La regina è sempre Ellen MacArthur
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La regina è sempre Ellen MacArthur
9 VelaInternazionale 1 - 15 GIUGNO 2007 33a COPPA AMERICA Bonnefous: location incerta QUANDO CI SARÀ la prossima America’s Cup? A Valencia questo è il vero tormentone. A rispondere alla domanda più gettonata è Michel Bonnefous, CEO del management della competizione, nel corso di un incontro riservato ai giornalisti italiani. «Una data certa ancora non c’è e poi, prima di poter decidere, bisogna vedere chi vince la Coppa. Per ora ci sono delle ipotesi. Vorremmo accorciare i tempi, perché rimanendo ogni quattro anni si arriverebbe fino al 2011; il 2010 non è un anno buono perché ci sono i mondiali di calcio e l’organizzazione sarebbe proibitiva... rimane il 2009, tra due anni, ma è ancora tutto da valutare». Incertezza sui tempi, dunque, ma anche la location è tutt’altro che scontata: «A Valencia abbiamo costruito il primo stadio per la vela. Potremmo rimanere qui ma abbiamo già ricevuto la candidatura di alcune città... e non chiedetemi quali! Per il momento dovrete accontentarvi di sapere che ci sono già quattro nuove sfide, tre delle quali sono novità assolute; si tratta di Malesia, Brasile e Grecia». La regina è sempre Ellen MacArthur Emiliano Cipriani A vederla di persona, Ellen McArthur è un «fenomeno» quasi incomprensibile. Come fa uno scricciolo del genere ad essere una grandissima navigatrice solitaria che detiene svariati record? La vela, quella che fa lei, è uno sport veramente massacrante; e allora la domanda è ancora la stessa, come fa? Ho cercato di capirlo quando l’ho incontrata a Valencia, ma ancora faticavo. Poi ecco il «miracolo». La piccoletta che stava in disparte «va in scena» e diventa un gigante. Inforca gli occhiali e, mentre si dirige verso i tanti che l’aspettano, sfodera un mezzo sorriso che profuma di consapevolezza. Sembra una montagna, anzi sembra LA montagna, quella che cerchi di battere ma che alla fine ti batte. Sembra un’onda anomala in pieno oceano che si abbatte su una barca che diventa d’improvviso minuscola. Anzi, è tutte e due le cose: la fragilità della barca e la forza dell’onda che passa sopra ogni cosa. L’incredulità dell’inizio comincia a Incontro con la più famosa navigatrice solitaria del mondo (e detentrice di prestigiosi record) uno scricciolo che in barca diventa un vero gigante Rosa Iervolino ringrazia Vincenzo Onorato «A Valencia ho avuto l’opportunità di verificare differenze e punti in comune tra la mia Vela e la Coppa America» Alla fine della giornata, che si sia vinto o perso, è questo quello che conta... aver costruito qualcosa e avere la possibilità di condividerlo». Al Port America’s Cup in mostra i modelli di tutte le imbarcazioni vincitrici della Coppa ESPOSIZIONI VALENCIANE trasformarsi nella paura di essere travolti da quell’onda. Lo sa, quel sorriso di consapevolezza non è di facciata, ma un’onda può abbatterti o cullarti e lei, che di mare vive e di mare è fatta, sembra in grado di fare entrambe le cose. Ma lei ha solo voglia di raccontare la sua Coppa America: «Un’esperienza bellissima. Un match uno contro uno è una cosa alla quale non sono abituata, è molto differente non essere l’unica persona a bordo. Tutti i ragazzi di New Zealand sono grandi professionisti; è stato molto bello vederli all’opera». E nonostante le grandi differenze tra i due tipi di vela, ci sono anche molti aspetti simili: «Loro a bordo sono in 17, io sono sola e anche gli obiettivi delle competizioni sono molto diversi. Per il resto però ci sono moltissime cose in comune. Il lavoro dietro le quinte e l’importanza delle persone che non appaiono mai è fondamentale. Alla base ho potuto verificare quanto contino la preparazione (non solo fisica), un progetto certo, la disponibilità al sacrificio e le motivazioni, che poi sono quelle che ci spingono a stabilire un record, nel mio caso, o a vincere una regata, nel loro». E soprattutto è la stessa la filosofia alla base della passione comune: «Il nostro mondo è piccolo. I velisti professionisti non sono poi così tanti e allora è sempre bellissimo incontrare altra gente per condividere qualcosa del nostro lavoro e della nostra vita. «La ringrazio perché ha tenuto alto sotto gli occhi del mondo il nome di Napoli e dei napoletani confermando l’immagine di una città dinamica e vitale che possiede un enorme patrimonio culturale, civile e umano, del quale lei è testimonianza». Questo l’inizio del messaggio che il sindaco della città partenopea, Rosa Russo Iervolino, ha inviato a Vincenzo Onorato ringraziandolo per l’affetto dimostrato alla città nel corso dell’America’s Cup. «A nome di Napoli voglio esprimerle sincera e profonda gratitudine per aver creduto in una difficile sfida sportiva, imprenditoriale ed umana - continua la Iervolino -. L’aver costituito, insieme al Circolo Nautico Canottieri Savoia e al suo presidente Dalla Vecchia, una complessa macchina organizzativa le fa onore, soprattutto perché ha dimostrato, al di là dei risultati raggiunti, che lo spirito con il quale ha affrontato le difficoltà è quello giusto, carico di passione e lealtà sportiva, ma anche intriso di grande professionalità e capacità». There is no second: da America ad Alinghi P asseggiare nel Port America’s Cup di Valencia è un’esperienza entusiasmante. Non ci sono solo le bellissime basi dei team con relativi negozi (tappa quasi obbligata per tutti i visitatori) o il nuovissimo e affascinante palazzo Veles e Vents. Tra un ristorante e l’altro ci sono giochi (simulazioni con grind e altre attrezzature di bordo) e molte esposizioni. Tra queste la più visitata naturalmente è quella dove fanno bella mostra (ben vigilate) le due coppe per le quali tutti si sono sfidati in acqua negli ultimi tre anni... e per le quali sempre in acqua ci si sta battendo in questi giorni: la Louis Vuitton Cup e la più ambita Coppa delle 100 Ghinee. Ma non finisce qui. Per i veri appassionati, quelli che leggono libri sull’origine della competizione, sulla vittoria di America e sulle tante sfide lanciate da Sir Lipton, una tappa obbligata è quella alla mostra dei modelli delle barche vincitrici della Coppa America. «There is no second. From America to Alinghi» è il nome della collezione che fino ad oggi era stata gelosamente custodita in un castello in Francia e che, per la prima edizione europea della competizione, è stata spostata qui a Valencia, dove si può visitare gratuitamente. I trenta modelli provengono dalla collezione privata del navigatore francese Olivier de Kersauson, un’icona della vela d’oltralpe, e sono stati realizzati da Jacques Goubert, che a partire dal 1970 ha collezionato piani velici e linee d’acqua con l’intento di realizzare, un giorno, dei modelli di scafi di America’s Cup. Coprendo un arco temporale di oltre un secolo e mezzo, i modelli, tutti in scala e di una complessità stupefacente, fanno ben comprendere le innovazioni dello yacht design. Ma perché solo 30 esemplari se questa è la 32ma edizione? Presto detto: l’America’s Cup non esisteva prima che la goletta «America» vincesse la blasonata Coppa delle 100 Ghinee, dunque la prima competizione non viene conteggiata. Nel 1871 poi ci furono due vincitori (Columbia e Sappho). Infine, la stessa barca vinse due edizioni della Coppa in tre differenti occasioni (Columbia nel 1899 e nel 1901, Intrepid nel 1967 e nel 1970 e Courageous nel 1974 e nel 1977). Dunque, 31 edizioni e 30 barche; svelato il mistero. Ma l’esposizione non deve contare soltanto sui modelli, bellissimi e di grandi dimensioni (alcuni raggiungono i quattro metri d’altezza). I visitatori, infatti, possono ammirare anche foto e litografie dei match, una breve descrizione dei singoli incontri di America’s Cup, i piani dei Defender e carte nautiche che mostrano i campi di regata; una testimonianza fondamentale della storia e dell’evoluzione dell’evento. Emiliano Cipriani Oltre alle bellissime riproduzioni in scala, presenti foto, litografie, piani dei Defender e carte nautiche