Bonazzi, FELICITÀ POSSIBILE - Atlante digitale del `900 letterario

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Bonazzi, FELICITÀ POSSIBILE - Atlante digitale del `900 letterario
Atlante digitale del '900 letterario
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FELICITÀ POSSIBILE
Attorno a Mauro Bonazzi,
Con gli occhi dei Greci
Roma, Carocci, 2016
Il tema principale che viene
dettagliatamente delineato nel capitolo
tredici del libro Con gli occhi dei Greci di
Mauro Bonazzi (Roma, Carocci, 2016) è la
figura di un filosofo tra i più sottili:
Epicuro.
Epicuro viene definito dall'autore
come il primo chiaro professionista
dell’antifilosofia, la pecora nera della
metafisica greca, ed è uno dei pochi
pensatori che ha avuto l’onore di
diventare un aggettivo (epicureo: uno
che pensa solo a bere e a mangiare).
Epicuro è un filosofo molto chiaro e
semplice: in fondo la semplicità è una
strategia di comunicazione. Egli afferma
che la realtà sono i corpi che si muovono
nel vuoto e che l’unico mezzo che ci
permette di entrare in contatto con la
realtà sono le nostre esperienze sensibili.
Queste esperienze mostrano che soltanto
i corpi esistono, che dunque la realtà
sono i corpi e che è del tutto inutile
cercare di andare al di là di ciò che sta
intorno a noi; si inizia pertanto a parlare
di materialismo. Al tempo di Epicuro non
giravano ottime voci su di lui ed egli
nemmeno si sforzava di evitare gli
equivoci, usando alcune espressioni come
ad esempio «piacere del ventre» o
«sputare sulla morale, se non arrecava
alcun piacere».
Bonazzi però afferma che bisogna
sempre distinguere tra concetti e
strategie di comunicazioni e che il piacere
è un bene. Il vero piacere è lo stato di
benessere che si ha quando non abbiamo
bisogno di nulla. Ci siamo molto
soffermate su questa parte del capitolo
perché è un passaggio molto importante.
Al giorno d’oggi tutti noi crediamo e
siamo fermamente convinti di aver
bisogno di mille cose per trovare la
felicità perché a noi esseri umani ciò che
abbiamo non basta mai. Non ci rendiamo
conto che passiamo tutta la nostra vita
nel tentativo di ottenere tutto ciò che
reputiamo fondamentale per raggiungere
la strada della felicità, ovvero celebrità
ricchezza e potere. La nostra epoca è
un'epoca in cui la ricerca del piacere ha
fatto dimenticare che esso in realtà si
trova in cose semplicissime. Ormai siamo
talmente abituati ad ottenere tutto ciò
che desideriamo che arriviamo ad un
punto in cui non siamo più contenti
nemmeno di ottenerlo. Viviamo in uno
stato di perenne insoddisfazione e non
siamo in grado di provare grande piacere,
non ci troviamo mai in una condizione
tale in cui non ci serve nulla, in cui siamo
felici senza provare nessun sentimento di
inquietudine, ansia o bisogno. Questo lo
possiamo provare e vedere tutti i giorni
perché è una condizione molto vicino alla
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realtà di noi ragazzi. La verità è che
siamo una generazione che non è in
grado di adattarsi alle esigenze, che non
è capace di rinunciare a qualcosa e dare
la priorità ai bisogni fondamentali.
L’Autore sostiene che le cose che
realmente servono sono avere veri amici,
vivere liberi da paure e pregiudizi e non
soffrire e che la ricchezza e la celebrità
non sono tutto, non sono l’unica cosa che
conta, ma ce ne sono moltissime altre
molto più importanti. Spesso chi è ricco o
famoso non ha nemmeno una minima
idea di cosa sia la vera felicità. Colpisce
molto la frase «Niente è sufficiente a
colui cui il sufficiente non basta». Essa ci
ha colpito particolarmente perché è una
frase che fa molto pensare e ragionare e
perché riassume pienamente tutto il
ragionamento appena fatto. Il nuovo
mondo delineato da Epicuro è quello più
simile al nostro, anche se non se ne parla
mai quando si fa riferimento alla culla
della nostra civiltà: la Grecia. In questo
m o n d o, E p i c u ro h a e l a b o ra t o u n
insegnamento non individualista, ma che
è rivolto a ciascuno di noi. Più che un
insegnamento esso un invito ad
affrontare la crisi e costruire un mondo
migliore che si regga su valori semplici
ma reali. Un mondo giusto con nessuna
paura e pregiudizio. Epicuro lancia anche
una sfida a tutti noi: diventare ciò che
vorremmo essere. Questa è la vera sfida,
il vero obiettivo che ognuno di noi si
dovrebbe porre perché non è impossibile.
Niente è impossibile. Epicuro però
afferma che la vera battaglia, quella
decisiva, è un'altra: la battaglia contro la
morte. Egli definisce la paura della morte
e la consapevolezza che non ci saremo
più come l'unica causa delle nostre
inquietudini e della nostra infelicità.
Mentre la filosofia, la medicina, la scienza
e la religione sono nate con lo scopo di
superare l'idea della morte, il filosofo
accetta l'idea della morte e guarda in
faccia la realtà. La morte non è altro che
un processo fisico-biologico, è il
disgregarsi del nostro corpo, e non ha
senso sprecare la vita a preoccuparsi di
essa. In realtà ciò che temiamo non è la
morte ma l'idea di perdere la vita prima
del tempo. La felicità è fatta di attimi che
dobbiamo catturare e che non è possibile
accumulare e per questo bisogna vivere
senza porsi troppe domande; ma
togliendo valore alla morte,
automaticamente togliamo valore anche
alla vita, che viviamo con molta più
leggerezza. Certo bisogna vivere anche
con giudizio, bisogna cogliere gli attimi e
le piccole emozioni senza preoccuparsi
troppo del futuro che in realtà non esiste,
perché non è nulla di garantito.
Seguendo queste tesi dobbiamo
quindi rinunciare alle nostre speranze per
il futuro? Effettivamente, rinunciando al
tempo, rinunciamo anche alle nostre
aspirazioni, ai nostri progetti. La
grandezza del filosofo si trova proprio nel
sollevare interrogativi e stimolare il
pensiero. La riflessione tocca a ciascuno
di noi e ognuno può trovare risposte
diverse; Epicuro ci accompagna all'inizio
di un cammino dove ci mostra che la
felicità è possibile.
Contributo:
Sophia Albert e Eleonora Belardi (classe I
N, L. Cl. Virgilio, Roma)
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