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Dieci…
di Indio Tay
Premessa
Oggi sono 10 anni che la libreria di via Piave è aperta ma domani, 11 giugno 2010, inizia il
Mondiale di Calcio, il primo che si disputerà nel Continente Africano. La concomitanza
delle due date è stata la logica che mi ha guidato nella stesura del seguente, breve
racconto nel quale il dieci è nominato dieci volte.
Il “dieci” è considerato, nel calcio, il calciatore più estroso: Puskas, Pelè, Sivori, Rivera,
Platini, Maradona, Baggio, Zidane possono bastare?
A scuola è il migliore risultato possibile.
A volte per completarlo c’è la lode, ma già il numero basta: come scalare una montagna
senza piantare la bandiera in cima….la lode.
Akalele Kanga, bambino africano dal cuore capriccioso, in una stanza d’ospedale guarda
la maglia numero dieci con i colori della “sua” squadra.
Forse sta per varcare i confini tra la vita e la morte ma con quella maglia e con quel
numero non ha paura di nulla.
Mohamed Aschir, tredici anni, la indossa per le vie di Bagdad trascinando un carrettino
pieno di cenci.
I colori cambiano, ma il numero è lo stesso.
A lui lo chiamano proprio così: il “dieci”.
Nella periferia distrutta dalle bombe quando spunta un pallone sono tanti i “dieci” che
corrono urlando: in quei momenti la guerra è lontana e il gioco la irride.
Le pareti di un supermercato, rimaste in piedi per miracolo, sono le porte di un campo
polveroso come i campi di gioco delle “favelas” brasiliane.
Ragazzini con le maglie verde/oro e il “numero dei numeri”, prendono a calci vecchi palloni
consumati, privi di camera d’aria, riempiti di stracci.
I nipoti di Pelè e di Zico, i figli di Ronaldo, si rincorrono tra fogne a cielo aperto e vie
strettissime.
Felix Rildo non ha ancora dieci anni ma non vede l’ora di arrivarci.
“ Chiedimi quanti anni ho” ripete ormai da tempo davanti all’unico specchio della sua
baracca in uno dei rari momenti di solitudine, quando i sei fratelli e i genitori sono altrove.
Con un indice indica il suo volto, con l’altro il retro della maglia con il numero dieci cucito
dalla mamma.
Mauricio Borça dorme nelle discariche di Città del Messico.
Conserva la maglia numero dieci della squadra per la quale tifa, come una speranza.
Un vecchio paio di jeans, un cappotto marrone e un paio di scarpe di gomma completano il
guardaroba.
Le sue partite terminano quando la luna e il cielo stellato danno il cambio al sole.
Guillermo Martinez ha undici anni.
Con il suo asino trasporta la frutta per le vie di Asunçion ma quando incontra un pallone
non resiste alla tentazione colpirlo: si toglie i sandali, a piedi nudi è meglio, e eccolo
giocare tra i piccoli diseredati.
Bambini poverissimi, con il naso e le mani sporche di terra e i piedini che, con impeto,
calpestano l’asfalto bollente sotto un sole che non da tregua.
Tante le storie delle giovani vite appena tracciate, miti legati ai grandi numeri dieci del
passato e del presente e a quei volti in quelle figurine indimenticabili di qualche decennio
fa, ritoccate a mano per renderle credibili, attaccate con la colla liquida o la “coccoina”,
dall’odore di mandorla che te la saresti mangiata.
Oggi è il dieci giugno.
Il mondiale di calcio inizia domani ma per Akalele, Felix, Mauricio, Guillermo era già
incominciato dieci anni prima.
Incroceranno le loro vite in Sudafrica….e sull’album della raccolta delle figurine.
Mancherà Mohamed perché la guerra non rispetta i sogni.
Akalele, Felix, Mauricio, Guillermo giocheranno per la loro storia ma anche per quella di
Mohamed e di tutti gli altri bambini che non ce l’hanno fatta a diventare adulti.