L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
y(7HA3J1*QSSKKM( +.!=!$!z!: Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 282 (47.417) Città del Vaticano giovedì 8 dicembre 2016 . Dedicato alla speranza il nuovo ciclo di riflessioni del Papa durante le udienze generali L’opposizione venezuelana si ritira dal negoziato con Maduro La virtù dei piccoli Dialogo sempre più a rischio E chiede che nessuno sia escluso dal riconoscimento dei diritti umani «La speranza è la virtù dei piccoli», perché «i grandi, i soddisfatti» non la «conoscono; non sanno cosa sia». È dedicato proprio alla «speranza cristiana» il nuovo ciclo di catechesi inaugurato dal Papa durante l’udienza generale di mercoledì 7 dicembre, nell’Aula Paolo VI. Conclusa la serie di riflessioni sulle opere di misericordia spirituali e corporali — che hanno scandito l’anno giubilare — il Pontefice ha iniziato ad approfondire il nuovo tema, chiarendo subito che «l’ottimismo delude, la speranza no! Ne abbiamo tanto bisogno — ha commentato arricchendo il testo preparato con numerose considerazioni personali — in questi tempi che appaiono oscuri, in cui ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli. Ci sentiamo scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire». Ma secondo Francesco «non bisogna lasciare che la speranza ci abbandoni, perché Dio con il suo amore cammina con noi». E così «ognuno di noi può dire: io spero, ho speranza, perché mi porta per mano». Il Pontefice ha insistito soprattutto sui momenti di difficoltà. «Quando siamo nel buio — ha spiegato — non viene il sorriso, ed è la speranza che ci insegna a sorridere». Infatti, «una delle prime cose che accadono alle persone che si staccano da Dio è che sono senza sorriso. Forse sono capaci di fare una grande risata, una battuta... ma manca il sorriso! Il sorriso lo dà solo la speranza». Ecco perché «quando ci troviamo davanti a un bambino, possiamo avere tanti problemi, ma ci viene da dentro il sorriso, perché ci troviamo davanti alla speranza». Da qui l’invito a «saper vedere nella vita il cammino della speranza che ci porta a trovare Dio che si è fatto Bambino». Del resto, ha constatato il Pontefice «non possiamo negare che il mondo di oggi è in crisi di fede. Si dice “Io credo in Dio, sono cristiano” — “Io sono di quella religione”» ma poi la vita concreta è ben lontana dall’ideale cristiano. Anzi «è ben lontana da Dio! La religione, la fede» è ridotta a una semplice espressione esteriore, mentre «si tratta di tornare a Dio, convertire il cuore a Dio» nella consolante certezza che «Lui ci aspetta». Al termine dell’udienza, salutando i vari gruppi di fedeli, il Papa ha lanciato un appello affinché — alla vigilia di due importanti giornate promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione, che ricorre il 9 dicembre, e quella per i diritti umani, il 10 — «nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana». PAGINA 8 Una persona su otto non ha accesso all’acqua potabile Mondo assetato LONDRA, 7. Nel mondo sono 748 milioni, una su otto, le persone che vivono senza accesso all’acqua potabile, mentre 2,5 miliardi sono prive di servizi igienico-sanitari a causa di guerre e catastrofi naturali. A renderlo noto è il nuovo rapporto di Oxfam, organizzazione internazionale che si batte per il rispetto dei diritti umani. Dal documento emerge che solo in Siria e Iraq oltre venti milioni di persone sono senza acqua e cibo. E senza nessuna prospettiva di miglioramento. Il quadro è drammatico. Le principali vittime di questa emergenza idrica sono donne e bambini colpiti da guerre che devastano da anni paesi come la Siria, l’Iraq, lo Yemen, il Sud Sudan, o che hanno costretto altri nove milioni di persone a cercare salvezza dagli attacchi di Boko Haram nell’area intorno al bacino del lago Ciad, tra Nigeria, Niger e Ciad. Guerre, spesso dimenticate, a cui si sommano gli effetti di catastrofi naturali che, a causa dei cambiamenti climatici, si stanno moltiplicando, abbattendosi su aree del pianeta già poverissime come Haiti o il Sudan. «In queste aree di crisi dove Oxfam è al lavoro ogni giorno, intervenire tempestivamente per garantire acqua pulita, servizi igienici e sanitari, o un riparo, può fare la differenza tra la vita e la morte per intere famiglie, spesso costrette a lasciarsi tutto alle spalle e a ricominciare da zero in un altro Paese» spie- In occasione della solennità dell’Immacolata concezione della beata Vergine Maria il nostro giornale non uscirà. La pubblicazione riprenderà con la data 9-10 dicembre gano fonti dell’Oxfam. «A oggi abbiamo raggiunto oltre 13,7 milioni di persone nelle più gravi emergenze del pianeta, ma dobbiamo e possiamo fare di più». Il panorama più drammatico, come detto, è quello mediorientale. In Siria, dopo quasi sei anni di conflitto, la situazione è al collasso: 13,5 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari e, tra queste, tre milioni hanno accessi irrilevanti e gravemente insufficienti a cibo e acqua pulita. Nel paese si contano oltre quattro milioni di sfollati interni e sono circa 4,8 milioni i rifugiati che hanno cercato salvezza nei paesi vicini come Libano e Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto. E mentre ogni giorno quasi settemila siriani sono costretti a lasciare il proprio paese, ad Aleppo est oltre 275.000 persone, con l’inverno in arrivo, rimangono intrappolate sotto i bombardamenti, con scorte di cibo e acqua in esaurimento. Dall’inizio dell’offensiva, la popolazione ha avuto un accesso intermittente all’acqua pulita attraverso la rete pubblica, potendo contare unicamente su rifornimenti da pozzi e camion. È altissimo il rischio di bere e usare acqua sporca e contaminata. In questo contesto Oxfam, attraversando le zone di conflitto da Aleppo ovest ad Aleppo est, è riuscita a installare almeno un generatore, garantendo così acqua pulita a tutta Aleppo. Altrettanto grave l’impatto umanitario del conflitto in Iraq, dove l’offensiva in corso per sottrarre Mosul al controllo del cosiddetto stato islamico (Is) potrebbe generare centinaia di migliaia di nuovi profughi, facendo salire a oltre dieci milioni, metà dei quali bambini, il numero di persone che hanno un disperato bisogno di aiuto. Anche qui l’emergenza idrica è quella principale. Per questo Oxfam è al lavoro nell’area con l’obiettivo di garantire entro la fine di dicembre acqua e servizi essenziali ad almeno 60.000 sfollati, che si stanno rifugiando nei campi profughi per sfuggire al conflitto. Per due conflitti che sono sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale, ve ne sono altri totalmente ignorati. In Yemen, ad esempio, la guerra iniziata a marzo 2015 ha generato una crisi in cui la metà della popolazione — 14,1 milioni di abitanti — ha scarso o nessun accesso agli aiuti. In Africa occidentale, poi, intorno al lago Ciad, oltre nove milioni di persone sono in fuga da Boko Haram. In Sud Sudan, infine, la guerra civile ha generato oltre 830.000 profughi e 5,1 milioni di persone in condizione di insicurezza totale. In tutti questi contesti, l’acqua è la prima risorsa a mancare. CARACAS, 7. Si fa sempre più complessa la partita politica in Venezuela. L’opposizione antichavista, che ha la maggioranza all’Assemblea nazionale, ha deciso ieri di non partecipare al previsto terzo incontro con i rappresentanti del governo per cercare una soluzione alla gravissima crisi politico-istituzionale che attanaglia il paese. Ad annunciare il passo indietro è stato Jesus Torrealba, portavoce della Mesa de la Unidad Democrática (Mud). Secondo Torrealba, il governo aveva promesso la liberazione dei prigionieri politici e il voto anticipato. Il presidente Nicolás Maduro ha tuttavia smentito tali concessioni, affermando che non si è mai parlato di questi punti durante i precedenti incontri. Torrealba ha spiegato che «l’opposizione tornerà al tavolo del dialogo solo quando il governo avrà applicato gli accordi». Gli ha replicato Jorge Rodríguez, negoziatore governativo, che ha dichiarato: «Il governo non cede, non accetta ultimatum né pressioni di alcun tipo». La posta in gioco, ora, si fa sempre più alta. L’opposizione ha già annunciato la ripresa delle manifestazioni per chiedere la destituzione di Maduro. Un gruppo di 14 detenuti membri del Mud ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione «di tutti i prigionieri politici». L’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur) ha auspicato la ripresa tempestiva dei negoziati. Il segretario generale dell’organizzazione, Ernesto Samper, ha auspicato un «cessate il fuoco politico», chiedendo ai rappresentanti di Governo e opposizione «di astenersi fino al 13 gennaio 2017 dal prendere decisioni che possano rendere difficili le relazioni». La crisi politica venezuelana va avanti da circa un anno e mezzo, inasprita dalle gravi difficoltà economiche che il paese deve affrontare. Due mesi fa il parlamento aveva approvato una mozione — poi ritirata — per chiedere la messa in stato di accusa del presidente Maduro. La decisione era arrivata al termine di un periodo tesissimo: prima il Consiglio nazionale elettorale (Cne) aveva annunciato che le elezioni amministrative, per rinnovare i governatori delle regioni e le autorità comunali, erano state spostate alla fine del primo semestre 2017; pochi giorni dopo il Tribunale supremo di giustizia (Tsj) aveva sospeso a tempo indeterminato la raccolta di firme necessarie alla convocazione del referendum per revocare il mandato del presidente, In continuità profonda Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Lussemburgo Sua Eccellenza Monsignor Augustine Kasujja, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, Nunzio Apostolico in Belgio. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Grajaú (Brasile), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Franco Cuter, O.F.M. Cap. Provviste di Chiese Fratel Eric, «Agnello sacrificale» (vetrata della chiesa della Riconciliazione, Taizé) A PAGINA Congregazione per il clero Il dono della vocazione presbiterale NEL FASCICOLO ALLEGATO NOSTRE INFORMAZIONI La liturgia eucaristica nella tradizione occidentale ENZO BIANCHI uno strumento previsto dalla Costituzione e voluto dall’opposizione. La sospensione rallenta molto le procedure per il referendum, rischiando così di far slittare la consultazione dopo il 10 gennaio 2017, cosa che il Mud vuole a tutti i costi impedire. Se il referendum avvenisse oltre quella data, anche in caso di una vittoria antichavista, Maduro sarebbe costretto a lasciare, ma il suo governo resterebbe in carica. Se invece si andasse alle urne prima del 10 gennaio 2017, sempre nel caso di una vittoria antichavista, anche il governo dovrebbe lasciare l’incarico e ci sarebbero nuove elezioni. Sullo sfondo, come detto, c’è poi una pesantissima crisi economica. Il costo della vita continua ad aumentare. La spesa mensile dei beni necessari per sfamare una famiglia di cinque persone ha raggiunto i 263.000 bolivar ad agosto, un aumento del 658 per cento rispetto ad agosto 2015. Il tasso annuale di inflazione per alcuni beni alimentari ha superato il duemila per cento. Imperversano il mercato nero e la criminalità organizzata, molto spesso legata al narcotraffico. 5 Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Grajaú (Brasile) il Reverendo Padre Rubival Cabral Britto O.F.M. Cap., finora Direttore del Colégio Paulo VI a Vitória da Conquista. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Tricarico (Italia) il Reverendo Giovanni Intini, del clero della Diocesi di Conversano-Monopoli, Parroco della Concattedrale di Monopoli. Nomina di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Vescovi Ausiliari dell’Arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro (Brasile) i Reverendi: — Monsignor Joel Portella Amado, del clero della medesima Arcidiocesi, finora Vicario Generale e Parroco della Cattedrale, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Carmeiano; — Paulo Alves Romão, del clero della medesima Arcidiocesi, finora Parroco di “Bom Pastor” nel Vicariato Nord, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Calama. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 8 dicembre 2016 Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Afp) Dal 2017 esercitazioni congiunte Cooperazione rafforzata tra Europa e Nato BRUXELLES, 7. Per fare fronte alle nuove sfide per la sicurezza europea, si rafforza l’alleanza fra Unione europea e Nato. Ieri sono state approvate le misure concrete per mettere in pratica i principi delineati in occasione del vertice della Nato di Varsavia, l’estate scorsa. Si tratta di 42 punti che riguardano i 7 settori di cooperazione. «Gli europei ci chiedono più sicurezza e abbiamo il dovere di prendere decisioni su questo. La forza dell’Unione europea — ha spiegato l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, durante una conferenza stampa congiunta con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg — la riscontriamo ogni volta che viaggiamo nel mondo: ma di fronte a un mondo che cambia, e a sfide in continua evoluzione, per noi la minaccia più grave è rappresentata dalla sottovalutazione della minaccia stessa. Anche se Ue e Nato hanno ruoli diversi, siamo determinati a lavorare bene insieme». Barnier accelera sull’attuazione della Brexit BRUXELLES, 7. Bruxelles rinnova l’invito a Londra a chiudere il processo di Brexit entro massimo due anni. Il capo negoziatore della commissione europea, Michel Barnier, ha ipotizzato un accordo a ottobre 2018, ribadendo però che «il mercato unico resta indivisibile». Barnier ha parlato di «acque inesplorate», spiegando che il lavoro di uscita del Regno Unito dall’Unione europea «si annuncia legalmente complesso, politicamente sensibile e con conseguenze importanti per le economie e i cittadini su entrambi i lati del canale». Il piano è di «chiudere tutto prima delle nuove elezioni del parlamento europeo, nel 2019». Dopo questa premessa, Barnier ha subito sottolineato che la Gran Bretagna «non può pensare di scindere la partecipazione al mercato unico europeo dalle altre libertà previste dai trattati, in particolare da quella di movimento delle persone». E ha fatto anche un’altra sottolineatura importante: qualsiasi accordo futuro può essere stabilito con un paese terzo una volta che si trova fuori dall’Ue, quindi è «legalmente impossibile discuterne contemporaneamente all’accordo per l’uscita». Il premier britannico Theresa May ha deciso che pubblicherà i suoi piani per la Brexit prima che sia avviato l’iter di uscita dall’Ue. May attende a gennaio il verdetto della Corte suprema che è riunita, fino a domani, per decidere in merito a un voto parlamentare sul processo di uscita dall’Ue. May lo aveva escluso ma l’Alta corte di Londra lo ha difeso, accogliendo il ricorso di un gruppo di cittadini. Il premier continua a indicare marzo come data possibile di avvio della Brexit, con la notifica dell’articolo 50 del trattato di Lisbona da parte del governo britannico. Sui tempi indicati da Barnier, i portavoce di Downing street hanno riconosciuto che «la tempistica indicata è quella prevista dai trattati». E il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson, non vede difficoltà: «Diciotto mesi sono un tempo sufficiente per un grande accordo». E di grande successo ha parlato ieri Theresa May dichiarando di voler impostare una Brexit né soft né hard, cioè né rigida né più flessibile, ma piuttosto di colore «bianco, rosso e blu», ovvero i colori della bandiera del Regno Unito. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Oggi più che mai — ha detto Stoltenberg — «la sicurezza dell’Europa e quella dell’America del Nord sono legate fra loro. La Nato e l’Ue si confrontano in una serie di sfide di sicurezza senza precedenti, provenienti da sud e da est, e conviene affrontarle in modo concertato e complementare, evitando doppioni». Fra i settori in cui l’alleanza si consolida ci sono la lotta contro le minacce di guerra ibrida e informatica, la cooperazione operativa, soprattutto nelle operazioni in mare, la cybersicurezza e la cyberdifesa, le capacità di difesa, l’industria della difesa e la ricerca nel settore, le esercitazioni e il rafforzamento delle capacità. A partire dal 2017, hanno confermato fonti da Bruxelles, ci saranno due aggiornamenti all’anno sulla messa in pratica delle misure decise. Già dal prossimo anno saranno condotte esercitazioni militari comuni nel quadro di un progetto pilota. Non grandi manovre con la partecipazione di migliaia di soldati, ma esercitazioni parallele di pianificazione e gestione delle crisi. Il vertice Nato-Unione europea a Bruxelles (Afp) Con la fiducia alla legge di bilancio si apre una nuova fase della politica italiana Un percorso complesso ROMA, 7. Con la fiducia al Senato sulla legge di bilancio (173 sì, 108 no) si è aperto oggi il complesso percorso politico italiano dopo il referendum del 4 dicembre. La formalizzazione delle dimissioni del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, avverrà questa sera, come da lui stesso annunciato in un tweet. Da quel momento — stando alle ultime indiscrezioni che trapelano da palazzo Chigi — dovrebbero aprirsi le consultazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con le principali formazioni politiche. Le variabili in gioco sono molte. Al momento, riceve sempre meno sostegno l’ipotesi di un governo di larghe intese per traghettare il paese alla fine della legislatura. Le opposizioni hanno già annunciato che non daranno il loro sostegno. Il Movimento 5 Stelle chiede il voto anticipato a febbraio con un Italicum modificato. Forza Italia auspica invece una nuova legge elettorale prima di tornare alle urne. Stando a indiscrezioni giornalistiche, Mattarella ritiene che il voto anticipato non sia una strada percorribile perché prima ci sarebbe la necessità di rendere omogenee le leggi elettorali tra Camera e Senato. Resta poi il confronto all’interno del Partito democratico, la cui assemblea di direzione è in agenda per questo pomeriggio. Alcuni ipotizzano anche un nuovo mandato a Renzi sostenuto dalla stessa maggioranza. Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella (Ansa) Accordo tra Bruxelles e L’Avana BRUXELLES, 7. L’Unione europea ha varato ieri un accordo di dialogo politico e di cooperazione con Cuba decidendo contestualmente di applicare subito in via provvisoria alcune parti dell’intesa che verrà trasmessa al parlamento europeo per l’approvazione. L’intesa, che verrà firmata il 12 dicembre dall’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini e dal ministro degli esteri di Cuba, Bruno Rodriguez Parrilla, prevede un dialogo politico più GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Per garantire la libertà di religione WASHINGTON, 7. «L’America è un Paese che crede nella speranza e non può cedere alla paura». Per questo vanno rispettati i diritti civili di tutti, va difesa la libertà di religione, «il diritto costituzionale di ogni americano di pregare Dio nel modo che preferisce» e garantita accoglienza ai rifugiati che scappano in cerca di una vita migliore. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nell’ultimo atteso discorso sulla sicurezza Merkel resta leader della Cdu BERLINO, 7. In Germania «non ci saranno società parallele e la sharia non sarà mai la base del diritto». È uno dei passaggi chiave dell’intervento ieri di Angela Merkel al congresso del partito cristiano-democratico tedesco (Cdu), che l’ha rieletta presidente. Il cancelliere Merkel ha aggiunto che burqa, niqab e qualsiasi velo islamico che copra il volto delle donne, non può essere ammesso. Merkel ha sottolineato che un terzo dei profughi arrivati in Germania dovrà tornare indietro perché non sono veri perseguitati. In questi anni, il cancelliere ha toccato consensi al 97,9 per cento e, dunque, sembra “ristretta” la maggioranza dell’89,5 per cento raggiunta ieri per la sua nona presidenza alla guida del partito, che va di pari passo con la quarta candidatura alle elezioni politiche dell’anno prossimo, presentata sempre in questi giorni. In ogni caso, Merkel ora può superare Konrad Adenauer come leader più longevo politicamente del partito dopo Helmut Kohl. Il riferimento alle migrazioni era atteso, visto l’avanzare del partito Alternativa per la Germania (Afd) che alle ultime regionali ha ottenuto consensi esprimendo posizioni critiche nei confronti dei flussi migratori. «Time» incorona Donald Trump persona dell’anno intenso, migliori relazioni bilaterali e lo sviluppo di azioni congiunte in diverse organizzazioni multilaterali. L’obiettivo è quello di sostenere il processo di transizione dell’economia e della società cubane, di promuovere il dialogo e la cooperazione per incoraggiare lo sviluppo sostenibile, la democrazia e i diritti umani e di trovare soluzioni condivise. «Attraverso il nuovo accordo — ha detto Mogherini — l’Ue è pronta a sostenere il processo di modernizzazione economica e sociale di Cuba». Servizio vaticano: [email protected] Ultimo discorso di Obama sulla sicurezza nazionale WASHINGTON, 7. Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, è stato scelto dalla rivista «Time» come personaggio più significativo del 2016. L’anno scorso era stata scelta Angela Merkel, cancelliere tedesco. Il titolo che campeggia sulla copertina del nuovo numero, The President of the Divided States, richiama la dura campagna elettorale conclusasi lo scorso 8 novembre con la vittoria del magnate newyorkese, che ha sconfitto la rivale democratica Hillary Clinton. «La sfida per Trump — com- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale menta la rivista — è che il paese è profondamente diviso sulla risposta» da dare alle principali emergenze di questa fase storica: dall’immigrazione alla crisi economica, dalla guerra in Siria alle sfide lanciate dalle nuove tecnologie. Quest’anno, tra le altre personalità in corsa per ricevere la qualifica di “persona dell’anno” c’erano anche Hillary Clinton, il presidente russo, Vladimir Putin, e il fondatore e amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 nazionale, in cui rivendica il successo della sua strategia sul fronte della lotta al terrore. Pur riconoscendo che il terrorismo è ancora una minaccia reale, Obama sottolinea che attacchi su larga scala come quelli dell’11 settembre sono ora più difficili da realizzare e difende i capisaldi della sua politica di sicurezza, compresi la chiusura di Guantánamo (definita «una vergogna nazionale») e il divieto alle torture sui sospetti terroristi. Il presidente ha invitato il suo successore, Donald Trump, a non abbandonare la strada intrapresa e a non lasciarsi andare a una logica di «guerra permanente» perché a parlare — spiega — è proprio l’eredità di questi ultimi otto anni alla Casa Bianca. Un’eredità che, aggiunge, ha reso l’America più sicura grazie a un approccio nella lotta al terrorismo che è anche poco costoso sia in termini di risorse sia in termini di vite umane. Questa strategia rischia però di essere stravolta, se non cancellata, dalla nuova amministrazione degli Stati Uniti che si insedierà alla Casa Bianca alla fine di gennaio. Non a caso il discorso di Obama alla MacDill Air Force Base di Tampa, in Florida, è caduto a poche ore da un altro intervento, quello di Donald Trump a Fayetteville, in North Carolina, con il presidente eletto per la prima volta sul palco assieme al futuro capo del Pentagono, l’ex generale dei marine John Mattis molto critico sulla politica di Obama. Tour europeo per il presidente colombiano BO GOTÁ, 7. Inizia venerdì prossimo il tour europeo del presidente colombiano Juan Manuel Santos, che il 10 dicembre ritirerà a Oslo il premio Nobel per la pace. Riconosciuto a livello internazionale «difensore della pace» dopo lo storico accordo con le Farc che ha messo fine a oltre cinquant’anni di guerra civile nel Paese latino-americano, Santos arriverà in Norvegia venerdì 9 e verrà ricevuto dai reali Harald V e Sonia. Il giorno dopo si svolgerà la cerimonia del Nobel all’auditorium della capitale norvegese dove il presidente colombiano terrà un discorso di venti minuti. A Oslo Santos incontrerà inoltre l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, Nobel per la pace nel 1973, e il politologo Zbigniew Brzezinski, oltre al premier della Norvegia Erna Solberg. Dopo la tappa norvegese il presidente colombiano inizierà il suo giro europeo passando prima per Stoccolma, dove parlerà al Parlamento, poi per Bruxelles, dove incontrerà l’alto rappresentante dell’Unione europa per gli affari esteri, Federica Mogherini, e assisterà alla firma dell’accordo costitutivo del fondo fiduciario dell’Ue per la Colombia. Le tappe successive saranno Madrid e Roma. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 8 dicembre 2016 pagina 3 Soldati libici nei quartieri liberati di Sirte (Reuters) Resistono solo pochi gruppi di ribelli Assad controlla Aleppo est Dopo un anno di terrore L’Is sconfitto a Sirte TRIPOLI, 7. Gli uomini delle milizie libiche hanno annunciato di avere riconquistato oggi Sirte, riuscendo a “eliminare” i jihadisti del cosiddetto stato islamico (Is) dagli ultimi edifici in cui si erano asserragliati. Foto postate sui social mostrano scene di gioia dei vincitori e della popolazione locale. Nelle istantanee i miliziani, assembrati in quella che un tempo è stata il luogo di efferate violenze dei jihadisti, l’isola di El Zaafarane, innalzano le bandiere tricolori libiche, sorridono e fanno il segno di vittoria. Sirte — riferiscono fonti locali riprese dalle agenzie di stampa internazionali — oggi sembra una città diversa, dopo avere vissuto per oltre un anno sotto il terrore dello Stato islamico e negli ultimi sette mesi l’orrore della guerra. Diverse fonti invitano però alla cautela. «È l’ultima grossa battaglia, ma non è la fine delle operazioni militari, né la dichiarazione di liberazione», ha commentato il responsabile del media center, Ahmed Hadiya, sottolineando come nella «furiosa battaglia di ieri» abbiano perso la vita anche 12 combattenti anti-Is. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Martin Kobler, ha riferito al Consiglio di sicurezza dell’Onu che la lotta al terrorismo ha prodotto dei risultati in Libia, ma che questi non sono irreversibili. «Sebbene esso continui a rappresentare una minaccia sono finiti i giorni in cui l’Is controllava il territorio in Libia. A Bengasi l’esercito nazionale libico continua a fare progressi prendendo zona dopo zona», ai terroristi, ha detto Kobler, sottolineando, però, che queste conquiste rischiano di essere fugaci, a meno che la Libia si doti di un coerente apparato di sicurezza. «Finché la Libia non avrà un apparato di sicurezza affidabile, l’embargo sulle armi (che l’uomo forte di Tobruk, il generale Khalifa Haftar, pretende sia revocato, ndr) deve rimanere in vigore», ha aggiunto Kobler. «Dobbiamo interagire di più con i nostri partner libici», ha poi aggiunto l’inviato delle Nazioni Unite intervenendo al Consiglio di sicurezza. L’accordo politico libico firmato a Shkirat, in Marocco, il 17 dicembre 2015, resta — ha precisato il diplomatico tedesco — «l’unico per- corso percorribile e non ha alternative», anche se gli articoli dell’intesa «non sono scritti sulla pietra ed è possibile modificarli, se le circostanze politiche lo richiedono». La tappa successiva, secondo Kobler, «consiste nel dialogo incluso e pacifico, e mai nell’escalation militare». Il prossimo 13 dicembre, la missione delle Nazioni Unite in Libia terrà un incontro di alto livello. DAMASCO, 7. La battaglia di Aleppo è vicina alla fine. I soldati dell’esercito siriano avanzano nei quartieri orientali di quella che un tempo era una delle maggiori roccaforti della ribellione al presidente Assad. Altri due sobborghi sono stati conquistati questa mattina, secondo l’agenzia ufficiale Sana. I lealisti controllano ora tutta la città vecchia. Si stima che le forze di Assad abbiano riconquistato oltre l’80 per cento di Aleppo est. Una parte dei ribelli e gruppi jihadisti si sarebbero arresi, defluendo attraverso i corridoi organizzati dai militari, mentre altri si sarebbero ritirati nei territori sud orientali ancora sotto il loro controllo. L’offensiva dell’esercito di Assad è entrata nel vivo lo scorso 15 novembre. Finora — stando ai calcoli delle Nazioni Unite — sono almeno 80.000 i civili fuggiti dai quartieri orientali della città, trovando rifugio o nei quartieri occidentali o nei campi allestiti dalle Nazioni Unite. I combattimenti proseguono ormai solo in poche zone. Sul piano politico, non riescono a partire i negoziati per una tregua, dal momento che Damasco intende concedere una tregua solo se i ribelli accetteranno di ritirarsi. Richiesta respinta e definita «inaccettabile» da Yasser Al Youssef, leader della formazione ribelle più forte ad Aleppo est, ovvero Nureddin Al Zinki. Dall’altra parte l’Aleppo Hardship Council avrebbe chiesto cino Damasco, ed è stato loro consentito di lasciare la città con le famiglie per dirigersi nella provincia di Idlib a bordo di 52 autobus. «Dopo lunghi e difficili negoziati — ha spiegato il colonnello russo Alexiei Leshchenko — è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco con i miliziani». Il fumo dei combattimenti tra esercito e ribelli sui quartieri orientali di Aleppo (Afp) Al voto per presidenziali e legislative Finora utilizzati per esercitazioni militari Ghana alle urne Washington restituisce terreni di Okinawa ACCRA, 7. Ghana oggi alle urne per l’elezione del nuovo presidente e il rinnovo del parlamento. Tra i sette candidati alla presidenza, i favoriti sono il capo dello stato uscente, John Dramani Mahama, del Congresso democratico nazionale, di tendenza socialdemocratica e affiliato all’internazionale socialista, e l’ex leader dell’opposizione, Nana Akufo-Addo, esponente del liberalconservatore Nuovo partito patriottico. Se nessuno dei candidati supererà il 50 per cento dei voti, si terrà un ballottaggio. L’ex Costa d’Oro è stato nel 1957 il primo paese dell’Africa a rendersi indipendente dall’impero britannico e, dopo una fase di alternanza tra democrazia e colpi di stato militari, dall’ultimo decennio del secolo scorso ha visto un susseguirsi di pacifici cambi della guardia tra presidenti eletti, tanto da essere identificato come un esempio di democrazia nel continente. Nelle ultime elezioni del 2012, Mahama risultò eletto al primo turno con il 50,70 per cento dei voti, contro il 47,74 per cento di Akufo-Addo. Mahama — indicano gli analisti — è considerato un «uomo del popolo» e ha garantito per il suo secondo mandato un forte impegno per sradicare la corruzione e per la realizzazione delle importanti infrastrutture necessarie al paese. Aku- fo-Addo si è invece impegnato a ridare slancio all’economia per rimettere il Ghana in competizione con la vicina Costa d’Avorio, in piena fase di crescita. Ieri, a conclusione della campagna elettorale un militante dell’opposizione è morto negli scontri durante un comizio a Chereponi, località nel nord-est. TOKYO, 7. Gli Stati Uniti restituiranno al Giappone circa 40 chilometri quadrati di territorio nell’isola di Okinawa, a sud ovest dell’arcipelago, precedentemente utilizzati per esercitazioni militari. Lo ha detto ieri il segretario alla difesa statunitense, Ash Carter, in visita a Tokyo, nel corso di una conferenza congiunta con il primo ministro nipponico, A Luanda le scorte di sei milioni di dosi di vaccino si erano esaurite nel solo mese di febbraio. Anche Congo e Uganda ne richiedevano tre milioni di dosi. Sylvie Briand, capo del dipartimento di malattie pandemiche ed epidemiche dell’Oms, ha dichiarato che «poiché il vaccino non reca grandi profitti, molte aziende farmaceutiche hanno smesso di produrlo: attualmente sono solo sei, di cui quattro vendono all’Oms». Briand ha sottolineato che, solo grazie al fatto che si è riusciti a vaccinare ad ottobre 31 milioni di persone, si è potuta scongiurare l’epidemia di febbre gialla nei paesi africani, rinnovando, dunque, l’appello a tutti i governi a non lasciare alle logiche del profitto la produzione di farmaci. Negli stessi mesi il mondo parlava molto dell’allarme Zika, virus correlato a quelli che provocano la dengue e la febbre gialla ma che richiede vaccini diversi. Shinzo Abe. L’accordo bilaterale — a cui le diplomazie di Washington e Tokyo lavoravano da due decenni — rappresenta la maggiore concessione territoriale delle forze armate statunitensi dal 1972. Carter ha riferito che gli Stati Uniti sono soddisfatti per il contributo finanziario del Giappone relativo al mantenimento dei circa Oltre cento le vittime sull’isola indonesiana Devastante sisma a Sumatra JAKARTA, 7. Peggiorano, con il passare delle ore, le conseguenze del forte terremoto di magnitudo 6.5 sulla scala Richter che all’alba ha devastato la provincia di Aceh, nel nord dell’isola indonesiana di Sumatra. Finora le vittime accertate sono più di cento, ma decine di persone mancano tuttora all’ap- pello, mentre negli ospedali continuano ad arrivare feriti. La scossa ha fatto tremare il municipio di Pidie Jaya, a circa 120 chilometri a est di Banda Aceh, la capitale provinciale. L’epicentro è stato localizzato a 8,2 chilometri di profondità, secondo gli esperti dell’Usgs, il ser- L’Angola vince la battaglia contro la febbre gialla LUANDA, 7. Dopo mesi di grande apprensione, l’Angola può dichiarare di aver vinto la sua battaglia contro la febbre gialla. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parla di esempio di cooperazione mondiale, ricordando le difficoltà che sorgono quando si tratta di vaccini che non portano profitti. Poteva essere un’altra epidemia disastrosa come Ebola, e invece si è riusciti ad arginarla. Un risultato possibile grazie all’imponente campagna vaccinale, che ha potuto contare sul contributo di alcuni donatori, come Brasile e Sudan. I primi casi risalgono a dicembre 2015 ma solo a gennaio le diagnosi di laboratorio avevano confermato che si trattava di febbre gialla. A febbraio scorso, dunque la malattia era già diffusa in 12 province dell’Angola, ed era arrivata anche nel nord del Congo. Poi, per la prima volta il virus è arrivato in Asia. in un comunicato un immediato cessate il fuoco di cinque giorni per permettere l’evacuazione di 500 casi umanitari critici sotto supervisione dell’O nu. Intanto, le violenze proseguono anche nel resto della Siria. Circa 3000 miliziani hanno deposto le armi a Khan Al Sheikh, sobborgo vi- vizio geologico americano, che registra l’attività sismica nel mondo. Secondo la stampa locale, il maggior numero di morti si è avuto nel distretto di Trienggadeng. Oltre 1500 persone, la metà dei quali militari, stanno partecipando alle operazioni di soccorso e ricerca delle numerose persone ancora sepolte sotto le macerie. La zona di Aceh fu una di quelle più colpite dal tremendo terremoto, che poi innescò un maremoto, del 26 dicembre del 2004: le vittime nella sola provincia indonesiana furono più di 100.000. 50.000 militari statunitensi stazionati nel paese del Sol levante, allontanando i timori che la nuova amministrazione americana possa rivedere le intese. «L’alleanza non è mai stata così robusta», ha dichiarato Carter, aggiungendo che il trattato bilaterale fornisce prerogative e vantaggi ad entrambe le nazioni. In qualità di paese ospitante, il Giappone provvede annualmente ai contratti di locazione delle basi militari e agli stipendi del personale, in più contribuisce alle spese per i servizi di pubblica utilità. Il ministero della difesa nipponico stima che l’importo totale raggiungerà una cifra pari a 760 miliardi di yen, circa 6,2 miliardi di euro, per l’anno fiscale 2016. Durante la campagna presidenziale statunitense, il presidente eletto, Donald Trump, aveva più volte dichiarato di volere ridefinire i contributi con Tokyo per il mantenimento della presenza militare. Nell’isola di Okinawa — ricordano gli analisti politici — si concentra oltre la metà delle truppe statunitensi in Giappone, circa 26.000 marines, e la loro presenza è altamente osteggiata dalla popolazione locale a causa degli incidenti che hanno visto coinvolti i militari, oltre all’inquinamento acustico e l’impatto ambientale sull’ecosistema del territorio. La prima volta di un presidente cinese al World Economic Forum Soccorritori scavano tra le macerie causate dal sisma a Pidie Jaya (Afp) PECHINO, 7. Il World Economic Forum di Davos, in programma dal 17 al 20 gennaio 2017, ospiterà anche il presidente cinese, Xi Jinping. Lo ha reso noto il quotidiano «Financial Times», precisando che sarà la prima volta in assoluto che un capo di stato cinese partecipa al summit svizzero, che da 40 anni riunisce l’élite finanziaria e politica globale. Per gli analisti, la partecipazione di Xi al meeting è un altro significativo passo in avanti per portare la Cina sul palcoscenico internazionale, oltre che per «soppesare» il ruolo della propria leadership nello scenario attuale. Ma non solo. Per il presidente cinese — spiega il «South China Morning Post», il quotidiano in lingua inglese di Hong Kong — sarà anche l’occasione per giocare una partita più complessa. L’ipotesi è che la mossa punti a rafforzare anche la sua immagine interna, visto che nell’autunno 2017 il congresso del partito comunista rinnoverà le cariche di vertice con l’ingresso della cosiddetta “sesta generazione” nelle stanze di comando. Fresco di designazione del titolo di core leader del partito, Xi ha concentrato il potere come non accadeva dai tempi di Mao, fino a rompere la gestione “collettivistica”, pur se ribadita formalmente nel sesto plenum di ottobre. Finora, nella cittadina svizzera abituale sede del Forum si erano visti i premier Li Keqiang e Wen Jiabao, seguendo la regola “non scritta” che delega al capo del governo, in via di fatto esclusiva, la gestione delle questioni economiche. Mai invece era stata registrata la presenza della carica più alta della Repubblica popolare. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 8 dicembre 2016 Ricostruzione della decorazione del Cortile del Pappagallo (lato est) Viaggio nel palazzo apostolico Come un palinsesto A colloquio con Maria Mari di PIETRO PAROLIN Promemoria del paradiso di SILVIA GUIDI utto è nato da un lacerto blu, un tralcio di vite e parte di un vaso, notati alzando lo sguardo per caso, spiega l’architetto Maria Mari parlando del suo libro Cortile del pappagallo Hortus Conclusus, pubblicato in edizione bilingue italiana e inglese dalla Libreria Editrice Vaticana (2016, pagine 294, euro 48). Il libro è stato presentato il 6 dicembre nei Musei vaticani. Con le introduzioni dei cardinali Pietro Parolin e Raffaele Farina — che pubblichiamo in questa pagina quasi per intero — e quelle dell’arcivescovo Georg Gänswein, di monsignor Dario Edoardo Viganò, di don Giuseppe Costa e Gianluca De Marchi, il volume presenta rare foto d’epoca, immagini e ricostruzioni grafiche a colori squillanti di quello che doveva essere un affresco di grande valore, sia estetico che simbolico, una sorta di voliera virtuale piena di fiori, piante e animali selvatici. «Di solito si studia qualcosa e dall’analisi emergono particolari interessanti; in questo caso è successo il contrario, è stato trovato qualcosa che poi è stato necessario studiare» continua Mari parlando del suo ultimo paziente illustre, il cortile che all’epoca di Pio IV era il cuore del Palazzo apostolico e oggi è una poco appariscente congerie di facciate sbiadite, modificate da molte stratificazioni successive, spesso non di facile interpretazione. «La prognosi — continua l’architetto restando all’interno della metafora medica del paziente bisognoso di cure e, soprattutto, di ulteriori indagini diagnostiche — non è ancora sciolta e mi auguro che parta presto un intervento di restauro. Per noi tecnici gli apparati murari parlano, li possiamo datare a partire dai materiali e dalle tecniche di costruzione. E le domande in attesa di risposta, dopo cinque anni di ricerca, sono ancora tante». Per questo la stessa struttura del libro è inversa rispetto alle normali logiche editoriali: di solito si espone subito la scoperta più importante, facendo seguire argomentazioni e nuovi dati acquisiti, mentre in questo caso si è preferito accompagnare il lettore attraverso secoli di storia visti da un osservatorio privilegiato, lungo un viaggio nel tempo costellato da enigmi non facili da decifrare. Una piccola parte dell’affresco vibrante di colori e di vita fatto dipingere da Papa Pio IV venne staccata ed è ancor oggi conservata nell’archivio dei reperti dei Musei vaticani; un altro documento prezioso è il rilievo del fronte meridionale del cortile realizzato da T el libro dei Giudici c’è un suggestivo episodio utile ad introdurre l’oggetto del nostro volume. Al capitolo 14 si narra delle nozze di Sansone, di come uccise il leone, di come, tornando qualche giorno dopo a vederne la carcassa, trovò «che, dentro, le api vi avevano fatto un favo pieno di miele» che prese in cibo, di come l’accadimento gli suggerì il celebre enigma «Da colui che mangia è venuto fuori il cibo. Dal forte è uscito qualcosa di dolce» e la sua soluzione «Che cosa è più dolce del miele? E che cosa è più forte del leone». La tradizione cristiana ha visto in Sansone una prefigurazione di Cristo, del mistero della sua morte e della vittoria su di essa. La morte e risurrezione di Cristo hanno prodotto la dolcezza e la bellezza della salvezza del mondo e dell’annuncio della fede. Per analogia, si potrebbe considerare il martirio degli apostoli e dei discepoli come foriero di un medesimo frutto di bellezza e dolcezza. Non sfugge, in relazione al nostro libro, il nesso sussistente tra la tomba di Pietro — vicinissima al luogo del suo martirio — sulla quale si erge la basilica vaticana e la casa di coloro che, per volontà stessa del Signore, sono Pietro nei secoli. Qui, da quasi duemila anni il mondo può osservare da «colui che mangia» (la N Biagio Biagetti, capo restauratore, nel 1934. «Perché Biagetti — si è chiesta l’autrice del libro — che faceva un altro mestiere, ha sentito il bisogno di disegnare in scala, come avrebbe fatto un architetto, l’apparato decorativo che vedeva? All’epoca le immagini erano più leggibili di adesso. Evidentemente era mosso dal desiderio di conservare la memoria di qualcosa che rischiava di sparire per sempre, minacciato dagli agenti atmosferici e dalle ristrutturazioni». Nel caso del Cortile dei pappagalli, lo studio delle fonti non sempre è risolutivo, spiega Mari; quando si parla di un edificio grandissimo, composto da undicimila stanze, sottoposto a continue modifiche e rifacimenti, come il Palazzo apostolico, non è scontato che tutto lasci traccia nei diari dei cerimonieri. «Abbiamo setacciato gli archivi — continua Mari — ma si parla pochissimo di questo apparato decorativo, pur molto appariscente e molto grande, di dieci metri per venti. Una guida settecentesca ne parla en passant, ma ci resta la documentazione del pagamento all’autore, Taddeo Zuccari». Dalle poche informazioni certe in nostro possesso si può risalire al Papa che ne fu il committente, al suo architetto, Pirro Ligorio, e al pittore che lo realizzò, provando a intuire qualcosa del motivo per cui è nato: bosco in sedicesimo, giardino segreto e mistico hortus conclusus, una sorta di promemoria del paradiso a portata di sguardo. morte, il leone che inghiotte; ma anche la tomba e il sarcofago, etimologicamente “mangiatore di carne”) scaturire la vita; dal sacello funebre fiorire il rigoglio della primavera; da una tomba la casa, dalla città dei morti l’hortus deliciarum per i vivi, anticipazione della Gerusalemme celeste, il paradiso. Il senso di una morte immane e della vita perenne si mescolano inestricabilmente in questo homphalòs gigantesco costituito dalla basilica con la tomba del principe degli apostoli e la casa per ospitare il successore di Pietro. Un cardine così ben fondato da offrirsi testimonianza durevole che travalica il tempo e lo spazio. Il palazzo per mole e grandiosità ha pochi rivali. Il significato spirituale e materiale del luogo ha sempre agito nella coscienza di coloro che, essendone i principali abitatori, lo hanno fatto crescere, ne hanno curato la conservazione preoccupandosi di trasmettere, accresciuto, ciò che avevano a loro volta ricevuto (cfr. 1 Corinzi, 15, 1). L’autrice del volume l’architetto Maria Mari — alla quale va il merito d’aver affrontato il consistente lavoro di lettura delle fonti, guide, descrizioni, ricostruzioni storiche e critiche — unisce all’impegno narrativo ed espositivo la competenza tecnica e specifica dell’architetto. Racconta il Palazzo Apostolico com’è: un’opera di molti secoli e generazioni. Da una parte narra la storia della costruzione, il susseguirsi dei Pontefici romani che hanno proposto modelli e attuato modificazioni, la presenza di stili diversi e di diverse personalità artistiche, l’incidenza delle condizioni politico-economiche, la rilevanza delle funzioni abitative, sacrali, cerimoniali e di rappresentanza. D all’altra esamina la struttura della pianta, il suo graduale ampliarsi, la funzionalità degli elementi architettonici, il ritmo dei pieni e dei vuoti, l’effetto della decorazione scultorea e pittorica. Valuta, discerne e racconta al lettore il palazzo come le appare. Accompagna idealmente il lettore attraverso le sue stanze — attraverso i secoli — soddisfacendo al tempo stesso le esigenze legittime della diacronia, ossia della storicità, e della sincronia, ossia della sistematicità. La narrazione fa immaginare l’intelligenza e brillare i colori al cuore. Il Palazzo è un’enorme pergamena scritta e cancellata e scritta di nuovo molte volte, un “palinsesto”. Ma l’occhio attento di chi guarda, non tanto per guardare o per soddisfare la curiositas, ma per vedere e per comprendere, legge le molteplici scritture del palazzo, i diversi strati, le fasi, il loro mutuo ricambio e rimando. Si accorge del “respiro” della casa: dove oggi ci sono vuoti ci fu un tempo in cui il vuoto fu occupato da masse e dove oggi vediamo compatte masse murarie rese omogenee da un intonaco uniforme un tempo c’era magari una loggia. Il palazzo rappresenta molto bene che cosa è la tradizione per la Chiesa. Il ricco apparato iconografico che accompagna il testo aiuta a vedere e facilita la comprensione di qualcosa che rimane pur sempre inattingibile, trattandosi della casa del Papa. È questa una dimora del tutto particolare che ha da tenere insieme il significato simbolico attribuitogli dalla fede e dallo scorrere dei secoli e quello intimo e raccolto della casa privata. Roma nel XV secolo (miniatura) Da un principio generatore Una casa particolare di RAFFAELE FARINA l Palazzo Apostolico è una casa particolare dove la vita quotidiana ancor’oggi, per certi aspetti, si presenta immutata rispetto ai secoli precedenti. Chi vi abita s’accorge d’esser messo continuamente di fronte alla storia. Nel Palazzo e nei giardini, immersi nel silenzio abbacinante del sole e del cielo romano, il tempo sembra scorrere incommutabile, in modo circolare, data la quasi assenza di oggetti appartenenti a un’audace modernità e la presenza degli elementi della natura. Pare non incidere troppo il ritmo frenetico d’una meccanicità che qualcuno vorrebbe quale emblema dell’inveramento del futuro I Raffaello, «Leone X in veste di Leone Magno» nel presente; qui il tempo, connesso all’esistenza dell’universo, è rappresentazione in movimento dell’eternità. In certi momenti a Palazzo il silenzio è sovrano, santificato dalla preghiera che, con la sua eccedenza isola questo luogo proteggendolo dai negotia degli uomini — sebbene di affari umani e di marosi conseguenti lungo i secoli queste mura ne abbiano visto più d’uno — assomigliandolo a un paradiso in terra. A stanze e cappelle, logge e corridoi la caratura del genio, il timbro della trascendenza e la cadenza della gloria hanno conferito una nobiltà più grande di quella della pietra di cui son costruiti. Maria Mari nel suo libro descrive il Palazzo emergere dallo spirito come un modello stesso della bellezza, quasi venuto su dalla terra per una misteriosa potenza tellurica, come la Venere, dipinta da Giulio Romano nella “stufetta” del cardinal Bibbiena, scaturisce dalle acque. Quando si arriva alla parte centrale del libro, prende la commozione, trovandosi come d’incanto nel cuore del Palazzo. Si racconta di un giardino vero esistente fin dall’età di Nicolò III che si è mutato in un giardino dipinto al tempo di Pio IV, dell’architetto Pirro Ligorio e del pittore Taddeo Zuccari. Par quasi una di quelle leggende che in Veneto e Trentino Alto Adige si raccontano per spiegare il colore delle dolomiti all’alba e al tramonto: “giardini di rose”, Rosengärten, diventati pietra. Le esigenze abitative e cerimoniali avevano già, lungo i secoli, modificato e sviluppa- Nel nuovo film di Radu Mihaileanu di ALBERTO FABIO AMBROSIO È uscito nelle sale cinematografiche francesi il film L’histoire de l’amour del regista di origini rumene, Radu Mihaileanu, conosciuto per il lungometraggio ironico sulla Shoah. Di origini ebraiche, il regista ha voluto mettere in scena tre generazioni di passione d’amore, dalla Polonia della seconda guerra mondiale alla New York degli anni duemila. Nella Polonia degli anni terribili del conflitto mondiale tre giovani sono innamorati perdutamente di Alma che giura fedeltà assoluta solo a uno dei tre, Leo. Questo è l’incipit della pellicola. Alma, a causa dell’arrivo imminente dei nazisti, decide di lasciare il suo paese e di rifugiarsi a New York: il patto sigillato tra i due innamorati consiste nel fatto che Leo, scrittore, la raggiungerà appena le condizioni lo permetteranno. Così accade, ma all’arrivo a New York, Leo scopre che Alma si è sposata. Tuttavia il primo dei due figli, Isaac, è nato dal loro amore. Prima di lasciarsi Alma aveva fatto giurare al fidanzato che questi le avrebbe inviato con ogni sua missiva un Amore e salvezza capitolo di un libro dedicato ad Alma stessa. Da questi capitoli inviati lungo tutto il periodo di guerra, nascerà l’opera: La storia dell’amore. Non è certo il caso di ripercorrere tutta la storia di un film che non ha paura di oltrepassare il format del lungometraggio ordinario, focalizzandosi sull’idea di relazione d’amore che Mihaileanu ha voluto rappresentare. Infatti, le idee soggiacenti sono più che interessanti: la ripresa del tema del diluvio universale che incombe in ogni storia di amore quando questa è messa alla prova. Così, quando Leo ritorna da Alma sul letto di ospedale e la scopre ormai senza respiro. Così anche la giovanissima Alma, altro personaggio del film che cerca di trovare degli amanti per sua madre — traduttrice in inglese del libro La storia dell’amore — che non riesce a stabilire la giusta comunicazione delle emozioni affettive per il suo ragazzo. Il tema più accattivante dal punto di vista di un’analisi teologica e forse spirituale è quello legato all’idea che l’amata è la più amata al mondo. Alma è stata la donna più amata da Leo, così come la mamma della giovane Alma, che ha vissuto la stessa esperienza, esperienza che la figlia desidera vivere con intensità. Vi si legge, dietro questo tema, quello prettamente biblico dell’amata, Israele, la Chiesa, l’anima: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo» (Isaia 62, 4). È interessante pensare che possa essere ancora proposta al grande pubblico un’idea che sembra ormai scomparsa dalla nostra cultura: cioè che esista un amore unico, anzi che a un essere umano si possa offrire un amore straordinario. Alma, la più amata da Leo, è l’amore stesso. Non deve essere un caso se il regista abbia scelto questo nome per l’eroina del film. Alma significa proprio l’anima così come dietro la storia d’amore del Cantico dei Cantici si cela la passione di Dio per l’anima. E che l’amore sia il perno della vita interiore lo si deduce anche da uno scambio tra il giovanissimo fratello di Alma, che pensa di essere niente poco di meno che un Lamed Vovnik, uno dei trentasei giusti della tradizione ebraica che salvano il mondo, e il Messia stesso. Quando il fratello prende le difese della sorella maggiore nei confronti del ragazzo che non sa più che cosa fare con questa, Bird gli scrive dicendo «salvami», dove si intuisce perfettamente che questa salvezza dipende dall’amore del giovane. Chi ha più il coraggio di affermare che la salvezza dipende dall’amore? Perché così è, tanto nella tradizione ebraica che forse e ancora di più nella tradizione cristiana, che sgorga da quella. In un’epoca oscura come quella della seconda guerra mondiale, che rischia sempre di ripetersi, la storia della più amata richiama all’essenziale rapporto tra amore e salvezza. to in pianta e in altezza le quattro facce del Cortile del Pappagallo, sin dall’origine centro palpitante del Palazzo Apostolico. Ancora a occhio nudo si osservano le tracce degli affreschi strappati, oggi in attesa di restauro nei depositi dei Musei Vaticani, proponenti «motivi decorativi policromi ascrivibili a un apparato atto a simulare, mediante partiti illusionistici, la spazialità di pergolati e loggiati, ricchi di vita (…) intrecci di strutture su cui si inerpicavano essenze vegetali, ornamentali, roseti, tralci di vite, mentre, negli sprazzi di cielo simulati all’interno della partitura geometrica di base, si sono osservati voli di uccelli e sagome diverse» (p. 246). La segnalazione, con le sue smaglianti restituzioni grafiche e coloristiche, riempie di gioia temperata dal desiderio — il desiderio è espressione di riconoscenza per la sorpresa di un istante simile, riposo concesso nella quotidiana mediocrità, momento tolto alla consunzione della civiltà dello spreco — che questo luogo refrigerante per lo spirito non sia lasciato o consegnato alla musealizzazione. Dal Palazzo Apostolico, come da un principio generatore continuo, qualcosa si espande a onde, avvolge e conquista, sospinge lontano, fino ai primordi, fino alle falde meridionali del monte Hermon in Palestina, a Cesarea di Filippo dove, alla base di una parete rocciosa, imponente come la facciata d’un palazzo, la sorgente orientale del Giordano si sprigiona con acqua fresca e impetuosa formando un laghetto che pare la vasca di una fontana, e poi inizia a scorrere nel bosco rigoglioso abitato da uccelli canori e variopinti. In quel luogo ameno, hortus conclusus che ha per mura il deserto, Pietro pronunciò la professione di fede ricambiata dalla promessa del primato: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Matteo, 16, 13-20). L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 8 dicembre 2016 pagina 5 Pesce e pane eucaristico, particolare di pittura su parete (inizio del III secolo) Catacombe di San Callisto, cripta di Lucina, Roma In una monumentale antologia pubblicata dalla comunità di Bose si delinea una vasta parabola che abbraccia testi di padri della Chiesa e di autori medievali che vanno dal III al XIII secolo La liturgia eucaristica nella tradizione occidentale In continuità profonda di ENZO BIANCHI eucaristia è «fonte e culmine» della vita della Chiesa (concilio Vaticano II, Lumen gentium 11; cfr. idem, Sacrosanctum concilium 10) e, in quanto tale, ne è anche norma e giudizio: ciò discende dal suo essere forma della Chiesa, dal possedere cioè la forza in grado di plasmare il corpo della comunità cristiana. Che cos’è, infatti, la Chiesa se non la comunità di quanti lasciano che l’eucaristia dia consistenza alla loro vita, fino a farli diventare uomini e donne «eucaristici» (cfr. Colossesi, 3, 15)? L’eucaristia dà forma alla vita della Chiesa plasmandola come comunità al servizio di Dio e degli uomini sull’esempio di Cristo, il Servo del Signore che donando la sua vita per tutti L’ Dedicato a Benedetto È dedicata a Benedetto XVI — che l’ha suggerita e l’ha ricevuta in anteprima da Enzo Bianchi lo scorso 11 novembre — una monumentale antologia di testi tratti da autori cristiani latini, appena pubblicata dalla comunità di Bose (Un solo corpo. Mistagogia della liturgia eucaristica attraverso i testi dei padri latini. A cura di Emanuele Borsotti e Cecilia Falchini, Magnano, Edizioni Qiqajon, 2016, pagine 1804, euro 60). Aperto da una lunga introduzione di Borsotti e da un capitolo sull’assemblea liturgica, il libro segue l’ordinamento dell’ordo missae, dai riti introduttivi a quelli conclusivi. Le parti della messa sono così gole Chiese sia tra le varie Chiese manifestano la nostra inadeguatezza a vivere il mistero dell’eucaristia. Infatti, come il pane, frumento sparso sui colli, raccolto è diventato una cosa sola, così l’eucaristia riunisce la comunità dei credenti nel Signore Gesù (cfr. Didaché 9, 4); come lo Spirito santo scende sul pane e sul vino e li trasforma nel corpo e nel sangue del Signore, così scende anche sull’assemblea liturgica, rende i credenti «membra gli uni degli altri» (Romani, 12, 5; Efesini, 4, 25) e, tutti insieme, l’unico corpo di Cristo (cfr. E. Bianchi, Eucaristia e chiesa, Qiqajon, Magnano 2006). È questa fede eucaristica della Chiesa che emerge dalle pagine di questo libro, delineando sotto gli occhi del lettore una vasta parabola che abbraccia testi di padri della Chiesa e di autori medievali che vanno dal III al XIII In contesti geografici vari e differenziati (dall’Africa del nord alla Spagna mozarabica, dalla Roma dei papi alle Gallie), in epoche storiche diverse che hanno visto il passaggio da un cristianesimo di minoranza agli imperi della doci a discernere, da un lato, la «parte immutabile» della liturgia «perché di istituzione divina» e, dall’altro, le «parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o anche devono variare, qualora in esse si fos- sarà necessario emendare, arricchirà ciò che apparirà misero. Due millenni di pratica liturgica — dall’essenzialità dei riti e delle formule più antichi all’arricchimento sopravvenuto nei secoli con il sovrapporsi di quelle «stratificazioni» che appartengono alla «legge dello sviluppo organico, e quindi progressivo, dell’evoluzione» liturgica (A. Baumstark, Liturgie comparée. Principes et méthodes pour l’étude historique des liturgies chrétiennes, Éditions de Chevetogne, ChevetogneParis 1953, pp. 2, 26) — ci hanno insegnato, per eccedenza o per difetto, la necessità, per la vita della Chiesa, che «i riti splendano per nobile semplicità; siano chiari per brevità ed evitino inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 34). Nel contempo, l’esegesi liturgica, la mistagogia, con il suo approccio figurale e tipologico, sino agli esiti più fioriti dell’allegoria, hanno sempre mostrato la profondità dei misteri del culto cristiano, in un continuo riandare dal mistero rivelato, di Dio e di Cristo, ai misteri celebrati per ritus et preces (ivi 48. Cfr. E. Bianchi, Dal mistero rivelato ai misteri celebrati, Qiqajon, Magnano 2009). Convinta che i tesori delle fonti liturgiche dell’eucologia e dei riti eucaristici insieme ai commenti dei padri antichi e medievali costituiscano una ric- XVI illustrate da 21 capitoli dove si alternano, in accurate e limpide traduzioni, testi che si estendono per oltre un millennio, dal III al XIII secolo, con un larghissimo spazio riservato al Canone romano. Abbondanti sono le note, la bibliografia e le notizie sugli autori e gli scritti raccolti, mentre ben tre indici (biblico, dei testi, tematico) completano questo eccellente strumento, indispensabile a chi si occupa di storia della liturgia. Del libro, seconda parte di un dittico aperto nel 2012 da un’analoga raccolta per i testi greci e bizantini (Entrare nei misteri di Cristo), pubblichiamo per intero la prefazione del priore di Bose. (g.m.v.) ha compiuto fino alla fine, nella libertà e nell’amore, la volontà di Dio. L’eucaristia, poi, è forza di comunione nella Chiesa e tra le Chiese. Al riguardo occorre ammettere che le divisioni esistenti sia all’interno delle sin- secolo. Un millennio di riflessioni, di parole, di commenti a partire dalla celebrazione dei missarum sollemnia, a partire dall’esperienza del popolo di Dio convocato e radunato per l’ascolto della Parola e la frazione del pane. Max Hunziker, «Der Psalter, 69» (1966, particolare) Ana Martins, «L’ultima cena» cristianità, attraverso sensibilità teologiche e spirituali multiformi, nella pluralità di accenti secondo i quali la lex orandi si è declinata, inculturandosi nel variare di luoghi e tempi, i credenti hanno celebrato il mistero pasquale di Cristo, quale centro della fede, nella memoria dei gesti e delle parole di Gesù, ripetuti e ridetti nell’hodie della liturgia, aperto sul futuro di Dio. La storia della liturgia, come pure le pagine di questa antologia, ci permettono di cogliere con uno sguardo d’insieme secoli di pratica celebrativa della messa. Questa, senza dubbio, è cambiata nella sua forma, come sempre è mutata nelle diverse epoche della storia della Chiesa; nel contempo, però, la messa è la stessa in una continuità ben più profonda della lingua o dei gesti con i quali si esprime. In verità, per chi vive una fede autenticamente cristiana ed ecclesiale, la liturgia della Parola non è mutata da quella dell’assemblea presieduta da Esdra al ritorno dall’esilio (cfr. Neemia, 8), e la liturgia eucaristica è sempre la stessa, dallo spezzare il pane della comunità di Gerusalemme nell’ora della Pasqua fino a oggi. Le testimonianze del passato raccolte in questo libro, dalla freschezza delle origini all’elaborazione sistematica del medioevo, illustrano questo movimento di costante rinnovamento nella continuità: l’eucaristia sta sempre al cuore della Chiesa, quale pulchritudo tam antiqua et tam nova (Agostino, Confessioni 10, 27-38), come bellezza che scaturisce da un’origine tanto antica e che perdura nella sua inesauribile novità. In tal senso, è illuminante la scelta dei curatori che — nei commenti introduttivi — hanno voluto affiancare ai testi patristico-medievali alcuni brani tratti dalla costituzione Sacrosanctum concilium del Vaticano II e dai Praenotanda del Missale romanum riformato a norma dei decreti dell’ultimo concilio e promulgato da Paolo VI (cfr. Il “Messale romano” nella tradizione liturgica del rito romano, in «Notitiae» 291, 1990, pp. 517-520). Percorrendo il rito della messa nella sua integralità, dal radunarsi dell’assemblea liturgica fino al momento del suo sciogliersi, le parole degli antichi possono ancora illuminare l’oggi delle nostre liturgie, insegnan- sero insinuati elementi meno rispondenti all’intima natura della stessa liturgia, o si fossero resi meno opportuni» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 21). Quanti appartengono, come me, a quella generazione che ha conosciuto la messa latina, celebrata secondo il messale postridentino, e il successivo passaggio all’attuale forma ordinaria del rito romano, sono abitati da una profonda gratitudine per il concilio Vaticano II e per Paolo VI che hanno operato la riforma liturgica in fedeltà alla tradizione, alla grande tradizione cristiana. Quarantacinque anni fa coglievo nella riforma liturgica soprattutto le novità; oggi riconosco innanzitutto la continuità, la tradizione che si accresce e si rinnova per non morire o decadere, ma che sa sempre conservare la stessa messa, la stessa celebrazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, continuando ad aderire, nell’autenticità del suo spirito, ad sanctorum Patrum normam ac ritum, secondo l’espressione di Pio V usata nella promulgazione del Missale romanum del 1570 (cfr. Pio V, Quo primum, in Missale romanum. Editio princeps (1570), a cura di M. Sodi e A. M. Triacca, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1998, edizione anastatica, p. 3. Tale formula riecheggerà anche in Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 50 e nell’Ordinamento generale del Messale romano 6). Quarantacinque anni fa la messa era per me il sacrificio della croce: oggi è ancora il sacrificio della croce, che ha chiaramente come esito la resurrezione, la vittoria di Cristo sul male e sulla morte. Oggi nella messa vivo con più consapevolezza il mistero pasquale, rinnovo l’alleanza con il Signore, offro a Dio la mia vita, il mio corpo in sacrificio (cfr. Romani, 12, 1), offro tutta la creazione con un’epiclesi allo Spirito, perché trasfiguri questa creazione in regno dei cieli. E resto convinto che ci saranno altri sviluppi, altri accrescimenti e mutamenti nella liturgia, perché la liturgia, come la Chiesa, è semper reformanda. Tutto questo, però, in una continuità che ha come riferimento la grande tradizione dell’oriente e dell’occidente e che completerà ciò che parrà manchevole, correggerà ciò che chezza immensa e una eredità di cui essere destinatari responsabili, la nostra comunità si è quindi impegnata fin dal suo inizio negli studi, nella ricerca e nella pubblicazione di tali tesori che non possono rimanere nascosti «nell’oscurità delle biblioteche», ma devono invece venir messi «in luce per rischiarare e nutrire la mente e l’animo dei cristiani» (Paolo VI, Missale romanum, costituzione apostolica). Così abbiamo progettato e poi pubblicato nel 2012 i commenti dei padri orientali alla liturgia eucaristica (cfr. Entrare nei misteri di Cristo. Mistagogia della liturgia eucaristica attraverso i testi dei padri greci e bizantini, a cura di L. d’Ayala Valva, Qiqajon, Magnano 2012). Ne feci dono a Papa Benedetto XVI che apprezzò il libro e chiese se avessimo l’intenzione di fare altrettanto per la liturgia della Chiesa latina. L’impresa era ben più ardua, ma fratel Emanuele Borsotti e sorella Cecilia Falchini si sono messi all’opera, ed ecco l’ampio lavoro di cui mi rallegro. Questo libro è dunque dedicato a Benedetto XVI, verso il quale va la mia riconoscenza personale per l’attenzione mostratami molte volte, e al quale va il Una continuità bimillenaria ha insegnato semplicità e chiarezza E l’esegesi ha sempre mostrato la profondità dei misteri del culto cristiano grazie di tutta la Chiesa per il suo impegno liturgico. Presentiamo allora ai nostri lettori questa antologia, affinché, spigolando fra le sue pagine, i credenti di oggi possano abbeverarsi alla tradizione della Chiesa, per fare tesoro della sapienza di ieri, in modo da saperla tradurre con creatività di fronte alle sfide del presente, con lo sguardo sempre rivolto al futuro, per aprire «la via a un legittimo progresso», in cui «le nuove forme in qualche modo scaturiscano organicamente da quelle già esistenti» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 23). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 8 dicembre 2016 Tomba di Giona a Mosul distrutta dai jihadisti del cosiddetto stato islamico Alla Gregoriana ABU DHABI, 7. «L’escalation di conflitti religiosi ed etnici in tutta la regione dimostra la necessità urgente di un’azione da parte della comunità internazionale per proteggere e preservare il patrimonio culturale dell’Iraq». È l’appello lanciato dal patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, nel corso della Conferenza internazionale sulla conservazione dei beni culturali a rischio nelle zone di conflitto che si è svolta in questi giorni ad Abu Dhabi, su iniziativa di Emirati Arabi Uniti e Francia in collaborazione con l’Unesco. Affermazione in sintonia con quanto affermato da Papa Francesco nel corso dell’udienza generale del 30 novembre scorso, il quale, proprio in vista di tale conferenza, ha rilevato come questo tema sia «purtroppo drammaticamente attuale». Nella convinzione, ha aggiunto il Pontefice, «che la tutela delle ricchezze culturali costituisce una dimensione essenziale della difesa dell’essere umano, auguro che questo evento segni una nuova tappa nel processo di attuazione dei diritti umani». In questi ultimi anni, come è noto, le milizie del cosiddetto stato islamico hanno distrutto gran parte del patrimonio artistico e culturale dell’Iraq, l’antica Mesopotamia. Prima il saccheggio di manoscritti e reperti dal museo nazionale iracheno di Baghdad e dal museo di Mosul, e successivamente tanti altri siti di importanza storica sono stati oggetto di Induisti e cristiani in dialogo Appello del patriarca Sako per i siti religiosi iracheni Patrimonio comune da tutelare vati in molte altre chiese e monasteri, la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi con il governo iracheno e con altri governi della regione — ha aggiunto — per assicurare e garantire la conservazione e la protezione di questo patrimonio multimillenario e il suo restauro con un team di esperti». Tuttavia, il patriarca ha ricordato l’immenso lavoro svolto dal domenicano Najib Mussa, che ha fondato il Centre numérique des Manuscrits Orientaux a Mosul, dove fin dal 1990 ha iniziato a documentare e catalogare i manoscritti conservati nelle chiese e nei monasteri, a registrare con telecamere altri 7500 manoscritti e a restaurare alcuni tra quelli danneggiati recentemente dai jihadisti. A Erbil, presso il centro domenicano, sono disponibili cd e cataloghi grazie al lavoro svolto in questi anni. «Ci auguriamo inoltre — ha proseguito il patriarca di Babilonia dei Caldei — che questi luoghi antichi e sacri come le chiese, i monasteri e le moschee siano presto ricostruiti rispettando le loro caratteristiche di un tempo». A oggi, ha ricordato ancora Sako nel suo intervento, la situazio- depredazioni a opera dei «jihadisti dello stato islamico — ha ricordato durante il suo intervento il patriarca caldeo — che hanno avviato una vera e propria strategia per cancellare tutto ciò che non ha a che fare con l’epoca islamica e che non si adatta con la loro ideologia. A causa della distruzione totale delle moschee di Nabi Younis e Nabi Jarjees, così come di altri importanti siti archeologici (Nimrud e Hatra) e del rogo di centinaia di manoscritti conser- Al Azhar condanna le distruzioni dei monumenti antichi ABU DHABI, 7. L’islam non incoraggia la distruzione di monumenti e templi che sono un’eredità umana che bisogna proteggere e preservare. È quanto ha dichiarato il grande imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb, durante l’incontro svoltosi ad Abu Dhabi sulla tutela del patrimonio in pericolo in situazioni di conflitto. In un messaggio, Al Tayyeb ha esternato il proprio disappunto contro gli atti commessi dalle organizzazioni terroristiche volte a demolire il patrimonio di civiltà e cancellare la storia dei popoli. «Atti che naturalmente — ha sostenuto — contraddicono con l’insegnamento dell’islam che considera questi episodi come un grave crimine contro il mondo intero». ne in Iraq è abbastanza instabile e insicura, e nonostante lo stato islamico sia stato respinto in alcune città, «la sua ideologia continuerà a vivere generando nuovi conflitti». Pertanto, ha aggiunto «vorrei proporre tre importanti progetti da attuare prima possibile: innanzitutto occorre creare un luogo sicuro per la conservazione e lo stoccaggio del patrimonio culturale in via di estinzione, con l’accordo o con la convenzione del governo iracheno e la supervisione di un ufficio di monitoraggio delle Nazioni Unite; inoltre, è necessario far arrivare in Iraq degli esperti per la formazione di gruppi di studiosi iracheni per affrontare e gestire al meglio questo immenso patrimonio culturale che è qui da migliaia di anni. In particolare, catalogare, proteggere e ripristinare i manoscritti, i siti storici, gli oggetti antichi, le chiese, i monasteri, le sinagoghe e le moschee. Infine — ha concluso il patriarca di Babilonia dei Caldei — occorre fornire le attrezzature e gli strumenti adeguati alle squadre di esperti irachene al fine di permettere loro di svolgere la loro attività in maniera adeguata e con strumenti moderni e sofisticati». «Un nuovo inizio» che «orienta verso una nuova serie di possibilità nel campo del dialogo», aprendo «ulteriori iniziative e passi futuri»: così il cardinale presidente JeanLouis Tauran ha definito la prima conferenza indù-cristiana organizzata in Italia dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Svoltosi martedì 6 dicembre alla Pontificia università Gregoriana — il cui centro studi interreligiosi era tra gli enti promotori insieme con l’ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana, l’Unione induista italiana, il movimento dei Focolari e la sezione Italia di Religions for peace — l’appuntamento si è svolto «in spirito di amicizia, riconoscendo il reciproco bisogno dell’altro» in vista della costruzione di «una coesistenza armoniosa tra i popoli di tutte le fedi». Introducendo i lavori il porporato si è detto convinto «che ogni dialogo interreligioso, se portato avanti con il giusto intento», illumina i valori condivisi. E in proposito ha accennato alle proprie esperienze personali di dialogo con gli indù. «La prima — ha ricordato — l’ho vissuta a Mumbai, in India, nel giugno 2009. Si trattava di parlare delle necessità dei responsabili di entrambe le comunità religiose d’impegnarsi in dialogo e cooperazione per contribuire al benessere del popolo indiano, e alla costruzione della pace nella società. Da allora ho avuto l’opportunità di interagire con gli amici indù anche in altri paesi. Nel 2011, il nostro Pontificio Consiglio ha organizzato un colloquio di tre giorni a Pune e io vi ho partecipato, come pure agli incontri organizzati dal nostro dicastero a Londra nel 2013 e a Washington nel 2015. Queste sono state occasioni di reciproco apprendimento e arricchimento spirituale». Perché, ha concluso, «quando noi, che professiamo religioni diverse, ci incontriamo, sentiamo il bisogno di crescere sempre più nel rispetto, nella comprensione, nella stima della vita e della fede dell’al- tro, e questo contribuisce all’armonia generale e allo sviluppo della società». Inoltre «questi meravigliosi scambi ci aiutano anche ad approfondire la nostra fede». Infatti «ogni autentico scambio di vita e fede come questo arricchisce il nostro modo di essere e di vivere». Successivamente, nel corso della sessione dedicata al tema «Promuovere la pace in un mondo globalizzato: sfide, opportunità e speranze», la prospettiva politica è stata affrontata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati. Il presule ha esortato a non aver paura di sporcarsi le mani con la politica, la quale non è intrinsecamente un male, soprattutto se si considera che in ultima analisi essa serve al raggiungimento del bene comune. Allo stesso modo è sempre opportuno che ai politici venga ricordata la loro alta vocazione e siano incoraggiati a perseguire la strada giusta. «Questo — ha commentato — è il punto di intersezione tra religione e politica. La religione e i valori religiosi hanno un ruolo profetico nell’incoraggiare la politica e i politici a cercare sempre il bene. Pertanto, dobbiamo distinguere tra cattiva politica e buona politica, tra il bene e il male insiti nella politica». In tale contesto — ha affermato — «i valori etici delle nostre tradizioni cristiane e indù sono necessari e indispensabili per fare questa distinzione». Infine il segretario per i rapporti con gli Stati ha evidenziato come sulla scena mondiale globalizzata il principale strumento di promozione della pace sia la diplomazia. Ma — ha avvertito — «una buona diplomazia richiede una buona politica poiché la diplomazia, quando esercitata senza scrupoli per ottenere indebiti vantaggi e concessioni, può essere semplicemente una forma alternativa di guerra o può essere utilizzata per fomentare la guerra». In sintesi, secondo il presule, il modello di riferimento dovrebbe essere san Tommaso Moro e non Il Principe di Machiavelli. A Dublino l’incontro interreligioso La visita a Parigi del patriarca di Mosca La Siria ha bisogno dell’Europa Buoni risultati DUBLINO, 7. Dopo cinque anni «sono potuto andare ad Aleppo e ho riportato con me 2200 combattenti pentiti, che hanno ottenuto l’amnistia del governo»; un’iniziativa che ha sconfessato le posizioni del passato, in cui si chiedeva che i combattenti responsabili dell’uccisione di civili fossero puniti con la pena capitale. È quanto ha sottoli- neato il gran muftì della Repubblica Siriana, lo sceicco Ahmad Badr El Din Hassun, invitato a Dublino insieme al patriarca siro-ortodosso Ignatius Aphrem II e al patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, Gregorio III Laham. I leader religiosi — riferisce l’agenzia AsiaNews — hanno parlato davanti al comitato congiunto per gli affari, il commercio e la difesa irlandese. In particolare, il gran muftì ha approfondito la situazione di Aleppo e della Siria, nella quale dall’inizio della guerra non era più potuto rientrare. Prima del conflitto, ha raccontato il muftì, un principe arabo «mi ha proposto un’ingente somma di denaro e una villa, se avessi deciso di fuggire della Siria e dichiararmi contrario al Governo». Al rifiuto opposto dal muftì, alcuni mercenari inviati a combattere in Siria, gli hanno assassinato il fi- glio «gettando la salma davanti all’ingresso della moschea». Non contenti, la tomba del figlio è stata profanata e il corpo trasportato in un luogo sconosciuto. Hassun ha invitato «gli europei che vogliono la pace in Siria, a recarsi a Damasco e discuterne col presidente Bashar al Assad»; ha quindi esortato l’opinione pubblica europea a «non credere a quanto viene diffuso dalla stampa in occidente», che ha come scopo di denigrare il suo Paese e deformare la realtà. «È necessario — ha aggiunto — ascoltare sempre le due campane. La Siria ha bisogno degli europei per domare l’incendio in corso, che rischia di diffondersi al mondo intero». In merito ai timori espressi dal patriarca siro-ortodosso sul futuro dei cristiani in Siria «minacciati nella loro propria esistenza», Hassun ha affermato che non vi sarebbe alcun pericolo se i siriani venissero lasciati liberi di decidere da soli. «La Siria — ha spiegato il gran muftì — è un paese unito e unico, senza distinzioni alcune fra confessione, religioni ed etnie, cosa rara se non impossibile in qualsiasi altra nazione al mondo». Egli ha poi espresso il dolore per i «bambini cristiani che sono stati uccisi dai jihadisti durante le festività natalizie», riferendosi all’uccisione avvenuta lo scorso anno ad Aleppo. All’incontro di Dublino il patriarca Laham ha, infine, sottolineato che «siamo qui per operare per la pace, non per accusare; si tratta di una guerra e in una guerra sono tutti colpevoli». PARIGI, 7. Hanno parlato soprattutto del problema dell’erosione dei valori cristiani tradizionali nell’Europa di oggi e condiviso la medesima battaglia a difesa della famiglia: nell’incontro avuto lunedì scorso a Parigi, il cardinale arcivescovo André VingtTrois e il patriarca di Mosca hanno ribadito che su molti temi Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa si trovano sulla stessa lunghezza d’onda. «Abbiamo saputo della ferma posizione espressa dal vostro episcopato durante le proteste contro la legge sull’adozione dei bambini da parte di coppie dello stesso sesso», ha detto Cirillo, esprimendo «solidarietà» su tale questione, come su quella, più generale, dei “matrimoni” fra persone omosessuali. Il primate ortodosso ha inoltre ringraziato il cardinale arcivescovo per il supporto dato alla costruzione della cattedrale della Santa Trinità — consacrata il 4 dicembre da Cirillo durante la sua visita di tre giorni a Parigi — e del Centro culturale e spirituale russo sul lungosenna Branly, a due passi dalla torre Eiffel. Vingt-Trois dal canto suo si è congratulato per la cerimonia, avvenuta di fronte a centinaia di fedeli, famiglie di emigrati russi e noti artisti, testimonianza, ha osservato il porporato, «delle buone relazioni fra i nostri paesi, delle quali la cattedrale è il simbolo». In visita al seminario ortodosso russo di Épinay-sous-Sénart, Cirillo ha ribadito questo concetto: «Che Dio consenta lo sviluppo di buone relazioni per aiutare a costruire un atteggia- mento realistico e reciprocamente vantaggioso di fronte alle sfide politiche attuali. Sono molto soddisfatto di questo viaggio a Parigi, incoraggiato dal risultato dei miei incontri e colloqui». E, sulla consacrazione della cattedrale: «Dio aiuta a realizzare i progetti più incredibili e la realizzazione di questi progetti sembra di per sé un miracolo. È difficile al momento valutare il fatto della presenza della cattedrale e del Centro culturale e spirituale ortodosso russo nel cuore di Parigi. Ho già comunque visto il notevole interesse di vari rappresentanti della società francese riguardo ciò che può essere sviluppato insieme, fuori e dentro questa struttura». A Parigi il patriarca di Mosca ha incontrato fra gli altri il presidente della Repubblica francese, François Hollande, con il quale ha parlato soprattutto della protezione dei cristiani nel Medio oriente e della crisi in Ucraina: «Destino dell’uomo e vite umane, queste sono le cose principali, e questo è esattamente ciò di cui ho parlato con Papa Francesco all’Avana. La Chiesa russa è pronta a cooperare con tutte le parti interessate sul tema della tutela della presenza cristiana in Medio oriente», ha affermato Cirillo. In un comunicato, l’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia — la cui guida spirituale è il metropolita Emmanuel, pre- sidente della Conferenza delle Chiese europee — esprime «gioia» per aver potuto concelebrare, assieme a Cirillo, la divina liturgia patriarcale che ha caratterizzato la consacrazione liturgica della nuova chiesa. Un fatto che «mostra, ancora una volta, l’unità della famiglia ecclesiale ortodossa in Francia. Sua santità — è scritto nella nota — ha effettuato, in occasione del suo soggiorno a Parigi, vari incontri ufficiali con le autorità politiche e religiose». I vescovi ortodossi ricordano in particolare i colloqui avuti dal patriarca di Mosca con il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, e con il capo dello stato, il quale ha messo in evidenza «il vivo desiderio della Francia di sviluppare relazioni di amicizia fra i popoli francese e russo». L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 8 dicembre 2016 pagina 7 Nomine episcopali Il cardinale Stella spiega il nuovo documento sulla formazione sacerdotale Tre parole chiave di NICOLA GORI La formazione dei sacerdoti ha bisogno di essere «rilanciata, rinnovata e rimessa al centro». È uno dei motivi che hanno ispirato la stesura della nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis che, a distanza di quarantasei anni dall’ultima, viene promulgata dalla Congregazione per il clero nella solennità dell’Immacolata Concezione. Il testo — distribuito nel volumetto allegato all’edizione odierna dell’Osservatore Romano — rappresenta uno strumento efficace e aggiornato per la «formazione integrale» del prete: una formazione «capace, cioè, di unire in modo equilibrato la dimensione umana, quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso un cammino pedagogico graduale e personalizzato», come spiega in questa intervista il cardinale prefetto del dicastero Beniamino Stella. Perché un nuovo documento per i futuri preti e quali sono le linee ispiratrici del testo? L’ultima Ratio fundamentalis risale al 1970, anche se nel 1985 c’è stato un aggiornamento. Nel frattempo, come sappiamo, soprattutto sotto l’effetto della rapida evoluzione a cui il mondo è oggigiorno soggetto, sono mutati i contesti storici, socio-culturali ed ecclesiali nei quali il sacerdote è chiamato a incarnare la missione di Cristo e della Chiesa, non senza provocare significativi cambiamenti relativi ad altri aspetti: l’immagine o visione del prete, i bisogni spirituali del popolo di Dio, le sfide della nuova evangelizzazione, i linguaggi della comunicazione, e altro ancora. Ci è sembrato che la formazione dei sacerdoti avesse bisogno di essere rilanciata, rinnovata e rimessa al centro; siamo stati incoraggiati e illuminati dal magistero di Papa Francesco, con la spiritualità e la profezia che contraddistinguono la sua parola. Il Pontefice si è rivolto spesso ai sacerdoti, ricordando loro che il prete non è un funzionario, ma un pastore unto per il popolo di Dio, che ha il cuore compassionevole e misericordioso di Cristo per le folle affaticate e stanche. Le parole e gli ammonimenti del Papa, alcuni dei quali riguardanti le tentazioni legate al denaro, all’esercizio au- toritario del potere, alla rigidità legalista o alla vanagloria, ci mostrano come la cura dei sacerdoti e della loro formazione sia un aspetto fondamentale nell’azione ecclesiale di questo pontificato e debba diventarlo sempre di più per ogni vescovo e ogni Chiesa locale. Quali sono le novità della Ratio fundamentalis? Vorrei premettere che nella vita della Chiesa le novità non sono mai separate dalla tradizione. Al contrario, la integrano e la approfondiscono; quando ci si mette in ascolto dello Spirito Santo, cioè, si impara a guardare in avanti raccogliendo, però, il patrimonio esistente. Così, la Ratio fundamentalis ha ripreso i contenuti, i metodi e gli orientamenti prodotti finora nel campo della formazione, aggiornandoli e introducendo elementi nuovi. Nel documento rientrano le indicazioni offerte dalla Pastores dabo vobis, del 1992, circa una formazione integrale, capace cioè di unire in modo equilibrato la dimensione umana, quella spirituale, quella intellettuale e quella pastorale, attraverso un cammino pedagogico graduale e personalizzato. Sulla prima — la dimensione umana — c’è un accento particolare: non si può essere preti senza equilibrio della mente e del cuore e senza maturità affettiva, e ogni lacuna o problematica non risolta in questo ambito rischia di essere gravemente deleteria sia per la persona che per il popolo di Dio. Considerando l’esito positivo di un tempo propedeutico all’ingresso in seminario, sperimentato già da tempo in molte realtà locali, il testo ne sottolinea l’importanza e la necessità, ai fini di un’attenta verifica e selezione dei candidati. Sull’aspetto del discernimento vocazionale, poi, il testo insiste molto: i vescovi e i formatori hanno una grande responsabilità e sono chiamati a esercitare una perspicace vigilanza sull’idoneità dei candidati, senza fretta o superficialità. In tale direzione, la Ratio cerca di superare alcuni automatismi che sono venuti a crearsi in passato; la sfida è proporre un cammino di formazione integrale che aiuti la persona a maturare in ogni aspetto e favorisca una valutazione finale fatta in base alla globalità del percorso. Così, ac- Le nomine di oggi riguardano Brasile e Italia. Rubival Cabral Britto vescovo di Grajaú (Brasile) canto alle già conosciute denominazioni, che suddividevano il cammino in “fase degli studi filosofici”, “fase degli studi teologici” e “fase pastorale”, sono state aggiunte “tappa discepolare”, “tappa configuratrice” e “tappa di sintesi vocazionale”, a ciascuna delle quali corrisponde un itinerario e un contenuto formativo, orientati ad assimilare l’immagine del buon pastore. In breve: per essere un buon prete, oltre ad aver superato tutti gli esami, occorre una comprovata maturazione umana, spirituale e pastorale. Penso sia superfluo aggiungere che altre piccole novità possono essere colte nel testo dal tipo di approccio alle questioni, dal linguaggio usato, dalla metodologia formativa proposta, dal respiro che, in generale, il documento riceve soprattutto dall’attuale magistero pontificio. Ci sono alcune parole chiave per cogliere la visione di fondo della nuova Ratio? Ne sceglierei almeno tre. La prima è “umanità”. Penso che non insisteremo mai abbastanza sulla necessità che i seminaristi siano accompagnati in un processo di crescita che li renda persone umanamente equilibrate, serene e stabili. Solo così sarà possibile avere sacerdoti dal tratto amabile, autentici, leali, interiormente liberi, affettivamente stabili, capaci di intessere relazioni interpersonali pacificate e di vivere i consigli evangelici senza rigidità, né ipocrisie o scappatoie. La Ratio insiste sull’importanza di questo accompagnamento umano, che aiuti lo sviluppo della maturità della persona e garantisca nei candidati un buon equilibrio psico-affettivo. La seconda parola è “spiritualità”, che non bisogna mai dare per scontata. La coscienza dell’identità presbiterale va rifondata a partire da questo aspetto: il prete non è un uomo del “fare”, un leader, un organizzatore religioso o un funzionario del sacro, ma è un discepolo innamorato del Signore, la cui vita e il cui ministero sono fondati nell’intima relazione con Dio e nella configurazione a Cristo buon pastore. Solo così — coltivando la vita spirituale con disciplina e con tempi appositamente dedicati — potrà essere superata una visione sacrale o burocratica del ministero e potremo avere sacerdoti appassionati del Vangelo, capaci di “sentire con la Chiesa” e di essere, come Gesù, “samaritani” compassionevoli e misericordiosi. Direi che la terza parola è “discernimento”. Chi segue la via del Vangelo e si immerge nella vita dello Spirito, supera sia l’approccio ideologico che quello rigorista, scoprendo che i processi e le situazioni della vita non possono essere classificati attraverso schemi inflessibili o norme astratte, ma hanno bisogno di ascolto, dialogo e interpretazione dei moti del cuore. Il luogo privilegiato perché maturi l’arte del discernimento è certamente l’accompagnamento personale, soprattutto nella direzione spirituale. Si tratta di un ambito fondamentale, che richiede la sincera apertura dei candidati e la competenza e disponibilità dei formatori nell’offrire tempo e strumenti utili. Il discernimento è un dono che i pastori devono esercitare su se stessi e, ancor più, negli ambiti pastorali, per accompagnare e leggere in profondità soprattutto le situazioni esistenziali più complesse, per le quali spesso le persone a noi affidate sono segnate, appesantite e ferite. Parlando all’ultima assemblea della compagnia di Gesù, Papa Francesco ha manifestato su questo tema la sua preoccupazione: «Sto notando — ha detto — la carenza del discernimento nella formazione dei sacerdoti. Rischiamo infatti di abituarci al “bianco o nero” e a ciò che è legale. Siamo abbastanza chiusi, in linea di massima, al discernimento. Una cosa è chiara: oggi in una certa quantità di seminari è tornata a instaurarsi una rigidità che non è vicina a un discernimento delle situazioni». La sfida principale che la Ratio intende raccogliere ci viene suggerita ancora da Papa Francesco: for- mare preti “lungimiranti nel discernimento”. Cosa vorrebbe dire, come prefetto della Congregazione per il Clero, ai sacerdoti di oggi? Vorrei dire, per prima cosa, che la grande responsabilità affidatami nella conduzione del dicastero mi spinge ogni giorno a pregare per i sacerdoti. Tanti di loro, in un modo o nell’altro, passano dal dicastero; cerchiamo di accogliere, di ascoltare, di entrare in situazioni di vita e di ministero talvolta delicate, difficili o faticose. Allo stesso tempo, sappiamo che molti sacerdoti offrono la loro vita con generosità e dedizione per l’annuncio del Vangelo. A ciascuno vorrei dire soprattutto: non scoraggiatevi! Il Signore non viene mai meno alle sue promesse e, se vi ha chiamati, farà brillare la sua luce anche quando vivete l’oscurità, l’aridità, la fatica o l’insuccesso pastorale di un momento. Vorrei però raccomandare ai sacerdoti: non si spenga in voi la sana inquietudine che vi mantiene in cammino! Non trascurate la preghiera, curate la vostra vita interiore, rimanete disponibili a formarvi ogni giorno e lasciatevi sostenere e ammaestrare dalla vita pastorale e dal popolo di Dio. Dobbiamo restare vigili, come ci suggerisce questo tempo di Avvento, per non permettere che l’abitudine o la mediocrità affievoliscano il dono che il Signore ci ha fatto. Non abbiamo scelto a caso, per la pubblicazione, il giorno dell’Immacolata Concezione, perché come Maria, siamo chiamati ad attendere il Signore, accoglierlo e “partorirlo” al mondo intero, nella certezza che «quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi». Gruppi di fedeli all’udienza generale All’udienza generale di mercoledì 7 dicembre, nell’aula Paolo VI, erano presenti i seguenti gruppi: Da diversi Paesi: Missionarie della Carità. Dall’Italia: Parrocchia San Fermo, in Verona; Parrocchia San Lorenzo, in Trezzano sul Naviglio; Comunità Amore e Libertà; Organizzatori del Concerto di Natale; Associazione italiana afasici della Regione Puglia; Croce azzurra Lanciano; Gruppo Volontari della gioia, di Bergamo; Rotary club Marsala; Gruppo dell’arte cristiana, di Roma; Comitato San Michele Arcangelo, di Gildone; Gruppo call center di Poste Italiane; Moto club brave riders, di Milano; Squadra calcio allievi Piave, di Latina; Squadra calcio Gravina, di Gravina in Puglia; Istituto agro-alimentare, di Itri; Istituto Europa unita, di Afragola; Istituto Marconi, di Frattamaggiore; Scuola elementare Melogrosso, di Sezze; gruppi di fedeli da Cusano Mutri, Torrenova, Atessa, Giarre, Mascalucia. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Ungheria. I polacchi: Pielgrzymka chorych i ich opiekunów z Oddziału Warszawskiego Polskiego Towarzystwa Stwardnienia Rozsianego; organizatorzy i uczestnicy Międzynarodowego Forum Ekonomii Społecznej w Toruniu; pielgrzymi indywidualni. Dall’Iraq: Sacerdoti Caldei iracheni che prestano servizio in Europa. De France: Membres du Service d’optimisation des homélies; Collège St Regis St Michel, du Puy-en-Velay. From England: An ecumenical group of pilgrims from Cambridge University Catholic Chaplaincy. From Denmark: Students and staff from: St Knud Catholic School, Aarhus; Our Lady Catholic School, Næstved. From Spain: Pilgrims from the filipino parish of Immaculada Conception and San Lorenzo Ruiz, Barcelona. From Nigeria: Pilgrims from the National Sanctuary and the Centre of Eucharistic Adoration, Elele. From Australia: Students and staff from: St Patrick’s College, Shorncliffe, Queensland; Corpus Christi College, Perth, Western Australia. From the United States of America: Pilgrims from the Diocese of Baton Rouge, Louisiana; Pilgrims from St George Parish, George West, Texas; Students and faculty from: DePaul University, Chicago, Illinois; St John’s University and St Benedict College, Collegeville, Minnesota; John Carroll University, Cleveland, Ohio. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St. Petrus, Neu-Ulm; Pilgergruppen aus Berlin; Radevormwald; Mitglieder und Freunde der Schönstatt-Bewegung Deutschland. Aus der Republik Österreich: Pil- Nato il 21 luglio 1969 a Jaguaquara, stato di Bahia, ha frequentato i corsi di filosofia all’istituto Dom Walfredo Tepe a Ilhéus e quelli di teologia all’università cattolica di Salvador. Ha ottenuto una specializzazione presso l’università cattolica di Brasília. Ordinato sacerdote cappuccino il 17 dicembre 2000 a Jaguaquara, in precedenza era stato segretario provinciale del suo ordine e promotore vocazionale. Quindi è stato economo e formatore del postulandato (2001-2002), segretario provinciale (2003-2004), amministratore parrocchiale (2003-2004), definitore provinciale per le missioni, maestro dei novizi ed economo (2004-2007), ministro provinciale (2007-2013), formatore del postnoviziato ed economo della comunità São Judas Tadeu ad Aracaju, nello stato di Sergipe (2013-2015). Attualmente era direttore del Colégio Paulo VI a Vitória da Conquista, stato di Bahia. Giovanni Intini vescovo di Tricarico (Italia) Nato il 28 dicembre 1965 a Gioia del Colle, provincia di Bari e diocesi di Conversano-Monopoli, dopo la maturità scientifica è entrato nel Pontificio seminario regionale Pio XI di Molfetta, ove ha conseguito il baccalaureato in teologia. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1990, è stato vicario parrocchiale della cattedrale di Conversano e padre spirituale nel seminario minore (fino al 1995), animatore nel seminario regionale di Molfetta (1995-1998), rettore del seminario minore di Conversano (19982007), parroco della chiesa matrice di Noci (2007-2008), padre spirituale del seminario regionale di Molfetta (20082014). È stato docente di religione, assistente unitario diocesano di Azione cattolica e direttore del Centro regionale vocazioni. Dal 2014 era arciprete della concattedrale di Monopoli, vicario zonale del centro, delegato vescovile per la formazione permanente del clero, dei sacerdoti giovani e dei diaconi permanenti. È membro del consiglio presbiterale e del collegio dei consultori. Joel Portella Amado, ausiliare di Rio de Janeiro (Brasile) Nato il 2 ottobre 1954 a Rio de Janeiro, ha compiuto gli studi di filosofia presso l’Istituto aloisiano della compagnia di Gesù e quelli di teologia alla Pontificia università cattolica (Puc) di Rio de Janeiro, dove poi ha ottenuto la licenza e il dottorato in teologia pastorale. Ha anche studiato giurisprudenza presso l’università statale. Ordinato sacerdote il 12 ottobre 1982, è stato parroco, professore di teologia nell’università cattolica Santa Ursula, nel seminario maggiore e nella Puc; responsabile alla facoltà di teologia della Puc, coordinatore di pastorale. Nel 2007 ha partecipato alla quinta conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano di Aparecida; nel 2013 è stato segretario esecutivo della Giornata mondiale della gioventù carioca. Attualmente è vicario generale, coordinatore arcidiocesano di pastorale, parroco della cattedrale, membro del consiglio presbiterale e del collegio dei consultori, professore della Puc, direttore amministrativo del museo di arte sacra, direttore dell’archivio arcidiocesano, responsabile per i testi liturgici della commissione di pastorale liturgica e archivista del capitolo. gergruppe aus Peuerbach. Aus der Provinz Bozen — Republik Italien: Algunder Schützenvereinigung und Musikkapelle aus Bozen. De España: Asociación Coral Stellarum, de Madrid; Asociación de amas de casa, de Tarragona; Colegios de Fomento de Centros de Ensenanza, Las Acacias y Montecastelo, de Galicia; Instituto María Angels Cardona, de Ciutadella. De México: Delegación del Estado de Querétaro, en ocasión del evento cultural «Navidad Mexicana en el Vaticano»; Universidad Anáhuac Cancún. De Honduras: Parroquia San Sebastián, de Tegucigalpa. De Argentina: grupos de peregrinos. De Portugal: grupo de jovens, de Lisboa. Paulo Alves Romão, ausiliare di Rio de Janeiro (Brasile) Nato il 6 aprile 1964 a Barra do Jacaré, diocesi di Jacarezinho, stato di Paraná, ha studiato filosofia presso la facoltà ecclesiastica João Paulo II a Rio de Janeiro e la teologia presso l’istituto superiore dell’arcidiocesi carioca. Ha poi ottenuto la licenza e il dottorato in teologia pastorale presso la Pontificia università cattolica (Puc) di Rio de Janeiro. Ordinato sacerdote il 28 giugno 1997 e incardinato a São Sebastião do Rio de Janeiro, è stato vicario parrocchiale di Nossa Senhora de Copacabana e membro del consiglio presbiterale. Al presente è parroco di Bom Pastor nel vicariato Nord, professore della Puc e del seminario maggiore, direttore del dipartimento arcidiocesano dell’insegnamento religioso, coordinatore della pastorale universitaria; assistente ecclesiastico di Comunione e liberazione. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 8 dicembre 2016 Marc Chagall «Isaia» (1956) Dedicato alla speranza il nuovo ciclo di riflessioni durante le udienze generali La virtù dei piccoli È dedicato alla «speranza cristiana» il nuovo ciclo di catechesi inaugurato dal Papa durante l’udienza generale di mercoledì 7 dicembre, nell’Aula Paolo VI. Conclusa la serie di incontri sulle opere di misericordia — che hanno scandito l’anno giubilare — il Pontefice ha iniziato ad approfondire il nuovo tema, parlando della speranza come «virtù dei piccoli». Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Iniziamo oggi una nuova serie di catechesi, sul tema della speranza cristiana. È molto importante, perché la speranza non delude. L’ottimismo delude, la speranza no! Ne abbiamo tanto bisogno, in questi tempi che appaiono oscuri, in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli. Ci vuole la speranza! Ci sentiamo smarriti e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire. Ma non bisogna lasciare che la speranza ci abbandoni, perché Dio con il suo amore cammina con noi. “Io spero, perché Dio è accanto a me”: questo possiamo dirlo tutti noi. Ognuno di noi può dire: “Io spero, ho speranza, perché Dio cammina con me”. Cammina e mi porta per mano. Dio non ci lascia soli. Il Signore Gesù ha vinto il male e ci ha aperto la strada della vita. E allora, in particolare in questo tempo di Avvento, che è il tempo dell’attesa, in cui ci prepariamo ad accogliere ancora una volta il mistero consolante dell’Incarnazione e la luce del Natale, è importante riflettere sulla speranza. Lasciamoci insegnare dal Signore cosa vuol dire sperare. Ascoltiamo quindi le parole della Sacra Scrittura, iniziando con il profeta Isaia, il grande profeta dell’Avvento, il grande messaggero della speranza. Nella seconda parte del suo libro, Isaia si rivolge al popolo con un annuncio di consolazione: «Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata [...]». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato» (40, 1-2.3-5). Dio Padre consola suscitando consolatori, a cui chiede di rincuorare il popolo, i suoi figli, annunciando che è finita la tribolazione, è finito il dolore, e il peccato è stato perdonato. È questo che guarisce il cuore afflitto e spaventato. Perciò il profeta chiede di preparare la via al Signore, aprendosi ai suoi doni e alla sua salvezza. La consolazione, per il popolo, comincia con la possibilità di camminare sulla via di Dio, una via nuova, raddrizzata e percorribile, una via da approntare nel deserto, così da poterlo attraversare e ritornare in patria. Perché il popolo a cui il profeta si rivolge stava vivendo la tragedia dell’esilio a Babilonia, e adesso invece si sente dire che potrà tornare nella sua terra, attraverso una strada resa comoda e larga, senza valli e montagne che rendono faticoso il cammino, una strada spianata nel deserto. Preparare quella strada vuol dire dunque preparare un cammino di salvezza e di liberazione da ogni ostacolo e inciampo. L’esilio era stato un momento drammatico nella storia di Israele, quando il popolo aveva perso tutto. Il popolo aveva perso la patria, la libertà, la dignità, e anche la fiducia in Dio. Si sentiva abbandonato e senza speranza. Invece, ecco l’appello del profeta che riapre il cuore alla fede. Il deserto è un luogo in cui è difficile vivere, ma proprio lì ora si potrà camminare per tornare non solo in patria, ma tornare a Dio, e tornare a sperare e sorridere. Quando noi siamo nel buio, nelle difficoltà non viene il sorriso, ed è proprio la speranza che ci insegna a sorridere per trovare quella strada che conduce a Dio. Una delle prime cose che accadono alle persone che si staccano da Dio è che sono persone senza sorriso. Forse sono capaci di fare una grande risata, ne fanno una dietro l’al- tra, una battuta, una risata... ma manca il sorriso! Il sorriso lo dà soltanto la speranza: è il sorriso della speranza di trovare Dio. La vita è spesso un deserto, è difficile camminare dentro la vita, ma se ci affidiamo a Dio può diventare bella e larga come un’autostrada. Basta non perdere mai la speranza, basta continuare a credere, sempre, nonostante tutto. Quando noi ci troviamo davanti ad un bambino, forse possiamo avere tanti problemi e tante difficoltà, ma ci viene da dentro il sorriso, perché ci troviamo davanti alla speranza: un bambino è una speranza! E così dobbiamo saper vedere nella vita il cammino della speranza che ci porta a trovare Dio, Dio che si è fatto Bambino per noi. E ci farà sorridere, ci darà tutto! Proprio queste parole di Isaia vengono poi usate da Giovanni il Battista nella sua predicazione che invitava alla conversione. Diceva così: «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore» (Mt 3, 3). È una voce che grida dove sembra che nessuno possa ascoltare — ma chi può ascoltare nel deserto? — che grida nello smarrimento dovuto alla crisi di fede. Noi non possiamo negare che il mondo di oggi è in crisi di fede. Si dice “Io credo in Dio, sono cristiano” — “Io sono di quella religione...”. Ma la tua vita è ben lontana dall’essere cristiano; è ben lontana da Dio! La religione, la fede è caduta in una espressione: “Io credo?” — “Sì!”. Ma qui si tratta di tornare a Dio, convertire il cuore a Dio e andare per questa strada per trovarlo. Lui ci aspetta. Questa è la predicazione di Giovanni Battista: preparare. Preparare l’incontro con questo Bambino che ci ridonerà il sorriso. Gli Israeliti, quando il Battista annuncia la venuta di Gesù, è come se fossero ancora in esilio, perché sono sotto la dominazione romana, che li rende stranieri nella loro stessa patria, governati da occupanti potenti che decidono delle loro vite. Ma la vera storia non è quella fatta dai potenti, bensì quella fatta da Dio insieme con i suoi piccoli. La vera storia — quella che rimarrà nell’eternità — è quella che scrive Dio con i suoi piccoli: Dio con Maria, Dio con Gesù, Dio con Giuseppe, Dio con i piccoli. Quei piccoli e semplici che troviamo intorno a Gesù che nasce: Zaccaria ed Elisabetta, anziani e segnati dalla sterilità, Maria, giovane ragazza vergine promessa sposa a Giuseppe, i pastori, che erano disprezzati e non contavano nulla. Sono i piccoli, resi grandi dalla loro fede, i piccoli che sanno continuare a sperare. E la speranza è la virtù dei piccoli. I grandi, i soddisfatti non conoscono la speranza; non sanno cosa sia. Sono loro i piccoli con Dio, con Gesù che trasformano il deserto dell’esilio, della solitudine disperata, della sofferenza, in una strada piana su cui camminare per andare incontro alla gloria del Signore. E arriviamo al dunque: lasciamoci insegnare la speranza. Attendiamo fiduciosi la venuta del Signore, e qualunque sia il deserto delle nostre vite — ognuno sa in quale deserto cammina — diventerà un giardino fiorito. La speranza non delude! «Il bus dei sogni» sta per mettersi in moto e ripercorrere, tappa per tappa, il pellegrinaggio che Giovanni Paolo II fece nel 1987 in Uruguay, Cile e Argentina. Poi punterà dritto verso Panamá per la giornata mondiale della gioventù del 2019. Ma «i sogni non sono idee astratte campate in aria: sono fatti concreti, opere di misericordia, perché i giovani e i poveri non hanno tempo da perdere in chiacchiere ed è questo il messaggio che porteremo attraversando le grandi strade ma anche i vicoli sterrati». È con estrema chiarezza che gli ideatori del bus de los sueños hanno presentato stamani al Papa i contenuti del loro progetto. In realtà Francesco già li conosceva bene. «Alcuni di questi giovani, infatti, li ha battezzati e cresimati personalmente nel barrio Inta, Villa 19, di Buenos Aires» racconta Jonathan Ruíz, coordinatore per l’Argentina di questa iniziativa che vede in prima fila anche la diocesi Nueve de Julio con il suo vescovo Ariel Edgardo Torrado Mosconi. «Vogliamo “provocare” i giovani perché si diano da fare per dar corpo alle loro speranze» gli fa eco il sacerdote polacco Marcin Schmidt, responsabile della pastorale giovanile in Cile. Del progetto fa parte anche padre Sul bus dei sogni Bashar Fawadleh, coordinatore dei giovani cattolici in Terra santa. A sostenere l’iniziativa c’è anche la regione polacca di Toruń, che già per la giornata mondiale della gioventù di Cracovia ha accolto duecentocinquanta ragazzi di Gaza. Il presidente Piotr Całbecki ha chiesto al Papa di benedire «la pietra angolare del primo ospedale in Europa che non ghettizza i malati psichiatrici ma li inserisce con piena dignità nel percorso di assistenza». Proprio a Toruń giovedì e venerdì si tiene il forum di economia sociale e solidale a cui partecipano anche i protagonisti dei “bus dei sogni” «per raccogliere idee — spiegano — su come riscattare concretamente i poveri e gli esclusi». Sarà collocato nel cortile di San Damaso il presepe in terracotta realizzato da Donato Mazzotta secondo i crismi della tradizione artistica bolognese cinquecentesca. Con un tocco di barocco il presepe, composto da nove pezzi, ha un personaggio in più: Maria Maddalena. «L’ho voluta inserire nella Natività proprio per rappresentare e rilanciare il ruolo della donna» ha spiegato l’artista Il Papa lancia un duplice appello contro la corruzione e per la promozione dei diritti umani Nessuno escluso «Nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana». Lo ha auspicato il Papa alla vigilia di due importanti giornate promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione, il 9 dicembre, e quella per i diritti umani, il 10. L’appello è stato lanciato al termine dell’udienza, durante i saluti ai gruppi di fedeli. dalla coscienza personale e vigilando sugli ambiti della vita civile, specialmente su quelli più a rischio; i diritti umani sono l’aspetto positivo, da promuovere con decisione sempre rinnovata, perché nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana. Il Signore ci sostenga in questo duplice impegno. Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare il Collegio Saint-Régis Saint-Michel, di Puy en Velay e i membri del Servizio di perfezionamento delle omelie. Alla vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, chiediamole di aiutarci a camminare con speranza incontro al suo Figlio e ad accogliere con gioia la sua venuta. Dio vi benedica! Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto le Missionarie della Carità; la Comunità Amore e libertà; l’Associazione afasici della Puglia e gli artisti della 24ª edizione del Concerto di Natale, promosso dalla Fondazione “Don Bosco nel mondo”. Cari fratelli e sorelle, vi esorto a coltivare in ogni circostanza della vita la virtù teologale della speranza, dono di Dio, che con la sua tenerezza non smette mai di consolare il suo popolo. Rivolgo un saluto particolare ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il tempo liturgico dell’Avvento è un’occasione di particolare grazia per riflettere sul nostro cammino incontro al Signore. La Vergine Maria, di cui domani celebriamo l’Immacolata Concezione, sia il modello per la preparazione interiore al Natale, affinché il cuore di ciascuno diventi la culla che accoglie il Figlio di Dio, volto della misericordia del Padre, con l’ascolto della sua parola, le opere di carità fraterna e la preghiera. speranza cristiana, soprattutto in questo tempo di preparazione alla Festa del Natale del Signore. Dio benedica voi e le vostre famiglie. to l’orizzonte della speranza. Nell’affidare voi e le vostre famiglie alla sua protezione, invoco su tutti la Benedizione di Dio. Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Danimarca, Spagna, Nigeria, Australia e Stati Uniti d’America. A ciascuno di voi, e alle vostre famiglie, giunga l’augurio di un fecondo cammino di Avvento, per riconoscere, a Natale, in quel Bambino, il Salvatore nostro. Dio vi benedica! Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. Pidamos al Señor la gracia de trasformar el desierto de nuestra vida, de nuestro sufrimiento y de nuestra soledad, en un camino llano que nos lleve al encuentro con el Señor y con los hermanos. Dios los bendiga. Con affetto saluto i fratelli e le sorelle provenienti dai paesi di lingua tedesca, in particolare i membri e amici del movimento di Schönstatt e i pellegrini di Lagundo e Bolzano. Aiutiamoci l’un l’altro a vivere la Saluto cordialmente i pellegrini di lingua portoghese, in particolare il gruppo dei giovani di Lisbona, e li incoraggio a cercare sempre lo sguardo della Madonna che conforta quanti sono nella prova e tiene aper- Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare al gruppo dei sacerdoti iracheni che prestano servizio in Europa! Cari fratelli e sorelle, la speranza è quella virtù cristiana che noi abbiamo in dono dal Signore e che ci fa vedere oltre i problemi, i dolori, le difficoltà, oltre i nostri peccati; e ci permette di ammirare la bellezza di Dio. Non lasciatevi dunque rubare la speranza! Il Signore vi benedica! Saluto polacchi. Solennità ne della cordialmente i pellegrini Domani celebreremo la dell’Immacolata Conceziobeata Vergine Maria. In previsione della morte di Cristo, Dio l’ha preservata da ogni macchia di peccato (cfr. Colletta). Impariamo dall’Immacolata a vivere in unione con Dio, abbandonandoci a Lui con fiduciosa speranza e con il quotidiano compimento della Sua volontà. Gesù Misericordioso, suo Figlio, ci conceda, per intercessione di Maria, di raggiungere la felicità del cielo nella gioia, con la consapevolezza di una vita dignitosamente vissuta. Sia lodato Gesù Cristo. Nei prossimi giorni ricorrono due importanti Giornate promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione — il 9 dicembre — e quella per i diritti umani — il 10 dicembre —. Sono due realtà strettamente collegate: la corruzione è l’aspetto negativo da combattere, incominciando nel presentarlo al Papa. E Francesco ha anche ammirato i presepi collocati nell’atrio dell’aula Paolo VI su iniziativa dello Stato messicano del Querétaro, ringraziando per il dono il governatore Francisco Dominguez Servién, gli artigiani che hanno plasmato le rappresentazioni natalizie e anche un coloratissimo gruppo di artisti indios. Particolarmente significativo il gesto dei cattolici di San Pietroburgo: hanno chiesto al Pontefice di benedire «la riproduzione dell’icona Salus populi Romani, venerata a Santa Maria Maggiore, che ora sarà esposta nella storica parrocchia di Santa Caterina» spiega il domenicano Yuri Dorogin. Un abbraccio particolare Francesco lo ha riservato anche ai diciotto sacerdoti caldei iracheni che prestano il loro servizio accanto ai loro connazionali profughi in Europa. Ad accompagnarli monsignor Saad Sirop, recentemente nominato visitatore apostolico per i fedeli caldei nel vecchio continente. Tra i doni presentati al Pontefice, anche il libro Risorgere dal fango sull’alluvione di Firenze, curato da Franco Mariani e Mattia Lattanzi ed edito da Giunti: tra le note, i ritratti dei tre attuali cardinali — Bassetti, Betori e Scola — e dei cinque vescovi che all’epoca furono «angeli del fango», e i particolari della vicinanza spirituale e materiale di Paolo VI, che nell’occasione donò un miliardo di lire. Tra i presenti anche i rappresentanti degli ex lavoratori del call center di Poste italiane che hanno perso il loro posto e alcuni protagonisti del concerto di Natale che si terrà il 10 dicembre all’auditorium della Conciliazione per sostenere il progetto salesiano «Betlemme casa del pane, casa di pace». Particolarmente numerose, come di consueto, le persone disabili e malate: con affetto il Pontefice ha accolto la delegazione dell’associazione degli afasici che cercano il pieno recupero dopo aver avuto un ictus cerebrale. Prima di entrare nell’aula Paolo VI, Francesco ha benedetto la statua di madre Teresa, rappresentata a grandezza naturale con tre bambini, donata dalla fondazione russa Dialogo delle culture - Mondo unito, dall’associazione internazionale Sofia e dall’accademia italiana Sapientia et scientia. «Per l’opera sarà ora trovata una collocazione idonea insieme con le missionarie della carità» spiega Pierluca Azzaro. La statua è stata realizzata in bronzo dall’artista russo Aleksey Leonov, che al Papa ha anche donato una piccola scultura raffigurante san Francesco. «Per noi ortodossi — confida — ha un grande significato che abbia scelto proprio il nome del santo di Assisi». Il Pontefice ha infine benedetto sei campane per il monastero benedettino ungherese di Győr, la cui chiesa ha per patrono sant’Ignazio di Loyola.