AUTORE SCONOSCIUTO, Lo Spirito Santo in San
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AUTORE SCONOSCIUTO, Lo Spirito Santo in San
LO SPIRITO SANTO IN S. PAOLO Parlare dello Spirito Santo in S. Paolo significa affrontare uno dei temi più centrali e complessi della teologia paolina1. Paolo, infatti, parla frequentemente dello Spirito e lo pensa come una persona che agisce nella storia della salvezza, nella vita della Chiesa e in quella di ciascun credente. In tal senso, l’epistolario paolino non ci offre una nozione dello Spirito, ma un’esperienza dello Spirito che investe sia l’agire di Dio che l’agire di Cristo e dell’uomo in vista della realizzazione piena della salvezza. Ciò spiega non solo l’abbondanza di titoli attribuiti allo Spirito Santo, ma anche la variopinta diversità delle manifestazioni carismatiche che nella forza dello Spirito operano all’interno delle comunità ecclesiali paoline: glossolalia, profezia, carismi dell’apostolato e della vita cristiana in genere. Tutto scaturisce dallo Spirito e tutto riceve forma da lui, ma è la forma dell’amore (Gal 5,22), che non chiude nulla in schemi fissi, ma tutto rinnova, apre alla libertà, tutto “edifica” in unità. Proprio per questo, lo Spirito è la forza salvifica del presente che va verso il suo compimento e verso la “vita eterna” (Gal 6,8) e il Regno di Dio (5,21). La salvezza è presente, perché abbiamo ricevuto lo Spirito (Gal 3,2.5), “caparra” e “primizia” della nostra comunione piena con Cristo e in lui con il Padre. 1) La nozione di Spirito nelle lettere paoline A causa di tale complessità e anche per rispettare il pensiero esperienziale di Paolo sullo Spirito, mi sembra bene incominciare proprio dalla ricca terminologia che egli usa lungo il suo epistolario2. In esso, Paolo usa 1393 volte il termine pneuma, ma con esso non sempre indica lo Spirito divino (senso teologico), ma a volte lo usa nel suo senso proprio di “alito” o nel senso metaforico dinamico per indicare un modo di agire particolare, o nel senso antropologico, per indicare la parte più intima e costitutiva dell’uomo: la sua coscienza e i suoi sentimenti. Ciò è molto significativo da molti punti di vista: 1º) perché le 140 ricorrenze paoline del termine pneuma rappresentano più di un terzo delle 379 ricorrenze del NT: Paolo è in 1 La bibliografia è certamente molto vasta. Cito solo le opere di cui mi sono servito direttamente: H. Kleinknecht - F. Baumgärtel - W. Bieder - E. Sjöberg - E. Schweizer, pneu'm a, pneumatikov", GLNT, X, 767-1099; O. Kuss, “Lo Spirito”, in La lettera ai Romani, II, Brescia 1969, 118-169; H. Schlier, Linee fondamentali di una teologia paolina, Brescia 1985, 151-183; R. Bultmann, Teologia del Nuovo Testamento, Brescia 1985, 152-162; AA.VV., “Saint Esprit”, DBS, fascicolo 60-61, Paris 1986, 126-323; P. W. Meyer, “The Holy Spirit in the Pauline Letters, A Contestual Exploration”, Interpretation 33 (1979) 3-18; D. G. Dawe, “- W. Bieder - E. Sjöberg, “The Divinity of the Holy Spirit”, Interpretation 33 (1979) 19-31; A. Curry Winn, “The Holy Spirit and Christian Life”, Interpretation 33 (1979) 47-57; T. Paige, “Holy Spirit”, in G. G. Hawthorne - R. P. Martin – D. G. Reid (edd.), Dictionary of Paul and His Letters, Downers Grove – Leicester 1993, 404-413. 2 Esso, per me, comprende non solo le cosiddette “7 lettere autentiche”, ma anche la 2Tessalonicesi, Efesini e Colossesi. Per la mia posizione a riguardo cfr A. M. Buscemi, San Paolo. Vita, opera e messaggio (SBF Analecta 43), Jerusalem1996, 12-14; 244-246; 249-252; A. M. Buscemi, “Che cosa si sa attualmente di Paolo”, Credere oggi 143 (2004) 6-10. 3 Per questa statistica e altre, mi sono servito di Accordance. Software for Biblical Studies, prodotto da The Gramcord Institute, Vancouver, Washington, diretto da P. A. Miller. Nella letteratura paolina, che comprende anche le Pastorali, il termine pneuma ricorre 146 volte, mentre nelle cosiddette “7 lettere autentiche” ricorre 120 volte. 2 assoluto colui che parla più di tutti dello “spirito” sia in senso antropologico che teologico4; 2º) perché Paolo parla dello “spirito” non in maniera astratta o sistematica, ma con l’entusiasmo carismatico di chi vive in se stesso e all’interno della sua comunità una realtà che gli dà vita e energia per “edificare” secondo il progetto salvifico di Dio e portare a compimento mediante la fede e la speranza (Gal 5,5) l’opera redentrice e giustificatrice di Cristo in noi. a) Senso proprio e metaforico In 2Tess 2,8 si registra l’unico caso in cui Paolo usa il termine pneuma in senso proprio: “Solo allora sarà rivelato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio (pneuma) della sua bocca”. Il senso si avvicina a quello di Gv 3,8: “il vento (pneuma) soffia dove vuole”, ma ancor di più all’evento di Pentecoste di At 2,2, in cui lo Spirito è rappresentato come “un vento impetuoso (pnohv)” che riempì il luogo dove erano radunati gli apostoli e li colmò della sua potenza. In tal senso, il “soffio della bocca di Gesù” sarà come un vento gagliardo, un turbine che spazzerà via e distruggerà l’empio. Il senso metaforico, invece, lo troviamo più spesso in certe espressioni come: “in spirito di mansuetudine” (1Cor 4,21; Gal 6,1)5, “ricevere uno spirito di schiavitù o di adozione” (Rom 8,15)6, “avere uno stesso spirito di fede” (2Cor 4,13), “dare uno spirito di sapienza e di rivelazione” (Ef 1,17). È chiaro che in queste frasi, il senso è quello di “atteggiamento, disposizione di animo”7, improntata alla mansuetudine, al vivere da figli, ad una fede profonda, ad un’apertura alla sapienza e rivelazione che proviene da Dio. Ancora in senso metaforico, mi sembra che debbano essere interpretati Fil 1,27: “(sento dire di voi che) rimanete in un solo spirito8, e che unanimi lottate per la fede del vangelo”, come anche 1Cor 2,12, dove Paolo oppone “lo spirito del mondo” “allo spirito che viene da Dio”9. In entrambi i 4 Per una simile divisione cfr anche B. Corsani, “«Pneuma» nell’evangelo di Luca, in Rivista di storia e letteratura religiosa 5 (1969) 229-255. 5 Per tale interpretazione di Gal 6,1 cfr A. M. Buscemi, Lettera ai Galati. Commentario esegetico (SBF Analecta 63), Jerusalem 2004 576-577. 6 Mi sembra strano interpretare il termine “spirito” in un’espressione alternativa una volta con senso metaforico: “uno spirito di schiavitù” e la seconda volta con senso teologico: “uno Spirito di figliolanza” (cfr per esempio H. Schlier, La Lettera ai Romani, Brescia 1982, 417-420; S. Légasse, L’epistola di Paolo ai Romani, Brescia 2004, 390-392). Nessuno nega che lo “spirito di adozione”, di cui siamo investiti, sia opera di Dio mediante lo Spirito, ma neppure bisogna confondere i due livelli: quello metaforico con quello teologico-personale (cfr M.-J. Lagrange, Saint Paul. Épître aux Romains, Paris 1950, 202; S. Cipriani, Le lettere di Paolo, Assisi 1968, 447). D’altra parte, un’interpretazione personale teologica di pneu'ma è esclusa da Rom 8,16: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”. Infatti, non si può interpretare questo versetto come se significasse che lo Spirito stesso di Dio attesta allo Spirito che ci ha dato la figliolanza che siamo figli di Dio. Non ci sarebbe stato bisogno di tale testimonianza. 7 Un altro caso si trova in Rom 11,8, dove Paolo cita Is 29,10: Dio diede ad Israele “uno spirito di stordimento, occhi per non vedere, orecchi per non ascoltare, fino al giorno d’oggi”. 8 Sull’interpretazione di pneu'm a in Fil 1,27 cfr G. F. Hawthorne, Philippians (WBC 43), Waco (Texas) 1983, 56-57; P. T. O’Brien, Commentary on Philippians (NIGTC), Grand Rapids 1991, 69; B. B. Thurston – J. M. Ryan, Philippians & Philemon (Sacra Pagina 10), Collegeville 2005, 69. 9 Bisogna riconoscere che molti esegeti (Barbaglio, Collins, Fee) qui sono in dubbio e propendono per il senso teologico del termine. La frase, anche qui posta in forte antitesi, non permette a mio parere un cambio repentino dal senso metaforico a quello teologico, tanto meno si può 3 casi, indica il modo di pensare, di agire e di sentire: nel primo caso Paolo esorta i suoi fedeli a vivere in maniera concorde nella comunità, nel secondo caso ricorda ad essi che la loro vita non può essere dominata da un modo di vivere secondo il mondo, ma di vivere secondo quello spirito che proviene da Dio. È chiaro che in tutti questi esempi si può ravvisare, e probabilmente Paolo lo pensa, l’operare dello Spirito nell’animo del credente, ma ciò è un pensiero riflesso, dedotto in base al contesto; immediatamente quelle espressioni hanno un senso metaforico che scaturisce volta per volta dal genitivo qualificativo, possessivo o oggettivo indiretto, che si aggiunge al termine pneuma. b) senso antropologico Molto vicino a questo senso è quello antropologico, con cui Paolo può indicare l’uomo intero nella sua dimensione più profonda e spirituale o lo “spirito” come sua parte costitutiva10. Così, nel primo senso vanno i testi di 1Cor 5,3-4: “io, assente con il corpo, ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: nel nome del Signore Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore Gesù, questo individuo sia consegnato a Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore”. È chiaro che in tutte e tre i casi Paolo vuole indicare il nucleo intimo della persona umana: il suo e quello dell’incestuoso. Così, anche in 1Cor 2,11, stabilendo un parallelo tra “lo Spirito di Dio” e lo “spirito dell’uomo”, può scrivere: “Chi conosce i segreti dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui”, descrivendo così la coscienza che l’uomo ha di se stesso11. Ancor più chiaramente in Rom 1,9: “Mi è testimonio Iddio, al quale servo nel mio spirito”12 o Rom 8,16: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”13. Tale “spirito” può soffrire l’inquietudine (2Cor 2,13) o può ritrovare la pace (1Cor 16,18; 2Cor 7,13), proprio per questo Paolo augura ai suoi fratelli/figli che “la grazia del Signore sia con il vostro spirito, fratelli” (Gal 6,18; Fil 4,23; Fm 25)14. interpretare il termine kovsmo" come un’entità diabolica in contrasto con Dio, ma in entrambi i casi mi sembra che il termine pneu'ma mantiene il suo senso metaforico di “atteggiamento, disposizione d’animo”, che si fa influenzare dall’ambiente mondano che lo circonda o si fa dirigere dallo Spirito di Dio (cfr anche A. C. Thiselton, The First Epistle to the Corinthians (NIGTC, Carlisle 2000, 261-263). 10 Cfr Kuss, “Lo Spirito”, 118-119. 11 Kuss, “Lo Spirito”, 119; G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi (Scritti delle origini cristiane 16), Bologna 1995, 175 nota 311. 12 Così anche Schlier, Romani, 83; Légasse, Romani, 47-48; Penna, Romani, 113-114. 13 Lagrange, Romains, 202; Schlier, Romani, 420-421, anche se con molta ambiguità; Légasse, Romani, 393; 14 Per l’origine del saluto cristiano di “grazia e pace” nelle lettere e nella liturgia cristiana cfr A. Pujol, “De salutatione apostolica ‘gratia vobis et pax’”, VD 12 (1932) 38-40.76-82; E. Lohmeyer, “Probleme paulinischer Theologie: I. Briefliche Grussüberschriften”, ZNW 26 (1927) 158-173 (l’articolo, in verità, riguarda il “praescriptum” delle lettere paoline, ma alcune osservazioni sui termini “grazia” e “pace” valgono anche per il “postscriptum” delle sue lettere); A. Pitta, Sinossi paolina. Le lettere di san Paolo in una nuova traduzione ordinate per temi (Universo Teologia 31), Cinisello Balsamo 1994, 305-315. 4 A volte Paolo con pneuma indica una parte dell’uomo. Così, in 1Cor 7,34: “La donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito”15; in 2Cor 7,1: “In possesso di queste promesse purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito”; in 1Tess 5,23: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro: spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Non credo che Paolo in questi testi abbia accettato una visione dicotomica o tricotomica dell’uomo16. Egli vuole soltanto dire che tutto l’uomo deve purificarsi, sia internamente sia esternamente, perché tutto il suo essere deve piacere al Signore ed essere pronto in vista del suo avvento glorioso. Paolo è alieno da tali sottigliezze filosofiche, come dimostrano il testo di 1Cor 14,14-15: “Quando prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente resta senza frutto. Che fare dunque? Pregherò con il mio spirito, ma pregherò anche con la mia mente, canterò con lo spirito, ma anche canterò anche con la mente”17 e quello di Ef 4,23-24 che riunisce i due termini del paragone: “Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestitevi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità”. Per tale purificazione intima i credenti debbono possedere il “discernimento degli spiriti”18 (1Cor 12,10; cfr 2Tess 2,2), per essere sottomessi agli “spiriti dei profeti” (1Cor 14,32) e, poiché sono zelanti dei doni dello Spirito (lett. degli spiriti), cercare di abbondare in essi per l’edificazione della Chiesa (1Cor 14,12). e) senso teologico Paolo, però, per lo più usa il termine pneuma in senso teologico19, per indicare lo “Spirito divino”, sia esso inteso come una forza dinamica proveniente da Dio, sia come una persona divina che agisce e porta al compimento e alla perfezione l’opera voluta da Padre e realizzata nella pienezza del tempo dal Figlio. A tale riguardo, ciò che più impressiona nell’epistolario paolino è la ricchezza e varietà di denominazioni di tale Spirito divino. Egli viene indicato spesso come “lo Spirito” (Gal 3,2.3.5.14; 2Cor 2,4; 1Tess 5,9), e più precisamente “Spirito Santo” 15 Su questo testo è bene tener conto delle precisazioni di Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 361 nota 145, in cui pone bene in rilievo che l’espressione “corpo e spirito” indica la totalità dell’essere umano. 16 B. Rigaux, Saint Paul. Les Épîtres aux Thessaloniciens (ÉB), Paris 1956, 596-600 (con un ottimo excursus sulle opinioni riguardo a 1Tess 5,23); P. Iovino, La prima lettera ai Tessalonicesi (Scritti delle origini cristiane 13), Bologna 1992, 284-287. 17 È chiaro che si tratta dello «spirito umano» investito dal carisma della glossolalia (cfr Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 747-748; cfr anche M. A. Chevalier, Esprit de Dieu, Paroles d’homme. Le rôle de l’esprit dans le ministères de la parole selon l’apôtre Paul, Neuchâtel 1966, 139-213. 18 Sul discernimento degli spiriti cfr in generale G. Therrien, Le discernement dans les écrits pauliniens (ÉB), Paris 1973; e per 1Cor 12,10 G. Dautzenberg, “Zum religionsgeschichtlichen Hintergrund der diakrisis pneumaton (1Kor 12,10)”, BZ 15 (1971) 93-104; la critica di W. A. Grudem, The Gift of Prophecy in 1 Corinthians, Washington 1982, 263-288; e le precisazioni di Kuss, “Lo Spirito”, 130-131; G. D. Fee, The First Epistle to the Corinthians (NICNT 4), Grand Rapids 1987, 596-597; Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 655-657. 19 Kuss, “Lo Spirito”, 121-169. 5 (Rom 5,5; 9,1; 14,17; 15,13.16; 1Cor 12,3; 2Cor 6,6; 1Tess 1,5.6) o “lo Spirito Santo” (1Cor 6,19; 2Cor 13,13; Ef 1,13). Egli è “lo Spirito di Dio” (1Cor 2,11.14; 3,16; 6,11; 7,40; 12,3; 2Cor 3,3; Rom 8,9.14; Fil 3,3), “il suo Spirito santo” (1Tess 4,8; cfr Ef 3,16; 4,30), “lo Spirito che (proviene) da Dio” (1Cor 2,12), “lo Spirito che ha risuscitato Gesù dai morti” (Rom 8,11). Ma esso è anche “lo Spirito di Cristo” (Rom 8,9 [senza art.]; Fil 1,19), “lo Spirito del Figlio suo” (Gal 4,6), “lo Spirito del Signore” (2Cor 3,17) e Cristo è “il Signore dello Spirito” (2Cor 3,18). Egli è “Spirito di santificazione” (Rom 1,4)20, “Spirito di vita” (Rom 8,2), “Spirito di figliolanza” (Rom 8,15), dove il genitivo lo si può interpretare anche come oggettivo. Altro fatto abbastanza interessante da osservare nell’epistolario paolino, riguardo all’uso del termine pneuma, mi sembra quello della “concentrazione”. È un fenomeno che possiamo osservare molto bene attraverso una concordanza statistica. Rom 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Tess 2Tess Fm 34 40 17 18 14 5 2 5 3 1 Se si tiene conto dell’ampiezza di ciascuna lettera, bisogna dire che la maggiore concentrazione di ricorrenze si trova in Gal e in Ef, a cui seguono 1Cor, Rom e 2Cor. Ma ciò non basta, perché all’interno di ciascuna lettera, vi è una concentrazione particolare di tali ricorrenze. Così in Rom 8 il termine pneuma lo si trova 21 volte, poco meno di due terzi delle 34 ricorrenze di tutta la lettera; sulle 40 ricorrenze di 1Cor, 8 si trovano in 1Cor 2,10-14 e 12 in 1Cor 12,3-13; nella 2Cor su 17 ricorrenze, 7 si trovano in 2Cor 3,3-18; in Gal su 18 ricorrenze 10 si trovano in Gal 5,1-6,10, inoltre non si trova alcuna ricorrenza di pneuma nei primi due capitoli di questa lettera. Non sempre è facile individuare il motivo di tale concentrazione. Così, per esempio, l’insistenza in Rom 8 vuole mettere in evidenza il ruolo determinante dello Spirito nella vita del cristiano; allo stesso modo Gal 5,1-6,10, la parenesi paolina della Lettera ai Galati, rimarca il ruolo-guida dello Spirito nella condotta morale del credente. Il testo di 1Cor 2,10-14, una digressione dottrinale, vuole porre in rilievo il ruolo dello Spirito nella “rivelazione della sapienza divina”, mentre 1Cor 12,3-13 è una presentazione dei “carismi” che lo Spirito produce nella comunità. 2Cor 3,3-18 vuol mostrare la grandezza del ministero apostolico della nuova alleanza, il quale, perché comunicato per opera dello Spirito, viene denominato da Paolo come il “ministero dello Spirito” (1Cor 3,8). Altro fenomeno interessante da dover rilevare mi sembra la preferenza di Paolo rispetto alla LXX circa la denominazione dello “spirito” come “spirito divino”. La LXX usa 4 volte l’aggettivo theios (= divino) per qualificare il pneuma. Paolo non usa mai questo aggettivo, mentre preferisce il genitivo possessivo o di appartenenza: “di Dio”, che a mio parere specifica meglio la natura divina dello “spirito” sia che esso venga inteso come una “forza emanante da Dio” o una personificazione di essa o una persona divina. Tale “spirito”, proprio perché proveniente da Dio, è “santo”, cioè porta in sé la caratteristica essenziale della natura divina: la santità e il thelema 20 Sul senso di quest’espressione cfr B. Schneider, “Kata; Pneu'ma ÔAgiwsuvnh" (Romans 1,4)”, Bib 48 (1967) 359-387; Kuss, “Lo Spirito”, 153-154. 6 di Dio: “siate santi, perché io sono santo” (cfr Lev 19,1-2; 1Tess 4,3). Per questo viene chiamato in Rom 1,4: “lo Spirito di santificazione”, perché esso comunica a noi la santità di Dio21. Egli scende su Cristo e “lo costituisce con potenza Figlio di Dio secondo lo Spirito di santificazione”, perché in Cristo deve essere manifestato con potenza e realizzato per noi il piano di santità di Dio, che è sapienza, giustificazione, santificazione, redenzione (1Cor 1,30) e inoltre nel Cristo noi possiamo divenire “figli nel Figlio” (Gal 4,4-7)22. Così, lo Spirito di Dio, che è anche lo Spirito di Cristo, apre la nostra esistenza ad una dimensione diversa da quella naturale e ci immette nella vita stessa di Cristo. In lui e nella potenza dello Spirito, ci viene aperto uno spazio vitale nuovo: la nostra esistenza, trasformata dall’azione redentrice del Cristo e condotta dall’azione santificatrice dello Spirito, diviene una “nuova creazione”, vissuta nella speranza che attende la pienezza della giustificazione (Gal 5,5) e nella fede agente per mezzo della carità (Gal 5,6), frutto dello Spirito (Gal 5,22) per la vita eterna (Gal 6,8). d) lo sfondo letterario del concetto di “spirito” Non è difficile, a mio parere, individuare la matrice letteraria del pensiero di Paolo sullo “Spirito di Dio”: essa è l’AT, riletto alla luce dell’evento di Cristo23. Bultmann stesso, cercando di leggere il pensiero paolino sullo “Spirito Santo” in termini di “storia delle religioni”, ha affermato senza difficoltà che la dottrina sullo Spirito santo ha le sue radici nell’AT, da cui ha assunto sia il modello animistico che quello dinamicistico24. Per quanto interessante possa essere tale affermazione, credo che offra ben poco per comprendere il pensiero di Paolo sullo “Spirito Santo”. Comunque, mette in evidenza che la radice letteraria profonda, a cui Paolo si ispira per presentare la realtà dello “spirito divino”, deriva essenzialmente dalla rivelazione veterotestamentaria. Da esso Paolo attinge il suo pensiero, ricavandone pensieri, immagini, modi di esprimere la realtà dello Spirito, in una parola l’AT offre a Paolo un modello letterario con cui esprimere il suo pensiero sullo Spirito. Ciò non può essere negato, ma Paolo è un cristiano e in quanto tale legge tutto l’AT alla luce di Cristo25, comprese le affermazioni che esso fa sullo Spirito. Quindi, abbiamo in Paolo non una ripetizione meccanica di immagini, parole, modi di 21 È una delle possibilità di interpretazione di Rom 1,4. È chiaro, però, che il sintagma preposizionale kata; pneu'ma aJgiwsuvnh" va posto in relazione con kata; savrka, ma data la progressività del pensiero in Rom 1,3-4 i due concetti non sono in contrapposizione, ma in una relazione progressiva, indicante semplicemente le due sfere di essere del Figlio di Dio. 22 Su questo punto cfr Buscemi, Galati, 365-399. 23 Cfr soprattutto F. Baumgärtel - W. Bieder - E. Sjöberg, pneu'ma, pneumatikov", GLNT, X, 848-928; H. Cazelles - R. Kuntzmann - M. Gilbert - E. Cothenet, “S. Esprit: Ancient Testament et Judaïsme”, DBS, fascicolo 60-61, 127-165. 24 Bultmann, Teologia, 318-319; cfr anche E. Schweizer, pneu'ma, pneumatikov", GLNT, X, 999-1002; 1023-1024. 25 Cfr gli studi di J. A. Fitzmyer, “The Use of explicit Old Testament Quotations in Qumran Literature and in the New Testament” NTS 7 (1961) 297-333; E. E. Ellis, “How the New Testament uses the Old”, in I. Howard Marshall, New Testament Interpretation, Exeter 1977, 199-219; C. D. Stanley, Paul and the Language of Scripture: Citation Technique in the Pauline Epistles and Contemporary Literature (SNTS MS 74), Cambridge 1992; Kuss, “Lo Spirito”, 160-166. 7 esprimersi, ma una rilettura di tutto ciò che lo Spirito operava nell’AT alla luce di Cristo. Ecco perché nel NT lo Spirito non è più solo in rapporto al Padre, ma è anche in rapporto a Cristo. E tutto ciò che nell’AT è detto dello Spirito è visto alla luce del suo pieno adempimento nella vita di Cristo e dei cristiani, oppure lo Spirito guida tutto verso questo evento escatologico che porterà a compimento il piano divino della promessa e della salvezza. In primo luogo, Paolo eredita dall’AT il termine pneuma26, che nella versione greca dei LXX traduce 264 volte su 377 l’ebraico ruakh. Esso non ha senso univoco, ma può indicare: 1) il vento; 2) il respiro dell’uomo o dell’animale, mettendo in rilievo sia l’energia vitale che il dinamismo dell’essere vivente; 3) lo “spirito”, quale parte costituente dell’uomo, precisamente l’orientamento profondo con cui l’uomo si dirige verso Dio e verso i suoi simili; 4) lo “spirito di Dio”: in almeno 100 casi esso viene chiamato “spirito di Dio”, “spirito di Jahvé”, “potenza di Dio” che viene da lui, investe l’uomo, lo penetra, si stabilisce in lui, lo abilita ad una missione. Tale “spirito di Dio”, secondo Is 32,15-20, sarà effuso dall’alto e feconderà il deserto producendo giustizia, pace e perenne sicurezza, mentre per Ez 37,1-14 esso darà nuova vita al popolo di Dio, ridotto ad un’ammasso di “ossa aride”. Ma lo “spirito di Dio”, secondo l’oracolo di Is 11,1-9, si poserà sul Messia, “il germoglio del tronco di Iesse: “Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. ... La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. ... (Per mezzo di lui) la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare”. È l’instaurazione del tempo messianico, quando Dio farà una nuova alleanza con il suo popolo donandogli un cuore nuovo e uno spirito nuovo: “Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare in pratica le mie leggi” (Ez 36,26-27). Allora si adempirà la profezia di Gl 3,1-5: “Dopo questo effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie ... e chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Sotto l’influsso della cultura ellenistica27, la rivelazione veterotestamentaria aggiunge un altro tassello alla nostra conoscenza profonda dello “spirito di Dio”. Così, in Sap 1,7 si legge: “Lo spirito del Signore riempie l’universo e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce”. Egli prende dimora nella sapienza e per mezzo di essa “diviene uno spirito amico degli uomini” (Sap 1,6), il loro educatore (Sap 1,4) nella ricerca della verità e della saggezza. C’è un rapporto stretto e intimo tra Sapienza e “spirito di Dio”, come sta scritto in Sap 7,22-23: “In essa c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri e sottilissimi”. Tale “spirito” è inviato dall’alto per rivelarci il pensiero di Dio e il cammino della saggezza, che raddrizza i sentieri dell’uomo e lo conduce alla 26 Per un’esposizione più dettagliata cfr F. Baumgärtel, pneu'ma, pneumatikov", 848-883. 27 Cfr soprattutto M. Gilbert - E. Cothenet, “S. Esprit: Ancient Testament et Judaïsme”, DBS, fascicolo 60-61, 153-156; W. Bieder, pneu'ma, pneumatikov" , GLNT, X, 873-883. 8 salvezza (Sap 9,17-18). E ciò avviene, perché “lo Spirito del Signore, amante della vita, è in tutte le cose: egli castiga poco alla volta i colpevoli e li ammonisce ricordando loro i propri peccati, perché rinnegata la malvagità, credano in te, Signore” (Sap 12,1). 2) Lo Spirito di Dio Abbiamo fatto accenno diverse volte al carattere esperienziale della dottrina paolina. Per questo, alcuni esegeti pensano che il metodo migliore per comprendere il pensiero di Paolo sullo “Spirito santo” sia quello induttivo di partire dai doni straordinari che lo Spirito, quale dono carismatico del tempo escatologico, produce nei credenti che lo hanno ricevuto nel battesimo28. Tale metodologia non mi sembra adeguata, perché Paolo, più che esperimentare i “carismi”, egli fa in primo luogo l’esperienza profonda e profetica del dono dello Spirito, la potenza di Dio che lo immette nella vita di Cristo e lo conduce alla conformazione totale a Cristo. Lasciarsi guidare dallo Spirito (Gal 5,18) diviene l’esperienza fondamentale dell’“essere liberati dalla legge” e “vivere da figli nel Cristo Gesù” (Gal 4,5-7), esperimentando la potenza del suo amore (Rom 5,5), da cui hanno origine tutti i carismi. I carismi, infatti, scaturiscono dall’amore, frutto dello Spirito (Gal 5,22), ed edificano il corpo di Cristo nell’amore e per mezzo dell’amore che essi significano e manifestano. Esse sono forme potenti e diffusive dell’amore. In questo senso, tutti i cristiani sono carismatici e lo sono non perché hanno ricevuto il carisma della glossolalia o il carisma della profezia o qualsiasi altro carisma, ma perché hanno ricevuto lo Spirito e camminano secondo lo Spirito. La prima esperienza del cristiano è quella di “essere nello Spirito” (Rom 8,9), quella di “avere lo Spirito”, sentire che “lo Spirito abita in noi” (Rom 8,9) e di “essere condotti per mezzo dello Spirito” (Gal 5,16.18). Solo dopo, essi esperimentano che lo Spirito li muove in questa o in un’altra direzione, produce in essi questa o quell’altra dynamis secondo l’utilità dell’edificazione del corpo di Cristo (1Cor 12,4-13). a) la sua origine è da Dio In tal senso è molto significativo il testo di 1Cor 2,10-14: “A noi (le cose misteriose di Dio) le ha rivelate Dio stesso per mezzo dello Spirito, giacché lo Spirito scruta tutto, anche le profondità di Dio. Infatti, quale uomo conosce mai i segreti dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Alla stessa maniera, i segreti di Dio nessuno li conosce se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinché possiamo conoscere le cose che da Dio ci sono state gratuitamente donate. E di queste cose noi parliamo non con discorsi dell’umana saggezza, ma con quelli insegnati dallo Spirito, agli spirituali adattando cose spirituali. L’uomo psichico, però non accetta le cose dello Spirito di Dio, giacché per lui sono follia e non può conoscerle, perché vengono esaminate spiritualmente”29. 28 È l’impostazione, per esempio, di Kuss, Romani, II, 121-122; Lemenon, “Saint Esprit. III: L’esprit saint dans le corpus paulinien”, DBS, fascicolo 60-61, 198, che a mio parere, più che Kuss, confonde “l’esperienza dello Spirito” con gli “effetti” che lo Spirito produce. 29 Con Kuss, “Lo Spirito”, 151-152; Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 175-178. 9 In primo luogo, questo testo mette in evidenza che “lo Spirito è da Dio”, cioè ha la sua origine in lui, per questo è “lo Spirito di Dio” perché gli appartiene (1Tess 4,8) ed è intimo a lui, tanto da poter scrutare le sue stesse profondità. Esso non è “lo spirito del mondo”, ma è stato mandato (Gal 4,4) nel mondo per rivelare “i segreti di Dio”, affinché coloro che lo ricevono (Gal 3,2; 1Tess 4,8), divenendo così “spirituali” (cfr Ef 3,16), possono conoscere le cose che da Dio ci sono state gratuitamente donate. In secondo luogo, il testo insiste nel dire che “lo Spirito scruta le profondità di Dio” e “conosce i segreti di Dio”. Tale insistenza, e anche il paragone con “lo spirito dell’uomo”, vuol mostrare che lo Spirito è della stessa natura di Dio e vive in intimità con Dio. Ciò non significa che lo Spirito e Dio si confondono tra loro: essi sono uno per ciò che concerne la natura divina, ma lo Spirito è “da Dio” ed è inviato “per rivelare le cose di Dio”. Non si tratta, pertanto, di una parte costituente di Dio, alla stessa maniera dello “spirito dell’uomo”, ma Dio è il Padre che stabilisce il suo thelema, ma lo rivela a noi per mezzo dello Spirito, che abita in noi (1Cor 3,16), ci giustifica rendendoci uomini spirituali (1Cor 2,12-13; 6,11b; Rom 8,9-11.14; Ef 3,16) e ci istruisce “nella sapienza di Dio nascosta nel mistero” (1Cor 2,7) e così poter proclamare: “Gesù è il Signore” (1Cor 12,3) a gloria di Dio Padre (Fil 2,11). b) è lo Spirito di Cristo Uno speciale rapporto esiste tra Cristo è lo Spirito30, tanto che 2Cor 3,17 può affermare che “il Signore è lo Spirito, ma dove è lo Spirito del Signore, ivi è libertà”31. L’affermazione paolina è certamente di difficile comprensione, ma la seconda parte del versetto ci può aiutare a comprendere la prima parte di esso. Ora, in 3,17b lo Spirito è detto “Spirito del Signore”, cioè “lo Spirito di Cristo”, dato che nel NT “Gesù è il Signore” (1Cor 12,3; Fil 2,11). Allora, il genitivo possessivo o di appartenenza indica che lo Spirito appartiene a Cristo, è il suo Spirito. Tenuto conto di ciò, l’espressione “il Signore è lo Spirito” non vuole identificare Cristo con lo Spirito, ma vuole affermare che egli con la resurrezione non solo è stato elevato dal Padre a Signore, ma è anche divenuto “Spirito vivificante” (1Cor 15,45), in quanto ci comunica (Fil 1,19) lo “Spirito che vivifica” (2Cor 3,6), che toglie il velo dal nostro cuore per manifestare la gloria del Signore (2Cor 2,16.18), essere trasformati nella sua immagine di gloria in gloria (2Cor 3,18) ed essere per tutti una lettera aperta “scritta con lo Spirito del Dio vivente” (2Cor 3,3), che proclama a tutti che “dove è lo Spirito del Signore, ivi è libertà” (2Cor 3,17). Lo stesso insegnamento troviamo in Rom 8,9-11: “Voi non siete nella carne ma nello Spirito, a condizione che lo Spirito 30 Kuss, “Lo Spirito”, 152-156; R. Penna, Lo Spirito di Cristo, Brescia 1976, 207-235; D. J. Lull, The Spirit in Galatia. Paul’s Interpretation of PNEUMA as Divine Power, Ann Arbor (Michigan) 1980. 31 Il testo è certamente di difficile interpretazione, ma il suo senso è abbastanza chiaro e non intende affermare una stretta identificazione tra “il Signore” e “lo Spirito” (cfr Kuss, “Lo Spirito”, 154; K. Prümm, “Die katholische Auslegung von 2Kor 3,17 in den letzen vier Jahrzehnten nach ihren Hauptrichtungen”, Bib 31 (1950) 316-345; 459-482; B. Schneider, «Dominus autem Spiritus est” (II Cor 3,17a), Roma 1951; J. D. G. Dunn, “2Corinthians III,17 – ‘The Lord is the Spirit’ ”, JTS 21 (1970) 309-320; D. Greenwood, “The Lord is the Spirit: Some Considerations of 2Cor 3,17”, CBQ 34 (1972) 467-472. 1 0 di Dio abiti in voi. Che se qualcuno non possiede lo Spirito di Cristo, questi non è suo. Se Cristo poi è in voi, il corpo è bensì morto per il peccato, lo Spirito invece è vita per la giustizia. Pertanto se lo Spirito di Colui che risuscitò dai morti abita in voi, colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Qui l’intercambiabilità tra lo “Spirito di Dio” e lo “Spirito di Cristo” è evidente e rimarcata dalla ripetizione. Lo Spirito appartiene a Dio e a Cristo e porta a compimento il disegno del Padre e l’opera redentrice e giustificatrice di Cristo. Così, lo Spirito abita nel cristiano in cui vive Cristo e il cristiano vive nello Spirito che è vita a motivo della giustificazione operata da Cristo e ci testimonia continuamente il nostro essere figli di Dio (Rom 8,14-15; Gal 4,6). c) la missione dello Spirito È la missione dello Spirito, così come ce la presenta il testo di Gal 4,6: “Ora, poiché siete figli, Dio mandò lo Spirito del Figlio suo per gridare nei vostri cuori: Abba! Padre!”32. Il versetto segue all’affermazione di Gal 4,5 che il Figlio, inviato dal Padre nella pienezza del tempo (Gal 4,4), ci ha liberati dalla sottomissione alla legge e soprattutto ci ha permesso di ricevere l’adozione a figli, pienezza della nostra libertà. È lo schema dell’Esodo: si è liberi, non perché si è usciti dall’Egitto del peccato, ma perché siamo ritornati da figli alla comunione con il Padre. Tutto ciò diviene una realtà per chiunque crede (Gal 3,8.14) e nel battesimo diviene “uno nel Cristo” (Gal 3,27-28), che lo ha riscattato dalla maledizione della legge (Gal 3,13), lo ha immesso nella benedizione di Abramo e lo ha reso partecipe dello Spirito promesso (Gal 3,14). Tale Spirito, promesso dalle profezie di Ez 36,26-27 e di Gl 3,1-5, è stato inviato da Dio “nei nostri cuori”, cioè nel profondo della nostra esistenza cristiana, per divenire principio (cfr la struttura sintattica della frase: verbo di movimento + participio congiunto di valore finale)33 personale ed intimo della nostra figliolanza divina. Così viene sottolineata la funzione attiva dello Spirito nella vita del cristiano. Tale attività si esprime soprattutto in un grido di preghiera filiale. Da notare che, a differenza di Rom 8,15, non è il cristiano che prega, ma è lo Spirito che grida in noi. Tale attività dello Spirito è una realtà profonda in cui si intrecciano preghiera ed esperienza personale intima dell’essere figli di Dio. Ma è inutile credere che tra Gal 4,6 e Rom 8,15 ci sia una “contraddizione”34: il cristiano può “gridare: Abba! Padre”, solo perché ha ricevuto lo “spirito di figliolanza” (Rom 8,15-16). Infatti, quanti si lasciano condurre dallo Spirito, costoro sono figli di Dio” (Rom 8,14) e lo Spirito viene in aiuto alla loro debolezza e intercede per loro con gemiti inesprimibili (Rom 8,26). È lo stesso grido che sale a Dio e che nell’azione dello Spirito rinnova il cristiano e lo conduce alla vita eterna (Gal 6,8) e al possesso del Regno di Dio (Gal 5,21). 32 Su Gal 4,6 cfr S. Zedda, L’adozione a figli di Dio e lo Spirito Santo, Roma 1952; Penna, Lo Spirito di Cristo, 207-235; Buscemi, Galati, 395-398. 33 Buscemi, Galati, 397; Viteau, Étude, I, 298; BDR, Grammatica, 418,4; Turner, Syntax, 157. 34 Kuss, “Lo Spirito”, 156. 1 1 3) La vita secondo lo Spirito Lo Spirito Santo è in azione nella vita del cristiano sin dall’inizio della “vita nuova in Cristo”. Paolo lo afferma chiaramente in Gal 3,3: “Dopo aver cominciato mediante lo Spirito, ora volete essere condotti alla perfezione mediante la carne?”. L’espressione “dopo aver cominciato mediante lo Spirito” certamente è una ripresa dell’altra espressione: “avete ricevuto lo Spirito” di Gal 3,2. Entrambi sono posti in un passato ben preciso. Stando alla domanda di Gal 3,2, si potrebbe pensare che tale momento corrisponda alla decisione dell’uomo di abbandonarsi totalmente a Dio per mezzo della fede. Da quel momento, il credente inizia il suo cammino di fede per essere di Cristo. Ciò corrisponde solo in parte al pensiero di Paolo. Il cristiano, infatti, diviene “uno in Cristo” (Gal 3,28) solo dopo “essersi rivestito di Cristo” nel battesimo (Gal 3,27), dopo “essere stato crocifisso con Cristo” (Gal 2,19-20; 5,24; 6,14). Solo allora egli esprime pienamente la sua adesione di fede a Cristo e in lui comincia a “vivere e a camminare secondo lo Spirito”. Ha inizio “la nuova vita in Cristo” e il cristiano la vive “mediante lo Spirito”. Tutto ciò è ben sintetizzato in Ef 1,13-14: “In lui anche voi, dopo aver udito la parola della verità, il Vangelo della nostra salvezza, dopo aver creduto, siete stati contrassegnati con lo Spirito della promessa, cioè lo Spirito Santo, il quale è pegno della nostra eredità per il raggiungimento della redenzione che ci ha acquistati a Dio in lode della sua gloria”35. Ma l’azione dello Spirito non è rivolta solo alla trasformazione dell’individuo che nella fede e nel battesimo diviene “uno in Cristo”, ma soprattutto egli agisce per l’edificazione del “corpo di Cristo”. “In realtà, dice Paolo in 1Cor 12,13, noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, sia giudei sia greci, sia servi sia liberi; tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito”. a) Lo Spirito opera nel cuore dei credenti Lo Spirito, in primo luogo, agisce nel cuore dei credenti. Egli, infatti, è stato inviato da Dio nei nostri cuori (Gal 4,6). Anzi, “Colui che ci corrobora insieme a voi in Cristo e ci ha donato l’unzione, è Dio, lui che ci ha pure segnati del suo sigillo e ha deposto la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2Cor 1,21-22). E tale avvento ha un primo effetto descritto da Rom 5,5: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato”. Sta qui tutta la vita del cristiano, perché per mezzo della fede espressa nel battesimo abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per mezzo della fede e dello Spirito attendiamo la speranza della giustificazione (Gal 5,5), e questa ci guida nel tempo presente in modo da “camminare secondo lo Spirito”. E per mezzo di lui agire nell’amore, che è libertà dalla legge (5,18), da un’esistenza egoista (5,24) e soggetta al peccato (Gal 3,22) e al dominio minaccioso del mondo presente (Gal 1,4; 6,14), in modo da vivere come creature nuove (Gal 6,15) e da figli di Dio (Gal 4,5-7). Noi, infatti, “siamo stati chiamati alla libertà; solo non sia tale libertà un pretesto per la carne, ma per mezzo della carità servitevi gli uni gli altri. Tutta la legge infatti è adempiuta in un solo comando, in questo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» 35 Per l’interpretazione di Ef 1,13 cfr A. M. Buscemi, Gli Inni di Paolo. Una sinfonia a Cristo Signore (SBF Analecta 48), Jerusalem 2000, 105-107. 1 2 (Gal 5,13-14; Rom 13,8-10). In tal senso, l’importante della vita cristiana, il centro esistenziale e portante di essa, non è avere questo o quell’altro carisma che ci rende attivi o ci dà l’impressione di essere potenti nello Spirito, ma ricevere per mezzo della fede lo Spirito Santo che produce in noi l’amore (Gal 5,22). Tale esistenza nuova la si vive “camminando secondo lo Spirito”, come si legge in Gal 5,16-25: “Camminate secondo lo Spirito e il desiderio della carne non soddisferete. La carne infatti ha desideri contro lo Spirito e lo Spirito contro la carne, queste cose infatti sono in contrasto fra loro, di modo che non potete fare ciò che volete. Se dunque siete condotti dallo Spirito non siete sotto la legge. Le opere della carne d’altronde sono manifeste; esse sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, malefici, inimicizie, contesa, gelosia, ire, intrighi, discordie, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e cose simili, circa le quali vi prevengo, come già vi ho prevenuto, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, longanimità, gentilezza, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza; contro tali cose non c’è legge. Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le passioni e i desideri. Se viviamo secondo lo Spirito, secondo lo Spirito anche ci conformiamo”36. È interessante notare in questo testo il carattere dinamico della “vita nuova”. Così, il cristiano deve “camminare secondo lo Spirito”. Nella mentalità giudaica “il camminare”, nel suo senso metaforico-religioso, indica l’Halakah, il comportamento morale “secondo la legge di Dio”. Paolo non rifiuta tale mentalità, ma precisa il concetto di “legge di Dio”. Essa non sta “nella lettera” della legge, ma “nello Spirito”, “la lettera, infatti, uccide, lo Spirito vivifica” (2Cor 3,4). Allora, bisogna “camminare secondo la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù” (Rom 8,2). Così si adempie nel cristiano la profezia di Ez 36,27: per mezzo dello Spirito, che abita e agisce in noi, le prescrizioni della legge vengono portate a compimento e “non camminiamo più secondo la carne ma secondo lo Spirito” (Rom 8,4), perché “ciò a cui aspira la carne è morte, ciò cui tende lo Spirito è vita e pace” (Rom 8,6). La seconda espressione paolina si aggancia direttamente a questa idea: “Se realmente vi lasciate condurre dallo Spirito”. Notate la forma della condizionale della realtà: “se realmente”. Essa prende di mira tutti i nostri “se”, “ma”, in una parola tutti i nostri contorcimenti mentali e compromessi comportamentali. Non si può giocare con lo Spirito: bisogna decidersi costantemente per una lotta senza concessioni contro la carne, cioè contro un’esistenza egoistica, in modo che lo Spirito divenga l’orizzonte interiore del nostro vivere in Cristo e la forza determinante della nostra esistenza. Ecco perché Paolo usa in greco un medio dinamico causativo: “se vi lasciate condurre”. Bisogna non spegnere lo Spirito (1Tess 5,19), ma seguirne sempre e con obbedienza le sollecitazioni interiori. Solo allora si divieni liberi e si adempie perfettamente la legge di Dio, che è amore. Esso non è “un’opera della carne”, ma il frutto prodotto dallo Spirito in noi e si manifesta in tutte le virtù che alimentano la vita fraterna della comunità cristiana: “gioia, pace, longanimità, gentilezza, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza; contro tali cose non c’è legge” (Gal 3,22). Sta qui il dinamismo della vita cristiana: produrre il frutto dello Spirito, l’amore che assume su di sé la passione di Cristo, crocifiggendo le proprie 36 Per l’interpretazione di Gal 5,16-25 rimando a Buscemi, Galati, 548-566. 1 3 passioni (Gal 3,25) e conformandosi pienamente e coraggiosamente (Gal 5,25) alla “legge dello Spirito della vita” (Rom 8,2), che edifica la comunità (1Cor 8,1). b) Lo Spirito opera all’interno della comunità Raggiungiamo, così, la dimensione comunitaria dell’azione dello Spirito. Essa non è diretta a formare principalmente l’individuo, il cristiano secondo lo Spirito, ma attraverso la formazione dei singoli credenti tende ad edificare la comunità ecclesiale, il “corpo di Cristo”. “E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, sia Giudei sia Greci, sia servi, sia liberi; e tutti ci siamo abbeverati in un solo Spirito” (1Cor 12,13)37. Attraverso l’azione dell’unico Spirito nel battesimo, si costituiscono le singole membra dell’unico corpo di Cristo. Come all’inizio della prima creazione, nel soffio dello Spirito si forma il Cristo come l’unico corpo che è la Chiesa (cfr Col 2,18a). Per mezzo della fede in Cristo siamo tutti divenuti figli di Dio e nel battesimo ci siamo rivestiti di Cristo e “non c’è più né Giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo e donna, ma tutti voi siete uno nel Cristo Gesù. E se siete di Cristo, siete seme di Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal 3,26-28). La morte di Cristo ha annullato le differenze e per tutti i popoli la benedizione di Abramo è divenuta una realtà e tutti abbiamo ricevuto lo Spirito promesso (Gal 3,13-14). Di più: “Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto di ambedue una cosa sola, che ha abbattuto il muro divisorio del recinto, l’inimicizia nella sua carne, annullando la legge dei precetti per mezzo di ordinamenti, allo scopo di creare in sé stesso i due come un unico uomo nuovo, facendo la pace, e riconciliare a Dio l’uno e l’altro in un solo corpo mediante la croce uccidendo l’inimicizia in se stesso. Ed essendo venuto, annunziò pace a voi lontani e pace ai vicini, poiché mediante lui abbiamo accesso entrambi in un unico Spirito al Padre” (Ef 2,14-18). Tutto ciò scaturisce dalla “grazia del Signore Gesù Cristo, dall’amore del Padre e dalla comunione dello Spirito Santo” (2Cor 13,13). In questa frase i genitivi sono tutti soggettivi, per cui lo Spirito Santo è colui che crea la comunità, che la fa divenire un corpo solo, un solo uomo nuovo. Egli realizza, attualizza e manifesta il nostro “essere uno in Cristo”, in modo che noi siamo nel Cristo e Cristo è in noi (Gal 2,20). Nello Spirito e per mezzo dello Spirito diveniamo una comunità viva, afferrata da Cristo Signore nel più profondo della nostra esistenza (Gal 2,20), efficace nella potenza dei carismi che il Padre ci elargisce potentemente attraverso l’azione interiore del suo santo Spirito (Gal 3,5). c) I carismi dello Spirito Per questo Paolo può scrivere in 1Cor 12,4-11: “Vi sono diversità di carismi, ma identico è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma lo stesso è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma lo stesso è Iddio che opera tutto in tutti. A ciascuno, poi, è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune: a uno infatti per mezzo dello Spirito è concesso il discorso di sapienza, a un altro il discorso di conoscenza 37 Per la comprensione di questo testo rimando a Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, 666669; J. Hanimann, “«Nous avons été abreuvés d’un seul Esprit». Note sur 1Cor 12,13b”, NRT 94 (1972) 400-405. 1 4 secondo il medesimo Spirito, a un altro carismi di guarigione nell’unico Spirito, a un altro operazioni di miracoli, un altro la profezia, a un altro il discernimento degli spiriti, a un altro generi di lingue, un altro infine la interpretazione delle lingue. Tutto questo però lo compie l’unico e identico Spirito, distribuendo singolarmente a ciascuno come vuole”. Questo lungo testo si inserisce in una lunga catechesi di Paolo sui “carismi”38. La struttura generale di tale catechesi è semplice: in 1Cor 12,1-31 l’apostolo enuncia i carismi principali e ne mette in evidenza la loro origine e il loro fine; in 1Cor 13 parla dell’agape, quale sorgente unica dei carismi, fondamento per il loro espletamento, fine ultimo a cui essi devono condurre: essa è la via che sorpassa ogni altra via, la manifestazione per eccellenza dello Spirito; infine, in 1Cor 14 traccia delle norme per il buon uso di tale carismi all’interno della comunità. 1º) molteplicità dei carismi, ma uno è lo Spirito In 1Cor 12,4-11, lo Spirito viene nominato 6 volte: è una “concentrazione” che ci impone alcune riflessioni sul testo: 1º) mette in evidenza che il termine “spirito” ha una valenza particolare: esso agisce alla maniera di Dio (= il Padre) che per mezzo suo opera tutto in tutti: elargisce lo Spirito e i doni dello Spirito (cfr Gal 3,5), alla maniera del Signore Gesù Cristo da cui derivano tutti i carismi del servizio ecclesiale trasmessi attraverso l’azione dell’unico Spirito. Abbiamo, quindi, un’accentuazione trinitaria del dono dello Spirito, da cui hanno origine tutte le opere della salvezza, della conoscenza e della santificazione. 2º) Tutto deriva dall’unico Spirito: nella vita cristiana la cosa più importante non è possedere questo o quell’altro carisma. Essi sono manifestazioni dell’unico Spirito e pertanto ciò che conta è “ricevere lo Spirito” ed essere fedeli e obbedienti a lui, in modo da produrre sotto la sua guida il frutto dello Spirito: l’amore. 3º) Ogni manifestazione dello Spirito è per il bene comune: ciascuno deve operare come membro dell’unico corpo, che, pur nella diversità dei carismi e della propria storia personale, deve divenire “uno in Cristo” (Gal 3,28) e contribuire ad edificare l’uomo nuovo “nel Cristo Gesù” (Ef 2,14-16): “in lui l’intero edificio, ben compaginato, cresce in tempio santo nel Signore; in lui anche voi, insieme con gli altri, venite costruiti per divenire abitazione di Dio in virtù dello Spirito” (Ef 2,21-22). 4º) Paolo enumera una serie di manifestazioni dello Spirito che egli chiama con diversi nomi: carismi, doni spirituali, operazioni efficaci, servizi, azioni potenti e miracolose. Essi, inoltre, svolgono una particolare funzione nella comunità. Per questo vi sono: a) i carismi della scienza: precisamente, il “discorso di sapienza”, che usufruisce di una particolare illuminazione per penetrare e annunciare la sapienza del “mistero di Dio”, che si manifesta principalmente nella Croce di Cristo (1Cor 1,18-24) e ci è rivelato per mezzo dello Spirito che penetra nelle profondità di Dio (1Cor 2,7-11); e il “discorso di conoscenza”, che si manifesta nell’ufficio “dell’apostolo” (Ef 4,11; Rom 12,7), “del maestro e dell’evangelista” 38 La bibliografia è immensa, per questo qui offro solo qualche titolo di sintesi: H. Conzelmann, cavrisma, GLNT, XV, 606-616; Kuss, “Lo Spirito”, 122-150; G. D. Fee, “Gifts of the Spirit”, in in G. G. Hawthorne - R. P. Martin – D. G. Reid (edd.), Dictionary of Paul and His Letters, Downers Grove – Leicester 1993, 339-347; E. Nardoni, “The Concept of Charism in Paul”, CBQ 55 (1993) 68-80; J. D. G. Dunn, The Teology of Paul the Apostle, Grand Rapids – Cambridge 1998, 552561. 1 5 (1Cor 12,29; Ef 4,11) o “dei dottori e pastori” (Ef 4,11), che illustrano alla comunità il kerygma essenziale della fede nella paradosis e nella catechesi, “per la preparazione dei santi all’opera del ministero” (Ef 4,12; Rom 12,7-8); b) i carismi della potenza, con cui viene manifestato nella comunità e fuori di essa l’agire potente di Dio a favore del suo popolo: essi sono i carismi della fede potente che smuove anche le montagne, delle guarigioni, dei miracoli; c) i carismi del servizio comunitario: i doni dell’assistenza, del governo (1Cor 12,28; Rom 12,6-8); d) i carismi profetici: la profezia e il discernimento degli spiriti (1Cor 12,10.28; 14,1; Rom 12,6) d) infine, la glossolalia e l’interpretazione delle lingue, a cui i Corinti attribuivano molta importanza, ma che Paolo cerca di sottomettere in primo luogo al carisma della profezia (1Cor 14,1-5) e soprattutto alla agape (1Cor 13,1; 14,1). 2º) per l’edificazione della comunità Tutti i carismi sono dati per l’edificazione della Chiesa di Dio nella carità, “in maniera che perveniamo tutti alla perfetta unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, all’uomo perfetto, alla misura della piena maturità di Cristo” (Ef 4,13). Essi sono la manifestazione dello Spirito nel tempo escatologico, che ci impegnano in vista del Regno di Dio (Gal 5,21). Per questo Paolo ammonisce ripetutamente: “Perseguite la carità” (1Cor 14,1), “siate fervorosi nello Spirito”, “facendo la verità nella carità, sforziamoci di crescere sotto tutti i riguardi in lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo riceve armonia e compattezza mediante ogni specie di giuntura che somministra nutrimento secondo l’energia propria a ogni singola parte. Così, il corpo opera la propria crescita per l’edificazione di se stesso nella carità” (Ef 4,16). Nessuno può essere veramente carismatico se non vive nell’amore e non si esercita nell’amore. “La carità, giammai cadrà. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà. Parzialmente conosciamo e parzialmente profetiamo, quando però sarà venuto ciò che è perfetto, quello che è parziale sarà abolito. ... Ciò che rimane è la fede, la speranza, la carità, ma la più grande di esse è la carità”. E non può essere differentemente: alla fede succederà la visione ((2Cor 5,7), alla speranza il raggiungimento del fine ultimo (Rom 8,27). Rimane solo la carità, il frutto dello Spirito (Gal 5,22), che ci apre alla vita eterna e al Regno di Dio, come sta scritto in Gal 6,8-9: “Ciò che un uomo semina, proprio questo raccoglierà; poiché chi semina nella propria carne, dalla carne raccoglierà rovina; chi invece semina nello Spirito, dallo Spirito mieterà vita eterna. Allora di fare il bene non stanchiamoci, perché a suo tempo mieteremo se non ci siamo stancati”.