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Anno XXX, luglio-agosto 2009, n.11/12
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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
CULTURALI
fondamentali
ebraica
e
FILIPPO NOBILE
sono: l’Autostima, l’Indipendenza, la Disciplina e l’Amore.
1.3.1. L’autostima
Un compito importante dell’educazione ebraica consiste
nello sviluppare la stima di sè, delle proprie capacità e potenzialità.
La Bibbia insegna ad amare il prossimo come se stessi.In
questo concetto, però, sembra dato per scontato il fatto che le
persone amino effettivamente se stessi in modo da amare gli
altri con la stessa intensità.In effetti, il comandamento biblico
implica che prima che una persona possa amare gli altri debba
essere capace di amare se stesso.
Ciò risulta, inoltre, essere un interessante concetto psicologico.
É convinzione di parecchi rami della disciplina psicologica
che le persone a cui manca l’autostima difficilmente riescono a
stabilire soddisfacenti e sincere relazioni d’amore e d’amicizia
con il prossimo.
Numerosi studi a carattere psicologico confermano come il
modo in cui una persona è stata cresciuta e considerata dai
propri genitori sia ciò che contribuisce maggiormente all’autostima nell’adulto.
Secondo il pensiero ebraico, un genitore deve agevolare il
processo d’indipendenza e di sviluppo della personalità del
figlio anche attraverso la dimostrazione di stima e rispetto.
1.3.2. L’indipendenza
La tradizione ebraica enfatizza l’indipendenza come fondamentale caratteristica dell’uomo maturo .
I figli devono essere incoraggiati a divenire gradualmente
indipendenti dai propri genitori.Può essere presa a simbolo di
questo fondamentale concetto, la legge religiosa secondo la
quale un figlio viene avviato ai doveri religiosi e ai comandamenti ancor prima di raggiungere i tredici anni, data della sua
maturità religiosa. L’essere genitori iperprottettivi viene visto,
nel pensiero ebraico, in maniera negativa in quanto intralcerebbe la giusta e naturale attitudine verso l’indipendenza presente nel bambino e ne distruggerebbe l’autostima.
1.3.3. La disciplina e l’amore
La Bibbia insegna che i genitori hanno il compito e la
responsabilità di guidare i figli nel fare propri determinati valori
e sviluppare la capacità di distinguere fra il bene ed il male
nelle diverse sfere della vita.
La disciplina consiste in una parte essenziale della guida
verso i valori in quanto serve a rafforzarli avvalorando la giusta
attitudine comportamentale. L’assenza di disciplina comporta
l’assenza di guida.
La letteratura ebraica cita spesso l’idea che la disciplina
debba sempre essere seguita da affetto ed amore in modo che
il figlio non interpreti la punizione come un rifiuto verso la sua
persona bensì quale intolleranza verso l’atto commesso. La
parola “disciplina” deriva dal sostantivo “discepolo”, da ciò è
possibile derivare un importante concetto pedagogico. Non è
possibile forzare l’insegnamento di una materia ad un discepolo in quanto esso deve risultare dal desiderio d’imparare. Allo
stesso modo la vera disciplina deve scaturire dal desiderio di
farsi guidare.Il terreno su cui instaurare un appropriata disciplina ed una sana relazione è quello in cui si sia riusciti a rendere il proprio figlio un “discepolo”.Ciò richiede pazienza e perseveranza ma soprattutto é necessario che prima il genitore
abbia costruito un rapporto d’amore consolidato con il proprio
figlio. Questo insegnamento può essere dedotto dal commento
pedagogico al Mishlei del Gaon di Vilna che spiega come a
volte sia necessario non farsi false aspettative su risultati
immediati ma avere l’acutezza e la pazienza di retrocedere,
quando necessario, prima di proiettarsi in avanti.
1.3.4. L’importanza dell’ambiente
L’ebraismo pone la famiglia al centro della comunità e ne fa
il baluardo dell’educazione, nella difesa di valori universali vissuti nella quotidianità attraverso la pratica di riti, usi, costumi e
regole derivanti dalla tradizione e dalla religione ebraica. Il
gruppo, la comunità, l’ambiente, in generale, hanno un influenza non trascurabile sulla personalità futura del bambino. La
persona e la comunità più ampia sono strettamente interdipendenti. Nell’ebraismo il ruolo ed il contributo di ogni singolo indi-
viduo alla propria comunità e alla società in cui vive sono fondamentali. Dalle singole persone dipende il futuro della comunità, la quale, a sua volte, ha il compito di tutelare il singolo e
venire incontro alle sue esigenze.Il singolo e la collettività
sono posti allo stesso livello d’importanza pur nella loro specificità.
1.4. L’EDUCAZIONE ATTRAVERSO
L’ESEMPIO
La pedagogia ebraica paragona la relazione genitore-figlio a
quella maestro-discepolo. Come per la relazione maestrodiscepolo, quella parentale è delineata come una relazione
fondata essenzialmente sull’esemplarità. Le prime interazione
madre-figlio avvengono primariamente attraverso l’imitazione
e la ripetizione di gesti e parole.
Grazie all’imitazione, il bambino ancora neonato, impara le
azioni e nozioni di base che ne permettono la sopravivenza.
Le ritualità quotidiane e lo stile di vita ebraico sono fondati
sulla ripetizione. La preghiera del mattino, le benedizioni del
pasto, e il lavaggio delle mani, sono gesti ripetuti con cadenza
quotidiana.
Attraverso queste ritualità vengono tramandati quotidianamente particolari insegnamenti, significati e valori. É responsabilità del genitore adempiere a tali ritualità per primo in
modo da educare attraverso l’esempio e la coerenza. La stessa personalità paterna e materna devono essere d’esempio
allo sviluppo armonico del carattere del proprio figlio. Anche
una volta adulto, il figlio non dovrebbe mai smettere di considerare il proprio padre un modello e una fonte di conoscenze.
É questo il motivo per cui divenire genitori non viene considerato un fatto connaturale o privo di difficoltà. Al contrario, esso
è un arte la cui padronanza non è mai del tutto raggiunta; l’essere un buon genitore e un buon maestro è uno scopo a cui
l’uomo deve tendere tutta la vita.
1.5. LO STUDIO DELLA BIBBIA
Un genitore ebreo è obbligato dalla legge rabbinica a preparare il proprio figlio a condurre una vita che segua il percorso
morale tracciato dal Vecchio Testamento. (5) La costante reiterazione nel Pentateuco (6) del dovere d’insegnare i precetti
divini al popolo, e in special modo al giovane, deve aver stimolato una qualche sorta di educazione religiosa tra gli ebrei fin
da tempi antichi.
Perfino fin dall’era dei Giudici un giovane era capace di scrivere in ebraico (Giudici 8:14). (7) Probabilmente per secoli l’educazione religiosa è stata insegnata dai leviti (8), i quali vi si
dedicavano per professione.
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DELLA SCUOLA
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Lo studio della Bibbia è talmente fondamentale che il suo
valore eguaglia quello di tutte le altre “mitzvot” (9) messe
assieme.
É attraverso questo studio che il popolo ebraico è riuscito a
preservare, nei secoli, la propria identità e specificità malgrado
fosse stato disperso fra le nazioni. La responsabilità a riguardo
dello studio della Bibbia incombe primariamente sul padre ma
vi si occupa anche la madre, pur non avendone l’obbligo religioso. Ella indirizza il figlio verso una vita spirituale soprattutto
durante i primi anni di vita.
Il padre è obbligato ad insegnare la Bibbia al figlio secondo
quanto è scritto in essa “ed insegnerai ai tuoi figli stando a
casa, camminando per la via, coricandoti ed alzandoti” (10) e
secondo il comandamento biblico “e lo insegnerai diligentemente ai tuoi figli” ( Deuteronomio 6:7). Un padre che sia
impossibilitato ad insegnarla personalmente al proprio figlio è
libero di incaricare un maestro a suo posto.
A riguardo della madre, ella acquista merito esortando il
proprio marito ed i propri figli allo studio. In questo modo ella
ricopre un ruolo maggiormente indiretto nella trasmissione
della tradizione biblica.
Le donne non sono obbligate a studiare la Bibbia ma di
fatto, nel corso dei secoli, esse ne sono state spesso partecipi
e a volte protagoniste sia nell’apprendimento che nell’insegnamento in famiglia.
Il comandamento del chinuch (insegnamento) richiede ai
genitori di abituare il figlio a compiere i propri doveri religiosi
fin dall’infanzia.
Questo insegnamento deve essere adeguato all’età e al
livello di comprensione della persona. Lo studio della Bibbia
viene sviluppato attraverso lo studio dei commenti ad essa
relativi che evidenzino i numerosi esempi positivi di bontà e
carità che vi si possono trovare e che indirizzano il giovane
verso un educazione ai valori che possa essere applicata al
quotidiano. Dalla Bibbia è possibile trarre insegnamenti su
valori universali e sempre attuali quali l’amore per il prossimo
e la pace ma anche esempi negativi di “controvalori” di la gelosia e la corsa verso l’arricchimento.
Studiarla significa, per un ebreo, essere continuamente a
contatto con il proprio passato, le proprie origini, la propria storia ma anche la propria cultura ed identità. In essa sono illustrate diverse tradizioni, vi compaiono differenti popoli ma vi
sono citati valori universali in modo da rendere possibile che
ogni allievo vi si riconosca e, contemporaneamente, viene evidenziato ciò che unisce tutti i popoli. Lo studio della Bibbia
risulta essere superiore perfino alla preghiera in quanto,
secondo la concezione ebraica, esso può permettere un “dialogo” con il Signore mentre la preghiera viene descritta
metaforicamente come “monologo”. Lo studio, al contrario
della preghiera, non solo avvicina al divino ma ne permette,
inoltre, la comprensione. Esso unisce le generazioni in quanto
vi è tenuto il giovane quanto l’anziano divenendo, così, un
patrimonio comune che garantisce la sua trasmissione generazionale.
Lo studio della Bibbia viene considerato un valore a sé stante, ma contemporaneamente risulta essere un mezzo con cui
garantire la trasmissione di altri valori. Lo scopo principale di
questo studio è quello di aumentare la spiritualità dell’uomo
attraverso il “fare”, attraverso l’accompimento degli altri doveri
religiosi e non consiste semplicemente in un accrescimento
delle potenzialità intellettuali.
Uno studio che non porti ad azioni appropriate per quanto
riguarda la relazione con il Signore o con il prossimo fallisce
nel suo scopo.
1.5.1 Lo studio della Bibbia e le donne
La storia dell’educazione delle donne ebree illustra il carattere dinamico della legge ebraica in relazione con la realtà
sociale.
É una storia di tradizioni e transizioni culminate nel ventesimo secolo in cambiamenti di grandi dimensioni. Nel corso dei
secoli, diverse comunità ebraiche hanno garantiti, a livello
informale, lo studio della Bibbia e delle mitzvot alle donne che
ne fossero interessate malgrado esso non sia considerato un
obbligo femminile dalla religione ebraica.
É importante notare che durante il ventesimo secolo, si sviluppò un dibattito generale in termini di educazione femminile
dove su spinta di diverse correnti di tradizione ebraica si
discusse anche di studio della Bibbia per le donne in modo