Il Libro e i libri Mappa dell`Unità Ermetis – Torniamo per un

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Il Libro e i libri Mappa dell`Unità Ermetis – Torniamo per un
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Il Libro e i libri
Mappa dell'Unità
Ermetis – Torniamo per un momento al problema che mi avete posto ieri: se cioè ci siano stati scienziati nel mondo
arabo. Quella domanda ci ha permesso di riflettere su che cosa sia uno “scienziato”, ma non posso dire che la risposta
sia stata esauriente. C’è una particolarità del mondo arabo, e medievale in genere, che occorre tenere presente, e cioè
quello dell’istruzione.
Facciamo un passo indietro. Nella prima parte di questa Conversazione ho fatto ampi riferimenti alle due grandi
istituzioni culturali del mondo greco classico: l’Accademia platonica e il Liceo aristotelico. Il numero di coloro che erano
ammessi alla frequenza dei corsi non dipendeva soltanto da criteri di tipo elitario - le due istituzioni infatti non erano
aperte a tutti ma solo ai più abbienti - ma anche culturale; certamente gli allievi di Platone prima e di Aristotele poi
dovevano essere già in possesso di una solida cultura personale, ragione per cui possiamo paragonare le due istituzioni
a qualcosa come le attuali università. In comune, esse avevano il carattere laico e indipendente, in quanto non erano
un’emanazione dello Stato e non avevano una funzione pubblica. Poi venne il Museo di Alessandria, voluto e finanziato
da un sovrano ma pur sempre concepito come una libera istituzione culturale. L’elemento di novità del Museo fu il suo
carattere cosmopolita, poiché per la prima volta nella storia gli insegnanti provenivano da culture e popoli diversi, dai
greci agli orientali.
In linea di massima, si può presumere che ciò che uno studente doveva già sapere per entrare a far parte di queste
istituzioni dipendeva strettamente da quanto la scuola gli aveva trasmesso nella prima giovinezza: lettura, scrittura,
aritmetica e geometria, grammatica e infine retorica, ovvero l’arte dell’eloquenza. Mentre la Grecia affidava alla famiglia
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e ai pedagoghi privati l’istruzione di base, a Roma cominciarono a diffondersi le scuole pubbliche fin dal III-II secolo
a.C., e, come si può capire dall’elenco delle materie, era una formazione di carattere quasi uniformemente “umanistico”.
La matematica, infatti, era ritenuta comunemente uno strumento adatto a scopi puramente pratici, e solo nei grandi
centri accademici veniva associata allo studio dell’astronomia e della musica.
Poi vi furono le traumatiche trasformazioni sociali ed economiche che portarono alla caduta dell’impero d’occidente e
alla conseguente stagnazione culturale che durò all’incirca dal VI al X secolo. In quei secoli, che per lungo tempo sono
stati visti come oscuri, l’unica forma di istruzione fu garantita dai monasteri, ma la preparazione culturale dei monaci fu
per lungo tempo di molto inferiore a quella degli insegnanti greco-romani. Sarà Carlo Magno a stabilire un “piano di
studi” per la formazione degli intellettuali che si rifaceva quasi totalmente ai modelli classici della latinità. Nel frattempo
l’Accademia e il Liceo avevano cessato la loro attività mentre il Museo di Alessandria dovette subire la dura ostilità delle
autorità religiose cristiane.
Siamo così arrivati al “rinascimento islamico”.
Non c’è dubbio che la rapidità con cui l’islam assorbì la cultura ellenista fu sorprendente, ma ciò non fu certamente
dovuto a un piano di istruzione pubblica articolato e complesso. In una prima istanza, come abbiamo visto, gli Arabi si
avvalsero dell’opera di intellettuali già formati, di altre lingue e culture, disposti a mettersi al servizio di una classe
dirigente particolarmente aperta e generosa. Questi intellettuali non erano dunque espressione dell’islam, ma
discendevano dalle istituzioni culturali greco-elleniste. In breve tempo però, nello strutturarsi politico e sociale del vasto
impero abbaside, il problema dell’istruzione pubblica si pose in tutta la sua importanza, e, esattamente come stava
avvenendo in Europa, anche gli Arabi assegnarono l’istruzione popolare all’opera delle istituzioni religiose, ovvero alle
moschee.
Questo è un elemento su cui vale la pena di fermarsi a riflettere. Anche se non si può parlare, per il mondo musulmano,
di un vero e proprio clero, in quanto l’islam ritiene che ogni fedele è guida spirituale di se stesso, certamente esiste un
diffuso ceto intellettuale “popolare” a cui sono affidati lo studio e la divulgazione del Corano. In altre parole, sia l’islam
che il cristianesimo, e per l’islam è ancora adesso così, fondavano la formazione culturale di ogni persona sulla
conoscenza del libro sacro, ritenuto l’origine di ogni sapere e la condizione per la determinazione di ciò che si può
ritenere vero. Sia la Bibbia che il Corano, in quanto “parola di Dio”, erano posti a fondamento di ogni principio di autorità,
sia spirituale che morale, sia politica che intellettuale. Una cosa completamente diversa rispetto ai principi pedagogici
greco-romani, anche se possiamo ritenere che, nel mondo greco, una funzione analoga l’abbiano avuta per lungo tempo
i testi omerici; con la differenza che nessuno attribuiva loro un significato religioso.
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Istanbul - Interno della moschea di Santa Sofia
L’autorità del libro fu dunque alla base di ogni forma di educazione lungo tutto il medioevo, sia in occidente che nel
Vicino oriente. E che “un” libro fosse all’origine di ogni verità e la condizione di ogni sapere fu certamente un fattore
determinante per il radicarsi di un atteggiamento passivo nei confronti di tutto ciò che era scritto. L’auctoritas del testo
divenne un criterio di valore assoluto, da cui era impensabile distinguersi, e tutto ciò che di personale poteva venir
scritto doveva essere giustificato alla luce di una diretta discendenza da qualche fonte indiscutibile. Per questa ragione,
per secoli gli autori di nuovi testi non “firmarono” le loro opere, preferendo l’anonimato o addirittura nascondendosi dietro
pseudonimi che evocavano antichi sapienti, come lo Pseudo Dionigi, un autore medievale che intese far risalire il
proprio pensiero a un personaggio di fantasia come Dionigi l’Areopagita.
Un’altra conseguenza rilevante della decadenza culturale dell’Alto medioevo fu la scarsità delle fonti su cui studiare. La
condanna morale dei testi classici latini e l’irrilevanza del pensiero scientifico nell’educazione di base limitarono
drasticamente il numero di testi che componevano la biblioteca delle scuole monastiche e poi vescovili. L’elenco delle
opere in circolazione tra il V e il X secolo è drammaticamente insignificante, ovviamente nel solo mondo occidentale,
come ho detto precedentemente. Non solo di ognuna di esse esisteva un esiguo numero di manoscritti sparsi
disordinatamente tra le grandi abbazie europee, ma nella maggior parte dei casi erano a loro volta frutto di una
traduzione approssimativa e lacunosa, fatta a partire da una scarsa conoscenza del latino – il greco era stato del tutto
dimenticato – e per lo più condotta a scopi edificanti, cioè per esaltare quanto vi era in esse di compatibile con la
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teologia cristiana, a detrimento di tutto il resto. La fedeltà al testo era un valore del tutto estraneo alla mentalità
medievale, eccetto che per la Sacre scritture...
Piccolo popolo – Scusa... prima hai detto che il testo era una fonte indiscutibile, un’autorità assoluta.
Ermetis – Non mi sono sbagliato, ma la sua autorevolezza era pur sempre commisurata alla sua ortodossia religiosa. Vi
erano dei testi, dalla Bibbia in giù, che erano letteralmente “intoccabili”, ma il loro numero non era elevato. Altri testi,
penso a Platone, di cui era conosciuto solo il Timeo, venivano commentati e divulgati con una forte opera di
manipolazione, per adattarli alle esigenze della spiritualità cristiana. Più che di “fedeltà” al testo, lì occorre parlare di
fedeltà a Platone, un Platone tuttavia del tutto manipolato e frainteso, un Platone cristianizzato. Ciò non di meno,
quando un libro entrava a pieno titolo nel circuito culturale ufficiale, il suo autore veniva assunto nell’”Olimpo” dei
sapienti, tra coloro la cui parola (scritta) era Verità.
È noto che con le trasformazioni economiche che portarono alla crisi del feudalesimo e all’affermazione della società
comunale, la cultura cominciò a diffondersi verso strati popolari più ampi, mentre andarono aumentando le professioni
liberali, quelle cioè per le quali era necessario un titolo di studio elevato: medici, notai, architetti e segretari furono i
nuovi rappresentanti di un ceto colto e benestante, la cui formazione non poteva limitarsi alle scuole monastiche. Ancora
una volta, il modello lo offrirono gli arabi, istituendo, annesse alle moschee, le prime “università” della storia, vale a dire
istituti d’istruzione superiore per le discipline giuridiche e scientifiche.
Piccolo popolo – Perché giuridiche e scientifiche?
Ermetis – Il diritto è uno strumento fondamentale per il governo di qualsiasi Stato. Le tribù beduine basavano le proprie
leggi sulla consuetudine dei costumi locali, ma un impero non può basarsi su leggi orali, come sappiamo fin dall’epoca
di Hammurabi. Occorreva quindi dotare i governanti e gli amministratori abbasidi di una disciplina giuridica in grado di
far applicare le leggi secondo principi scientificamente codificati. Naturalmente, la base del diritto arabo poggiava sul
Corano, ma ciò non toglie che i vari versetti del Libro dovessero essere interpretati e tradotti in pratiche concrete.
Per quanto riguarda la scienza, gli Arabi poterono avvalersi molto presto di conoscenze scientifiche già avanzate che
occorreva tuttavia diffondere con i dovuti mezzi pedagogici, per trasformare la teoria in pratiche tecniche adeguate alle
esigenze della società. La matematica era il fondamento di quasi tutte le discipline scientifiche, dall’astronomia alla
geometria applicata, e l’astronomia aveva allora anche un valore pratico, poiché era alla base della “scienza”
astrologica. Accanto alla matematica, gli arabi svilupparono poi soprattutto la medicina, che divenne una grande realtà
culturale, ben presto diffusa in tutto il mondo allora conosciuto.
Piccolo popolo – L’astrologia è una scienza?!
È facile
Vai alle verifiche
Auctoritas - Fonte di sapere incontrovertibile alla quale si appellavano i sapienti cristiani in caso di disputa. Auctoritas
era la Bibbia, le sentenze dei Padri della Chiesa, ma anche autori classici e sistemi filosofici che si consideravano
autorevoli. Il sapere ecclestiastico si affidava al responso di autorità ufficiali, per cui v'era l'autorità in campo medico
(Galeno), come in campo metafisico (Aristotele), o cosmologico (Tolomeo). Le sentenze esprimevano un giudizio
assoluto, sostanzialmente incriticabile anche davanti alla prova dei fatti. L'atteggiamento verrà definitivamente superato
con l'avvento della rivoluzione scientifica (si veda il conflitto che oppose le nuove teorie cosmologiche di Copernico e
Galileo all'auctoritas rappresentanta dal sistema aristotelico-tolemaico).
Scopriamo l’evoluzione dell’istruzione.
Nel mondo greco classico era in mano all’Accademia Platonica e al liceo Aristotelico. Non erano scuole pubbliche. Vi
potevano accedere giovani benestanti in possesso di una solida cultura di base.
Degli insegnanti privati si occupavano della prima formazione dei giovani. Solo a Roma sorgevano alcune scuole
pubbliche.
La caduta dell’Impero d’occidente e la repressione cristiana rendono oscuri i secoli dal VI al X d.C..
La cultura si fonda sui testi sacri. Gli unici a contenere la verità. Nei monasteri si studia la Bibbia. Nelle moschee il
Corano.
Immagina la conseguente staticità culturale: se la verità è nei libri, non ho più nulla da cercare. E’ tutto nei testi. Smetto
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di guardarmi attorno.
Gli Arabi aprono le prime università, dove si insegnano le leggi e le scienze. Ma si tratta sempre di studi legati al
Corano…
nota di copyright: foto dell'autore del testo, Maurizio Chatel, rilasciata con Creative Commons 2.5 Per accedere agli
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Conversazione sulla scienza. Quarta giornata
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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