L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 282 (47.417)
Città del Vaticano
giovedì 8 dicembre 2016
.
Dedicato alla speranza il nuovo ciclo di riflessioni del Papa durante le udienze generali
L’opposizione venezuelana si ritira dal negoziato con Maduro
La virtù dei piccoli
Dialogo
sempre più a rischio
E chiede che nessuno sia escluso dal riconoscimento dei diritti umani
«La speranza è la virtù dei piccoli»,
perché «i grandi, i soddisfatti» non
la «conoscono; non sanno cosa sia».
È dedicato proprio alla «speranza
cristiana» il nuovo ciclo di catechesi
inaugurato dal Papa durante l’udienza generale di mercoledì 7 dicembre,
nell’Aula Paolo VI.
Conclusa la serie di riflessioni sulle opere di misericordia spirituali e
corporali — che hanno scandito l’anno giubilare — il Pontefice ha iniziato ad approfondire il nuovo tema,
chiarendo subito che «l’ottimismo
delude, la speranza no! Ne abbiamo
tanto bisogno — ha commentato arricchendo il testo preparato con numerose considerazioni personali — in
questi tempi che appaiono oscuri, in
cui ci sentiamo smarriti davanti al
male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri
fratelli. Ci sentiamo scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai
finire». Ma secondo Francesco «non
bisogna lasciare che la speranza ci
abbandoni, perché Dio con il suo
amore cammina con noi». E così
«ognuno di noi può dire: io spero,
ho speranza, perché mi porta per
mano».
Il Pontefice ha insistito soprattutto sui momenti di difficoltà. «Quando siamo nel buio — ha spiegato —
non viene il sorriso, ed è la speranza
che ci insegna a sorridere». Infatti,
«una delle prime cose che accadono
alle persone che si staccano da Dio è
che sono senza sorriso. Forse sono
capaci di fare una grande risata, una
battuta... ma manca il sorriso! Il sorriso lo dà solo la speranza». Ecco
perché «quando ci troviamo davanti
a un bambino, possiamo avere tanti
problemi, ma ci viene da dentro il
sorriso, perché ci troviamo davanti
alla speranza». Da qui l’invito a «saper vedere nella vita il cammino della speranza che ci porta a trovare
Dio che si è fatto Bambino».
Del resto, ha constatato il Pontefice «non possiamo negare che il
mondo di oggi è in crisi di fede. Si
dice “Io credo in Dio, sono cristiano” — “Io sono di quella religione”»
ma poi la vita concreta è ben lontana dall’ideale cristiano. Anzi «è ben
lontana da Dio! La religione, la fede» è ridotta a una semplice espressione esteriore, mentre «si tratta di
tornare a Dio, convertire il cuore a
Dio» nella consolante certezza che
«Lui ci aspetta».
Al termine dell’udienza, salutando
i vari gruppi di fedeli, il Papa ha
lanciato un appello affinché — alla
vigilia di due importanti giornate
promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione, che ricorre il
9 dicembre, e quella per i diritti
umani, il 10 — «nessuno sia escluso
dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona
umana».
PAGINA 8
Una persona su otto non ha accesso all’acqua potabile
Mondo assetato
LONDRA, 7. Nel mondo sono 748 milioni, una su otto, le persone che vivono senza accesso all’acqua potabile, mentre 2,5 miliardi sono prive di
servizi igienico-sanitari a causa di
guerre e catastrofi naturali. A renderlo noto è il nuovo rapporto di
Oxfam, organizzazione internazionale che si batte per il rispetto dei diritti umani. Dal documento emerge
che solo in Siria e Iraq oltre venti
milioni di persone sono senza acqua
e cibo. E senza nessuna prospettiva
di miglioramento.
Il quadro è drammatico. Le principali vittime di questa emergenza
idrica sono donne e bambini colpiti
da guerre che devastano da anni
paesi come la Siria, l’Iraq, lo Yemen,
il Sud Sudan, o che hanno costretto
altri nove milioni di persone a cercare salvezza dagli attacchi di Boko
Haram nell’area intorno al bacino
del lago Ciad, tra Nigeria, Niger e
Ciad. Guerre, spesso dimenticate, a
cui si sommano gli effetti di catastrofi naturali che, a causa dei cambiamenti climatici, si stanno moltiplicando, abbattendosi su aree del
pianeta già poverissime come Haiti
o il Sudan. «In queste aree di crisi
dove Oxfam è al lavoro ogni giorno,
intervenire tempestivamente per garantire acqua pulita, servizi igienici e
sanitari, o un riparo, può fare la differenza tra la vita e la morte per intere famiglie, spesso costrette a lasciarsi tutto alle spalle e a ricominciare da zero in un altro Paese» spie-
In occasione della solennità
dell’Immacolata concezione
della beata Vergine Maria
il nostro giornale non uscirà.
La pubblicazione riprenderà
con la data 9-10 dicembre
gano fonti dell’Oxfam. «A oggi abbiamo raggiunto oltre 13,7 milioni di
persone nelle più gravi emergenze
del pianeta, ma dobbiamo e possiamo fare di più».
Il panorama più drammatico, come detto, è quello mediorientale. In
Siria, dopo quasi sei anni di conflitto, la situazione è al collasso: 13,5
milioni di persone dipendono dagli
aiuti umanitari e, tra queste, tre milioni hanno accessi irrilevanti e gravemente insufficienti a cibo e acqua
pulita. Nel paese si contano oltre
quattro milioni di sfollati interni e
sono circa 4,8 milioni i rifugiati che
hanno cercato salvezza nei paesi vicini come Libano e Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto. E mentre ogni
giorno quasi settemila siriani sono
costretti a lasciare il proprio paese,
ad Aleppo est oltre 275.000 persone,
con l’inverno in arrivo, rimangono
intrappolate sotto i bombardamenti,
con scorte di cibo e acqua in esaurimento. Dall’inizio dell’offensiva, la
popolazione ha avuto un accesso intermittente all’acqua pulita attraverso la rete pubblica, potendo contare
unicamente su rifornimenti da pozzi
e camion. È altissimo il rischio di
bere e usare acqua sporca e contaminata. In questo contesto Oxfam, attraversando le zone di conflitto da
Aleppo ovest ad Aleppo est, è riuscita a installare almeno un generatore,
garantendo così acqua pulita a tutta
Aleppo.
Altrettanto grave l’impatto umanitario del conflitto in Iraq, dove l’offensiva in corso per sottrarre Mosul
al controllo del cosiddetto stato islamico (Is) potrebbe generare centinaia di migliaia di nuovi profughi,
facendo salire a oltre dieci milioni,
metà dei quali bambini, il numero di
persone che hanno un disperato bisogno di aiuto. Anche qui l’emergenza idrica è quella principale. Per
questo Oxfam è al lavoro nell’area
con l’obiettivo di garantire entro la
fine di dicembre acqua e servizi essenziali ad almeno 60.000 sfollati,
che si stanno rifugiando nei campi
profughi per sfuggire al conflitto.
Per due conflitti che sono sotto gli
occhi dell’opinione pubblica mondiale, ve ne sono altri totalmente
ignorati. In Yemen, ad esempio, la
guerra iniziata a marzo 2015 ha generato una crisi in cui la metà della
popolazione — 14,1 milioni di abitanti — ha scarso o nessun accesso agli
aiuti. In Africa occidentale, poi, intorno al lago Ciad, oltre nove milioni di persone sono in fuga da Boko
Haram. In Sud Sudan, infine, la
guerra civile ha generato oltre
830.000 profughi e 5,1 milioni di
persone in condizione di insicurezza
totale. In tutti questi contesti, l’acqua è la prima risorsa a mancare.
CARACAS, 7. Si fa sempre più complessa la partita politica in Venezuela. L’opposizione antichavista,
che ha la maggioranza all’Assemblea nazionale, ha deciso ieri di
non partecipare al previsto terzo
incontro con i rappresentanti del
governo per cercare una soluzione
alla gravissima crisi politico-istituzionale che attanaglia il paese. Ad
annunciare il passo indietro è stato
Jesus Torrealba, portavoce della
Mesa de la Unidad Democrática
(Mud).
Secondo Torrealba, il governo
aveva promesso la liberazione dei
prigionieri politici e il voto anticipato. Il presidente Nicolás Maduro
ha tuttavia smentito tali concessioni, affermando che non si è mai
parlato di questi punti durante i
precedenti incontri. Torrealba ha
spiegato che «l’opposizione tornerà
al tavolo del dialogo solo quando
il governo avrà applicato gli accordi». Gli ha replicato Jorge Rodríguez, negoziatore governativo, che
ha dichiarato: «Il governo non cede, non accetta ultimatum né pressioni di alcun tipo».
La posta in gioco, ora, si fa sempre più alta. L’opposizione ha già
annunciato la ripresa delle manifestazioni per chiedere la destituzione di Maduro. Un gruppo di 14
detenuti membri del Mud ha iniziato uno sciopero della fame per
chiedere la liberazione «di tutti i
prigionieri politici». L’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur)
ha auspicato la ripresa tempestiva
dei negoziati. Il segretario generale
dell’organizzazione, Ernesto Samper, ha auspicato un «cessate il
fuoco politico», chiedendo ai rappresentanti di Governo e opposizione «di astenersi fino al 13 gennaio 2017 dal prendere decisioni
che possano rendere difficili le relazioni».
La crisi politica venezuelana va
avanti da circa un anno e mezzo,
inasprita dalle gravi difficoltà economiche che il paese deve affrontare. Due mesi fa il parlamento aveva
approvato una mozione — poi ritirata — per chiedere la messa in stato di accusa del presidente Maduro. La decisione era arrivata al termine di un periodo tesissimo: prima il Consiglio nazionale elettorale
(Cne) aveva annunciato che le elezioni amministrative, per rinnovare
i governatori delle regioni e le autorità comunali, erano state spostate alla fine del primo semestre
2017; pochi giorni dopo il Tribunale supremo di giustizia (Tsj) aveva
sospeso a tempo indeterminato la
raccolta di firme necessarie alla
convocazione del referendum per
revocare il mandato del presidente,
In continuità profonda
Il Santo Padre ha nominato
Nunzio Apostolico in Lussemburgo Sua Eccellenza Monsignor Augustine Kasujja, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, Nunzio Apostolico in
Belgio.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
della Diocesi di Grajaú (Brasile), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Franco Cuter,
O.F.M. Cap.
Provviste di Chiese
Fratel Eric, «Agnello sacrificale» (vetrata della chiesa della Riconciliazione, Taizé)
A PAGINA
Congregazione per il clero
Il dono
della vocazione
presbiterale
NEL
FASCICOLO ALLEGATO
NOSTRE INFORMAZIONI
La liturgia eucaristica nella tradizione occidentale
ENZO BIANCHI
uno strumento previsto dalla Costituzione e voluto dall’opposizione.
La sospensione rallenta molto le
procedure per il referendum, rischiando così di far slittare la consultazione dopo il 10 gennaio 2017,
cosa che il Mud vuole a tutti i costi impedire. Se il referendum avvenisse oltre quella data, anche in caso di una vittoria antichavista, Maduro sarebbe costretto a lasciare,
ma il suo governo resterebbe in carica. Se invece si andasse alle urne
prima del 10 gennaio 2017, sempre
nel caso di una vittoria antichavista, anche il governo dovrebbe lasciare l’incarico e ci sarebbero nuove elezioni.
Sullo sfondo, come detto, c’è poi
una pesantissima crisi economica.
Il costo della vita continua ad aumentare. La spesa mensile dei beni
necessari per sfamare una famiglia
di cinque persone ha raggiunto i
263.000 bolivar ad agosto, un aumento del 658 per cento rispetto
ad agosto 2015. Il tasso annuale di
inflazione per alcuni beni alimentari ha superato il duemila per cento.
Imperversano il mercato nero e la
criminalità organizzata, molto spesso legata al narcotraffico.
5
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Grajaú (Brasile) il
Reverendo Padre Rubival Cabral Britto O.F.M. Cap., finora
Direttore del Colégio Paulo VI
a Vitória da Conquista.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Tricarico (Italia) il
Reverendo Giovanni Intini, del
clero della Diocesi di Conversano-Monopoli, Parroco della
Concattedrale di Monopoli.
Nomina di Vescovi
Ausiliari
Il Santo Padre ha nominato
Vescovi Ausiliari dell’Arcidiocesi di São Sebastião do Rio de
Janeiro (Brasile) i Reverendi:
— Monsignor Joel Portella
Amado, del clero della medesima Arcidiocesi, finora Vicario
Generale e Parroco della Cattedrale, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Carmeiano;
— Paulo Alves Romão, del
clero della medesima Arcidiocesi, finora Parroco di “Bom Pastor” nel Vicariato Nord, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Calama.
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giovedì 8 dicembre 2016
Il presidente degli Stati Uniti
Barack Obama (Afp)
Dal 2017 esercitazioni congiunte
Cooperazione rafforzata
tra Europa e Nato
BRUXELLES, 7. Per fare fronte alle
nuove sfide per la sicurezza europea,
si rafforza l’alleanza fra Unione europea e Nato. Ieri sono state approvate le misure concrete per mettere
in pratica i principi delineati in occasione del vertice della Nato di
Varsavia, l’estate scorsa.
Si tratta di 42 punti che riguardano i 7 settori di cooperazione. «Gli
europei ci chiedono più sicurezza e
abbiamo il dovere di prendere decisioni su questo. La forza dell’Unione europea — ha spiegato l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari
esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, durante una conferenza stampa congiunta con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg — la riscontriamo ogni volta
che viaggiamo nel mondo: ma di
fronte a un mondo che cambia, e a
sfide in continua evoluzione, per noi
la minaccia più grave è rappresentata dalla sottovalutazione della minaccia stessa. Anche se Ue e Nato
hanno ruoli diversi, siamo determinati a lavorare bene insieme».
Barnier
accelera
sull’attuazione
della Brexit
BRUXELLES, 7. Bruxelles rinnova l’invito a Londra a chiudere il processo
di Brexit entro massimo due anni. Il
capo negoziatore della commissione
europea, Michel Barnier, ha ipotizzato un accordo a ottobre 2018, ribadendo però che «il mercato unico
resta indivisibile».
Barnier ha parlato di «acque inesplorate», spiegando che il lavoro di
uscita del Regno Unito dall’Unione
europea «si annuncia legalmente
complesso, politicamente sensibile e
con conseguenze importanti per le
economie e i cittadini su entrambi i
lati del canale». Il piano è di «chiudere tutto prima delle nuove elezioni
del parlamento europeo, nel 2019».
Dopo questa premessa, Barnier ha
subito sottolineato che la Gran Bretagna «non può pensare di scindere
la partecipazione al mercato unico
europeo dalle altre libertà previste
dai trattati, in particolare da quella
di movimento delle persone». E ha
fatto anche un’altra sottolineatura
importante: qualsiasi accordo futuro
può essere stabilito con un paese terzo una volta che si trova fuori
dall’Ue, quindi è «legalmente impossibile discuterne contemporaneamente all’accordo per l’uscita».
Il premier britannico Theresa May
ha deciso che pubblicherà i suoi piani per la Brexit prima che sia avviato l’iter di uscita dall’Ue. May attende a gennaio il verdetto della Corte
suprema che è riunita, fino a domani, per decidere in merito a un voto
parlamentare sul processo di uscita
dall’Ue. May lo aveva escluso ma
l’Alta corte di Londra lo ha difeso,
accogliendo il ricorso di un gruppo
di cittadini. Il premier continua a indicare marzo come data possibile di
avvio della Brexit, con la notifica
dell’articolo 50 del trattato di Lisbona da parte del governo britannico.
Sui tempi indicati da Barnier, i
portavoce di Downing street hanno
riconosciuto che «la tempistica indicata è quella prevista dai trattati». E
il ministro degli esteri britannico,
Boris Johnson, non vede difficoltà:
«Diciotto mesi sono un tempo sufficiente per un grande accordo». E di
grande successo ha parlato ieri Theresa May dichiarando di voler impostare una Brexit né soft né hard, cioè
né rigida né più flessibile, ma piuttosto di colore «bianco, rosso e
blu», ovvero i colori della bandiera
del Regno Unito.
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Oggi più che mai — ha detto Stoltenberg — «la sicurezza dell’Europa
e quella dell’America del Nord sono
legate fra loro. La Nato e l’Ue si
confrontano in una serie di sfide di
sicurezza senza precedenti, provenienti da sud e da est, e conviene affrontarle in modo concertato e complementare, evitando doppioni».
Fra i settori in cui l’alleanza si
consolida ci sono la lotta contro le
minacce di guerra ibrida e informatica, la cooperazione operativa, soprattutto nelle operazioni in mare, la
cybersicurezza e la cyberdifesa, le
capacità di difesa, l’industria della
difesa e la ricerca nel settore, le esercitazioni e il rafforzamento delle capacità. A partire dal 2017, hanno
confermato fonti da Bruxelles, ci saranno due aggiornamenti all’anno
sulla messa in pratica delle misure
decise. Già dal prossimo anno saranno condotte esercitazioni militari comuni nel quadro di un progetto pilota. Non grandi manovre con la
partecipazione di migliaia di soldati,
ma esercitazioni parallele di pianificazione e gestione delle crisi.
Il vertice Nato-Unione europea a Bruxelles (Afp)
Con la fiducia alla legge di bilancio si apre una nuova fase della politica italiana
Un percorso complesso
ROMA, 7. Con la fiducia al Senato
sulla legge di bilancio (173 sì, 108
no) si è aperto oggi il complesso
percorso politico italiano dopo il
referendum del 4 dicembre. La formalizzazione delle dimissioni del
presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, avverrà questa sera, come da
lui stesso annunciato in un tweet.
Da quel momento — stando alle ultime indiscrezioni che trapelano da
palazzo Chigi — dovrebbero aprirsi
le consultazioni del presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, con
le principali formazioni politiche.
Le variabili in gioco sono molte.
Al momento, riceve sempre meno
sostegno l’ipotesi di un governo di
larghe intese per traghettare il paese alla fine della legislatura. Le opposizioni hanno già annunciato che
non daranno il loro sostegno. Il
Movimento 5 Stelle chiede il voto
anticipato a febbraio con un Italicum modificato. Forza Italia auspica invece una nuova legge elettorale prima di tornare alle urne.
Stando a indiscrezioni giornalistiche, Mattarella ritiene che il voto
anticipato non sia una strada percorribile perché prima ci sarebbe la
necessità di rendere omogenee le
leggi elettorali tra Camera e Senato. Resta poi il confronto all’interno del Partito democratico, la cui
assemblea di direzione è in agenda
per questo pomeriggio. Alcuni ipotizzano anche un nuovo mandato a
Renzi sostenuto dalla stessa maggioranza.
Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella (Ansa)
Accordo
tra Bruxelles e L’Avana
BRUXELLES, 7. L’Unione europea
ha varato ieri un accordo di dialogo politico e di cooperazione con
Cuba decidendo contestualmente
di applicare subito in via provvisoria alcune parti dell’intesa che verrà trasmessa al parlamento europeo per l’approvazione. L’intesa,
che verrà firmata il 12 dicembre
dall’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la
politica di sicurezza Federica Mogherini e dal ministro degli esteri
di Cuba, Bruno Rodriguez Parrilla, prevede un dialogo politico più
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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Per garantire
la libertà di religione
WASHINGTON, 7. «L’America è un
Paese che crede nella speranza e
non può cedere alla paura». Per
questo vanno rispettati i diritti civili di tutti, va difesa la libertà di religione, «il diritto costituzionale di
ogni americano di pregare Dio nel
modo che preferisce» e garantita
accoglienza ai rifugiati che scappano in cerca di una vita migliore.
Lo ha detto il presidente degli
Stati Uniti, Barack Obama, nell’ultimo atteso discorso sulla sicurezza
Merkel
resta leader
della Cdu
BERLINO, 7. In Germania «non ci
saranno società parallele e la sharia non sarà mai la base del diritto». È uno dei passaggi chiave
dell’intervento ieri di Angela
Merkel al congresso del partito
cristiano-democratico
tedesco
(Cdu), che l’ha rieletta presidente. Il cancelliere Merkel ha aggiunto che burqa, niqab e qualsiasi velo islamico che copra il
volto delle donne, non può essere ammesso.
Merkel ha sottolineato che un
terzo dei profughi arrivati in
Germania dovrà tornare indietro
perché non sono veri perseguitati. In questi anni, il cancelliere ha
toccato consensi al 97,9 per cento
e, dunque, sembra “ristretta” la
maggioranza dell’89,5 per cento
raggiunta ieri per la sua nona
presidenza alla guida del partito,
che va di pari passo con la quarta candidatura alle elezioni politiche dell’anno prossimo, presentata sempre in questi giorni.
In ogni caso, Merkel ora può
superare Konrad Adenauer come
leader più longevo politicamente
del partito dopo Helmut Kohl. Il
riferimento alle migrazioni era atteso, visto l’avanzare del partito
Alternativa per la Germania
(Afd) che alle ultime regionali ha
ottenuto consensi esprimendo
posizioni critiche nei confronti
dei flussi migratori.
«Time» incorona Donald Trump
persona dell’anno
intenso, migliori relazioni bilaterali e lo sviluppo di azioni congiunte in diverse organizzazioni multilaterali. L’obiettivo è quello di sostenere il processo di transizione
dell’economia e della società cubane, di promuovere il dialogo e la
cooperazione per incoraggiare lo
sviluppo sostenibile, la democrazia
e i diritti umani e di trovare soluzioni condivise. «Attraverso il
nuovo accordo — ha detto Mogherini — l’Ue è pronta a sostenere il
processo di modernizzazione economica e sociale di Cuba».
Servizio vaticano: [email protected]
Ultimo discorso di Obama sulla sicurezza nazionale
WASHINGTON, 7. Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald
Trump, è stato scelto dalla rivista
«Time» come personaggio più significativo del 2016. L’anno scorso
era stata scelta Angela Merkel, cancelliere tedesco. Il titolo che campeggia sulla copertina del nuovo
numero, The President of the Divided States, richiama la dura campagna elettorale conclusasi lo scorso
8 novembre con la vittoria del magnate newyorkese, che ha sconfitto
la rivale democratica Hillary Clinton. «La sfida per Trump — com-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
menta la rivista — è che il paese è
profondamente diviso sulla risposta» da dare alle principali emergenze di questa fase storica:
dall’immigrazione alla crisi economica, dalla guerra in Siria alle sfide
lanciate dalle nuove tecnologie.
Quest’anno, tra le altre personalità
in corsa per ricevere la qualifica di
“persona dell’anno” c’erano anche
Hillary Clinton, il presidente russo,
Vladimir Putin, e il fondatore e
amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
nazionale, in cui rivendica il successo della sua strategia sul fronte
della lotta al terrore. Pur riconoscendo che il terrorismo è ancora
una minaccia reale, Obama sottolinea che attacchi su larga scala come quelli dell’11 settembre sono ora
più difficili da realizzare e difende
i capisaldi della sua politica di sicurezza, compresi la chiusura di
Guantánamo (definita «una vergogna nazionale») e il divieto alle
torture sui sospetti terroristi.
Il presidente ha invitato il suo
successore, Donald Trump, a non
abbandonare la strada intrapresa e
a non lasciarsi andare a una logica
di «guerra permanente» perché a
parlare — spiega — è proprio l’eredità di questi ultimi otto anni alla
Casa Bianca. Un’eredità che, aggiunge, ha reso l’America più sicura grazie a un approccio nella lotta
al terrorismo che è anche poco costoso sia in termini di risorse sia in
termini di vite umane.
Questa strategia rischia però di
essere stravolta, se non cancellata,
dalla nuova amministrazione degli
Stati Uniti che si insedierà alla Casa Bianca alla fine di gennaio. Non
a caso il discorso di Obama alla
MacDill Air Force Base di Tampa,
in Florida, è caduto a poche ore da
un altro intervento, quello di Donald Trump a Fayetteville, in North Carolina, con il presidente eletto
per la prima volta sul palco assieme al futuro capo del Pentagono,
l’ex generale dei marine John Mattis molto critico sulla politica di
Obama.
Tour europeo
per il presidente
colombiano
BO GOTÁ, 7. Inizia venerdì prossimo
il tour europeo del presidente colombiano Juan Manuel Santos, che
il 10 dicembre ritirerà a Oslo il premio Nobel per la pace. Riconosciuto a livello internazionale «difensore della pace» dopo lo storico
accordo con le Farc che ha messo
fine a oltre cinquant’anni di guerra
civile nel Paese latino-americano,
Santos arriverà in Norvegia venerdì
9 e verrà ricevuto dai reali Harald
V e Sonia. Il giorno dopo si svolgerà la cerimonia del Nobel all’auditorium della capitale norvegese dove il presidente colombiano terrà
un discorso di venti minuti.
A Oslo Santos incontrerà inoltre
l’ex segretario di Stato americano
Henry Kissinger, Nobel per la pace
nel 1973, e il politologo Zbigniew
Brzezinski, oltre al premier della
Norvegia Erna Solberg. Dopo la
tappa norvegese il presidente colombiano inizierà il suo giro europeo passando prima per Stoccolma, dove parlerà al Parlamento,
poi per Bruxelles, dove incontrerà
l’alto rappresentante dell’Unione
europa per gli affari esteri, Federica
Mogherini, e assisterà alla firma
dell’accordo costitutivo del fondo
fiduciario dell’Ue per la Colombia.
Le tappe successive saranno Madrid e Roma.
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Aziende promotrici della diffusione
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giovedì 8 dicembre 2016
pagina 3
Soldati libici nei quartieri liberati
di Sirte (Reuters)
Resistono solo pochi gruppi di ribelli
Assad controlla Aleppo est
Dopo un anno di terrore
L’Is sconfitto
a Sirte
TRIPOLI, 7. Gli uomini delle milizie
libiche hanno annunciato di avere riconquistato oggi Sirte, riuscendo a
“eliminare” i jihadisti del cosiddetto
stato islamico (Is) dagli ultimi edifici
in cui si erano asserragliati.
Foto postate sui social mostrano
scene di gioia dei vincitori e della
popolazione locale. Nelle istantanee
i miliziani, assembrati in quella che
un tempo è stata il luogo di efferate
violenze dei jihadisti, l’isola di El
Zaafarane, innalzano le bandiere tricolori libiche, sorridono e fanno il
segno di vittoria.
Sirte — riferiscono fonti locali riprese dalle agenzie di stampa internazionali — oggi sembra una città
diversa, dopo avere vissuto per oltre
un anno sotto il terrore dello Stato
islamico e negli ultimi sette mesi
l’orrore della guerra. Diverse fonti
invitano però alla cautela. «È l’ultima grossa battaglia, ma non è la fine
delle operazioni militari, né la dichiarazione di liberazione», ha commentato il responsabile del media
center, Ahmed Hadiya, sottolineando come nella «furiosa battaglia di
ieri» abbiano perso la vita anche 12
combattenti anti-Is.
L’inviato speciale delle Nazioni
Unite per la Libia, Martin Kobler,
ha riferito al Consiglio di sicurezza
dell’Onu che la lotta al terrorismo
ha prodotto dei risultati in Libia, ma
che questi non sono irreversibili.
«Sebbene esso continui a rappresentare una minaccia sono finiti i
giorni in cui l’Is controllava il territorio in Libia. A Bengasi l’esercito
nazionale libico continua a fare progressi prendendo zona dopo zona»,
ai terroristi, ha detto Kobler, sottolineando, però, che queste conquiste
rischiano di essere fugaci, a meno
che la Libia si doti di un coerente
apparato di sicurezza.
«Finché la Libia non avrà un apparato di sicurezza affidabile, l’embargo sulle armi (che l’uomo forte di
Tobruk, il generale Khalifa Haftar,
pretende sia revocato, ndr) deve rimanere in vigore», ha aggiunto Kobler. «Dobbiamo interagire di più
con i nostri partner libici», ha poi
aggiunto l’inviato delle Nazioni
Unite intervenendo al Consiglio di
sicurezza. L’accordo politico libico
firmato a Shkirat, in Marocco, il 17
dicembre 2015, resta — ha precisato il
diplomatico tedesco — «l’unico per-
corso percorribile e non ha alternative», anche se gli articoli dell’intesa
«non sono scritti sulla pietra ed è
possibile modificarli, se le circostanze politiche lo richiedono». La tappa successiva, secondo Kobler, «consiste nel dialogo incluso e pacifico, e
mai nell’escalation militare».
Il prossimo 13 dicembre, la missione delle Nazioni Unite in Libia terrà
un incontro di alto livello.
DAMASCO, 7. La battaglia di Aleppo
è vicina alla fine. I soldati dell’esercito siriano avanzano nei quartieri
orientali di quella che un tempo era
una delle maggiori roccaforti della
ribellione al presidente Assad. Altri
due sobborghi sono stati conquistati
questa mattina, secondo l’agenzia
ufficiale Sana. I lealisti controllano
ora tutta la città vecchia. Si stima
che le forze di Assad abbiano riconquistato oltre l’80 per cento di
Aleppo est. Una parte dei ribelli e
gruppi jihadisti si sarebbero arresi,
defluendo attraverso i corridoi organizzati dai militari, mentre altri si
sarebbero ritirati nei territori sud
orientali ancora sotto il loro controllo.
L’offensiva dell’esercito di Assad
è entrata nel vivo lo scorso 15 novembre. Finora — stando ai calcoli
delle Nazioni Unite — sono almeno
80.000 i civili fuggiti dai quartieri
orientali della città, trovando rifugio
o nei quartieri occidentali o nei
campi allestiti dalle Nazioni Unite.
I combattimenti proseguono ormai
solo in poche zone.
Sul piano politico, non riescono
a partire i negoziati per una tregua,
dal momento che Damasco intende
concedere una tregua solo se i ribelli accetteranno di ritirarsi. Richiesta
respinta e definita «inaccettabile»
da Yasser Al Youssef, leader della
formazione ribelle più forte ad
Aleppo est, ovvero Nureddin Al
Zinki. Dall’altra parte l’Aleppo
Hardship Council avrebbe chiesto
cino Damasco, ed è stato loro consentito di lasciare la città con le famiglie per dirigersi nella provincia
di Idlib a bordo di 52 autobus.
«Dopo lunghi e difficili negoziati —
ha spiegato il colonnello russo Alexiei Leshchenko — è stato raggiunto
un accordo di cessate il fuoco con i
miliziani».
Il fumo dei combattimenti tra esercito e ribelli sui quartieri orientali di Aleppo (Afp)
Al voto per presidenziali e legislative
Finora utilizzati per esercitazioni militari
Ghana
alle urne
Washington restituisce
terreni di Okinawa
ACCRA, 7. Ghana oggi alle urne per
l’elezione del nuovo presidente e il
rinnovo del parlamento. Tra i sette
candidati alla presidenza, i favoriti
sono il capo dello stato uscente,
John Dramani Mahama, del Congresso democratico nazionale, di
tendenza socialdemocratica e affiliato all’internazionale socialista, e
l’ex leader dell’opposizione, Nana
Akufo-Addo, esponente del liberalconservatore Nuovo partito patriottico. Se nessuno dei candidati supererà il 50 per cento dei voti, si
terrà un ballottaggio.
L’ex Costa d’Oro è stato nel 1957
il primo paese dell’Africa a rendersi
indipendente dall’impero britannico e, dopo una fase di alternanza
tra democrazia e colpi di stato militari, dall’ultimo decennio del secolo
scorso ha visto un susseguirsi di
pacifici cambi della guardia tra presidenti eletti, tanto da essere identificato come un esempio di democrazia nel continente. Nelle ultime
elezioni del 2012, Mahama risultò
eletto al primo turno con il 50,70
per cento dei voti, contro il 47,74
per cento di Akufo-Addo.
Mahama — indicano gli analisti
— è considerato un «uomo del popolo» e ha garantito per il suo secondo mandato un forte impegno
per sradicare la corruzione e per la
realizzazione delle importanti infrastrutture necessarie al paese. Aku-
fo-Addo si è invece impegnato a
ridare slancio all’economia per rimettere il Ghana in competizione
con la vicina Costa d’Avorio, in
piena fase di crescita.
Ieri, a conclusione della campagna elettorale un militante
dell’opposizione è morto negli
scontri durante un comizio a
Chereponi, località nel nord-est.
TOKYO, 7. Gli Stati Uniti restituiranno al Giappone circa 40 chilometri quadrati di territorio nell’isola di
Okinawa, a sud ovest dell’arcipelago, precedentemente utilizzati per
esercitazioni militari. Lo ha detto ieri il segretario alla difesa statunitense, Ash Carter, in visita a Tokyo, nel
corso di una conferenza congiunta
con il primo ministro nipponico,
A Luanda le scorte di sei milioni di
dosi di vaccino si erano esaurite nel
solo mese di febbraio. Anche Congo
e Uganda ne richiedevano tre milioni
di dosi. Sylvie Briand, capo del dipartimento di malattie pandemiche
ed epidemiche dell’Oms, ha dichiarato che «poiché il vaccino non reca
grandi profitti, molte aziende farmaceutiche hanno smesso di produrlo:
attualmente sono solo sei, di cui
quattro vendono all’Oms». Briand ha
sottolineato che, solo grazie al fatto
che si è riusciti a vaccinare ad ottobre
31 milioni di persone, si è potuta
scongiurare l’epidemia di febbre gialla nei paesi africani, rinnovando,
dunque, l’appello a tutti i governi a
non lasciare alle logiche del profitto
la produzione di farmaci. Negli stessi
mesi il mondo parlava molto dell’allarme Zika, virus correlato a quelli
che provocano la dengue e la febbre
gialla ma che richiede vaccini diversi.
Shinzo Abe. L’accordo bilaterale —
a cui le diplomazie di Washington e
Tokyo lavoravano da due decenni —
rappresenta la maggiore concessione
territoriale delle forze armate statunitensi dal 1972.
Carter ha riferito che gli Stati
Uniti sono soddisfatti per il contributo finanziario del Giappone relativo al mantenimento dei circa
Oltre cento le vittime sull’isola indonesiana
Devastante sisma a Sumatra
JAKARTA, 7. Peggiorano, con il
passare delle ore, le conseguenze
del forte terremoto di magnitudo
6.5 sulla scala Richter che all’alba
ha devastato la provincia di Aceh,
nel nord dell’isola indonesiana di
Sumatra. Finora le vittime accertate sono più di cento, ma decine di
persone mancano tuttora all’ap-
pello, mentre negli ospedali continuano ad arrivare feriti.
La scossa ha fatto tremare il
municipio di Pidie Jaya, a circa
120 chilometri a est di Banda
Aceh, la capitale provinciale.
L’epicentro è stato localizzato a
8,2 chilometri di profondità, secondo gli esperti dell’Usgs, il ser-
L’Angola vince la battaglia
contro la febbre gialla
LUANDA, 7. Dopo mesi di grande apprensione, l’Angola può dichiarare di
aver vinto la sua battaglia contro la
febbre gialla. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parla di
esempio di cooperazione mondiale,
ricordando le difficoltà che sorgono
quando si tratta di vaccini che non
portano profitti.
Poteva essere un’altra epidemia disastrosa come Ebola, e invece si è
riusciti ad arginarla. Un risultato
possibile grazie all’imponente campagna vaccinale, che ha potuto contare
sul contributo di alcuni donatori, come Brasile e Sudan. I primi casi risalgono a dicembre 2015 ma solo a gennaio le diagnosi di laboratorio avevano confermato che si trattava di febbre gialla. A febbraio scorso, dunque
la malattia era già diffusa in 12 province dell’Angola, ed era arrivata anche nel nord del Congo. Poi, per la
prima volta il virus è arrivato in Asia.
in un comunicato un immediato
cessate il fuoco di cinque giorni per
permettere l’evacuazione di 500 casi
umanitari critici sotto supervisione
dell’O nu.
Intanto, le violenze proseguono
anche nel resto della Siria. Circa
3000 miliziani hanno deposto le armi a Khan Al Sheikh, sobborgo vi-
vizio geologico americano, che registra l’attività sismica nel mondo.
Secondo la stampa locale, il maggior numero di morti si è avuto
nel distretto di Trienggadeng. Oltre 1500 persone, la metà dei quali
militari, stanno partecipando alle
operazioni di soccorso e ricerca
delle numerose persone ancora sepolte sotto le macerie.
La zona di Aceh fu una di quelle più colpite dal tremendo terremoto, che poi innescò un maremoto, del 26 dicembre del 2004:
le vittime nella sola provincia indonesiana furono più di 100.000.
50.000 militari statunitensi stazionati
nel paese del Sol levante, allontanando i timori che la nuova amministrazione americana possa rivedere
le intese. «L’alleanza non è mai stata così robusta», ha dichiarato Carter, aggiungendo che il trattato bilaterale fornisce prerogative e vantaggi
ad entrambe le nazioni.
In qualità di paese ospitante, il
Giappone provvede annualmente ai
contratti di locazione delle basi militari e agli stipendi del personale, in
più contribuisce alle spese per i servizi di pubblica utilità. Il ministero
della difesa nipponico stima che
l’importo totale raggiungerà una cifra pari a 760 miliardi di yen, circa
6,2 miliardi di euro, per l’anno fiscale 2016. Durante la campagna presidenziale statunitense, il presidente
eletto, Donald Trump, aveva più
volte dichiarato di volere ridefinire i
contributi con Tokyo per il mantenimento della presenza militare.
Nell’isola di Okinawa — ricordano
gli analisti politici — si concentra oltre la metà delle truppe statunitensi
in Giappone, circa 26.000 marines,
e la loro presenza è altamente osteggiata dalla popolazione locale a causa degli incidenti che hanno visto
coinvolti i militari, oltre all’inquinamento acustico e l’impatto ambientale sull’ecosistema del territorio.
La prima volta di un presidente cinese
al World Economic Forum
Soccorritori scavano tra le macerie causate dal sisma a Pidie Jaya (Afp)
PECHINO, 7. Il World Economic
Forum di Davos, in programma dal
17 al 20 gennaio 2017, ospiterà anche il presidente cinese, Xi Jinping.
Lo ha reso noto il quotidiano «Financial Times», precisando che sarà la prima volta in assoluto che un
capo di stato cinese partecipa al
summit svizzero, che da 40 anni
riunisce l’élite finanziaria e politica
globale. Per gli analisti, la partecipazione di Xi al meeting è un altro
significativo passo in avanti per
portare la Cina sul palcoscenico internazionale, oltre che per «soppesare» il ruolo della propria leadership nello scenario attuale.
Ma non solo. Per il presidente
cinese — spiega il «South China
Morning Post», il quotidiano in
lingua inglese di Hong Kong — sarà anche l’occasione per giocare
una partita più complessa. L’ipotesi
è che la mossa punti a rafforzare
anche la sua immagine interna, visto che nell’autunno 2017 il congresso del partito comunista rinnoverà le cariche di vertice con l’ingresso della cosiddetta “sesta generazione” nelle stanze di comando.
Fresco di designazione del titolo
di core leader del partito, Xi ha concentrato il potere come non accadeva dai tempi di Mao, fino a rompere la gestione “collettivistica”,
pur se ribadita formalmente nel sesto plenum di ottobre.
Finora, nella cittadina svizzera
abituale sede del Forum si erano
visti i premier Li Keqiang e Wen
Jiabao, seguendo la regola “non
scritta” che delega al capo del governo, in via di fatto esclusiva, la
gestione delle questioni economiche. Mai invece era stata registrata
la presenza della carica più alta
della Repubblica popolare.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 8 dicembre 2016
Ricostruzione della decorazione
del Cortile del Pappagallo (lato est)
Viaggio nel palazzo apostolico
Come un palinsesto
A colloquio con Maria Mari
di PIETRO PAROLIN
Promemoria
del paradiso
di SILVIA GUIDI
utto è nato da un lacerto
blu, un tralcio di vite e parte
di un vaso, notati alzando lo
sguardo per caso, spiega
l’architetto Maria Mari parlando del suo libro Cortile del pappagallo Hortus Conclusus, pubblicato in edizione bilingue italiana e inglese dalla
Libreria Editrice Vaticana (2016, pagine
294, euro 48). Il libro è stato presentato
il 6 dicembre nei Musei vaticani. Con le
introduzioni dei cardinali Pietro Parolin
e Raffaele Farina — che pubblichiamo
in questa pagina quasi per intero — e
quelle dell’arcivescovo Georg Gänswein,
di monsignor Dario Edoardo Viganò, di
don Giuseppe Costa e Gianluca De
Marchi, il volume presenta rare foto
d’epoca, immagini e ricostruzioni grafiche a colori squillanti di quello che doveva essere un affresco di grande valore,
sia estetico che simbolico, una sorta di
voliera virtuale piena di fiori, piante e
animali selvatici.
«Di solito si studia qualcosa e
dall’analisi emergono particolari interessanti; in questo caso è successo il contrario, è stato trovato qualcosa che poi è
stato necessario studiare» continua Mari
parlando del suo ultimo paziente illustre, il cortile che all’epoca di Pio IV era
il cuore del Palazzo apostolico e oggi è
una poco appariscente congerie di facciate sbiadite, modificate da molte stratificazioni successive, spesso non di facile interpretazione.
«La prognosi — continua l’architetto
restando all’interno della metafora medica del paziente bisognoso di cure e,
soprattutto, di ulteriori indagini diagnostiche — non è ancora sciolta e mi auguro che parta presto un intervento di restauro. Per noi tecnici gli apparati murari parlano, li possiamo datare a partire
dai materiali e dalle tecniche di costruzione. E le domande in attesa di risposta, dopo cinque anni di ricerca, sono
ancora tante».
Per questo la stessa struttura del libro
è inversa rispetto alle normali logiche
editoriali: di solito si espone subito la
scoperta più importante, facendo seguire argomentazioni e nuovi dati acquisiti,
mentre in questo caso si è preferito accompagnare il lettore attraverso secoli
di storia visti da un osservatorio privilegiato, lungo un viaggio nel tempo costellato da enigmi non facili da decifrare.
Una piccola parte dell’affresco vibrante di colori e di vita fatto dipingere
da Papa Pio IV venne staccata ed è ancor oggi conservata nell’archivio dei reperti dei Musei vaticani; un altro documento prezioso è il rilievo del fronte
meridionale del cortile realizzato da
T
el libro dei Giudici c’è un suggestivo
episodio
utile ad introdurre l’oggetto del
nostro volume. Al capitolo 14
si narra delle nozze di Sansone, di come uccise il leone, di
come, tornando qualche giorno dopo a vederne la carcassa,
trovò «che, dentro, le api vi
avevano fatto un favo pieno di
miele» che prese in cibo, di
come l’accadimento gli suggerì
il celebre enigma «Da colui
che mangia è venuto fuori il
cibo. Dal forte è uscito qualcosa di dolce» e la sua soluzione «Che cosa è più dolce
del miele? E che cosa è più
forte del leone». La tradizione
cristiana ha visto in Sansone
una prefigurazione di Cristo,
del mistero della sua morte e
della vittoria su di essa. La
morte e risurrezione di Cristo
hanno prodotto la dolcezza e
la bellezza della salvezza del
mondo e dell’annuncio della
fede. Per analogia, si potrebbe
considerare il martirio degli
apostoli e dei discepoli come
foriero di un medesimo frutto
di bellezza e dolcezza.
Non sfugge, in relazione al
nostro libro, il nesso sussistente tra la tomba di Pietro — vicinissima al luogo del suo
martirio — sulla quale si erge
la basilica vaticana e la casa di
coloro che, per volontà stessa
del Signore, sono Pietro nei
secoli. Qui, da quasi duemila
anni il mondo può osservare
da «colui che mangia» (la
N
Biagio Biagetti, capo restauratore, nel
1934. «Perché Biagetti — si è chiesta
l’autrice del libro — che faceva un altro
mestiere, ha sentito il bisogno di disegnare in scala, come avrebbe fatto un
architetto, l’apparato decorativo che vedeva? All’epoca le immagini erano più
leggibili di adesso. Evidentemente era
mosso dal desiderio di conservare la
memoria di qualcosa che rischiava di
sparire per sempre, minacciato dagli
agenti atmosferici e dalle ristrutturazioni».
Nel caso del Cortile dei pappagalli,
lo studio delle fonti non sempre è risolutivo, spiega Mari; quando si parla di
un edificio grandissimo, composto da
undicimila stanze, sottoposto a continue
modifiche e rifacimenti, come il Palazzo
apostolico, non è scontato che tutto lasci traccia nei diari dei cerimonieri.
«Abbiamo setacciato gli archivi — continua Mari — ma si parla pochissimo di
questo apparato decorativo, pur molto
appariscente e molto grande, di dieci
metri per venti. Una guida settecentesca
ne parla en passant, ma ci resta la documentazione del pagamento all’autore,
Taddeo Zuccari». Dalle poche informazioni certe in nostro possesso si può risalire al Papa che ne fu il committente,
al suo architetto, Pirro Ligorio, e al pittore che lo realizzò, provando a intuire
qualcosa del motivo per cui è nato: bosco in sedicesimo, giardino segreto e
mistico hortus conclusus, una sorta di
promemoria del paradiso a portata di
sguardo.
morte, il leone che inghiotte;
ma anche la tomba e il sarcofago, etimologicamente “mangiatore di carne”) scaturire la
vita; dal sacello funebre fiorire
il rigoglio della primavera; da
una tomba la casa, dalla città
dei morti l’hortus deliciarum
per i vivi, anticipazione della
Gerusalemme celeste, il paradiso. Il senso di una morte immane e della vita perenne si
mescolano inestricabilmente in
questo homphalòs gigantesco
costituito dalla basilica con la
tomba del principe degli apostoli e la casa per ospitare il
successore di Pietro. Un cardine così ben fondato da offrirsi
testimonianza durevole che
travalica il tempo e lo spazio.
Il palazzo per mole e grandiosità ha pochi rivali. Il significato spirituale e materiale del
luogo ha sempre agito nella
coscienza di coloro che, essendone i principali abitatori, lo
hanno fatto crescere, ne hanno
curato la conservazione preoccupandosi di trasmettere, accresciuto, ciò che avevano a loro volta ricevuto (cfr. 1 Corinzi,
15, 1). L’autrice del volume
l’architetto Maria Mari — alla
quale va il merito d’aver affrontato il consistente lavoro
di lettura delle fonti, guide,
descrizioni, ricostruzioni storiche e critiche — unisce all’impegno narrativo ed espositivo
la competenza tecnica e specifica dell’architetto. Racconta il
Palazzo Apostolico com’è:
un’opera di molti secoli e generazioni.
Da una parte narra la storia
della costruzione, il susseguirsi
dei Pontefici romani che hanno proposto modelli e attuato
modificazioni, la presenza di
stili diversi e di diverse personalità artistiche, l’incidenza
delle condizioni politico-economiche, la rilevanza delle
funzioni abitative, sacrali, cerimoniali e di rappresentanza.
D all’altra esamina la struttura
della pianta, il suo graduale
ampliarsi, la funzionalità degli
elementi architettonici, il ritmo
dei pieni e dei vuoti, l’effetto
della decorazione scultorea e
pittorica. Valuta, discerne e
racconta al lettore il palazzo
come le appare. Accompagna
idealmente il lettore attraverso
le sue stanze — attraverso i secoli — soddisfacendo al tempo
stesso le esigenze legittime della diacronia, ossia della storicità, e della sincronia, ossia della
sistematicità. La narrazione fa
immaginare l’intelligenza e
brillare i colori al cuore. Il Palazzo è un’enorme pergamena
scritta e cancellata e scritta di
nuovo molte volte, un “palinsesto”. Ma l’occhio attento
di chi guarda, non tanto per guardare o
per soddisfare la
curiositas, ma
per vedere e
per comprendere, legge le
molteplici scritture del palazzo, i diversi strati, le fasi, il loro mutuo ricambio e rimando.
Si accorge del “respiro” della
casa: dove oggi ci sono vuoti
ci fu un tempo in cui il vuoto
fu occupato da masse e dove
oggi vediamo compatte masse
murarie rese omogenee da un
intonaco uniforme un tempo
c’era magari una loggia. Il palazzo rappresenta molto bene
che cosa è la tradizione per la
Chiesa.
Il ricco apparato iconografico che accompagna il testo
aiuta a vedere e facilita la
comprensione di qualcosa che
rimane pur sempre inattingibile, trattandosi della casa del
Papa. È questa una dimora del
tutto particolare che ha da tenere insieme il significato simbolico attribuitogli dalla fede e
dallo scorrere dei secoli e quello intimo e raccolto della casa
privata.
Roma
nel XV secolo
(miniatura)
Da un principio generatore
Una casa particolare
di RAFFAELE FARINA
l Palazzo Apostolico è una
casa particolare dove la vita quotidiana ancor’oggi,
per certi aspetti, si presenta immutata rispetto ai secoli precedenti. Chi vi abita s’accorge d’esser messo continuamente di fronte alla storia.
Nel Palazzo e nei giardini, immersi nel silenzio abbacinante del
sole e del cielo romano, il tempo
sembra scorrere incommutabile,
in modo circolare, data la quasi
assenza di oggetti appartenenti a
un’audace modernità e la presenza degli elementi della natura.
Pare non incidere troppo il ritmo
frenetico d’una meccanicità che
qualcuno vorrebbe quale emblema dell’inveramento del futuro
I
Raffaello, «Leone
X
in veste di Leone Magno»
nel presente; qui il tempo, connesso all’esistenza dell’universo, è
rappresentazione in movimento
dell’eternità. In certi momenti a
Palazzo il silenzio è sovrano, santificato dalla preghiera che, con
la sua eccedenza isola questo luogo proteggendolo dai negotia degli uomini — sebbene di affari
umani e di marosi conseguenti
lungo i secoli queste mura ne abbiano visto più d’uno — assomigliandolo a un paradiso in terra.
A stanze e cappelle, logge e corridoi la caratura del genio, il timbro della trascendenza e la cadenza della gloria hanno conferito
una nobiltà più grande di quella
della pietra di cui son costruiti.
Maria Mari nel suo libro descrive
il Palazzo emergere dallo spirito
come un modello stesso della bellezza, quasi venuto su dalla terra
per una misteriosa potenza tellurica, come la Venere,
dipinta da Giulio Romano nella
“stufetta” del cardinal Bibbiena,
scaturisce dalle acque.
Quando si arriva alla parte
centrale del libro, prende la commozione, trovandosi come d’incanto nel cuore del Palazzo. Si
racconta di un giardino vero esistente fin dall’età di Nicolò III
che si è mutato in un giardino dipinto al tempo di Pio IV, dell’architetto Pirro Ligorio e del pittore Taddeo Zuccari. Par quasi una
di quelle leggende che in Veneto
e Trentino Alto Adige si raccontano per spiegare il colore delle
dolomiti all’alba e al tramonto:
“giardini di rose”, Rosengärten, diventati pietra. Le esigenze abitative e cerimoniali avevano già, lungo i secoli, modificato e sviluppa-
Nel nuovo film di Radu Mihaileanu
di ALBERTO FABIO AMBROSIO
È uscito nelle sale cinematografiche francesi il film L’histoire de l’amour del regista
di origini rumene, Radu Mihaileanu, conosciuto per il lungometraggio ironico
sulla Shoah. Di origini ebraiche, il regista
ha voluto mettere in scena tre generazioni
di passione d’amore, dalla Polonia della
seconda guerra mondiale alla New York
degli anni duemila.
Nella Polonia degli anni terribili del
conflitto mondiale tre giovani sono innamorati perdutamente di Alma che giura
fedeltà assoluta solo a uno dei tre, Leo.
Questo è l’incipit della pellicola. Alma, a
causa dell’arrivo imminente dei nazisti,
decide di lasciare il suo paese e di rifugiarsi a New York: il patto sigillato tra i
due innamorati consiste nel fatto che Leo,
scrittore, la raggiungerà appena le condizioni lo permetteranno.
Così accade, ma all’arrivo a New York,
Leo scopre che Alma si è sposata. Tuttavia
il primo dei due figli, Isaac, è nato dal loro amore. Prima di lasciarsi Alma aveva
fatto giurare al fidanzato che questi le
avrebbe inviato con ogni sua missiva un
Amore e salvezza
capitolo di un libro dedicato ad Alma
stessa. Da questi capitoli inviati lungo tutto il periodo di guerra, nascerà l’opera: La
storia dell’amore.
Non è certo il caso di ripercorrere tutta
la storia di un film che non ha paura di
oltrepassare il format del lungometraggio
ordinario, focalizzandosi sull’idea di relazione d’amore che Mihaileanu ha voluto
rappresentare. Infatti, le idee soggiacenti
sono più che interessanti: la ripresa del tema del diluvio universale che incombe in
ogni storia di amore quando questa è
messa alla prova. Così, quando Leo ritorna da Alma sul letto di ospedale e la scopre ormai senza respiro. Così anche la
giovanissima Alma, altro personaggio del
film che cerca di trovare degli amanti per
sua madre — traduttrice in inglese del libro La storia dell’amore — che non riesce a
stabilire la giusta comunicazione delle
emozioni affettive per il suo ragazzo.
Il tema più accattivante dal punto di vista di un’analisi teologica e forse spirituale
è quello legato all’idea che l’amata è la
più amata al mondo. Alma è stata la donna più amata da Leo, così come la mamma della giovane Alma, che ha vissuto la
stessa esperienza, esperienza che la figlia
desidera vivere con intensità.
Vi si legge, dietro questo tema, quello
prettamente biblico dell’amata, Israele, la
Chiesa, l’anima: «Nessuno ti chiamerà più
Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata, perché il Signore
troverà in te la sua delizia e la tua terra
avrà uno sposo» (Isaia 62, 4). È interessante pensare che possa essere ancora proposta al grande pubblico un’idea che sembra ormai scomparsa dalla nostra cultura:
cioè che esista un amore unico, anzi che a
un essere umano si possa offrire un amore
straordinario. Alma, la più amata da Leo,
è l’amore stesso. Non deve essere un caso
se il regista abbia scelto questo nome per
l’eroina del film. Alma significa proprio
l’anima così come dietro la storia d’amore
del Cantico dei Cantici si cela la passione
di Dio per l’anima. E che l’amore sia il
perno della vita interiore lo si deduce anche da uno scambio tra il giovanissimo
fratello di Alma, che pensa di essere niente poco di meno che un Lamed Vovnik,
uno dei trentasei giusti della tradizione
ebraica che salvano il mondo, e il Messia
stesso.
Quando il fratello prende le difese della
sorella maggiore nei confronti del ragazzo
che non sa più che cosa fare con questa,
Bird gli scrive dicendo «salvami», dove si
intuisce perfettamente che questa salvezza
dipende dall’amore del giovane. Chi ha
più il coraggio di affermare che la salvezza dipende dall’amore? Perché così è, tanto nella tradizione ebraica che forse e ancora di più nella tradizione cristiana, che
sgorga da quella. In un’epoca oscura come quella della seconda guerra mondiale,
che rischia sempre di ripetersi, la storia
della più amata richiama all’essenziale
rapporto tra amore e salvezza.
to in pianta e in altezza le quattro facce del
Cortile del Pappagallo, sin
dall’origine centro palpitante del
Palazzo Apostolico. Ancora a occhio nudo si osservano le tracce
degli affreschi strappati, oggi in
attesa di restauro nei depositi dei
Musei Vaticani, proponenti «motivi decorativi policromi ascrivibili a un apparato atto a simulare,
mediante partiti illusionistici, la
spazialità di pergolati e loggiati,
ricchi di vita (…) intrecci di
strutture su cui si inerpicavano
essenze vegetali, ornamentali, roseti, tralci di vite, mentre, negli
sprazzi di cielo simulati all’interno della partitura geometrica di
base, si sono osservati voli di uccelli e sagome diverse» (p. 246).
La segnalazione, con le sue smaglianti restituzioni grafiche e coloristiche, riempie di gioia temperata dal desiderio — il desiderio è
espressione di riconoscenza per la
sorpresa di un istante simile, riposo concesso nella quotidiana
mediocrità, momento tolto alla
consunzione della civiltà dello
spreco — che questo luogo refrigerante per lo spirito non sia lasciato o consegnato alla musealizzazione.
Dal Palazzo Apostolico, come
da un principio generatore continuo, qualcosa si espande a onde,
avvolge e conquista, sospinge
lontano, fino ai primordi, fino alle falde meridionali del monte
Hermon in Palestina, a Cesarea
di Filippo dove, alla base di una
parete rocciosa, imponente come
la facciata d’un palazzo, la sorgente orientale del Giordano si
sprigiona con acqua fresca e impetuosa formando un laghetto
che pare la vasca di una fontana,
e poi inizia a scorrere nel bosco
rigoglioso abitato da uccelli canori e variopinti. In quel luogo
ameno, hortus conclusus che ha
per mura il deserto, Pietro pronunciò la professione di fede ricambiata dalla promessa del primato: «Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa»
(Matteo, 16, 13-20).
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 8 dicembre 2016
pagina 5
Pesce e pane eucaristico, particolare di pittura su parete
(inizio del III secolo)
Catacombe di San Callisto, cripta di Lucina, Roma
In una monumentale antologia
pubblicata dalla comunità di Bose
si delinea una vasta parabola
che abbraccia testi di padri della Chiesa
e di autori medievali
che vanno dal III al XIII secolo
La liturgia eucaristica nella tradizione occidentale
In continuità profonda
di ENZO BIANCHI
eucaristia è «fonte e culmine» della vita della
Chiesa (concilio Vaticano II, Lumen gentium 11;
cfr. idem, Sacrosanctum
concilium 10) e, in quanto tale, ne è anche norma e giudizio: ciò discende dal
suo essere forma della Chiesa, dal possedere cioè la forza in grado di plasmare il corpo della comunità cristiana. Che cos’è, infatti, la Chiesa se non
la comunità di quanti lasciano che
l’eucaristia dia consistenza alla loro vita, fino a farli diventare uomini e donne «eucaristici» (cfr. Colossesi, 3, 15)?
L’eucaristia dà forma alla vita della
Chiesa plasmandola come comunità al
servizio di Dio e degli uomini
sull’esempio di Cristo, il Servo del Signore che donando la sua vita per tutti
L’
Dedicato a Benedetto
È dedicata a Benedetto XVI — che l’ha
suggerita e l’ha ricevuta in anteprima da
Enzo Bianchi lo scorso 11 novembre —
una monumentale antologia di testi tratti
da autori cristiani latini, appena
pubblicata dalla comunità di Bose (Un
solo corpo. Mistagogia della liturgia
eucaristica attraverso i testi dei padri latini.
A cura di Emanuele Borsotti e Cecilia
Falchini, Magnano, Edizioni Qiqajon,
2016, pagine 1804, euro 60). Aperto da
una lunga introduzione di Borsotti e da
un capitolo sull’assemblea liturgica, il
libro segue l’ordinamento dell’ordo
missae, dai riti introduttivi a quelli
conclusivi. Le parti della messa sono così
gole Chiese sia tra le varie Chiese manifestano la nostra inadeguatezza a vivere il mistero dell’eucaristia. Infatti,
come il pane, frumento sparso sui colli, raccolto è diventato una cosa sola,
così l’eucaristia riunisce la comunità
dei credenti nel Signore Gesù (cfr. Didaché 9, 4); come lo Spirito santo scende sul pane e sul vino e li trasforma
nel corpo e nel sangue del Signore, così scende anche sull’assemblea liturgica, rende i credenti «membra gli uni
degli altri» (Romani, 12, 5; Efesini, 4,
25) e, tutti insieme, l’unico corpo di
Cristo (cfr. E. Bianchi, Eucaristia e
chiesa, Qiqajon, Magnano 2006).
È questa fede eucaristica della Chiesa che emerge dalle pagine di questo
libro, delineando sotto gli occhi del
lettore una vasta parabola che abbraccia testi di padri della Chiesa e di autori medievali che vanno dal III al XIII
In contesti geografici vari e differenziati (dall’Africa del nord alla Spagna
mozarabica, dalla Roma dei papi alle
Gallie), in epoche storiche diverse che
hanno visto il passaggio da un cristianesimo di minoranza agli imperi della
doci a discernere, da un lato, la «parte
immutabile» della liturgia «perché di
istituzione divina» e, dall’altro, le
«parti suscettibili di cambiamento, che
nel corso dei tempi possono o anche
devono variare, qualora in esse si fos-
sarà necessario emendare, arricchirà ciò
che apparirà misero.
Due millenni di pratica liturgica —
dall’essenzialità dei riti e delle formule
più antichi all’arricchimento sopravvenuto nei secoli con il sovrapporsi di
quelle «stratificazioni» che appartengono alla «legge dello sviluppo organico, e quindi progressivo, dell’evoluzione» liturgica (A. Baumstark, Liturgie comparée. Principes et méthodes pour
l’étude historique des liturgies chrétiennes,
Éditions de Chevetogne, ChevetogneParis 1953, pp. 2, 26) — ci hanno insegnato, per eccedenza o per difetto, la
necessità, per la vita della Chiesa, che
«i riti splendano per nobile semplicità;
siano chiari per brevità ed evitino inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium
34). Nel contempo, l’esegesi liturgica,
la mistagogia, con il suo approccio figurale e tipologico, sino agli esiti più
fioriti dell’allegoria, hanno sempre mostrato la profondità dei misteri del culto cristiano, in un continuo riandare
dal mistero rivelato, di Dio e di Cristo,
ai misteri celebrati per ritus et preces
(ivi 48. Cfr. E. Bianchi, Dal mistero rivelato ai misteri celebrati, Qiqajon, Magnano 2009).
Convinta che i tesori delle fonti liturgiche dell’eucologia e dei riti eucaristici insieme ai commenti dei padri antichi e medievali costituiscano una ric-
XVI
illustrate da 21 capitoli dove si alternano,
in accurate e limpide traduzioni, testi che
si estendono per oltre un millennio, dal
III al XIII secolo, con un larghissimo
spazio riservato al Canone romano.
Abbondanti sono le note, la bibliografia
e le notizie sugli autori e gli scritti
raccolti, mentre ben tre indici (biblico,
dei testi, tematico) completano questo
eccellente strumento, indispensabile a chi
si occupa di storia della liturgia. Del
libro, seconda parte di un dittico aperto
nel 2012 da un’analoga raccolta per i testi
greci e bizantini (Entrare nei misteri di
Cristo), pubblichiamo per intero la
prefazione del priore di Bose. (g.m.v.)
ha compiuto fino alla fine, nella libertà
e nell’amore, la volontà di Dio.
L’eucaristia, poi, è forza di comunione nella Chiesa e tra le Chiese. Al
riguardo occorre ammettere che le divisioni esistenti sia all’interno delle sin-
secolo. Un millennio di riflessioni, di
parole, di commenti a partire dalla celebrazione dei missarum sollemnia, a
partire dall’esperienza del popolo di
Dio convocato e radunato per l’ascolto
della Parola e la frazione del pane.
Max Hunziker, «Der Psalter, 69» (1966, particolare)
Ana Martins, «L’ultima cena»
cristianità, attraverso sensibilità teologiche e spirituali multiformi, nella pluralità di accenti secondo i quali la lex
orandi si è declinata, inculturandosi nel
variare di luoghi e tempi, i credenti
hanno celebrato il mistero pasquale di
Cristo, quale centro della fede, nella
memoria dei gesti e delle parole di Gesù, ripetuti e ridetti nell’hodie della liturgia, aperto sul futuro di Dio. La
storia della liturgia, come pure le pagine di questa antologia, ci permettono
di cogliere con uno sguardo d’insieme
secoli di pratica celebrativa della messa. Questa, senza dubbio, è cambiata
nella sua forma, come sempre è mutata
nelle diverse epoche della storia della
Chiesa; nel contempo, però, la messa è
la stessa in una continuità ben più
profonda della lingua o dei gesti con i
quali si esprime.
In verità, per chi vive una fede autenticamente cristiana ed ecclesiale, la
liturgia della Parola non è mutata da
quella dell’assemblea presieduta da
Esdra al ritorno dall’esilio (cfr. Neemia,
8), e la liturgia eucaristica è sempre la
stessa, dallo spezzare il pane della comunità di Gerusalemme nell’ora della
Pasqua fino a oggi. Le testimonianze
del passato raccolte in questo libro,
dalla freschezza delle origini all’elaborazione sistematica del medioevo, illustrano questo movimento di costante
rinnovamento nella continuità: l’eucaristia sta sempre al cuore della Chiesa,
quale pulchritudo tam antiqua et tam
nova (Agostino, Confessioni 10, 27-38),
come bellezza che scaturisce da un’origine tanto antica e che perdura nella
sua inesauribile novità.
In tal senso, è illuminante la scelta
dei curatori che — nei commenti introduttivi — hanno voluto affiancare ai testi patristico-medievali alcuni brani
tratti dalla costituzione Sacrosanctum
concilium del Vaticano II e dai Praenotanda del Missale romanum riformato a
norma dei decreti dell’ultimo concilio
e promulgato da Paolo VI (cfr. Il “Messale romano” nella tradizione liturgica del
rito romano, in «Notitiae» 291, 1990,
pp. 517-520). Percorrendo il rito della
messa nella sua integralità, dal radunarsi dell’assemblea liturgica fino al
momento del suo sciogliersi, le parole
degli antichi possono ancora illuminare l’oggi delle nostre liturgie, insegnan-
sero insinuati elementi meno rispondenti all’intima natura della stessa liturgia, o si fossero resi meno opportuni» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum
concilium 21).
Quanti appartengono, come me, a
quella generazione che ha conosciuto
la messa latina, celebrata secondo il
messale postridentino, e il successivo
passaggio all’attuale forma ordinaria
del rito romano, sono abitati da una
profonda gratitudine per il concilio
Vaticano II e per Paolo VI che hanno
operato la riforma liturgica in fedeltà
alla tradizione, alla grande tradizione
cristiana. Quarantacinque anni fa coglievo nella riforma liturgica soprattutto le novità; oggi riconosco innanzitutto la continuità, la tradizione che si accresce e si rinnova per non morire o
decadere, ma che sa sempre conservare
la stessa messa, la stessa celebrazione
dell’alleanza tra Dio e il suo popolo,
continuando ad aderire, nell’autenticità
del suo spirito, ad sanctorum Patrum
normam ac ritum, secondo l’espressione
di Pio V usata nella promulgazione del
Missale romanum del 1570 (cfr. Pio V,
Quo primum, in Missale romanum. Editio princeps (1570), a cura di M. Sodi e
A. M. Triacca, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1998, edizione
anastatica, p. 3. Tale formula riecheggerà anche in Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 50 e nell’Ordinamento generale del Messale romano 6).
Quarantacinque anni fa la messa era
per me il sacrificio della croce: oggi è
ancora il sacrificio della croce, che ha
chiaramente come esito la resurrezione,
la vittoria di Cristo sul male e sulla
morte. Oggi nella messa vivo con più
consapevolezza il mistero pasquale,
rinnovo l’alleanza con il Signore, offro
a Dio la mia vita, il mio corpo in sacrificio (cfr. Romani, 12, 1), offro tutta
la creazione con un’epiclesi allo Spirito,
perché trasfiguri questa creazione in
regno dei cieli. E resto convinto che ci
saranno altri sviluppi, altri accrescimenti e mutamenti nella liturgia, perché la liturgia, come la Chiesa, è semper reformanda. Tutto questo, però, in
una continuità che ha come riferimento la grande tradizione dell’oriente e
dell’occidente e che completerà ciò che
parrà manchevole, correggerà ciò che
chezza immensa e una eredità di cui
essere destinatari responsabili, la nostra comunità si è quindi impegnata
fin dal suo inizio negli studi, nella ricerca e nella pubblicazione di tali tesori che non possono rimanere nascosti
«nell’oscurità delle biblioteche», ma
devono invece venir messi «in luce per
rischiarare e nutrire la mente e l’animo
dei cristiani» (Paolo VI, Missale romanum, costituzione apostolica).
Così abbiamo progettato e poi pubblicato nel 2012 i commenti dei padri
orientali alla liturgia eucaristica (cfr.
Entrare nei misteri di Cristo. Mistagogia
della liturgia eucaristica attraverso i testi
dei padri greci e bizantini, a cura di L.
d’Ayala Valva, Qiqajon, Magnano
2012). Ne feci dono a Papa Benedetto
XVI che apprezzò il libro e chiese se
avessimo l’intenzione di fare altrettanto
per la liturgia della Chiesa latina.
L’impresa era ben più ardua, ma fratel
Emanuele Borsotti e sorella Cecilia
Falchini si sono messi all’opera, ed ecco l’ampio lavoro di cui mi rallegro.
Questo libro è dunque dedicato a Benedetto XVI, verso il quale va la mia riconoscenza personale per l’attenzione
mostratami molte volte, e al quale va il
Una continuità bimillenaria
ha insegnato semplicità e chiarezza
E l’esegesi ha sempre mostrato
la profondità dei misteri
del culto cristiano
grazie di tutta la Chiesa per il suo impegno liturgico.
Presentiamo allora ai nostri lettori
questa antologia, affinché, spigolando
fra le sue pagine, i credenti di oggi
possano abbeverarsi alla tradizione
della Chiesa, per fare tesoro della sapienza di ieri, in modo da saperla tradurre con creatività di fronte alle sfide
del presente, con lo sguardo sempre
rivolto al futuro, per aprire «la via a
un legittimo progresso», in cui «le
nuove forme in qualche modo scaturiscano organicamente da quelle già esistenti» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 23).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 8 dicembre 2016
Tomba di Giona a Mosul
distrutta dai jihadisti del cosiddetto stato islamico
Alla Gregoriana
ABU DHABI, 7. «L’escalation di
conflitti religiosi ed etnici in tutta
la regione dimostra la necessità
urgente di un’azione da parte
della comunità internazionale per
proteggere e preservare il patrimonio culturale dell’Iraq». È
l’appello lanciato dal patriarca di
Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, nel corso della
Conferenza internazionale sulla
conservazione dei beni culturali a
rischio nelle zone di conflitto che
si è svolta in questi giorni ad
Abu Dhabi, su iniziativa di Emirati Arabi Uniti e Francia in collaborazione con l’Unesco. Affermazione in sintonia con quanto
affermato da Papa Francesco nel
corso dell’udienza generale del 30
novembre scorso, il quale, proprio in vista di tale conferenza,
ha rilevato come questo tema sia
«purtroppo drammaticamente attuale». Nella convinzione, ha aggiunto il Pontefice, «che la tutela
delle ricchezze culturali costituisce una dimensione essenziale
della difesa dell’essere umano,
auguro che questo evento segni
una nuova tappa nel processo di
attuazione dei diritti umani».
In questi ultimi anni, come è
noto, le milizie del cosiddetto stato islamico hanno distrutto gran
parte del patrimonio artistico e
culturale dell’Iraq, l’antica Mesopotamia. Prima il saccheggio di
manoscritti e reperti dal museo
nazionale iracheno di Baghdad e
dal museo di Mosul, e successivamente tanti altri siti di importanza storica sono stati oggetto di
Induisti e cristiani
in dialogo
Appello del patriarca Sako per i siti religiosi iracheni
Patrimonio comune
da tutelare
vati in molte altre chiese e monasteri, la comunità internazionale
dovrebbe impegnarsi con il governo iracheno e con altri governi
della regione — ha aggiunto —
per assicurare e garantire la conservazione e la protezione di questo patrimonio multimillenario e
il suo restauro con un team di
esperti».
Tuttavia, il patriarca ha ricordato l’immenso lavoro svolto dal
domenicano Najib Mussa, che ha
fondato il Centre numérique des
Manuscrits Orientaux a Mosul,
dove fin dal 1990 ha iniziato a
documentare e catalogare i manoscritti conservati nelle chiese e nei
monasteri, a registrare con telecamere altri 7500 manoscritti e a restaurare alcuni tra quelli danneggiati recentemente dai jihadisti. A
Erbil, presso il centro domenicano, sono disponibili cd e cataloghi grazie al lavoro svolto in questi anni.
«Ci auguriamo inoltre — ha
proseguito il patriarca di Babilonia dei Caldei — che questi luoghi antichi e sacri come le chiese,
i monasteri e le moschee siano
presto ricostruiti rispettando le
loro caratteristiche di un tempo».
A oggi, ha ricordato ancora Sako nel suo intervento, la situazio-
depredazioni a opera dei «jihadisti dello stato islamico — ha ricordato durante il suo intervento il
patriarca caldeo — che hanno avviato una vera e propria strategia
per cancellare tutto ciò che non
ha a che fare con l’epoca islamica
e che non si adatta con la loro
ideologia. A causa della distruzione totale delle moschee di Nabi
Younis e Nabi Jarjees, così come
di altri importanti siti archeologici (Nimrud e Hatra) e del rogo
di centinaia di manoscritti conser-
Al Azhar condanna
le distruzioni dei monumenti antichi
ABU DHABI, 7. L’islam non incoraggia la distruzione di monumenti e
templi che sono un’eredità umana
che bisogna proteggere e preservare.
È quanto ha dichiarato il grande
imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb, durante l’incontro svoltosi ad
Abu Dhabi sulla tutela del patrimonio in pericolo in situazioni di conflitto. In un messaggio, Al Tayyeb
ha esternato il proprio disappunto
contro gli atti commessi dalle organizzazioni terroristiche volte a demolire il patrimonio di civiltà e cancellare la storia dei popoli. «Atti che
naturalmente — ha sostenuto — contraddicono
con
l’insegnamento
dell’islam che considera questi episodi come un grave crimine contro
il mondo intero».
ne in Iraq è abbastanza instabile
e insicura, e nonostante lo stato
islamico sia stato respinto in alcune città, «la sua ideologia continuerà a vivere generando nuovi
conflitti». Pertanto, ha aggiunto
«vorrei proporre tre importanti
progetti da attuare prima possibile: innanzitutto occorre creare un
luogo sicuro per la conservazione
e lo stoccaggio del patrimonio
culturale in via di estinzione, con
l’accordo o con la convenzione
del governo iracheno e la supervisione di un ufficio di monitoraggio delle Nazioni Unite; inoltre, è necessario far arrivare in
Iraq degli esperti per la formazione di gruppi di studiosi iracheni
per affrontare e gestire al meglio
questo immenso patrimonio culturale che è qui da migliaia di
anni. In particolare, catalogare,
proteggere e ripristinare i manoscritti, i siti storici, gli oggetti antichi, le chiese, i monasteri, le sinagoghe e le moschee. Infine —
ha concluso il patriarca di Babilonia dei Caldei — occorre fornire
le attrezzature e gli strumenti
adeguati alle squadre di esperti
irachene al fine di permettere loro di svolgere la loro attività in
maniera adeguata e con strumenti
moderni e sofisticati».
«Un nuovo inizio» che «orienta
verso una nuova serie di possibilità
nel campo del dialogo», aprendo
«ulteriori iniziative e passi futuri»:
così il cardinale presidente JeanLouis Tauran ha definito la prima
conferenza indù-cristiana organizzata in Italia dal Pontificio consiglio
per il dialogo interreligioso. Svoltosi martedì 6 dicembre alla Pontificia università Gregoriana — il cui
centro studi interreligiosi era tra gli
enti promotori insieme con l’ufficio
nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale
italiana, l’Unione induista italiana,
il movimento dei Focolari e la sezione Italia di Religions for peace
— l’appuntamento si è svolto «in
spirito di amicizia, riconoscendo il
reciproco bisogno dell’altro» in vista della costruzione di «una coesistenza armoniosa tra i popoli di
tutte le fedi».
Introducendo i lavori il porporato si è detto convinto «che ogni
dialogo interreligioso, se portato
avanti con il giusto intento», illumina i valori condivisi. E in proposito ha accennato alle proprie esperienze personali di dialogo con gli
indù. «La prima — ha ricordato —
l’ho vissuta a Mumbai, in India, nel
giugno 2009. Si trattava di parlare
delle necessità dei responsabili di
entrambe le comunità religiose
d’impegnarsi in dialogo e cooperazione per contribuire al benessere
del popolo indiano, e alla costruzione della pace nella società. Da
allora ho avuto l’opportunità di interagire con gli amici indù anche in
altri paesi. Nel 2011, il nostro Pontificio Consiglio ha organizzato un
colloquio di tre giorni a Pune e io
vi ho partecipato, come pure agli
incontri organizzati dal nostro dicastero a Londra nel 2013 e a
Washington nel 2015. Queste sono
state occasioni di reciproco apprendimento e arricchimento spirituale». Perché, ha concluso, «quando
noi, che professiamo religioni diverse, ci incontriamo, sentiamo il bisogno di crescere sempre più nel rispetto, nella comprensione, nella
stima della vita e della fede dell’al-
tro, e questo contribuisce all’armonia generale e allo sviluppo della
società». Inoltre «questi meravigliosi scambi ci aiutano anche ad approfondire la nostra fede». Infatti
«ogni autentico scambio di vita e
fede come questo arricchisce il nostro modo di essere e di vivere».
Successivamente, nel corso della
sessione dedicata al tema «Promuovere la pace in un mondo globalizzato: sfide, opportunità e speranze», la prospettiva politica è stata
affrontata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i
rapporti con gli Stati. Il presule ha
esortato a non aver paura di sporcarsi le mani con la politica, la quale non è intrinsecamente un male,
soprattutto se si considera che in
ultima analisi essa serve al raggiungimento del bene comune. Allo
stesso modo è sempre opportuno
che ai politici venga ricordata la loro alta vocazione e siano incoraggiati a perseguire la strada giusta.
«Questo — ha commentato — è il
punto di intersezione tra religione e
politica. La religione e i valori religiosi hanno un ruolo profetico
nell’incoraggiare la politica e i politici a cercare sempre il bene. Pertanto, dobbiamo distinguere tra cattiva politica e buona politica, tra il
bene e il male insiti nella politica».
In tale contesto — ha affermato —
«i valori etici delle nostre tradizioni
cristiane e indù sono necessari e indispensabili per fare questa distinzione».
Infine il segretario per i rapporti
con gli Stati ha evidenziato come
sulla scena mondiale globalizzata il
principale strumento di promozione
della pace sia la diplomazia. Ma —
ha avvertito — «una buona diplomazia richiede una buona politica
poiché la diplomazia, quando esercitata senza scrupoli per ottenere
indebiti vantaggi e concessioni, può
essere semplicemente una forma alternativa di guerra o può essere utilizzata per fomentare la guerra». In
sintesi, secondo il presule, il modello di riferimento dovrebbe essere
san Tommaso Moro e non Il Principe di Machiavelli.
A Dublino l’incontro interreligioso
La visita a Parigi del patriarca di Mosca
La Siria ha bisogno dell’Europa
Buoni risultati
DUBLINO, 7. Dopo cinque anni
«sono potuto andare ad Aleppo
e ho riportato con me 2200
combattenti pentiti, che hanno
ottenuto l’amnistia del governo»; un’iniziativa che ha sconfessato le posizioni del passato,
in cui si chiedeva che i combattenti responsabili dell’uccisione
di civili fossero puniti con la pena capitale. È quanto ha sottoli-
neato il gran muftì della Repubblica Siriana, lo sceicco Ahmad
Badr El Din Hassun, invitato a
Dublino insieme al patriarca siro-ortodosso Ignatius Aphrem II
e al patriarca di Antiochia dei
Greco-Melkiti,
Gregorio
III
Laham.
I leader religiosi — riferisce
l’agenzia AsiaNews — hanno
parlato davanti al comitato congiunto per gli affari, il commercio e la difesa irlandese. In particolare, il gran muftì ha approfondito la situazione di Aleppo
e della Siria, nella quale dall’inizio della guerra non era più potuto rientrare. Prima del conflitto, ha raccontato il muftì, un
principe arabo «mi ha proposto
un’ingente somma di denaro e
una villa, se avessi deciso di fuggire della Siria e dichiararmi
contrario al Governo». Al rifiuto
opposto dal muftì, alcuni mercenari inviati a combattere in Siria, gli hanno assassinato il fi-
glio «gettando la salma davanti
all’ingresso
della
moschea».
Non contenti, la tomba del figlio è stata profanata e il corpo
trasportato in un luogo sconosciuto.
Hassun ha invitato «gli europei che vogliono la pace in Siria, a recarsi a Damasco e discuterne col presidente Bashar al
Assad»; ha quindi esortato l’opinione pubblica europea a «non
credere a quanto viene diffuso
dalla stampa in occidente», che
ha come scopo di denigrare il
suo Paese e deformare la realtà.
«È necessario — ha aggiunto —
ascoltare sempre le due campane. La Siria ha bisogno degli
europei per domare l’incendio in
corso, che rischia di diffondersi
al mondo intero».
In merito ai timori espressi
dal patriarca siro-ortodosso sul
futuro dei cristiani in Siria «minacciati nella loro propria esistenza», Hassun ha affermato
che non vi sarebbe alcun pericolo se i siriani venissero lasciati liberi di decidere da soli. «La Siria — ha spiegato il gran muftì —
è un paese unito e unico, senza
distinzioni alcune fra confessione, religioni ed etnie, cosa rara
se non impossibile in qualsiasi
altra nazione al mondo». Egli
ha poi espresso il dolore per i
«bambini cristiani che sono stati
uccisi dai jihadisti durante le festività natalizie», riferendosi
all’uccisione avvenuta lo scorso
anno ad Aleppo.
All’incontro di Dublino il patriarca Laham ha, infine, sottolineato che «siamo qui per operare per la pace, non per accusare;
si tratta di una guerra e in una
guerra sono tutti colpevoli».
PARIGI, 7. Hanno parlato soprattutto del problema dell’erosione
dei valori cristiani tradizionali
nell’Europa di oggi e condiviso
la medesima battaglia a difesa
della famiglia: nell’incontro avuto lunedì scorso a Parigi, il cardinale arcivescovo André VingtTrois e il patriarca di Mosca
hanno ribadito che su molti temi Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa si trovano sulla stessa
lunghezza d’onda. «Abbiamo
saputo della ferma posizione
espressa dal vostro episcopato
durante le proteste contro la legge sull’adozione dei bambini da
parte di coppie dello stesso sesso», ha detto Cirillo, esprimendo «solidarietà» su tale questione, come su quella, più generale, dei “matrimoni” fra persone
omosessuali.
Il primate ortodosso ha inoltre ringraziato il cardinale arcivescovo per il supporto dato alla costruzione della cattedrale
della Santa Trinità — consacrata
il 4 dicembre da Cirillo durante
la sua visita di tre giorni a Parigi — e del Centro culturale e
spirituale russo sul lungosenna
Branly, a due passi dalla torre
Eiffel. Vingt-Trois dal canto suo
si è congratulato per la cerimonia, avvenuta di fronte a centinaia di fedeli, famiglie di emigrati russi e noti artisti, testimonianza, ha osservato il porporato, «delle buone relazioni fra i
nostri paesi, delle quali la cattedrale è il simbolo».
In visita al seminario ortodosso russo di Épinay-sous-Sénart,
Cirillo ha ribadito questo concetto: «Che Dio consenta lo sviluppo di buone relazioni per
aiutare a costruire un atteggia-
mento realistico e reciprocamente vantaggioso di fronte alle sfide politiche attuali. Sono molto soddisfatto di questo viaggio a Parigi, incoraggiato dal
risultato dei miei incontri e
colloqui». E, sulla consacrazione della cattedrale:
«Dio aiuta a realizzare i
progetti più incredibili e
la realizzazione di questi progetti sembra di
per sé un miracolo. È
difficile al momento
valutare il fatto della
presenza della cattedrale e del Centro culturale e spirituale ortodosso russo nel cuore di
Parigi. Ho già comunque visto il notevole interesse di vari rappresentanti della società
francese riguardo ciò che può
essere sviluppato insieme, fuori
e dentro questa struttura».
A Parigi il patriarca di Mosca
ha incontrato fra gli altri il presidente della Repubblica francese, François Hollande, con il
quale ha parlato soprattutto della protezione dei cristiani nel
Medio oriente e della crisi in
Ucraina: «Destino dell’uomo e
vite umane, queste sono le cose
principali, e questo è esattamente ciò di cui ho parlato con Papa Francesco all’Avana. La
Chiesa russa è pronta a cooperare con tutte le parti interessate
sul tema della tutela della presenza cristiana in Medio oriente», ha affermato Cirillo.
In un comunicato, l’Assemblea dei vescovi ortodossi di
Francia — la cui guida spirituale
è il metropolita Emmanuel, pre-
sidente della Conferenza delle
Chiese europee — esprime
«gioia» per aver potuto concelebrare, assieme a Cirillo, la divina liturgia patriarcale che ha caratterizzato la consacrazione liturgica della nuova chiesa. Un
fatto che «mostra, ancora una
volta, l’unità della famiglia ecclesiale ortodossa in Francia.
Sua santità — è scritto nella nota
— ha effettuato, in occasione del
suo soggiorno a Parigi, vari incontri ufficiali con le autorità
politiche e religiose». I vescovi
ortodossi ricordano in particolare i colloqui avuti dal patriarca
di Mosca con il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, e con il capo
dello stato, il quale ha messo in
evidenza «il vivo desiderio della
Francia di sviluppare relazioni
di amicizia fra i popoli francese
e russo».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 8 dicembre 2016
pagina 7
Nomine
episcopali
Il cardinale Stella spiega il nuovo documento sulla formazione sacerdotale
Tre
parole chiave
di NICOLA GORI
La formazione dei sacerdoti ha
bisogno di essere «rilanciata, rinnovata e rimessa al centro». È
uno dei motivi che hanno ispirato
la stesura della nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis
che, a distanza di quarantasei anni dall’ultima, viene promulgata
dalla Congregazione per il clero
nella solennità dell’Immacolata
Concezione. Il testo — distribuito
nel volumetto allegato all’edizione odierna dell’Osservatore Romano — rappresenta uno strumento efficace e aggiornato per la
«formazione integrale» del prete:
una formazione «capace, cioè, di
unire in modo equilibrato la dimensione umana, quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso un cammino
pedagogico graduale e personalizzato», come spiega in questa intervista il cardinale prefetto del
dicastero Beniamino Stella.
Perché un nuovo documento per i
futuri preti e quali sono le linee
ispiratrici del testo?
L’ultima Ratio fundamentalis risale al 1970, anche se nel 1985 c’è
stato un aggiornamento. Nel frattempo, come sappiamo, soprattutto sotto l’effetto della rapida evoluzione a cui il mondo è oggigiorno soggetto, sono mutati i
contesti storici, socio-culturali ed
ecclesiali nei quali il sacerdote è
chiamato a incarnare la missione
di Cristo e della Chiesa, non senza provocare significativi cambiamenti relativi ad altri aspetti:
l’immagine o visione del prete, i
bisogni spirituali del popolo di
Dio, le sfide della nuova evangelizzazione, i linguaggi della comunicazione, e altro ancora. Ci è
sembrato che la formazione dei
sacerdoti avesse bisogno di essere
rilanciata, rinnovata e rimessa al
centro; siamo stati incoraggiati e
illuminati dal magistero di Papa
Francesco, con la spiritualità e la
profezia che contraddistinguono
la sua parola. Il Pontefice si è rivolto spesso ai sacerdoti, ricordando loro che il prete non è un
funzionario, ma un pastore unto
per il popolo di Dio, che ha il
cuore compassionevole e misericordioso di Cristo per le folle affaticate e stanche. Le parole e gli
ammonimenti del Papa, alcuni
dei quali riguardanti le tentazioni
legate al denaro, all’esercizio au-
toritario del potere, alla rigidità
legalista o alla vanagloria, ci mostrano come la cura dei sacerdoti
e della loro formazione sia un
aspetto fondamentale nell’azione
ecclesiale di questo pontificato e
debba diventarlo sempre di più
per ogni vescovo e ogni Chiesa
locale.
Quali sono le novità della Ratio
fundamentalis?
Vorrei premettere che nella vita
della Chiesa le novità non sono
mai separate dalla tradizione. Al
contrario, la integrano e la approfondiscono; quando ci si mette in
ascolto dello Spirito Santo, cioè,
si impara a guardare in avanti
raccogliendo, però, il patrimonio
esistente. Così, la Ratio fundamentalis ha ripreso i contenuti, i metodi e gli orientamenti prodotti finora nel campo della formazione,
aggiornandoli e introducendo elementi nuovi. Nel documento
rientrano le indicazioni offerte
dalla Pastores dabo vobis, del 1992,
circa una formazione integrale,
capace cioè di unire in modo
equilibrato la dimensione umana,
quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso
un cammino pedagogico graduale
e personalizzato. Sulla prima — la
dimensione umana — c’è un accento particolare: non si può essere preti senza equilibrio della
mente e del cuore e senza maturità affettiva, e ogni lacuna o problematica non risolta in questo
ambito rischia di essere gravemente deleteria sia per la persona
che per il popolo di Dio. Considerando l’esito positivo di un
tempo propedeutico all’ingresso
in seminario, sperimentato già da
tempo in molte realtà locali, il testo ne sottolinea l’importanza e la
necessità, ai fini di un’attenta verifica e selezione dei candidati.
Sull’aspetto del discernimento vocazionale, poi, il testo insiste molto: i vescovi e i formatori hanno
una grande responsabilità e sono
chiamati a esercitare una perspicace vigilanza sull’idoneità dei
candidati, senza fretta o superficialità. In tale direzione, la Ratio
cerca di superare alcuni automatismi che sono venuti a crearsi in
passato; la sfida è proporre un
cammino di formazione integrale
che aiuti la persona a maturare in
ogni aspetto e favorisca una valutazione finale fatta in base alla
globalità del percorso. Così, ac-
Le nomine di oggi riguardano Brasile e
Italia.
Rubival Cabral Britto
vescovo di Grajaú (Brasile)
canto alle già conosciute denominazioni, che suddividevano il
cammino in “fase degli studi filosofici”, “fase degli studi teologici”
e “fase pastorale”, sono state aggiunte “tappa discepolare”, “tappa configuratrice” e “tappa di sintesi vocazionale”, a ciascuna delle
quali corrisponde un itinerario e
un contenuto formativo, orientati
ad assimilare l’immagine del buon
pastore. In breve: per essere un
buon prete, oltre ad aver superato
tutti gli esami, occorre una comprovata maturazione umana, spirituale e pastorale. Penso sia superfluo aggiungere che altre piccole novità possono essere colte
nel testo dal tipo di approccio alle questioni, dal linguaggio usato,
dalla
metodologia
formativa
proposta, dal respiro che, in generale, il documento riceve soprattutto dall’attuale magistero pontificio.
Ci sono alcune parole chiave per cogliere la visione di fondo della nuova Ratio?
Ne sceglierei almeno tre. La
prima è “umanità”. Penso che
non insisteremo mai abbastanza
sulla necessità che i seminaristi
siano accompagnati in un processo di crescita che li renda persone
umanamente equilibrate, serene e
stabili. Solo così sarà possibile
avere sacerdoti dal tratto amabile,
autentici, leali, interiormente liberi, affettivamente stabili, capaci di
intessere relazioni interpersonali
pacificate e di vivere i consigli
evangelici senza rigidità, né ipocrisie o scappatoie. La Ratio insiste sull’importanza di questo accompagnamento umano, che aiuti
lo sviluppo della maturità della
persona e garantisca nei candidati
un buon equilibrio psico-affettivo.
La seconda parola è “spiritualità”,
che non bisogna mai dare per
scontata. La coscienza dell’identità presbiterale va rifondata a partire da questo aspetto: il prete
non è un uomo del “fare”, un leader, un organizzatore religioso o
un funzionario del sacro, ma è un
discepolo innamorato del Signore, la cui vita e il cui ministero sono fondati nell’intima relazione
con Dio e nella configurazione a
Cristo buon pastore. Solo così —
coltivando la vita spirituale con
disciplina e con tempi appositamente dedicati — potrà essere superata una visione sacrale o burocratica del ministero e potremo
avere sacerdoti appassionati del
Vangelo, capaci di “sentire con la
Chiesa” e di essere, come Gesù,
“samaritani” compassionevoli e
misericordiosi. Direi che la terza
parola è “discernimento”. Chi segue la via del Vangelo e si immerge nella vita dello Spirito, supera
sia l’approccio ideologico che
quello rigorista, scoprendo che i
processi e le situazioni della vita
non possono essere classificati attraverso schemi inflessibili o norme astratte, ma hanno bisogno di
ascolto, dialogo e interpretazione
dei moti del cuore. Il luogo privilegiato perché maturi l’arte del
discernimento è certamente l’accompagnamento personale, soprattutto nella direzione spirituale. Si tratta di un ambito fondamentale, che richiede la sincera
apertura dei candidati e la competenza e disponibilità dei formatori nell’offrire tempo e strumenti
utili. Il discernimento è un dono
che i pastori devono esercitare su
se stessi e, ancor più, negli ambiti
pastorali, per accompagnare e
leggere in profondità soprattutto
le situazioni esistenziali più complesse, per le quali spesso le persone a noi affidate sono segnate,
appesantite e ferite. Parlando
all’ultima assemblea della compagnia di Gesù, Papa Francesco ha
manifestato su questo tema la sua
preoccupazione: «Sto notando —
ha detto — la carenza del discernimento nella formazione dei sacerdoti. Rischiamo infatti di abituarci al “bianco o nero” e a ciò
che è legale. Siamo abbastanza
chiusi, in linea di massima, al discernimento. Una cosa è chiara:
oggi in una certa quantità di seminari è tornata a instaurarsi una
rigidità che non è vicina a un discernimento delle situazioni». La
sfida principale che la Ratio intende raccogliere ci viene suggerita ancora da Papa Francesco: for-
mare preti “lungimiranti nel discernimento”.
Cosa vorrebbe dire, come prefetto
della Congregazione per il Clero, ai
sacerdoti di oggi?
Vorrei dire, per prima cosa, che
la grande responsabilità affidatami nella conduzione del dicastero
mi spinge ogni giorno a pregare
per i sacerdoti. Tanti di loro, in
un modo o nell’altro, passano dal
dicastero; cerchiamo di accogliere,
di ascoltare, di entrare in situazioni di vita e di ministero talvolta
delicate, difficili o faticose. Allo
stesso tempo, sappiamo che molti
sacerdoti offrono la loro vita con
generosità e dedizione per l’annuncio del Vangelo. A ciascuno
vorrei dire soprattutto: non scoraggiatevi! Il Signore non viene
mai meno alle sue promesse e, se
vi ha chiamati, farà brillare la sua
luce anche quando vivete l’oscurità, l’aridità, la fatica o l’insuccesso
pastorale di un momento. Vorrei
però raccomandare ai sacerdoti:
non si spenga in voi la sana inquietudine che vi mantiene in
cammino! Non trascurate la preghiera, curate la vostra vita interiore, rimanete disponibili a formarvi ogni giorno e lasciatevi sostenere e ammaestrare dalla vita
pastorale e dal popolo di Dio.
Dobbiamo restare vigili, come ci
suggerisce questo tempo di Avvento, per non permettere che
l’abitudine o la mediocrità affievoliscano il dono che il Signore ci
ha fatto. Non abbiamo scelto a
caso, per la pubblicazione, il giorno dell’Immacolata Concezione,
perché come Maria, siamo chiamati ad attendere il Signore, accoglierlo e “partorirlo” al mondo
intero, nella certezza che «quanti
sperano nel Signore riacquistano
forza, mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi».
Gruppi di fedeli all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 7 dicembre, nell’aula Paolo VI, erano presenti i seguenti gruppi:
Da diversi Paesi: Missionarie della
Carità.
Dall’Italia: Parrocchia San Fermo,
in Verona; Parrocchia San Lorenzo, in
Trezzano sul Naviglio; Comunità
Amore e Libertà; Organizzatori del
Concerto di Natale; Associazione italiana afasici della Regione Puglia;
Croce azzurra Lanciano; Gruppo Volontari della gioia, di Bergamo; Rotary
club Marsala; Gruppo dell’arte cristiana, di Roma; Comitato San Michele
Arcangelo, di Gildone; Gruppo call
center di Poste Italiane; Moto club
brave riders, di Milano; Squadra calcio allievi Piave, di Latina; Squadra
calcio Gravina, di Gravina in Puglia;
Istituto agro-alimentare, di Itri; Istituto Europa unita, di Afragola; Istituto
Marconi, di Frattamaggiore; Scuola
elementare Melogrosso, di Sezze;
gruppi di fedeli da Cusano Mutri,
Torrenova, Atessa, Giarre, Mascalucia.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Ungheria.
I polacchi: Pielgrzymka chorych i
ich opiekunów z Oddziału Warszawskiego Polskiego Towarzystwa Stwardnienia Rozsianego; organizatorzy i
uczestnicy Międzynarodowego Forum
Ekonomii Społecznej w Toruniu; pielgrzymi indywidualni.
Dall’Iraq: Sacerdoti Caldei iracheni
che prestano servizio in Europa.
De France: Membres du Service
d’optimisation des homélies; Collège
St Regis St Michel, du Puy-en-Velay.
From England: An ecumenical
group of pilgrims from Cambridge
University Catholic Chaplaincy.
From Denmark: Students and staff
from: St Knud Catholic School, Aarhus; Our Lady Catholic School,
Næstved.
From Spain: Pilgrims from the filipino parish of Immaculada Conception and San Lorenzo Ruiz, Barcelona.
From Nigeria: Pilgrims from the
National Sanctuary and the Centre of
Eucharistic Adoration, Elele.
From Australia: Students and staff
from: St Patrick’s College, Shorncliffe,
Queensland; Corpus Christi College,
Perth, Western Australia.
From the United States of America:
Pilgrims from the Diocese of Baton
Rouge, Louisiana; Pilgrims from St
George Parish, George West, Texas;
Students and faculty from: DePaul
University, Chicago, Illinois; St John’s
University and St Benedict College,
Collegeville, Minnesota; John Carroll
University, Cleveland, Ohio.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St. Petrus, Neu-Ulm; Pilgergruppen aus Berlin; Radevormwald;
Mitglieder und Freunde der Schönstatt-Bewegung Deutschland.
Aus der Republik Österreich: Pil-
Nato il 21 luglio 1969 a Jaguaquara,
stato di Bahia, ha frequentato i corsi di
filosofia all’istituto Dom Walfredo Tepe
a Ilhéus e quelli di teologia all’università cattolica di Salvador. Ha ottenuto
una specializzazione presso l’università
cattolica di Brasília. Ordinato sacerdote
cappuccino il 17 dicembre 2000 a Jaguaquara, in precedenza era stato segretario provinciale del suo ordine e
promotore vocazionale. Quindi è stato
economo e formatore del postulandato
(2001-2002),
segretario
provinciale
(2003-2004), amministratore parrocchiale (2003-2004), definitore provinciale per le missioni, maestro dei novizi ed
economo (2004-2007), ministro provinciale (2007-2013), formatore del postnoviziato ed economo della comunità
São Judas Tadeu ad Aracaju, nello stato di Sergipe (2013-2015). Attualmente
era direttore del Colégio Paulo VI a Vitória da Conquista, stato di Bahia.
Giovanni Intini
vescovo di Tricarico (Italia)
Nato il 28 dicembre 1965 a Gioia del
Colle, provincia di Bari e diocesi di
Conversano-Monopoli, dopo la maturità scientifica è entrato nel Pontificio seminario regionale Pio XI di Molfetta,
ove ha conseguito il baccalaureato in
teologia. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1990, è stato vicario parrocchiale
della cattedrale di Conversano e padre
spirituale nel seminario minore (fino al
1995), animatore nel seminario regionale di Molfetta (1995-1998), rettore del
seminario minore di Conversano (19982007), parroco della chiesa matrice di
Noci (2007-2008), padre spirituale del
seminario regionale di Molfetta (20082014). È stato docente di religione, assistente unitario diocesano di Azione cattolica e direttore del Centro regionale
vocazioni. Dal 2014 era arciprete della
concattedrale di Monopoli, vicario zonale del centro, delegato vescovile per
la formazione permanente del clero, dei
sacerdoti giovani e dei diaconi permanenti. È membro del consiglio presbiterale e del collegio dei consultori.
Joel Portella Amado, ausiliare
di Rio de Janeiro (Brasile)
Nato il 2 ottobre 1954 a Rio de Janeiro, ha compiuto gli studi di filosofia
presso l’Istituto aloisiano della compagnia di Gesù e quelli di teologia alla
Pontificia università cattolica (Puc) di
Rio de Janeiro, dove poi ha ottenuto la
licenza e il dottorato in teologia pastorale. Ha anche studiato giurisprudenza
presso l’università statale. Ordinato sacerdote il 12 ottobre 1982, è stato parroco, professore di teologia nell’università
cattolica Santa Ursula, nel seminario
maggiore e nella Puc; responsabile alla
facoltà di teologia della Puc, coordinatore di pastorale. Nel 2007 ha partecipato alla quinta conferenza generale
dell’Episcopato
latinoamericano
di
Aparecida; nel 2013 è stato segretario
esecutivo della Giornata mondiale della
gioventù carioca. Attualmente è vicario
generale, coordinatore arcidiocesano di
pastorale, parroco della cattedrale,
membro del consiglio presbiterale e del
collegio dei consultori, professore della
Puc, direttore amministrativo del museo di arte sacra, direttore dell’archivio
arcidiocesano, responsabile per i testi
liturgici della commissione di pastorale
liturgica e archivista del capitolo.
gergruppe aus Peuerbach.
Aus der Provinz Bozen — Republik
Italien: Algunder Schützenvereinigung
und Musikkapelle aus Bozen.
De España: Asociación Coral Stellarum, de Madrid; Asociación de
amas de casa, de Tarragona; Colegios
de Fomento de Centros de Ensenanza,
Las Acacias y Montecastelo, de Galicia; Instituto María Angels Cardona,
de Ciutadella.
De México: Delegación del Estado
de Querétaro, en ocasión del evento
cultural «Navidad Mexicana en el Vaticano»; Universidad Anáhuac Cancún.
De Honduras: Parroquia San Sebastián, de Tegucigalpa.
De Argentina: grupos de peregrinos.
De Portugal: grupo de jovens, de
Lisboa.
Paulo Alves Romão, ausiliare
di Rio de Janeiro (Brasile)
Nato il 6 aprile 1964 a Barra do Jacaré, diocesi di Jacarezinho, stato di Paraná, ha studiato filosofia presso la facoltà ecclesiastica João Paulo II a Rio de
Janeiro e la teologia presso l’istituto superiore dell’arcidiocesi carioca. Ha poi
ottenuto la licenza e il dottorato in teologia pastorale presso la Pontificia università cattolica (Puc) di Rio de Janeiro. Ordinato sacerdote il 28 giugno
1997 e incardinato a São Sebastião do
Rio de Janeiro, è stato vicario parrocchiale di Nossa Senhora de Copacabana e membro del consiglio presbiterale.
Al presente è parroco di Bom Pastor
nel vicariato Nord, professore della Puc
e del seminario maggiore, direttore del
dipartimento arcidiocesano dell’insegnamento religioso, coordinatore della
pastorale universitaria; assistente ecclesiastico di Comunione e liberazione.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 8 dicembre 2016
Marc Chagall
«Isaia» (1956)
Dedicato alla speranza il nuovo ciclo di riflessioni durante le udienze generali
La virtù dei piccoli
È dedicato alla «speranza cristiana»
il nuovo ciclo di catechesi inaugurato
dal Papa durante l’udienza generale
di mercoledì 7 dicembre, nell’Aula
Paolo VI. Conclusa la serie di
incontri sulle opere di misericordia —
che hanno scandito l’anno giubilare —
il Pontefice ha iniziato ad
approfondire il nuovo tema, parlando
della speranza come «virtù dei
piccoli».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Iniziamo oggi una nuova serie di
catechesi, sul tema della speranza
cristiana. È molto importante, perché la speranza non delude. L’ottimismo delude, la speranza no! Ne
abbiamo tanto bisogno, in questi
tempi che appaiono oscuri, in cui a
volte ci sentiamo smarriti davanti
al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti
nostri fratelli. Ci vuole la speranza!
Ci sentiamo smarriti e anche un
po’ scoraggiati, perché ci troviamo
impotenti e ci sembra che questo
buio non debba mai finire.
Ma non bisogna lasciare che la
speranza ci abbandoni, perché Dio
con il suo amore cammina con noi.
“Io spero, perché Dio è accanto a
me”: questo possiamo dirlo tutti
noi. Ognuno di noi può dire: “Io
spero, ho speranza, perché Dio
cammina con me”. Cammina e mi
porta per mano. Dio non ci lascia
soli. Il Signore Gesù ha vinto il
male e ci ha aperto la strada della
vita.
E allora, in particolare in questo
tempo di Avvento, che è il tempo
dell’attesa, in cui ci prepariamo ad
accogliere ancora una volta il mistero consolante dell’Incarnazione
e la luce del Natale, è importante
riflettere sulla speranza. Lasciamoci
insegnare dal Signore cosa vuol dire sperare. Ascoltiamo quindi le
parole della Sacra Scrittura, iniziando con il profeta Isaia, il grande profeta dell’Avvento, il grande
messaggero della speranza.
Nella seconda parte del suo libro, Isaia si rivolge al popolo con
un annuncio di consolazione:
«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata [...]».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al
Signore,
spianate nella steppa la strada
per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano
abbassati;
il terreno accidentato si trasformi
in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha
parlato» (40, 1-2.3-5).
Dio Padre consola suscitando
consolatori, a cui chiede di rincuorare il popolo, i suoi figli, annunciando che è finita la tribolazione,
è finito il dolore, e il peccato è stato perdonato. È questo che guarisce il cuore afflitto e spaventato.
Perciò il profeta chiede di preparare
la via al Signore, aprendosi ai suoi
doni e alla sua salvezza.
La consolazione, per il popolo,
comincia con la possibilità di camminare sulla via di Dio, una via
nuova, raddrizzata e percorribile,
una via da approntare nel deserto,
così da poterlo attraversare e ritornare in patria. Perché il popolo a
cui il profeta si rivolge stava vivendo la tragedia dell’esilio a Babilonia, e adesso invece si sente dire
che potrà tornare nella sua terra,
attraverso una strada resa comoda
e larga, senza valli e montagne che
rendono faticoso il cammino, una
strada spianata nel deserto. Preparare quella strada vuol dire dunque
preparare un cammino di salvezza e
di liberazione da ogni ostacolo e inciampo.
L’esilio era stato un momento
drammatico nella storia di Israele,
quando il popolo aveva perso tutto. Il popolo aveva perso la patria,
la libertà, la dignità, e anche la fiducia in Dio. Si sentiva abbandonato e senza speranza. Invece, ecco
l’appello del profeta che riapre il
cuore alla fede. Il deserto è un luogo in cui è difficile vivere, ma proprio lì ora si potrà camminare per
tornare non solo in patria, ma tornare a Dio, e tornare a sperare e sorridere. Quando noi siamo nel buio,
nelle difficoltà non viene il sorriso,
ed è proprio la speranza che ci insegna a sorridere per trovare quella
strada che conduce a Dio. Una
delle prime cose che accadono alle
persone che si staccano da Dio è
che sono persone senza sorriso.
Forse sono capaci di fare una grande risata, ne fanno una dietro l’al-
tra, una battuta, una risata... ma
manca il sorriso! Il sorriso lo dà
soltanto la speranza: è il sorriso
della speranza di trovare Dio.
La vita è spesso un deserto, è
difficile camminare dentro la vita,
ma se ci affidiamo a Dio può diventare bella e larga come un’autostrada. Basta non perdere mai la
speranza, basta continuare a credere, sempre, nonostante tutto.
Quando noi ci troviamo davanti ad
un bambino, forse possiamo avere
tanti problemi e tante difficoltà,
ma ci viene da dentro il sorriso,
perché ci troviamo davanti alla
speranza: un bambino è una speranza! E così dobbiamo saper vedere nella vita il cammino della
speranza che ci porta a trovare
Dio, Dio che si è fatto Bambino
per noi. E ci farà sorridere, ci darà
tutto!
Proprio queste parole di Isaia
vengono poi usate da Giovanni il
Battista nella sua predicazione che
invitava alla conversione. Diceva
così: «Voce di uno che grida nel
deserto: preparate la via del Signore» (Mt 3, 3). È una voce che grida
dove sembra che nessuno possa
ascoltare — ma chi può ascoltare
nel deserto? — che grida nello
smarrimento dovuto alla crisi di fede. Noi non possiamo negare che il
mondo di oggi è in crisi di fede. Si
dice “Io credo in Dio, sono cristiano” — “Io sono di quella religione...”. Ma la tua vita è ben lontana
dall’essere cristiano; è ben lontana
da Dio! La religione, la fede è caduta in una espressione: “Io credo?” — “Sì!”. Ma qui si tratta di
tornare a Dio, convertire il cuore a
Dio e andare per questa strada per
trovarlo. Lui ci aspetta. Questa è la
predicazione di Giovanni Battista:
preparare. Preparare l’incontro con
questo Bambino che ci ridonerà il
sorriso. Gli Israeliti, quando il Battista annuncia la venuta di Gesù, è
come se fossero ancora in esilio,
perché sono sotto la dominazione
romana, che li rende stranieri nella
loro stessa patria, governati da occupanti potenti che decidono delle
loro vite. Ma la vera storia non è
quella fatta dai potenti, bensì quella fatta da Dio insieme con i suoi
piccoli. La vera storia — quella che
rimarrà nell’eternità — è quella che
scrive Dio con i suoi piccoli: Dio
con Maria, Dio con Gesù, Dio con
Giuseppe, Dio con i piccoli. Quei
piccoli e semplici che troviamo intorno a Gesù che nasce: Zaccaria
ed Elisabetta, anziani e segnati dalla sterilità, Maria, giovane ragazza
vergine promessa sposa a Giuseppe, i pastori, che erano disprezzati
e non contavano nulla. Sono i piccoli, resi grandi dalla loro fede, i
piccoli che sanno continuare a sperare.
E la speranza è la virtù dei piccoli.
I grandi, i soddisfatti non conoscono la speranza; non sanno cosa sia.
Sono loro i piccoli con Dio, con
Gesù che trasformano il deserto
dell’esilio, della solitudine disperata, della sofferenza, in una strada
piana su cui camminare per andare
incontro alla gloria del Signore. E
arriviamo al dunque: lasciamoci insegnare la speranza. Attendiamo
fiduciosi la venuta del Signore, e
qualunque sia il deserto delle
nostre vite — ognuno sa in quale
deserto cammina — diventerà un
giardino fiorito. La speranza non
delude!
«Il bus dei sogni» sta per mettersi
in moto e ripercorrere, tappa per
tappa, il pellegrinaggio che
Giovanni Paolo II fece nel 1987 in
Uruguay, Cile e Argentina. Poi
punterà dritto verso Panamá per
la giornata mondiale della
gioventù del 2019. Ma «i sogni
non sono idee astratte campate in
aria: sono fatti concreti, opere di
misericordia, perché i giovani e i
poveri non hanno tempo da
perdere in chiacchiere ed è questo
il messaggio che porteremo
attraversando le grandi strade ma
anche i vicoli sterrati». È con
estrema chiarezza che gli ideatori
del bus de los sueños hanno
presentato stamani al Papa i
contenuti del loro progetto.
In realtà Francesco già li
conosceva bene. «Alcuni di questi
giovani, infatti, li ha battezzati e
cresimati personalmente nel barrio
Inta, Villa 19, di Buenos Aires»
racconta Jonathan Ruíz,
coordinatore per l’Argentina di
questa iniziativa che vede in
prima fila anche la diocesi Nueve
de Julio con il suo vescovo Ariel
Edgardo Torrado Mosconi.
«Vogliamo “provocare” i giovani
perché si diano da fare per dar
corpo alle loro speranze» gli fa
eco il sacerdote polacco Marcin
Schmidt, responsabile della
pastorale giovanile in Cile. Del
progetto fa parte anche padre
Sul bus
dei sogni
Bashar Fawadleh, coordinatore
dei giovani cattolici in Terra
santa.
A sostenere l’iniziativa c’è anche
la regione polacca di Toruń, che
già per la giornata mondiale della
gioventù di Cracovia ha accolto
duecentocinquanta ragazzi di
Gaza. Il presidente Piotr Całbecki
ha chiesto al Papa di benedire «la
pietra angolare del primo
ospedale in Europa che non
ghettizza i malati psichiatrici ma li
inserisce con piena dignità nel
percorso di assistenza». Proprio a
Toruń giovedì e venerdì si tiene il
forum di economia sociale e
solidale a cui partecipano anche i
protagonisti dei “bus dei sogni”
«per raccogliere idee — spiegano
— su come riscattare
concretamente i poveri e gli
esclusi».
Sarà collocato nel cortile di San
Damaso il presepe in terracotta
realizzato da Donato Mazzotta
secondo i crismi della tradizione
artistica bolognese cinquecentesca.
Con un tocco di barocco il
presepe, composto da nove pezzi,
ha un personaggio in più: Maria
Maddalena. «L’ho voluta inserire
nella Natività proprio per
rappresentare e rilanciare il ruolo
della donna» ha spiegato l’artista
Il Papa lancia un duplice appello contro la corruzione e per la promozione dei diritti umani
Nessuno escluso
«Nessuno sia escluso dall’effettivo
riconoscimento dei diritti fondamentali
della persona umana». Lo ha
auspicato il Papa alla vigilia di due
importanti giornate promosse dalle
Nazioni Unite: quella contro la
corruzione, il 9 dicembre, e quella per i
diritti umani, il 10. L’appello è stato
lanciato al termine dell’udienza,
durante i saluti ai gruppi di fedeli.
dalla coscienza personale e vigilando
sugli ambiti della vita civile, specialmente su quelli più a rischio; i diritti
umani sono l’aspetto positivo, da
promuovere con decisione sempre
rinnovata, perché nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei
diritti fondamentali della persona
umana. Il Signore ci sostenga in
questo duplice impegno.
Saluto cordialmente i pellegrini di
lingua francese, in particolare il Collegio Saint-Régis Saint-Michel, di
Puy en Velay e i membri del Servizio di perfezionamento delle omelie.
Alla vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine
Maria, chiediamole di aiutarci a
camminare con speranza incontro al
suo Figlio e ad accogliere con gioia
la sua venuta. Dio vi benedica!
Porgo un cordiale benvenuto ai
pellegrini di lingua italiana. Saluto
le Missionarie della Carità; la
Comunità Amore e libertà; l’Associazione afasici della Puglia e gli
artisti della 24ª edizione del Concerto di Natale, promosso dalla Fondazione “Don Bosco nel mondo”. Cari
fratelli e sorelle, vi esorto a coltivare
in ogni circostanza della vita la virtù
teologale della speranza, dono di
Dio, che con la sua tenerezza non
smette mai di consolare il suo
popolo.
Rivolgo un saluto particolare ai
giovani, agli ammalati e agli sposi
novelli. Il tempo liturgico dell’Avvento è un’occasione di particolare
grazia per riflettere sul nostro cammino incontro al Signore. La Vergine Maria, di cui domani celebriamo
l’Immacolata Concezione, sia il modello per la preparazione interiore al
Natale, affinché il cuore di ciascuno
diventi la culla che accoglie il Figlio
di Dio, volto della misericordia del
Padre, con l’ascolto della sua parola,
le opere di carità fraterna e la preghiera.
speranza cristiana, soprattutto in
questo tempo di preparazione alla
Festa del Natale del Signore. Dio
benedica voi e le vostre famiglie.
to l’orizzonte della speranza. Nell’affidare voi e le vostre famiglie alla
sua protezione, invoco su tutti la
Benedizione di Dio.
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Danimarca, Spagna, Nigeria, Australia e Stati Uniti d’America. A ciascuno di voi, e alle vostre
famiglie, giunga l’augurio di un fecondo cammino di Avvento, per riconoscere, a Natale, in quel Bambino, il Salvatore nostro. Dio vi benedica!
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de
España y Latinoamérica. Pidamos al
Señor la gracia de trasformar el desierto de nuestra vida, de nuestro sufrimiento y de nuestra soledad, en
un camino llano que nos lleve al encuentro con el Señor y con los hermanos. Dios los bendiga.
Con affetto saluto i fratelli e le sorelle provenienti dai paesi di lingua
tedesca, in particolare i membri e
amici del movimento di Schönstatt e
i pellegrini di Lagundo e Bolzano.
Aiutiamoci l’un l’altro a vivere la
Saluto cordialmente i pellegrini di
lingua portoghese, in particolare il
gruppo dei giovani di Lisbona, e li
incoraggio a cercare sempre lo
sguardo della Madonna che conforta
quanti sono nella prova e tiene aper-
Rivolgo un cordiale benvenuto ai
pellegrini di lingua araba, in particolare al gruppo dei sacerdoti iracheni
che prestano servizio in Europa! Cari fratelli e sorelle, la speranza è
quella virtù cristiana che noi abbiamo in dono dal Signore e che ci fa
vedere oltre i problemi, i dolori, le
difficoltà, oltre i nostri peccati; e ci
permette di ammirare la bellezza di
Dio. Non lasciatevi dunque rubare
la speranza! Il Signore vi benedica!
Saluto
polacchi.
Solennità
ne della
cordialmente i pellegrini
Domani celebreremo la
dell’Immacolata Conceziobeata Vergine Maria. In
previsione della morte di Cristo, Dio
l’ha preservata da ogni macchia di
peccato (cfr. Colletta). Impariamo
dall’Immacolata a vivere in unione
con Dio, abbandonandoci a Lui con
fiduciosa speranza e con il quotidiano compimento della Sua volontà.
Gesù Misericordioso, suo Figlio, ci
conceda, per intercessione di Maria,
di raggiungere la felicità del cielo
nella gioia, con la consapevolezza di
una vita dignitosamente vissuta. Sia
lodato Gesù Cristo.
Nei prossimi giorni ricorrono due
importanti Giornate promosse dalle
Nazioni Unite: quella contro la corruzione — il 9 dicembre — e quella
per i diritti umani — il 10 dicembre
—. Sono due realtà strettamente collegate: la corruzione è l’aspetto negativo da combattere, incominciando
nel presentarlo al Papa. E
Francesco ha anche ammirato i
presepi collocati nell’atrio
dell’aula Paolo VI su iniziativa
dello Stato messicano del
Querétaro, ringraziando per il
dono il governatore Francisco
Dominguez Servién, gli artigiani
che hanno plasmato le
rappresentazioni natalizie e anche
un coloratissimo gruppo di artisti
indios.
Particolarmente significativo il
gesto dei cattolici di San
Pietroburgo: hanno chiesto al
Pontefice di benedire «la
riproduzione dell’icona Salus
populi Romani, venerata a Santa
Maria Maggiore, che ora sarà
esposta nella storica parrocchia di
Santa Caterina» spiega il
domenicano Yuri Dorogin. Un
abbraccio particolare Francesco lo
ha riservato anche ai diciotto
sacerdoti caldei iracheni che
prestano il loro servizio accanto ai
loro connazionali profughi in
Europa. Ad accompagnarli
monsignor Saad Sirop,
recentemente nominato visitatore
apostolico per i fedeli caldei nel
vecchio continente.
Tra i doni presentati al Pontefice,
anche il libro Risorgere dal fango
sull’alluvione di Firenze, curato
da Franco Mariani e Mattia
Lattanzi ed edito da Giunti: tra le
note, i ritratti dei tre attuali
cardinali — Bassetti, Betori e
Scola — e dei cinque vescovi che
all’epoca furono «angeli del
fango», e i particolari della
vicinanza spirituale e materiale di
Paolo VI, che nell’occasione donò
un miliardo di lire.
Tra i presenti anche i
rappresentanti degli ex lavoratori
del call center di Poste italiane
che hanno perso il loro posto e
alcuni protagonisti del concerto di
Natale che si terrà il 10 dicembre
all’auditorium della Conciliazione
per sostenere il progetto salesiano
«Betlemme casa del pane, casa di
pace».
Particolarmente numerose, come
di consueto, le persone disabili e
malate: con affetto il Pontefice ha
accolto la delegazione
dell’associazione degli afasici che
cercano il pieno recupero dopo
aver avuto un ictus cerebrale.
Prima di entrare nell’aula Paolo
VI, Francesco ha benedetto la
statua di madre Teresa,
rappresentata a grandezza
naturale con tre bambini, donata
dalla fondazione russa Dialogo
delle culture - Mondo unito,
dall’associazione internazionale
Sofia e dall’accademia italiana
Sapientia et scientia. «Per l’opera
sarà ora trovata una collocazione
idonea insieme con le missionarie
della carità» spiega Pierluca
Azzaro. La statua è stata
realizzata in bronzo dall’artista
russo Aleksey Leonov, che al Papa
ha anche donato una piccola
scultura raffigurante san
Francesco. «Per noi ortodossi —
confida — ha un grande
significato che abbia scelto
proprio il nome del santo di
Assisi». Il Pontefice ha infine
benedetto sei campane per il
monastero benedettino ungherese
di Győr, la cui chiesa ha per
patrono sant’Ignazio di Loyola.