ad offrire a Gesù la propria fede, povera ma sincera, perché Lui possa continuare a costruire la sua Chiesa, oggi, in ogni parte del mondo. Anche ai nostri giorni tanta gente pensa che Gesù sia un grande profeta, un maestro di sapienza, un modello di giustizia... E anche oggi Gesù domanda ai suoi discepoli, cioè a noi tutti: «Ma voi, chi dite che io sia?». Che cosa risponderemo? Pensiamoci. Ma soprattutto preghiamo Un apprezzamento per il cammino compiuto da Assisi a Roma è stato rivolto da Papa Francesco ai circa seicento giovani bergamaschi che domenica pomeriggio, 24 agosto, hanno partecipato alla messa celebrata dal vescovo Francesco Beschi all’altare della Confessione nella basilica vaticana. Ricordando che il cammino è immagine della vita e che occorre essere sempre in movimento, il Pontefice ha rivolto un saluto particolare al gruppo di alpini che accompagnavano i giovani. E ha confidato in proposito che anche un suo cugino faceva parte delle penne nere: dal loro esempio, ha affermato, si ricava una vera e propria lezione di vita. Da qui l’invito a salire sempre: si può anche cadere, ha detto, ma l’importante è rialzarsi ogni volta. Dopo aver salutato i presenti, il Pontefice ha posto la sua firma alla base della grande croce di legno che i giovani hanno portato con loro durante il pellegrinaggio. Dio Padre, per intercessione della Vergine Maria; preghiamolo che ci doni la grazia di rispondere, con cuore sincero: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Questa è una confessione di fede, questo è proprio “il credo”. Ripetiamolo insieme per tre volte: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Al termine della preghiera mariana il Pontefice ha rivolto il suo pensiero «all’amata terra d’Ucraina, di cui ricorre oggi la festa nazionale», invitando i fedeli a pregare soprattutto il mio pensiero oggi va in modo particolare all’amata terra d’Ucraina, di cui ricorre oggi la festa nazionale, a tutti i suoi figli e figlie, ai loro aneliti di pace e serenità, minacciati da una situazione di tensione e di conflitto che non accenna a placarsi, generando tanta sofferenza tra la popolazione civile. Affidiamo al Signo- II Spazio alla bellezza Giovanni Paolo II resta nella memoria di tutti come «un Papa innamorato di Cristo», della famiglia e della vita, capace di trasmettere al mondo quella «gioia che è un elemento centrale dell’esperienza cristiana e la vocazione della Chiesa». È con queste parole che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha ricordato Papa Wojtyła durante la celebrazione per l’inaugurazione del santuario all’aperto a lui dedicato a Lorenzago di Cadore, nel pomeriggio di domenica 24 agosto. Nella località veneta, infatti, Giovanni Paolo II ha trascorso cinque soggiorni estivi tra il 1987 e il 1996. Il suo insegnamento, ha affermato il porporato, è ancora oggi di grande attualità soprattutto nella prospettiva del Sinodo dei vescovi per la famiglia, come anche nell’impegno per la difesa della vita e per la pace specialmente in Medio oriente. È stata la gioia il filo conduttore dell’omelia del cardinale che, anzitutto, non ha mancato di ringraziare il Creatore per «la bellezza delle montagne e dei boschi, una bellezza che porta in sé la visibilità dell’invisibile». Motivo particolare di gioia, ha spiegato, è proprio «la memoria di san Giovanni Paolo II, Scommessa per la pace conta — ci siamo resi conto insieme che la pace è la priorità e che forse anche il calcio poteva dare un suo contributo diffondendo un messaggio positivo. Ecco perché questa partita è un punto di partenza e non un’idea fine a se stessa». Anche per questo il ricavato andrà al progetto «Un’alternativa di vita» in favore dei bambini. A sostenerlo le associazioni Scholas Occurrentes, particolarmente cara a Papa Francesco, e Fondazione Pupi, quest’ultima promossa dallo stesso Zanetti con la moglie Paula. Insomma, aggiunge il campione argentino, «giocheremo a pallone proprio per testimoniare un messaggio di pace, di fraternità e di unità, mostrando che le diversità di religione e di razza sono ricchezze che uniscono e non elementi di divisione». Ma anche «per invitare a fare gesti concreti in favore di chi ha più bisogno». Zanetti parla con lo stile schietto del centrocampista «che non si tira mai indietro quando c’è da costruire qualcosa di importante». E prima di fare i nomi che comporranno i due dream team — probabilmente le più forti squadre della storia del pallone — spiega che «non conta la partita in sé, chi se- Cari fratelli e sorelle, A Lorenzago di Cadore il segretario di Stato inaugura il santuario dedicato a Giovanni Paolo Presentata la partita di calcio in programma il 1° settembre allo stadio Olimpico di Roma È «un’ulteriore scommessa per la pace», secondo Papa Francesco, la partita interreligiosa che si giocherà lunedì 1° settembre, alle ore 20.45, allo stadio Olimpico di Roma. Lo sport, e segnatamente il calcio per la sua popolarità, può essere il collante del «binomio scuola-educazione che tanto sta a cuore al Pontefice». A delineare così il significato dell’incontro amichevole di calcio voluto da Papa Francesco è stato monsignor Guillermo Javier Karcher, che intervenendo alla conferenza stampa di presentazione lunedì mattina, 25 agosto, nella sede di Radio Vaticana, ha portato «il ringraziamento e il saluto benedicente» del Pontefice. C’è, dunque, «la cultura della pace, dell’incontro, della solidarietà, dell’integrazione, della fraternità» nell’idea di questo match, che intende anche facilitare «uno scambio di progetti educativi» mirati espressamente «ai bambini disagiati che vivono nelle periferie esistenziali». A organizzare l’iniziativa, «mettendoci anima e corpo», l’ex calciatore argentino Javier Zanetti, che il 25 aprile 2013 ha avuto un lungo e cordiale incontro con il Pontefice. «Parlando con Papa Francesco — rac- per le popolazioni che soffrono a causa del perdurare di tensioni e conflitti. Quindi ha salutato alcuni dei numerosi gruppi presenti in piazza. Saluto cordialmente tutti i pellegrini romani e quelli provenienti da vari Paesi, in particolare i fedeli di Santiago de Compostela (Spagna), i bambini di Maipù (Cile), i giovani di Chiry-Ourscamp (Francia) e quanti partecipano all’incontro internazionale promosso dalla diocesi di Palestrina. Saluto con affetto i nuovi seminaristi del Pontificio Collegio Nord Americano, giunti a Roma per intraprendere gli studi teologici. Saluto i seicento giovani di Bergamo, che a piedi, insieme al loro Vescovo, sono giunti a Roma da Assisi, cioè “da Francesco a Francesco”, come è scritto lì. Ma siete bravi voi bergamaschi! Ieri sera il vostro Vescovo, assieme a uno dei sacerdoti che vi accompagna, mi ha raccontato come avete vissuto questi giorni di pellegrinaggio: complimenti! Cari giovani, tornate a casa con il desiderio di testimoniare a tutti la bellezza della fede cristiana. Saluto i ragazzi di Verona, Montegrotto Terme e della Valle Liona, come pure i fedeli di Giussano e Bassano del Grappa. Vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Vi auguro buona domenica e buon pranzo! Arrivederci. gnerà il gol o chi farà una bella azione, quanto la capacità di diffondere l’idea contagiosa di pace e di solidarietà». Ma intanto, confida, si allunga la lista di giocatori, ex giocatori e allenatori che saranno presenti alla partita. A oggi hanno assicurato la loro partecipazione, tra gli altri, Messi, Maradona, Neymar, Buffon, Zidane, Batistuta, Baggio, Totti, Pirlo, Inzaghi, Nesta, Nagatomo, Eto’o, Ronaldinho, Muntari, Shevchenko, Benayoun, Muslera, Podolski, Ozil, Simeone, Nainggolan, Rodríguez, Heinze, Trezeguet, Mascherano, Palacio, Álvarez, Schelotto, Campagnaro, Cambiasso, Lavezzi, Icardi, Toni e Carrizo. Alla conferenza stampa, insieme ad alcuni protagonisti e sostenitori dell’iniziativa, sono intervenuti anche i calciatori Iturbe, della Roma, e Ledesma, della Lazio, entrambi argentini, che si sono stretti simbolicamente la mano. È previsto inoltre un momento musicale con l’attrice e cantante argentina Martina Stoessel, molto popolare tra gli adolescenti di tutto il mondo per la sua interpretazione di Violetta, e il cantautore italiano Nek. L’evento ha un sito internet (www.matchforpeace.org) e un account facebook e twitter. al quale dedichiamo questo santuario all’aperto» in un luogo a lui particolarmente caro. «Dieci anni fa — ha ricordato — era ancora in mezzo a noi e noi eravamo con lui. Dopo la sua morte, umile e gloriosa, siamo stati spettatori della sua beatificazione, il 1° maggio 2010, e della sua canonizzazione, il 27 aprile 2014». E la gioia, ha proseguito il cardinale ricordando l’insegnamento del Pontefice polacco, è proprio «un elemento centrale dell’esperienza cristiana e la vocazione della Chiesa». Per questa ragione «egli fu un innamorato di Cristo» e «ciò che rende unica la sua personalità è la profonda, davvero radicale, sequela cristiana: la dedizione di Karol Wojtyła a Cristo è alla radice di tutto ciò che ha fatto nella sua vita». Cristo «era il grido della sua fede, era l’incipit del suo pontificato». E «ha avuto il coraggio di dire apertamente la fede in Gesù in un’epoca di apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio, che vive come se Dio non esistesse. Ha elargito al mondo intero la gioia di essere prete, la gioia di appartenere a Cristo e di spendersi totalmente per la causa del suo Regno». A Lorenzago, ha affermato il cardinale Parolin, «Giovanni Paolo II incontrava Dio. Nel silenzio, nella contemplazione e nella preghiera riusciva non solo a riposarsi fisicamente, ma a trovare momenti per pensare alla sua vita spirituale, a Cristo Gesù e alla santa Chiesa che serviva instancabilmente». Del resto fin da giovane cercava spazi per lasciarsi dietro alle spalle «un mondo rumoroso e frenetico, per immergersi in un rapporto unico e singolare con la bellezza del creato». Giovanni Paolo II, ha detto ancora il porporato, «è stato per ventisette anni il Papa dei nostri giorni e noi vogliamo onorarlo con questo “segno santo”, che si unisce alla bontà e alla bellezza di questi luoghi meravigliosi che cantano la gloria di Dio». Portando il saluto e la benedizione di Papa Francesco, il segretario di Stato ha sottolineato l’attualità della testimonianza di Giovanni Paolo II soprattutto nella prospettiva dello sviluppo della missione della Chiesa. «Papa Fran- cesco, nel giorno della canonizzazione del suo predecessore, lo presentava come il Papa della famiglia» ha evidenziato, rimarcando come in effetti sia stato davvero «il Papa del Vangelo della vita» e come la difesa della famiglia sia «strettamente legata a quella della vita». Il porporato ha fatto notare come proprio «famiglia e vita» siano «due temi che stanno a cuore a Papa Francesco». E ha richiamato in proposito il concistoro del febbraio scorso, le due prossime assemblee sinodali e l’incontro mondiale delle famiglie in programma a Philadelphia nell’ottobre 2015. «Di fronte a una cultura globalizzata, che ha perduto in questi ultimi decenni il sapore della famiglia, del matrimonio cristiano, dell’amore, dell’educazione alla fede e ai valori, della gioia dei figli, della presenza dei nonni e delle nonne, del donarsi senza ritorno, la Chiesa — secondo il cardinale Parolin — ha il dovere di spiegare la forza trainante del Vangelo della famiglia e della vita. Nella proclamazione e nella accoglienza delle verità, che toccano il fondamento del vivere insieme, noi troveremo la giusta strada per costruire la civiltà dell’amore, come diceva nel lontano 1975, a chiusura dell’Anno santo, Papa Paolo VI, prossimo beato». «Questa civiltà — ha detto ancora — siamo chiamati tutti a costruirla. Non la morte, ma la vita; non l’odio ma il perdono, non la tristezza ma la gioia; non l’egoismo, ma la condivisione. Lo spettacolo di morte, che, ancora una volta, con dolore, abbiamo toccato con mano, volgendo il nostro sguardo orante sulla Terra santa, ci invita a compiere ogni sforzo perché vinca la pace».
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