La fabbrica della dolcezza
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La fabbrica della dolcezza
[CARAMELLE] DI AGATA MAGGI - FOTO DI MASSIMO DI NONNO/PROSPEKT LA FABBRICA DELLA DOLCEZZA Ambrosoli, Baratti, Zaini, Leone e Caremoli: i nomi di una grande tradizione C’ era una volta... Potrebbe iniziare così questa storia. Come una favola dolcissima, da ascoltare in silenzio, con i cinque sensi allertati, lasciandosi trasportare da parole e immagini che ben presto si trasformeranno in un’esplosione di colori e profumi, sapori e sensazioni d’irresistibile morbidezza. Come ogni favola che si rispetti, poi, si arriverà al lieto fine. E sarà una conclusione ancor più bella, perché in questo caso i protagonisti non sono cavalieri azzurri o principesse imprigionate in torri d’avorio, e neppure streghe malvagie e draghi sputafuoco, ma donne e uomini in carne e ossa, che inseguendo un sogno con pazienza e tenacia, superando tutte le prove richieste loro dal destino/legge di mercato, hanno scritto un pezzo della storia dell’economia italiana. Ambrosoli, Baratti, Caremoli, Leone, Zaini sono nomi che tutti conoscono: i nonni come i figli e i nipoti. Quello che però forse non tutti sanno, soprattutto tra i più giovani, è che questi nomi sono famosi da più di un secolo e non accennano a farsi dimenticare. 씮 28 DICEMBRE 2006 CLUB3 CLUB3 29 DICEMBRE 2006 [CARAMELLE] Apicoltori, fornitori della Real Casa, la prima donna 씮 Le foto di questo servizio sono state scattate negli stabilimenti delle aziende Ambrosoli, Caremoli, Baratti, Zaini e Leone 30 DICEMBRE 2006 CLUB3 Da quando una caramella rappresentava un momento di festa, un gesto di amore, un evento speciale, un dono prezioso elargito con parsimonia, sino a oggi, epoca della più rutilante profferta di beni di consumo, la presenza e la riconoscibilità delle caramelle della tradizione italiana sono rimaste immutate. Se ieri era il cofanetto di latta della drogheria decorato a smalto a rappresentare lo scrigno magico da cui attingere questi piccoli assaggi di gioia, oggi le regole del mercato e la grande distribuzione hanno reso le confezioni più leggere e pratiche e hanno mutato i luoghi e i tempi del consumo. Ciò che rimane uguale, invece, è quel tuffo nella memoria che ciascuno compie nel momento in cui ne assapora una. Perché, senza alcun dubbio, quella che sta assaggiando è la stessa, identica caramella che mangiava da piccolo. E con uguale sicurezza sa che ben poche altre cose, in un mondo in cui tutto scolora e viene sostituito rapidamente dall’oggetto di desiderio successivo, possono evocare una sensazione così familiare, calda e intima. Perché anche se cambia la forma, la sostanza rimane immutata. E se cambiano i processi di lavorazione, e il piccolo laboratorio artigianale è diventato nel frattempo uno stabilimento che abbraccia il mercato estero, gli ingredienti sono sempre gli stessi. E se la tecnologia ha fornito gli strumenti per produrre di più e più rapidamente, la cura e l’attenzione con cui vengono sorvegliate tutte le fasi della lavorazione sono sempre le medesime. I protagonisti non sono cambiati, sono sempre loro: donne e uomini che lavorano a prodotti d’eccellenza, e utilizzano la tecnologia per fare meglio, non certo per evitare di fare. Un giovane chimico industriale del Comasco, al termine della prima guerra mondiale, scopre di non poter più ricevere i rifornimenti di miele dalla vicina Svizzera a causa della chiusura delle frontiere. Il miele è una ghiottoneria per tutta la famiglia, così decide di acquistare alcune arnie e di cimentarsi egli stesso nella produzione: l’apicultura diventa la manager: personaggi quasi mitici della grande industria sua passione. Al fine di incrementare e arricchire la resa degli alveari, assecondando i ritmi della natura, prova a trasferire le arnie dalla pianura alla montagna, per inseguire le diverse e successive fioriture. Siamo nell’anno 1920: quel sistema pionieristico funziona ed è destinato al successo, si chiamerà apicultura nomade. E quel giovane seguirà il medesimo destino: il suo nome è Giovanni Battista Ambrosoli. Ancor oggi le sue caramelle più famose sono di un bel colore giallo intenso, e il loro cuore stilla gocce di profumatissimo miele. Nel 1858 nasce la caramella “pioniera” al rabarbaro della Baratti & Milano, rimasta immutata a distanza di un secolo e mezzo. La Baratti & Milano è una ditta che, a dispetto del nome che potrebbe trarre in inganno, non è in Lombardia ma nella patria del cioccolato: il Piemonte. Precisamente a Torino. E allora, parlando di questo felice e famoso connubio tra la capitale sabauda e la tipica produzione dolciaria locale, subito emergono ulteriori capitoli della storia del nostro Paese. Il “cremino”, il cioccolatino cremoso a strati dalla forma squadrata viene creato da Ferdinando Baratti ed Edoardo Milano nel 1934. Nel 1873 viene inaugurata una confetteria e liquoreria a Torino che ottiene il titolo di Fornitore della Real Casa. Oggi, che i tempi sono cambiati, riconoscimenti e segnalazioni arrivano dalle più prestigiose guide gastronomiche, quelle che tutti gli stranieri portano sottobraccio quando visitano l’Italia, patria indiscussa dell’eccellenza alimentare. Ma non si tratta solo di cioccolato e caramelle. Luoghi come questo hanno accompagnato anche la storia della cultura italiana in senso lato, diventando il punto di incontro, di solitaria ispirazione o acceso dibattito, degli intellettuali dell’epoca. Come Guido Gozzano, che qui era solito sostare mentre componeva i suoi versi. Davide Caremoli inizia l’attività nel 1913, un ventennio più tardi nasce la caramella Golia. È subito Storia con la “s” maiuscola. Piccolina, rotonda e gommosa, dal sapo씮 CLUB3 31 DICEMBRE 2006 [CARAMELLE] da quelle destinate a diventare una pioggia color arcobaleno al gusto di rabarbaro, genziana, violetta o menta, liquirizia o cannella, oppure ancora garofano o agrumi. Luigi Zaini possiede un piccolo laboratorio artigianale a Milano. Nel 1913 prova a fare il grande salto e avvia una produzione di tipo industriale delle sue specialità, che sono il cioccolato, il cacao e, ovviamente, le caramelle. Soprattutto quelle alla mou. Di mezzo c’è la prima guerra mondiale, e poi ce n’è una seconda in arrivo: la morte improvvisa e prematura del fondatore lascia la giovane moglie sola, e impreparata, alla guida dell’azienda. Olga, questo il suo nome, diverrà Oggi la concorrenza arriva da lontano, anche dalla DALLA “CANNA MELLIS” ALLE CHARMS, CHE STORIA! 씰 Caramelle e pastiglie, confetti e gomme da masticare: secondo i dati dell’Aidi (Associazione industrie dolciarie italiane), il comparto confetteria ha visto negli ultimi 10 anni un calo dei tradizionali prodotti con zucchero (meno 27%) e una crescita di caramelle e gomme senza zucchero. In risposta ai nuovi stili di vita, infatti, è diventata più forte la tendenza al risparmio delle calorie. L’ultima frontiera è l’oral care, la cura dei denti. 32 DICEMBRE 2006 CLUB3 Al posto dello zucchero ecco lo xilitolo, dolcificante che pare allontanare la carie. Insomma, tempi duri per la buona confetteria di tradizione. Con una produzione di 114.650 tonnellate, il comparto ha mostrato nel 2005 un lieve calo rispetto al 2004 (meno 2,1% in volume). 씰 E pensare che fin dall’antichità l’arte di masticare radici, gomme e resine appassionava greci e siriani come cinesi, arabi e maya. In origine c’erano i bastoncini di zucchero di canna diffusi in Medio Oriente, che i latini chiamavano canna mellis, da cui la parola spagnola caramel e la nostra caramella. In origine un piacere riservato a ricchi e nobili, si diffuse con la coltivazione della barbabietola da zucchero. Le industrie iniziarono a soppiantare i laboratori artigianali dalla seconda metà dell’Ottocento, ma il boom si ebbe a partire dagli anni Venti del Novecento, con un’accelerazione nel secondo dopoguerra, quando il packaging fece di questi dolcetti qualcosa da tenere in tasca o sulla scrivania. Le Charms di Alemagna furono le prime caramelle vendute alle casse dei bar. E a dispetto del nome, le gomme Brooklyn sono figlie di un’altra azienda italiana, Perfetti, leader del mercato. 씰 Tra i marchi storici, Ambrosoli e le sue caramelle al miele; Perugina e la mitica Rossana; Dufour e le gelée. Da ricordare le liquirizie dell’azienda calabrese Amarelli, memoria storica dell’industria dolciaria italiana con più di 275 anni di età. Francesca Capitani Cina, ma il prodotto italiano resiste per la qualità 씮 re di liquirizia balsamica e rinfrescante, viene venduta “al pezzo” inizialmente dai tabaccai del Nord Italia, a una clientela soprattutto di fumatori. Il suo costo è di 1 lira, tonda tonda come la sua forma, cosicché diventa un’abitudine ricevere e richiedere, al posto del resto in denaro, l’equivalente in caramelle. Gli estimatori aumentano, e ad ampliare il successo pensa anche la comunicazione, che imprime per sempre nell’immaginario collettivo il pagliaccio Sbirulino di Sandra Mondaini che regge un’enorme Golia tra le mani. Oggi, con una distribuzione che raggiunge Cina e Stati Uniti, non è cambiato in realtà nulla. Gli ingredienti sono sempre gli stessi, e la liquirizia, radice dalle virtù terapeutiche note sin dall’antichità, rimane la protagonista di questa piccola caramella che ha nome di gigante. E gigante, in altra maniera, lo è diventata davvero. Nel 1857 Giovanni Leone apre una confetteria ad Alba che diventa in breve tempo fornitrice della Casa Reale, rendendo necessario il trasferimento a Torino. Le “pastiglie Leone” diventano uniche e inconfondibili: minuscole e friabili, ricche di gusto, dalle mille sfumature color pastello. Così belle e così buone, anche solo a guardarle. Nella fabbrica, oggi, non ci sono più gli antichi crogiuoli in rame del secolo scorso, il processo artigianale si è messo al passo con i tempi, ma non sono scomparse le mani gentili di chi con accuratezza e precisione sorveglia e seleziona la produzione, separando le pastiglie difettate l’emblema della prima donna manager d’Italia, quando ancora non esistevano queste categorie, e non si abusava di termini stranieri, ma si trattava di rimboccarsi le maniche e affrontare le incognite e i problemi con coraggio, determinazione e forza di volontà. Oggi quel piccolo ex laboratorio comprende nuovi stabilimenti, ha aperto un’officina farmaceutica per la produzione delle caramelle medicinali, vende i suoi prodotti negli Usa, America del Sud, Cina e Giappone. La famiglia della signora Olga è arrivata alla terza generazione, e non ha cambiato mestiere. … e vissero felici e contente. Sono queste cinque fabbriche di caramelle della tradizione italiana che hanno saputo resistere, ingegnarsi e consolidare il successo in un mercato dove la competizione è forte (soprattutto quella che viene dalla Cina) e spesso si combatte a colpi di lanci pubblicitari, legando il marchio a personaggi di cartoon e serie televisive, più che puntando alla qualità e alla sostanza. Per fortuna, in questo caso, a vincere è proprio la tradizione, la storia, la ricerca, la sperimentazione. 왎 CLUB3 33 DICEMBRE 2006