DUE - Casa Bianca Washington DC
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DUE - Casa Bianca Washington DC
DUE 05 luglio 2013, Studio Ovale della Casa Bianca, Washington DC. Il Presidente aveva decisamente passato una nottataccia, lo si evinceva dagli occhi pesantemente cerchiati. Era seduto sulla costosissima poltrona di pelle pregiata, con i piedi poggiati sulla scrivania ed un bicchiere vuoto in mano. “Mio Dio, Pete...è una dannata polveriera! Cosa dovremmo fare, secondo te?” - disse rivolgendosi al Capo di Stato Maggiore, seduto di fronte a lui. “Signor Presidente, il punto non è cosa facciamo noi, ma cosa faranno loro. E, qualsiasi cosa accada, noi prenderemo la decisione più giusta.” “Già!” - guardò il bicchiere e scacciò il pensiero di riempirlo nuovamente fino all’orlo - “Secondo te stanno bluffando? Nel senso...Cristo Santo! Ma sanno a cosa andrebbero incontro e sanno che la Coalizione non se ne starebbe a guardare?!” “E’ probabile che lo sappiano, ma sanno anche in che posizione si trovano attualmente le Forze della Coalizione Alleata. In questo momento, signor Presidente, siamo seduti su di un vulcano. Ecco perchè la Coalizione deve essere pronta a rispondere con durezza e decisione ad ogni tentativo di destabilizzazione dell’Apulistan. Come abbiamo fatto con Raizuli e, più recentemente, con il Leukanistan.” Il Presidente poggiò i gomiti sul massiccio tavolo e si massaggiò i bulbi oculari, poi sospirò: “Ne va di mezzo la nostra credibilità...è un dannato stillicidio, me ne rendo conto, ma non abbiamo altra scelta. Ne parlerò al summit della settimana prossima, con i rappresentanti della Coalizione, ma tutti concordano sul mantenere una linea dura, soprattutto dopo la faccenda dei Fratelli Ostunistani...Bene, Pete, ti ringrazio per il sostegno. E’ tutto.” Il generale salutò, si girò sui tacchi e uscì dallo Studio Ovale. Rimasto solo, Il Presidente sospirò e tamburellò con le dita sulla Resolute Desk, riempì per metà il bicchiere e si fermò a guardare i riflessi dorati del liquido al suo interno. Poi decise di non berlo. “Non finirà mai, eh? Maledetti bastardi...”