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Navigando sulle orme invisibili di Paolo…
Naufragando tra riflessioni e interrogativi.
Testo di don Romano Matrone
O Signore, Signore nostro…
Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi.
Il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio
Di gloria e di onore lo hai coronato. (Sal 8,1.5-6)
Cosi si interroga il salmista, estasiato di fronte al capolavoro di Dio: l’uomo.
Che contrasto con questa riflessione sull’uomo, il grido di Paolo: «Me infelice! Chi
mi libererà da questo corpo di morte?» (Rom 7,24)
Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza. …e cosi
avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona (Gen 1,26.31 )
L’uomo, immagine di Dio?
L’esperienza di oggi, la storia di millenni, ci presenta molte volte un altro tipo di
immagine: brutta.
L’uomo deturpa, violentemente, questo disegno di Dio che lo vuole a Lui
somigliante:
l’uomo si fa sapiente, Dio stolto,
l’uomo libero, Dio servo
l’uomo si gonfia, Dio si svuota
l’uomo forte, Dio debole.
(Rom 11,13; 1Co. 1,17-25; 3, 18-20; 13,4; 4, 18-19; Fil 2,8).
Più che come immagine di Dio, l’uomo di oggi sembra volersi affermare, con più
decisione del vecchio Adamo, come l’immagine proteica del “superuomo” che
costruisce “Torri di Babele” per soppiantare Dio, per cacciarLo dalla sua vita: nel cuore
di ogni stolto, risuona il “Via! Via! Crocifiggilo” (Gv 19,15) contro Colui che, unico,
lo ama.
----La sapienza dell’uomo è stoltezza, la stoltezza di Dio è sapienza.
L’uomo si condisce la vita con un sale che non dà sapore, Dio ci chiama alla felicità
attraverso la stoltezza del Kerigma: Cristo crocifisso si è fatto peccato per noi e ci dona
il suo Spirito: l’amore.
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È l’amore di Dio che dà il vero sapore alla vita: chi fugge dalla croce si tuffa nella
menzogna, nel non senso, nel buio che ti perde. Che riflessione sprizza fuori dal cuore
di Paolo: ciò che è stolto per il mondo Dio lo ha scelto per confondere i sapienti.
L’uomo, oggi, considera stoltezza una sofferenza prolungata, un male incurabile; la
croce, segno dell’amore di Dio per noi, non senso, tragedia abnorme.
Nessuno ha sofferto come Paolo: fatiche, prigionie, percosse, pericoli di morte. Cinque
volte flagellato, tre volte battuto con le verghe, una volta lapidato, tre volte naufragato,
un giorno e una notte in balia delle onde; pericoli sul mare, pericoli dai fratelli, fame,
sete (cfr. 2Cor 11).
Tutta questa sofferenza, si fa sintesi di sapienza nella confessione: «Non voglio saper
altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e Cristo crocifisso» (1Cor 2,2).
------«Cristo ci ha liberati per la libertà»
L’uomo oggi cerca una libertà politica, sociale, di non ascolto; una libertà dalla legge,
dagli altri; una libertà personale che è disporre di sé per sé: insomma, sempre una
libertà con aggettivi, mai una libertà in sé e per sé, una libertà assoluta.
«Cristo ci ha liberati, per la libertà» (Gal 5,1).
Adamo nella disobbedienza cerca di liberarsi e diventa schiavo: immagine falsa di
libertà.
Cristo, il nuovo Adamo, nella sua obbedienza diventa veramente libero: «Padre non
quello che io voglio ma quello che tu vuoi» (Mc 14,36).
Il vecchio Adamo nel soddisfare sé stesso, perde l’immagine di quello che è.
Il nuovo Adamo, buttandosi nel Padre, «nelle tue mani consegno lo Spirito» (Lc 23,46),
diventa il Kyrios, il Signore, l’Adonai.
Colui che si è fatto servo, diventa libero per davvero.
-----«Non vi gonfiate d’orgoglio» (1Cor 4,6)
Che cosa possiedi che non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto perché te ne vanti, come
se non l’avessi ricevuto?
Il gonfiarsi d’orgoglio è rubare a Dio e ai fratelli.
Sei gonfio d’orgoglio? Ma dimmi che cosa veramente sai fare? (1Cor 4,19).
Sai amare chi è diverso da te? Sai dare la vita al tuo nemico? Sai perdonare a chi ti ha
fatto del male? Ti metti ai piedi di chi ami, per testimoniare la tua riconoscenza? Sai
considerare l’altro superiore a te?
No? Allora in te non c’è l’immagine di Dio, del Figlio suo, ma del signore delle tenebre,
del padre della menzogna!
Paolo ci esorta ad avere gli «stessi sentimenti di Cristo Gesù: Egli, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso,
assumendo una condizione di servo» (Fil 2,5).
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Chi ha il cuore pieno di sé ha un cuore vuoto d’amore; chi ha un cuore vuoto di sé ha un
cuore con gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: vive per te.
«La carità non si gonfia d’orgoglio» (1Cor 13,4).
---«Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini… Ciò che è debole per il mondo,
Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1Cor 1, 25.27).
Tu invece dici: sono ricco, non ho bisogno di niente e di nessuno: eppure Dio Padre,
nel suo Figlio Gesù Cristo, ha rivelato il debole per eccellenza: ha bisogno di tutto. Ha
fame di te. Ha sete di te: è così debole che non ha le cose fondamentali per vivere.
Questo debole è stato costituito Signore e Paolo, fedele discepolo, si fa debole con i
deboli, e si vanta delle sue debolezze (2Cor 11,29).
E di fronte ad una esperienza di sofferenza che gli ha minato il corpo e lo spirito, dirà
con fermezza:
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di
Cristo». Anzi ancora di più: «Mi compiaccio nelle mie debolezze» (2Cor 12,9-10).
Il mondo ci ha educato, ingannandoci, ad essere “super”, uomini da applausi, e non
abbiamo il coraggio di guardarci allo specchio; vogliamo solo sentirci forti
dell’esaltazione idolatrica degli altri, siamo disposti anche a rendere culto, come
Israele, agli idoli dei popoli vicini: religiosità, libertarismo, demonismo, pozioni,
magie, purché ci assicurino potere e stima. Siamo disposti anche a pagare, purché il
Signore ci tolga la “spina dal fianco“, quella spina che ci umilia e ci fa sentire deboli.
Non vogliamo sentire quello che ha sentito Paolo, al culmine della sua debolezza: «Ti
basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor
12,9). «Quando sono debole è allora che sono forte» (2Cor 12.10).
-----Navigando, in questa crociera, sulle orme invisibili di Paolo, abbiamo cominciato a
sperimentare il naufragio di tante certezze umane e l’affermarsi di una rotta sicura tra i
marosi della vita, la stella polare che ci conduce alle profondità del nostro essere, là
dove riscopriamo la vera immagine di noi stessi: Cristo. «Diventate miei imitatori,
come io lo sono di Cristo» (1Cor 11,1).
«Perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue
sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla
risurrezione dai morti» ( Fil 3,10-11).
Conformarsi a Cristo, diventare Cristo, dall’io al tu, questa è la vera immagine di Dio in
noi..
Racconta un midrash: «Un uomo bussa alla porta dell’amata. L’amata gli chiede dal di
dentro: chi sei? L’uomo risponde: sono io. L’amata replica allora: Vattene! Non è
giunto per te ancora il momento di entrare. Dopo viaggi estenuanti per mare e per terra,
l’uomo bruciato da un fuoco interiore, ritorna e bussa alla porta dell’amata che chiede:
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chi è alla porta?. E l’uomo risponde: sono tu! E l’amata risponde: Adesso che sei me,
puoi entrare».
Don Romano Matrone
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