AUTORE SCONOSCIUTO, Lo Spirito Santo in San

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AUTORE SCONOSCIUTO, Lo Spirito Santo in San
LO SPIRITO SANTO IN S. PAOLO
Parlare dello Spirito Santo in S. Paolo significa affrontare uno dei temi più
centrali e complessi della teologia paolina1. Paolo, infatti, parla frequentemente dello
Spirito e lo pensa come una persona che agisce nella storia della salvezza, nella vita
della Chiesa e in quella di ciascun credente. In tal senso, l’epistolario paolino non ci
offre una nozione dello Spirito, ma un’esperienza dello Spirito che investe sia l’agire
di Dio che l’agire di Cristo e dell’uomo in vista della realizzazione piena della
salvezza. Ciò spiega non solo l’abbondanza di titoli attribuiti allo Spirito Santo, ma
anche la variopinta diversità delle manifestazioni carismatiche che nella forza dello
Spirito operano all’interno delle comunità ecclesiali paoline: glossolalia, profezia,
carismi dell’apostolato e della vita cristiana in genere. Tutto scaturisce dallo Spirito e
tutto riceve forma da lui, ma è la forma dell’amore (Gal 5,22), che non chiude nulla
in schemi fissi, ma tutto rinnova, apre alla libertà, tutto “edifica” in unità. Proprio per
questo, lo Spirito è la forza salvifica del presente che va verso il suo compimento e
verso la “vita eterna” (Gal 6,8) e il Regno di Dio (5,21). La salvezza è presente,
perché abbiamo ricevuto lo Spirito (Gal 3,2.5), “caparra” e “primizia” della nostra
comunione piena con Cristo e in lui con il Padre.
1) La nozione di Spirito nelle lettere paoline
A causa di tale complessità e anche per rispettare il pensiero esperienziale di
Paolo sullo Spirito, mi sembra bene incominciare proprio dalla ricca terminologia
che egli usa lungo il suo epistolario2. In esso, Paolo usa 1393 volte il termine
pneuma, ma con esso non sempre indica lo Spirito divino (senso teologico), ma a
volte lo usa nel suo senso proprio di “alito” o nel senso metaforico dinamico per
indicare un modo di agire particolare, o nel senso antropologico, per indicare la parte
più intima e costitutiva dell’uomo: la sua coscienza e i suoi sentimenti. Ciò è molto
significativo da molti punti di vista: 1º) perché le 140 ricorrenze paoline del termine
pneuma rappresentano più di un terzo delle 379 ricorrenze del NT: Paolo è in
1
La bibliografia è certamente molto vasta. Cito solo le opere di cui mi sono servito
direttamente: H. Kleinknecht - F. Baumgärtel - W. Bieder - E. Sjöberg - E. Schweizer, pneu'm a,
pneumatikov", GLNT, X, 767-1099; O. Kuss, “Lo Spirito”, in La lettera ai Romani, II, Brescia 1969,
118-169; H. Schlier, Linee fondamentali di una teologia paolina, Brescia 1985, 151-183; R.
Bultmann, Teologia del Nuovo Testamento, Brescia 1985, 152-162; AA.VV., “Saint Esprit”, DBS,
fascicolo 60-61, Paris 1986, 126-323; P. W. Meyer, “The Holy Spirit in the Pauline Letters, A
Contestual Exploration”, Interpretation 33 (1979) 3-18; D. G. Dawe, “- W. Bieder - E. Sjöberg, “The
Divinity of the Holy Spirit”, Interpretation 33 (1979) 19-31; A. Curry Winn, “The Holy Spirit and
Christian Life”, Interpretation 33 (1979) 47-57; T. Paige, “Holy Spirit”, in G. G. Hawthorne - R. P.
Martin – D. G. Reid (edd.), Dictionary of Paul and His Letters, Downers Grove – Leicester 1993,
404-413.
2
Esso, per me, comprende non solo le cosiddette “7 lettere autentiche”, ma anche la
2Tessalonicesi, Efesini e Colossesi. Per la mia posizione a riguardo cfr A. M. Buscemi, San Paolo.
Vita, opera e messaggio (SBF Analecta 43), Jerusalem1996, 12-14; 244-246; 249-252; A. M.
Buscemi, “Che cosa si sa attualmente di Paolo”, Credere oggi 143 (2004) 6-10.
3
Per questa statistica e altre, mi sono servito di Accordance. Software for Biblical Studies,
prodotto da The Gramcord Institute, Vancouver, Washington, diretto da P. A. Miller. Nella letteratura
paolina, che comprende anche le Pastorali, il termine pneuma ricorre 146 volte, mentre nelle
cosiddette “7 lettere autentiche” ricorre 120 volte.
2
assoluto colui che parla più di tutti dello “spirito” sia in senso antropologico che
teologico4; 2º) perché Paolo parla dello “spirito” non in maniera astratta o
sistematica, ma con l’entusiasmo carismatico di chi vive in se stesso e all’interno
della sua comunità una realtà che gli dà vita e energia per “edificare” secondo il
progetto salvifico di Dio e portare a compimento mediante la fede e la speranza (Gal
5,5) l’opera redentrice e giustificatrice di Cristo in noi.
a) Senso proprio e metaforico
In 2Tess 2,8 si registra l’unico caso in cui Paolo usa il termine pneuma in senso
proprio: “Solo allora sarà rivelato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il
soffio (pneuma) della sua bocca”. Il senso si avvicina a quello di Gv 3,8: “il vento
(pneuma) soffia dove vuole”, ma ancor di più all’evento di Pentecoste di At 2,2, in
cui lo Spirito è rappresentato come “un vento impetuoso (pnohv)” che riempì il luogo
dove erano radunati gli apostoli e li colmò della sua potenza. In tal senso, il “soffio
della bocca di Gesù” sarà come un vento gagliardo, un turbine che spazzerà via e
distruggerà l’empio. Il senso metaforico, invece, lo troviamo più spesso in certe
espressioni come: “in spirito di mansuetudine” (1Cor 4,21; Gal 6,1)5, “ricevere uno
spirito di schiavitù o di adozione” (Rom 8,15)6, “avere uno stesso spirito di fede”
(2Cor 4,13), “dare uno spirito di sapienza e di rivelazione” (Ef 1,17). È chiaro che in
queste frasi, il senso è quello di “atteggiamento, disposizione di animo”7, improntata
alla mansuetudine, al vivere da figli, ad una fede profonda, ad un’apertura alla
sapienza e rivelazione che proviene da Dio. Ancora in senso metaforico, mi sembra
che debbano essere interpretati Fil 1,27: “(sento dire di voi che) rimanete in un solo
spirito8, e che unanimi lottate per la fede del vangelo”, come anche 1Cor 2,12, dove
Paolo oppone “lo spirito del mondo” “allo spirito che viene da Dio”9. In entrambi i
4
Per una simile divisione cfr anche B. Corsani, “«Pneuma» nell’evangelo di Luca, in Rivista
di storia e letteratura religiosa 5 (1969) 229-255.
5
Per tale interpretazione di Gal 6,1 cfr A. M. Buscemi, Lettera ai Galati. Commentario
esegetico (SBF Analecta 63), Jerusalem 2004 576-577.
6
Mi sembra strano interpretare il termine “spirito” in un’espressione alternativa una volta con
senso metaforico: “uno spirito di schiavitù” e la seconda volta con senso teologico: “uno Spirito di
figliolanza” (cfr per esempio H. Schlier, La Lettera ai Romani, Brescia 1982, 417-420; S. Légasse,
L’epistola di Paolo ai Romani, Brescia 2004, 390-392). Nessuno nega che lo “spirito di adozione”, di
cui siamo investiti, sia opera di Dio mediante lo Spirito, ma neppure bisogna confondere i due livelli:
quello metaforico con quello teologico-personale (cfr M.-J. Lagrange, Saint Paul. Épître aux
Romains, Paris 1950, 202; S. Cipriani, Le lettere di Paolo, Assisi 1968, 447). D’altra parte,
un’interpretazione personale teologica di pneu'ma è esclusa da Rom 8,16: “Lo Spirito stesso attesta al
nostro spirito che noi siamo figli di Dio”. Infatti, non si può interpretare questo versetto come se
significasse che lo Spirito stesso di Dio attesta allo Spirito che ci ha dato la figliolanza che siamo figli
di Dio. Non ci sarebbe stato bisogno di tale testimonianza.
7
Un altro caso si trova in Rom 11,8, dove Paolo cita Is 29,10: Dio diede ad Israele “uno
spirito di stordimento, occhi per non vedere, orecchi per non ascoltare, fino al giorno d’oggi”.
8
Sull’interpretazione di pneu'm a in Fil 1,27 cfr G. F. Hawthorne, Philippians (WBC 43), Waco
(Texas) 1983, 56-57; P. T. O’Brien, Commentary on Philippians (NIGTC), Grand Rapids 1991, 69;
B. B. Thurston – J. M. Ryan, Philippians & Philemon (Sacra Pagina 10), Collegeville 2005, 69.
9
Bisogna riconoscere che molti esegeti (Barbaglio, Collins, Fee) qui sono in dubbio e
propendono per il senso teologico del termine. La frase, anche qui posta in forte antitesi, non permette
a mio parere un cambio repentino dal senso metaforico a quello teologico, tanto meno si può
3
casi, indica il modo di pensare, di agire e di sentire: nel primo caso Paolo esorta i
suoi fedeli a vivere in maniera concorde nella comunità, nel secondo caso ricorda ad
essi che la loro vita non può essere dominata da un modo di vivere secondo il
mondo, ma di vivere secondo quello spirito che proviene da Dio. È chiaro che in tutti
questi esempi si può ravvisare, e probabilmente Paolo lo pensa, l’operare dello
Spirito nell’animo del credente, ma ciò è un pensiero riflesso, dedotto in base al
contesto; immediatamente quelle espressioni hanno un senso metaforico che
scaturisce volta per volta dal genitivo qualificativo, possessivo o oggettivo indiretto,
che si aggiunge al termine pneuma.
b) senso antropologico
Molto vicino a questo senso è quello antropologico, con cui Paolo può indicare
l’uomo intero nella sua dimensione più profonda e spirituale o lo “spirito” come sua
parte costitutiva10. Così, nel primo senso vanno i testi di 1Cor 5,3-4: “io, assente con
il corpo, ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che
ha compiuto tale azione: nel nome del Signore Gesù, essendo radunati insieme voi e
il mio spirito, con il potere del Signore Gesù, questo individuo sia consegnato a
Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza
nel giorno del Signore”. È chiaro che in tutte e tre i casi Paolo vuole indicare il
nucleo intimo della persona umana: il suo e quello dell’incestuoso. Così, anche in
1Cor 2,11, stabilendo un parallelo tra “lo Spirito di Dio” e lo “spirito dell’uomo”,
può scrivere: “Chi conosce i segreti dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in
lui”, descrivendo così la coscienza che l’uomo ha di se stesso11. Ancor più
chiaramente in Rom 1,9: “Mi è testimonio Iddio, al quale servo nel mio spirito”12 o
Rom 8,16: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”13.
Tale “spirito” può soffrire l’inquietudine (2Cor 2,13) o può ritrovare la pace (1Cor
16,18; 2Cor 7,13), proprio per questo Paolo augura ai suoi fratelli/figli che “la grazia
del Signore sia con il vostro spirito, fratelli” (Gal 6,18; Fil 4,23; Fm 25)14.
interpretare il termine kovsmo" come un’entità diabolica in contrasto con Dio, ma in entrambi i casi mi
sembra che il termine pneu'ma mantiene il suo senso metaforico di “atteggiamento, disposizione
d’animo”, che si fa influenzare dall’ambiente mondano che lo circonda o si fa dirigere dallo Spirito di
Dio (cfr anche A. C. Thiselton, The First Epistle to the Corinthians (NIGTC, Carlisle 2000, 261-263).
10
Cfr Kuss, “Lo Spirito”, 118-119.
11
Kuss, “Lo Spirito”, 119; G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi (Scritti delle origini
cristiane 16), Bologna 1995, 175 nota 311.
12
Così anche Schlier, Romani, 83; Légasse, Romani, 47-48; Penna, Romani, 113-114.
13
Lagrange, Romains, 202; Schlier, Romani, 420-421, anche se con molta ambiguità; Légasse,
Romani, 393;
14
Per l’origine del saluto cristiano di “grazia e pace” nelle lettere e nella liturgia cristiana cfr A.
Pujol, “De salutatione apostolica ‘gratia vobis et pax’”, VD 12 (1932) 38-40.76-82; E. Lohmeyer,
“Probleme paulinischer Theologie: I. Briefliche Grussüberschriften”, ZNW 26 (1927) 158-173
(l’articolo, in verità, riguarda il “praescriptum” delle lettere paoline, ma alcune osservazioni sui
termini “grazia” e “pace” valgono anche per il “postscriptum” delle sue lettere); A. Pitta, Sinossi
paolina. Le lettere di san Paolo in una nuova traduzione ordinate per temi (Universo Teologia 31),
Cinisello Balsamo 1994, 305-315.
4
A volte Paolo con pneuma indica una parte dell’uomo. Così, in 1Cor 7,34: “La
donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere
santa nel corpo e nello spirito”15; in 2Cor 7,1: “In possesso di queste promesse
purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito”; in 1Tess 5,23: “Il Dio
della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro: spirito, anima
e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Non
credo che Paolo in questi testi abbia accettato una visione dicotomica o tricotomica
dell’uomo16. Egli vuole soltanto dire che tutto l’uomo deve purificarsi, sia
internamente sia esternamente, perché tutto il suo essere deve piacere al Signore ed
essere pronto in vista del suo avvento glorioso. Paolo è alieno da tali sottigliezze
filosofiche, come dimostrano il testo di 1Cor 14,14-15: “Quando prego con il dono
delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente resta senza frutto. Che fare
dunque? Pregherò con il mio spirito, ma pregherò anche con la mia mente, canterò
con lo spirito, ma anche canterò anche con la mente”17 e quello di Ef 4,23-24 che
riunisce i due termini del paragone: “Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e
rivestitevi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità”. Per
tale purificazione intima i credenti debbono possedere il “discernimento degli
spiriti”18 (1Cor 12,10; cfr 2Tess 2,2), per essere sottomessi agli “spiriti dei profeti”
(1Cor 14,32) e, poiché sono zelanti dei doni dello Spirito (lett. degli spiriti), cercare
di abbondare in essi per l’edificazione della Chiesa (1Cor 14,12).
e) senso teologico
Paolo, però, per lo più usa il termine pneuma in senso teologico19, per indicare lo
“Spirito divino”, sia esso inteso come una forza dinamica proveniente da Dio, sia
come una persona divina che agisce e porta al compimento e alla perfezione l’opera
voluta da Padre e realizzata nella pienezza del tempo dal Figlio.
A tale riguardo, ciò che più impressiona nell’epistolario paolino è la ricchezza e
varietà di denominazioni di tale Spirito divino. Egli viene indicato spesso come “lo
Spirito” (Gal 3,2.3.5.14; 2Cor 2,4; 1Tess 5,9), e più precisamente “Spirito Santo”
15
Su questo testo è bene tener conto delle precisazioni di Barbaglio, La prima lettera ai
Corinzi, 361 nota 145, in cui pone bene in rilievo che l’espressione “corpo e spirito” indica la totalità
dell’essere umano.
16
B. Rigaux, Saint Paul. Les Épîtres aux Thessaloniciens (ÉB), Paris 1956, 596-600 (con un
ottimo excursus sulle opinioni riguardo a 1Tess 5,23); P. Iovino, La prima lettera ai Tessalonicesi
(Scritti delle origini cristiane 13), Bologna 1992, 284-287.
17
È chiaro che si tratta dello «spirito umano» investito dal carisma della glossolalia (cfr
Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 747-748; cfr anche M. A. Chevalier, Esprit de Dieu, Paroles
d’homme. Le rôle de l’esprit dans le ministères de la parole selon l’apôtre Paul, Neuchâtel 1966,
139-213.
18
Sul discernimento degli spiriti cfr in generale G. Therrien, Le discernement dans les écrits
pauliniens (ÉB), Paris 1973; e per 1Cor 12,10 G. Dautzenberg, “Zum religionsgeschichtlichen
Hintergrund der diakrisis pneumaton (1Kor 12,10)”, BZ 15 (1971) 93-104; la critica di W. A.
Grudem, The Gift of Prophecy in 1 Corinthians, Washington 1982, 263-288; e le precisazioni di Kuss,
“Lo Spirito”, 130-131; G. D. Fee, The First Epistle to the Corinthians (NICNT 4), Grand Rapids
1987, 596-597; Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 655-657.
19
Kuss, “Lo Spirito”, 121-169.
5
(Rom 5,5; 9,1; 14,17; 15,13.16; 1Cor 12,3; 2Cor 6,6; 1Tess 1,5.6) o “lo Spirito
Santo” (1Cor 6,19; 2Cor 13,13; Ef 1,13). Egli è “lo Spirito di Dio” (1Cor 2,11.14;
3,16; 6,11; 7,40; 12,3; 2Cor 3,3; Rom 8,9.14; Fil 3,3), “il suo Spirito santo” (1Tess
4,8; cfr Ef 3,16; 4,30), “lo Spirito che (proviene) da Dio” (1Cor 2,12), “lo Spirito che
ha risuscitato Gesù dai morti” (Rom 8,11). Ma esso è anche “lo Spirito di Cristo”
(Rom 8,9 [senza art.]; Fil 1,19), “lo Spirito del Figlio suo” (Gal 4,6), “lo Spirito del
Signore” (2Cor 3,17) e Cristo è “il Signore dello Spirito” (2Cor 3,18). Egli è “Spirito
di santificazione” (Rom 1,4)20, “Spirito di vita” (Rom 8,2), “Spirito di figliolanza”
(Rom 8,15), dove il genitivo lo si può interpretare anche come oggettivo.
Altro fatto abbastanza interessante da osservare nell’epistolario paolino, riguardo
all’uso del termine pneuma, mi sembra quello della “concentrazione”. È un
fenomeno che possiamo osservare molto bene attraverso una concordanza statistica.
Rom
1Cor
2Cor
Gal
Ef
Fil
Col
1Tess
2Tess
Fm
34
40
17
18
14
5
2
5
3
1
Se si tiene conto dell’ampiezza di ciascuna lettera, bisogna dire che la maggiore
concentrazione di ricorrenze si trova in Gal e in Ef, a cui seguono 1Cor, Rom e 2Cor.
Ma ciò non basta, perché all’interno di ciascuna lettera, vi è una concentrazione
particolare di tali ricorrenze. Così in Rom 8 il termine pneuma lo si trova 21 volte,
poco meno di due terzi delle 34 ricorrenze di tutta la lettera; sulle 40 ricorrenze di
1Cor, 8 si trovano in 1Cor 2,10-14 e 12 in 1Cor 12,3-13; nella 2Cor su 17 ricorrenze,
7 si trovano in 2Cor 3,3-18; in Gal su 18 ricorrenze 10 si trovano in Gal 5,1-6,10,
inoltre non si trova alcuna ricorrenza di pneuma nei primi due capitoli di questa
lettera. Non sempre è facile individuare il motivo di tale concentrazione. Così, per
esempio, l’insistenza in Rom 8 vuole mettere in evidenza il ruolo determinante dello
Spirito nella vita del cristiano; allo stesso modo Gal 5,1-6,10, la parenesi paolina
della Lettera ai Galati, rimarca il ruolo-guida dello Spirito nella condotta morale del
credente. Il testo di 1Cor 2,10-14, una digressione dottrinale, vuole porre in rilievo il
ruolo dello Spirito nella “rivelazione della sapienza divina”, mentre 1Cor 12,3-13 è
una presentazione dei “carismi” che lo Spirito produce nella comunità. 2Cor 3,3-18
vuol mostrare la grandezza del ministero apostolico della nuova alleanza, il quale,
perché comunicato per opera dello Spirito, viene denominato da Paolo come il
“ministero dello Spirito” (1Cor 3,8).
Altro fenomeno interessante da dover rilevare mi sembra la preferenza di Paolo
rispetto alla LXX circa la denominazione dello “spirito” come “spirito divino”. La
LXX usa 4 volte l’aggettivo theios (= divino) per qualificare il pneuma. Paolo non
usa mai questo aggettivo, mentre preferisce il genitivo possessivo o di appartenenza:
“di Dio”, che a mio parere specifica meglio la natura divina dello “spirito” sia che
esso venga inteso come una “forza emanante da Dio” o una personificazione di essa
o una persona divina. Tale “spirito”, proprio perché proveniente da Dio, è “santo”,
cioè porta in sé la caratteristica essenziale della natura divina: la santità e il thelema
20 Sul senso di quest’espressione cfr B. Schneider, “Kata; Pneu'ma ÔAgiwsuvnh" (Romans
1,4)”, Bib 48 (1967) 359-387; Kuss, “Lo Spirito”, 153-154.
6
di Dio: “siate santi, perché io sono santo” (cfr Lev 19,1-2; 1Tess 4,3). Per questo
viene chiamato in Rom 1,4: “lo Spirito di santificazione”, perché esso comunica a
noi la santità di Dio21. Egli scende su Cristo e “lo costituisce con potenza Figlio di
Dio secondo lo Spirito di santificazione”, perché in Cristo deve essere manifestato
con potenza e realizzato per noi il piano di santità di Dio, che è sapienza,
giustificazione, santificazione, redenzione (1Cor 1,30) e inoltre nel Cristo noi
possiamo divenire “figli nel Figlio” (Gal 4,4-7)22. Così, lo Spirito di Dio, che è anche
lo Spirito di Cristo, apre la nostra esistenza ad una dimensione diversa da quella
naturale e ci immette nella vita stessa di Cristo. In lui e nella potenza dello Spirito, ci
viene aperto uno spazio vitale nuovo: la nostra esistenza, trasformata dall’azione
redentrice del Cristo e condotta dall’azione santificatrice dello Spirito, diviene una
“nuova creazione”, vissuta nella speranza che attende la pienezza della
giustificazione (Gal 5,5) e nella fede agente per mezzo della carità (Gal 5,6), frutto
dello Spirito (Gal 5,22) per la vita eterna (Gal 6,8).
d) lo sfondo letterario del concetto di “spirito”
Non è difficile, a mio parere, individuare la matrice letteraria del pensiero di
Paolo sullo “Spirito di Dio”: essa è l’AT, riletto alla luce dell’evento di Cristo23.
Bultmann stesso, cercando di leggere il pensiero paolino sullo “Spirito Santo” in
termini di “storia delle religioni”, ha affermato senza difficoltà che la dottrina sullo
Spirito santo ha le sue radici nell’AT, da cui ha assunto sia il modello animistico che
quello dinamicistico24. Per quanto interessante possa essere tale affermazione, credo
che offra ben poco per comprendere il pensiero di Paolo sullo “Spirito Santo”.
Comunque, mette in evidenza che la radice letteraria profonda, a cui Paolo si ispira
per presentare la realtà dello “spirito divino”, deriva essenzialmente dalla rivelazione
veterotestamentaria. Da esso Paolo attinge il suo pensiero, ricavandone pensieri,
immagini, modi di esprimere la realtà dello Spirito, in una parola l’AT offre a Paolo
un modello letterario con cui esprimere il suo pensiero sullo Spirito.
Ciò non può essere negato, ma Paolo è un cristiano e in quanto tale legge tutto
l’AT alla luce di Cristo25, comprese le affermazioni che esso fa sullo Spirito. Quindi,
abbiamo in Paolo non una ripetizione meccanica di immagini, parole, modi di
21
È una delle possibilità di interpretazione di Rom 1,4. È chiaro, però, che il sintagma
preposizionale kata; pneu'ma aJgiwsuvnh" va posto in relazione con kata; savrka, ma data la
progressività del pensiero in Rom 1,3-4 i due concetti non sono in contrapposizione, ma in una
relazione progressiva, indicante semplicemente le due sfere di essere del Figlio di Dio.
22
Su questo punto cfr Buscemi, Galati, 365-399.
23
Cfr soprattutto F. Baumgärtel - W. Bieder - E. Sjöberg, pneu'ma, pneumatikov", GLNT, X,
848-928; H. Cazelles - R. Kuntzmann - M. Gilbert - E. Cothenet, “S. Esprit: Ancient Testament et
Judaïsme”, DBS, fascicolo 60-61, 127-165.
24
Bultmann, Teologia, 318-319; cfr anche E. Schweizer, pneu'ma, pneumatikov", GLNT, X,
999-1002; 1023-1024.
25
Cfr gli studi di J. A. Fitzmyer, “The Use of explicit Old Testament Quotations in Qumran
Literature and in the New Testament” NTS 7 (1961) 297-333; E. E. Ellis, “How the New Testament
uses the Old”, in I. Howard Marshall, New Testament Interpretation, Exeter 1977, 199-219; C. D.
Stanley, Paul and the Language of Scripture: Citation Technique in the Pauline Epistles and
Contemporary Literature (SNTS MS 74), Cambridge 1992; Kuss, “Lo Spirito”, 160-166.
7
esprimersi, ma una rilettura di tutto ciò che lo Spirito operava nell’AT alla luce di
Cristo. Ecco perché nel NT lo Spirito non è più solo in rapporto al Padre, ma è anche
in rapporto a Cristo. E tutto ciò che nell’AT è detto dello Spirito è visto alla luce del
suo pieno adempimento nella vita di Cristo e dei cristiani, oppure lo Spirito guida
tutto verso questo evento escatologico che porterà a compimento il piano divino
della promessa e della salvezza.
In primo luogo, Paolo eredita dall’AT il termine pneuma26, che nella versione
greca dei LXX traduce 264 volte su 377 l’ebraico ruakh. Esso non ha senso univoco,
ma può indicare: 1) il vento; 2) il respiro dell’uomo o dell’animale, mettendo in
rilievo sia l’energia vitale che il dinamismo dell’essere vivente; 3) lo “spirito”, quale
parte costituente dell’uomo, precisamente l’orientamento profondo con cui l’uomo si
dirige verso Dio e verso i suoi simili; 4) lo “spirito di Dio”: in almeno 100 casi esso
viene chiamato “spirito di Dio”, “spirito di Jahvé”, “potenza di Dio” che viene da lui,
investe l’uomo, lo penetra, si stabilisce in lui, lo abilita ad una missione. Tale
“spirito di Dio”, secondo Is 32,15-20, sarà effuso dall’alto e feconderà il deserto
producendo giustizia, pace e perenne sicurezza, mentre per Ez 37,1-14 esso darà
nuova vita al popolo di Dio, ridotto ad un’ammasso di “ossa aride”. Ma lo “spirito di
Dio”, secondo l’oracolo di Is 11,1-9, si poserà sul Messia, “il germoglio del tronco di
Iesse: “Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. ... La
sua parola sarà una verga che percuoterà il violento, con il soffio delle sue labbra
ucciderà l’empio. ... (Per mezzo di lui) la saggezza del Signore riempirà il paese
come le acque ricoprono il mare”. È l’instaurazione del tempo messianico, quando
Dio farà una nuova alleanza con il suo popolo donandogli un cuore nuovo e uno
spirito nuovo: “Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei
statuti e vi farò osservare in pratica le mie leggi” (Ez 36,26-27). Allora si adempirà
la profezia di Gl 3,1-5: “Dopo questo effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e
diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie ... e chiunque invocherà il nome del
Signore sarà salvato”.
Sotto l’influsso della cultura ellenistica27, la rivelazione veterotestamentaria
aggiunge un altro tassello alla nostra conoscenza profonda dello “spirito di Dio”.
Così, in Sap 1,7 si legge: “Lo spirito del Signore riempie l’universo e, abbracciando
ogni cosa, conosce ogni voce”. Egli prende dimora nella sapienza e per mezzo di
essa “diviene uno spirito amico degli uomini” (Sap 1,6), il loro educatore (Sap 1,4)
nella ricerca della verità e della saggezza. C’è un rapporto stretto e intimo tra
Sapienza e “spirito di Dio”, come sta scritto in Sap 7,22-23: “In essa c’è uno spirito
intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo,
onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri e
sottilissimi”. Tale “spirito” è inviato dall’alto per rivelarci il pensiero di Dio e il
cammino della saggezza, che raddrizza i sentieri dell’uomo e lo conduce alla
26
Per un’esposizione più dettagliata cfr F. Baumgärtel, pneu'ma, pneumatikov", 848-883.
27 Cfr soprattutto M. Gilbert - E. Cothenet, “S. Esprit: Ancient Testament et Judaïsme”, DBS,
fascicolo 60-61, 153-156; W. Bieder, pneu'ma, pneumatikov" , GLNT, X, 873-883.
8
salvezza (Sap 9,17-18). E ciò avviene, perché “lo Spirito del Signore, amante della
vita, è in tutte le cose: egli castiga poco alla volta i colpevoli e li ammonisce
ricordando loro i propri peccati, perché rinnegata la malvagità, credano in te,
Signore” (Sap 12,1).
2) Lo Spirito di Dio
Abbiamo fatto accenno diverse volte al carattere esperienziale della dottrina
paolina. Per questo, alcuni esegeti pensano che il metodo migliore per comprendere
il pensiero di Paolo sullo “Spirito santo” sia quello induttivo di partire dai doni
straordinari che lo Spirito, quale dono carismatico del tempo escatologico, produce
nei credenti che lo hanno ricevuto nel battesimo28. Tale metodologia non mi sembra
adeguata, perché Paolo, più che esperimentare i “carismi”, egli fa in primo luogo
l’esperienza profonda e profetica del dono dello Spirito, la potenza di Dio che lo
immette nella vita di Cristo e lo conduce alla conformazione totale a Cristo.
Lasciarsi guidare dallo Spirito (Gal 5,18) diviene l’esperienza fondamentale
dell’“essere liberati dalla legge” e “vivere da figli nel Cristo Gesù” (Gal 4,5-7),
esperimentando la potenza del suo amore (Rom 5,5), da cui hanno origine tutti i
carismi. I carismi, infatti, scaturiscono dall’amore, frutto dello Spirito (Gal 5,22), ed
edificano il corpo di Cristo nell’amore e per mezzo dell’amore che essi significano e
manifestano. Esse sono forme potenti e diffusive dell’amore. In questo senso, tutti i
cristiani sono carismatici e lo sono non perché hanno ricevuto il carisma della
glossolalia o il carisma della profezia o qualsiasi altro carisma, ma perché hanno
ricevuto lo Spirito e camminano secondo lo Spirito. La prima esperienza del
cristiano è quella di “essere nello Spirito” (Rom 8,9), quella di “avere lo Spirito”,
sentire che “lo Spirito abita in noi” (Rom 8,9) e di “essere condotti per mezzo dello
Spirito” (Gal 5,16.18). Solo dopo, essi esperimentano che lo Spirito li muove in
questa o in un’altra direzione, produce in essi questa o quell’altra dynamis secondo
l’utilità dell’edificazione del corpo di Cristo (1Cor 12,4-13).
a) la sua origine è da Dio
In tal senso è molto significativo il testo di 1Cor 2,10-14: “A noi (le cose
misteriose di Dio) le ha rivelate Dio stesso per mezzo dello Spirito, giacché lo
Spirito scruta tutto, anche le profondità di Dio. Infatti, quale uomo conosce mai i
segreti dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Alla stessa maniera, i
segreti di Dio nessuno li conosce se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo
ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinché possiamo
conoscere le cose che da Dio ci sono state gratuitamente donate. E di queste cose noi
parliamo non con discorsi dell’umana saggezza, ma con quelli insegnati dallo
Spirito, agli spirituali adattando cose spirituali. L’uomo psichico, però non accetta le
cose dello Spirito di Dio, giacché per lui sono follia e non può conoscerle, perché
vengono esaminate spiritualmente”29.
28 È l’impostazione, per esempio, di Kuss, Romani, II, 121-122; Lemenon, “Saint Esprit. III:
L’esprit saint dans le corpus paulinien”, DBS, fascicolo 60-61, 198, che a mio parere, più che Kuss,
confonde “l’esperienza dello Spirito” con gli “effetti” che lo Spirito produce.
29
Con Kuss, “Lo Spirito”, 151-152; Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 175-178.
9
In primo luogo, questo testo mette in evidenza che “lo Spirito è da Dio”, cioè ha
la sua origine in lui, per questo è “lo Spirito di Dio” perché gli appartiene (1Tess 4,8)
ed è intimo a lui, tanto da poter scrutare le sue stesse profondità. Esso non è “lo
spirito del mondo”, ma è stato mandato (Gal 4,4) nel mondo per rivelare “i segreti di
Dio”, affinché coloro che lo ricevono (Gal 3,2; 1Tess 4,8), divenendo così
“spirituali” (cfr Ef 3,16), possono conoscere le cose che da Dio ci sono state
gratuitamente donate. In secondo luogo, il testo insiste nel dire che “lo Spirito scruta
le profondità di Dio” e “conosce i segreti di Dio”. Tale insistenza, e anche il
paragone con “lo spirito dell’uomo”, vuol mostrare che lo Spirito è della stessa
natura di Dio e vive in intimità con Dio. Ciò non significa che lo Spirito e Dio si
confondono tra loro: essi sono uno per ciò che concerne la natura divina, ma lo
Spirito è “da Dio” ed è inviato “per rivelare le cose di Dio”. Non si tratta, pertanto,
di una parte costituente di Dio, alla stessa maniera dello “spirito dell’uomo”, ma Dio
è il Padre che stabilisce il suo thelema, ma lo rivela a noi per mezzo dello Spirito,
che abita in noi (1Cor 3,16), ci giustifica rendendoci uomini spirituali (1Cor 2,12-13;
6,11b; Rom 8,9-11.14; Ef 3,16) e ci istruisce “nella sapienza di Dio nascosta nel
mistero” (1Cor 2,7) e così poter proclamare: “Gesù è il Signore” (1Cor 12,3) a gloria
di Dio Padre (Fil 2,11).
b) è lo Spirito di Cristo
Uno speciale rapporto esiste tra Cristo è lo Spirito30, tanto che 2Cor 3,17 può
affermare che “il Signore è lo Spirito, ma dove è lo Spirito del Signore, ivi è
libertà”31. L’affermazione paolina è certamente di difficile comprensione, ma la
seconda parte del versetto ci può aiutare a comprendere la prima parte di esso. Ora,
in 3,17b lo Spirito è detto “Spirito del Signore”, cioè “lo Spirito di Cristo”, dato che
nel NT “Gesù è il Signore” (1Cor 12,3; Fil 2,11). Allora, il genitivo possessivo o di
appartenenza indica che lo Spirito appartiene a Cristo, è il suo Spirito. Tenuto conto
di ciò, l’espressione “il Signore è lo Spirito” non vuole identificare Cristo con lo
Spirito, ma vuole affermare che egli con la resurrezione non solo è stato elevato dal
Padre a Signore, ma è anche divenuto “Spirito vivificante” (1Cor 15,45), in quanto ci
comunica (Fil 1,19) lo “Spirito che vivifica” (2Cor 3,6), che toglie il velo dal nostro
cuore per manifestare la gloria del Signore (2Cor 2,16.18), essere trasformati nella
sua immagine di gloria in gloria (2Cor 3,18) ed essere per tutti una lettera aperta
“scritta con lo Spirito del Dio vivente” (2Cor 3,3), che proclama a tutti che “dove è
lo Spirito del Signore, ivi è libertà” (2Cor 3,17). Lo stesso insegnamento troviamo in
Rom 8,9-11: “Voi non siete nella carne ma nello Spirito, a condizione che lo Spirito
30
Kuss, “Lo Spirito”, 152-156; R. Penna, Lo Spirito di Cristo, Brescia 1976, 207-235; D. J.
Lull, The Spirit in Galatia. Paul’s Interpretation of PNEUMA as Divine Power, Ann Arbor
(Michigan) 1980.
31
Il testo è certamente di difficile interpretazione, ma il suo senso è abbastanza chiaro e non
intende affermare una stretta identificazione tra “il Signore” e “lo Spirito” (cfr Kuss, “Lo Spirito”,
154; K. Prümm, “Die katholische Auslegung von 2Kor 3,17 in den letzen vier Jahrzehnten nach ihren
Hauptrichtungen”, Bib 31 (1950) 316-345; 459-482; B. Schneider, «Dominus autem Spiritus est” (II
Cor 3,17a), Roma 1951; J. D. G. Dunn, “2Corinthians III,17 – ‘The Lord is the Spirit’ ”, JTS 21
(1970) 309-320; D. Greenwood, “The Lord is the Spirit: Some Considerations of 2Cor 3,17”, CBQ 34
(1972) 467-472.
1
0
di Dio abiti in voi. Che se qualcuno non possiede lo Spirito di Cristo, questi non è
suo. Se Cristo poi è in voi, il corpo è bensì morto per il peccato, lo Spirito invece è
vita per la giustizia. Pertanto se lo Spirito di Colui che risuscitò dai morti abita in
voi, colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per
mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Qui l’intercambiabilità tra lo “Spirito di Dio”
e lo “Spirito di Cristo” è evidente e rimarcata dalla ripetizione. Lo Spirito appartiene
a Dio e a Cristo e porta a compimento il disegno del Padre e l’opera redentrice e
giustificatrice di Cristo. Così, lo Spirito abita nel cristiano in cui vive Cristo e il
cristiano vive nello Spirito che è vita a motivo della giustificazione operata da Cristo
e ci testimonia continuamente il nostro essere figli di Dio (Rom 8,14-15; Gal 4,6).
c) la missione dello Spirito
È la missione dello Spirito, così come ce la presenta il testo di Gal 4,6: “Ora,
poiché siete figli, Dio mandò lo Spirito del Figlio suo per gridare nei vostri cuori:
Abba! Padre!”32. Il versetto segue all’affermazione di Gal 4,5 che il Figlio, inviato
dal Padre nella pienezza del tempo (Gal 4,4), ci ha liberati dalla sottomissione alla
legge e soprattutto ci ha permesso di ricevere l’adozione a figli, pienezza della nostra
libertà. È lo schema dell’Esodo: si è liberi, non perché si è usciti dall’Egitto del
peccato, ma perché siamo ritornati da figli alla comunione con il Padre. Tutto ciò
diviene una realtà per chiunque crede (Gal 3,8.14) e nel battesimo diviene “uno nel
Cristo” (Gal 3,27-28), che lo ha riscattato dalla maledizione della legge (Gal 3,13),
lo ha immesso nella benedizione di Abramo e lo ha reso partecipe dello Spirito
promesso (Gal 3,14). Tale Spirito, promesso dalle profezie di Ez 36,26-27 e di Gl
3,1-5, è stato inviato da Dio “nei nostri cuori”, cioè nel profondo della nostra
esistenza cristiana, per divenire principio (cfr la struttura sintattica della frase: verbo
di movimento + participio congiunto di valore finale)33 personale ed intimo della
nostra figliolanza divina. Così viene sottolineata la funzione attiva dello Spirito nella
vita del cristiano. Tale attività si esprime soprattutto in un grido di preghiera filiale.
Da notare che, a differenza di Rom 8,15, non è il cristiano che prega, ma è lo Spirito
che grida in noi. Tale attività dello Spirito è una realtà profonda in cui si intrecciano
preghiera ed esperienza personale intima dell’essere figli di Dio. Ma è inutile credere
che tra Gal 4,6 e Rom 8,15 ci sia una “contraddizione”34: il cristiano può “gridare:
Abba! Padre”, solo perché ha ricevuto lo “spirito di figliolanza” (Rom 8,15-16).
Infatti, quanti si lasciano condurre dallo Spirito, costoro sono figli di Dio” (Rom
8,14) e lo Spirito viene in aiuto alla loro debolezza e intercede per loro con gemiti
inesprimibili (Rom 8,26). È lo stesso grido che sale a Dio e che nell’azione dello
Spirito rinnova il cristiano e lo conduce alla vita eterna (Gal 6,8) e al possesso del
Regno di Dio (Gal 5,21).
32
Su Gal 4,6 cfr S. Zedda, L’adozione a figli di Dio e lo Spirito Santo, Roma 1952; Penna, Lo
Spirito di Cristo, 207-235; Buscemi, Galati, 395-398.
33
Buscemi, Galati, 397; Viteau, Étude, I, 298; BDR, Grammatica, 418,4; Turner, Syntax, 157.
34
Kuss, “Lo Spirito”, 156.
1
1
3) La vita secondo lo Spirito
Lo Spirito Santo è in azione nella vita del cristiano sin dall’inizio della “vita
nuova in Cristo”. Paolo lo afferma chiaramente in Gal 3,3: “Dopo aver cominciato
mediante lo Spirito, ora volete essere condotti alla perfezione mediante la carne?”.
L’espressione “dopo aver cominciato mediante lo Spirito” certamente è una ripresa
dell’altra espressione: “avete ricevuto lo Spirito” di Gal 3,2. Entrambi sono posti in
un passato ben preciso. Stando alla domanda di Gal 3,2, si potrebbe pensare che tale
momento corrisponda alla decisione dell’uomo di abbandonarsi totalmente a Dio per
mezzo della fede. Da quel momento, il credente inizia il suo cammino di fede per
essere di Cristo. Ciò corrisponde solo in parte al pensiero di Paolo. Il cristiano,
infatti, diviene “uno in Cristo” (Gal 3,28) solo dopo “essersi rivestito di Cristo” nel
battesimo (Gal 3,27), dopo “essere stato crocifisso con Cristo” (Gal 2,19-20; 5,24;
6,14). Solo allora egli esprime pienamente la sua adesione di fede a Cristo e in lui
comincia a “vivere e a camminare secondo lo Spirito”. Ha inizio “la nuova vita in
Cristo” e il cristiano la vive “mediante lo Spirito”. Tutto ciò è ben sintetizzato in Ef
1,13-14: “In lui anche voi, dopo aver udito la parola della verità, il Vangelo della
nostra salvezza, dopo aver creduto, siete stati contrassegnati con lo Spirito della
promessa, cioè lo Spirito Santo, il quale è pegno della nostra eredità per il
raggiungimento della redenzione che ci ha acquistati a Dio in lode della sua
gloria”35. Ma l’azione dello Spirito non è rivolta solo alla trasformazione
dell’individuo che nella fede e nel battesimo diviene “uno in Cristo”, ma soprattutto
egli agisce per l’edificazione del “corpo di Cristo”. “In realtà, dice Paolo in 1Cor
12,13, noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, sia
giudei sia greci, sia servi sia liberi; tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito”.
a) Lo Spirito opera nel cuore dei credenti
Lo Spirito, in primo luogo, agisce nel cuore dei credenti. Egli, infatti, è stato
inviato da Dio nei nostri cuori (Gal 4,6). Anzi, “Colui che ci corrobora insieme a voi
in Cristo e ci ha donato l’unzione, è Dio, lui che ci ha pure segnati del suo sigillo e
ha deposto la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2Cor 1,21-22). E tale avvento ha
un primo effetto descritto da Rom 5,5: “La speranza poi non delude, perché l’amore
di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato
donato”. Sta qui tutta la vita del cristiano, perché per mezzo della fede espressa nel
battesimo abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per mezzo della fede e dello Spirito
attendiamo la speranza della giustificazione (Gal 5,5), e questa ci guida nel tempo
presente in modo da “camminare secondo lo Spirito”. E per mezzo di lui agire
nell’amore, che è libertà dalla legge (5,18), da un’esistenza egoista (5,24) e soggetta
al peccato (Gal 3,22) e al dominio minaccioso del mondo presente (Gal 1,4; 6,14), in
modo da vivere come creature nuove (Gal 6,15) e da figli di Dio (Gal 4,5-7). Noi,
infatti, “siamo stati chiamati alla libertà; solo non sia tale libertà un pretesto per la
carne, ma per mezzo della carità servitevi gli uni gli altri. Tutta la legge infatti è
adempiuta in un solo comando, in questo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»
35 Per l’interpretazione di Ef 1,13 cfr A. M. Buscemi, Gli Inni di Paolo. Una sinfonia a Cristo
Signore (SBF Analecta 48), Jerusalem 2000, 105-107.
1
2
(Gal 5,13-14; Rom 13,8-10). In tal senso, l’importante della vita cristiana, il centro
esistenziale e portante di essa, non è avere questo o quell’altro carisma che ci rende
attivi o ci dà l’impressione di essere potenti nello Spirito, ma ricevere per mezzo
della fede lo Spirito Santo che produce in noi l’amore (Gal 5,22).
Tale esistenza nuova la si vive “camminando secondo lo Spirito”, come si legge
in Gal 5,16-25: “Camminate secondo lo Spirito e il desiderio della carne non
soddisferete. La carne infatti ha desideri contro lo Spirito e lo Spirito contro la carne,
queste cose infatti sono in contrasto fra loro, di modo che non potete fare ciò che
volete. Se dunque siete condotti dallo Spirito non siete sotto la legge. Le opere della
carne d’altronde sono manifeste; esse sono: fornicazione, impurità, dissolutezza,
idolatria, malefici, inimicizie, contesa, gelosia, ire, intrighi, discordie, fazioni,
invidie, ubriachezza, orge e cose simili, circa le quali vi prevengo, come già vi ho
prevenuto, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio. Il frutto
dello Spirito invece è amore, gioia, pace, longanimità, gentilezza, bontà, fedeltà,
mitezza, temperanza; contro tali cose non c’è legge. Ora quelli che sono di Cristo
Gesù hanno crocifisso la carne con le passioni e i desideri. Se viviamo secondo lo
Spirito, secondo lo Spirito anche ci conformiamo”36. È interessante notare in questo
testo il carattere dinamico della “vita nuova”. Così, il cristiano deve “camminare
secondo lo Spirito”. Nella mentalità giudaica “il camminare”, nel suo senso
metaforico-religioso, indica l’Halakah, il comportamento morale “secondo la legge
di Dio”. Paolo non rifiuta tale mentalità, ma precisa il concetto di “legge di Dio”.
Essa non sta “nella lettera” della legge, ma “nello Spirito”, “la lettera, infatti, uccide,
lo Spirito vivifica” (2Cor 3,4). Allora, bisogna “camminare secondo la legge dello
Spirito della vita in Cristo Gesù” (Rom 8,2). Così si adempie nel cristiano la profezia
di Ez 36,27: per mezzo dello Spirito, che abita e agisce in noi, le prescrizioni della
legge vengono portate a compimento e “non camminiamo più secondo la carne ma
secondo lo Spirito” (Rom 8,4), perché “ciò a cui aspira la carne è morte, ciò cui
tende lo Spirito è vita e pace” (Rom 8,6). La seconda espressione paolina si aggancia
direttamente a questa idea: “Se realmente vi lasciate condurre dallo Spirito”. Notate
la forma della condizionale della realtà: “se realmente”. Essa prende di mira tutti i
nostri “se”, “ma”, in una parola tutti i nostri contorcimenti mentali e compromessi
comportamentali. Non si può giocare con lo Spirito: bisogna decidersi costantemente
per una lotta senza concessioni contro la carne, cioè contro un’esistenza egoistica, in
modo che lo Spirito divenga l’orizzonte interiore del nostro vivere in Cristo e la
forza determinante della nostra esistenza. Ecco perché Paolo usa in greco un medio
dinamico causativo: “se vi lasciate condurre”. Bisogna non spegnere lo Spirito
(1Tess 5,19), ma seguirne sempre e con obbedienza le sollecitazioni interiori. Solo
allora si divieni liberi e si adempie perfettamente la legge di Dio, che è amore. Esso
non è “un’opera della carne”, ma il frutto prodotto dallo Spirito in noi e si manifesta
in tutte le virtù che alimentano la vita fraterna della comunità cristiana: “gioia, pace,
longanimità, gentilezza, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza; contro tali cose non c’è
legge” (Gal 3,22). Sta qui il dinamismo della vita cristiana: produrre il frutto dello
Spirito, l’amore che assume su di sé la passione di Cristo, crocifiggendo le proprie
36
Per l’interpretazione di Gal 5,16-25 rimando a Buscemi, Galati, 548-566.
1
3
passioni (Gal 3,25) e conformandosi pienamente e coraggiosamente (Gal 5,25) alla
“legge dello Spirito della vita” (Rom 8,2), che edifica la comunità (1Cor 8,1).
b) Lo Spirito opera all’interno della comunità
Raggiungiamo, così, la dimensione comunitaria dell’azione dello Spirito. Essa
non è diretta a formare principalmente l’individuo, il cristiano secondo lo Spirito, ma
attraverso la formazione dei singoli credenti tende ad edificare la comunità
ecclesiale, il “corpo di Cristo”. “E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo
Spirito per formare un solo corpo, sia Giudei sia Greci, sia servi, sia liberi; e tutti ci
siamo abbeverati in un solo Spirito” (1Cor 12,13)37. Attraverso l’azione dell’unico
Spirito nel battesimo, si costituiscono le singole membra dell’unico corpo di Cristo.
Come all’inizio della prima creazione, nel soffio dello Spirito si forma il Cristo come
l’unico corpo che è la Chiesa (cfr Col 2,18a). Per mezzo della fede in Cristo siamo
tutti divenuti figli di Dio e nel battesimo ci siamo rivestiti di Cristo e “non c’è più né
Giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo e donna, ma tutti voi siete uno nel
Cristo Gesù. E se siete di Cristo, siete seme di Abramo, eredi secondo la promessa”
(Gal 3,26-28). La morte di Cristo ha annullato le differenze e per tutti i popoli la
benedizione di Abramo è divenuta una realtà e tutti abbiamo ricevuto lo Spirito
promesso (Gal 3,13-14). Di più: “Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto di
ambedue una cosa sola, che ha abbattuto il muro divisorio del recinto, l’inimicizia
nella sua carne, annullando la legge dei precetti per mezzo di ordinamenti, allo scopo
di creare in sé stesso i due come un unico uomo nuovo, facendo la pace, e
riconciliare a Dio l’uno e l’altro in un solo corpo mediante la croce uccidendo
l’inimicizia in se stesso. Ed essendo venuto, annunziò pace a voi lontani e pace ai
vicini, poiché mediante lui abbiamo accesso entrambi in un unico Spirito al Padre”
(Ef 2,14-18). Tutto ciò scaturisce dalla “grazia del Signore Gesù Cristo, dall’amore
del Padre e dalla comunione dello Spirito Santo” (2Cor 13,13). In questa frase i
genitivi sono tutti soggettivi, per cui lo Spirito Santo è colui che crea la comunità,
che la fa divenire un corpo solo, un solo uomo nuovo. Egli realizza, attualizza e
manifesta il nostro “essere uno in Cristo”, in modo che noi siamo nel Cristo e Cristo
è in noi (Gal 2,20). Nello Spirito e per mezzo dello Spirito diveniamo una comunità
viva, afferrata da Cristo Signore nel più profondo della nostra esistenza (Gal 2,20),
efficace nella potenza dei carismi che il Padre ci elargisce potentemente attraverso
l’azione interiore del suo santo Spirito (Gal 3,5).
c) I carismi dello Spirito
Per questo Paolo può scrivere in 1Cor 12,4-11: “Vi sono diversità di carismi, ma
identico è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma lo stesso è il Signore; vi sono
diversità di operazioni, ma lo stesso è Iddio che opera tutto in tutti. A ciascuno, poi,
è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune: a uno infatti per mezzo
dello Spirito è concesso il discorso di sapienza, a un altro il discorso di conoscenza
37
Per la comprensione di questo testo rimando a Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 666669; J. Hanimann, “«Nous avons été abreuvés d’un seul Esprit». Note sur 1Cor 12,13b”, NRT 94
(1972) 400-405.
1
4
secondo il medesimo Spirito, a un altro carismi di guarigione nell’unico Spirito, a un
altro operazioni di miracoli, un altro la profezia, a un altro il discernimento degli
spiriti, a un altro generi di lingue, un altro infine la interpretazione delle lingue. Tutto
questo però lo compie l’unico e identico Spirito, distribuendo singolarmente a
ciascuno come vuole”. Questo lungo testo si inserisce in una lunga catechesi di
Paolo sui “carismi”38. La struttura generale di tale catechesi è semplice: in 1Cor
12,1-31 l’apostolo enuncia i carismi principali e ne mette in evidenza la loro origine
e il loro fine; in 1Cor 13 parla dell’agape, quale sorgente unica dei carismi,
fondamento per il loro espletamento, fine ultimo a cui essi devono condurre: essa è
la via che sorpassa ogni altra via, la manifestazione per eccellenza dello Spirito;
infine, in 1Cor 14 traccia delle norme per il buon uso di tale carismi all’interno della
comunità.
1º) molteplicità dei carismi, ma uno è lo Spirito
In 1Cor 12,4-11, lo Spirito viene nominato 6 volte: è una “concentrazione” che ci
impone alcune riflessioni sul testo: 1º) mette in evidenza che il termine “spirito” ha
una valenza particolare: esso agisce alla maniera di Dio (= il Padre) che per mezzo
suo opera tutto in tutti: elargisce lo Spirito e i doni dello Spirito (cfr Gal 3,5), alla
maniera del Signore Gesù Cristo da cui derivano tutti i carismi del servizio ecclesiale
trasmessi attraverso l’azione dell’unico Spirito. Abbiamo, quindi, un’accentuazione
trinitaria del dono dello Spirito, da cui hanno origine tutte le opere della salvezza,
della conoscenza e della santificazione. 2º) Tutto deriva dall’unico Spirito: nella vita
cristiana la cosa più importante non è possedere questo o quell’altro carisma. Essi
sono manifestazioni dell’unico Spirito e pertanto ciò che conta è “ricevere lo Spirito”
ed essere fedeli e obbedienti a lui, in modo da produrre sotto la sua guida il frutto
dello Spirito: l’amore. 3º) Ogni manifestazione dello Spirito è per il bene comune:
ciascuno deve operare come membro dell’unico corpo, che, pur nella diversità dei
carismi e della propria storia personale, deve divenire “uno in Cristo” (Gal 3,28) e
contribuire ad edificare l’uomo nuovo “nel Cristo Gesù” (Ef 2,14-16): “in lui l’intero
edificio, ben compaginato, cresce in tempio santo nel Signore; in lui anche voi,
insieme con gli altri, venite costruiti per divenire abitazione di Dio in virtù dello
Spirito” (Ef 2,21-22). 4º) Paolo enumera una serie di manifestazioni dello Spirito che
egli chiama con diversi nomi: carismi, doni spirituali, operazioni efficaci, servizi,
azioni potenti e miracolose. Essi, inoltre, svolgono una particolare funzione nella
comunità. Per questo vi sono: a) i carismi della scienza: precisamente, il “discorso di
sapienza”, che usufruisce di una particolare illuminazione per penetrare e annunciare
la sapienza del “mistero di Dio”, che si manifesta principalmente nella Croce di
Cristo (1Cor 1,18-24) e ci è rivelato per mezzo dello Spirito che penetra nelle
profondità di Dio (1Cor 2,7-11); e il “discorso di conoscenza”, che si manifesta
nell’ufficio “dell’apostolo” (Ef 4,11; Rom 12,7), “del maestro e dell’evangelista”
38
La bibliografia è immensa, per questo qui offro solo qualche titolo di sintesi: H.
Conzelmann, cavrisma, GLNT, XV, 606-616; Kuss, “Lo Spirito”, 122-150; G. D. Fee, “Gifts of the
Spirit”, in in G. G. Hawthorne - R. P. Martin – D. G. Reid (edd.), Dictionary of Paul and His Letters,
Downers Grove – Leicester 1993, 339-347; E. Nardoni, “The Concept of Charism in Paul”, CBQ 55
(1993) 68-80; J. D. G. Dunn, The Teology of Paul the Apostle, Grand Rapids – Cambridge 1998, 552561.
1
5
(1Cor 12,29; Ef 4,11) o “dei dottori e pastori” (Ef 4,11), che illustrano alla comunità
il kerygma essenziale della fede nella paradosis e nella catechesi, “per la
preparazione dei santi all’opera del ministero” (Ef 4,12; Rom 12,7-8); b) i carismi
della potenza, con cui viene manifestato nella comunità e fuori di essa l’agire
potente di Dio a favore del suo popolo: essi sono i carismi della fede potente che
smuove anche le montagne, delle guarigioni, dei miracoli; c) i carismi del servizio
comunitario: i doni dell’assistenza, del governo (1Cor 12,28; Rom 12,6-8); d) i
carismi profetici: la profezia e il discernimento degli spiriti (1Cor 12,10.28; 14,1;
Rom 12,6) d) infine, la glossolalia e l’interpretazione delle lingue, a cui i Corinti
attribuivano molta importanza, ma che Paolo cerca di sottomettere in primo luogo al
carisma della profezia (1Cor 14,1-5) e soprattutto alla agape (1Cor 13,1; 14,1).
2º) per l’edificazione della comunità
Tutti i carismi sono dati per l’edificazione della Chiesa di Dio nella carità, “in
maniera che perveniamo tutti alla perfetta unità della fede e della conoscenza del
Figlio di Dio, all’uomo perfetto, alla misura della piena maturità di Cristo” (Ef 4,13).
Essi sono la manifestazione dello Spirito nel tempo escatologico, che ci impegnano
in vista del Regno di Dio (Gal 5,21). Per questo Paolo ammonisce ripetutamente:
“Perseguite la carità” (1Cor 14,1), “siate fervorosi nello Spirito”, “facendo la verità
nella carità, sforziamoci di crescere sotto tutti i riguardi in lui, che è il capo, Cristo,
dal quale tutto il corpo riceve armonia e compattezza mediante ogni specie di
giuntura che somministra nutrimento secondo l’energia propria a ogni singola parte.
Così, il corpo opera la propria crescita per l’edificazione di se stesso nella carità” (Ef
4,16). Nessuno può essere veramente carismatico se non vive nell’amore e non si
esercita nell’amore. “La carità, giammai cadrà. Le profezie scompariranno, il dono
delle lingue cesserà, la scienza svanirà. Parzialmente conosciamo e parzialmente
profetiamo, quando però sarà venuto ciò che è perfetto, quello che è parziale sarà
abolito. ... Ciò che rimane è la fede, la speranza, la carità, ma la più grande di esse è
la carità”. E non può essere differentemente: alla fede succederà la visione ((2Cor
5,7), alla speranza il raggiungimento del fine ultimo (Rom 8,27). Rimane solo la
carità, il frutto dello Spirito (Gal 5,22), che ci apre alla vita eterna e al Regno di Dio,
come sta scritto in Gal 6,8-9: “Ciò che un uomo semina, proprio questo raccoglierà;
poiché chi semina nella propria carne, dalla carne raccoglierà rovina; chi invece
semina nello Spirito, dallo Spirito mieterà vita eterna. Allora di fare il bene non
stanchiamoci, perché a suo tempo mieteremo se non ci siamo stancati”.