01 novembre 2013 Somalia, professione pirata

Transcript

01 novembre 2013 Somalia, professione pirata
Somalia, professione pirata
31 nov. 2013
Somalia è sinonimo di caos. Terra di tutti e di nessuno, integralisti islamici, signori della
guerra, agricoltori e business man. Il business-man somalo svolge la propria attività
imprenditoriale nei settori maggiormente proficui dell’ anarchica economia del Paese.
I campi maggiormente sviluppati sono lo smaltimento di rifiuti tossici e nucleari, lo scarto
cioè delle lavorazioni delle economie del primo e secondo mondo, il traffico d’armi e la
pirateria internazionale. Tuttavia, non sono da sottovalutare il traffico di droga ed il
settore delle telecomunicazioni. Inspiegabilmente, il Paese risulta infatti possedere il
secondo sistema di comunicazione più sviluppato dell’intero continente africano.
Comunque, il business emergente di questi ultimi anni risulta essere proprio la pirateria
internazionale, capace di produrre capitali di centinaia di milioni di dollari. Il fenomeno
prese avvio all’inizio degli anni novanta quando scoppiò la guerra civile, dove la reiterata
latitanza dell’autorità centrale ne favorì lo sviluppo anno dopo anno. Chiaramente i
pescatori somali furono i primi ad “investire” nel business della pirateria.
Dapprima, il loro principale interesse fu quello di far rispettare il confine delle acque
territoriali da sconfinamenti non autorizzati da parte del naviglio straniero. Successivamente
ad essi si unirono le milizie armate e le raffinate menti dei business man, formatesi
nelle più prestigiose facoltà anglosassoni, per ridare nuova vita al più antico reato a
carattere internazionale. Infatti, non tutti sanno che la pirateria è stato il primo crimine
della Storia per cui fu prevista la giurisdizione universale.
Scordatevi il comune stereotipo di pirata ottocentesco munito di bandana, benda
sull’occhio, orecchini, tatuaggi e sciabola. Secondo l’organizzazione East African Seafarers
Association operano in Somalia almeno cinque bande armate, ciascuna composta da mille
pirati armati di tutto punto. Per ognuno di loro, fucili mitragliatori ak 47, lanciarazzi Rpg,
lanciagranate made in Usa e sistemi di navigazione satellitare che permettono la
navigazione assistita su ogni superficie marina.
La tattica è molto semplice e, per questo, molto efficace. Solitamente i pirati prendono
posizione in prossimità delle rotte commerciali maggiormente battute dell’Oceano Indiano.
La flottiglia pirata si compone da pescherecci o barche di simili dimensioni, le quali trainano
barchini leggeri e veloci da utilizzare per l’assalto. Una volta individuata la preda,
attaccano alle prime luci dell’alba.
I barchini si sganciano dalle imbarcazioni “madri” e percorrono a tutta velocità il tratto di
mare che li separa dal loro obiettivo. Giunti in prossimità della nave, conducono l’attacco
sulle “murate” – fiancate – oppure a poppa. Sparano colpi d’arma da fuoco di piccolo
calibro per intimorire il ponte di comando e far rallentare la marcia in modo da poter
utilizzare le scale pieghevoli per salire a bordo. Una volta a bordo raggiungono il ponte di
comando dove, con l’uso delle armi e della forza, si impadroniscono del natante ordinando
al comandante di fare rotta verso il porto somalo a loro più sicuro.
I fattori che hanno determinato il crollo dei sequestri del naviglio straniero sono legati alle
contromisure adottate dagli armatori e dagli Organismi internazionali per fronteggiare la
reale minaccia che si cela sulle superfici più profonde dell’Oceano Indiano. Infatti, i
comandanti dei mercantili e delle navi passeggeri sono stati istruiti sulle manovre evasive
da adottare nel caso in cui si trovassero sotto attacco pirata. Come un’andatura a “zig-zag”,
utilizzo di idranti ad alta pressione, macchine a tutta velocità ed immediata
comunicazione di soccorso sul canale delle emergenze. Nato ed Unione Europea danno
luogo a continue operazioni di pattugliamento delle acque di fronte al Corno D’Africa al
fine di prevenire ed intervenire nel caso in cui qualche temerario non volesse desistere
dall’attacco. I pirati catturati da navi da guerra appartenenti agli Stati Uniti, Gran Bretagna
o Ue vengono trasferiti in Kenya dove saranno sottoposti a processo e detenzione mentre,
per le navi da guerra di altra nazionalità, il processo e la detenzione dovrà avvenire nel
Paese di appartenenza delle nave militare che ha effettuato l’arresto
Gli ultimi dati confermano l’efficacia delle attività navali congiunte e il quasi
annientamento del fenomeno. Si è passati da centosettantasei attacchi nel 2011 ai
trentacinque del 2012 mentre, nel corso del 2013, sono stati solo tre i tentativi sventati.
Inoltre, dal 2011, il Parlamento italiano ha approvato la costituzione di nuclei armati di
protezione di natura militare, inquadrati nel 2° Reggimento San Marco, da imbarcare su
navi mercantili o passeggeri operanti nelle acque internazionali in funzione anti-pirateria.
Nel 2013 il fenomeno della pirateria sembrerebbe essere stato debellato. I business man
dovranno ricorrere a nuove strategie, investire in nuove tecnologie e in nuovi mezzi se
intenderanno perseverare nel settore. Unica certezza è che i fondi a cui attingere non
mancheranno avendo in questi anni capitalizzato un profitto di trecento milioni di dollari in
riscatti pagati dagli armatori.
Ora, i business man sono in attesa che gli armatori, per risparmiare, allentino i sistemi di
sicurezza e che le task force congiunte militari operanti nelle acque somale riducano la
frequenza d’intervento. Buccaneer, Savina Caylyn, Rosalia D’Amato e Enrico Ievoli sono i
nomi delle navi italiane sequestrate in questi ultimi anni dai pirati somali. Non ci è dato
sapere se saranno le ultime vittime di questa professione visto che, come detto, rimane pur
sempre una tra le più prolifiche del Corno D’Africa.
Sono stati comunque numerosi gli episodi di mercantili attaccati e sequestrati dai pirati al
fine di ottenere il riscatto dall’armatore. Quello più eclatante fu il sequestro della nave
portacontainer Maersk Alabama e del suo Comandante Richard Phillips la cui storia, è
proiettata nelle sale italiane con il film Captain Phillips – Attacco in mare aperto.