Stili di attribuzione
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Stili di attribuzione
STILI DI ATTRIBUZIONE Lo stile di attribuzione è quel modo particolare e specifico che ognuno di noi ha di individuare le cause determinanti di un evento e, in particolare, dei propri successi e fallimenti. Julian B. Rotter ha definito il grado di percezione rispetto al controllo del proprio destino e degli eventi attraverso il modello “Locus of control”. Tale modello esplicita come la percezione che le persone hanno di se stesse e della realtà possa essere semplicemente un punto di vista, indipendente dai fatti reali, anzi è un modo in cui i fatti vengono interpretati. Il locus of control può essere interno o esterno. 1. Le persone che hanno un locus of control interno tendono ad attribuire la causa di ciò che accade loro a se stesse: alle proprie azioni , alle proprie capacità, all’impegno, all’intelligenza, … 2. Le persone che hanno un locus of control esterno credono di avere poche possibilità di influenzare eventi; sono più portate a ritenere che ciò che accade loro sia imputabile al caso, alla fortuna, al comportamento di altre persone, alle caratteristiche del compito, ecc… Ognuno di noi ha una dominanza di uno dei due stili di attribuzione. Le persone che possiedono un locus of control interno si sentiranno maggiormente responsabili delle proprie azioni e avranno maggiori possibilità di raggiungere i propri obiettivi. Nelle persone che hanno un locus of control esterno l’atteggiamento sarà più passivo rispetto alle situazioni della vita e tenderanno ad accettare gli eventi anche quando potrebbero essere modificati. Tuttavia, al di là della dominanza, tutti noi utilizziamo l’attribuzione a cause sia interne che esterne. Ad esempio, è buffo notare come spesso tendiamo ad attribuire i nostri risultati positivi a stati interni (“sono proprio bravo”), mentre quando un’altra persona ottiene gli stessi risultati, allora ci spostiamo su spiegazioni esterne (“è stato fortunato”). Allo stesso modo, quando si fanno errori o si fallisce in un compito, si tende ad attribuirne le cause a qualcosa di esterno, a fattori situazionali piuttosto che a nostre responsabilità. In maniera speculare quando gli altri non riescono in qualche compito o fanno errori, tendiamo ad usare su di loro attribuzioni interne, per esempio dicendo che il pessimo risultato che hanno ottenuto è da attribuire alle loro caratteristiche personali (“è una persona poco intelligente”). Ci sono diverse combinazioni tra attribuzioni esterne o interne ed eventi positivi o negativi. Attribuire a se stessi sia i successi sia gli insuccessi: consente di riconoscere i propri meriti senza insuperbire e di affrontare gli insuccessi senza abbattersi, perché essendo questi ultimi dipesi dal soggetto, egli può individuare gli errori e correggerli. Naturalmente ci sono accadimenti ingovernabili, nonostante la volontà di dirigerli: attribuirsene la responsabilità produrrebbe inutili sensi di colpa e di impotenza. Attribuire a se stessi gli insuccessi, alle circostanze i successi: produce vittimismo (sincero o strategico) oppure ostentazione di umiltà. Attribuire a se stessi i successi, alle circostanze gli insuccessi: produce vanagloria, delirio di onnipotenza e attribuzione di meriti infondati. Attribuire alle circostanze sia i successi che gli insuccessi: la persona si sente in balia degli eventi, si rassegna passivamente a tutto quello che accade ("impotenza appresa"). STILI ATTRIBUTIVI IN CLASSE Lo stile di attribuzione costituisce un nodo di centrale importanza per capire perché vi siano alunni più portati ad utilizzare strategie di studio e alunni che lo sono meno. Come si diceva, le cause a cui le persone attribuiscono i successi e gli insuccessi vengono di solito identificate in: abilità personale, sforzo strategico, caratteristiche del compito, fortuna/sfortuna, aiuto esterno presente/assente, comportamenti altrui. B. Weiner, oltre allo stile di attribuzione interno/esterno, ha identificato altre due variabili: 1. stabilità: le cause cambiano nel tempo oppure rimangono stabili? L’intelligenza, ad esempio, è stabile nel tempo? Alcuni - sia alunni che insegnanti - pensano di sì: possediamo una certa “quantità” di intelligenza e questo è un dato immutabile (teoria di entità) ; altri ritengono che l’intelligenza si possa modificare e accrescere nel tempo attraverso esperienze significative (teoria incrementale) 2. controllabilità: ci sono cause che siamo in grado di controllare come lo sforzo, rispetto a cause che non possiamo controllare come la fortuna, le azioni degli altri, ecc Differenti attribuzioni causali influiscono, secondo Weiner, in modo determinante sul comportamento futuro e sulle reazioni emotive degli studenti. L’attribuzione di un insuccesso a una causa non permanente e controllabile, come lo sforzo profuso, può permettere all’alunno di modificare le strategie adottate per lo studio e affrontare prove analoghe con speranza di successo. Chi, invece, attribuisce il proprio insuccesso in una prova a dimensioni che ritiene stabili/non controllabili, eviterà di intraprendere attività simili, convinto che i risultati sarebbero ugualmente fallimentari. Una particolare rilevanza hanno le convinzioni relative alle abilità e all’intelligenza. Chi è convinto che l’intelligenza sia immodificabile sarà meno propenso a mettere in atto strategie per lo studio. “Ho preso un bel voto perché sono intelligente”, “Ho preso un brutto voto perché sono uno stupido”. Nel modello di J. Borkowski viene considerata prevalente l’importanza attribuita allo sforzo personale. Ad esempio, il fallimento in un compito o in una interrogazione può essere attribuito a eventi come la distrazione, la propria cattiva memoria, il caso, l’ostilità dell’insegnante (Ce l’ha con me!) o al non aver studiato nel modo più appropriato. Solo in quest’ultimo caso lo studente può assumere in seguito un atteggiamento produttivo ai fini del rendimento scolastico, evitando posizioni depressive come pure posizioni di negazione. Quando si parla di “impegno” qui si intende uno sforzo strategicamente orientato (effort) e non del generico “deve impegnarsi di più” che l’insegnante consiglia, senza specificare in che cosa deve concretizzarsi tale impegno. IN SINTESI Sia fattori di sviluppo sia fattori ambientali contribuiscono a determinare lo stile attributivo di una persona. La storia personale di successi o insuccessi gioca un ruolo determinante ai fini dell’acquisizione di uno stile di attribuzione e in particolare i feedback ricevuti in modo esplicito o implicito da genitori e insegnanti. La valutazione della probabilità di riuscita non dipende dalla difficoltà del compito, ma dalle esperienze del passato che condizionano le aspettative per il futuro. Anche se il compito è arduo, il soggetto motivato non si lascia intimorire, ma è spinto a cimentarsi in esso ed è fiducioso nelle sue possibilità di riuscirvi. L’importanza di possedere un positivo sistema di attribuzione dei propri successi e insuccessi scolastici è particolarmente importante per quei ragazzi che nell’apprendimento incontrano difficoltà e sono di conseguenza soggetti a un maggior numero di fallimenti e a veder calare le loro aspettative di successo: gli aspetti emotivo-motivazionali sono pesantemente coinvolti e il pericolo di demotivazione è sempre presente. PISTE PER L’INTERVENTO Fondamentalmente due sono le opzioni per un possibile intervento, due piste parallele: 1. Training per la modifica dello stile di attribuzione Il training attribuzionale tende a indurre cambiamenti nella tendenza degli studenti ad attribuire il fallimento alla mancanza di abilità, piuttosto che a cause rimediabili come l’uso di una strategia non appropriata. I trattamenti implicano di esporre gli studenti a una serie pianificata di esperienze. La presentazione di modelli di comportamento strategico, la collaborazione con i compagni, l’esercizio e il feedback sono usati perché essi imparino a: a. concentrarsi sul compito piuttosto che preoccuparsi di un eventuale fallimento b. affrontare i fallimenti ripercorrendo i passi fatti per trovare gli errori e per trovare un altro approccio (strategia) c. attribuire gli insuccessi non alla mancanza stabile di abilità, ma all’uso di strategie inefficaci. Piuttosto che essere esposti solo a “modelli di successo” che permettono di affrontare il compito con facilità attraverso una semplificazione del compito stesso, gli studenti sono esposti a “modelli di gestione delle difficoltà”. L’insegnante verbalizza una fiducia continua, attribuendo i fallimenti a cause rimediabili, aiutando a gestire i problemi, prima diagnosticando la loro origine e poi orientando ad affondare il compito con una strategia diversa. Le situazioni sono predisposte in modo tale che gli studenti possano sperimentare qualche volta difficoltà o fallimento,ma i commenti dell’insegnante li incoraggeranno a rispondere costruttivamente piuttosto che a rinunciare. 2. Insegnamento esplicito di strategie di studio L’insegnamento di strategie di studio non è una tecnica di recupero, ma è una componente fondamentale per lo sviluppo di corrette abilità cognitive in tutti gli studenti. Nella lettura, ad esempio, i ragazzi possono essere istruiti - e allenati - nelle strategie di comprensione: identificare lo scopo del compito di lettura, attivare le conoscenze previe, anticipare e fare ipotesi, cercare di stabilire la tipologia di testo e lo schema di riferimento, controllare in itinere la comprensione generando domande, …