Isacco, il figlio della promessa - S. Francesco d`Assisi al Fopponino
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Isacco, il figlio della promessa - S. Francesco d`Assisi al Fopponino
Libro della Genesi Gruppi di Ascolto 12-19 gennaio 2017 ISACCO, IL FIGLIO DELLA PROMESSA III serata: Il sacrificio per vivere nella fedeltà Genesi, 22, 1-19 Sacrificio di Isacco Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va' nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea. 17 18 19 Lettera di Giacomo, 2, 21-24 Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio. Vedete: l'uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. 21 22 23 24 Lettera agli Ebrei, 11, 17-19 Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo. 17 18 19 Qualche domanda e/o considerazione per la meditazione personale e la comunicazione in gruppo 1. Il fatto stesso di credere in Dio pone nella condizione di essere messi alla prova. Ebbene, Dio ti mette alla prova al fine di conoscere meglio Dio? oppure per conoscere meglio sé stessi? 2. Ognuno nella sua vita ha il suo “Isacco” (cioè “il bene più grande”, “la perla preziosa”). Quando comprendo qual è “l’Isacco del mio cuore” fino a che punto sono pronto ad offrirlo a Dio? 3. Ti invito a riflettere su questo piccolo e prezioso commento del Card. C. M. Martini circa “la fede di Abramo (v.12) messa alla prova”: “Dal Dio su cui Abramo può contare, di cui può disporre, Abramo passa gradualmente al Dio che dispone di lui, al Dio che ha in mano il destino della sua vita”. Per questa occasione ti offro anche questa poesia di P. David Maria Turoldo SIGNORE MIO, AMATO E CRUDELE * Prese dunque la legna per l'olocausto e ne caricò Isacco suo figlio; egli invece portava in mano il fuoco e il coltello... E disse Isacco: «Ecco il fuoco e la legna, ma la vittima dov'è?». Rispose Abramo: «Figlio mio, Iddio si preparerà da sé la vittima per l'olocausto». Così andavano insieme. (Gen 22, 6.8) Una quercia fulminata era il Vegliardo. Volavano sulla fronte nubi come a una vetta alta a nuda. Ma legato il basto al giumento tagliò con lucida calma la legna. Indi, la mano del fanciullo perduta nella sua grande mano, prese l'ombra di lui a ondeggiare sull'altipiano. Una luce prealbare e lontana li seguiva, una luce radente il deserto bianca, di lama. Nella notte aveva turbinato come vento su tutto il gregge e le tende la nuvola divina. O Vecchio, com'era il volto del Dio? forse un lenzuolo di sangue? o una roccia nera, un cratere in fiamme? Avevi cento anni atteso che fiorisse la carne. Ed ora due volte il fuoco divampò dalla polverosa tenda: con la tua schiava e con la donna amata che figli non concepiva incredula nel sangue suo. Due volte il miracolo si era avverato: Ismaele, il figlio del pianto e Isacco, la creatura del riso. Ma ora il figlio e la madre del pianto sono cacciati di casa. Il deserto è ancora un solo vagito di figli un solo ululato di madri supine alle dune e senza più fonti all'arsura della loro millenaria morte. E ora la creatura del riso ti segue, fanciullo dietro il passo di favoloso bandito. Egli porta la legna del rogo che deve incendiare la montagna; egli pensa alla cattura del bufalo dalle potenti corna dorate e ride; egli è impaziente di giungere all'immensa pietra. E tu camminavi muto e crudele: quale maschera copriva i tuoi occhi violenti e le mani folli e l'abisso del cuore ove eri franato valanga di sassi? Il silenzio dell'ultimo giorno era divino. Indietro ormai sostava pacifico il giumento, lontani erano i servi, lontana sua madre, le tende, i greggi, punti neri in sconfinato deserto. Dolce s'inarcava il giorno sulla valle dell'Innon il Cedron ancora selvaggio rideva sotto il volo dei corvi. In alto una pietra nuda, di teschio e il cielo un abisso di luce. Come ti parlò la impetuosa Voce, la nera Voce nella notte nera, discorde e assurda Voce che donava e rapiva e ti beveva dentro il cuore, la Voce che ti frantumava una a una le ossa? «Abraham, Abraham!» e tu rispondi: eccomi. La tua risposta ubriaca i cieli. «Abraham vide il mio giorno e gioì: se pur voi foste figli di Abraham...» Così nella chiesa bianca della mia infanzia era ritratto l'evento. Un capro d'improvviso usciva dallo sterpeto e una mano alla fine dolcissima fermava la lucida lama prossima alla carne pura. Sulla stessa montagna mi condusse fanciullo mio padre... O Signore mio, amato e crudele! * Crudele all'apparenza come ci è rivelato nella Bibbia, chiede all'uomo gesti che gli sono incomprensibili fino a un nuovo divino intervento. È inoltre proprio dell'amore esprimersi paradossalmente nei confronti dell'amato. (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” – pag. 315)