06 agosto 2010 - Piratpartiet | Diritti digitali
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06 agosto 2010 - Piratpartiet | Diritti digitali
PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA L’Associazione Partito Pirata e il forum li trovi in rete su www.partito-pirata. it. Qui invece mettiamo a disposizione il mensile dell’associazione: www. Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali non sanno di cosa parlano di Athos Gualazzi Nonostante quanto percepiscono i nostri eletti, non si può pretendere che siano onniscenti. Si vorrebbe però che evitassero di pronunciarsi su argomenti a loro completamente sconosciuti. L’emendamento proposto dall’onorevole Cassinelli al Ddl “intercettazioni” è stato cassato e si capisce il perché visitando il blog dell’onorevole Amedeo Ciccanti (Udc), rappresentativo della maggior parte dei suoi colleghi. La proposta di Cassinelli prevedeva che, in luogo delle 48 ore concesse dalla legge per la rettifica, ai blogger venisse concessa una settimana. Le ragioni evidenti sono che un blogger utilizza la rete principalmente per esprimere una propria opinione senza vincoli temporali e, per ragioni che tutti possiamo immaginare, il blog è un impegno del tutto secondario, chi ha un lavoro e una famiglia da mantenere è costretto a disertare anche il proprio spazio per tempi a volte anche piuttosto lunghi, non essendo il blog il suo sostentamento economico ma piuttosto un contributo alla società e non sempre se ne trova il tempo. I signori onorevoli che siedono in Parlamento non dovrebbero mai dimenticare che quando parlano della Rete parlano di un mezzo di comunicazione, non già di un territorio fisico, e come tale soggetto a tutte le leggi vigenti per i mezzi di comunicazione, piratpartiet.it Su www. anonet.it si trova il progetto che stiamo sviluppando per una rete anonima o darknet. Per iscriversi alla mailing list è sufficiente inviare dal vostro account di posta una e-mail, anche priva di oggetto e contenuto a: http://ml.partito-pirata. it/cgi-bin/mailman/listinfo/ open Ecco la guerra delle macchine I di Angelo Greco .S.P. è l’acronimo di Internet Service Provider, che altro non è che il gestore della connessione ad internet, ossia le aziende che forniscono la connessione agli internauti. È sugli ISP che si sta spostando la guerra contro la pirateria. Non riuscendo a punire tutti gli utenti che scaricano abusivamente, l’industria dei contenuti vorrebbe ora costringere gli ISP a fornire i nomi dei pirati [ciascuna connessione, infatti, ha un suo numero, una “targa”, e quindi chiunque scarica è sempre e comunque rintracciabile], ora obbligarli a rallentare le connessioni, in modo da rendere meno agevole il filesharing. Negli USA, la Comcast, noto ISP, dopo aver subito una class action perché colpevole di aver rallentato, per 30 mesi, il traffico rete relativo al P2P dei propri utenti, ha posto fine alla controversia, firmando un impegno al rimborso generale. Un indennizzo simbolico, se si tiene conto che tutti i netizen che avevano stipulato il contrat- to con Comcast otterranno solo un accredito di 16 dollari sulla successiva bolletta. Si tratta comunque di un precedente che, sebbene non sfociato in una formale sentenza, consente già di tracciare una linea netta tra ciò che, secondo il comune sentire, può considerarsi lecito e non. Dall’altro lato, nella sempre più avanzata Svezia, il Partito Pirata (Piratpartiet) ha istituito il primo provider pirata. Il nuovo ISP [“Pirate ISP”], nell’ottica di promuovere le finalità ed i valori del partito (condivisione, lotta al copyright rigoroso, gratuità dell’accesso), promette di ospitare i server pirata direttamente all’interno del Parlamento svedese, per garantire l’immunità politica ai suoi responsabili. In tal modo, assicurando il completo anonimato delle comunicazioni e la qualità del servizio, il nuovo Internet Service Provider costituisce l’ultimo tassello di una strategia messa in atto diversi anni orsono per combattere il potere economico delle major. Si dichiara pronto ad affrontare le ritorsioni dell’industria dei contenuti, il Partito Pirata, che nello stesso tempo afferma di sentirsi ampiamente tutelato dalla costituzione svedese. È lo scontro epocale. Dopo le guerre per il petrolio e le scalate azionarie, così come ai tempi della rivoluzione industriale, c’è una diversa economia che, nell’emergere, sta mettendo in crisi l’establishment. Ma, a differenza del passato, in questo caso il cambiamento non parte da una nuova struttura socioeconomica, ma riguarda il disgregamento di quella precedente. E, come aveva preannunciato la pellicola di James Cameron, la guerra è condotta attraverso le macchine. Stoccolma, immunità e popolo viola di Stefano Bocconetti dovrebbero ricordare che la stampa è soggetta a leggi particolari che la tutelano e nello stesso tempo la obbligano, in ragione del suo status, a particolari doveri. È quindi illogico equiparare mezzi di comunicazione solo per i doveri e non per i diritti, inoltre va tenuta costantemente presente la differenza di professionalità fra un giornalista e un blogger: il primo è un operatore dell’informazione mentre il secondo è un cittadino che esprime un’opinione. Ulteriore riprova della assoluta incompetenza di buona parte dei nostri amministratori è quanto si legge sul blog dello stesso onorevole Ciccanti: “Tale impunità se dovesse passare trasformerebbe dopo qualche settimana i blog nel più grande ‘affare’ del web, sapendo che ognuno può, in quei siti, compiere i più impietosi atti squadristici!”. Sottolineando che nel resto dei paesi democratici non esiste nessun obbligo del genere che auspica Ciccanti e ribadendo che reati di diffamazione, calunnia ecc. ecc. sono e sono stati normalmente perseguiti nel nostro paese ben più che in altri visto che qualche giudice è arrivato a sequestrare “preventivamente” interi blog e non già il singolo articolo incriminato, ci si chiede come mai serpeggi un clima generale di ostilità, fra i nostri parlamentari, nei confronti di un mezzo di diffusione assolutamente libero e paritetico. L’impressione è di trovarci nella stessa situazione del Medio Evo quando la Santa Inquisizione osteggiava la diffusione della cultura bruciando i libri. L a notizia viene dalla Svezia – e da dove altro sennò? – ed è di qualche settimana fa. Ma forse vale la pena tornarci sopra. Per provare a riflettere su quel che le vicende di Stoccolma raccontano anche al nostro paese. Per provare a riflettere sui pirati ma anche su quel che sta attorno ai pirati. In pillole, per i pochi che non lo sapessero: qualche tempo fa il Partito Pirata Svedese, che ha già due rappresentanti in Europa e che conta di conquistarne almeno due alle prossime elezioni nazionali in programma il primo settembre, ha annunciato che diventerà provider. Ospiterà i data-base e fornirà la connessione al sito The Pirate Bay. Due “cose” che fino a ieri sono state assai distinte. Al punto che la Baia dei Pirati, alle elezioni europee dell’anno scorso, non aveva dato indicazione di votare il PiratPartiet. Da allora però sono cambiate molte cose. Anzi, meglio: da allora le cose sono andate esattamente nella direzione che volevano le major della musica e del cinema. Perché il sito, che è il più famoso tracker torrent – per farla breve: un sito che “produce” solo un lungo elenco di utenti disposti a mettere in condivisione il materiale di cui dispongono, dai film, alle canzoni, fino ai programmi – è entrato sempre più nel mirino dell’armata pro copyright. Ormai non si contano più le denunce, le sentenze, le pressioni sui governi perché chiudano i server di Pirate Bay. Sentenze, denunce, addirittura leggi varate ad hoc, che agli occhi di qualsiasi osservatore imparziale appaiono fuori da ogni logica legale: perché Pirate Bay non è responsabile dell’eventuale violazione delle leggi sul copyright da parte degli utenti. Si limita a fornire un elenco in cui c’è scritto chi possiede un file. Se sia illegale o meno quel file, non spetta al provider stabilirlo. Ma, come si sa, nella vecchia Europa non sembra più abitare la logica del diritto. Così, di fronte all’ennesimo attacco alla Baia dei Pirati, il partito svedese ha deciso di tagliare la testa al toro: e ha offerto di diventare esso stesso provider. Il Piratpartiet ospiterà sui propri computer, sui propri server la Baia dei Pirati. Di più: se il partito svedese supererà la soglia di sbarramento e conquisterà una rappresentanza - come dicono tutti i sondaggi - tutto ciò lo farà dal Parlamento di Stoccolma. Utilizzerà, insomma, le strutture che vengono messe a disposizione di tutti i gruppi parlamentari da parte dello Stato. E nessuno potrà obiettare nulla. Perché il partito dei pirati svedesi a quel punto potrà godere dell’immunità. Il sito farà parte della sua attività politica e non ci sarà giudice che possa metterci becco (se non attraverso una lunga e complicata procedura). Fin qui i fatti, conosciuti. Resta da riflettere sulla scelta di quello strumento: l’immunità. Che, invece, a tremila chilometri di distanza da Stoccolma, cioè dalle nostre parti, viene vissuta come un’orribile parola. Quasi come un’offesa alla democrazia. E viene da riflettere, forse, sul fatto che qui in Italia, un po’ troppo spesso i pirati, e altre associazioni a difesa delle libertà digitali, si sono fatti trascinare in battaglie di retroguardia. A fianco dei girotondini o del popolo viola. Perché, certo, in Italia l’”immunità” ha dovuto subire, e subisce, la variante berlusconiana, che si traduce nell’impunità. E questo lo sappiamo. Ma non credo che si possa derogare ai principi in nome di una tattica politica: come tanti di noi voglio che questo governo se ne vada (e detto fra parentesi voglio che sia cacciato dalla “politica”, non dai giudici). Ma ugualmente voglio che l’immunità parlamentare sia estesa. Il più possibile. Voglio che tuteli chi lotta, chi fa le battaglie (come i pirati svedesi). Voglio che i parlamentari, i consiglieri regionali che impediscono gli sgomberi, che bloccano le violenze della polizia (come a Castel Volturno) siano “protetti” dalle leggi. Esattamente come all’inizio del secolo scorso, quando le norme impedivano che i Parlamenti nazionali cacciassero i deputati operai, i deputati lavoratori, “colpevoli” magari solo di aver scioperato. Non voglio Berlusconi, ma non voglio neanche le urla qualunquiste del popolo viola. Ce lo insegna il PiratPartiet.