Capitolo 5. Rifiuti e Riciclaggio Sommario

Transcript

Capitolo 5. Rifiuti e Riciclaggio Sommario
Capitolo 5.
Rifiuti e Riciclaggio
Sommario
Introduzione
Il decreto Ronchi
La situazione italiana
A. Prevenzione: riduzione della quantità e della pericolosità dei
rifiuti prodotti
B. Riciclaggio e Recupero
B1) Riciclaggio del vetro
B2) Riciclaggio di carta e cartone
B3) Riciclaggio di tessuti e scarpe
B4) Riciclaggio di pneumatici
B5) Riciclaggio dell’acciaio
B6) Riciclaggio di alluminio
B7) Riciclaggio delle materie plastiche
B8) I rifiuti tecnologici ed informatici
C. Smaltimento finale dei rifiuti
Conclusioni
Bibliografia-Sitografia
INTRODUZIONE
“Questa terra è l’unica che abbiamo” e come tale va difesa, quindi
sono da condividere pienamente le iniziative di tutte quelle
persone che si impegnano per migliorare il futuro di tutti noi
e del nostro pianeta.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 1
Il consumo delle risorse da parte dell’umanità è paragonabile alla
sabbia che scende in una clessidra che non si può
capovolgere. Quando l’espansione economica intacca una
quota troppo elevata dell’ecosistema circostante, si
incomincia a sacrificare un capitale naturale (risorse
alimentari, minerali e combustibili fossili) che ha un valore
superiore al capitale generato. Si avrà allora una crescita non
sostenibile, che produce più “mali” che beni e ci rende più
poveri invece che più ricchi.
Mentre per millenni l’uomo è riuscito a convivere con i cicli
naturali senza stravolgerli, sfruttando intensamente
l’ambiente, in questo ultimo secolo la “civiltà dei consumi”,
caratterizzata dalla filosofia dell’usa e getta, ha rapidamente
creato la “società dei rifiuti”.
Con il progresso e l’introduzione sul mercato di merci “usa e
getta”tipo stoviglie, posate e tovaglie monouso, bibite in
lattine o in barattoli o in contenitori di plastica, la
produzione di rifiuti industriali ed domestici è
vertiginosamente aumentata.
Oggi esistono dei sistemi che ci permettono di produrre sempre
meno rifiuti e di riciclare quelli che vanno a finire in
discariche ormai insufficienti, o sbrigativamente, in quelle
abusive.
La crescita dei consumi e l'urbanizzazione hanno da un lato
progressivamente aumentato la produzione dei rifiuti e
dall'altro hanno ridotto le zone disabitate in cui trattare o
depositare tali rifiuti. La società moderna oggi si trova quindi
costretta a gestire una gran quantità di prodotti di scarto in
spazi sempre più limitati.
La gestione dei rifiuti è diventata un problema di carattere
ambientale che risulta tangibile ovunque, sia nei paesi
industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Questi ultimi,
in particolare, sono spesso oggetto d’importazione e di
smaltimento illegali di rifiuti, nonché di tecnologie
produttive ad alto impatto sia sanitario che ambientale.
Una politica ambientale consapevole deve porre come obiettivo
prioritario la riduzione sia della quantità che della
pericolosità dei rifiuti prodotti. A tal fine, è necessario
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 2
intervenire con azioni specifiche per disciplinare alla fonte il
processo produttivo e per agevolare ed incentivare il
riciclaggio ed il recupero dei rifiuti prodotti. Infine i rifiuti
non recuperati devono essere smaltiti in condizioni di
sicurezza, con una progressiva riduzione del flusso dei rifiuti
avviati in discarica.
Al fine di ridurre al minimo l’eccessivo accumulo di rifiuti che
continua a verificarsi nonostante le numerose normative in
merito. La nostra società opulenta e sprecona potrebbe
risolvere il grosso problema dello smaltimento dei rifiuti
facendo in modo che prodotti di scarto da onere diventino
opportunità di sviluppo tramite il consolidamento di alcuni
principi fondamentali che è necessario perseguire per poter
raggiungere obiettivi progressivi di prevenzione, ovvero
riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti
prodotti, raccolta differenziata, riciclaggio e recupero.
IL DECRETO RONCHI
Negli ultimi trent'anni si è assistito ad una crescente produzione di
rifiuti, indice di una società sempre più orientata verso i
consumi e verso la modalità "usa e getta" degli articoli di uso
quotidiano. Tutto ciò nonostante le indicazioni dell’Unione
Europea, la quale, già nella Comunicazione della
Commissione europea del 1996, prevedeva che la
prevenzione e la minimizzazione delle sostanze pericolose
dovevano essere i punti chiave per una strategia sulla
gestione dei rifiuti. In attuazione delle direttive europee su
questo tema, con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 22/97,
conosciuto come Decreto Ronchi (e sue modifiche e
integrazioni), il nostro Paese si è dotato di un sistema
legislativo avanzato che pone l’accento sulla necessità di
utilizzare il meno possibile le risorse non rinnovabili;
pertanto il rifiuto deve essere gestito in modo da ridurne la
produzione e la pericolosità, nonché da incentivare il suo
riutilizzo al fine di inquinare meno e ridurre il flusso avviato
allo smaltimento.
In sintesi il suddetto decreto pone i seguenti obiettivi:
Salvaguardare la fauna e la flora e ridurre il degrado paesisticoambientale;
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 3
Incentivare la raccolta, il recupero, il riciclo della materia prima
e seconda, nonché i sistemi che tendono a limitare la
produzione dei rifiuti;
Disciplinare la modalità di controllo, utilizzo, trasporto e
trattamento delle materie prime secondarie;
Favorire: la cooperazione tra pubblico e privato nonché la
trasparenza, la legalità, l’economicità e l’efficienza dei
servizi;
Applicare il principio fondamentale secondo il quale "chi inquina
paga".
In Europa ogni anno si producono circa 1,3 miliardi di tonnellate
di rifiuti, escludendo quelli agricoli. Non si devono però
confondere i rifiuti in generale con quelli urbani.
E' quindi necessario approfondire la loro composizione.
Complessivamente i rifiuti si distinguono in:
rifiuti dell'attività estrattiva
29%
rifiuti dell'attività manifatturiera 26%
rifiuti
da
costruzione
e 22%
demolizione
rifiuti urbani
14%
rifiuti da varie fonti
5%
rifiuti da attività di produzione di 4%
energia
(fonte Rapporto Rifiuti 2003 - dati 1997)
La produzione annua di rifiuti urbani in Europa è pari a 182
milioni di tonnellate. Considerando che la popolazione
dell’UE è formata da 375 milioni di abitanti, ne consegue che
ogni abitante in Europa produce 528 kg di rifiuti all'anno.
Nonostante gli sforzi verso il recupero ed il riciclaggio, in Europa
la discarica resta ancora la soluzione più praticata per lo
smaltimento, con il 54% del totale. Il 27% dei rifiuti urbani
entra nella filiera del riciclaggio o del compostaggio (Figura
1). Il restante 19% è avviato all'incenerimento, con o senza
recupero di energia (termovalorizzatori).
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 4
Figura 1: Compostaggio dei rifiuti organici.
I rifiuti organici possono essere riutilizzati come fertilizzanti dopo essere
stati sottoposti ad un procedimento detto compostaggio. Arricchiti con
concimi o vegetazione ricca di azoto, i rifiuti vengono disposti a strati in
modo da permettere la circolazione dell’aria e lo sviluppo di calore. In
queste condizioni si verifica la loro trasformazione in un materiale ricco di
sostanze nutritive detto “compost”, che viene usato come fertilizzante nelle
coltivazioni.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 5
STATO
Produzione annuale di
di rifiuti domestici
TOTALE tonnellate
Australia (1)
Austria
Belgio
Canada (1)
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
Irlanda
Islanda
Italia
Lussemburgo
Norvegia
Nuova Zelanda (2)
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica Slovacca
Russia (3)
Spagna
Stati Uniti d'America
Svezia
Svizzera
Turchia
Ungheria
12.000.000
4.496.000
5.588.000
18.110.000
3.546.000
2.400.000
30.744.000
44.094.000
51.446.000
4.550.000
2.057.000
198.000
29.000.000
278.000
2.755.000
2.106.000
9.691.000
12.226.000
4.531.000
33.200.000
3.434.000
1.706.000
50.000.000
26.505.000
208.520.000
4.000.000
4.681.000
24.945.000
4.552.000
Per PERSONA
(Kg)
690
560
550
640
660
460
510
540
410
430
560
710
500
640
620
662
610
320
450
560
330
320
340
670
760
450
650
390
450
(1) 1990
(2) 1982 (ultimo dato disponibile)
(3) 1995
Fonte: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico. Dati sull'ambiente 2000.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 6
LA SITUAZIONE ITALIANA
L'Italia produce ogni anno 29 milioni di tonnellate di rifiuti solidi
urbani (dato del 2001). La politica della gestione rifiuti è
ancora fortemente orientata verso le discariche dove è
stoccato il 67,1% dei rifiuti. Un altro 24,2% segue le strade
del compostaggio e del riciclaggio, mentre solo il restante
8,7% segue la via dell’incenerimento.
Per i rifiuti urbani il Decreto Ronchi ha posto anche una serie di
obiettivi quantitativi minimi di raccolta differenziata che
doveva essere, rispetto al totale dei rifiuti, almeno:
- del 15% entro il 2 marzo 1999
- del 25% entro il 2 marzo 2001
- del 35% a partire dal 2 marzo 2003.
Con l’emanazione della direttiva 2004/12/CE dell’11 febbraio 2004
sono stati rivisti anche gli obiettivi minimi di recupero e
riciclaggio. A tal proposito, in sede comunitaria, si è
convenuto di adottare un obiettivo minimo di recupero dei
rifiuti di imballaggio senza imporre una percentuale
massima. Inoltre la novità fondamentale è rappresentata
dall’introduzione di obiettivi minimi di riciclaggio specifici
per i diversi tipi di materiale.
Obiettivi minimi i recupero dei rifiuti da imballaggio
Recupero totale di rifiuti di 60%
imballaggio
Riciclaggio totale di rifiuti di 55 % ÷ 80%
imballaggio
Riciclaggio per materiale
Vetro
Carta e cartone
Metallo
Plastica
Legno
60%
60%
50%
22,5%
15%
Tuttavia, la produzione dei rifiuti urbani continua ad essere in
aumento e non ha rispettato i livelli di riciclo previsti dalla
legge. Presto occorreranno nuovi interventi in materia,
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 7
auspicando che abbiano maggiore efficacia e soprattutto che
vengano rispettati.
Il tasso di crescita più elevato, per quanto riguarda la produzione
dei rifiuti urbani, è stato registrato dal 1995 al 2000, periodo
in cui si è osservato un aumento del 12,2%, con un tasso
medio di incremento annuo pari al 2,4%. Nel 2003, secondo
i dati ufficiali del Rapporto Rifiuti 2004 (APAT-ONR), la
produzione di rifiuti urbani si è attestata a circa 30 milioni di
tonnellate, equivalenti ad un valore pro capite di circa 524 kg
per anno, con un incremento appena dello 0,6% rispetto
all'anno precedente. Non bisogna però dimenticare che
nell'agosto 2002 è stata emanata una legge (n. 178), in cui
all'art. 14 s’introduce una "interpretazione della definizione
di rifiuto” in base alla quale vengono sottratti dalla
normativa di settore gran parte dei rifiuti recuperabili".
Questo, in netto contrasto la legislazione europea di settore,
può aver apportato una variazione dei dati, pregiudicando,
fra l'altro, in Italia, l’attuazione delle direttive europee e
quindi l'efficacia del Decreto Ronchi.
Inoltre, nel novembre 2004 è stata approvata dal Senato la Legge
Delega per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della
legislazione ambientale, che, col pretesto di semplificare
l'intera normativa ambientale, stravolge in particolare il
capitolo relativo al settore rifiuti. I rottami ferrosi e non
ferrosi, anche provenienti dall'estero, destinati ad attività
siderurgiche e metallurgiche, sono considerati come materie
prime secondarie e quindi non sarebbero più sottoposti al
regime dei rifiuti. Nonostante gli appelli delle associazioni
ambientaliste, il testo predisposto dal Ministero
dell'Ambiente è stato aggravato da norme immediatamente
attuabili relative allo smaltimento dei rottami ferrosi e alla
sanatoria paesaggistica.
Come detto precedentemente, i principi fondamentali della
Gestione dei rifiuti sono
A.
Prevenzione: riduzione della quantità e della pericolosità
dei rifiuti prodotti.
B.
Riciclaggio e Recupero.
C.
Smaltimento finale dei rifiuti, in condizioni di sicurezza e
con riduzione del ricorso alla discarica.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 8
A. PREVENZIONE: RIDUZIONE DELLA QUANTITA' E DELLA
PERICOLOSITA' DEI RIFIUTI PRODOTTI
La prevenzione, in tema di rifiuti, richiede il controllo ed il
miglioramento continuo delle prestazioni a livello
ambientale affinché il rifiuto stesso da onere diventi invece
opportunità di sviluppo. A tal fine, si rende necessario che le
imprese produttrici dei rifiuti diano il via alla realizzazione di
una serie di procedure che migliorino l'efficienza dei processi
industriali.
La piena attuazione delle misure possibili potrebbe determinare
una drastica riduzione dei consumi energetici, dell'uso di
materie prime, della produzione dei rifiuti e delle emissioni
inquinanti nei comparti ambientali (aria, acqua, suolo).
Il Ministero dell'Ambiente ha individuato, nell’ambito dei
Programmi Operativi Regionali, la Strategia del
Riorientamento dei sistemi industriali di processo/prodotto
attraverso i quali le Regioni utilizzano i Fondi Strutturali
Comunitari europei per lo sviluppo economico e produttivo.
Le imprese, quindi, possono accedere ai finanziamenti comunitari,
per il periodo 2000-2006, predisponendo adeguati progetti
che, seguendo il principio della sostenibilità ambientale,
realizzino le azioni riassunte di seguito:
• introduzione di sistemi di gestione ambientale all'interno
dei processi industriali e dei servizi (certificazioni
ambientali);
• modificazione delle tecnologie di processo per ridurre
l'inquinamento (eco-efficienza dei cicli di produzione e di
consumo);
• miglioramento dei sistemi per l’abbattimento delle
emissioni (aria, acqua, suolo);
• perseguimento dell'efficienza energetica e della riduzione
della produzione dei rifiuti;
• innovazione ambientale attraverso il miglioramento delle
prestazioni ambientali del prodotto e delle potenzialità di
riutilizzo e recupero anche a fine vita.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 9
B. RICICLAGGIO E RECUPERO
Per riciclaggio dei rifiuti s’intende l'insieme delle strategie volte a
recuperare i rifiuti per riutilizzarli evitando di smaltirli in
altro modo.
Un corretto sviluppo della strategia del RIUSO e del RECUPERO
si concentra principalmente sull’ottimizzazione dei sistemi di
raccolta dei rifiuti urbani, e sullo sviluppo del mercato dei
prodotti riutilizzabili e delle materie prime seconde ottenute
dal recupero dei rifiuti.
L'uso dei materiali biodegradabili per la produzione dei beni
facilita lo smaltimento "naturale" della materia, nel
momento in cui il prodotto si trasforma in rifiuto.
La "raccolta differenziata" di materiali riciclabili come il vetro, i
metalli o i polimeri selezionati riduce i costi di trattamento
ma richiede la partecipazione indispensabile di tutti i
cittadini.
Se si sviluppano idonei sistemi di trattamento dei rifiuti, il
riciclaggio apre un nuovo mercato in cui i materiali riciclabili
recuperati possono essere rivenduti, come materia prima o
come prodotti semilavorati, alle imprese produttrici dei beni,
assumendo un "valore di risorsa". Tuttavia il riciclaggio è
stato spesso criticato per i costi ambientali del processo di
trasformazione dei rifiuti, per il basso rendimento nella
quantità delle materie prime ottenute e per la bassa qualità
dei prodotti finali.
Un’ulteriore critica che è stata sollevata individua nel riciclaggio,
per come è stato pubblicizzato tra la popolazione, un mezzo
che sembra giustificare condotte consumistiche, anziché
indurre al risparmio delle risorse ed al contenimento dei
consumi.
I sistemi più efficaci per la gestione dei rifiuti sono invece basati
sulla riduzione dei rifiuti e sul loro riuso (tecnicamente
definito reimpiego), in cui una volta terminato l'utilizzo di un
oggetto, esso, dopo un semplice processo di pulizia, viene
utilizzato nuovamente senza che i materiali di cui è
composto subiscano trasformazioni.
La raccolta differenziata in Italia ammontava nel 2003 ad oltre 6,4
milioni di tonnellate, pari al 21,5% della produzione totale di
rifiuti urbani, con un aumento percentuale del 3% rispetto al
2002. La differenza fra Nord, Centro e Sud è ancora molto
evidente: al Nord la percentuale di raccolta differenziata si
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 10
colloca al 33,5%, vicino quindi all'obiettivo minimo indicato
dal decreto Ronchi per il 2003; al Centro si attesta al 17,1%,
raggiungendo con quattro anni di ritardo il target del 15%
individuato dalla normativa per il 1999 mentre, infine, al Sud
Italia si colloca ancora a livelli molto bassi, pari al 7,7%
appena.
Nell'arco del quinquennio 1999-2003, si è osservata una riduzione
dello smaltimento in discarica dal 74,4% al 53,5%,
parallelamente ad un aumento dell'incenerimento dei rifiuti.
Nel 2003, in Italia sono stati avviati ad incenerimento oltre
3,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, che sono stati
trattati in 50 impianti operativi, situati prevalentemente al
Nord Italia (31 inceneritori). Al Centro sono presenti 13
unità, mentre nel Sud si contano soltanto 6 impianti. Il
numero di inceneritori tende comunque ad aumentare in
accordo con la politica del governo italiano, volta a
promuovere la combustione dei rifiuti come principale
soluzione al problema.
Fortunatamente, il recupero ed il riciclaggio stanno facendo in
Italia progressi apprezzabili, anche se non ancora sufficienti.
Le materie prime che possono essere riciclate sono: vetro, carta e
cartone, tessuti, pneumatici, alluminio, acciaio, alcune
materie plastiche, rifiuti informatici. Nei paragrafi seguenti
si analizzeranno gli aspetti principali del riciclaggio di tali
materiali.
B1) Riciclaggio del vetro
Il vetro è prodotto per fusione a partire dalla silice, dal carbonato
di calcio, dal carbonato di sodio e da altri componenti
minori. Dagli anni 70 si ricorre anche all’utilizzazione del
rottame di ferro. Questo consente di ridurre sia i consumi di
materia prima sia i consumi energetici, senza che si
determini un peggioramento della qualità del materiale.
La raccolta del vetro usato sgrava in modo sensibile gli Impianti di
Incenerimento dei Rifiuti Urbani (IIRU) e le discariche. Il
vetro può essere fuso infinite volte e non subisce diminuzioni
di prestazioni anche come materia seconda. Riciclando il
vetro si può risparmiare il 25%. di energia. Esso può essere
riciclato sia come rottame di vetro sia come recupero di
bottiglie vuote, ad esempio nel campo dell’imbottigliamento
delle acque minerali e del latte. Invece di essere frantumate,
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 11
le bottiglie possono essere riempite nuovamente senza
passare per processi di trasformazione, costosi soprattutto
da un punto di vista ambientale, con assolute garanzie di
igiene per il consumatore finale.
In molti Paesi d’Europa la raccolta è fatta distinguendo i vetri
secondo il colore: verde, bianco e ambra. In questo la
collaborazione della popolazione è fondamentale. La
separazione del vetro può avvenire anche con selezione
ottica o manuale dopo o durante la raccolta differenziata. La
selezione è un processo importante per migliorare sia
l’efficienza sia l’economicità del processo di riciclaggio. Una
raccolta eseguita distinguendo il vetro in base ai colori
permette di fondere separatamente i vari vetri per la
fabbricazione di nuovi contenitori; il vetro misto può essere
utilizzato soltanto per il vetro verde. Se nella lavorazione si
eliminano anche le impurezze metalliche e plastiche, il livello
di qualità del vetro riciclato non è inferiore alla materia
prima.
La contaminazione con i materiali ceramici riduce notevolmente la
qualità del vetro riciclato, ma il costo per l'eliminazione delle
componenti ceramiche è particolarmente elevato, anche se
tecnologicamente possibile.
Le etichette invece non interferiscono affatto nel procedimento:
vengono incenerite alla temperatura di 1.500°C. I tappi in
alluminio vengono riciclati e quelli in plastica finiscono
invece negli IIRU.
Alcuni vetri non possono essere smaltiti negli appositi cassonetti:
tra questi, i bicchieri in cristallo e i vetri delle finestre: i
primi perché contengono un'alta percentuale di piombo, i
secondi perché hanno una composizione chimica diversa, in
quanto contengono mastice, metallo, legno e filo di ferro,
pertanto non possono essere riutilizzati nella produzione ex
novo di vetro.
Nel corso degli anni il rottame di vetro raccolto in Europa è
progressivamente aumentato. Alla fine degli anni novanta, il
tasso di recupero è stato complessivamente pari al 53% del
vetro consumato. Al dicembre 2004, leader nella raccolta del
vetro è l’Austria con l’88% mentre la Gran Bretagna è in coda
con il 23%. L’Italia è tra le ultime con un modesto 34%
battuta anche dalla Spagna. Lo spazio per ampliare raccolta e
utilizzazione del vetro è grandissimo. In Svizzera circa un
terzo della quantità di vetro usato che viene raccolta è
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 12
riciclata dal settore del genio civile e utilizzata come sostituto
della ghiaia. I due terzi restanti sono trattati e consegnati
all'industria del vetro come materia prima per la
fabbricazione di nuovi contenitori.
Gli scarsi incentivi degli stati alle politiche di riuso, invece, fanno
sì che al giorno d'oggi la gran parte dei contenitori, delle
confezioni e degli imballaggi sia ancora costituita da plastica
e carta che non possono essere riutilizzate senza
trasformazioni del rifiuto .
B2) Riciclaggio di carta e cartone
Inizialmente la carta si produceva a partire dagli stracci, triturati,
macerati e sbiancati. A partire dall'800 si è iniziato a far uso
di segature di legno per il 60%, miscelate al 40% con pasta di
stracci. Successivamente si sono impiegate solo fibre
provenienti dal legno degli alberi. Per produrre una
tonnellata di carta occorrono da 2 a 2,5 tonnellate di
legname. Solo il 41% della cellulosa utilizzata proviene da
fibra di legno. Il resto è fibra riciclata o proveniente da altre
colture, come paglia e bambù. Per produrre la carta, oltre
alla cellulosa, si possono utilizzare riso, lino, cotone, seta,
stracci, mais, luppolo, alghe ed altri materiali naturali. Il
riciclo di una tonnellata di carta e cartone porta ad una
riduzione delle emissioni di CO2 di circa 1.308 kg.
La produzione della carta è in continua crescita ovunque. In
Europa, negli ultimi 15 anni il consumo di carta e cartone è
cresciuto del 4% all’anno. In Italia nel 2002 è stato di circa 11
milioni di tonnellate, pari a 188 kg di carta per abitante
all'anno. Questo consumo elevato è dovuto soprattutto
all’aumento dei prodotti chiamati “usa e getta”, costituiti
principalmente dagli imballaggi e dai cosiddetti “panni
carta” in sostituzione di fazzoletti, stracci e strofinacci. In
Europa e nelle nazioni produttrici di cellulosa non c’è più la
tendenza alla “deforestazione”, ma allo sviluppo o delle
“foreste specializzate” costituite da alberi destinati alla
produzione di cellulosa. Questo riduce la varietà di piante
presenti, e va in netta controtendenza rispetto alla necessità
di salvaguardare e ridare vigore alla biodiversità, unica tutela
per il futuro del pianeta.
Con l’uso di carta riciclata (Figura 2) viene limitato il ricorso al
patrimonio forestale, viene ridotto il consumo energetico e il
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 13
carico inquinante generato dalla produzione di cellulosa e, in
particolare, viene ridotta l’utilizzazione di sostanze chimiche
per lo sbiancamento della cellulosa. Si riduce, inoltre, il
consumo di acqua nel ciclo di produzione finale della carta
stessa. La carta riciclata tende però ad essere troppo
grigiastra, e quindi generalmente inadatta ad una stampa di
buona qualità. Per ottenere una carta bianca è opportuno
ricorrere a quella “ecologica” che è una sapiente miscela di
materia prima “nuova” e materia prima riciclata. In questo
modo si evita il ricorso al “deinking” (sbiancamento della
carta riciclata durante la produzione della nuova carta) che
dà grandi problemi di smaltimento di residuo “fortemente
tossico”.
La materia prima proveniente dal riciclo della carta, anche con
minori necessità di trattamento di disinchiostrazione, e
senza problemi connessi alla perdita di “prestazioni” nei
confronti di quella di prima produzione, può essere ben
utilizzata per un’ampia serie di materiali da imballaggio
come il cartone nelle sue diverse forme: sono realizzati con
carta da riciclo gli scatoloni di cartone, il cartone ondulato, la
carta da pacchi ed i contenitori per uova, frutta e verdura .
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 14
Figura 2: Riciclaggio della carta
In questa foto, la carta dei giornali destinata al riciclaggio viene triturata e
imballata. Il riciclaggio della carta e in generale di rifiuti omogenei, non
necessitando del trattamento preliminare di separazione dagli altri
materiali, è molto più vantaggioso di quelli misti.
B3) Riciclaggio di tessuti e scarpe
Sin dalla nascita delle fabbriche di carta (partite già alla fine del
Medioevo) si pratica la raccolta di indumenti per il
riciclaggio e la produzione di nuovi tessuti. Il riciclaggio di
indumenti contribuisce al risparmio di risorse necessarie alla
fabbricazione di nuove stoffe e abiti. In Svizzera la quantità
raccolta ogni anno cresce continuamente e attualmente è
pari a circa 35'000 tonnellate, di cui circa il 50% circa è
destinato al riciclaggio.
Esistono numerose organizzazioni che si occupano del servizio di
raccolta dei tessuti e delle scarpe, attraverso la distribuzione
di appositi sacchi presso le abitazioni e gli edifici
condominiali e provvedendo poi al ritiro in giorni stabiliti.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 15
Molte di esse sono a carattere benefico (Croce Rossa, Caritas
ecc.), altre hanno fini di riciclaggio e recupero (Texaid AG).
Prima di essere riciclati, gli indumenti usati che vengono raccolti
sono sottoposti a una cernita. Per ora il riconoscimento dei
tipi di fibra, del miscuglio di fibre e dei colori dei tessili viene
fatto a mano; tuttavia sono in fase di progettazione macchine
altamente
tecnologiche
che
possono
effettuare
automaticamente questo tipo di operazioni.
Con la cernita possono essere ottenuti i seguenti gruppi di merci
(valori medi forniti da TEXAID e dati relativi alla Germania
per il 2004):
- 60%: indumenti usati ancora indossabili
- 15%: materiale destinato al settore degli stracci per la
pulizia,
- 15%: materiale destinato all'industria degli sfilacciati e dei
non tessuti nonché all'industria della carta e del cartone,
- 10%: destinato alle discariche per rifiuti oppure incenerito.
Indumenti usati ancora indossabili
Circa 1/8 della quantità di indumenti usati ancora indossabili,
ottenuti dalla raccolta, viene venduto in Europa occidentale
e nei negozi di seconda mano. Il resto viene esportato
nell'Europa dell'Est e nei Paesi poveri d'oltre oceano. Benché
sia stato ipotizzato che l'esportazione di indumenti usati
verso l'Africa possa nuocere all'economia di tale continente,
uno studio scientifico che ha analizzato il fenomeno degli
indumenti usati esportati in Africa, dimostra che non esiste
una relazione causale tra l’importazione degli indumenti
usati
e
l'andamento
dell'industria
tessile
e
dell'abbigliamento. Al contrario, in Africa il settore degli
indumenti usati è divenuto un fattore economico essenziale
che garantisce l'esistenza ad oltre centomila persone. Inoltre,
gli indumenti usati sono ben accetti in tutti gli strati della
società. Un divieto d'importazione avrebbe delle
conseguenze gravi per ampi strati della popolazione.
Materiale destinato al settore degli stracci per la pulizia
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 16
Questo tipo di manufatti usati viene privato delle parti dure o
rigide (polsini, bottoni, cerniere) e viene quindi tagliato e
impiegato a livello mondiale soprattutto nell'industria
meccanica ed in quella automobilistica.
Materiale destinato all'industria degli sfilacciati e dei non tessuti
Per questa finalità i tessili vengono strappati e sfilacciati
meccanicamente. Le fibre così ottenute subiscono ulteriori
procedimenti di lavorazione per essere poi impiegate nelle
filature ed in nuove tessiture. Gli abiti nuovi confezionati in
fabbrica possono essere costituiti fino a un quarto da fibre
riciclate. Dalle fibre riciclate vengono prodotti anche non
tessuti destinati a vari usi.
Materiale destinato all'industria della carta e del cartone
Questi tessili, per lo più di qualità inferiore, vengono sfilacciati
mediante esposizione al calore (procedimento di cottura),
poi vengono mescolati con altri materiali e patinati con
apposite macchine fino ad ottenere carta o cartone (ad
esempio cartone catramato per impermeabilizzare tetti e
coperture).
Fibre tessili riciclate, inoltre, vengono utilizzate per la
fabbricazione di parti di automobili, pannelli isolanti ed altri
prodotti simili. In tutto il mondo si sperimentano e ricercano
nuove possibilità d'impiego, le quali talvolta falliscono
poiché a lungo termine non è garantita l'omogeneità dei
materiali di base oppure perché il rendimento è insufficiente.
B4) Riciclaggio di pneumatici
I pneumatici usati, che non possono più essere sottoposti a
procedimenti atti a consentirne il riutilizzo, costituiscono un
problema ambientale di dimensioni notevoli, considerati
l'enorme mole di ingombro nelle discariche e tutti i fattori
connessi (scarsa biodegradabilità, facilità di combustione,
ristagno d'acqua con proliferazione di insetti portatori di
malattia -p. es. malaria- e conseguente rischio di infezioni)
(Figura3).
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 17
Figura 3: Discarica di pneumatici
Oggi, grazie a dei procedimenti industriali di taglio, triturazione,
separazione dei componenti e polverizzazione della gomma
da pneumatico, è possibile separare le diverse componenti
(gomma, acciaio e fibra) ottenendo un materiale
riutilizzabile in molteplici maniere: mattonelle, pannelli
fonoassorbenti, superfici sportive, suole per calzature, ruote
per carrelli, pavimentazioni stradali, componenti per
automobili, e numerosi altri scopi.
L'attività di riciclaggio dei pneumatici usati può produrre
numerosi vantaggi, qui di seguito elencati:
• riduzione e talvolta eliminazione delle discariche di
pneumatici, nonché dei numerosi problemi ad esse collegati
(vedi sopra);
• creazione di nuovi posti di lavoro, sia direttamente
nell'attività industriale che indirettamente nelle attività
connesse, per la raccolta e la commercializzazione;
• benefici economici, grazie al riutilizzo di materia prima,
con conseguente riduzione dell'importazione di manufatti in
gomma.
B5) Riciclaggio dell’acciaio
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 18
L'acciaio, per le sue caratteristiche, è il materiale riciclabile per
eccellenza. Non a caso il riciclaggio del ferro e dell'acciaio,
anche storicamente, è stato ed è una delle procedure più
diffuse di riutilizzo dei materiali. L'acciaio è una lega a base
di ferro ed altri elementi metallici e non metallici in quantità
diverse. Il 40% della produzione mondiale di acciaio è
costituita da materiali di riciclo (rottami di ferro), per cui
l'acciaio risulta essere anche oggi, per quantità, il materiale
più riciclato: 350 milioni di tonnellate all'anno, che
costituiscono un'importantissima risorsa che non può essere
sprecata, e che viene regolarmente recuperata con benefici
sia economici che ambientali.
In Italia, ogni anno, circa 400.000 tonnellate di imballaggi in
acciaio sono prodotte da rifiuti solidi urbani, mentre
all'incirca 60.000 tonnellate derivano da imballaggi ad uso
industriale. Negli imballaggi in acciaio sono compresi la
banda stagnata (latta), la banda cromata e la banda nera o
lamierino. Dal lamierino si ricavano gli imballaggi in acciaio,
come i fusti e i barattoli. Gli imballaggi in acciaio avviati al
processo di riciclo servono a produrre parti in acciaio di
veicoli, elettrodomestici, rotaie, tondini per l'edilizia, travi
per ponti, cancelli, manufatti in acciaio ecc..
Cosa si può differenziare.:
Nella raccolta differenziata dei rifiuti potrebbe essere utile
separare all'origine, ove possibile, i seguenti oggetti:
_
contenitori per alimenti (barattoli per legumi in genere,
conserve, frutta sciroppata, tonno,
sardine,
olio
d'oliva, carne, alimenti per animali, alcune bevande e caffè,
ecc.);
_
bombolette spray per alimenti, vernici e prodotti per
l'igiene personale;
_
chiusure metalliche per vasetti di vetro, come quelli di
confetture, marmellate, miele e passata di pomodoro;
_
tappi a corona e coperchi applicati su bottiglie di vetro e
barattoli;
_
scatole in acciaio utilizzate per confezioni regalo di
biscotti, cioccolatini, caramelle, dolci e
liquori;
_
fustini e secchielli per pitture, vernici e smalti.
B6) Riciclaggio di alluminio
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 19
L'alluminio vergine viene estratto dalla bauxite, un minerale che si
presenta sotto forma di argilla granulosa o rocciosa di vario
colore (rosa, rossa, bruna, grigia). I principali giacimenti si
trovano nelle aree tropicali e subtropicali e sono di solito
superficiali. Per produrre 1kg di alluminio si utilizzano 4 kg
di bauxite: le riserve oggi note del minerale garantiscono la
produzione di metallo per oltre 1000 anni, agli attuali livelli
di consumo. Il riciclaggio di questo metallo, che è
recuperabile al 100%, consente di risparmiare materia ed
energia. Per produrre 1 kg di alluminio vergine sono
necessari 14 kWh, mentre per la stessa quantità riciclata
occorrono appena 0,7 kWh. Anche in questo caso il
riciclaggio mostra evidenti vantaggi economici ed
ambientali.
Nell'industria dell'alluminio il riciclaggio avviene su larga scala.
Già oggi il 35% del fabbisogno mondiale di alluminio è
coperto da materiale riciclato;
inoltre, la tendenza
percentuale del riutilizzo è attualmente in rialzo.
Gli impianti di riciclaggio per l'alluminio hanno un elevato
standard ecologico poiché il metallo fonde soltanto a 660°C,
e richiede soltanto il 5% circa dell'energia complessivamente
necessaria per l'estrazione dalla bauxite, sicché con il
riciclaggio si ha un risparmio energetico che è addirittura del
95%. I procedimenti più antiquati di riciclaggio di alluminio
generano scorie saline, che vengono poi trattate in modo tale
da permettere il recupero sia del sale che dell'alluminio. I
procedimenti più recenti prevedono invece una prima fase in
cui i residui organici presenti (etichette, laccatura,
verniciatura ed altre scorie) vengono sottoposti a
combustione a una temperatura di circa 500°C (pirolisi). Il
metallo purificato e triturato viene poi fuso in un forno
apposito. I gas derivanti dalla pirolisi, emanati nel processo
di riduzione dell'alluminio, vengono bruciati ad alte
temperature per fornire l'energia e il calore necessari al
processo di pirolisi.
La Svizzera è una delle nazioni leader nel riciclaggio di alluminio.
Percentuale di lattine in alluminio riciclate, 91%; contenitori
per alimenti animali, 75%; tubetti in alluminio, 40%. In
Svizzera per la raccolta separata di lattine in alluminio vi
sono più di 5'000 presse, mentre per l'alluminio usato nelle
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 20
economie domestiche praticamente ogni Comune dispone di
appositi contenitori per la raccolta. Poiché l'alluminio da
raccolta rappresenta un bene prezioso, gli acquirenti sono
spesso commercianti specializzati (che noi chiamiamo
alquanto impropriamente "straccivendoli").
Gli imballaggi in alluminio si smaltiscono nei contenitori per la
raccolta che si trovano in ogni Comune (spesso
congiuntamente con le lamiere d'acciaio) o eventualmente
presso un commerciante di abiti usati.
Cosa si può differenziare o selezionare:
• lattine per bevande e conserve;
• bombolette spray per deodoranti, lacche, panna, ecc.,
purché private dei tappi-nebulizzatori di
plastica;
• fogli di alluminio da cucina e involucri da cioccolata o dolci
solidi;
• vaschette e contenitori per alimenti animali e per la
conservazione ed il congelamento dei cibi;
• i coperchi degli yogurt, i tubetti in alluminio, capsule
coperchio e tappi per bottiglie di olio, vino, liquori, bibite.
Per il resto vale la seguente regola: se sull'imballaggio figura il logo
indicante il riciclaggio dell'alluminio “AL” significa che esso
può essere gettato nei contenitori per alluminio; se non
figura nessuna sigla di riciclo, molto probabilmente si tratta
di materiale in lega d'alluminio, che occorre gettare nella
spazzatura non differenziata.
B7) Riciclaggio delle materie plastiche
La plastica non può essere riciclata con facilità, in quanto il costo
di rilavorazione è spesso molto superiore al costo di
produzione di plastica nuova; inoltre, le numerosissime
plastiche presenti sul mercato non possono essere mescolate
fra di loro (Figura 4).
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 21
Figura 4: Smistamento della
plastica
Molti
prodotti
di
plastica
riportano indicazioni che aiutano
il consumatore a capire se si
tratta di materiali riciclabili o
meno. Raccogliere, smistare e
riciclare la plastica, tuttavia, è un
procedimento molto costoso, e
proprio per questo non molto
diffuso. Inoltre, sebbene esistano
macchine specializzate per lo
smistamento,
molte
delle
operazioni
necessarie
al
riciclaggio devono essere svolte a
mano, e questo contribuisce ad
aumentare i costi.
Da decine di anni, sono stati avviati progetti e sperimentazioni
tendenti al riutilizzo degli scarti di produzione industriale
delle materie plastiche in nuovi processi produttivi.
Riguardo il riciclaggio della plastica in Europa, la Germania svetta
con quasi il 24% degli scarti complessivamente riciclati,
segue l’Austria con il 20%, e via via scendendo sino all’Italia
con il 7,5% e la Gran Bretagna con il 4,8%. La forma di
riciclo più diffusa è quello di tipo meccanico. Se si seleziona
correttamente la plastica per tipo di polimero, la sua
riutilizzazione è semplice ed economica. Il riciclo meccanico
consiste nella triturazione e polverizzazione delle plastiche
raccolte seguite, attraverso il riscaldamento del polverizzato,
dallo stampaggio (o l’estrusione) dei nuovi manufatti. Si è
tentato anche un riciclaggio chimico della plastica per
riottenere “polimeri vergini”. La constatazione è stata che i
costi di intervento e l’energia messa in campo rendono non
conveniente questa forma di riciclaggio.
Il riciclaggio delle materie plastiche comporta benefici ambientali
significativi. La produzione di un manufatto da polimeri
riciclati non richiede aggiunte particolari nella lavorazione,
mentre elimina tutto il ciclo di estrazione, raffinazione e
fabbricazione dei polimeri stessi, che è la parte
ecologicamente più “gravosa” per l’ambiente soprattutto dal
punto di vista del consumo di energia.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 22
Il maggiore problema che viene sollevato dall’industria nel
recupero della plastica è “la scarsa qualità della materia
seconda”. Infatti il riciclo della plastica è fortemente
condizionato dalla qualità e dalla “contaminazione” dei
materiali recuperati. Le plastiche sono di molti tipi differenti
e la miscelazione di più tipi comporta un indebolimento
strutturale. Risulta quindi necessario il perfezionamento
della
selezione
preliminare,
ovvero
della
fase
immediatamente successiva alla raccolta.
I principali tipi di plastica riciclabile sono descritti qui di seguito.
POLIESTERI
I poliesteri sono polimeri che si presentano sotto forma di fibre,
molto usate negli anni settanta per realizzare i cosiddetti
abiti di lamè. Da allora tutte le nazioni si sono impegnate per
studiare utilizzi più pratici per il poliestere. Il poliestere ha
catene principali di idrocarburi contenenti legami estere, da
cui deriva il nome dei polimeri relativi.
La catena del poliestere possiede gruppi esterici polari. Le cariche
positive e quelle negative dei diversi gruppi estere si
attraggono l'una con l'altra. Questo permette alle catene
vicine di allinearsi una con l'altra in forma cristallina; in tal
modo si formano fibre resistenti.
Il PET
Il PET appartiene al gruppo delle materie plastiche in poliestere.
PET significa "polietilentereftalato”. La sua struttura è
formata da gruppi etilenici e da gruppi di tereftalato; poiché
le sue molecole sono composte da ossigeno, idrogeno e
carbonio, esso è classificato come materiale eliminabile e
privo d'inquinanti. E’ molto utilizzato nella produzione di
componentistica per automobili, nella produzione di nuovi
contenitori per liquidi detergenti e nell’ambito della
produzione di materie prime per il tessile. Nel settore tessile
il PET viene distinto con il nome di “fibra di poliestere” che
fa la parte del leone nell’ambito delle fibre che vengono
miscelate con lana, cotone, lino etc...
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 23
Il poliestere da plastiche riciclate nell’abbigliamento
Tipo di tessuto
utilizzazione
Ovatte
giacche a vento
componente di abiti
tute da sci
guanti
Filati
maglioni
"pile" (pronuncia pail), felpe
Malgrado esistano diversi prodotti in PET, soltanto le bottiglie per
bevande sono adatte al riciclaggio. Le bottiglie di olio, aceto e
shampoo, come pure altre bottiglie in PET non possono
essere riciclate poiché il loro grado di inquinamento è troppo
elevato.
Il tasso di recupero del PET è attualmente pari al 74%. Il risparmio
energetico del riciclaggio delle bottiglie in PET rispetto alla
produzione di PET ex novo può arrivare fino al 60%. La
materia seconda viene normalmente miscelata al 35% con
materia prima vergine.
Una bottiglia di PET non può essere riciclata come una bottiglia di
vetro, perché il PET ha una temperatura di transizione
vetrosa (temperatura alla quale i polimeri rammolliscono)
troppo bassa. Per riutilizzare una bottiglia da bibita morbida
è necessario sterilizzarla prima dell'uso. Questo significa
lavarla ad una temperatura troppo elevata che farebbe
diventare il PET troppo molle.
Per lo stesso motivo, le confetture non possono essere conservate
in contenitori infrangibili. Infatti, il riempimento di un
barattolo con marmellata è un procedimento che richiede
temperature molto elevate, che generalmente non sono
sopportabili dalle materie plastiche.
Esiste tuttavia un nuovo tipo di poliestere che può invece essere
utilizzato, perché resiste a temperature più elevate: si tratta
del polietilennaftalato o PEN.
Il PEN ha una temperatura di transizione vetrosa più elevata
rispetto al PET, pertanto è in grado di sopportare meglio il
calore. Il PEN è talmente resistente al calore che, per fare le
bottiglie, non è necessario utilizzare solo il PEN ma basta
miscelare un po’ di PEN con il vecchio PET.
Ci sono altri due poliesteri sul mercato che sono legati al PET.
Sono
il
polibutilentereftalato,
o
PBT,
ed
il
politrimetilentereftalato. Sono comunemente usati per
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 24
produrre le stesse cose fatte con il PET, ma in certi casi
mostrano migliori proprietà fisico-meccaniche.
POLIETILENE
Il polietilene è forse il polimero più diffuso nella vita quotidiana.
Viene impiegato in prevalenza come strato intermedio tra
due strati di plastica vergine nei contenitori per detergenti,
ma l’utilizzazione più consolidata è nei sacchi della
spazzatura, nei sacchetti dei supermercati e nella produzione
di tappi. Con esso si fanno anche giocattoli per bambini e
persino giubbotti antiproiettile. Questo materiale così
versatile ha la struttura più semplice di tutti i polimeri
commerciali. E’ un polimero vinilico, derivato dal monomero
etilene che è formato da una lunga catena di atomi di
carbonio, con due atomi di idrogeno legati a ciascun atomo
di carbonio. Esso è detto polietilene lineare, o HDPE (high
density polyethylene).
Quando un atomo di carbonio ha un'altra catena di polietilene al
posto di uno dei due atomi di idrogeno si ottiene il
polietilene ramificato o polietilene a bassa densità LDPE
(low density polyethylene, che è più economico e più facile
da produrre. Il polietilene lineare è molto più resistente del
ramificato. Esso è normalmente prodotto con un peso
molecolare compreso tra 200.000 e 500.000, ma è possibile
ottenere anche polimeri a peso molecolare più alto.
I polietileni con peso molecolare compreso tra tre e sei milioni
sono detti polietileni ad altissimo peso molecolare, o
UHMWPE (ultra high molecular weight polyethylene).
Questi sono usati per produrre fibre che sono così resistenti
da aver rimpiazzato il Kevlar per la produzione di giubbotti
antiproiettile. Grandi fogli di UHMWPE sono utilizzati al
posto del ghiaccio nelle piste di pattinaggio.
POLISTIRENE
Il polistirene è un materiale plastico rigido ed economico e,
probabilmente, come materiale più utilizzato nella vita di
tutti i giorni, è preceduto solo dal polietilene. I modellini di
automobili ed aerei sono realizzati in polistirene. Questo
polimero viene anche usato sotto forma di schiuma per
imballaggio ed isolamento. I bicchieri in plastica trasparenti
sono fatti di polistirene, come pure molti particolari stampati
all'interno delle automobili, come i pomelli e le manopole
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 25
dell'autoradio. Il polistirene viene anche usato per costruire
giocattoli e le "carcasse" o involucri degli asciugacapelli, dei
computer e degli elettrodomestici per la cucina.
Il polistirene è un polimero vinilico. A livello strutturale è
costituito da una lunga catena idrocarburica, con un gruppo
fenilico legato ad un atomo di carbonio in modo alternato. Il
polistirene si ottiene con la polimerizzazione radicalica
vinilica dello stirene monomero.
Il polistirene è anche un componente di un tipo di gomma rigida
chiamata poli (stirene-butadiene-stirene) o gomma SBS. La
gomma SBS è un elastomero termoplastico.
Esiste anche un nuovo tipo di polistirene, chiamato polistirene
sindiotattico, che può essere considerato il polistirene del
futuro. E' diverso dai composti precedenti, perché i gruppi
fenilici sulla catena polimerica si trovano alternativamente
da una parte e dall'altra della catena principale del polimero.
Il polistirene "normale" o atattico non ha un ordine definito
rispetto al lato della catena al quale sono legati i gruppi
fenilici.
Il polistirene sindiotattico ha una struttura regolare quindi può
formare domini cristallini, mentre il polistirene atattico,
irregolare, non può farlo. Il nuovo polistirene sindiotattico
ha una ha struttura cristallina e fonde a 270°C ma è molto
più costoso.
POLIVINILCLORURO (PVC).
Strutturalmente il PVC è un polimero vinilico. E' simile al
polietilene, ma alternativamente negli atomi di carbonio
della catena si trova un atomo di idrogeno sostituito da uno
di cloro. E' prodotto per polimerizzazione radicalica del
cloruro di vinile. Il consumatore distingue normalmente le
bottiglie di PVC (polivinilcloruro) da quelle in PET dal fatto
che le prime “croccano”, se compresse fra le dita, e le
seconde cedono con flessibilità ed elasticità. Il PVC, che ha
sempre ricevuto grande attenzione per la sua potenziale
pericolosità di rilascio di molecole verso il contenuto
alimentare, è molto utilizzato per la produzione di tubi rigidi
di ampia utilizzazione nell’edilizia, per le condutture di
acqua, per fognature, raccordi e manicotti, canaline per cavi
elettrici e telefonici. Le grondaie "viniliche" usate sulle case
sono fatte di polivinilcloruro. All'interno della casa il PVC è
usato per produrre il linoleum da pavimento. Negli anni '70
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 26
il PVC era spesso usato per fare le "capotte" delle automobili
sportive.
Il PVC resiste sia al fuoco che all'acqua. E’ usato soprattutto per
fare impermeabili, tende da doccia e tubi dell'acqua. Tuttavia
la presenza di cloro rende il PVC anche resistente al fuoco.
Quando si brucia il PVC, gli atomi di cloro che vengono
rilasciati inibiscono la combustione.
Le materie seconde miste
Anche le cosiddette materie “seconde” provenienti da raccolta
“indifferenziata” di plastica possono essere utilizzate.
Attraverso lo sviluppo delle tecnologie di produzione, le
plastiche cosiddette “eterogenee” trovano buon utilizzo per
arredi urbani, pavimentazione di piste ciclabili,
pavimentazione di aree da gioco per bambini, cartelloni
stradali nonché per la produzione di svariati beni di
consumo come penne, telefoni, articoli per ufficio, orologi,
contenitori per liquidi (bacinelle, secchi) ecc....
Non è corretto vedere nella plastica solo una “materia prima
inquinante”.
La plastica correttamente utilizzata per sue proprietà (resistenza e
indeformabilità nel tempo) è utile per salvaguardare la
natura dall’eccesso di consumo di tanti beni prodotti.
Nel "sistema a riciclaggio", però, le plastiche sintetiche di origine
petrolchimica sono sostituite a monte con le bioplastiche.
Questi nuovi materiali, di origine vegetale, hanno il
vantaggio di produrre una combustione meno inquinante, o
di essere più biodegradabili (alla normale azione degli agenti
naturali) se rilasciate nell'ambiente o in discarica.
B8) I rifiuti tecnologici ed informatici
I computer si rinnovano senza sosta: sempre più veloci, più
potenti e più facili da usare. Negli anni '60 la vita media di
un elaboratore era di circa 10 anni. Oggi è scesa a circa tre.
Quindi lo smaltimento delle apparecchiature elettroniche
dismesse, il cosiddetto "e-waste", è un problema in crescita
esponenziale, perché in tali rifiuti troviamo metalli pesanti e
sostanze chimiche inquinanti che rendono estremamente
pericoloso il loro smaltimento in discarica. Un monitor a
colori contiene in media più di tre chilogrammi di piombo,
oltre a una percentuale di bario, cadmio e zinco. I processori,
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 27
invece, contengono elementi dei contatti in oro, mentre i
circuiti stampati hanno connessioni in oro e argento. E poi
c’è il rame dei cavi e la plastica, o altri metalli, che fanno da
carrozzeria. Inoltre, il costo energetico che deriva dal
distruggere in un inceneritore i tubi catodici contenuti in
televisori e monitor è pari a 400 chilojoule per Kg bruciato.
Benché ad oggi più del 90% dei rifiuti elettrici ed elettronici
finisca in discarica, una nuova soluzione sta prendendo
piede: il cosiddetto “reverse manufacturing”. Si tratta di una
vera e propria “lavorazione al contrario”. Dal computer
montato, per prima cosa si tolgono le sostanze tossico-nocive
come pile e toner delle stampanti. Quindi inizia lo
smontaggio vero e proprio che si articola in quattro tappe: 1)
rimozione di carrozzeria e cavi che collegano i diversi
componenti; 2) rimozione di parti elettriche (schede,
processori e memorie) che, se ancora funzionanti sono
inviati alle aziende di manutenzione e reimmessi sul
mercato; 3) smontaggio di alternatori e tubi catodici dei
monitor; 4) separazione di materiali omogenei: plastica,
ferro, alluminio, rame e metalli preziosi (oro, argento,
palladio).
Le cartucce inkjet ed i toner per stampanti laser costituiscono un
tipo di rifiuto che, per la molteplicità di materiali di cui sono
composti (plastica, metalli, gomma) e per i residui di
componenti chimici necessari alla stampa (inchiostri e
toner), possiedono particolari caratteristiche di pericolosità.
Tuttavia, anche tali cartucce possono essere avviate al recupero ed
alla ricostruzione che, mediante l'opportuna sostituzione
delle parti usurate e il reintegro di inchiostri e toner,
consentono di effettuare ulteriori cicli di utilizzo.
In tal modo si ottiene un notevole risparmio sul costo di
approvvigionamento delle cartucce nuove (da un 25 fino ad
un 40% del prezzo), e si evita di immettere nell'ecosistema
una quantità cospicua di agenti scarsamente biodegradabili e
piuttosto inquinanti.
In giro per l’Europa si scoprono delle cose molto interessanti a
proposito del riciclaggio e dell’utilizzazione delle materie
seconde. Progetti, iniziative, leggi e normative affrontano il
problema alla radice e cioè: produrre meno rifiuti e rendere
ben riciclabili i diversi prodotti.
I dati, presentati nella tabella 1, anche se incompleti, danno un
quadro utile sulla percentuale di raccolta differenziata in
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 28
Europa. A dicembre 2004 la media europea di recupero di
carta riciclata è stata del 49,7%, ma già la Germania
raggiungeva il 70%. Quindi risulta largamente possibile
arrivare all’80% del riciclaggio con un certo impegno
necessario a raggiungere l’obiettivo.
In Italia, la cattiva organizzazione della raccolta differenziata nei
comuni fa sì che solo il 30% della carta sia raccolta per essere
riciclata. Il resto va a ingolfare le già sature discariche,
generando maggiori costi, maggiori volumi e maggiori danni
ecologici.
Percentuale di raccolta differenziata dei materiali (dati dicembre
2004)
Materiale riciclato
Paese
carta
vetro
plastica
Germania
70,20
79
23,60
Svizzera
62,80
91
Olanda
64.90
82
10,30
Spagna
41,00
37
Gran Bretagna
40,20
23
4,80
Francia
39,0
52
6,00
Italia
30,20
34
7,50
Media Europea
49,70
53
9,70
Uno dei paesi che applica in maniera sistematica e significativa
tutte le tecniche di riduzione dei rifiuti e del riutilizzo dei
materiali è la Danimarca. Grazie ad una legislazione
favorevole, la Danimarca ha bandito le lattine per la birra e
per altre bevande, riducendo di molto l’uso di alluminio (la
cui produzione è una grande divoratrice di energia) ed ha
favorito invece l'impiego del vetro, facilmente recuperabile.
Addirittura il 98% delle bottiglie in commercio in quel paese
è riutilizzabile, e il 98% di esse tornano indietro ai
consumatori senza essere riciclate. Per recuperare
efficacemente il vetro è stata introdotta la cauzione sul
“vuoto” come c’era un tempo anche in Italia.
Il giusto comportamento sarebbe quello di consumare con
oculatezza e riutilizzare correttamente le “materie seconde”
ossia le “materie prime” provenienti dal riciclo di prodotti e
imballaggi già utilizzati dai consumatori finali.
In Francia, nel comune di Sorinières è stato rivoluzionato il
sistema della tassazione per la raccolta dei rifiuti. Gli abitanti
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 29
oggi pagano in relazione al volume reale di rifiuti da essi
generato. Questo fatto ha innescato una forte attenzione a
produrre meno rifiuti e, quindi, ad acquistare confezioni con
minor spreco nell’imballo e via discorrendo. Con questo
nuovo sistema ogni abitante ha prodotto in un anno 112 kg di
rifiuti in meno.
In Spagna, nel Comune di San Cugat del Valle, è stata
sperimentata con successo una campagna che aveva tre
obiettivi: l’uso delle borse di cotone per la spesa in
alternativa alle borse di plastica, il riciclaggio delle bottiglie
di vetro di un noto vino locale, una campagna di
sensibilizzazione nelle scuole sul tema del recupero e
riciclaggio.
Anche in Italia non mancano buoni esempi. Due comuni veneti,
S.Giustino in Colle e Martellago, hanno ridotto i rifiuti
rispettivamente del 23% e del 16% grazie ad una efficace
campagna di informazione sul “compost”, cioè sulla
creazione di concime con i rifiuti alimentari e con quelli della
cura dei giardini.
Una iniziativa dell’Onu denominata ZERI, che ha sede a Ginevra, è
costituita da una rete di scienziati collegati via internet che
studia le soluzioni affinché i residui industriali siano utili,
poco dannosi per la natura e persino redditizi. Nel caso della
birra, che utilizza molta acqua per la sua produzione e poi la
rilascia piena di orzo fermentato, è stato proposto di usare
quest’acqua per produrre funghi e, una volta prodotti, usare
il terriccio per allevare lombrichi, che a loro volta sono
grandi concimatori di terra e ottimo nutrimento per i polli....
Benché il “ciclo della birra” non abbia avuto una grande
accoglienza in Europa, dove l’acqua è molto abbondante,
esso ha avuto un riscontro positivo in quei Paesi dove l’acqua
è una risorsa preziosa e poco abbondante.
Oggi sono allo studio criteri nuovi di riciclaggio dei rifiuti. Uno di
questi ipotizza il loro possibile impiego come materiali edili.
Presso il centro ricerca dell’Università di East London
(Regno Unito) è stato realizzato nel 2004 un impianto pilota
capace di trasformare rifiuti, altrimenti destinati alle
discariche, in “mattoni” da costruzione. L’energia stessa
necessaria per il trattamento ad alte temperature della
materia prima proviene da liquami. I nuovi materiali devono
essere sottoposti a test di resistenza. Se davvero potesse
essere utilizzato su scala industriale, il metodo consentirebbe
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 30
non solo il riciclaggio dei rifiuti, ma anche il risparmio di
materiali edili altrimenti estratti dalle cave.
Questa del riciclaggio e del riutilizzo è evidentemente la strada da
percorrere e da perfezionare in molti settori.
C. SMALTIMENTO FINALE DEI RIFIUTI
Con la raccolta differenziata, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio,
si riduce la quantità di rifiuti da smaltire. Eliminati i
materiali riciclabili (vetro, metalli, carta eccetera), qualcosa
però rimane ancora: prima di tutto rimangono i rifiuti
derivanti da errori di conferimento, dalla nostra pigrizia, o
da inefficienze di amministrazioni pubbliche che non hanno
ancora dato il giusto impulso alla raccolta differenziata.
Infine esiste una parte di rifiuti che non può essere
recuperata con le attuali tecnologie, e che può rappresentare
fino al 15-20% del totale; essa comprende: contenitori in
materiali accoppiati per liquidi alimentari (tetrapak);
polistirolo; pannolini e cosmetici; cocci in ceramica; carte
plastificate; film e bustine in nylon e cellophane; polveri.
Questi materiali devono necessariamente essere destinati allo
smaltimento tramite il deposito permanente nel terreno
(discarica) o la combustione (inceneritore). Una parte dei
rifiuti può essere utilizzata per estrarre gas, liquidi e
combustibili solidi per un riutilizzo come compost
fertilizzante o come materia prima per determinati cicli
produttivi industriali (ad esempio il bioetanolo). Al termine
del processo di selezione il residuo secco dei rifiuti è l'ideale
per
la
trasformazione
in
combustibile
per
la
termovalorizzazione e la cogenerazione. Questo tipo di
combustibile da rifiuti è chiamato CDR (Combustibili Da
Rifiuti). La parte secca dei rifiuti non adatta alla
combustione viene standardizzata per dimensioni e
destinata, inevitabilmente, alla discarica.
L'uso delle discariche rimanda al futuro il problema e non si presta
come unica soluzione permanente; inoltre, la discarica
rischia di creare grandi concentrazioni di rifiuti tossici con
inevitabili conseguenze sull'ambiente e sulla salute pubblica.
I termovalorizzatori, invece, basano il loro funzionamento
sull'incenerimento dei rifiuti sfruttando la combustione così
ottenuta per produrre energia elettrica. Le emissioni di
diossine, seppure in minime quantità, e la gestione delle
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 31
scorie in depositi permanenti producono, però, forti tensioni
sociali con le comunità residenti nei pressi di un
termovalorizzatore (Figura 5).
Figura 5: Produzione di energia da rifiuti
Una parte dei rifiuti domestici si presta a essere bruciata e convertita in
energia utile. Il vapore sviluppato dall'inceneritore di questo impianto aziona
la turbina di un generatore che produce elettricità pronta all'uso.
LA DISCARICA
Per anni il termine 'discarica' ha significato un metodo incivile di
scegliere un luogo appartato, più o meno distante da un
centro abitato, dove disfarsi dei rifiuti. Oggi, per l'alta
densità abitativa e per l'alta percentuale di rifiuti non
biodegradabili, tale metodo non è più praticabile.
L'abbandono incontrollato dei rifiuti, oltre ad arrecare un
danno irreparabile all'ambiente ed al paesaggio, è molto
pericoloso anche per la salute. Una discarica non controllata,
infatti, è l'ambiente ideale per ratti e parassiti, che attraverso
gli animali selvatici e domestici possono provocare infezioni
nell'uomo (Figura 6). La decomposizione produce liquami e
gas che con la pioggia possono infiltrarsi nelle falde
acquifere e così raggiungere i rubinetti delle nostre case.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 32
Figura 6: Immagine di una discarica
La discarica controllata
Una discarica 'controllata', cioè gestita correttamente, è realizzata
con tecnologie costruttive mirate a ridurre i possibili danni
igienici e ambientali. Fondo e pareti dello scavo sono
impermeabilizzati con teli o con uno strato argilloso; sul
fondo è posta una canalizzazione per il drenaggio e la raccolta
del percolato, il liquame che si forma in seguito alla
fermentazione dei rifiuti e per la pioggia. L'impianto prevede
anche un pozzetto-spia delle perdite e un sistema per il
controllo di eventuali infiltrazioni di sostanze inquinanti
nelle falde idriche. I rifiuti sono periodicamente ricoperti di
terra, formando una serie di strati alternati. Nel corso della
decomposizione, ad opera di batteri e microrganismi, si
genera biogas, costituito in gran parte da metano e anidride
carbonica. Questo gas viene raccolto, per prevenire incendi
ed evitare inquinamenti dell'aria dannosi per le specie
viventi. Il biogas può anche essere usato per produrre
energia. Esaurito lo spazio disponibile, la discarica viene
definitivamente ricoperta; occorreranno ancora anni perché
la fermentazione giunga a conclusione. Impiantando arbusti
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 33
e alberi idonei, si può consolidare l'area, in vista del
definitivo recupero ambientale.
L'incenerimento
In alternativa al conferimento in discarica, i rifiuti residui possono
essere
bruciati
in
appositi
inceneritori
detti
termovalorizzatori. Il processo di incenerimento trasforma la
materia in calore per produrre energia elettrica ed in residuo
di scorie altamente tossiche, ma di dimensioni contenute da
destinare in discariche speciali. Come è noto un grande
handicap dei termovalorizzatori è l'immissione in atmosfera
di diossina a causa della combustione delle sostanze
plastiche. I filtri non riescono ad abbattere completamente
queste sostanze tossiche, creando preoccupazione nelle
comunità di cittadini, e portando alla grande discussione a
favore o contro i termovalorizzatori o le discariche. I residui
del trattamento, in alcuni casi, sono riutilizzabili come
combustibili per produrre energia elettrica o per altri usi
civili e industriali. L'incenerimento può avvenire attraverso
tre diversi procedimenti: combustione, gassificazione e
pirolisi.
Combustione . Questo processo può avvenire solo in presenza di
ossigeno (contenuto nell'aria o aggiunto appositamente). Le
parti combustibili contenute nei rifiuti subiscono una
completa ossidazione. E' possibile utilizzare il calore della
combustione per ottenere vapore, destinato a usi civili o
industriali, oppure per produrre energia elettrica.
Gassificazione . E' una tecnica di combustione in carenza di
ossigeno: ne deriva che solo una parte dei rifiuti viene
bruciata; il calore generato dal processo, tuttavia, è
sufficiente a decomporre ciò che resta. Da questo
procedimento si ottengono gas utilizzabili come
combustibili.
Pirolisi. Il procedimento avviene in totale assenza di ossigeno, e
non si produce quindi alcuna combustione, ma una semplice
degradazione dei materiali, con produzione di residui
utilizzabili come combustibili (liquidi, solidi o gassosi). In
media le tecniche di termodistruzione riducono i rifiuti al
10% del volume e al 30% del loro peso originario. Le ceneri
residue devono essere smaltite, e quindi anche questi
procedimenti non evitano del tutto il ricorso alla discarica
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 34
stessa. Di recente si sono ricercati metodi per interrare le
ceneri della combustione nelle opere di pavimentazione.
Emissioni
Nel corso della combustione dei rifiuti si generano polveri e
sostanze gassose inquinanti: soprattutto acido cloridrico e
metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio). La presenza nei
rifiuti di cloro organico, inoltre, può causare il rilascio di
diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici. Queste
emissioni presentano un rischio elevato di inquinamento
atmosferico. L'individuazione di efficaci tecnologie di
abbattimento dell'inquinamento deve giocare un ruolo
essenziale per adottare le scelte necessarie per lo sviluppo di
questa modalità di smaltimento dei rifiuti urbani.
NORME COMPORTAMENTALI NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
PERICOLOSI
RIFIUTI TOSSICI E NOCIVI
Vengono classificati come rifiuti tossici e nocivi tutti quei rifiuti
che contengono sostanze tossiche (arsenico, mercurio,
cromo, piombo ecc…) in quantità o in concentrazioni tali da
rappresentare un pericolo per la salute dell’uomo e per
l’ambiente. I rifiuti tossici possono essere liquidi, solidi,
gassosi o possono presentarsi sotto forma di fanghi.
La gestione di un rifiuto pericoloso può essere intesa come una
serie di operazioni, fra loro coordinate, volte alla tutela
ambientale ed al rispetto della normativa tecnica e legislativa
vigente.
Le operazioni che caratterizzano la gestione possono riguardare
cinque fasi:
1.
Luogo di produzione;
2.
Conferimento al deposito temporaneo;
3.
Deposito temporaneo;
4.
Trasporto;
5.
Smaltimento.
Il luogo di produzione è spesso un laboratorio, un’officina, uno
stabulario.
E' fondamentale, alla luce della pericolosità dei rifiuti, che
ciascuna struttura provveda alla raccolta differenziata di
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 35
tutte le tipologie di rifiuti prodotti evitando ogni forma di
miscelazione, potenzialmente assai pericolosa. I contenitori
utilizzati devono essere di materiale idoneo e di capienza non
superiore a 5 litri per evitare problemi di trasporto al
deposito temporaneo, che è il luogo ove è ubicato il punto di
stoccaggio che deve avere a sua volta idonee caratteristiche
strutturali, funzionali e di sicurezza. Sul contenitore del
rifiuto devono essere ben evidenti: il simbolo di rifiuto (R
nera in campo giallo); la denominazione del rifiuto e il codice
europeo del rifiuto (CER) ad esso associato.
I rifiuti devono essere stoccati provvisoriamente in locali adiacenti
ai luoghi di produzione e i contenitori devono essere
posizionati in punti definiti, in una vasca compartimentata di
contenimento, sufficientemente profonda, per evitare, in
caso di fuoriuscita accidentale del contenuto, che diverse
tipologie di rifiuto vengano a contatto tra loro.
Fanno parte dei rifiuti pericolosi anche i rifiuti a rischio biologico,
cioè tutti quei rifiuti provenienti dall’attività di laboratorio
(ad esempio: colture cellulari, parti anatomiche, carcasse,
sangue, ecc…).
I rifiuti a rischio biologico vengono individuati con il codice CER
180103. Anche questi prodotti vanno separati da tutti i rifiuti
di altra natura, vanno raccolti in sacchi autoclavati a perfetta
tenuta che vengono poi inseriti in contenitori rigidi per il
deposito temporaneo e il trasporto.
Un discorso a parte va fatto per le sostanze radioattive. Esse sono
considerate nocive in quanto l’esposizione prolungata alle
radiazioni può nuocere agli organismi viventi. I rifiuti solidi
radioattivi sono costituiti da residui della lavorazione dei
minerali dell’uranio, materiali radioattivi provenienti da
laboratori di ricerca, da alcune industrie o dagli ospedali e da
rifiuti e scorie prodotti dalle centrali nucleari. Per la loro
pericolosità (la radioattività può permanere per lunghi
periodi di tempo) tali rifiuti non possono essere smaltiti
nelle normali discariche e il loro smaltimento come quello
dei rifiuti tossici e nocivi è regolato da leggi nazionali (figura
7).
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 36
Figura 7: Stoccaggio delle scorie nucleari
Il processo di stoccaggio e smaltimento delle scorie nucleari, prodotte ad
esempio dalle centrali di produzione di energia elettrica (nella fotografia,
quella francese a Saint-Maurice-l'Exil), costituisce uno dei grandi problemi
legati alla produzione di energia nucleare. Le centrali nucleari sono il primo
sito dove le scorie radioattive vengono immagazzinate e conservate per
circa un anno, nelle vasche del reattore (dotate di misure di sicurezza che
impediscano l'innescarsi di una reazione a catena); la misura serve a
ridurre l'attività radioattiva prima di manipolare e trasportare le scorie.
Le scorie radioattive ad elevato livello di attività come quelle
prodotte dalle centrali nucleari, possono essere:
1)
vetrificate (cioè conglobate in una matrice vetrosa)
2) sigillate in contenitori di acciaio.
Per la collocazione di questi contenitori, la soluzione più sicura
sembra per ora essere la sistemazione in depositi sotterranei,
anche se sono allo studio ipotesi alternative.
Gestione illegale dei rifiuti
Bisogna ricordare che quello dei rifiuti rappresenta un colossale
“business” per quanti, imprenditorialmente, si occupano del
ritiro e dell’eliminazione delle scorie della nostra società;
esso è talmente vantaggioso che spesso viene gestito
direttamente dalle organizzazioni criminali.
Una politica ambientale consapevole deve porsi come obiettivo
principale sia la riduzione sella quantità e pericolosità dei
rifiuti prodotti, sia l’eliminazione della gestione illegale dei
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 37
rifiuti. La gestione illegale dei rifiuti continua ad essere uno
dei tasti più dolenti del rapporto fra italiani e ambiente. Nei
primi sei mesi del 2005, su 7632 controlli effettuati dal
Comando dei Carabinieri per la Tutela Ambientale, le
violazioni sono state poco meno di un terzo (2305), per un
livello di illegalità del dai laboratori dei centri di ripristino,
dove i rifiuti venivano smaltiti, presentavano valori
palesemente alterati rispetto alle analisi di controllo
effettuate dagli inquirenti.
Conclusioni e prospettive future
Il riciclo è una strada sicuramente più complessa della logica di
smaltimento in discarica o negli inceneritori. Si deve
comunque premettere che il sistema del riciclaggio non
esclude la presenza delle discariche o dei termovalorizzatori,
bensì limita il ricorso ad essi. Si parla di sistema di
riciclaggio perché questo approccio deve necessariamente
operare sull'intero processo produttivo e non soltanto sulla
fase finale di smaltimento dei rifiuti.
La prevenzione dei rifiuti rimedia allo spreco di risorse naturali e
di energia, liberando risorse economiche utilizzabili per
scopi sociali. Separare, compostare e riciclare i rifiuti è un
approccio più sostenibile rispetto a quello dello smaltimento,
in quanto riduce gli impatti ambientali e sanitari, diminuisce
i costi di gestione e può creare posti di lavoro. I rifiuti che
residuano a valle della raccolta differenziata possono poi
essere trattati in un impianto di Trattamento Meccanico
Biologico (MBT), che riduce ulteriormente la quantità e la
pericolosità dei rifiuti da conferire infine in una discarica
controllata.
I programmi di riciclaggio seguiti dal trattamento meccanico
biologico del rifiuto residuale, in città del Canada e
dell'Australia hanno portato a ridurre fino al 70% i rifiuti
urbani da conferire in discarica.
L'incenerimento non è la soluzione ideale per risolvere la crisi dei
rifiuti. I rifiuti possono più vantaggiosamente essere
riutilizzati, compostati e riciclati in condizioni di sicurezza
garantendo, in tal modo, una soluzione sostenibile ad un
problema globale.
Tutti siamo sempre più chiamati ad assumere un ruolo di
protagonisti sia come produttori di rifiuti, sia come
acquirenti di beni, con la scelta di imballaggi riciclabili.
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 38
BIBLIOGRAFIA
http://it.wikipedia.org/wiki/riciclaggio_dei_rifiuti
http://www.ecoage.com
http://www.e-gazette.it/
www.alfanet.it/welcomeitaly/paginaecologia/rifiuti/htm
www.ambiente.it
www.ambientediritti.it
www.apat.it
www.ecoage.com/ambiente/rifiuti/gestione_rifiuti_europa.asp
www.ecorete.it
www.ecquologia.it
www.greenpeace.it/inquinamento/rifiuti.htm
www.ilportaledelsole.it
www.infoambiente.it/proposte/rifiuti.htm
www.legambiente.it
www.lipu.it
www.osservatorionazionalerifiuti.it
www.peacelink.it
www.ping.be
www.unipv.it/safety/norme/rifiutinormor.4.htm
www.vivitelese.it
www.worldwatch.org
www.wupperinst.org
www.wwf.it
Patologia Ambientale - Cap. 05 Rifiuti- 2007 - pag. 39